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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge costituzionale, già approvato dalla Camera e dal Senato in prima deliberazione: Modifica dell'articolo 51 della Costituzione.
La ripartizione del tempo riservato alla discussione sulle linee generali è pubblicata in calce al vigente calendario dei lavori (vedi resoconto stenografico della seduta del 27 giugno 2002).
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Informo che il presidente del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Il relatore, onorevole Montecchi, ha facoltà di svolgere la relazione.
ELENA MONTECCHI, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, è con soddisfazione che mi accingo a presentare la breve relazione a questo progetto di legge costituzionale già approvato dalla Camera e dal Senato. Molte sono state le ragioni e le argomentazioni che, a partire dalla scorsa legislatura, hanno dato vita ad un dibattito ricco e vivace, attento a tutte le possibili implicazioni teorico-giuridiche presenti ogni qualvolta si modifica la Carta costituzionale e, particolarmente delicate, qualora si affrontino temi come quello della rappresentanza politica. Il dibattito si è mostrato accorto e sensibile rispetto ai dati della realtà e alle esigenze che la stessa società civile andava manifestando con sempre maggior forza e vigore, stimolando così un'attenta riflessione da parte nostra su questo tema.
In questo contesto ho avuto modo di apprezzare i molteplici contributi al dibattito che sono pervenuti ai noi sin dalla XIII legislatura e la discussione che si è da poco svolta al Senato, seguita da un voto d'aula, che confermando il testo di modifica già approvato dalla Camera, ha così permesso il rapido proseguimento dell'iter legislativo.
Ringrazio per il lavoro svolto la relatrice al Senato, la quale, nella sua relazione, ha opportunamente ricordato come lo stesso Parlamento europeo, sin dal 1988, aveva espresso con una risoluzione la preoccupazione per il fatto che in molte democrazie liberali le donne non sono rappresentate in proporzione né al loro numero né alla loro formazione ed esperienza professionale. Certo, un deficit di democrazia non solo italiano, ma che nel nostro paese ha assunto proporzioni allarmanti. La stessa Francia, del resto, in una situazione non dissimile dalla nostra, fin dal 1999 ha intrapreso la via della modifica costituzionale, aprendo così la strada ad interventi legislativi tesi a favorire un'inversione di tendenza. Certo, i primi dati delle recenti elezioni legislative francesi non sembrano esaltanti: in numeri assoluti, risultano elette solo otto donne in più rispetto alla precedente legislatura, pari all'12,1 per cento circa dell'Assemblea nazionale. Eppure, questo dato va letto con cautela; nei mesi passati si è molto discusso del rischio che una riforma attinente alla formazione della rappresentanza politica potesse, in qualche modo, spingere per una predeterminazione dei risultati. I dati francesi dimostrano, non solo come ciò non sia vero, ma che la strada per raggiungere una rappresentanza effettiva di uomini e donne sia ancora molto lunga.
Quello che oggi stiamo compiendo è solo un primo passo per far sì che, attraverso la modifica costituzionale, altri strumenti legislativi e non legislativi possano in futuro essere approntati al fine di stimolare e favorire una vera inversione di
tendenza. Un passo necessario sotto il profilo simbolico perché manifesta la consapevolezza, da parte di questo Parlamento, della gravità della situazione attuale e dell'assoluta inadeguatezza di questa rappresentanza a garantire un corretto funzionamento delle istituzioni democratiche. Un passo ancor più necessario sotto il profilo concreto perché sarà finalmente consentita e costituzionalmente garantita l'adozione di tutti i possibili strumenti capaci di rimuovere quegli ostacoli che, di fatto, impediscono o scoraggiano l'accesso delle donne alla politica ponendole, di fatto, in una condizione di non parità.
In molti degli interventi sia alla Camera sia al Senato, a partire da quelli del ministro per le pari opportunità, onorevole Prestigiacomo, è stata ribadita non solo la necessità di questa modifica, ma anche l'urgenza, considerato che il tasso di partecipazione femminile alla vita politico istituzionale nel nostro paese è così basso da far pensare ad una vera e propria emergenza democratica (solo il 9,8 per cento alla Camera ed il 7,7 per cento al Senato). Al Senato, la senatrice Pagano, così come l'onorevole Boato in quest'aula, hanno ricordato, ad esempio, come l'Italia sia solo al sessantanovesimo posto come percentuale di donne elette in Parlamento; tale dato risulta sconfortante se confrontato non solo con quello di alcune democrazie del nord Europa, ma soprattutto con quello di paesi a giovane democrazia come la Romania o lo Zimbabwe.
