Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 159 del 17/6/2002
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Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione della Convenzione internazionale per la repressione degli attentati terroristici mediante utilizzo di esplosivo, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York il 15 dicembre 1997, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno (2074) e dell'abbinata proposta di legge Violante ed altri (1721) (ore 15,25).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione della Convenzione internazionale per la repressione degli attentati terroristici mediante utilizzo di esplosivo, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York il 15 dicembre 1997, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno; e dell'abbinata proposta di legge d'iniziativa dei deputati Violante ed altri.
Comunico che il tempo complessivo riservato all'esame di tale disegno di legge è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori (vedi resoconto stenografico della seduta del 30 maggio 2002).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2074)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Informo che il presidente del gruppo parlamentare Democratici di sinistra-l'Ulivo ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto che le Commissioni II (Giustizia) e III (Affari esteri) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
Il relatore per la III Commissione, onorevole Folena, ha facoltà di svolgere la sua relazione.

PIETRO FOLENA, Relatore per la III commissione. Signor Presidente, si tratta di una convenzione, in vigore oramai dal 23 maggio 2001 (anche qui interveniamo tardivamente), importante e fondamentale per colpire il terrorismo ed ogni minaccia alla democrazia e alla libera convivenza negli e tra gli Stati del pianeta, partendo dalla considerazione della sempre maggiore frequenza di attentati terroristici compiuti per mezzo di esplosivo e della mancanza di uno strumento internazionale che abbia per oggetto questo tipo specifico di attentati.
Siamo giunti alla discussione qui in Assemblea dopo un confronto serrato e costruttivo in Commissione che ha visto, lo voglio dire con piacere e con soddisfazione politica, prevalere il buon senso ed una concezione positiva delle diverse convenzioni, oltre ogni tentativo di militarizzazione del nostro codice e quindi delle stesse relazioni internazionali.
Il fatto che il relatore, la Commissione giustizia, la maggioranza ed il Governo abbiano acceduto all'idea, da noi avanzata, di riformulare diversi ed importanti passaggi, soprattutto per quanto riguarda alcuni aspetti dell'originario atto Camera 2074, accettando emendamenti migliorativi, credo sia il risultato di un lavoro costruttivo comune a cui l'opposizione ha dato il suo forte contributo.
La convenzione in esame, che ha lo scopo di rafforzare e sviluppare la cooperazione multilaterale come mezzo maggiormente efficace per prevenire e reprimere il terrorismo, è lo strumento più efficace che si ha a disposizione. Oltre al preambolo, la convenzione si compone di 24 articoli riproducendo disposizioni in parte simili a quelle che abbiamo appena trattato nella convenzione relativa alla repressione del finanziamento del terrorismo.
L'articolo 1 reca la definizione di alcuni termini fondamentali utilizzati nel testo, come, ad esempio, quello che si riferisce al dispositivo esplosivo o ad altro dispositivo.
Nell'articolo 2 sono descritte, in modo dettagliato, una serie di condotte finalizzate al compimento di atti terroristici o eversivi mediante utilizzo di esplosivi con l'intenzione di provocare la morte o gravi danni fisici oppure distruzioni massicce all'interno o contro un luogo pubblico, un impianto governativo, un sistema del trasporto pubblico o un'infrastruttura. Dal momento che il reato tentato è equiparato a quello consumato, la disposizione in esame indica anche le varie forme di


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concorso di persona nel commettere violazione della convenzione. Nel delimitare il campo di applicazione della convenzione, l'articolo 3 stabilisce che questa non viene applicata quando l'atto terroristico è compiuto nel territorio di un solo Stato e il presunto autore si trova nel territorio dello Stato di cui è cittadino, a meno che un altro Stato non abbia ragione di stabilire la propria completa competenza giurisdizionale.
Ai sensi dell'articolo 4 ogni Stato parte si impegna ad adottare le eventuali e necessarie misure per adeguare il proprio ordinamento penale ai fini dell'attuazione della convenzione.
L'articolo 5 prevede che le parti adottino, se necessario, misure di carattere legislativo affinché i reati contemplati dalla convenzione, in particolare quelli concepiti per provocare il terrore fra la popolazione, non trovino alcuna giustificazione di natura politica, filosofica, ideologica, razziale, etnica e religiosa o in considerazione di qualsiasi altro analogo motivo.
