Allegato B
Seduta n. 158 del 13/6/2002


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INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

AMORUSO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
in un articolo apparso sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 28 gennaio 2002, supportato da foto eloquenti, si evince che la struttura del Padiglione Italia utilizzato per l'esposizione universale di Hannover, «si è ridotta ad un ammasso di ferraglie, abbandonato nell'area dove si svolge la manifestazione fieristica della capitale» -:
se non ritenga opportuno intraprendere le azioni di competenza al fine di accertare le eventuali responsabilità nella discutibile gestione del padiglione, all'epoca costato centinaia di miliardi di lire;
quali misure urgenti intenda assumere al fine di salvaguardarne l'integrità della struttura;
quali azioni intenda intraprendere perché il padiglione in oggetto possa venire utilizzato al meglio.
(4-02127)

Risposta. - Il padiglione italiano all'Esposizione Universale di Hannover 2000, costituito da una struttura smontabile in acciaio di 1260 tonnellate, era stato destinato dalla legge n. 36/2000 alla città di Bari che, avendo incontrato difficoltà di carattere finanziario per affrontare gli oneri relativi allo smontaggio trasporto e rimontaggio del manufatto, ha formalmente rinunciato alla donazione prevista dalla legge stessa.
Per evitare di alienare a poco prezzo o addirittura gratuitamente un'opera fortemente rappresentativa della capacità progettuale italiana, il Ministro degli affari esteri
pro-tempore ha allora proposto al Consiglio dei ministri nel febbraio 2001 che la struttura fosse assegnata alla Fiera di Roma che, una volta conosciuta la decisione di rinuncia del comune di Bari, aveva manifestato il suo interesse ad acquisirla e la disponibilità ad accollarsi le relative spese di trasporto e di rimontaggio. Tale decisione si inseriva in un ampio progetto di sviluppo della stessa Fiera che contemplava non solo la riqualificazione dell'attuale quartiere fieristico sulla via Cristoforo Colombo, ma anche la realizzazione di un grande polo espositivo sull'asse Roma-Fiumicino.
Fonti della stessa Fiera attribuiscono il ritardo nel rimontaggio del padiglione alla decisione di collocarlo non più nell'area del vecchio quartiere fieristico ma, per valorizzare al massimo la grande opera architettonica che ha ottenuto molti apprezzamenti ad Hannover (tra l'altro, sulla copertina del catalogo ufficiale dell'Expo il padiglione italiano è riprodotto in posizione centrale e dominante) nella parte più visibile del nuovo quartiere fieristico sulla Roma-Fiumicino.
Risulta che la struttura non sia stata abbandonata, ma opportunamente stoccata in un'area del quartiere fieristico e che le parti più delicate siano custodite in un deposito nei pressi di Parma.
La Fiera di Roma ha confermato la volontà di fare del predetto padiglione l'edificio simbolo della ritrovata vocazione di Roma sul piano internazionale indicando a


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riprova di tale volontà che la scultura verticale, che ha caratterizzato artisticamente il manufatto, è già stata adottata quale logo del proprio materiale editoriale e pubblicitario.
È utile precisare infine che il padiglione e tutta la partecipazione italiana non è costato centinaia di miliardi bensì 37 miliardi, di cui quasi un miliardo economizzato e versato all'Erario al termine dell'Expò.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

ANTONIO BARBIERI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 193, del decreto legislativo n. 267 del 2000, relativo alla «salvaguardia degli equilibri di bilancio», prevede la sua approvazione da parte di ciascun consiglio comunale entro il 30 settembre 2000;
il comma 4 del citato articolo stabilisce che la mancata adozione del provvedimento di riequilibrio è equiparata ad ogni effetto alla mancata approvazione del bilancio di previsione, con l'applicazione della procedura prevista dal comma 2 del medesimo articolo;
il consiglio comunale di Boscotrecase (Napoli) non ha provveduto all'adozione del provvedimento così come prescritto;
il Coreco ha concesso, in data 9 ottobre 2001, al consiglio comunale di Boscotrecase un ulteriore termine di 20 giorni per procedere all'approvazione del provvedimento;
in data 29 ottobre 2001 è scaduto il termine assegnato al Coreco;
la seduta del consiglio comunale prevista per il 29 ottobre 2001 è andata deserta per mancanza del numero legale dei consiglieri comunali e il sindaco del comune di Boscotrecase ha provveduto ad una nuova convocazione del consiglio comunale per il 31 ottobre 2001, nonostante fosse già scaduto il termine fissato dal Coreco;
ad avviso dell'interrogante e alla luce di quanto sopra esposto, ricorrono gli estremi della procedura di scioglimento del consiglio comunale, così come previsto dall'articolo 141, comma 2, decreto legislativo n. 267 del 2000 -:
se non ritenga di verificare la questione sopra esposta, affinché vengano posti in essere i provvedimenti necessari ad impedire il perpetrarsi di violazioni di legge.
(4-01427)

Risposta. - In merito alla problematica sollevata nell'interrogazione, afferente la mancata approvazione della deliberazione della salvaguardia degli equilibri di bilancio 2001, da parte del consiglio comunale di Boscotrecase (Napoli), si ritiene che non sussistano i presupposti per avviare la procedura di scioglimento di quel consiglio, in considerazione del fatto che l'ente ha provveduto - sia pure con ritardo - ad adempiere a quanto prescritto dalla normativa vigente.
Va rilevato, infatti, che la delibera di salvaguardia degli equilibri di bilancio 2001, adottata dal consiglio comunale il 31 ottobre, è divenuta esecutiva
ex articolo 134 T.U.E.L. benché adottata dopo la scadenza del termine di venti giorni assegnato all'ente da parte dell'organo regionale di controllo.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

BENEDETTI VALENTINI. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
non è stato ancora sciolto il problema di fattibilità in territorio del comune di Narni (provincia di Terni), per il progetto di un parco tematico, denominato «Mirabilandia», che dovrebbe e potrebbe costituire una interessantissima risorsa per lo sviluppo turistico ed economico di un territorio duramente provato dalla


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smobilitazione industriale, tanto da essere individuato come epicentro di «bacino di crisi»;
nonostante l'azione poco risolutiva, negli anni passati, della regione, della provincia e del comune, nel portare avanti il progetto, risulta esservi tutt'ora l'interesse di imprenditori alla realizzazione dell'iniziativa, che vedrebbe coinvolgibili la «Sviluppumbria» e un pool di banche, per un investimento oscillante tra i 300 e i 600 miliardi;
non è ben chiaro il passaggio che dovrebbe e potrebbe comportare, attraverso una sollecitata conferenza di servizi, alla dismissione dell'area ex-SPEA da parte del Ministero della difesa, essendo il compendio immobiliare (circa 80 ettari con edifici obsoleti) destinato alla realizzazione del progetto «Mirabilandia» inserito nell'elenco dei beni dismissibili, previo emanando decreto del Presidente del Consiglio dei ministri -:
quale sia lo stato della procedura per la eventuale dismissione dell'area ex-SPEA e quali siano le condizioni tecnico-amministrative perché si concretizzi, nel rispetto delle prerogative patrimoniali di interesse generale in capo allo Stato, una prelazione del comune di Narni e della provincia di Terni;
se al Governo risultino presentati e documentati concreti progetti, seriamente valutabili, per la realizzazione del Parco «Mirabilandia» in territorio di Narni;
se, pertanto, siano state poste le condizioni per la indizione di una conferenza di servizi tra amministrazione dello Stato, regione, provincia e comune, volta a verificare la possibilità di un'acquisizione pubblica del compendio immobiliare, come mezzo al fine della attuazione del progetto da parte di un'azione sinergica tra amministrazione e imprenditoria privata, onde non lasciar sfumare una significativa ipotesi di valorizzazione e promozione turistico-economica di questo pregiato versante del territorio umbro.
(4-01370)

Risposta. - Si reputa opportuno, preliminarmente, riepilogare l'evolversi del quadro normativo relativo alle dismissioni dei beni valutati non più utili all'amministrazione della difesa.
La legge 23 dicembre 1996, n. 662 (finanziaria 1997) e successive integrazioni o modifiche ha stabilito che fossero individuati, con decreto del Presidente dei Consiglio dei ministri (DPCM), gli immobili di proprietà della Difesa da inserire in un apposito programma di dismissioni connesso alla ristrutturazione delle Forze armate.
Al riguardo, l'immobile ex Spea sito in Narni (Terni), già in uso alla Marina militare, era incluso in un elenco di infrastrutture di possibile alienazione da inserire in un apposito DPCM.
Tuttavia, il decreto relativo non è mai stato emanato, né il bene è stato oggetto di stima economica da parte dell'amministrazione della difesa.
Con successivo provvedimento (legge n. 388 del 2000) è stata inoltre conferita al Ministero della difesa la possibilità di alienare immobili non più utili mediante assenso delle altre amministrazioni interessate, da acquisire in apposita conferenza dei servizi. In tale sede dovrebbe essere stabilita, tra l'altro, la relativa stima.
Secondo tale normativa, risulta che il Dipartimento per il coordinamento amministrativo della Presidenza del Consiglio dei ministri, abbia svolto un'apposita attività volta semplicemente a chiarire i vari aspetti della questione, proprio su richiesta della regione Umbria e del comune di Narni.
Si precisa, al riguardo, che la legge n. 241 del 1990 prevede espressamente che la conferenza dei servizi debba essere indetta dall'amministrazione procedente, per acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi e, quindi, per il bene in argomento dall'amministrazione della difesa nel caso di un'eventuale alienazione.
La sopraggiunta vigenza di nuove disposizioni di legge (decreto-legge 25 settembre 2001 n. 351, convertito nella legge 23 novembre 2001 n. 410) ha completamente rivisitato le procedure dismissive dell'intero patrimonio immobiliare pubblico.


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In particolare, il nuovo quadro normativo prevede che l'Agenzia del demanio del ministero dell'economia e delle finanze effettui la ricognizione del patrimonio pubblico suddividendo i beni in demaniali, patrimoniali indisponibili e disponibili e che questi ultimi vengano ceduti ad una società appositamente costituita, in grado di finanziarne l'acquisto attraverso una operazione di «cartolarizzazione», consistente nell'emissione di titoli obbligazionari sul mercato.
Inoltre, tale provvedimento pone in capo al Ministro dell'economia e delle finanze prerogative peculiari che consistono nell'autorizzazione a costituire, anche attraverso soggetti terzi, società aventi ad oggetto esclusivo la realizzazione di una o più operazioni di «cartolarizzazione» dei proventi derivanti dalla dismissione del patrimonio immobiliare dello Stato.
La nuova normativa, la cui
ratio è quella di accelerare il processo di vendita dei beni immobiliari disponibili dello Stato, non incide sul programma di alienazione dei beni della difesa secondo le procedure fino ad ora adottate. Al riguardo, ho impartito idonee direttive ai vertici militari ed allo stesso responsabile dell'attività demaniale della difesa di valutare gli eventuali immobili da alienare mediante la procedura della «cartolarizzazione» e di incrementare altresì l'individuazione degli immobili da alienare secondo la procedura della legge speciale n. 662 del 1996 e successive modificazioni e integrazioni, in relazione all'aggiornamento delle necessità infrastrutturali in diretta dipendenza delle nuove esigenze operative.
Nel caso di specie la competente Direzione generale dei lavori e del demanio sta valutando la possibilità di alienare il compendio di cui trattasi anche mediante gli strumenti offerti dalla ricordata legislazione speciale per le dismissioni della difesa.
Occorre, pertanto, attendere che gli uffici competenti sviluppino le modalità operative per dare attuazione alle future possibili dismissioni, anche con riferimento al bene in argomento.
In ultimo, avuto riguardo allo specifico quesito posto, si rappresenta che non risultano presentati progetti per la realizzazione di un parco nel territorio del comune di Narni denominato «Mirabilandia».
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

BRIGUGLIO e ARRIGHI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle politiche comunitarie. - Per sapere:
se e quanti casi risultano di cittadini di fede islamica con residenza o soggiorno in Italia e negli altri Paesi dell'Unione europea che abbiano lasciato la propria religione d'origine e abbiano abbracciato la religione cattolica o comunque altra fede religiosa;
se sia a conoscenza del numero di cittadini italiani e degli altri Paesi dell'Unione europea che abbiano lasciato la propria religione d'origine per quella islamica.
(4-01640)

Risposta. - I quesiti posti nell'interrogazione volti ad acquisire informazioni sulla fede religiosa di cittadini, attengono all'esercizio di libertà civili riconosciuti dalla nostra Carta costituzionale.
Pertanto, indagini e statistiche, intese ad accertare la fede religiosa, o persino la conversione ad altra fede, potrebbero apparire come interferenze nella sfera privata o come tentativi di discriminazione religiosa.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

CATANOSO. - Al Presidente del Consiglio dei Ministri ed al Ministro degli affari esteri ad interim. - Per sapere - premesso che:
in data 17 dicembre 2001, a Parigi, l'Hotel de Paris veniva distrutto dalle fiamme e vi trovavano la morte due studentesse italiane, Lucia Anna Messina e Ilaria Maria Favara Pedarsi, iscritte alla facoltà di lingue e letterature straniere


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dell'università di Catania e momentaneamente in Francia con una borsa di studio del progetto «Erasmus» presso la Facoltà di Lettere di Lilla -:
se l'Ambasciatore d'Italia a Parigi, un suo funzionario o un suo delegato abbia informato il Governo francese dell'arrivo con aeromobile all'aeroporto parigino «Charles De Gaulle» dei signori Antonio Favara Pedarsi, padre di una delle due vittime, Giusto Di Martino, zio della vittima, di Antonio Messina e Filippo Campolo, rispettivamente padre e zio della vittima, Lucia Messina;
se lo stesso funzionario abbia informato, ed in che termini, il Governo italiano e/o il Ministero degli affari esteri, dell'arrivo in Francia dei genitori delle due vittime;
se il predetto funzionario abbia relazionato in modo particolareggiato dei fatti tragici ivi commessi e se la stessa relazione, ove sia stata acquisita agli atti, possa essere rilasciata ai genitori per gli usi che riterranno più opportuni;
se sia stato informato della costituzione di parte civile del Governo inglese per le due vittime non identificate della stessa nazionalità se la stessa notizia l'abbia ricevuta prima o dopo averla appresa in Consolato dal genitore di Ilaria Favara, alla presenza del Vice-Console, dottor Andrea Silvestri;
se sia a conoscenza delle mancate condoglianze ai due genitori, presenti sul suolo francese, da parte del rappresentante del Governo francese, nonostante siano rimasti in territorio francese per ben tre giorni consecutivi;
se non intenda costituirsi parte civile, come del resto già fatto dal governo inglese, nel processo che si sta intentando per ricercare le cause e gli eventuali colpevoli del disastro.
(4-01839)

