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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
PRESIDENTE. L'onorevole Bricolo ha facoltà di FEDERICO BRICOLO. Signor Presidente, hanno destato allarme le dichiarazioni rilasciate agli organi di stampa il 12 giugno 2002 dal ministro Scajola, il quale ha ammesso la presenza nel nostro paese di diverse centinaia di fiancheggiatori del fondamentalismo islamico. La rete terroristica Al Quaeda, a partire dagli attacchi dell'11 settembre 2001 alle Twin Towers, si è dichiaratamente prefissa come obiettivo la destabilizzazione e la distruzione delle democrazie occidentali.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno Mantovano ha facoltà di ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. La ringrazio, signor Presidente. Onorevoli deputati, il tema affrontato dagli onorevoli Bricolo e Cè è di estrema delicatezza ed è stato analizzato, come del resto richiamato dagli stessi interpellanti, dal ministro dell'interno il 12 giugno 2002, nel corso dell'audizione al Comitato parlamentare per i servizi di informazione e di sicurezza.
mondiale. Le difficoltà nella prevenzione e nel contrasto sono, quindi, legate a questa sorta di delocalizzazione, per cui un attentato, compiuto nel territorio di uno Stato, può essere stato organizzato nel territorio di un altro Stato ed essere commesso da soggetti che risiedono nel territorio di un terzo Stato, i quali si recano nel paese vittima dell'azione terroristica per realizzarlo, contando su una rete di supporto logistico di non facile individuazione, in quanto inserita da tempo in quella realtà territoriale.
seguiti concreti in termini di indagini e di sviluppi giudiziari - sono state approvate specifiche norme che, affiancandosi alle precedenti, hanno rafforzato gli strumenti di repressione del terrorismo internazionale, introducendo rilevanti novità in materia investigativa, tra cui la possibilità di realizzare attività sotto copertura e quella di effettuare le cosiddette intercettazioni preventive.
PRESIDENTE. L'onorevole Bricolo ha facoltà di FEDERICO BRICOLO. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole sottosegretario per la risposta. Sento, comunque, di dover chiedere al Governo un'azione più decisa al contrasto alla criminalità islamica che il ministro Scajola ci comunica essere presente sul nostro territorio con numeri impressionanti.
di documenti falsi e favoreggiamento all'immigrazione clandestina. Sappiamo, poi, che i documenti di uno dei terroristi che hanno compiuto l'attentato a New York provenivano proprio da uno degli indagati della moschea di viale Jenner. Abbiamo i dati dei terroristi e dei fiancheggiatori, sappiamo dove sono radicati e, quindi, ci aspettiamo un'azione decisa da parte del Governo: vogliamo cacciare queste persone dal nostro paese perché evidentemente, esse sono qui, per seminare odio e distruzione e per uccidere innocenti.
Nonostante l'intervento massiccio delle reti di intelligence dei paesi alleati, le cellule terroristiche dell'organizzazione Al Quaeda sono tuttora attive e motivate da intenti distruttivi, come minacciato dallo stesso mullah Omar la scorsa settimana, tramite un'intervista ad un quotidiano russo. Le capacità distruttive dei mezzi a disposizione dei terroristi sono concrete e gli effetti di ordigni come la cosiddetta «bomba sporca» radioattiva, progettata per attaccare Washington, sono potenzialmente devastanti.
Tenuto conto che i militari di Al Quaeda ed i loro capi costituiscono una minaccia grave e comprovata alla sicurezza del nostro paese e che il ministro interpellato, nella dichiarazione precedentemente citata, ha sostenuto che la rete di fiancheggiatori del terrorismo costituisce uno scenario sotto il controllo delle forze di intelligence del nostro paese, chiediamo se non si ritenga necessario provvedere al fermo immediato di tutte le persone presenti nel nostro paese individuate dall'intelligence come fiancheggiatori del terrorismo islamico (che il ministro Scajola ha quantificato in centinaia di persone); se non si intenda procedere all'immediata espulsione per coloro che tra questi non risultassero essere cittadini italiani; se non si consideri necessario assumere adeguate iniziative sotto il profilo dell'ordine pubblico e in relazione alle moschee e ai luoghi di culto, che, come nel caso della moschea di viale Jenner a Milano, siano già stati individuati come luoghi di formazione e di protezione di terroristi; se non si intenda, inoltre, intervenire presso le ambasciate di quei paesi islamici che, attraverso una politica superficiale o connivente, potrebbero aver favorito l'ingresso nel nostro paese di soggetti potenzialmente pericolosi.