L'articolo 6 individua i criteri in base ai quali uno Stato parte può stabilire la propria competenza giurisdizionale per punire i responsabili degli attentati terroristici. Questa disposizione si riferisce, in particolare, ai casi in cui il reato è stato commesso sul suo territorio o a bordo di una nave o di un velivolo sottoposti alla sua sovranità, oppure se è compiuto da un suo cittadino. Al fine di un'eventuale incriminazione ed estradizione, le persone che si presumono responsabili di violazione ai sensi della convenzione saranno oggetto, secondo le previsioni dell'articolo 7, di opportune indagini di ricostruzione dei fatti. Alla persona indagata vengono comunque garantiti i diritti fondamentali, come quello di comunicare con un rappresentante qualificato dello Stato di appartenenza e di riceverne la visita. Nel caso in cui lo Stato decida di sottoporre a detenzione la persona inquisita deve darne immediata comunicazione, direttamente o tramite il Segretario generale delle Nazioni Unite, agli stati contraenti che hanno dichiarato la propria competenza giurisdizionale e, se opportuno, a tutti gli altri Stati interessati.
Nell'ipotesi in cui uno Stato non conceda l'estradizione nei confronti di un altro Stato che ne avanzi la legittima richiesta, questi è tenuto, ai sensi dell'articolo 8, ad affidare il responsabile del reato all'autorità giudiziaria competente perché provveda a giudicarlo in base alle norme previste dall'ordinamento interno.
L'articolo 9 stabilisce espressamente che i reati rientranti nell'ambito dell'applicazione della convenzione in esame sono considerati a pieno titolo come casi di estradizione in tutti i trattati di estradizione che le parti abbiano già concluso tra di loro o che stipuleranno in futuro.
L'articolo 10 riguarda l'assistenza giudiziaria che gli Stati contraenti si impegnano a concedersi reciprocamente nella forma più ampia possibile, ai fini di inchieste, procedure penali ed estradizioni conseguenti alla commissione di reati cui si applica la convenzione.
Allo stesso modo, secondo quanto prevede l'articolo 11, gli attentati terroristici con esplosivi non possono essere qualificati come reati politici e quindi essere invocati per rifiutare una richiesta di estradizione e di assistenza giudiziaria. Nessuna disposizione contenuta nella convenzione può, tuttavia, essere interpretata, in base all'articolo 12, come un obbligo di estradizione o di mutua assistenza giudiziaria se uno Stato abbia motivi validi per ritenere che queste richieste abbiano il solo scopo di perseguire giudizialmente o di punire una persona per ragioni inerenti alla razza, alla religione, alla nazionalità, all'etnia o alle sue opinioni politiche.
L'articolo 13 concerne il trasferimento di persone detenute in stato di giudizio o per scontare una pena in un altro Stato parte, al fine di testimoniare o contribuire all'accertamento dei fatti nell'ambito di inchieste o azioni giudiziarie relative ai reati disciplinati dalla convenzione. Perché avvenga il trasferimento è necessario il consenso libero e consapevole della persona detenuta e quello delle autorità competenti dei i due Stati interessati. Lo Stato


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che richiede il trasferimento ha il potere e l'obbligo di trattenere in detenzione la persona trasferita salvo richiesta o autorizzazione contraria dello Stato da cui ha avuto origine il trasferimento.
L'articolo 14 riconosce a ciascuna persona detenuta o oggetto di procedimenti intentati ai sensi della convenzione, un trattamento equo; in particolare, le sono garantiti tutti i diritti e i benefici previsti dalla legislazione dello Stato in cui si trova nonché dalle norme vigenti di diritto internazionale, ivi comprese quelle relative ai diritti umani.
Ai fini della prevenzione degli atti terroristici sanzionati dalla convenzione, gli Stati contraenti - in base al dettato dell'articolo 15 - attuano forme di cooperazione, adottando ogni misura possibile per impedire e contrastare la preparazione o la commissione di tali reati all'interno o all'esterno dei loro rispettivi territori. Le parti si impegnano, inoltre, a scambiarsi informazioni, a coordinare misure preventive di carattere amministrativo, a sviluppare metodi per la rilevazione di esplosivi e di sostanze pericolose e a consultarsi per definire norme finalizzate alla marcatura degli esplosivi.
L'articolo 16 impone ad ogni Stato parte di comunicare al Segretario generale delle Nazioni Unite il risultato definitivo di ogni azione penale intentata nei confronti di una persona ritenuta responsabile di violazioni ai sensi della convenzione.
Per quanto concerne l'adempimento degli obblighi che discendono dall'attuazione della convenzione, l'articolo 17 sancisce il rispetto dei fondamentali principi di diritto internazionale, come l'uguaglianza sovrana, l'integrità territoriale degli Stati e la non ingerenza negli affari interni di altri Stati.
Ai sensi dell'articolo 18, nessuna disposizione della convenzione abilita uno Stato ad esercitare, sul territorio di un altro Stato, competenze o funzioni riservate a quest'ultimo dal proprio ordinamento interno.
Riconoscendo la piena efficacia dei principi della Carta delle Nazioni Unite di diritto internazionale umanitario, l'articolo 19 esclude l'applicabilità delle disposizioni della convenzione all'attività delle forze armate in periodo di conflitto armato e nell'esercizio delle loro funzioni ufficiali.