Risposta. - La dolorosa vicenda delle due studentesse decedute nell'incendio dell'Hotel du Palais di Parigi, per esplicita statuizione del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 e successive modifiche che regola l'ordinamento del ministero degli affari esteri, rientra nella competenza dell'autorità consolare. Il consolato generale d'Italia in Parigi ha pertanto prestato ai familiari delle vittime tutta l'assistenza del caso, informando altresì il prefetto di Parigi del loro arrivo in Francia. L'ambasciatore d'Italia in Francia ha, da parte sua, seguito costantemente la vicenda e, accompagnato dal console, si è recato a più riprese all'Istituto di medicina legale di Parigi per incontrare i familiari delle vittime.
Il consolato generale d'Italia a Parigi ha informato tempestivamente il ministero degli affari esteri sui tragici eventi del 17 dicembre 2002 sia per le vie brevi, sia con comunicazioni scritte ed inviando in un secondo momento, una relazione sull'accaduto. Tale relazione si riferisce all'assistenza che il consolato generale ha prestato ai connazionali coinvolti nell'incendio dell'
Hotel du Palais ed ai loro familiari e non fa stato delle cause che hanno determinato il disastro. Questi aspetti attengono alle indagini di polizia, a cura delle autorità francesi. Ove i genitori delle vittime presentino richiesta di accesso ai documenti amministrativi, ai sensi della legge n. 241 del 7 agosto 1990, il ministero degli affari esteri darà corso nel rispetto della normativa vigente.
Il console generale d'Italia a Parigi ha sistematicamente tenuto informata la rappresentanza diplomatica sulla vicenda, che ha interessato un proprio legale di fiducia dal quale il signor Favara, accompagnato da un funzionario dell'ambasciata stessa, è stato ricevuto.
Secondo le notizie acquisite dalla rappresentanza diplomatica d'Italia in Parigi presso quella ambasciata della Gran Bretagna non risulta che il governo britannico si sia costituito parte civile. Per quanto riguarda l'Italia, non si riscontrano presupposti perché lo Stato si costituisca parte civile. Qualora peraltro gli eredi delle vittime ritengano opportuno costituirsi parte civile, il ministero degli esteri, tramite la rappresentanza diplomatico-consolare in Parigi, potrà loro offrire la protezione consolare, consigliando loro avvocati di fiducia


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e fornendo l'assistenza di ordine operativo che si renderà necessaria nel prosieguo dell'azione legale.
Il 20 dicembre 2001, il prefetto di Parigi ha manifestato con lettera indirizzata all'ambasciatore (di cui è stata data copia ai signori Messina e Favara prima del loro rientro in Italia) il proprio cordoglio ai familiari delle vittime. In pari data, anche il delegato per le relazioni internazionali del comune di Parigi ha inviato un messaggio al Console Generale nel quale veniva espressa profonda partecipazione alla dolorosa vicenda. Tale messaggio è stato ugualmente fatto pervenire ai familiari a cura del console generale a Parigi. Il signor Favara Pedarsi, anche a nome del dottor Messina, ha ringraziato le autorità francesi con lettera del 25 dicembre 2001.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

CENTO. - Al Ministro della sanità - Per sapere - premesso che:
da alcuni mesi il farmaco denominato Metotrexate, un principio attivo efficace nella cura dei tumori e delle artriti, risulta introvabile in molte delle farmacie di Roma;
il Metotrexate è prodotto in Italia da tre case farmaceutiche: la Teva Pharma, la Faulding Farmaceutica e la Wieth Lederle. Quest'ultima ha ricevuto lo scorso anno dal ministero della sanità delle nuove disposizioni per apportare degli aggiornamenti produttivi al Metotrexate che ovviamente hanno fatto sì che la produzione dello stesso venisse sospesa;
ad oggi la casa farmaceutica in questione è in attesa di ricevere il permesso, dallo stesso ministero, di riprendere la nuova distribuzione del farmaco. Probabilmente questo ritardo è il motivo principale dell'esaurimento del Metotrexate nelle farmacie romane -:
quali provvedimenti intenda intraprendere per accelerare la pratica per il rilascio del permesso per la nuova distribuzione del Metotrexate alla casa farmaceutica Wieth Lederle e tutelare così la salute di molti cittadini che a causa del loro male sono costretti a prendere questo farmaco, che è stato inserito dallo stesso ministero della Sanità nella Fascia A dei farmaci di primaria importanza per la salute, ma che da tempo, oltre al danno, subiscono anche la beffa.
(4-00007)

Risposta. - Il ministero della salute - Direzione generale della valutazione dei medicinali e della farmacovigilanza, in data 22 ottobre 2001 ha convocato in un'apposita riunione le aziende farmaceutiche titolari delle autorizzazioni all'immissione in commercio riguardanti le specialità medicinali a base di «Methotrexate», allo scopo di prevenire la possibile carenza di tali prodotti.
In tale occasione, le aziende partecipanti alla riunione (Teva Pharma B.V., Faulding Farmaceutici srl, e Wyeth Lederle spa) hanno fornito indicazioni in merito alle previsioni sulla distribuzione dei propri prodotti nei prossimi mesi, senza segnalare eventuali carenze.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

CENTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere:
se corrisponda al vero che il 10 luglio 2001 a seguito di alcuni manifesti affissi dalle RdB (Rappresentanze sindacali di Base) all'interno del Palazzo di Giustizia di Ancona riguardanti lo svolgimento successivo del G8 a Genova, il procuratore generale ed il presidente della corte di appello del distretto di Ancona ordinavano la defissione immediata di suddetti manifesti perché con tematiche estranee all'amministrazione della giustizia e che le RdB-Cub avevano indetto sulle tematiche del G8 uno sciopero dei lavoratori per il 20 luglio 2001;
in caso affermativo quali iniziative intenda intraprendere per garantire in


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futuro il diritto delle organizzazioni sindacali ad affiggere nelle apposite bacheche sindacali propri materiali informativi su tematiche così rilevanti.
(4-00413)

Risposta. - Si comunica che l'affissione di manifesti relativi al G8 di Genova all'interno del Palazzo di Giustizia di Ancona, ritenuti di pertinenza sindacale in quanto concernenti un evento di interesse generale e la partecipazione ad una astensione dal lavoro, è stata autorizzata negli spazi riservati all'organizzazione sindacale R.d.B (Rappresentanze sindacali di Base), in virtù dell'articolo 14 del contratto collettivo integrativo dell'amministrazione della giustizia, sottoscritto in data 5 aprile 2000, e che il lamentato provvedimento di rimozione dei manifesti ha riguardato, invece, esclusivamente gli spazi non autorizzati.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

CENTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il nuovo ordinamento dell'amministrazione penitenziaria si pone l'obiettivo di un reinserimento dei detenuti, nonché la salute fisica e mentale degli stessi facilitandone la vita anche se da reclusi, mantenendo ed accrescendo la dignità umana ed i valori della stessa;
le condizioni igieniche, il sovraffollamento e l'impossibilità per gli operatori penitenziari di poter effettuare un lavoro idoneo, fanno sì che questi obiettivi non siano al momento realizzabili;
la mancanza di ruolo e di un inquadramento preciso della figura professionale degli stessi operatori penitenziari nonché la mancanza di un contratto o comunque di una forma tutelativa degli stessi, il monte ore mensile molto basso e il probabile, ancora confuso, futuro passaggio dal Ministero della giustizia al Ministero della salute, inficiano il lavoro degli psicologi a danno della salute mentale e quindi fisica dei detenuti;
attualmente in tutta la regione Lazio (ad esempio negli istituti penitenziari di Regina Coeli e di Rebibbia a Roma) e anche in altre regioni, gli psicologi non percepiscono la retribuzione per le loro prestazioni dal mese di giugno 2000 anche se sono stati stanziati dei soldi nella scorsa legge finanziaria;
inoltre la retribuzione più o meno della metà di quella stabilita dall'Ordine. Il massimo percepito da uno psicologo con il monte ore più alto (55) ore, è attualmente di lire 1.333.335, con un futuro aumento di 800 lire. Questo al netto e senza alcuna considerazione dei giorni per malattia a loro carico. In questo caso il professionista rimane a casa, avvisando la direzione con tre giorni di anticipo, senza percepire alcuna indennità. Le ferie non sono assolutamente considerate nei giorni festivi, le domeniche, Natale e le sere, visto che l'orario del Presidio Nuovi Giunti è ogni giorno dalle ore 10 alle ore 24 e tanto meno si ha in questi casi una minima retribuzione in più
manca l'indennità di rischio, gli psicologi infatti lavorano a stretto contatto con i detenuti, anche portatori di malattie infettive, sieropositivi, malati mentali che hanno compiuto atti eteroaggressivi;
lavorano da soli, senza la presenza di agenti di Polizia penitenziaria, senza campanelli d'allarme -:
quali immediati provvedimenti intenda intraprendere per inquadrare in un ruolo preciso gli operatori penitenziari e intervenire riguardo l'inquadramento contrattuale ed economico degli psicologi penitenziari, dare al più presto attuazione all'ordinamento dell'amministrazione penitenziaria e soprattutto provvedere alla loro giusta retribuzione attingendo ai fondi già stanziati dalla scorsa finanziaria.
(4-01008)

Risposta. - Il decreto legislativo n. 230 del 30 giugno 1999, nell'articolo 8, comma 1, ha disposto il trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie svolte dall'amministrazione penitenziaria in


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relazione ai soli settori della prevenzione e dell'assistenza ai detenuti ed internati tossicodipendenti, a decorrere dal 1o gennaio 2000.
Detta norma, inoltre, ha affidato il trasferimento del personale, degli arredi, degli altri beni strumentali e delle risorse finanziarie, nel rispetto dei principi contenuti nell'articolo 7 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, a successivi decreti interministeriali.
In attuazione del disposto dell'articolo 8, il competente ufficio del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha predisposto le tabelle distinte per regioni, nelle quali sono indicati gli istituti ove risulta istituito, alla data del 1o gennaio 2000, il presidio sanitario per tossicodipendenti, il monte ore annuo assegnato a ciascuna categoria di personale ivi operante (medico, infermiere, psicologo), la relativa spesa annua presunta, il numero delle unità di personale presenti alla data del 1o gennaio 2000 e il numero delle convenzioni stipulate tra le direzioni penitenziarie ed il singolo professionista.
Alla scheda è allegato l'elenco nominativo del citato personale operante alla data del 1o gennaio 2000, corredato da note esplicative.
Per quanto concerne, in particolare, gli psicologi penitenziari, nelle tabelle di cui innanzi sono stati indicati i nominativi del personale che ha prestato servizio per il presidio per tossicodipendenti, con esclusione di quello addetto all'osservazione, al trattamento e al servizio nuovi giunti.
Allo stato, poiché non è stata data ancora attuazione al disposto normativo e considerata l'indispensabilità di continuare a garantire sia la salute dei detenuti tossicodipendenti che la continuità delle funzioni già trasferite al Servizio sanitario nazionale, nelle more del perfezionamento dei decreti che individuano il personale da trasferire al servizio sanitario nazionale in attuazione dell'articolo 8 del citato decreto legislativo, le convenzioni stipulate con il personale che opera nel presidio sanitario per tossicodipendenti, sono state prorogate fino al 30 giugno 2002. L'amministrazione penitenziaria infatti si avvale, per l'espletamento delle attività trattamentali per i detenuti e gli internati, della collaborazione di esperti in psicologia e criminologia clinica con i quali, trattandosi di attività libero-professionale, instaura un rapporto libero-convenzionale.
A causa dell'annosa insufficienza dei fondi assegnati per l'espletamento delle attività alle quali collaborano i predetti professionisti è stato stabilito, tenuto conto della presenza e della tipologia della popolazione detenuta, il limite massimo di 64 ore mensili attribuibili a ciascun esperto.
L'onorario corrisposto ai professionisti in questione viene aggiornato ogni due anni sulla base dell'indice ISTAT, secondo l'intervenuto aumento del costo della vita. A decorrere dal primo gennaio 2001 la parcella oraria corrisposta è di 16,06 euro, pari a 31.100 lire. Sulla parcella corrisposta agli psicologi va calcolato il 2 per cento che gli stessi dovranno versare alla cassa dell'ordine professionale di appartenenza; sull'onorario corrisposto ai criminologi va calcolato il 20 per cento di imposta sul valore aggiunto, più il 4 per cento, in quanto questi ultimi sono soggetti all'obbligo assicurativo presso l'INPS.
Per quanto riguarda, in modo particolare, la figura dello psicologo, l'amministrazione penitenziaria ha già individuato specifici profili professionali appartenenti all'area C (posizione economica C1, C2 e C3). Attualmente, nei ruoli dell'amministrazione penitenziaria prestano servizio tre psicologi.
Il riordino della medicina penitenziaria, previsto dall'articolo 5 della legge 30 novembre 1998, n. 419, non ha riguardato il personale di cui al quarto comma dell'articolo 80. Trattasi, infatti, di personale tecnico con specifiche competenze ed attribuzioni del tutto distinte e non cumulabili con quelle del personale sanitario e per ciò regolamentato dall'ordinamento penitenziario (legge del 26 luglio 1975, n. 354) in un titolo diverso da quello che contempla l'assistenza sanitaria. Si compendiano nell'attività di osservazione e di trattamento della personalità e tendono non a curare eventuali malattie e turbe psichiche, bensì a conoscere le cause del disadattamento e ad


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elaborare progetti di recupero sociale. Lo psicologo penitenziario, del resto, oltre a studiare il soggetto detenuto con problemi di disadattamento e i suoi comportamenti, svolge un'attività di consulenza tecnica nei confronti degli operatori penitenziari che sono impegnati nell'azione di sostegno e di riabilitazione dei detenuti e degli internati.
Tenuto conto che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 ottobre 2000, nello stabilire le piante organiche, ha previsto per il profilo dello psicologo 95 posti (cosi ripartiti: 70 all'area C1, 20 all'area C2 e 5 all'area C3), anche al fine di salvaguardare il patrimonio di conoscenze specifiche acquisite in molti anni di collaborazione resa dai professionisti esperti in psicologia, potrebbe valutarsi la possibilità di riservare parte dei posti che verranno messi a concorso ai professionisti suindicati.
Nelle more, come evidenziato dall'amministrazione penitenziaria, si ritiene validamente percorribile la strada del contratto libero professionale di durata annuale.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

CENTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
per il pomeriggio del 20 febbraio 2002 è stato annunciato dal comitato «Bo.bi - boicotta il biscione» il progetto Netstrike cioè un accesso di massa alla consultazione del sito Internet del Ministero della giustizia www.giustizia.it;
l'iniziativa è una forma di protesta evidentemente non violenta e pacifica ed ha il solo obiettivo di manifestare la propria opinione su alcuni temi di grandissima attualità;
allo scrivente appare che la forma di protesta adottata dagli organizzatori sia assolutamente legittima ed ha anche effetti pratici molto limitati, poiché potrà semplicemente ridurre la velocità di accesso al sito del Ministero della giustizia e produrre qualche temporanea interruzione nella visualizzazione delle pagine web;
non esiste al momento alcuna normativa che regolamenti la forma di protesta messa in atto -:
se il Ministro interrogato non ritenga che sia opportuno rivedere la normativa vigente in materia di interruzione di servizio pubblico, alla luce dell'evolversi della tecnologia, nel senso di garantire il diritto a manifestare il proprio pensiero, sancito dall'articolo 21 della Carta costituzionale qualora ciò avvenga nel modo corretto e pacifico dimostrato dagli organizzatori dell'iniziativa telematica del 20 febbraio 2002.
(4-02234)