Nel complesso dibattito che si è svolto nei due rami del Parlamento, è stato più volte sottolineato il pregio di una formulazione elastica e flessibile che non irrigidisca eccessivamente il dettato costituzionale, ma possa aprire la strada al più ampio ventaglio possibile di provvedimenti per fronteggiare quella che in molti consideriamo ormai una vera e propria crisi della politica e della rappresentanza.
Sono state, inoltre, affrontate e discusse le implicazioni inerenti alla nuova formulazione dell'articolo 117 della Costituzione o alla controversa sentenza n. 422 del 1995, così come è stata esaminata e discussa anche la precedente formulazione prevista in sede di Commissione bicamerale del 1997.
È del tutto evidente che sarebbe impossibile dar conto, in modo esaustivo, in questa sede della ricchezza della discussione che si è svolta nell'arco di due legislature nei due rami del Parlamento nonché della complessità delle problematiche politiche e giuridiche affrontate. Molte e diverse sono state, infatti, le ragioni argomentate a sostegno della modifica dell'articolo 51 della Costituzione. Tra quelle però che anch'io ho più volte richiamato durante la prima lettura del disegno di legge in esame ve ne è almeno una che merita di essere ricordata e che, forse, più di ogni altra ha rappresentato una spinta significativa per una modifica dell'articolo 51. Essa attiene al carattere incompiuto della nostra democrazia rappresentativa, caratterizzata ancora oggi, a distanza di più di cinquant'anni dall'entrata in vigore della nostra Costituzione, da una preponderante presenza maschile e, soprattutto, da dati, di anno in anno sempre più allarmanti, sulla scarsa partecipazione delle donne alla vita pubblica.
L'uguaglianza formale tra i sessi, garantita dal fatto che l'attuale formulazione dell'articolo 51 della Costituzione sancisce che tutti i cittadini dell'uno e dell'altro sesso possano accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizione di eguaglianza, ha per molti anni svolto l'importante funzione di impedire discriminazioni formali rispetto all'accesso da parte delle donne alla vita politica e agli uffici pubblici. Eppure, proprio la constatazione di una difficoltà crescente, dovuta a ragioni di ordine culturale, politico, economico e sociale che rendono l'accesso alla vita politica da parte delle donne particolarmente difficile e spesso gravoso dal punto di vista economico familiare e personale, ci ha convinti della profonda necessità di modificare quell'articolo della Costituzione. Con questa modifica, che ci auguriamo giunga a compimento al più presto, vogliamo completare il dettato costituzionale, realizzando, anche nel campo dei diritti politici, quell'uguaglianza delle
opportunità e delle condizioni di partenza che l'articolo 3 della nostra Costituzione impone già per i diritti economici e sociali.
La nuova formulazione dell'articolo 51 della Costituzione crea, infatti, la copertura costituzionale per successivi interventi di carattere legislativo e non, tesi a colmare il deficit democratico che permane nella nostra democrazia, a correggere cioè quegli squilibri della rappresentanza che, di fatto, rendono la nostra democrazia sostanzialmente incompiuta. Ho già affermato in altre occasioni, infatti, che, se le democrazie saranno capaci di aprirsi, di diventare inclusive, esprimendo compiutamente anche la rappresentanza di chi è escluso, potranno rigenerarsi e mantenersi vitali, valorizzando differenze e specificità proprie delle società moderne e prima tra queste la differenza di genere.
Se i dati riportati sono, infatti, sintomo di una crisi della politica e, dunque, di una crisi di fiducia e di rappresentanza delle istituzioni, diventa indispensabile giungere al voto della riforma per contribuire a superare tale situazione che ci indebolisce.
Per questo mi auguro che questo progetto di legge costituzionale sia approvato in tempi rapidi, sia in quest'aula sia al Senato, aprendo così finalmente la strada ad una auspicata e salutare inversione di tendenza.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
STEFANIA PRESTIGIACOMO, Ministro per le pari opportunità. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Luciano Dussin, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole Mazzuca Poggiolini. Ne ha facoltà.
CARLA MAZZUCA POGGIOLINI. Signor Presidente, come meglio ha richiamato l'onorevole relatrice, di cui ho apprezzato ancora una volta la notevole profondità d'analisi e la competenza e che pubblicamente vorrei ringraziare per il lavoro svolto, sono già state svolte diverse questioni nei due diversi passaggi parlamentari di questo disegno di legge di revisione costituzionale.