Le controversie relative all'interpretazione o all'applicazione della convenzione, che non si risolvano per via negoziale entro un periodo di tempo ragionevole, sono sottoposte ad arbitrato o, in ultima istanza, come dice l'articolo 20, all'esame della Corte internazionale di giustizia.
Gli articoli dal 21 al 24 recano le clausole di rito finali relative all'apertura, alla firma della convenzione ed alla sua entrata in vigore (30 giorni dopo il deposito del ventiduesimo strumento di ratifica), nonché alla possibilità di denunciarla con notifica scritta al Segretario generale dell'ONU, cui competono le funzioni di depositario della convenzione stessa.
Gli articoli della convenzione sono quindi, a nostro avviso, condivisibili, efficaci e compatibili con l'evoluzione stessa del nostro ordinamento nazionale.
Una maggiore perplessità era stata invece espressa, da parte nostra, per le caratteristiche dello strumento normativo con cui originariamente il Governo chiedeva l'approvazione della ratifica e l'esecuzione della convenzione stessa. Mi riferisco alle parti del disegno di legge originario presentato dal Governo che, intervenendo tanto sulle dinamiche legislative nazionali in merito all'estensione del concetto di territorio nazionale oggetto di atti terroristici, quanto sul codice penale in relazione alla modifica delle norme attuali relative all'applicabilità delle attenuanti specifiche o generiche per tutti i reati di terrorismo, poneva in noi dubbi ed interrogativi tanto di natura politica quanto di natura culturale e di interpretazione delle stesse norme internazionali. A tal proposito, il lavoro in Commissione ha dato i suoi frutti, con la maggioranza che ha preso atto delle nostre obiezioni e dei nostri dubbi, e con la trovata mediazione che, credo, rappresenti un successo del buon senso.
Le modifiche apportate al testo originario sono nate proprio da una comune


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valutazione che riteneva le norme proposte in un primissimo tempo opinabili e richiedenti un'analisi ed una attenzione specifiche, non riconducibili all'approvazione della convenzione né alle modifiche legislative che tale approvazione comportava nel nostro ordinamento. In particolare, in tutti noi (anche nella stessa maggioranza) suscitavano perplessità le modifiche all'articolo 280 del codice penale, ove in modo particolare, con l'introduzione dell'articolo 280-ter, veniva di fatto reintrodotta una concezione emergenzialista, totalmente repressiva e per di più generalizzata del combinato disposto delle normative contro il terrorismo. Mi riferisco alla revoca di ogni possibile giudizio di bilanciamento in presenza di circostanze attenuanti concorrenti, stravolgendo ed annullando di fatto la funzione universale di specificità di ogni atto unicum giuridico, così come sancito dallo stesso articolo 69 del codice penale. L'articolo 280-ter, rappresentante un vero e proprio annullamento delle possibilità riconosciute al giudice con l'articolo 62 del codice penale, avrebbe disconosciuto la possibilità di attenuanti generiche per tutti i reati di natura terroristica, annullando anni ed anni di ricerche, sperimentazioni e dibattiti in merito alla gradualità e, soprattutto, all'unicità di ogni atto terroristico, equiparando, di fatto, ad un'unica fattispecie ogni atto terroristico nella definizione ampia e generica data dal nostro ordinamento e, comunque, sottoposta all'interpretazione sovrana del giudice. Una concezione, vorrei notare, discutibile alla luce dello stesso dibattito interno al diritto internazionale.
Si confrontino le diverse elaborazioni della Commissione per il diritto internazionale delle Nazioni Unite in merito alla definizione e applicazione delle attenuanti come parte fondante per un giudizio compiuto e specifico, come l'essenza stessa del diritto impone. È una discussione che, di fatto, interessa in senso estensivo quella sfera dei diritti richiamati come prassi in tutte le principali convenzioni internazionali (come nell'articolo 14 già citato della convenzione in esame).
Si tratta, quindi, di un eccesso di fatto confermato dalla stessa relazione di accompagnamento, che nella prima parte definiva il coordinamento normativo - tanto per l'individuazione e la repressione delle fattispecie criminali quanto, più in generale, per gli effetti combinati della stessa convenzione nell'adattamento del nostro diritto interno - già efficace e soddisfacente, riconoscendo quindi la validità dell'attuale sistema disposto tanto dal codice penale nel suo complesso quanto dagli specifici articoli 270-bis, 280, 284, 285, 420, 432 e 433 già combinati con le pene e le possibili attenuanti previste dagli articoli 69 e 62-bis e, quindi, dallo stesso articolo 280 del codice penale.
È un oggetto su cui si è convenuto, che non è parte, anche minima, delle disposizioni della convenzione, non essendovi alcuna correlazione né con i criteri e le finalità indicati dagli articoli 4, 5 e 6 della convenzione né con la prassi dell'affidamento ai singoli Stati del compito di qualificare come reato le diverse condotte delittuose.