Risposta. - La norma penale che sanziona l'interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità per l'astrattezza che caratterizza tutti i precetti normativi, si presta a diverse interpretazioni.
Non sono mancate, specie nel passato, severe applicazioni della normativa, ma non mancano nemmeno altre decisioni giudiziarie che escludono il reato quando, in relazione al caso concreto, non si verifica un pregiudizio effettivo del servizio pubblico.
Tali decisioni giustamente rilevano che per la consumazione del reato non basta un semplice comportamento del soggetto, ma occorre anche un evento conseguente, costituito da un'interruzione del servizio pubblico, che deve essere effettiva e reale (Cassazione, sezione 6, 7 luglio 1999, n. 8651) e non deve essere lieve, da potersi qualificare irrilevante (Cassazione, sezione 6, 5 gennaio 1995 n. 25).
Da un diverso punto di vista la configurabilità del reato di interruzione di pubblico servizio trova una limitazione esterna quando il soggetto agente esercita un proprio diritto, come quello di manifestazione del pensiero, garantito dall'articolo 21 della Costituzione (Cassazione, sezione 6, 16 giugno 1999, n. 7822).
La novità delle esperienze concrete che si offrono all'applicazione della norma, come evidenziato dalla stessa interrogazione, aprono e prospettano nuovi spazi applicativi della stessa, ma tenendo anche conto dei rilievi dianzi esposti, non pare


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che, allo stato, si renda immediatamente necessaria una modifica normativa.
La questione posta dall'onorevole interrogante resta comunque all'attenzione del ministero.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

CENTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 9 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 ha istituito il contributo unificato per le spese degli atti giudiziari, da versarsi con le modalità specificate, e prevede espressamente al comma 1 che: «Agli atti ed ai provvedimenti relativi ai procedimenti civili, penali ed amministrativi e in materia tavolare, comprese le procedure concorsuali e di volontaria giurisdizione, non si applicano le imposte di bollo, la tassa di iscrizione a ruolo, i diritti di cancelleria, nonché i diritti di chiamata di causa dell'ufficiale giudiziario»;
tale norma ha risposto all'esigenza di sostituire il sistema della apposizione di marche di vario genere (fonte di complicazioni, disfunzioni e difficoltà continue anche per la frequente irreperibilità nei punti di vendita) con uno di più agevole gestione sia per gli utenti che per le stesse cancellerie, così liberate dagli impacci ritardanti dovuti alla verifica della correttezza di applicazione delle famigerate marche;
in questi primi giorni di applicazione del nuovo sistema, molti cittadini si lamentano di una diversa interpretazione da parte degli ufficiali giudiziari secondo cui le marche da bollo sugli atti introduttivi dei vari procedimenti (citazioni, ricorsi, istanze eccetera) sarebbero tuttora dovute, in quanto tali atti sarebbero «fuori dai procedimenti» e quindi il nuovo contributo unico sostituirebbe soltanto i bolli e i diritti già dovuti dalla iscrizione a ruolo in poi -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti e quali provvedimenti intenda intraprendere affinché detta nuova normativa venga applicata giustamente e correttamente poiché un'errata interpretazione potrebbe essere penalizzante per l'utente che si vedrebbe così aggiunti nuovi carichi fiscali a quelli precedenti.
(4-02436)

Risposta. - Si precisa che tra gli atti ed i provvedimenti relativi ai procedimenti civili di cui al comma 1 dell'articolo 9 della legge n. 488 del 1999 devono comprendersi tutti gli atti funzionali al processo inteso in senso ampio, prima e durante lo stesso, compresi ad esempio il ricorso e l'atto di citazione presentati per la notifica nonché la procura alle liti.
Per ciò che concerne le istanze si precisa che l'imposta di bollo continua ad applicarsi per le copie dichiarate conformi e gli atti stragiudiziali compiuti da uffici giudiziari, ai sensi degli articoli 1 e 3 della tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n. 642.
Si evidenzia, peraltro, che tra gli emendamenti presentati per la conversione del decreto-legge n. 28 del 2002, già approvati dal Senato, sono contenute specifiche previsioni volte a chiarire che tra gli atti e provvedimenti per i quali non si applicano le imposte di bollo sono compresi tutti quelli antecedenti, necessari o funzionali ai procedimenti giurisdizionali.
Viene inoltre chiarito, con una norma interpretativa, che le copie autentiche, comprese quelle esecutive, degli atti e dei provvedimenti giurisdizionali, richieste dalle parti del procedimento, sono esenti da bollo.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

CICALA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
in data 15 settembre 2001 un violentissimo nubifragio, di portata eccezionale, s'è abbattuto sulla città di Napoli provocando ingentissimi danni alle condotte fognarie, alle strade ed al patrimonio immobiliare;


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la situazione s'è dimostrata particolarmente grave a via Settembrini ed a piazza Settembrini dove, a causa delle profonde infiltrazioni piovane, s'è verificato il cedimento delle fondazioni di alcuni edifici che ha costretto i vigili del fuoco a far sgombrare ad horas i civici 26 e 32 di via Settembrini ed i civici 5, 55, 37 e 38 di piazzetta Settembrini;
gli immobili indicati, tutti situati nel centro storico a ridosso del Duomo di Napoli, sono di alto pregio architettonico tanto che il civico 26 è sottoposto interamente al vincolo della sovrintendenza ai beni culturali e ambientali, mentre il civico 32 è vincolato per il suo portale d'ingresso e, pertanto, un eventuale crollo porterebbe un danno non solo ai proprietari ma, anche, al patrimonio culturale ed architettonico dell'intera collettività
in relazione allo sgombero effettuato, 120 famiglie sono tuttora senza abitazione;
questa situazione si riflette anche, direttamente ed indirettamente, sugli esercizi commerciali della zona ed in particolare su quelli che hanno subito il provvedimento di sgombero;
a parte il disagio abitativo, le famiglie in questione non sono in condizioni economiche tali da affrontare le ingenti spese necessarie al consolidamento statico degli edifici suddetti -:
quali interventi i Ministri interrogati intendano adottare per risolvere le problematiche de quo, ed in particolare:
a) se intendano attivare l'intervento della protezione civile per il finanziamento del 100 per cento delle opere necessarie al ripristino statico e funzionale dei fabbricati, ai fini abitativi;
b) se, accordato uno stanziamento ad hoc, non ritengano opportuno nominare un commissario ad acta, incaricato di promuovere e gestire economicamente e/o tecnicamente i segnalati interventi di somma urgenza.
(4-01299)

Risposta. - Con l'ordinanza n. 3158 emanata dal Ministro dell'interno il 12 novembre 2001, è stato nominato il presidente della regione Campania commissario delegato nel territorio dei comuni danneggiati in provincia di Napoli, Salerno ed Avellino e sono stati attribuiti al sindaco di Napoli i poteri di commissario delegato, nell'ambito territoriale di sua competenza, con facoltà di accedere, secondo la specifica disciplina prevista nella fattispecie, ai finanziamenti già stanziati in sede di primi interventi con l'ordinanza dello stesso Ministro n. 3147 del 21 settembre 2001.
La medesima ordinanza n. 3138 prevede la concessione di un contributo a fondo perduto da parte dell'Amministrazione dello Stato per la perdita di beni immobili e mobili registrati, per l'autonoma sistemazione alloggiativa, per la riparazione ed il ripristino di immobili e per la ripresa delle attività produttive. L'articolo 3, pur prevedendo la concessione di benefici per favorire il sollecito rientro dei privati nelle abitazioni danneggiate dall'evento, determina un contributo massimo autorizzabile.
Inoltre, l'articolo 7 stabilisce che l'importo di 50 miliardi di lire stanziato dall'ordinanza n. 3147, in aggiunta alle risorse impegnate dalla Regione viene trasferito nella misura di 25 miliardi di lire al presidente della regione Campania e di un medesimo importo al sindaco di Napoli.
Il criterio seguito per la concessione dei benefici non si discosta da quello adottato in analoghe circostanze in favore dei soggetti danneggiati da eventi calamitosi, secondo il quale sono previsti ristori parziali e mai completamente esaustivi della spesa sostenuta.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Maurizio Balocchi.

DAMIANI. - Al Ministro delle attività produttive, al Ministro degli affari esteri, al Ministro per gli affari regionali. - Per sapere - premesso che:
agli inizi del 1998 fu avviata dallo Stato italiano, attraverso la regione Friuli-Venezia Giulia allora guidata da Roberto


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Antonione, una collaborazione con la regione della Slavonia (Croazia);
fu inviata in Croazia una delegazione per studiare un progetto di cooperazione decentrata;
secondo quanto riportato dal Messaggero Veneto, nell'edizione del 20 febbraio 2002, tale delegazione aveva il compito di studiare un progetto ai sensi della legge n. 49 del 1987, il primo mai affidato a una regione, nella quale - sempre secondo quanto riportato dal suddetto quotidiano - vengono individuate le contee di Vukovar e Osjek, martoriate dalla guerra e con etnie diverse;
nell'ottobre del 1998 segue una seconda missione nella quale viene definita l'erogazione di 6 miliardi e 800 milioni di lire, di cui 5 statali, su quattro ambiti di intervento: institution building (ricostruzione delle istituzioni democratiche); piccola e media impresa; agricoltura e ambiente; promozione socio-economica;
nel luglio del 1999, il progetto passa il vaglio del comitato ministeriale;
nel settembre dello stesso anno la giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia adotta la relativa delibera nella quale, al posto di Finest (finanziaria regionale prevista dalla legge n. 19 del 1991 e individuata inizialmente dalla precedente amministrazione regionale), compare Friulia;
l'anno seguente, l'operazione passa dalla Friulia a Informest;
nel settembre 2000 al vertice della mission viene nominato, con un contratto di 450 milioni per tre anni, Lucio Cinti, già sindaco di San Giorgio di Nogaro ed ex consigliere regionale socialista poi passato a Forza Italia -:
poiché sono trascorsi quasi due anni dall'incarico e oltre quattro dall'individuazione del progetto, cosa i ministri interessati intendano fare per dare corso agli accordi sottoscritti e se risponda a verità la notizia riportata dal Messaggero Veneto, nell'edizione del 20 febbraio 2002, secondo la quale «come riferisce una nota diplomatica diramata il 18 febbraio 2002, l'ambasciatore croato in Italia Drago Kraljevic ha chiesto spiegazioni al nostro Ministero degli esteri, ricevendo una risposta che non si può dire lusinghiera per l'amministrazione regionale.
(4-02217)

Risposta. - A seguito della Conferenza Internazionale dei Paesi Donatori del febbraio 1996, l'Italia si è impegnata a finanziare un programma di ricostruzione del bacino danubiano croato per un ammontare di 6,8 miliardi di lire.
Nel 1998 la Slavonia, che fino ad allora era divisa nella parte Orientale ed in quella Occidentale, si riunificava e - nel dare corso al predetto impegno - sono iniziate le prime missioni ricognitive italiane nelle contee di Osijek-Barania (a maggioranza etnica croata) e Vukovar-Sirmium (abitata in prevalenza da popolazione di origine serba), al fine di individuare progetti di sviluppo per le tali aree, con l'obiettivo di attenuare gli squilibri esistenti tra questa regione ed il resto della Croazia. È stato dunque identificato un programma multisettoriale di sviluppo socio-economico locale rispondente al modello della cooperazione decentrata, la cui esecuzione è stata affidata, ai sensi dell'articolo 2, comma 4, della legge 26 febbraio 1987 n. 49, alla regione autonoma Friuli-Venezia Giulia (R.A.F.V.G.), che aveva contribuito alla sua formulazione.
In merito al tempo trascorso tra l'individuazione del progetto e le iniziative che le amministrazioni interessate stanno svolgendo per dare corso agli accordi sottoscritti - menzionato dall'interrogante - va ricordato che, nonostante l'impegno italiano sia stato preso a seguito di quanto deciso nel corso della conferenza dei donatori del febbraio 1996, la Slavonia Orientale è stata reintegrata pienamente sotto la sovranità croata solo nel gennaio del 1998 e gli anni immediatamente successivi non sono generalmente stati considerati - sotto il profilo politico - idonei per dare concreto avvio ad un programma di circa 7 miliardi per la ricostruzione della Regione Danubiana.
Con la vittoria delle forze democratiche in Croazia nel gennaio 2000, il progetto è stato riconsiderato con decisione. Il 15


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novembre 2000 è stata firmata la convenzione tra direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del ministero degli affari esteri e la regione Friuli Venezia-Giulia per la realizzazione del programma relativo alla partecipazione italiana alla ricostruzione dell'area subdanubiana croata, il cui impegno di spesa è stato approvato nel febbraio 2001. La definizione dei numerosi aspetti della collaborazione (esenzioni fiscali, status giuridico del personale incaricato di sviluppare il progetto, eccetera) ha comportato ulteriore tempo.
Fra il febbraio e l'aprile del 2001 sono stati definiti i profili operativi del programma in funzione delle esigenze e delle priorità delle autorità locali croate e nel luglio dello stesso anno è stata inoltrata dall'ambasciata d'Italia a Zagabria al Ministero degli affari esteri croato una nota verbale con la quale si chiedeva di poter procedere all'apertura dell'ufficio tecnico operativo (U.T.O.) della regione autonoma Friuli Venezia-Giulia nella
ex Slavonia Orientale, definendo nel contempo lo status giuridico del programma e degli esperti. Nel settembre del 2001 sono stati nominati i due esperti della regione autonoma Friuli Venezia-Giulia responsabili del programma, l'ingegnere Lucio Cinti e la dottoressa Anna Corva, rispettivamente capo progetto e esperto sociale.
Non essendo pervenuta dal ministero degli affari esteri croato una risposta alla nota verbale, il 22 gennaio 2002 è stata inoltrata una seconda richiesta ufficiale in tal senso dall'ambasciata d'Italia a Zagabria.
La risposta croata, pervenuta l'8 febbraio scorso, informava che l'unica possibilità di ottenere un adeguato
status giuridico per il programma era quello dell'iscrizione dell'ente esecutore al registro della contea di Osijek, quale associazione italiana di diritto croato, ai sensi della recente legge croata sulle associazioni straniere senza scopi di lucro aventi fini umanitari, entrata in vigore il 1o gennaio 2002.
Attualmente si è alla fine della fase preparatoria che ha comportato la definizione delle seguenti questioni:
a) aspetti logistici relativi alla creazione dell'ufficio tecnico operativo: la sede è stata individuata grazie alla collaborazione delle autorità croate locali e dotata di attrezzature e mobilio;
b) status giuridico del programma e degli esperti della regione autonoma Friuli Venezia-Giulia: l'Informest si è costituita quale ente di diritto italiano nel febbraio scorso, con propria sede operativa anche nella ex Slavonia orientale;
c) ridefinizione del programma originario, per tenere conto dei mutamenti intervenuti nelle due contee interessate, attualmente in fase di finalizzazione in raccordo con le autorità locali croate.