Mi limiterò pertanto a soffermarmi su due elementi che probabilmente saranno affrontati successivamente, ma che adesso è il caso di richiamare. Con questa proposta di riforma, - è già stato detto - si completa il disegno costituzionale previsto nell'articolo 3 della Costituzione e al contempo si cerca di andare incontro ad un'esigenza di riequilibrio della rappresentanza che è parte fondante di una democrazia compiuta.
Vorrei porre in evidenza che l'approvazione della modifica dell'articolo 51 della Costituzione, oltre alla sostanziale possibilità di approvare gli appositi provvedimenti che consentano di realizzare concretamente le pari opportunità fra uomini e donne, rappresenta un forte elemento di raccordo delle istituzioni con la società civile, in particolare con la parte femminile di questa società. Ciò avviene in un momento molto difficile, in cui è stato appena approvato - naturalmente io non l'ho fatto -, nell'ambito della cosiddetta «riforma Frattini», un articolo, la cui applicazione induce a prevedere momenti difficili per quelli che sono gli organismi di parità che pure hanno avuto nel passato, ed hanno ancora, un notevole ruolo nello svolgimento di studi, approfondimenti e pressioni, portando oggi in Parlamento a discutere, e successivamente ad approvare, la riforma dell'articolo 51 Costituzione.
Questo colloquio con la società civile è qualcosa di estremamente prezioso, specialmente in una società di donne e di associazioni femminili; attraverso tali associazioni si riesce a cogliere la grandissima ricchezza, non dovuta soltanto alla differenza di genere, ma anche alla diversità di punti di vista che tante donne, presenti in tante associazioni, istituzioni e realtà, rappresentano, in un trasversalismo che non è da intendersi in senso deteriore, ma che costituisce invece una ricchezza e favorisce una pluralità di culture e di approfondimenti che soltanto in organismi che non siano fortemente connotati dal
peso di una maggioranza di Governo, in quel momento al potere, si possono esprimere. Abbiamo oggi un Governo di centrodestra, - nella scorsa legislatura abbiamo avuto invece il Governo dell'Ulivo e mi auguro che quello prossimo sia ancora un Governo dell'ulivo - e mi auguro vi siano sempre organismi che possano essere rappresentativi realmente di questo pluralismo e non connotati da un eccessivo peso di una maggioranza di Governo.
A tali organismi noi dobbiamo molto e, in particolare, in passato, dobbiamo ciò che ha costituito in un certo senso l'aspetto prodromico di questa vicenda, ovvero quella legge che nel 1993 consentì l'alternanza tra uomo e donna e che nel 1995 la Corte costituzionale, la cui composizione era tutta maschile, volle cassare, dichiarando illegittima. Feci allora parte di quegli organismi e vi furono, vi sono state e vi saranno sempre, spero, donne coraggiose che riescono a portare avanti un discorso che sicuramente non è molto apprezzato dalla parte politica maschile, anche se poi in quest'aula ma anche al Senato, una amplissima maggioranza ha approvato la modifica dell'articolo 51 della Costituzione.
Vorrei svolgere un approfondimento su un secondo punto, quello relativo agli appositi provvedimenti. Certo, bisogna innanzitutto approvare questa riforma - tutti i nostri sforzi in questo momento vanno in tale direzione - e bisogna farlo in tempi brevi, come diceva giustamente la relatrice Montecchi.
Sugli appositi provvedimenti già da tempo si sta ragionando con molta cura, a cominciare da quelli che riguardano i media. A me non dispiace che, in un passato non molto lontano, l'attuale presidente della RAI, quando presiedeva la Corte costituzionale, durante un'audizione relativa a questo argomento, da costituzionalista, abbia egli stesso sottolineato con forza quelle che erano, sono state e sono le carenze della televisione pubblica e degli altri mezzi di informazione pubblici (anche la radio) rispetto alle pari opportunità di conoscenza e al fine di porre in evidenza il valore delle candidature femminili. Mi auguro che questo possa facilitare in un prossimo futuro anche l'adozione di normative adeguate in tal senso.
Voglio ricordare anche l'importanza di stabilire sanzioni più adeguate e, quindi, di dare «gambe» per camminare a quell'articolo della legge elettorale che finalizza una quota del finanziamento pubblico dei partiti - il 5 per cento - ad iniziative che sostengano e valorizzino l'impegno delle donne in politica e, quindi, nelle istituzioni. Si tratta di una norma che, senza adeguate sanzioni, di carattere anche amministrativo, non ha funzionato e noi tutte che facciamo parte di differenziate forze politiche, ma molto omogenee da questo punto di vista, sappiamo che questi soldi in realtà non sono stati spesi a tal fine o almeno non in modo totale.