Saper distinguere, saper valutare sempre nella certezza della pena e condannando sempre prima, ancorché giuridicamente, moralmente e culturalmente ogni atto di violenza e di terrorismo è, a mio modo di vedere, la premessa per ogni sistema giuridico equilibrato e anche per ogni efficace lotta contro questi fenomeni.
L'altro risultato importante del confronto in Commissione è stato il riconoscimento e il relativo superamento di una perplessità ancora più forte che riguardava l'articolo 4 dell'originario disegno di legge n. 2074. Si puntava all'estensione della giurisdizione del codice penale, stabilendo che è commesso in Italia e, quindi, sottoponibile al nostro ordinamento interno e a ogni forma di autotutela dello Stato, anche fino all'estremo principio internazionale dell'autodifesa e della conservazione dello Stato e dei suoi ordinamenti, ogni reato commesso all'estero contro una sede diplomatica o altra rappresentanza italiana, contro sedi o impianti di organizzazioni di volontariato e ONLUS italiane nonché contro strutture o mezzi


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militari italiani ovvero contro apparecchiature di comunicazione utilizzate esclusivamente dalla pubblica amministrazione all'estero.
Si tratta di una proposta che, in parte, contraddiceva la stessa convenzione internazionale, la quale prevede, con gli articoli 18 e 19, anche alla lettura dei materiali preparatori per cui è valso tanto il consensus iniziale quanto poi la stesura definitiva, un'eccezione di validità tanto in presenza di reati commessi sul territorio di uno Stato parte della convenzione quanto per l'attività delle forze armate in periodo di conflitto armato, in base al significato dato a questi termini dal diritto internazionale umanitario. Concepire, infatti, un atto criminale contro un nostro mezzo militare o sede diplomatica all'estero esclusivamente come un reato contro lo Stato italiano e, quindi, contro i suoi organi e la sua legislazione, come un attentato o attacco commesso in Italia e contro cui l'Italia poteva intervenire, poteva essere motivo di interpretazione estrema del concetto riconosciuto dalla consuetudine internazionale e da diversi accordi internazionali a carattere militare del cosiddetto diritto di autodifesa, economica ma anche militare. Lo stesso diritto - lo voglio ricordare e sottolineare, proprio per comprendere la gravità e la portata dell'iniziale proposta che poi insieme abbiamo superato, dopo gli attentati contro la nave statunitense nello Yemen e l'ambasciata americana in Sudan - è stato rivendicato e utilizzato per giustificare le successive azioni militari di rappresaglia, oltre ogni idea di possibile risoluzione diplomatica, di intervento multilaterale e di spirito cooperativo fra i membri della comunità internazionale. In un momento di così reiterata tendenza a scegliere la soluzione militare armata, se questa norma fosse stata approvata, si sarebbe dato un segnale davvero negativo.
Da qui deriva l'emendamento da noi presentato e su cui vi è stata l'unanime concordanza della Commissione e del Governo, che ritengo un segnale di buon senso e una vittoria del buon senso: da oggi, se il Parlamento approverà questo disegno di legge di ratifica, ci doteremo di uno strumento tanto efficace quanto giusto, rispettoso delle garanzie individuali, ma soprattutto di un modo pacifico di gestire le relazioni internazionali.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore per la II Commissione, onorevole Pecorella.

GAETANO PECORELLA, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, il disegno di legge in esame è diretto ad autorizzare la ratifica della convenzione internazionale per la repressione degli attentati terroristici mediante utilizzo di esplosivo, adottata a New York il 15 dicembre 1997 a seguito di una risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite. Come, peraltro, ricordava l'onorevole Folena, da quella data sono trascorsi alcuni anni e, dunque, va a merito di questo Governo avere provveduto alla sua ratifica.
Oggetto della convenzione sono gli attentati compiuti con l'uso di esplosivi. A tale proposito, è opportuno ricordare che l'ordinamento giuridico italiano già prevede misure in materia di controllo delle armi, munizioni ed esplosivi, oltre ad una serie di norme incriminatrici, contenute nel codice penale, che possono trovare applicazione nel caso di attentati terroristici effettuati con esplosivi. Tra queste si segnalano, in particolare, gli articoli 270-bis (associazioni con finalità di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico), 280 (attentato per finalità terroristiche o di eversione), 284 (insurrezione armata contro i poteri dello Stato), 285 (devastazione, saccheggio e strage), 420 (attentato a impianti di pubblica utilità), 422 (strage), 432 (attentati alla sicurezza dei trasporti), 433 (attentati alla sicurezza degli impianti).
Il disegno di legge del Governo si compone di cinque articoli, dei quali tre diretti a ratificare la convenzione (articoli 1, 2 e 5) e due (articoli 3 e 4) aventi ad oggetto alcune modifiche al codice penale strettamente connesse alla attuazione della convenzione.