Il 22 febbraio 2002 si è tenuta a Trieste la prima riunione del comitato di supervisione che ha approvato il programma generale degli interventi ed i primi due progetti esecutivi riguardanti, rispettivamente, l'assistenza sociale e l'analisi dello stato attuale delle risorse imprenditoriali nell'area subdanubiana. Sono stati altresì confermati i settori prioritari del progetto che riguardano l'assistenza istituzionale, lo sviluppo delle piccole e medie imprese, l'agricoltura, l'ambiente e la promozione sociale.
Il 7 marzo si è svolta a Zagabria una riunione degli esperti delle regioni italiane e croate interessate, alla presenza dell'Aiuto Ministro ambasciatore Paro e dell'ambasciatore d'Italia a Zagabria, nel corso della quale si è fatto il punto della situazione concordando altresì la data della seconda riunione del comitato di supervisione, tenutasi a Trieste il 26 marzo 2002.
In conclusione, il programma in questione, innovativo nella sua impostazione e qualificante per la cooperazione allo sviluppo in quanto sostanzia la dimensione della cooperazione decentrata, è il risultato di una costante e proficua collaborazione tra il ministero degli esteri e la regione Friuli Venezia-Giulia, che rende prive di ogni fondamento notizie, rilevate dall'interrogante, di presunte valutazioni non favorevoli all'operato della regione.
Allo stato attuale, il programma ha superato le difficoltà iniziali di natura organizzativa con la controparte croata, conseguenti anche alla necessità di dare avvio


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ed esecuzione ad un modulo di cooperazione innovativo, ed è ormai pienamente entrato nella fase operativa.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

DEIANA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il ripristino della tratta ferroviaria Civitavecchia-Capranica, interrotta fin dal 1991 a causa di una frana, era inserito nel programma integrativo del 1981;
i lavori, che sono arrivati al 70 per cento del completamento per una spesa già sostenuta di 200 miliardi di lire, sono bloccati dal 1995;
dal luglio del 1994 si è addirittura aggiunta la chiusura della tratta Capranica-Orte, nonostante la spesa per importanti interventi di riqualificazione quali l'automazione dei passaggi a livello, senza che l'azienda Ferrovie dello Stato considerasse questa tratta come logica prosecuzione del tratto in ricostruzione;
a giustificazione di questo contraddittorio comportamento (chiusura di una tratta mentre si ristruttura l'altra) l'azienda ha usato l'argomento dello «scarso traffico» senza tenere conto che lo stesso veniva indotto dalla carenza di corse; infatti l'ultima corsa utilizzabile dai pendolari per il ritorno a casa partiva da Roma alle 12.40;
la ferrovia Civitavecchia-Orte intercetterebbe a Capranica la ferrovia Roma-Viterbo, elettrificata di recente e anch'essa utilizzata al di sotto delle potenzialità recentemente è stata avanzata l'ipotesi della soppressione di alcuni scambi con evidenti conseguenze sul numero di corse effettuabili;
nel 1996 è stato sottoscritto un accordo di programma tra Ferrovie dello Stato Spa e regione Lazio che ipotizzava il completamento della ricostruzione della Civitavecchia-Capranica per il 1998;
la legge finanziaria del 1998 prevedeva inoltre un ulteriore finanziamento di 123 miliardi di lire;
attualmente i lavori sono fermi poiché le Ferrovie dello Stato considerano questa non più necessaria, ipotizzando come alternativa di far transitare le merci attraverso un complicato percorso tra Civitavecchia, l'interporto di Orte e l'Umbria attraverso l'anello ferroviario romano, ancora da completare, che comporterebbe addirittura costi e tariffe di pedaggi più elevati in contrasto, tra l'altro, con il potenziamento del traffico merci su itinerari alternativi alle grandi direttrici, auspicato dal Governo stesso;
in data 12 giugno 2001 i comitati, Comitato ferrovia Civitavecchia-Orte e FDT Associazione ferrovie della Tuscia entrambi con sede in Ronciglione, Assoutenti del Trasporto Pubblico di Rieti o Graf (Gruppo Romano Amici della Ferrovia) hanno inviato una richiesta di intervento alla regione Lazio per impedire la soppressione e smantellamento della linea Capranica-Orte;
da notizie apparse su Il Messaggero, pagina di Viterbo, del 19 giugno 2001 si legge che il Consiglio comunale di Capranica ribadisce con la votazione di alcuni ordini del giorno la sua contrarietà allo smantellamento della linea ferroviaria e il segretario generale della Cgil di Viterbo A. Filippi dichiara che si era raggiunto un accordo con la Regione Lazio per l'istituzione di nuove corse con un costo irrisorio per le casse regionali ma che nella successiva pubblicazione dell'orario estivo non hanno avuto seguito;
lo stesso Presidente della regione Lazio Storace durante la campagna elettorale aveva sottoscritto un patto con la provincia di Rieti per la realizzazione della ferrovia Roma-Rieti Ascoli Piceno, creando un sistema di rete con il collegamento passeggeri Porto d'Ascoli-Rieti


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Roma e un collegamento merci attraverso la deviazione Rieti-Orte-Capranica-Civitavecchia -:
quali azioni intenda intraprendere affinché siano rispettati gli impegni presi e le imponenti opere di ricostruzione finora costate 200 miliardi di lire siano completate e non rimangano come triste testimonianza di sperpero di denaro pubblico;
quale è stato l'utilizzo dei 123 miliardi di lire previsti dalla Finanziaria del 1998 destinati al completamento e alla riattivazione della Civitavecchia-Capranica-Orte.
(4-00480)

Risposta. - Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per quanto di competenza, ha richiesto, in data 5 febbraio 2002, a Rete Ferroviaria Italiana (RFI) un approfondimento del dossier fornito da Ferrovie dello Stato spa, in merito alla valutazione della funzione della linea nel contesto di tutta la rete ferroviaria nazionale (collegamento al porto di Civitavecchia, direttrice trasversale Tirreno-Adriatico). Sulla base di tali risultanze potrà poi essere effettuata una valutazione esaustiva su quanto segnalato.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il comune di Briga Alta (Cuneo), con poco più di cinquanta abitanti, situato sulle Alpi marittime a cavallo tra Piemonte e Liguria, ha ricevuto una sollecitazione a pagare allo Stato ottanta milioni circa per canoni di locazione relativi all'immobile ove sono ubicati gli uffici comunali;
la somma comprenderebbe, per quel che è dato sapere, canoni dal 1947 ad oggi, atteso che lo Stato non si è mai curato di richiedere il pagamento di alcunché
il Sindaco di Briga Alta ha ricordato che per estinguere il debito con Roma i cittadini del suo comune dovrebbero essere tassati per unmilioneseicentomila lire cadauno;
i contatti avuti dal Sindaco di Briga Alta per risolvere il contenzioso in termini di ragionevolezza non hanno dato esito alcuno;
appare incredibile che lo Stato non abbia mai richiesto ciò di cui riteneva di avere diritto -:
quale contratto di locazione regola il rapporto locatizio in questione;
se non sia da ritenersi operativa la prescrizione quinquennale prevista dall'articolo 2948 del codice civile;
per quale ragione non siano mai stati richiesti i canoni in precedenza;
se non si ritenga di dover segnalare l'inerzia alla Procura regionale della Corte dei conti;
quale soluzione si ritiene di poter adottare per risolvere in termini di ragionevolezza il rapporto conflittuale con il comune di Briga Alta.
(4-01410)

Risposta. - Da notizie fornite dall'Ufficio Territoriale del Governo di Cuneo non risulta che il comune di Briga Alta debba corrispondere allo Stato la presunta somma di circa 41.316,00 Euro, a titolo di arretrati - dal 1947 ad oggi - per canoni di locazione relativi all'immobile dove sono ubicati gli uffici comunali.
È stato precisato, infatti, che la sede degli uffici in parola dal 1947 al 1959 era ubicata in un fabbricato di proprietà di privati in frazione Piaggia e pertanto, per detto periodo, nulla è dovuto allo Stato.
Nel periodo dal 25 maggio 1959 al 24 maggio 1978 il comune ebbe in concessione dall'amministrazione finanziaria l'immobile dietro pagamento di un canone simbolico.
Successivamente, in data 20 marzo 1995, il ministero delle finanze - Direzione del territorio - sezione di Cuneo, ha richiesto la corresponsione di un canone complessivo di lire 6.624.400, oltre gli interessi legali maturati, quale indennità per


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l'utilizzazione senza titolo per il periodo intercorrente dal 25 maggio 1978 al 31 dicembre 1994, pari al 10 per cento del canone in comune commercio, a seguito della riduzione praticata ai sensi della legge 390 del 1986. Tale canone risulta regolarmente corrisposto.
Con contratto n. 550, in data 20 ottobre 1995, il comune di Briga Alta ha ottenuto in concessione per sei anni, dal 1o gennaio 1995 al 31 dicembre 2000, parte dell'immobile per fini esclusivamente istituzionali dietro corresponsione del canone annuo di lire 1.400.000. Anche questo canone risulta puntualmente corrisposto.
L'amministrazione comunale in data 11 gennaio 2001 ha richiesto il rinnovo del contratto di affitto scaduto il 31 dicembre 2000 e l'Agenzia del demanio in data 26 marzo 2001, in attesa della stipula del relativo atto, ha richiesto il versamento di lire 1.600.000 quale indennità provvisoria per l'utilizzazione senza titolo del bene per il periodo dall'1o gennaio al 31 dicembre 2001.
Attualmente il comune ha in concessione i piani seminterrati, secondo e terzo, contro il pagamento di un canone annuale fissato per l'anno 2002 in euro 826,00.
Il sindaco di Briga Alta ha, peraltro, comunicato che intende procedere all'acquisizione dell'intero immobile, ma, a tutt'oggi, non vi sono definitive determinazioni in merito.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

DI GIOIA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la statale 16, soprattutto nel tratto Foggia Cerignola, è purtroppo, conosciuta per la sua pericolosità per l'elevato numero di incidenti e vittime, tanto da essere nominata la «statale della morte»;
più volte, in seguito alle proteste dei cittadini residenti lungo la statale e alle richieste fatte da numerosi enti locali, si sono presi impegni per l'allargamento della stessa senza che poi alle parole siano seguiti i fatti -:
per quale motivo non sia stata ancora cantierizzata la statale 16 nel tratto Foggia Cerignola e quando si intenda intervenire garantendo così non solo la sicurezza dei cittadini, ma un incentivo allo sviluppo dell'intera area che ha nell'arretratezza del suo sistema viario e di trasporti uno dei suoi punti deboli.
(4-02157)

Risposta. - L'Ente nazionale per le strade, interessato al riguardo, ha comunicato che già da tempo è stata avviata la progettazione per l'ammodernamento della strada statale n. 16 nel tratto compreso tra l'abitato di Foggia e quello di Cerignola, comprendente tra l'altro anche la variante di quest'ultima.
L'Ente stradale informa che nel 1992 veniva appaltata la realizzazione del 1o lotto all'associazione temporanea di imprese DICORATO-ENGINEERING di Trani (Bari) le cui attività si interrompevano a causa del fallimento delle imprese avvenuto in data 2 maggio 1996.
La ripresa dei lavori, ritardata in prima battuta dalla definizione contabile con la curatela fallimentare, è stata condizionata, come per gli altri lotti, dal conseguimento del decreto di compatibilità ambientale, che ha richiesto un
iter procedurale con il ministero dell'ambiente durato circa tre anni.
È stato ottenuto, inoltre, il decreto di conformità urbanistica (intesa Stato-regione) che, confermando la compatibilità urbanistica delle opere, consente di poter procedere nella realizzazione dei progetti esecutivi.
L'ANAS riferisce, infine, che lo Stato di elaborazione della progettazione per l'intero itinerario è il seguente:
a) 1o lotto: è stato redatto il progetto esecutivo per il completamento delle opere da parte dei tecnici del compartimento ANAS di Bari. I finanziamenti per l'esecuzione delle opere possono essere reperiti in parte dalle somme residue dei lavori sopracitati ed in parte con nuove risorse;
b) 2o lotto: è stata avviata in data 22 gennaio 2002 da parte dell'ANAS la procedura


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per l'appalto della progettazione esecutiva il cui bando prevede novanta giorni per la fornitura degli elaborati. Il finanziamento dell'opera è previsto nel piano triennale in corso;
c) 3o lotto: è stato predisposto il progetto definitivo e si sta provvedendo a programmare la redazione del progetto esecutivo.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

DILIBERTO. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
le Poste Italiane hanno preso la decisione di chiudere, a far data dal 4 marzo 2002, il Centro di trasmissione telegrammi 186 di Cagliari e trasferire il relativo traffico telefonico 186 al CTR di Palermo;
tutto questo nonostante il fatto che dalle analisi della produttività pro-capite la resa di ogni singolo addetto al 186 sardo sia la migliore a livello nazionale e la produttività del centro tra le più alte del Paese;
per la Sardegna si tratta dell'ennesimo smantellamento di strutture produttive di Poste Italiane, oltre a posta celere, nodo rete, cuas, ufficio pacchi, a favore di altre regioni certamente più avvantaggiate, sia dal punto di vista economico che da quello occupazionale;
tale politica aziendale oltre a creare seri disagi ai lavoratori ed alle loro famiglie, incrementa l'attuale disastrosa situazione economica ed occupazionale;
in altre regioni del Paese, la chiusura dei suddetti centri (CTR) è stata compensata dall'apertura di nuovi servizi: call center a Roma, Napoli, Reggio Calabria, e Caltanissetta, centri di controllo e gestione della rete informatica aziendale Bari, Bologna, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia -:
se non ritenga che in una razionalizzazione dei servizi tesa a migliorare la distribuzione nel territorio nazionale, non si debba tener conto anche delle esigenze e delle opportunità economiche ed occupazionali delle singole regioni;
se non ritenga di dover intervenire per impegnare le Poste Italiane a mantenere in Sardegna le attuali strutture produttive ed aprire nuovi servizi per compensare la cancellazione in atto dei suddetti centri.
(4-01940)

Risposta. - Al riguardo si ritiene opportuno far presente che, a seguito della trasformazione dell'ente Poste italiane in società per azioni, il Governo, non ha il potere di sindacarne l'operato in merito alla gestione aziendale che, com'è noto, rientra nella competenza specifica degli organi statutari della società.
Nondimeno, al fine di disporre di elementi di valutazione in merito a quanto rappresentato dall'interrogante nell'atto parlamentare in esame, non si è mancato di interessare la predetta società, la quale ha precisato che, nell'ambito del processo di riorganizzazione previsto dal piano di impresa 1998-2002, e degli impegni assunti con il contratto di programma, è stato già attuato o è in corso di realizzazione un radicale cambiamento nelle strutture aziendali, finalizzato a realizzare il risanamento ed il rilancio della società.
Nel contesto delle iniziative adottate a tali fini, la società ha proceduto all'analisi e alla valutazione delle proprie realtà operative per individuare quelle più rispondenti agli obiettivi fissati.
È stato, pertanto, adottato un nuovo modello di organizzazione della rete, nonché la revisione e la semplificazione delle attività svolte attuando alcuni progetti che hanno determinato positivi risultati nelle modalità di lavorazione a livello nazionale.
Il personale che, in conseguenza del processo di riorganizzazione e ottimizzazione posto in essere, dovesse risultare in esubero - ha precisato la società - viene impiegato a supporto di settori che fanno registrare carenze di addetti e ciò sempre allo scopo di migliorare la qualità dei servizi resi ed il livello occupazionale.