Credo sia molto importante che noi si vada avanti su questa strada anche in rapporto a quello che l'Unione europea, come è stato richiamato, già da vent'anni sta dicendo e continua a ripetere, affinché si raggiunga una partecipazione equilibrata di uomini e donne in tutti i livelli e in tutte le aree della vita pubblica, nelle posizioni decisionali e in tutte le attività politiche, inclusi i processi elettorali. A questo proposito ho richiamato il testo che in un'assemblea dell'Unione europea è stato riportato.
Vorrei concludere dicendo che la Margherita si darà da fare affinché questo provvedimento venga calendarizzato al più presto (già è stato fatto, ma mi riferisco all'aula) e affinché la riforma dell'articolo 51 della Costituzione - come è stata determinata dopo l'ampio dibattito e, per certi versi, lo scontro, dato che qui si parla di appositi provvedimenti per le pari opportunità e non per l'accesso alle pari opportunità (non voglio ricordare ancora quanto è stato già detto sia in Commissione che in quest'aula) - arrivi al più presto ad essere approvata nella necessaria seconda lettura dei due rami del Parlamento, così da diventare legge costituzionale.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Paoletti Tangheroni. Ne ha facoltà.
PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Signor Presidente, questa legge di modifica costituzionale si situa in un solco tracciato dai paesi europei, i quali spesso si sono trovati, come ricordava la nostra relatrice, nelle condizioni di ricorrere ad una trasformazione delle rispettive carte costituzionali - ultima la Francia - per porsi nelle condizioni di effettuare quelle azioni positive evocate già dalla Conferenza di Nairobi e poi invocate nella Conferenza di Pechino.
Le azioni positive per garantire le pari opportunità tra gli uomini e le donne saranno, nella nostra Costituzione, definite come appositi provvedimenti.
Abbiamo - come parlamentari - tutta la responsabilità delle azioni positive, perché si collocano, nella nostra normativa, a valle dei provvedimenti. Normiamo, dunque, i provvedimenti da approvare. Credo questo sia importantissimo; forse, ciò è sottovalutato, non certamente dalla relatrice, men che meno dalla ministra, ma un po' dai mass media. In effetti, le azioni positive, si troveranno a valle dei provvedimenti che saranno qui approvati.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei ricordare, in modo esplicito, che non si tratta di preordinare campagne di sensibilizzazione sul tema della parità, ma di prevedere le disposizioni che facilitino e promuovano le campagne di sensibilizzazione o qualsiasi altra azione. Si tratta, dunque, di un momento molto importante per il nostro Parlamento.
La norma modificata assume certamente un alto valore simbolico; un valore molto forte. Ora occorre dare seguito a tale enunciazione. Esiste un quadro entro cui muoversi che qui ripristina quanto era stato bloccato per sette anni dalla pronunzia in materia della Corte costituzionale. Le strade verso l'obiettivo della parità non sono infinite ma tracciate; ora le possiamo percorrere.
Non senza orgoglio, ricordo che il provvedimento al nostro esame, voluto e portato avanti da noi donne (guardato con tanta attenzione fuori di quest'aula), ha avuto una storia esemplare. Di ciò ringrazio, in primo luogo, il ministro Prestigiacomo per il marchio, non tanto di trasversalità, quanto di universalità che ha voluto dare a questa norma, in tutte le fasi del provvedimento.
Voglio ringraziare la relatrice che ha scevrato da ogni sospetto di strumentalizzazione o di polemica la sua trattazione. Credo che, a questo punto - e non è certo poco -, occorra individuare gli appositi provvedimenti e realizzarli.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.
SESA AMICI. Signor Presidente, faccio mio il giudizio espresso poc'anzi dalla relatrice, onorevole Montecchi, sul grado di soddisfazione che, sin qui, dobbiamo registrare nei due passaggi tra Camera e Senato del provvedimento di modifica costituzionale, e l'auspicio che la conclusione dell'iter avvenga nei tempi più rapidi possibili.
Si tratta di giudizio di soddisfazione che, tuttavia, non può farci velo di una discussione svoltasi, in modo molto ricco, al Senato - come del resto ricca era stata la discussione svoltasi alla Camera -, durante la quale, tuttavia, non sono mancati toni, riflessioni tendenti a interpretare questa norma - che abbiamo voluto inserire in questo contesto, come ha affermato la collega Paoletti - come una norma pleonastica o addirittura come un modo surrettizio di introdurre le quote.