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Per quanto riguarda questo secondo gruppo di norme, l'articolo 3 introduce nel codice penale l'articolo 280-bis (atto di terrorismo con ordigni esplosivi o micidiali), al fine di dare attuazione all'articolo 2 della convenzione. Secondo quest'ultimo articolo, gli Stati firmatari debbono prevedere che costituisca reato «il consegnare, collocare, fare esplodere o detonare un ordigno esplosivo o altro ordigno micidiale in o contro un sito pubblico, una struttura governativa, o altro impianto pubblico, un sistema di trasporto pubblico o una infrastruttura» al fine di «provocare la morte o gravi lesioni corporali» oppure di causare «massicce distruzioni del sito pubblico, della struttura governativa, del sistema di trasporto o della infrastruttura, quando tali distruzioni comportino o rischino di comportare perdite economiche considerevoli».
L'articolo 1 della convenzione definisce alcuni dei termini utilizzati per descrivere le condotte criminose previste dall'articolo 2. In particolare, si chiarisce che la struttura governativa o pubblica non è solamente quella di proprietà del Governo o di un ente pubblico, ma ogni attrezzatura o mezzo di trasporto di natura permanente o temporanea utilizzato o occupato dai rappresentanti di uno Stato, dai membri del Governo, del Parlamento o della magistratura o dagli agenti o dal personale di uno Stato o altre autorità o ente pubblico, o dagli agenti o dal personale di un'organizzazione intergovernativa nell'ambito delle loro funzioni ufficiali.
Per «infrastruttura» si intende ogni impianto pubblico o privato che fornisce servizi di utilità pubblica, come la conduzione dell'acqua, l'evacuazione delle acque reflue, l'energia, il combustibile o le comunicazioni. Per «sito pubblico» si intendono le parti di qualsiasi edificio, terreno, via pubblica, corso d'acqua o altro luogo accessibile o aperto al pubblico in modo continuativo, periodico o occasionale, ivi compreso ogni luogo destinato ad un uso commerciale, culturale, storico, istruttivo, religioso ufficiale, ludico, ricreativo o di altro genere e che è di conseguenza accessibile o aperto al pubblico. Si specifica, inoltre, che per «ordigno esplosivo o altro ordigno micidiale» si intende ogni arma o ordigno esplosivo o incendiario progettato o avente la capacità di causare la morte, gravi lesioni corporali o importanti danni materiali anche mediante l'emissione, la disseminazione o l'impatto di prodotti chimici tossici, di agenti biologici, tossine o sostanze analoghe o irradiamenti o materie radioattive.
L'opportunità di prevedere nel codice penale una nuova figura di reato, quale quella contenuta nell'articolo 3 del disegno di legge, è giustificata dall'esigenza di colmare un vuoto normativo, la cui persistenza comporterebbe l'inapplicabilità, almeno in parte, della convenzione da ratificare. Alcune delle condotte delineate dall'articolo 2 della convenzione - ed, in particolare, quelle dirette contro le persone - sono riconducibili a fattispecie di reato già previste dal codice penale. Pertanto, la nuova fattispecie penale si limita ai soli casi in cui la condotta sia rivolta contro beni mobili o immobili.
Occorre distinguere, infatti, se l'intento di chi compie atti rientranti nelle condotte descritte all'articolo 2 della convenzione sia quello di provocare la morte o lesioni ad una persona o, invece, sia quello di procurare danni a «siti pubblici» o «infrastrutture». Quando l'atto terroristico è diretto contro persone, sono applicabili - a seconda delle ipotesi in concreto verificatesi e indipendentemente dalla circostanza che il fatto sia stato compiuto con esplosivi - gli articoli 280, 285 e 422 del codice penale. In particolare, l'articolo 280 del codice penale punisce l'attentato per finalità terroristiche o di eversione. Tale fattispecie si suddivide in due diverse ipotesi, a seconda che oggetto dell'attentato sia la vita o l'incolumità di una persona. Nel primo caso, è prevista la reclusione non inferiore a vent'anni; nel secondo, la reclusione non inferiore a sei anni, che diventa non inferiore a diciotto anni, qualora derivino lesioni gravissime, o non inferiore a dodici anni, se derivino lesioni gravi. Le pene sono aumentate di un terzo se le persone vittime dell'attentato svolgono determinate funzioni pubbliche. Nel caso


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in cui dal fatto derivi la morte di una persona, è applicabile la pena dell'ergastolo o quella della reclusione a trenta anni, a seconda che l'attentato sia contro la vita o contro l'incolumità di una persona.
