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occupazione del Mezzogiorno, che il citato decreto ha inteso promuovere, ed al fine di non incrinare il delicato ed importante rapporto fiduciario che i giovani imprenditori hanno instaurato con lo Stato, riponendo in esso aspettative e speranze, che non possono essere banalmente disattese per la mera incapacità dimostrata dalle vecchie logiche di gestione del Centrosinistra insite in Sviluppo Italia.
di condizioni atte a salvaguardare, tra l'altro, la posizione degli inquilini sia per quanto riguarda l'acquisto dell'unità locata sia per l'eventuale prosieguo del regime locativo in essere;
del 5 per cento si estraniava completamente dalla vicenda rinunziando a qualsiasi iniziativa;
il BINGO, un costante decremento delle commesse pubbliche e una perdita di fatturato persino della Gazzetta Ufficiale, ridottasi di un terzo nelle copie stampate e vendute. Un'autentica voragine che i futuri amministratori avranno in dote -:
con il decreto legislativo n. 185 del 2000 è stata affidata a Sviluppo Italia la gestione delle forme di incentivazione che fanno riferimento alle leggi n. 236 del 1993, n. 95 del 1995, n. 608 del 1996, n. 137 del 1997 e n. 448 del 1998, distinguendosi le forme di «autoimprenditorialità», di cui al titolo I, da quelle di «autoimpiego» (tra cui il noto «prestito d'onore», previsto dalla legge n. 608 del 1996), di cui al successivo titolo II;
le iniziative imprenditoriali promosse nell'ambito del titolo I, sulla scorta di tali forme di incentivazioni, sono molteplici e per una cospicua parte di tali progetti si è già faticosamente pervenuti al superamento della fase F1 (di cosiddetta. prima valutazione) ed F2 (di cosiddetta progettazione esecutiva), per il cui superamento è sovente richiesto ai giovani imprenditori di procedere obbligatoriamente ai primi investimenti;
per tali ragioni, numerose imprese hanno già avviato i programmi di spesa con proprie risorse ed affidamenti bancari;
alla fine di tale fase occorre, quindi, unicamente che Sviluppo Italia proceda a far fronte agli impegni assunti, in conseguenza degli investimenti già effettuati dai neo impreditori;
allo stato, di contro, si assiste al reiterato rinvio della firma dei contratti di finanziamento, senza alcuna indicazione circa i tempi e le modalità di risoluzioni delle pregettualità pendenti, e ciò, pare, in ragione degli eccessivi impegni assunti da Sviluppo Italia;
da ciò il congelamento delle incentivazioni per tutte le forme di autoimprenditorialità, con il blocco di oltre 50 importanti progetti ed il conseguente mancato avvio al lavoro di oltre mille persone -:
se non ritenga di intervenire doverosamente per valutare separatamente il fabbisogno per i progetti che rispondono al titolo I del decreto legislativo n.185 del 2000, atteso che per soddisfare lo stesso basterebbe un impegno di soli 150 miliardi di vecchie lire, agendo energicamente per limitare i danni causati dalla fallimentare gestione di Sviluppo Italia, operata dal Centrosinistra, e se non ritenga di intervenire per adottare iniziative urgenti, a fronte della grave denunziata situazione, per rilanciare le politiche di sviluppo ed
(3-01268)
ildecreto interdirigenziale sul riequilibrio finanziario e gestorio delle agenzie di scommesse ippiche e sportive pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 139 del 15 giugno 2002 ha formato finora oggetto di vari provvedimenti cautelari da parte di più tribunali amministrativi regionali che hanno accordato, a diverso titolo, la richiesta sospensiva del provvedimento innanzi ad essi impugnato;
le decisioni cautelari che in alcuni casi (Catania) sembrano trarre origine dalla eccessiva onerosità delle prestazioni richieste a concessionari in crisi, in altre sedi sono motivate sotto il profilo della inadeguatezza dei tempi concessi per decidere su questioni essenziali della vita economica dei gestori delle agenzie di scommesse e vengono estese a tutti i gestori interessati, nel convincimento che l'integrale sospensione del provvedimento non può che riguardare la generalità dei destinatari (Campania, Lombardia);
il TAR Lazio, forse l'unico competente a valutare un provvedimento emanato da autorità centrali nei confronti di situazioni similari sull'intero territorio a sovranità fiscale, ha accordato la sospensione a tempo (31 ottobre 2002) del termine entro il quale i ricorrenti avrebbero dovuto manifestare formalmente la volontà di recedere o continuare nella gestione alle condizioni dettate dal decreto impugnato -:
a parte le ulteriori possibili vicissitudini processuali della vertenza così instaurata, si chiede di sapere se non sia più opportuno invitare i rappresentanti dei 2000 gestori ad un franco e costruttivo dibattito sull'intera vicenda per individuare le condizioni veramente equitative della legge del 27 febbraio 2002, n. 16 alle quali il decreto si sarebbe dovuto ispirare, affinché possa risolversi in tempi brevi una questione che definisca chiari rapporti economici di gestione, evitando il protrarsi di un danno di cui l'amministrazione non sembra valutarne l'entità dal momento che ogni mancata definizione espone alla indiscriminata concorrenza illegale una attività che si era pensato di ricondurre nell'ambito della legalità e della continuativa certezza di un rapporto soddisfacente fra Stato e concessionari.