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La chiusura del centro di trasmissione dei telegrammi di Cagliari - adottata a partire dal 4 aprile del corrente anno - rientra, secondo quanto riferito dalla società Poste, nel processo di revisione delle lavorazioni in atto; il personale interessato sarà applicato, dopo aver frequentato appositi corsi di formazione, presso la sede cagliaritana del
call center unico che è stato aperto contestualmente alla cessazione dell'attività del centro telegrammi.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

FIORI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
la signora Alba Parietti ha dichiarato alla stampa di aver percepito 300 milioni di lire dalla Rai-Tv senza aver svolto alcun lavoro;
a seguito di tale notizia l'interrogante con lettera del 20 agosto 2001 chiedeva al presidente della Rai professor Zaccaria se la notizia fosse vera, se vi fossero in Rai altri casi Parietti o casi di ditte che, regolarmente retribuite, non svolgano alcuna attività, se fossero presenti nei magazzini Rai film, telefilm, opere di fiction, cortometraggi altro genere di filmati, prodotti od acquistati, mai andati in onda;
il presidente Zaccaria, con un comunica del 21 agosto, rispondeva solo sulla vicenda Parietti giustificandola con riferimento ad una presunta esigenza di tutelare l'artista, senza dare però risposta alcuna alle altre domande formulate;
l'interrogante, rilevata sia l'inadeguatezza sia l'insufficienza della risposta, ribadiva le domande già formulate precisando altresì l'esigenza di conoscere se fosse vero che decine di funzionari Rai percepirebbero stipendi per centinaia di milioni senza svolgere attività alcuna e che contemporaneamente molte consulenze milionarie sarebbero state date all'esterno dall'azienda -:
quali iniziative intenda adottare, nell'ambito dei propri poteri di vigilanza, sull'osservanza degli obblighi previsti dalla normativa vigente, della convenzione e del controllo in ordine all'economicità della gestione della Rai.
(4-00654)

Risposta. - Al riguardo si ritiene necessario anzitutto premettere che, come noto, non rientra fra i poteri del Governo quello di sindacare l'operato della RAI per la parte riguardante la gestione aziendale.
Tale aspetto rientra, infatti, nella competenza del Consiglio di amministrazione della società, che opera tenendo conto delle direttive e dei criteri formulati dalla apposita Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.
Ciò chiarito si significa che la RAI - interessata in merito a quanto rappresentato dall'interrogante nell'atto parlamentare cui si risponde - ha comunicato di aver stipulato con la signora Alba Parietti nell'ottobre del 1997 un contratto di scrittura che prevedeva l'impegno dell'artista per la realizzazione, dal settembre 1997 al gennaio 1998, della produzione «Macao» articolata, secondo le iniziali previsioni, in sessanta puntate quotidiane e nove speciali.
La medesima RAI ha riferito che la messa in onda della citata trasmissione è stata interrotta a metà della programmazione originariamente prevista perché, dopo un positivo riscontro da parte del pubblico nel corso della prima edizione, con la ripresa autunnale l'
audience aveva fatto registrare un sensibile calo, tanto da consigliare la sospensione del programma dopo la trentunesima puntata, nel rispetto delle regole di buona amministrazione che consigliano di evitare la prosecuzione di programmi giudicati inadeguati, limitandone, di conseguenza, i relativi costi.
Al fine, tuttavia, di poter onorare completamente il contratto era stata pattuita una proroga della scadenza iniziale per convertire gli impegni precedenti con altri di diversa tipologia come, peraltro, secondo quanto affermato dalla RAI, accade in questo genere di accordi cosiddetti in esclusiva.
Riferisce la RAI che le scelte editoriali e di palinsesto, tuttavia, hanno impedito la diversa utilizzazione della predetta artista e


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pertanto, consensualmente all'interessata, la RAI ha deciso di non prorogare ulteriormente il contratto che comunque, seppur parzialmente, risultava onorato.
La medesima RAI nel significare, infine, che nell'ambito della divisione prima soltanto il 10 per cento dei collaboratori risulta sottoutilizzato di circa il 15 per cento rispetto alle previsioni contrattuali - percentuale definita dalla stessa fisiologica nella gestione di un parco di collaboratori così ampio e diversificato come quello della società e, di norma, connesso a variazioni di programmazione e di scelte editoriali - ha precisato che non ci sono, né ci sono mai stati in passato contratti che non abbiano ottenuto almeno una parziale esecuzione da parte degli artisti.
In merito, infine ai compensi riconosciuti alla signora Parietti e, più in generale, ai collaboratori esterni, la ripetuta RAI, seppur richiesta sull'argomento, non ha ritenuto di divulgare, per valutazioni di carattere aziendale, il loro ammontare.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

FISTAROL. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 2, comma 35, della legge n. 426 del 1998 dispone il trasferimento agli Enti Parco della gestione delle riserve naturali interne al loro perimetro, da attuarsi mediante decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e l'Ente Parco Nazionale dolomiti bellunesi ha recentemente, con propria delibera n. 23 del 2001, sollecitato il Governo a darne piena attuazione, ma attualmente nulla è stato fatto in merito;
la legge n. 394 del 1991 e la legge 426 del 1998 hanno definitivamente riconosciuto, dopo un lungo dibattito parlamentare, che la tutela del patrimonio naturale italiano più prezioso deve essere attuata prioritariamente attraverso i Parchi, sia nazionali che regionali. Rimettere oggi in discussione questo obiettivo di fondo sarebbe un errore gravissimo che pregiudicherebbe la credibilità dello Stato e riproporrebbe una pratica accentratrice e dirigistica della tutela territoriale;
«La gestione delle riserve naturali, di qualunque tipologia, istituite su proprietà pubbliche, che ricadano o vengano a ricadere all'interno dei parchi nazionali, è affidata all'Ente parco», così sancisce una legge dello Stato;
tale passaggio è fondamentale per il futuro degli Enti Parco, poiché il trasferimento della gestione di un'area protetta comporta anche il trasferimento di risorse finanziarie, umane, strumentali ed organizzative che darebbero nuova linfa a tali strutture a cui è demandato un ruolo di primo piano e cioè di garantire la conservazione del patrimonio naturalistico italiano più importante;
risultano prive di spiegazione la mancanza di iniziative concrete e l'esistenza di ostacoli così forti. In tal modo, non solo non si rafforza e non si sviluppa il sistema nazionale delle aree naturali protette, ma si offrono argomenti formidabili a chi punta a ridurre il ruolo degli stessi Parchi nazionali;
da qualche anno l'istituzione parco è stata chiamata in modo sempre più preponderante a modellare il proprio sistema di regole e i propri criteri d'azione, per adattarli alla società e all'economia locali e per svolgere un ruolo propulsivo e di stimolo ai fini dello sviluppo. È anche vero che ci troviamo, in Italia, in una fase di sperimentazione e ricerca, la quale, comunque, sta consentendo di colmare il gap nei confronti di altri paesi europei, nei quali questa ricerca è più pronta e vivace;
proprio per poter continuare a svolgere appieno una funzione conservativa, divulgativa e scientifico-naturalistica, funzione che può essere assicurata meglio dagli Enti Parco rispetto ad altra forma organizzativa e gestionale, si richiede di dare seguito a ciò che sancisce l'articolo 2, comma 35, della legge n. 426 del 1998;


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il ritardo nell'applicazione della legge potrebbe significare che alcuni organismi dello Stato centrale manifestano oggi perplessità e dubbi circa la effettiva capacità degli Enti Parco nazionali di garantire la gestione delle riserve dello Stato, enti a cui è stato affidato un compito estremamente complesso e che sono impegnati positivamente nella tutela e valorizzazione della natura anche attraverso la realizzazione dei Piani dei parchi, quei piani di cui attualmente molte riserve dello Stato sono sprovviste;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 giugno 2001, n. 145 recante individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative da trasferire alle regioni ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo n. 143 del 1997, ha provveduto ad individuare i beni e le risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative da trasferire alle regioni, ivi compresi i beni e le risorse del Corpo forestale dello Stato, non necessari all'esercizio delle residue funzioni di competenza statale. Tra i beni che non passano alle regioni, di cui all'allegato E del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sono elencate le riserve naturali;
non si può ritenere che con ciò si sia dato atto all'articolo 2 della legge n. 426 del 1998 che invece demanda ad un successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri l'affidamento agli enti parco della gestione delle riserve naturali istituite su proprietà pubbliche ricadenti all'interno del perimetro dei territori da essi tutelati -:
quali siano i motivi che stanno comportando il mancato trasferimento della gestione delle riserve naturali statali all'Ente Parco delle dolomiti bellunesi così come ad altri Enti Parco, mettendo in pericolo lo svolgimento di una efficace e lungimirante politica per le aree protette terrestri e marine.
(4-01896)

Risposta. - Si comunica che a seguito della intesa sancita in Conferenza Stato-Città del 12 ottobre 2000 è stato predisposto uno schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri inerente l'affidamento delle riserve naturali statali situate all'interno dei parchi nazionali agli enti parco nazionali; lo stesso è stato trasmesso, per la valutazione all'ufficio coordinamento amministrativo della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Quest'ultima, ha ritenuto opportuno non avallare lo schema di provvedimento, in quanto l'intesa in conferenza Stato-Città stabilisce l'affidamento delle riserve agli enti parco, contestualmente al trasferimento delle risorse umane, finanziarie e strumentali.
Pertanto, in data 30 marzo 2001, è stato sollecitato al ministero delle politiche agricole e forestali l'inoltro dei dati pertinenti tutte le riserve naturali e statali in gestione
ex A.S.F.D. riguardanti i beni mobili e immobili e il personale utilizzato, potenzialmente trasferibili alla futura gestione degli enti parco.
Constatando il protrarsi dei tempi, a causa del coinvolgimento delle competenze di amministrazioni diverse, la direzione conservazione natura del ministero ambiente, ha ritenuto opportuno chiedere il coordinamento delle rispettive attività alla Presidenza del Consiglio dei ministri. A tutt'oggi, nonostante i solleciti effettuati, si è in attesa di ricevere comunicazioni in merito.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

FRAGALÀ. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
ancora recentemente, all'apertura dell'anno giudiziario, sono state denunciate le carenze del personale amministrativo dell'amministrazione giudiziaria;
relativamente ai posti di operatore amministrativo, B2, coperti a seguito del concorso per titoli a novecentocinquantaquattro posti di operatore amministrativo B2, ex quinta qualifica funzionale, del


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personale del Ministero della giustizia, dipartimento dell'amministrazione giudiziaria, esistono ancora numerosi idonei inclusi nella graduatoria generale di merito del concorso e non assunti;
i tempi di espletamento di tale tipo di concorsi sono comunque assai lunghi e il personale incluso nella citata graduatoria è stato già utilizzato e sperimentato dalla amministrazione per lunghi periodi -:
se non ritenga di provvedere ad utilizzare altri contingenti di operatori B2 risultati idonei nel concorso in oggetto, assicurando tempestivamente agli uffici giudiziari tutto il personale occorrente e potendo, nel contempo, realizzare un programma di mobilità per le unità che lo hanno richiesto.
(4-02399)

Risposta. - Si comunica che ai sensi dell'articolo 19 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, per l'anno 2002, alle amministrazioni dello Stato è fatto divieto di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato.
Si precisa, peraltro, che i termini di validità della graduatoria relativa al concorso a 954 posti di operatore giudiziario, scaduti il 28 febbraio 2001, sono stati prorogati dall'articolo 51, 8o comma, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, fino alla data del 30 giugno 2001.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

GAMBALE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 15 settembre 2001 le città di Napoli e provincia, in particolare il comprensorio dei Campi Flegrei con i comuni di Pozzuoli, Bacoli, Monte di Procida e Procida venivano colpite da una tremenda alluvione;
in seguito a questo evento calamitoso il Governo stanziava 50 miliardi destinati alla riparazione dei danni;
a tutt'oggi non risulta ancora firmata dal Ministro dell'interno l'ordinanza di protezione civile che stanzia tale somma;
com'è comprensibile, sono alquanto gravi i disagi nei comuni interessati e i ritardi nei lavori di ricostruzione e riparazione dei danni -:
quali siano i motivi del ritardo dell'ordinanza di stanziamento dei 50 miliardi già destinati alle zone alluvionate;
se esista una volontà politica di negare le somme in parola danneggiando i comuni alluvionati;
in caso contrario, se ritengano di procedere nei tempi brevissimi che il caso richiede, alla firma dell'ordinanza.
(4-01264)

Risposta. - La questione segnalata con il documento parlamentare, è da ritenersi superata.
Infatti, il 12 novembre del 2001, è stata emanata l'ordinanza n. 3158 del Ministro dell'interno con la quale viene stabilito, tra l'altro, che l'importo dei 50 miliardi di lire stanziato, in aggiunta alle risorse impegnate dalla regione, venga trasferito nella misura di 25 miliardi di lire al presidente della regione Campania e di un medesimo importo al sindaco di Napoli, nominati commissario delegato ciascuno per l'ambito territoriale di competenza.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Maurizio Balocchi.

GAMBINI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
è ancora vivo nell'opinione pubblica riminese lo sgomento ed il cordoglio per la morte avvenuta il 21 giugno 2001 del giovane Pauli Yakko Hirvi investito da un pirata della strada che aveva a lungo scorazzato con la sua auto sul lungomare pieno di folla della città di Rimini;
le circostanze stesse nelle quali è avvenuto l'investimento, che portano ad escludere si sia trattato di un imprevedibile e causale incidente, ma invece della


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tragica conseguenza di un comportamento che ha messo a rischio l'incolumità di tante altre persone, hanno mosso molti cittadini alla protesta e hanno attivato l'attenzione ed il controllo degli organi di informazione sull'inchiesta e sull'accertamento della responsabilità;
le indagini tempestive della procura della Repubblica riminese hanno individuato l'autore dell'investimento nel cittadino bosniaco-olandese Omer Halilovic, le cui responsabilità per omicidio colposo verranno vagliate nel corso dell'udienza preliminare;
l'accusato per sottrarsi al procedimento giudiziario è fuggito all'estero e secondo le notizie raccolte degli inquirenti si troverebbe in Olanda;
la procura riminese ha già avviato, tramite la Procura generale competente, la procedura per ottenere l'arresto provvisorio ai fini estradizionali alle autorità olandesi, secondo le procedure previste dagli accordi di Schengen e dalla convenzione internazionale di assistenza giudiziaria;
non si ha purtroppo notizia sugli esiti della procedura per l'arresto di Omer Halilovic, e ciò provoca legittimo smarrimento nei familiari ed amici della giovane vittima, che hanno costituito un comitato per tenere viva la memoria del drammatico evento e nei cittadini sempre più allarmati di fronte al ripetersi di episodi simili che possono trarre alimento dalla impunità dell'autore del crimine -:
se conosca le ragioni che ancora impediscono la consegna alla giustizia italiana di chi è ritenuto responsabile dell'omicidio di Pauli Yakko Hirvi;
quale sia il percorso fino ad ora svolto dalla procedura di estradizione;
se non ritenga necessario un intervento stringente del Ministero per fare valere, anche in sede di rapporti bilaterali, la domanda di giustizia che legittimamente viene reclamata dai familiari della vittima e dall'opinione pubblica riminese.
(4-02355)

Risposta. - Con provvedimento in data 6 settembre 2001 il Ministro della giustizia ha disposto la diffusione delle ricerche in campo internazionale a scopo di estradizione di Omer Halilovic, destinatario di ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Rimini per i reati di omicidio colposo, omissioni di soccorso ed altro.
Con dispaccio datato 18 settembre 2001, la divisione SIRENE del ministero dell'interno ha assicurato l'avvenuto inserimento del nominativo nel «SiS», ai sensi dell'articolo 95 della Convenzione di Schengen.
Successivamente, con dispaccio del 17 ottobre 2001, la divisione Interpol del ministero dell'interno ha assicurato di aver provveduto a diramare le ricerche in campo internazionale.
Omer Halilovic, a quanto risulta dagli atti del competente dipartimento per gli affari di giustizia, non risulta - allo stato - ancora localizzato.
Lo stesso dipartimento ha assicurato che provvederà tempestivamente ad adottare le determinazioni di propria competenza non appena l'Halilovic verrà localizzato od arrestato ai fini estradizionali.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

GARAGNANI. - Al Ministro per la funzione pubblica e il coordinamento dei servizi di informazione e sicurezza, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il Ministro per la funzione pubblica, onorevole Frattini, in occasione della risposta all'interrogazione n. 3-00323, svolta il 17 ottobre 2001, con riferimento alla rete del terrorismo islamico in Italia e in particolare nella città di Bologna, ha affermato quanto segue:
«La mappatura delle nostre intelligence ci dice oggi che gli epicentri del radicalismo sono le città di Torino, Milano, Bologna, Roma e Napoli, e, come principali formazioni, quelle nord africane, a vari