L'articolo 285 del codice penale prevede l'applicabilità dell'ergastolo nel caso in cui è stato commesso un fatto diretto a provocare una strage, con lo scopo di attentare alla sicurezza dello Stato. La stessa pena è prevista dall'articolo 422 del codice penale, nel caso in cui, fuori dall'ipotesi precedente, siano compiuti, con la finalità di uccidere, atti tali da porre in pericolo l'incolumità pubblica e da tali atti derivi la morte di una o più persone. La pena è diminuita fino a quindici anni se da tali atti non derivi la morte di alcuno.
L'esigenza di prevedere nuove norme per dare attuazione all'articolo 2 della convenzione sussiste, quindi, solamente qualora l'atto di terrorismo, di cui all'articolo 2, sia diretto contro dei beni. Per tale ragione, è stato ritenuto necessario prevedere un apposito reato, introducendo nel codice penale l'articolo 280-bis. In sostanza, non sono sembrate sufficienti a garantire l'attuazione dell'articolo 2 della convenzione le norme penali vigenti applicabili nel caso in cui il fine dell'attività terroristica sia quello di provocare danni a beni mediante l'utilizzo di ordigni esplosivi o altri ordigni micidiali.
L'articolo 3 del disegno di legge, pertanto, configura una nuova fattispecie di reato (l'articolo 280-bis del codice penale), strutturata secondo il modello dei delitti di attentato, che si affianca a quella prevista dall'articolo 280 del codice penale, ma dalla quale si differenzia per l'oggetto della condotta criminosa, che nel caso dell'articolo 280 è la vita o l'incolumità umana, mentre nel caso dell'articolo 280-bis è da identificare nelle «cose mobili o immobili altrui». La pena prevista per quest'ultima ipotesi è la reclusione da due a cinque anni. Si tratta, quindi, di un reato di pericolo, in quanto la consumazione prescinde dal verificarsi dell'evento. È da segnalare che, al contrario dell'articolo 280, non si prevedono delle aggravanti nel caso in cui si verifichi l'evento, cioè il danneggiamento dei beni.
Sono, peraltro, previste tre ipotesi aggravanti a seconda che il fatto sia diretto contro la sede di organi istituzionali o enti pubblici (aumento della pena della metà), che dal fatto derivi un grave pericolo per l'incolumità pubblica ovvero un grave danno per l'economia nazionale (reclusione da sette a dodici anni) ovvero che dal fatto derivino la morte o lesioni gravissime ad una o più persone (reclusione da dieci a quindici anni).
Proprio quest'ultima disposizione è stata oggetto del parere della Commissione Affari costituzionali. Nel parere si osserva che il comma 4 dell'articolo 280-bis «prevede un aggravio di pena ogni qualvolta dal fatto derivi la morte o la lesione gravissima di una o più persone, nulla prevedendo in caso di lesione grave o semplice e così implicitamente rimandando per l'aspetto sanzionatorio all'articolo 586 del codice penale». In effetti, appare incongruo non prevedere l'aggravamento di pena specifico nel caso di lesioni diverse da quelle gravissime, per cui, come è stato già annunciato nella seduta conclusiva dell'esame in sede referente, le Commissioni potrebbero presentare un emendamento diretto a colmare tale lacuna. L'emendamento, inoltre, potrebbe differenziare il regime sanzionatorio a seconda che dall'atto terroristico derivi la morte o una lesione gravissima di una o più persone. Tali differenziazioni sono peraltro già previste dall'articolo 280 del codice penale, che riguarda gli attentati terroristici contro le persone.
L'ultimo comma dell'articolo 280-bis stabilisce, come già previsto dall'articolo 280, che per il delitto in esame non operi la comparazione tra le circostanze attenuanti e quelle aggravanti previste dallo stesso articolo 280-bis. Come è stato affermato dalla Corte costituzionale, sia pure con riferimento all'articolo 280 del codice penale, il divieto di comparazione non pregiudica l'applicabilità delle circostanze attenuanti, quanto piuttosto che le diminuzioni saranno apportate sulla pena risultante dagli aumenti indotti dalle aggravanti.


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È questo il motivo per cui la Commissione non ha ritenuto di condividere i rilievi dell'opposizione su questo punto.
L'unica modifica apportata dalle Commissioni alla formulazione dell'articolo 280-bis riguarda la descrizione degli strumenti attraverso i quali possono effettuarsi gli atti di terrorismo, che sono stati individuati negli ordigni micidiali e negli esplosivi, anziché nelle armi ed esplosivi. Si è ritenuto che, in tal modo, la fattispecie penale sia più aderente alla convenzione da ratificare.
Si rimette all'Assemblea la questione della sufficiente determinatezza della nozione di ordigno micidiale, la quale, in base all'articolo 1 della convenzione, è quello avente la capacità di causare «importanti danni materiali».
Non si è ritenuto di accogliere un'altra osservazione della Commissione affari costituzionali circa l'opportunità di inserire all'articolo 280-bis del codice penale l'aggettivo «internazionale», riferito agli atti e alle finalità di terrorismo, in quanto il codice penale, all'articolo 270-bis, equipara in via generale il terrorismo interno a quello internazionale.