(3-01270)
in data 25 maggio 1999 la Banca d'Italia annunciò la firma di un accordo preliminare per la cessione della sua partecipazione nella «Società per il Risanamento di Napoli Spa» pari al 58,6 per cento delle azioni ordinarie e al 43,2 per cento delle azioni di risparmio n.c. alla Domus Italica Spa partecipata all'epoca al 37,5 per cento dal gruppo IBI-Marchini e al 37,5 per cento da Bonaparte Spa.-Zunini;
il prezzo concordato dalle parti, sulla base di asserite specifiche perizie è stato di lire 46.000, per azione ordinaria, e lire 23.500, per azione di risparmio n.c.;
tale cessione era subordinata, secondo clausola contrattuale, all'accettazione
Domus Italica Spa, in data 27 maggio 1999, comunicò che avrebbe promosso in offerta pubblica di acquisto obbligatoria (ai sensi dell'articolo 106 del decreto legislativo n. 58 del 24 febbraio 1998) sul totale delle azioni ordinarie e volontaria sulle azioni di risparmio n.c.;
in data 1o luglio 1999 fu stipulato tra la Banca d'Italia e la Domus Italica il contratto definitivo di cessione della partecipazione nella «Società per il Risanamento Napoli Spa»;
i corrispettivi unitari previsti dall'OPA furono pari a lire 40.139, per azione ordinaria, e lire 24.025, per azione di risparmio n.c.;
il controvalore delle azioni cedute dalla Banca d'Italia alla Domus Italica sulla base del contratto stipulato è stato pari lire 298,4 miliardi, e, il controvalore dell'OPA in caso di totale adesione, è stato pari a 199,3 miliardi di lire e che quindi la «Società per il Risanamento Napoli» fu valutata 497,7 miliardi di lire;
la durata dell'OPA fu fissata per il periodo 14 luglio-3 agosto 1999;
in data 2 agosto 1999 la Consob impose alla Domus Italica la pubblicazione del seguente avviso: «Domus Italica Spa in merito all'offerta pubblica di acquisto su azioni ordinarie e di risparmio n.c. della Società per il Risanamento di Napoli Spa su richiesta della Commissione Nazionale per le Società e per la Borsa, comunica che l'amministratore delegato della Bonaparte Spa nel corso dell'Assemblea ordinaria della Bonaparte di approvazione del bilancio di servizio al 21 dicembre 1998, ha comunicato che alla partecipazione nel Risanamento Napoli è attribuibile un valore di 834 miliardi quale risultato di varie perizie e che si dovrà attendere il giudizio nel mercato, ma il Consiglio auspica che il valore degli immobili in questione possa in realtà essere superiore»;
la Consob a seguito di tale dichiarazione richiese, inoltre, alla Domus Italica di rendere pubbliche tali perizie;
la Domus Italica si limitò a precisare che dette perizie altro non erano che schede interne di valutazione effettuate dalla Domus Italica stessa, a suo uso esclusivo, al fine di valutare il valore del patrimonio netto rettificato della Risanamento Napoli, in vista della negoziazione che la Domus Italica stessa avrebbe dovuto effettuare con la Banca d'Italia;
la Consob comunque decise di chiedere alla Domus Italica di mettere a disposizione del mercato presso la Borsa italiana, la sede della Domus Italica, la sede della Società per il Risanamento Napoli dette schede unitamente ad un quadro di sintesi che indicava un valore globale di 825 miliardi;
la Banca d'Italia, la Consob, la Borsa Italiana si sono rifiutate di rendere pubbliche le documentazioni in questione rigettando le richieste avanzate da inquilini interessati;