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livelli, aderenti al progetto ormai universalista perseguito dalla rete internazionale collegata ad Al Qaeda. Di queste, particolare rilievo hanno le articolazioni tunisine, il gruppo combattente tunisino, con cellule che operano ed hanno operato tra Varese e Milano, con addentellati in Germania ed in Belgio. Tutti sanno che è stato arrestato in Italia il responsabile di quel gruppo, appartenente o indicato come tale, ad una cellula di Osama Bin Laden. Inoltre, ci sono formazioni algerine, formazioni integraliste sunnite di altro tipo, formazioni marocchine presenti soprattutto nell'area piemontese e organizzazioni terroristiche egiziane. In generale il complesso di queste acquisizioni informative disegna un quadro in cui tra le varie formazioni sfuma una distinzione perché progressivamente, esse aderiscono ad una unica strategia internazionalista omogenea a quella di Osama Bin Laden. In Italia abbiamo anche conferma del ruolo attivo di soggetti che si sono proposti come guide spirituali e che in alcuni centri stanno operando, usando espressioni - pericolose ed inaccettabili - di sintonia con il terrorismo a cui il Governo indubbiamente non farà mancare la sua risposta. Il Governo, fermo il rispetto per la pluralità di religioni praticate e per i credenti islamici, prosegue e rafforza ogni giorno le proprie azioni preventive di intelligence e repressive nei confronti degli estremisti ed oggi è in grado di assicurare un adeguato livello di protezione di tutti i possibili obiettivi a rischio per la sicurezza dei cittadini»;
da un anno la magistratura bolognese sta indagando sulle connessioni nazionali ed internazionali del terrorismo e negli ultimi tempi, con particolare insistenza, la comunità islamica risiedente a Bologna ha chiesto al Comune l'autorizzazione per aprire una moschea con annesso centro cuturale;
anche recentemente il convegno dei gruppi islamici tenutosi nel capoluogo emiliano ha equiparato in modo inaccettabile l'America ed i talebani rifiutandosi di condannare chiaramente «Bin Laden» ed ha addirittura chiesto la rimozione di un dipinto del '400 collocato nella locale basilica di San Petronio perché apparirebbe offensivo per i sentimenti dei musulmani -:
se non ritenga di precisare ulteriormente con informazioni precise e circostanziate che tranquillizzino l'opinione pubblica, nell'ambito dei principi previsti dalla legge per tutelare la sicurezza dei cittadini e dello Stato, le modalità di certi comportamenti, i collegamenti con i gruppi di altre città italiane o straniere, l'incidenza di eventuali estremismi sul sentimento collettivo della popolazione musulmana della città e della regione e se risulti che nelle periodiche riunioni di preghiera si svolgano anche iniziative di carattere politico.
(4-02914)

Risposta. - Si comunica che in relazione alla individuazione della rete del terrorismo islamico in Italia, effettuata dagli organismi di informazione e sicurezza del nostro Paese, e per effetto di successive operazioni di polizia giudiziaria, sono stati individuati luoghi di culto, utilizzati da persone collegate a frange estremiste per la propaganda di messaggi di natura politica.
In modo particolare il problema delle connessioni nazionali e internazionali del terrorismo islamico nella città di Bologna ha richiesto l'intervento dell'Autorità giudiziaria della città medesima e sono state effettuate riservate indagini.
Infatti, il 25 settembre 1997 sono stati arrestati a Bologna per associazione per delinquere finalizzata a favorire operazioni terroristiche all'estero, per favoreggiamento, per contraffazione e per falso di banconote e documenti, dodici cittadini tunisini, un marocchino, un bosniaco ed un libanese, sospettati di essere in collegamento con il Gruppo Islamico Armato - G.I.A. - algerino. Rilevata la complessità del relativo procedimento, giunto alla fase dibattimentale il 15 maggio 2001, il presidente del tribunale di Bologna ha fissato per i giorni 24, 27 e 29 gennaio 2003 ulteriori udienze per la risoluzione di questioni preliminari, quali l'ammissione di prove e la citazione di testi.
Sempre nel capoluogo felsineo, il 10 giugno 1998, sono stati arrestati per associazione


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per delinquere, per traffico di banconote false, per contraffazione di documenti e per ricettazione di autovetture, sei cittadini tunisini, tre marocchini, tre algerini ed un italiano, sospettati di svolgere attività di supporto logistico nei confronti del predetto gruppo terroristico. Il processo risulta ancora in fase istruttoria.
Nel giugno 1999, a conclusione di una inchiesta diretta dalla procura della Repubblica di Bologna, relativa ad un traffico di armi e di stupefacenti, destinato a finanziare le attività del G.I.A., sono stati eseguiti sedici fermi, cinque arresti in flagranza di reato ed effettuate complessivamente trentacinque perquisizioni a Bologna, Ferrara, Rovigo, Pescara, Venezia, Pordenone ed Ancona. Nel corso dell'operazione sono stati sequestrati 10 chilogrammi di hashish, 80 grammi di cocaina ed un cospicuo quantitativo di banconote italiane false.
Il relativo procedimento penale è ancora in corso.
Più in generale, si rappresenta che, a seguito degli attentati terroristici perpetrati l'11 settembre 2001, è stata avviata una complessa attività d'indagine, anche in stretta collaborazione con le polizie sia dei Paesi aderenti alla NATO, sia di quelli della sponda meridionale del Mediterraneo, che ha consentito, tra l'altro, l'arresto del capo di un gruppo fiancheggiatore di «Al Qaeda», nota organizzazione terroristica di Osama Bin Laden.
La situazione è costantemente seguita dagli organismi di informazione e sicurezza e dalle competenti autorità provinciali di pubblica sicurezza per l'adozione di più incisive misure di prevenzione e di repressione, assicurando altresì un adeguato livello di protezione di tutti i possibili obiettivi a rischio.
Infine, si comunica che, in considerazione della delicatezza della materia e per le collaborazioni informative con organismi analoghi di altri Stati, altre informazioni relative ad ulteriori indagini sono, allo stato attuale, riservate.
Il Ministro per la funzione pubblica e per il coordinamento dei servizi di informazione e sicurezza: Franco Frattini.

GIANCARLO GIORGETTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la tragica vicenda degli emofiliaci italiani, derivante dalla somministrazione di sangue ed emoderivati infetti dal virus HIV e HCV, va avanti ormai da anni;
gli emofiliaci ed i loro familiari sono ancora in attesa dell'individuazione dei responsabili della tragedia che stanno vivendo e di un giusto ed equo risarcimento morale ed economico;
il Ministro interrogato nel comunicato stampa n. 425 del 7 novembre 2001 aveva manifestato la sua piena disponibilità nonché «la volontà dell'attuale Governo di esaminare tutte le possibilità esistenti per trovare una soluzione concordata, in tempi rapidi, che preveda un giusto risarcimento per i cittadini danneggiati dalle trasfusioni»;
è senza dubbio apprezzabile l'intenzione del Ministro di procedere ad una possibile soluzione stragiudiziale, dei processi civili a carico del Ministero della salute;
un primo passo verso la soluzione del problema poteva essere fatto attraverso una presa di posizione al maxi processo penale presso il tribunale di Trento per il quale la federazione delle associazioni emofiliaci aveva richiesto espressamente la costituzione di parte civile del Ministero, peraltro autorizzata dal Presidente del Consiglio dei ministri il 27 settembre del 2001, che tuttavia non ha avuto corso;
probabilmente la mancata costituzione di parte civile del Ministero è senz'altro da attribuire alle valutazioni compiute dall'Avvocatura dello Stato -:
quali siano le ragioni che abbiano impedito la costituzione di parte civile del Ministero della sanità nel processo di Trento;
quali siano i programmi del Ministro riguardo i tempi e le modalità per arrivare ad un giusto risarcimento per le vittime e i loro familiari.
(4-01827)


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Risposta. - In merito al procedimento giudiziario presso il tribunale di Trento, diretto ad accertare le responsabilità derivanti dai gravissimi danni arrecati alla salute di numerosi pazienti dal sangue infetto presente nei prodotti emoderivati ad essi somministrati, il Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Silvio Berlusconi, ha provveduto a dare la necessaria autorizzazione alla costituzione di parte civile dello Stato nel giudizio fin dal 27 settembre 2001.
La competente Avvocatura distrettuale di Trento vi provvederà non appena il giudice di udienza preliminare (GUP) avrà esaurito la parte procedurale relativa alla valutazione di eccezioni sulla costituzione delle parti civili ed avrà individuato l'elenco definitivo degli imputati e delle relative imputazioni.
Ed al rispetto dell'ordine di tale sequenza procedurale fa espresso richiamo anche la risoluzione approvata, con voto unanime, dalla Commissione igiene e sanità del Senato nel corso della seduta del 24 gennaio 2002, e sottoposta all'Assemblea in base all'articolo 50 del Regolamento del Senato.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

GIRONDA VERALDI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
a seguito della legge di riforma n. 395 del 1990, il maresciallo maggiore di polizia penitenziaria ha assunto la denominazione di ispettore capo, con attribuzione del 7 livello retributivo;
successivamente si è creata la figura dell'ispettore superiore, collocato come stipendio al livello 7-bis;
agli ispettori superiori di polizia penitenziaria, con decreto legislativo n. 53 del 28 febbraio 2001, articolo 31-quater e decreto legislativo 28 febbraio 2001 n. 76, articolo 21, è stata aggiunta la denominazione di «sostituto commissario», con il riconoscimento di due ulteriori scatti retributivi;
l'articolo 31-quater comma 6 decreto legislativo n. 53 del 2001 prevede esplicitamente che «agli ispettori superiori ufficiali di Pubblica Sicurezza "sostituti commissari" possono essere attribuite, nell'ambito delle funzioni di cui all'articolo 26, comma 5, le funzioni di vice dirigente di uffici o unità organiche in cui, oltre al funzionario preposto, non vi siano altri funzionari del ruolo dei commissari o del ruolo direttivo speciale»;
il ruolo direttivo delle forze di polizia inizia con il 7 livello retributivo -:
come mai gli ispettori superiori - sostituti commissari, pur essendo chiamati di fatto a svolgere compiti di funzionario e pur nel godimento del medesimo trattamento retributivo, sul piano giuridico se ne vedano poi negata l'attribuzione.
(4-01528)

Risposta. - Le procedure per l'attribuzione agli ispettori superiori di polizia penitenziaria degli scatti aggiuntivi, ai sensi dell'articolo 21, comma 1, del decreto legislativo 28 febbraio 2001, n. 76, sono attualmente in corso.
Conseguentemente gli ispettori superiori assumeranno anche la denominazione di «sostituto commissario». Ma ai sensi dell'articolo 15, comma 5 del citato decreto «le modalità di svolgimento della selezione di cui al comma 1, il numero degli ispettori superiori "sostituti commissari" da individuare annualmente, la composizione della commissione esaminatrice, i titoli valutabili, nonché i punteggi da attribuire a ciascuno di essi e la specificità delle mansioni da attribuire ai predetti ispettori superiori "sostituti commissari" sono stabiliti con decreto del Ministro della giustizia». Tale decreto ministeriale è, allo stato, in fase di predisposizione.
Peraltro, si evidenzia che il decreto legislativo 28 febbraio 2001, n. 53, recante «Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 197,


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in materia di riordino delle carriere del personale non direttivo della polizia di Stato», si riferisce esclusivamente al personale della polizia di Stato.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

GIULIETTI e STRAMACCIONI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'Anas ha previsto per l'anno 2000-2001 una serie di interventi sulla viabilità in Umbria pubblicati in Gazzetta Ufficiale e identificati con le sigle: PG/70/00 Gazzetta Ufficiale n. 295 del 19 dicembre 2000; PG/68/00 Gazzetta Ufficiale del 19 dicembre 2000; PG/69/00 Gazzetta Ufficiale n. 295 del 19 dicembre 2000; PG/55/00 Gazzetta Ufficiale n. 293 del 16 dicembre 2000;
per i lavori di cui sopra sono in corso le analisi delle offerte anomale pervenute e/o l'apertura delle buste;
i tempi di verifica erano previsti entro lo scorso ottobre 2001;
inoltre, dallo schema inviatomi dalla Regione dell'Umbria e dalla stessa ricevuto dall'Anas compartimentale di Perugia non risulta traccia del lavoro già finanziato per lo svincolo di Ospedalicchio di Bastia -:
entro quali tempi si conosceranno le risultanze sulla valutazione delle offerte anomale, se i lavori dello svincolo di Ospedalicchio di Bastia verranno confermati;
se siano previsti in materia di viabilità finanziamenti aggiuntivi per nuovi interventi anche nella nuova finanziaria, ed in particolare per la strada statale della Val di Chienti.
(4-01374)

Risposta. - L'Ente nazionale per le strade, interessato al riguardo, ha riferito in ordine allo stato delle procedure concorsuali afferenti i seguenti interventi:
a) PG 55/00: raccordo autostradale «Civitavecchia-Rieti» tratto: Terni-Moggio - lotto 3o: dalla strada comunale San Lorenzo alla Strada statale n. 3 «Flaminia». Il 7 settembre 2001 è stata esperita la terza fase della gara d'appalto riguardante lo offerte economiche. Attualmente è in corso l'istruttoria relativa alla valutazione delle 11 offerte risultate anomale;
b) PG 68/00: strada statale n. 3 «Flaminia» - tronco Foligno-Osteria del Gatto - lotto 5o: dallo svincolo di Gaifana allo svincolo di Gualdo Tadino. Il 23 ottobre 2001 è stata esperita la terza fase della gara di appalto riguardante le offerte economiche. Attualmente è in corso l'istruttoria relativa alla valutazione delle 11 offerte risultate anomale;
c) PC 69/00: strada statale n. 3 «Flaminia» tronco: Foligno-Osteria del Gatto - Lotto 6o: dallo svincolo di Gualdo Tadino allo svincolo di Osteria del Gatto compreso il raccordo con la strada statale 76. Il 24 ottobre 2001 è stata esperita la terza fase della gara d'appalto riguardante le offerte economiche. È in corso l'istruttoria relativa alla valutazione delle 12 offerte anomale;
d) PG 70/00: strada statale 3 «Flaminia» Tronco: Foligno-Osteria del Gatto Lotto 4/b - 2o stralcio: dal km. l77+500 (Parrano) al km. 180+280 (Gaifana). Il 4 ottobre 2001 è stata esperita la terza fase della gara d'appalto riguardante le offerte economiche. Attualmente è in corso la valutazione delle 13 offerte risultate anomale.