Poiché il contenuto dell'audizione è segretato, la risposta non può essere puntuale, a pena di pregiudicare l'intenso lavoro che si sta svolgendo sul fronte della prevenzione nei confronti delle aggressioni terroristiche. Mi soffermo, tuttavia, su un'analisi del fenomeno, dalla cui capillarità gli interpellanti potranno dedurre quanto sia mirata la strategia di prevenzione e di contrasto.
Attualmente il terrorismo internazionale trae origine soprattutto da crisi regionali, che assumono una dimensione internazionale in seguito ad attacchi criminosi, realizzati o ipotizzati, che per la loro eccezionale gravità inevitabilmente richiamano l'attenzione dell'opinione pubblica
È, quindi, da presumere che, ove non vengano risolte le crisi esistenti in determinate aree del globo, si assisterà ad un radicamento degli atti terroristici.
Per prevenire e per circoscrivere questi ultimi, il mondo civile è chiamato a dare una risposta fondata, non solo sul rafforzamento della cooperazione di polizia e di intelligence - ciò è indispensabile -, ma di lungimirante e comune azione politica.
Devo osservare, peraltro, che l'attuale complessità della situazione non rende agevole un'efficace e compiuta analisi del terrorismo internazionale. Da un trentennio, infatti, oltre alle manifestazioni terroristiche eversive di tipo nazionale e tradizionale, si è sempre più evidenziato un terrorismo motivato da un profilo religioso il quale ricava da una interpretazione dei testi sacri dell'islam gli strumenti ideologici e dottrinali che a loro volta costruiscono la base delle forme violente di lotta e di destabilizzazione. Questa è, del resto, la logica in cui si muovono i gruppi terroristici che si riconoscono nella Jihad internazionale, protagonista, sin dai primi anni settanta, degli atti di terrorismo che hanno raggiunto il loro culmine nell'attacco ai simboli della potenza economica e militare degli Stati Uniti d'America dell'11 settembre dello scorso anno.
Rassicuro l'onorevole interpellante che la lotta al terrorismo costituisce per il Governo una priorità assoluta. Tale atteggiamento è stato riconosciuto ed apprezzato di recente anche dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti che cita il nostro paese come esempio di collaborazione per gli importanti risultati conseguiti sul piano operativo e per le iniziative assunte a livello legislativo. La posizione geografica del nostro paese con la sua contiguità rispetto alle zone calde ha imposto una rafforzata attività di investigazione e di intelligence che ha riguardato una ricalibratura della vigilanza di obiettivi sensibili con mirate azioni di controllo del territorio. Una costante, attenta azione di intelligence viene poi svolta nei confronti di soggetti legati a gruppi radicali islamici che, all'interno di istituti culturali e di moschee, potrebbero porre in essere attività criminose.
Il problema sollevato dall'interpellante è concreto, in considerazione anche del fatto che le associazioni religiose di matrice islamica, i centri culturali e le moschee sono notevolmente aumentati negli ultimi cinque anni. L'intensa azione di proselitismo, negli ultimi tempi, si è indirizzata anche attraverso il circuito telematico che ben si presta alla diffusione di propaganda e di progettualità paraterroristica.
Riaffermo che l'attenzione delle forze di polizia italiane su ambienti contigui al terrorismo di matrice islamica è costante e non si esplica solo sul territorio con l'avvio di nuove iniziative investigative, ma anche, così come viene richiesto dall'onorevole interpellante, con l'adozione di numerosi provvedimenti di espulsione. Questi provvedimenti riguardano, in particolare, quanti, non in regola con la normativa in materia di soggiorno, si ritenga utilizzino il territorio italiano come base per l'avvio di attività illecite. A tal fine, oltre al rafforzamento dell'attività di controllo del territorio, è stato conferito un nuovo impulso alla delicata opera svolta dalla polizia di frontiera. Sono, inoltre, allo studio misure di sicurezza basate su una attenta valutazione delle persone che salgono a bordo degli aerei, utilizzando anche tecnologie innovative al momento dell'imbarco. Fondamentale, comunque, rimane l'opera di prevenzione e, quindi, il controllo accurato delle liste d'imbarco.
Dopo l'11 settembre - l'esigenza si era manifestata anche prima e aveva avuto
Né è da trascurare l'istituzione del comitato di sicurezza finanziario dotato di poteri speciali di acquisizione di informazioni con il compito di monitorare il funzionamento del sistema di prevenzione e di sanzioni applicabili nei confronti dei soggetti che violano i regolamenti comunitari concernenti i divieti di esportazione di beni e di servizi in un quadro coordinato che si ispira alle decisioni assunte in materia dal Gafi.