nel 1999 la legge finanziaria abrogava la lettera c) del comma 109 dell'articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 che stabiliva «le modalità di determinazione del prezzo di vendita di cui alla lettera si applicano anche nel caso di dismissione del patrimonio immobiliare da parte delle società privatizzate o di Società da queste controllate» e la lettera d) stabiliva proprio che per il prezzo di vendita è preso a riferimento il prezzo di mercato degli alloggi liberi diminuito del 30 per cento;
l'Amministrazione comunale di Napoli - Sindaco il signor Antonio Bassolino -, a fronte delle vibrate proteste degli inquilini interessati aveva pubblicamente ed ufficialmente dichiarato che il Comune avrebbe partecipato all'acquisto di una quota di azioni della società Risanamento
il signor Marchini, socio acquirente di una rilevante quota della Società Risanamento, che nel corso di numerose conferenze stampa aveva manifestato l'intenzione di voler investire ulteriori risorse per valorizzare il patrimonio immobiliare con iniziative produttive di ampio respiro occupazionale, si è, nel giro di pochi mesi, disfatto di tutto il pacchetto azionario così vantaggiosamente acquistato;
la «Società per il Risanamento di Napoli» proprietaria di oltre cinquemila unità immobiliari che nel corso di più di un secolo aveva svolto un ruolo decisivo sul mercato delle locazioni, costituendo un sicuro punto di riferimento in tutta la Campania a garanzia dei cittadini e formando un baluardo alla speculazione sempre presente nel settore delicato e vitale degli alloggi e delle attività commerciali, è stata immediatamente smantellata;
attraverso trasformazioni e vendite a catena la città di Napoli è stata privata del centro decisionale, trasferito a Milano e si è dato luogo alla nascita di «Società per il Risanamento di Napoli» (presidente Luigi Zunino) con sede a Milano che ha venduto a «Centrale Immobiliare» delegato Bianco Carlo, la sede storica in piazza Nicola Amore, 6, l'importo di 27 miliardi e 356 milioni e il 13 dicembre 2000 alla Iniziativa Immobiliare Srl per 350 miliardi e 654 milioni una quota parte degli immobili ex Risanamento;
gli acquirenti della Società per il Risanamento hanno potuto beneficiare della legge n. 408 del 2 agosto 1969 che prevede l'applicazione di un'imposta pari all'1 per cento (anziché dell'8 per cento riferita agli atti traslativi a titolo oneroso imposta proporzionale di cui alla legge 26 aprile 1986, n. 131) trattandosi di immobili non di lusso e avendo dichiarato che entro tre anni dall'acquisto, avrebbero rivenduto gli immobili in questione in quanto società di intermediazioni;
in sostanza la società per il risanamento di Napoli è stata svenduta a favore della Domus italica Spa di Zunino e Marchini che ha acquistato per 475 miliardi una società il cui valore era da ritenersi superiore a 1200 miliardi -:
se non intenda assumere un'iniziativa politica volta a risolvere i problemi degli inquilini che sono migliaia e che ora subiscono le richieste delle società subentrate che allo stato sembrano intenzionate ad avanzare pretese onerose ed eccessive, non ancora paghe dei vantaggi derivanti dall'acquisto, tenendo altresì conto che, secondo una stima attendibile, il costo medio delle unità immobiliari in questione oscilla a seconda delle zone e dello stato d'uso da un minimo di 80 milioni ad una massimo di 150 milioni.