L'Ente stradale fa presente che la fase di valutazione dell'anomalia dell'offerta costituisce procedura complessa, sulla quale ora possono riflettersi le conseguenze della recente sentenza della Corte di Giustizia Europea. Tuttavia, le competenti strutture dell'Ente medesimo stanno compiendo ogni sforzo per addivenire alla conclusione delle procedure in corso, pur nel pieno rispetto delle norme.
L'ANAS comunica, inoltre, che è stato aggiudicato in via provvisoria l'intervento contrassegnato dalla sigla
PG 91/00: Strada statale n. 75 «Centrale Umbra» - Lavori di adeguamento della piattaforma stradale al tipo III norme CNR dal km. 0+000 al


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km. 0+630 e dal km. 1+875 al km. 4+025 (svincolo di Ospidaletto di Bastia).
L'appalto dei lavori è stato aggiudicato, con disposizione n. 8656 del 12 febbraio 2002, all'impresa Olivieri Costruzioni srl. La consegna dei lavori è avvenuta in data 27 marzo 2002.
Per quanto riguarda la Strada statale n. 77 «della Val di Chienti», l'Ente stradale informa che la progettazione preliminare è terminata ed attualmente il relativo progetto è all'esame delle competenti amministrazioni regionali (Marche e Umbria) per il relativo parere.
La realizzazione dell'ammodernamento di che trattasi è inserita tra le infrastrutture della «Legge obiettivo» nell'ambito dell'asse viario Marche-Umbria e quadrilatero di penetrazione interna.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

IANNUCCILLI. - Al Ministro della difesa, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il Ministero della difesa, Direzione Generale del commissariato e dei Servizi Generali, ha attivato una procedura comunitaria ristretta per l'affidamento dei servizi di pulizia degli Enti della Difesa per l'importo complessivo annuo di lire 186.100.000.000 oltre Iva;
nella indicata licitazione privata sono stati accorpati tutti gli Organismi Militari nazionali in due soli Lotti: 369 Enti dell'Area Nord (lotto n. 1) e 267 dell'area Centro-Sud (lotto n. 2);
tale gara, all'articolo 9, riserva esclusivamente la partecipazione alle imprese che abbiano realizzato, negli ultimi tre esercizi, un fatturato medio di 51.645.689 euro (per il II lotto) o di 44.466.939 euro (per il I lotto);
tale requisito economico è posseduto unicamente da pochissime e note società di settore, impedendo di fatto a tutte le imprese del Mezzogiorno d'Italia ed a tutte le piccole e medie imprese d'Italia di poter partecipare;
l'ingiustificato accorpamento di oltre 600 enti in due soli lotti, contraddicendo l'organizzazione decentrata del servizio sino ad oggi realizzata con proficui risultati gestionali, amministrativi, organizzativi ed economici, determinerà il fallimento della maggior parte delle aziende che, oggi, erogano le medesime prestazioni di pulizia per numerosi organismi, unici o, comunque, determinanti committenti;
l'espletamento della indicata gara, oltre ad impedire alla Pmi di concorrere in condizioni di pari opportunità ad una procedura ad evidenza pubblica, produrrà gravissimi pregiudizi occupazionali, atteso che, se per effetto dell'articolo 4 del contratto collettivo nazionale del lavoro di categoria, sussistendone i presupposti, verranno tutelati i lavoratori attualmente occupati nell'espletamento diretto del servizio (grazie al cosiddetto «passaggio di cantiere»), nessuna salvaguardia verrà offerta alle restanti centinaia di unità di lavoratori delle società uscenti (amministrativi, impiegati, dirigenti, operai impegnati fuori dai cantieri, eccetera), il cui ruolo verrà di fatto cancellato ed i cui costi non potranno più essere sopportati dai datori di lavoro (ove mai questi ultimi riuscissero a «sopravvivere» all'abbattimento o all'azzeramento delle commesse);
sotto altro profilo, come rappresentato all'interrogante da numerosi imprenditori, il menzionato bando presenta plurime «incongruenze», tant'è che lo stesso è stato impugnato innanzi al Tar Lazio;
a prescindere dalla valutazione giudiziale, non può esimersi dall'evidenziare la abnormità di talune inesattezze, quali, tra quelle rappresentate allo scrivente, la inesatta conversione in euro del valore presunto annuo (lire 186.000.000 sono pari a 96.112.628,92 euro e non agli indicati 96.110.000 euro), e l'esigenza di una maggiore attenzione nella previsione della lex specialis;


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la indicazione dei requisiti di gara, posseduti da due, forse, tre società di settore in tutto il Paese, si pone in contrasto con i principi istituzionali tesi a garantire la più ampia e corretta partecipazione dei soggetti alle gare pubbliche, a favorire l'iniziativa economica ed a tutelare l'effettiva concorrenza del mercato al fine di impedire la formazione di posizioni oligopolistiche o di controllo;
in egual modo, enorme è il pregiudizio sofferto dal Mezzogiorno (che nel 2000 ha registrato un tasso di disoccupazione del 21 per cento, doppio rispetto alla media nazionale, quadruplo rispetto a quella del nord d'Italia), le cui imprese, di fatto, non sono poste in condizione di partecipare ad una fondamentale opportunità di lavoro, in contraddizione con quanto previsto dal programma di Governo teso ad agevolare l'iniziativa economica nel Mezzogiorno, a finanziarne l'imprenditorialità e a favorire l'occupazione;
l'impellente necessità di combattere la disoccupazione è uno degli obiettivi fondamentali del programma di Governo e si pone in perfetta sintonia con l'esigenza dei Ministri della difesa e del lavoro, sempre sensibili nel salvaguardare i cittadini ed il paese da qualsivoglia circostanza che attenti ai diritti inviolabili della persona;
poiché il termine ultimo entro cui inviare le domande di partecipazione alla «atipica» gara in esame è già elasso e la procedura di gara sta per completarsi, è necessario un intervento immediato onde evitare che i paventati effetti possano irreversibilmente prodursi, a danno di cittadini, lavoratori, imprenditori e quindi dell'economia e della politica sociale del nostro Paese -:
se ed in che modo intendano garantire la partecipazione, in condizioni di pari opportunità, anche alle piccole e medie imprese italiane;
se intendano procedere ad una ripartizione decentrata o, comunque, in più lotti, con conseguente diminuzione dell'importo a base d'asta e modifica dei requisiti di partecipazione;
in che modo intendano tutelare i lavoratori e le imprese uscenti che vedranno falcidiate le commesse, con definitiva estromissione dal mercato;
quali provvedimenti intendano assumere per garantire la più opportuna definizione della questione sopra descritta.
(4-02045)

Risposta. - Le questioni sollevate dall'interrogante si riferiscono ad una gara d'appalto a licitazione privata in ambito U.E. (Unione europea), con procedura ristretta, per l'affidamento del servizio di pulizia di locali presso enti della Difesa dislocati sul territorio nazionale. La gara è divisa in due lotti:
a) uno, relativo a circa 380 enti dell'area nord, per un importo complessivo annuo di circa 44.466.939 euro (circa 86 miliardi lire), IVA esclusa;
b) l'altro, relativo a circa 270 enti dell'area centro-sud, per un importo complessivo annuo di circa euro 51.645.689 (circa 100 miliardi di lire), IVA esclusa.

Fra i requisiti per l'ammissione alla gara, il bando richiede che le imprese o raggruppamenti di imprese interessati abbiano realizzato, come media degli ultimi tre esercizi finanziari, un fatturato non inferiore a quello annuo presunto del lotto o dei lotti per i quali viene presentata domanda di partecipazione.
Ciò premesso, con riferimento alle questioni poste con l'interrogazione si sottolinea che da tempo la Difesa persegue una politica di «macrocontratti» che, sino ad ora, sono stati posti in essere con la formula del «decentramento controllato».
Ciò ha consentito di realizzare un rilevante risparmio di spesa. Infatti, solo con lo strumento del «macrocontratto» un'organizzazione imprenditoriale (impresa singola e raggruppamento di imprese) è in grado di fornire riscontri positivi in termini di resa e di crescita nelle capacità tecnico-funzionali.


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Peraltro, tale linea contrattuale è stata sancita sin dall'anno 2000 da direttive ministeriali, che prevedono di:
a) concentrare in unici lotti il maggior numero di infrastrutture per la resa dello stesso tipo di servizio;
b) stipulare, ove possibile e conveniente, contratti di servizio concentrati per aree geografiche o per materia.

Pertanto, l'inglobamento di un'unica gara di servizi a favore di numerosi enti dislocati in ampie aree geografiche è stato già sperimentato senza che si siano verificate significative difficoltà. Il sistema ha sempre dato risultati allorquando i comandi interessati hanno esercitato una puntuale azione di controllo sull'operato delle imprese ed hanno applicato puntualmente le penalità previste in presenza di violazione delle norme contrattuali.
In tale quadro, nel corso dell'anno 2001 sono giunti a scadenza, senza possibilità di rinnovo, numerosi vecchi contratti stipulati nel passato ad un costo nettamente superiore a quello medio spuntato col «decentramento controllato». Si è reso quindi necessario avviare sia le procedure di gara per assicurare i servizi inseriti nei cennati contratti, sia quelle per assicurare
ex novo, su richiesta delle Forze armate, servizi analoghi.
In presenza di tali numerose esigenze sono sorte difficoltà di coordinamento che hanno portato a riconsiderare la procedura del «decentramento controllato».
Pertanto, per evitare il ritorno a disfunzionali decentramenti a «pioggia» o al ricorso improprio a proroghe di vecchi e costosi contratti, si è ritenuto necessario riaccentrare le procedure. Solo così è stato possibile mantenere i capisaldi del «decentramento controllato» e, contestualmente, perfezionare le condizioni contrattuali prestando particolare attenzione alle clausole che mirano a garantire il mantenimento dei posti di lavoro, nel cosiddetto «passaggio di cantiere».
In coerenza con la
policy dei macrocontratti di cui si è accennato, è stato quindi deciso di soddisfare l'esigenza di una gestione accentrata con la gara in argomento, dove la richiesta di un fatturato adeguato per partecipare alla gara è stata una conseguenza della scelta strategica di rivolgersi a grandi organizzazioni imprenditoriali.
La risposta del mercato è stata consistente. Ben 66 imprese - da sole o in raggruppamento - hanno presentato domanda di partecipazione, fugando ogni preoccupazione circa le limitazioni della concorrenza dovuta a soglie troppo alte di capacità finanziaria od economica.
Riguardo, poi, ai paventati pregiudizi occupazionali, nel ricordare che l'Amministrazione è prioritariamente chiamata ad impiegare nel modo più proficuo le risorse destinate in bilancio per la difesa nazionale, si sottolinea che la politica seguita dalla Difesa di «esternalizzare» i servizi, prima svolti dai militari, ha determinato un aumento della spesa pubblica nel particolare settore, che ha complessivamente ricevuto un netto impulso alla crescita.
Un'idea degli incrementi complessivi dei servizi di pulizia, unitamente a quelli similari di ristorazione e
catering, può essere dedotta dalle risorse impegnate:
163 miliardi di lire nel 1998, 255 miliardi di lire nel 1999, 306 miliardi di lire nel 2000, 417 miliardi di lire nel 2001 e 230 milioni di euro nel 2002.

Le positive ricadute occupazionali globali risultano, dunque, importanti tanto da far ritenere sopportabili e riassorbibili dal sistema economico complessivo gli inevitabili «aggiustamenti» delle ridondanze locali, non più compatibili con la riorganizzazione e la razionalizzazione del settore.
Peraltro, con riferimento alla tutela dei lavoratori, pare utile riportare integralmente la clausola contrattuale posta a tutela del mantenimento dei posti di lavoro di cui si è fatto cenno in precedenza.
Si cita testualmente: «L'impresa aggiudicataria è obbligata al rispetto integrale delle disposizioni di parte economica e normativa contenute nei contratti collettivi nazionali di settore e a rispettare il costo orario indicato nelle tabelle previste dal decreto ministeriale 7 novembre 2001, si


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impegna ad ottemperare a tutti gli obblighi di legge e di contratto, relativi alla protezione del lavoro ed alla tutela dei lavoratori ed in particolare modo a quelli della previdenza sociale (invalidità, vecchiaia e disoccupazione, tubercolosi, infortuni e malattie) ed a quegli obblighi che trovano la loro origine in contratto collettivo e prevedono, a favore dei lavoratori, diritti derivanti dal pagamento di contributi da parte dei datori di lavoro, per assegni familiari, indennità ai richiamati alle armi, eccetera.
L'impresa si obbliga a praticare verso i dipendenti lavoratori condizioni normative o retributive non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro applicabili, alla data del contratto, alla categoria e nella località in cui si svolgono le prestazioni nonché le successive integrazioni e modifiche. Resta convenuto che nell'arco di tempo interessante l'esecuzione del contratto fino cioè al momento del pagamento del saldo, qualora l'impresa venisse denunciata dal competente ispettorato del lavoro per inadempienza ai predetti obblighi, l'amministrazione della difesa opererà una ritenuta cautelativa fino al 20 per cento dell'importo contrattuale.
Gli obblighi relativi ai contratti collettivi di lavoro di cui sopra vincolano l'impresa anche nel caso in cui non aderisca alle associazioni stipulanti o receda da esse per tutto il periodo del contratto.
L'impresa, inoltre, è tenuta a mantenere per almeno tre mesi lo stesso personale che già opera presso la medesima struttura oggetto del servizio, all'atto del passaggio del cantiere. Non ricorre questo obbligo per il personale eventualmente assunto dopo la data di espletamento della gara.
L'impresa, o il raggruppamento di imprese, aggiudicataria si impegna ad assumere manodopera iscritta presso l'ufficio di collocamento nella cui circoscrizione ha sede l'ente fruitore del servizio e, inoltre, ad attenersi alle norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili previste dalla legge 12 marzo 1999, n. 68.
Si aggiunge, in ultimo, che le vertenze giudiziarie scaturite dal bando di gara sono un'ennesima conferma della complessità e dell'alta conflittualità con le ditte che caratterizza il settore.
Tali contenziosi, che vengono trattati nelle sedi competenti, sono ancora lontani dalla conclusione. Essi, tuttavia, non riguardano la lieve discordanza fra il valore contrattuale presunto in lire e quello in euro fatto rilevare dall'interrogante.
In relazione a quanto precede, si ritiene che la validità dei principi e dei criteri in base ai quali è stata indetta la gara di cui trattasi sia ampiamente confermata, fatti salvi gli aggiustamenti che gli sviluppi del procedimento amministrativo ancora in itinere renderanno, eventualmente, necessari.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

JANNONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il traffico che quotidianamente grava sulla strada statale 42, denominata «Del Tonale e Della Mendola», unico collegamento viario di una serie di Comuni della Valle Cavallina (zona che collega la provincia di Bergamo con quella di Brescia), risulta essere attestato intorno alle 50 mila unità, rappresentando uno dei tratti stradali più trafficati ed importanti dell'intera regione Lombardia;
ad un flusso di traffico, sia leggero che pesante, già intenso durante tutto l'arco della giornata - con punte negli orari di apertura e chiusura di scuole, fabbriche ed uffici - si aggiunge anche il traffico turistico, verso le località montane della Val Camonica e del Lago d'Iseo, con picchi insostenibili che si registrano, in particolare, durante il fine settimana e la stagione estiva;
l'elevato livello raggiunto dal flusso viabilistico è concausa di un numero notevolissimo di incidenti stradali annui, con un conseguente pesantissimo bilancio in termine di perdite di vite umane, di feriti e di relativi costi sociali;