Il ministro afferma che, sul nostro territorio, sono presenti centinaia di fiancheggiatori di Al Qaeda (si tratta, dunque, di terroristi islamici), anche se aggiunge che la cosa non ci deve preoccupare perché i nostri servizi di intelligence li tengono sotto controllo. Purtroppo, abbiamo visto come l'intelligence americana, di sicuro più potente di quella di cui dispone il nostro paese, pur avendo informazioni parziali, non è riuscita ad impedire l'attentato dell'11 settembre (è di ieri la notizia che un'intercettazione telefonica dalla quale si poteva evincere che sarebbe stato compiuto l'attentato a New York è stata tradotta e diffusa il giorno dopo).
È chiaro che un'intelligence rafforzata e più radicata sul territorio può fare molto, ma è anche vero che il ministro ci dice che ci sono queste centinaia di fiancheggiatori. Di fronte a ciò, noi abbiamo da porgere al ministro una richiesta molto chiara: poiché questi fiancheggiatori sono terroristi a piede libero, vogliamo l'espulsione immediata di coloro che non sono cittadini italiani (visto che li controlliamo, dobbiamo per forza sapere chi sono). Non ci soddisfa che il ministro, da un lato, faccia affermazioni allarmistiche e, dall'altro, non promuova azioni concrete e visibili. È vero che l'audizione del ministro alla quale mi riferivo è segretata, ma vorremmo comunque vedere qualche risultato concreto e, soprattutto, lo vorremmo portare a conoscenza dell'opinione pubblica. Chiediamo, dunque, l'arresto immediato dei fiancheggiatori che sono cittadini italiani e l'espulsione immediata degli stranieri.
Finora non è giunta alcuna segnalazione da parte delle moschee e dei centri islamici, ma al loro interno vi è certamente qualcuno che è animato non tanto dallo scopo di pregare e di professare la propria religione, quanto da quello di formare terroristi islamici, come sappiamo essere avvenuto nel centro islamico di viale Jenner che, sebbene sia stato accertato essere un luogo di formazione e di protezione dei terroristi, non è ancora stato chiuso (noi crediamo, invece, che ricorrano tutti gli estremi per chiudere un luogo di formazione del terrorismo come la moschea di viale Jenner e come tante altre che sono sorte nel nostro paese). Noi non sappiamo cosa facciano in quelle moschee ed in quei centri islamici e, perciò, siamo preoccupati; sappiamo, comunque, che imam mandati da queste sette islamiche fondamentaliste stanno preparando attentati - lo conferma anche l'intelligence statunitense - in Europa e nel nostro paese.
Intanto, gli esponenti delle cellule milanesi già arrestati (quelli, appunto, della moschea di viale Jenner) sono stati rinviati a giudizio per i reati di associazione a delinquere finalizzata alla detenzione di esplosivi e di aggressivi chimici, ricettazione
Inoltre, è importante pensare a quei paesi che, dichiaratamente o segretamente, appoggiano il terrorismo; la Siria, l'Iran, il Libano. Siamo convinti che le rappresentanze diplomatiche di questi paesi in Italia non coprano o non siano conniventi o non riescano a far giungere nel nostro paese persone che non vengono a fare i semplici turisti o i rappresentanti diplomatici, ma a svolgere una funzione di collegamento tra i gruppi terroristici? L'altro giorno, a Beirut, si è tenuto un convegno organizzato dalla Lega internazionale dei parlamentari per la causa palestinese.
Ebbene, c'è stato un ex ministro degli interni iraniano, ora parlamentare dell'Iran, che ha detto che il popolo palestinese ha il diritto di scegliere i mezzi di lotta che gli permettono di difendersi, e che gli sono rimaste solo le operazioni di martirio. Questo lo dice un ex ministro degli interni iraniano. Invece, il presidente del Parlamento libanese, Berri, dichiara che il terrorismo israeliano non ha lasciato ai palestinesi alcuna altra scelta, e non considera terroristiche le organizzazioni come gli hezbollah, ma ritiene che siano formate da combattenti per la libertà, che ogni giorno in Israele, si immolano nei pullman, negli autobus - lo vediamo nelle cronache - uccidendo, sterminando vita umane.
Ebbene, secondo me, il compito del nostro Governo è anche quello di andare a capire che cosa sta succedendo in questi paesi e anche quello di avere il coraggio di prendere le distanze da chi dichiaratamente appoggia il terrorismo.