(3-01272)
il decentramento delle funzioni catastali dallo Stato alle province e comuni disciplinato dalla legge n. 59 del 1997 e dal decreto legislativo n. 112 del 1998 prevede che entro l'anno 2004 queste competenze debbano essere trasferite a tutti i comuni italiani;
la scelta di affidare agli enti locali la gestione autonoma di tali competenze statali, che il popolo ha ribadito esprimendo un ampio consenso positivo alle modifiche del titolo V della Costituzione sottoposte a referendum confermativo nell'ottobre 2001, ha conseguito risultati molto validi soprattutto in alcuni ambiti territoriali come il polo catastale persicetano, una realtà intercomunale che serve 65.000 abitanti residenti in sei comuni della provincia di Bologna (San Giovanni in Persiceto, Anzola, Calderara, Crevalcore, Sala Bolognese e Sant'Agata Bolognese);
la sperimentazione, partita ufficialmente all'inizio del 2001 e già costata almeno 200 milioni di lire, ha fatto da «apripista» a livello nazionale poiché è stata la prima ad aver concretamente attuato il decentramento locale non solo per le visure ed il rilascio dei certificati catastali, attraverso l'apertura di appositi sportelli presso le amministrazioni comunali, ma anche e soprattutto per la gestione in tempo reale dei dati e degli aggiornamenti da parte del comune di riferimento che hanno permesso ai comuni di gestire le politiche fiscali e di espletare finora più di 2.000 pratiche;
di recente il ministero dell'economia e delle finanze con una lettera si è rivolto ai sindaci dei comuni italiani per verificarne la volontà di gestire in proprio i servizi catastali ma poiché la lettera non conteneva indicazioni precise sulle modalità di organizzazione dei servizi né sui costi di attuazione delle diverse forme possibili di gestione autonoma, solo il 37 per cento delle amministrazioni comunali ha fornito una risposta al ministero;
in Parlamento la maggioranza ha presentato una proposta di legge delega al Governo affinché interrompa l'esperienza del decentramento catastale ai comuni e torni ad esercitare in prima persona i servizi catastali affidandoli all'Agenzia del territorio e limiti il decentramento ai soli ambiti provinciali, una scelta che smentisce la politica federalista nazionale volta al riconoscimento della piena autonomia degli enti locali e ad una migliore gestione del territorio, così come previsto da leggi recenti e dall'inequivocabile esito referendario di nove mesi fa -:
se i ministri interrogati siano favorevoli al recupero da parte dello Stato delle funzioni catastali decentrate di recente agli enti locali e, in caso negativo, se non ritengano di promuovere l'estensione dell'esperienza realizzata in provincia di Bologna dal polo catastale decentrato dei comuni di San Giovanni in Persiceto, Anzola, Calderara, Crevalcore, Sala Bolognese e Sant'Agata Bolognese anche agli altri comuni d'Italia.
(4-03593)
l'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato ha presentato il bilancio d'esercizio e il bilancio consolidato 2001 con un utile pari a 40,9 milioni di euro. Un risultato positivo, sotto l'aspetto contabile, presentato con molta enfasi dal vertice aziendale che tuttavia nasconde numerosi problemi irrisolti del cosiddetto «risanamento aziendale» più volte annunciato dall'ex presidente dell'IRI;
una attenta lettura dei dati contabili attribuisce questo successo a:
a) fattori eccezionali non ripetibili legati alla commessa euro, gestita peraltro con pesanti extracosti e con scarsa lungimiranza: attualmente la Zecca è ferma per mancanza di commesse, in assenza di una politica commerciale dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, con ben 25 linee di produzione, su 28, completamente bloccate;
b) alla vendita delle Cartiere Miliani di Fabriano, prestigioso marchio ceduto per circa 40 milioni di euro. Non sono state cedute, viceversa, aziende come Editalia, che hanno accumulato negli ultimi quattro anni circa 30 miliardi di perdite;
c) al minore onere sostenuto, pari a 150 miliardi annui, caricato nelle casse dello Stato, per il prepensionamento di circa 3000 operai di elevata qualificazione, con competenza professionale non sostituibile rapidamente. Un ulteriore perdita di valore dell'Ente;
d) al contributo di 80 miliardi erogato dal bilancio statale per la ristrutturazione dell'Istituto;
di converso, i dati contabili non menzionano il notevole ridimensionamento delle aree d'affari dell'Istituto registrato nel 2001, proseguito nel 2002, che ha visto l'ente perder porzioni importanti della modulistica fiscale (tra cui 730 - UNICO) tutte le lotterie, sia istantanee che tradizionali,
se sia vero che, in base al piano industriale presentato dagli attuali amministratori, l'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato sarà a breve trasformato in spa;
se tale decisione sia stata assunta sulla scorta di un audit svolto da un advisor di fiducia del Ministro dell'economia;
nell'ipotesi di cui sopra quali strumenti finanziari e di gestione saranno effettivamente assegnati all'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato per svolgere la sua nuova missione;
se risponda al vero la circostanza che in relazione alle assicurazioni fornite dagli attuali amministratori sullo stato finanziario dell'Istituto, il contributo destinato alla ristrutturazione aziendale, trasformato in fondo di dotazione, sia stato ridotto di 400 miliardi;
se non ritenga infine, che il quadro descritto, se rispondente al vero, non salverebbe l'istituto - come sostenuto anche recentemente dalla Corte dei conti - e le sue maestranze da una precoce dissoluzione per la mancanza di solide basi finanziarie e patrimoniali e di un credibile assetto industriale nel caso di una rapida privatizzazione.
(4-03598)