Debbo ricordare che, durante la discussione svoltasi alla Camera, gran parte delle deputate e dei colleghi uomini ha risposto a questo tentativo - che, di fatto, si inserisce in quella linea di pregiudizio che avviene ogni qual volta si parla della rappresentanza e dell'equilibrio della stessa tra uomini e donne - con argomentazioni, non di difesa, non semplicemente di attacco, ma con un grado di consapevolezza straordinaria circa un problema che oggi riguarda, non solo le donne, ma la qualità della democrazia e
della rappresentazione della politica; proprio attraverso questa norma, vogliamo provare a ridurre lo stacco profondissimo che esiste oggi tra il modo di intendere la politica come un mettersi al servizio di un concetto e la rappresentazione concreta della risoluzione degli interessi generali. È un modo, quindi, di intervenire concretamente; è un'idea nuova di una politica amica.
Voglio fare questa premessa perché noi abbiamo invece tenuto un atteggiamento molto importante, cui si fa riferimento - lo voglio ricordare citandola testualmente - nella prima relazione dell'onorevole Montecchi, rispetto alla quale il ministro Prestigiacomo si trovò d'accordo nel corso di un intervento - anche molto appassionato - circa la formulazione da noi adottata. Quella formulazione ha il pregio di inserirsi pienamente nell'equilibrio costituzionale esistente e di permettere una sorta di bilanciamento tra i diversi valori costituzionalmente riconosciuti e protetti.
Dunque, da un lato un rispetto dell'intangibilità dei principi contenuti nella prima parte della Costituzione e, dall'altro, l'estensione dell'uguaglianza sostanziale dall'ambito socioeconomico ai diritti politici, alla rappresentanza. Uguaglianza formale e uguaglianza sostanziale possono non solo convivere ma trovare anche una sintesi felice grazie alla formulazione da noi individuata: adottare gli appositi provvedimenti.
Intorno al termine «appositi provvedimenti», non sfugge, credo, a nessuno di noi la necessità e l'urgenza che su ciò si possa (al pari del ragionamento che abbiamo posto e della passione con cui abbiamo voluto, grazie anche ai lavori della XIII legislatura, questa modifica) concretamente svolgere una discussione ampia, convergente, tesa sul serio a fare di quegli appositi provvedimenti uno strumento per provare a modificare gli attuali equilibri.
La qualità della democrazia e la bassissima rappresentanza della politica ci portano a dire che, con gli appositi provvedimenti, abbiamo una scommessa da fare. Lo ricordava ancora in questa sede la relatrice Montecchi.
Il voto della Francia, con la sua modifica costituzionale, nelle Assemblee legislative, ci pone oggi una serie di problemi. È del tutto evidente che - non serve un'analisi affrettata nei confronti di una legge che vanta un minimo di attuazione e verifica -, quando all'interno del sistema elettorale francese gran parte dei partiti hanno rifiutato di porre le donne in lista, al punto di essere disposti a pagare la penale, ci troviamo a dover ancora percorrere una lunga strada, che sappia intrecciare e far convivere percorsi culturali, rappresentanza sociale delle donne e messa in discussione di una forza di soggettività politica importante.
Parimenti, ritengo che, in una stagione complessa come quella attuale, con una norma costituzionale e la copertura costituzionale che ci accingiamo, anche in questo caso, ad approvare in tempi veramente rapidi, dovremmo vigilare in vista di un raccordo vero con il titolo V della Costituzione già modificata. Quel titolo V che, oggi, rappresenta l'unico vincolo attraverso il quale gli statuti regionali debbono essere vincolati alla cosiddetta norma della parità di accesso per uomini e donne.
Questo è importante, nella stagione degli statuti regionali che si apre, affinché anche su questo, in assenza della norma costituzionale, in vista del completamento dell'iter, non ci sia una sottovalutazione di una modifica già attuata, che renderebbe molto più difficile e complesso quel cammino. Per ognuna di noi le norme sono punti importanti, ma dietro alla norma ci deve essere la passione, la consapevolezza politica di un percorso che attiene ai partiti, alle associazioni, a quanti in questo momento hanno a cuore il problema del deficit di democrazia nelle democrazie europee. Infatti, non può esserci democrazia senza che in questa si abbia il riconoscimento vero del genere e, quindi, di una differenza di genere, che è straordinariamente importante perché eleva la qualità stessa della rappresentanza politica.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
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