All'unanimità le Commissioni hanno soppresso la disposizione del disegno di legge secondo la quale le circostanze attenuanti generiche non possono essere applicate ai reati commessi per finalità di terrorismo (articolo 280-ter). Si tratta, quindi, di una disposizione che, oltre a non essere necessaria per dare attuazione alla convenzione, in quanto nulla prevede in tal senso, non trova alcuna giustificazione. Essa, infatti, riduce fortemente l'ambito della discrezionalità del giudice nell'applicazione della pena, impedendo la possibilità di ridurre la pena da infliggere per adeguarla al caso concreto, evitando quelle sproporzioni che potrebbero verificarsi con l'adozione dei soli criteri previsti dall'articolo 133 del codice penale.
È bene sottolineare che la disposizione soppressa non riguarda solamente il reato introdotto dal disegno di legge in discussione, bensì tutti i reati sorretti dalla finalità di terrorismo, la quale, peraltro, non è stata ancora definita dal legislatore.
Per quanto riguarda l'ipotesi base prevista dal nuovo reato, essa si caratterizza per la finalità di far valere, attraverso atti di violenza compiuti contro beni altrui, istanze riconducibili a quella che, secondo la giurisprudenza, deve essere considerata l'ideologia terroristica.
È stato soppresso l'articolo 4 del disegno di legge. La disposizione era diretta ad integrare l'articolo 6 del codice penale, che sancisce il principio di territorialità come criterio base per l'applicazione della legge penale italiana nello spazio. In particolare, al comma 2, era aggiunta una disposizione in base alla quale si considerava commesso in Italia il reato perpetrato all'estero contro una sede diplomatica o altra rappresentanza italiana, contro strutture o mezzi militari italiani, contro sedi o impianti di organizzazioni di volontariato ovvero contro apparecchiature di comunicazione utilizzate esclusivamente dalla pubblica amministrazione italiana all'estero. La norma è apparsa inopportuna oltre che superflua, in quanto è sufficiente quanto previsto dall'articolo 7 del codice penale, in base al quale è punito secondo la legge italiana chi commetta in territorio estero delitti contro la personalità dello Stato, tra i quali rientra anche l'articolo 280-bis.
Le modifiche arrecate dalle Commissioni appaiono il frutto di proposte convergenti, sia della maggioranza sia dell'opposizione. Ciò fa ben sperare per una rapida approvazione del disegno di legge di ratifica.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

JOLE SANTELLI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, onorevoli colleghi, a fronte della preoccupante diffusione delle azioni terroristiche a livello internazionale, l'Italia non aveva ancora ratificato la convenzione internazionale oggi in esame per la repressione degli atti terroristici commessi mediante l'utilizzo di esplosivo. Si tratta, quindi, di una lacuna che deve essere colmata e siamo sicuri che ciò avverrà al più presto


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attraverso l'approvazione di questo disegno di legge.
La convenzione si aggiunge a quelle già esistenti e si propone una più decisa condanna degli attentati compiuti con l'uso di esplosivi, consentendone il perseguimento anche attraverso l'applicazione non restrittiva dell'estradizione.
Anche alla luce degli avvenimenti dell'11 settembre scorso, si è dunque reso necessario un rafforzamento e una semplificazione degli strumenti di cooperazione internazionale.
Come già evidenziato precedentemente dai relatori, nel nostro ordinamento esistono già strumenti normativi idonei, sia in materia di controllo delle armi sia nell'ambito delle definizioni del codice penale.
Per quanto riguarda le modifiche apportate in Commissione, in riferimento alla proposta di modifica del comma 4 dell'articolo 280, come già ricordato dal presidente Pecorella, anche il Governo ritiene che la norma in esame possa mantenere tale formulazione, considerando le indicazioni più volte fornite dalla Corte di legittimità la quale ha affermato, in realtà, che le circostanze attenuanti concorrenti, previste dall'ultimo comma dell'articolo, con le circostanze aggravanti previste nei commi precedenti, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a questa misura. Si è inteso, in realtà, vietare il giudizio di comparazione fra le attenuanti eventualmente concesse e le aggravanti delineate nell'articolo 280, senza portare alcuna prevenzione all'operatività delle attenuanti sulla pena stabilita in maniera indipendente per il delitto circostanziato.
Al contrario, il Governo dà atto alla Commissione dell'importanza della modifica apportata al testo governativo in riferimento all'articolo 280-ter; come rilevato ampiamente nei lavori parlamentari dallo stesso presidente Pecorella, la norma in questione avrebbe potuto creare serie difficoltà di tipo interpretativo e in termini di eccezione di incostituzionalità. Sulla base della stessa giurisprudenza della Corte costituzionale in riferimento all'articolo 280, che aveva salvato la sottrazione al bilanciamento, potevano esserci effettivi dubbi di legittimità costituzionale per una sottrazione totale della possibilità da parte del giudice di applicare l'articolo 62-bis.
Il Governo, inoltre, ritiene necessaria l'integrazione già annunciata dal presidente Pecorella, per conformarsi al parere espresso dalla I Commissione, che ha segnalato una sorta di ragionevolezza della determinazione delle fattispecie, prevista dall'articolo 3 del presente disegno di legge.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fanfani. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE FANFANI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, parlerò molto brevemente, restituendo il tempo del quale mi è stata fatta gentile concessione prima.
Intervengo soltanto per dire che le considerazioni di carattere generale possono essere del tutto assimilabili a quelle alle quali ho fatto riferimento nell'intervento precedente, anche perché le due convenzioni internazionali seguono un unico filone logico, costituito dalle risoluzioni adottate dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, a distanza di due anni l'una dall'altra e in una sostanziale unità di intendimenti.
Ho motivo di ritenere che l'approvazione di questo disegno di legge sia una necessità nel nostro ordinamento, ancorché rappresenti un provvedimento di nicchia, ovvero residuale, perché, come è stato fatto notare ampiamente, la materia trova già corretta disciplina, in linea generale, nel capo II del libro II del nostro codice penale, intitolato «Dei delitti contro la personalità interna dello Stato», e segnatamente negli articoli 276, 280, 284 e 285.
Ritengo, tuttavia, che il provvedimento sia necessario perché esso colma una lacuna normativa che non trovava piena esecuzione, quanto al disposto della convenzione internazionale, nell'articolo 280 del codice penale, poiché esso concerneva esclusivamente attentati per finalità terroristiche e, pur prevedendo alla base della


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struttura dell'articolo la finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico, individuava, quanto alla modalità di esecuzione dell'attività delittuosa, la finalità ad attentare alla vita o all'incolumità di una persona.
È evidente che questo provvedimento si è dovuto limitare a disciplinare la parte non regolata dal nostro ordinamento, cioè l'atto di terrorismo che abbia come presupposto la finalità di terrorismo, ma come direzionalità dell'azione l'intendimento di danneggiare cose mobili o immobili altrui, compiendo tutta una serie di atti (che non sono oggettivamente - né potevano esserlo - disciplinati analiticamente nel provvedimento) che comunque rispondano alla finalità terroristica indicata nella prima parte dell'articolo. Tuttavia, ho molti dubbi - è questa l'unica considerazione che voglio fare - che non debba essere disciplinato il contenuto del mezzo utilizzato, perché ritengo non esaustivo del dovere di dare esecuzione al contenuto della convenzione internazionale il semplice richiamo alla dizione «uso di ordigni esplosivi o micidiali». Dico ciò perché in realtà l'articolo 1 della convenzione, quando fa riferimento al termine «esplosivo», è estremamente chiaro nel ritenere che per esplosivo o altro dispositivo mortale debba intendersi ogni arma - e qui si potrebbe sostenere che, in realtà, il concetto di arma trovi già autonoma disciplina in altre parti del nostro ordinamento - ovvero ogni dispositivo esplosivo o incendiario che sia concepito per provocare la morte, danni fisici gravi o significativi danneggiamenti materiali o che ne abbia la capacità, oppure ogni arma o ogni dispositivo che sia concepito per provocare la morte, danni fisici gravi o significativi danneggiamenti materiali o che ne abbia la capacità attraverso l'emissione, la disseminazione o l'impatto di prodotti chimici tossici, agenti biologici, tossine o sostanze analoghe o radiazioni o materiali radioattivi.
È ovvio che, nel momento stesso in cui si limita la disciplina esclusivamente alla finalità di terrorismo realizzata mediante atti diretti a danneggiare cose mobili e immobili, è difficile immaginare che ciò possa realizzarsi con prodotti chimici, tossici o agenti biologici o tossine che sono per loro natura destinati più all'offesa alla persona. Tuttavia, anche le questioni che si sono poste proprio in questi giorni con la cosiddetta «bomba atomica dei poveri», indicano come, in realtà, l'utilizzo di strumenti esplosivi o micidiali di questo tipo possa avere anche l'effetto di rendere inutilizzabile per un lunghissimo lasso di tempo un intero comparto abitativo di una città. Ecco perché ritengo che forse la Commissione avrebbe dovuto, per dare un compiuto esito al dovere suo proprio ed ai suoi compiti istituzionali, verificare se non fosse il caso di dare una definizione specificativa al contenuto della prima parte dell'articolo 280-bis del codice penale.
Per il resto, signor Presidente, ritengo, doverosamente, che il provvedimento sia da attuare e quindi credo e spero che questa Camera possa ad esso dare una positiva valutazione in tempi brevi.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

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