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a fronte della situazione, risultano ovvie le ripercussioni sulla qualità della vita degli abitanti dei paesi che insistono sul tracciato della succitata strada statale 42, i quali, oltre a sopportare un carico eccessivo di inquinamento acustico ed atmosferico, convivono giornalmente con il rischio di incidenti;
le pessime condizioni di viabilità, non solo si ripercuotono gravemente sulla salute e la vita della popolazione locale, ma compromettono anche la ripresa economica della zona, creando notevoli danni agli insediamenti produttivi ed alla attività turistica, dal momento che molti imprenditori, a causa dei trasporti difficili ed onerosi, preferiscono collocare altrove la sede delle loro attività, penalizzando in tal modo i lavoratori locali e creando seri problemi occupazionali;
essendo nota la pericolosità e l'inadeguatezza del tratto stradale in oggetto, la provincia di Bergamo aveva predisposto, negli anni scorsi, il progetto preliminare dell'intero tracciato di variante della strada statale 42, da Albano Sant'Alessandro a Pianico in quattro lotti intermedi;
nonostante l'Anas avesse inserito il relativo progetto nel programma triennale 1997-1999, prevedendo un finanziamento di 17 miliardi per la variante del primo lotto da Albano Sant'Alessandro ad Entratico, non è stato possibile dare inizio ai lavori;
il mancato avvio dei cantieri ha creato sconcerto tra gli abitanti e gli amministratori locali, che da anni conducono battaglie per promuovere la realizzazione della strada anche attraverso una petizione che ha raccolto, due anni or sono, oltre 10 mila firme, e addirittura con una manifestazione annuale sui bordi della strada statale 42, nel comune di Spinone al Lago, con la quale si richiama l'attenzione sullo stato dell'iter burocratico e sulla tempificazione dell'opera;
pur essendo stati, negli ultimi anni, Anas, regione Lombardia e amministrazioni locali consapevoli, sia dell'inadeguatezza strutturale della strada statale 42, sia dell'importanza prioritaria che il progetto riveste nell'ambito di una redifinizione della rete viabilistica lombarda, impedimenti burocratici hanno impedito a tutt'oggi la conclusione della fase progettuale, ritardano l'avvio dell'opera;
l'intollerabilità e l'inadeguatezza della situazione della strada statale 42 si contestualizza nella già critica situazione della viabilità bergamasca, gravata da una cronica mancanza di infrastrutture viarie e da una linea ferroviaria storicamente inadeguata, criticità che di fatto penalizza pesantemente l'economia del settore dei trasporti su gomma ed il comparto produttivo nel suo complesso -:
quali misure intenda adottare per risolvere i gravi problemi in premessa e se provvedimenti in tal senso siano attualmente allo studio, attesa l'incidenza e la rilevanza delle problematiche suesposte in relazione alla sicurezza delle migliaia di automobilisti interessati, all'economia del trasporto su gomma, ai margini di competitività delle aziende coinvolte, alla sicurezza degli utenti, ai costi umani e sociali dei sinistri ed in generale alla qualità di vita di tutti i cittadini che vivono in paesi che insistono sul tracciato della strada statale 42.
(4-02133)

Risposta. - Il progetto della variante di Albano S. Alessandro, (strada statale n. 42) risultava in origine inserito nel piano triennale 1997-1999 tra gli interventi in area nazionale cofinanziati o finanziati con risorse nazionali.
Il citato piano non è stato finanziato nella sua interezza e, conseguentemente, parte degli interventi previsti, tra cui anche quello segnalato dall'interrogante, non hanno avuto la copertura finanziaria necessaria per la loro realizzazione.
L'ente stradale riferisce che l'intervento di che trattasi non risulta inserito nella successiva programmazione, né negli interventi oggetto dell'accordo di programma quadro per la riqualificazione e potenziamento del sistema autostradale e della grande viabilità della regione Lombardia,


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sottoscritto nell'aprile 2000, con il quale la regione ha definito anche il quadro programmatico degli interventi sulla viabilità statale nell'ambito della razionalizzazione e riorganizzazione della mobilità di livello primario per il periodo 2000-2005.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

LUCIDI e PISA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il piano di mobilità del personale di polizia penitenziaria, di recente pubblicazione, riguardante l'interpello ordinario per l'anno 2000, ha sostanzialmente confermato una tendenza del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, già d'altro canto rilevata negli anni scorsi, a non tenere in adeguata considerazione le istanze e i problemi delle donne appartenenti allo stesso corpo della polizia penitenziaria;
ancora oggi, infatti, le lavoratrici in questione nonostante siano state inserite a pieno titolo nelle primissime posizioni della graduatoria definitiva della mobilità a domanda non sono state poste in regime di effettiva trasferibilità;
tale stato di cose le rende, nei fatti, «ostaggi» di un sistema contorto e di sapore vagamente discriminatorio, interamente basato sulla unica utilizzazione del personale maschile neo assunto, impiegato nella sostituzione di quello posto in mobilità;
il criterio adottato, considerata la acclarata assenza di assunzioni di personale femminile, finisce per penalizzare gravemente tutte quelle poliziotte che comunque hanno maturato da anni prima il diritto di essere trasferite;
inoltre esiste per queste lavoratrici anche il rischio di vedersi preclusa ogni possibilità di ottenere un trasferimento anche negli anni a venire -:
se il Ministro interrogato non ritenga di dover intervenire perché il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria chiarisca, una volta per tutte, quali sono i casi in cui non è oggettivamente possibile assegnare personale maschile in sostituzione di quello femminile;
quali provvedimenti il Ministro intenda adottare per sbloccare con un intervento tempestivo e risolutore una situazione che oramai da troppo tempo pesa sulle donne appartenenti al corpo di Polizia penitenziaria e sulle loro famiglie.
(4-02090)

Risposta. - Si fa presente che l'assenza di nuove immissioni in ruolo di agenti di polizia penitenziaria femminile non consente, allo stato, di poter procedere ai trasferimenti a domanda in base ad interpello ordinario.
In ogni caso, è intenzione del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria procedere ad un limitato piano di mobilità del personale femminile di polizia penitenziaria, attualmente allo studio della competente direzione generale.
Si evidenzia, infine, che le vigenti disposizioni normative non consentono l'assegnazione di personale maschile al posto di quello femminile - e viceversa - in nessun ruolo.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

LUSETTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la strada che collega la città di Pesaro con il Comune di Gabicce è una strada statale denominata SS 423;
nei pressi del bivio per Casteldimezzo la suddetta strada si articola in una curva pericolosa detta «il curvone della Siligata»;
nella strada suddetta si assiste ad un traffico intenso, soprattutto quando avviene


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un vero e proprio esodo verso la Romagna da parte dei giovani;
nel suddetto curvone automobili, motociclette e autoarticolati scivolano fuori strada frequentemente con conseguenze spesso mortali per i conducenti;
numerose associazioni ed istituzioni si sono mobilitate denunciando la gravità della situazione sovraesposta quali ad esempio la Circoscrizione del S. Bartolo, il Motoclub delle Siligate nonché gli abitanti del luogo;
in numerosi punti della strada di cui sopra vi sono forti carenze nella segnaletica stradale, con particolare riferimento alle strisce sull'asfalto -:
quali provvedimenti intenda adottare il ministro interrogato affinché l'ANAS ponga rimedio alla situazione citata in premessa;
se non sia il caso di provvedere ad adeguare il manto stradale, nonché la relativa segnaletica, e a realizzare inoltre un sistema di rotatoria capace di prevenire i gravi incidenti citati in premessa;
quali altre iniziative intenda porre in essere il ministro interrogato per garantire, nella strada di cui alla premessa, standard di elevata sicurezza che rallentino la velocità e garantiscano l'incolumità di abitanti ed automobilisti.
(4-01867)

Risposta. - L'Ente Nazionale per le Strade, interessato al riguardo, fa presente che il tratto di strada cui fa riferimento l'interrogante è situato lungo la strada statale n. 16 «Adriatica», esattamente al km 230+000 tra Pesaro e Gabicce, e non sulla statale 423.
Tale tratto si sviluppa in curva ad ampio raggio ed è costituito da una carreggiata a quattro corsie, due per ogni senso di marcia, separate da doppia striscia continua. A causa dell'andamento piano altimetrico in curva ed in salita verso Gabicce, il tratto è sottoposto al limite di velocità di 50 km/h.
La pavimentazione è costituita da conglomerato bituminoso per tappeto di usura con inerti di durezza adeguata ai volumi di traffico ed ai pesi in transito sull'arteria.
L'ente stradale riferisce che sono stati, inoltre, eseguiti recentemente i test
anti-skid per l'accertamento dei valori di aderenza, risultati conformi alle norme. Per l'anno 2002 è previsto il rifacimento del manto di usura che verrà eseguito del tipo split-mastik di elevata aderenza. La segnaletica sia orizzontale che verticale risulta in ottimo stato di efficienza.
Per quanto attiene agli incidenti stradali, l'ANAS rappresenta che gli stessi sono da attribuirsi piuttosto alla condotta di guida, poco rispettosa della segnaletica e delle norme di comportamento, con frequente superamento della velocità consentita e con traiettorie spesso in contrasto con la segnaletica esistente.
Per completezza di informazione l'ente stradale comunica, infine, che sono in corso le verifiche per l'accertamento delle condizioni di realizzazione di una rotatoria.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

MANTINI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
risulterebbe confermata l'intenzione di realizzare un terzo tunnel nel Gran Sasso d'Italia allo scopo di migliorare la sicurezza del laboratorio di Fisica;
tale opera avrebbe costi ingenti ed un notevole e grave impatto ambientale, in specie sotto il profilo della dispersione delle risorse idriche;
sussiste un fondato stato di preoccupazione da parte delle popolazioni e dei comuni più direttamente interessati anche a causa dell'assenza di adeguate informazioni -:
se il Governo intenda procedere nella realizzazione del terzo tunnel del Gran Sasso;
se siano state valutate le alternative ai fini degli standard di sicurezza;


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in quale fase del procedimento e del progetto si versi al momento attuale;
come si intendano garantire l'informazione e la partecipazione alle scelte da parte delle popolazioni locali.
(4-01714)

Risposta. - Si fa presente che la realizzazione del terzo traforo e le due stanze aggiuntive è stata prevista dalla legge 29 novembre 1990, n. 366 recante norme per il: «Completamento ed adeguamento delle Strutture del laboratorio di fisica nucleare del Gran Sasso» ed in virtù della quale l'ANAS è stata autorizzata a progettare il definitivo completamento del laboratorio di fisica nucleare del Gran Sasso d'Italia relativamente alle seguenti opere:
a) due nuove sale laboratorio sotterrane;
b) una galleria carrabile di accesso e servizio per il collegamento autonomo del laboratorio in sotterraneo con l'esterno sul versante aquilano, ivi compresi la corsia di attesa, le nicchie ospitanti il monitoraggio ambientale e gli eventuali cunicoli di emergenza;
c) l'ampliamento e l'adeguamento del centro direzionale laboratorio esterno, nell'area adiacente il fabbricato esistente, nonché il suo allaccio alla galleria di collegamento con il laboratorio sotterraneo.

La legge ha previsto altresì:
a) il miglioramento ed il restauro, da parte dell'ANAS, dell'ambiente delle zone interessate dalle opere da realizzarsi, nonché di quelle interessate dai lavori già eseguiti per il traforo autostradale e le sale già esistenti;
b) la rimozione da parte dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) delle strutture alle pendici del Monte Aquila ed il ripristino dello stato dei luoghi;
c) la costituzione di un consorzio per l'approntamento di una rete di rilevamento e controllo ambientale della regione del Gran Sasso, da consegnare dopo cinque anni, ai servizi tecnici dello Stato;
d) la creazione di un Museo della Fisica e dell'Astrofisica a Teramo.

Il progetto (di massima) per la realizzazione di dette opere, finanziato dalla legge di cui sopra, per un importo di lire 110 miliardi, è stato sottoposto alla prescritta procedura di valutazione d'impatto ambientale dal competente ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il ministero per i beni e le attività culturali, che con provvedimento in data 20 maggio 1992, registrato il 12 agosto 1992, si è favorevolmente pronunciato, con prescrizioni.
Successivamente, l'articolo 1, comma 1, delle legge 21 dicembre 2001, n. 443, cosiddetta «legge obiettivo» ha individuato, tra le opere ritenute strategiche per lo sviluppo del Paese, quella in questione, prevedendo un aumento del finanziamento originario sino all'importo complessivo di lire 124,5 miliardi.
Per quanto riguarda la valutazione di eventuali alternative progettuali ai fini degli
standard di sicurezza, si rappresenta che le soluzioni prospettate dall'ente Parco e riassunte nel corso della Conferenza dei servizi del 21 gennaio 2002 dall'ANAS, costituenti in particolare l'alternativa alla realizzazione del tunnel di servizio, sottoposte ad una verifica tecnico-amministrativa, non sono state ritenute rispondenti ai requisiti di cui alla legge 366 del 1990, ed in ogni caso, impraticabili. Nello specifico:
a) allargamento della galleria di sinistra. La soluzione non corrisponde a quanto previsto dalla legge n. 366 del 1990, in quanto non è rispettata la realizzazione della strada per i laboratori e lascia inalterati tutti i rischi, oltre al notevole impatto;
b) svincolo ad «U» realizzato all'interno del traforo del Gran Sasso con l'ingresso attraverso una canna autostradale e l'uscita dall'altra. La proposta risulta effettivamente troppo impattante e non conforme al dettato della legge n. 366 del 1990;
c) continuazione della galleria utilizzata dal Ruzzo per convogliare le acque. L'opera avrebbe la giacitura al di sotto del piano stradale, in zona certamente satura di


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acque ed interferirebbe fortemente, pertanto, con il sistema dell'acquifero.
In ordine al terzo quesito posto dall'interrogante, e con particolare riguardo alla fase del procedimento in atto, si fa presente che, ai fini dell'articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 così come modificato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 383 del 1994, si è tenuta la seconda Conferenza di servizi in data 21 gennaio 2002. Per quanto riguarda, inoltre, il progetto in questione, si specifica che lo stesso è allo stadio di livello definitivo, conformemente a quanto prescritto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 383 del 1994, così come dettato dall'articolo 16 legge n. 109 del 1994 e successive modifiche ed integrazioni.
In merito, infine, a come si intenda garantire l'informazione e la partecipazione alle scelte da parte delle popolazioni locali, si evidenzia che il verbale della Conferenza di servizi verrà pubblicato, prima dell'emissione del provvedimento finale, sul sito Internet di questo Ministero www.infrastrutturetrasporti.it, conformemente a quanto stabilito dal comma 9 dell'articolo 14-
ter provvedimento finale, poiché trattasi di opere sottoposte a valutazione di impatto ambientale secondo quanto previsto dal comma 10 dello stesso articolo 14-ter legge n. 241 del 1990, dovrà essere pubblicato, a cura del proponente, unitamente all'estratto della predetta VIA, nella Gazzetta Ufficiale e in un quotidiano a diffusione nazionale.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

MARIOTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in località «Torre Sinello» di Vasto (Chieti) è ubicato un carcere circondariale che ospita più di 200 detenuti e vi lavorano circa 130 unità di polizia penitenziaria oltre al personale impiegatizio, sanitario eccetera;
la stampa regionale in più occasioni, negli ultimi tempi, si è occupata di detto carcere riportando lamentele sia dei detenuti che della polizia penitenziaria riguardo alla gestione dell'istituto penitenziario;
nella scorsa primavera si è svolta un'indagine a cura dell'amministrazione penitenziaria i cui risultati non sono noti;
le lamentele sono state inoltre raccolte dal sottoscritto in occasione di due visite fatte al carcere nei mesi di luglio e dicembre 2001 insieme a rappresentanti del consiglio regionale d'Abruzzo -:
se intenda adottare provvedimenti, nell'ipotesi affermativa al fine di riportare il giusto clima per una gestione corretta dell'istituto penitenziario.
(4-01860)

Risposta. - In occasione degli accertamenti ispettivi disposti dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria è stata rilevata, presso la casa circondariale di Vasto, una situazione gestionale problematica dovuta al grave stato di tensione instauratosi, all'interno dell'istituto, tra componenti del personale.
Per riportare la situazione dell'istituto alla normalità, la competente direzione generale del citato dipartimento ha trasferito, ad altra sede, sia il direttore che il comandante di reparto.
Ogni altra iniziativa, finalizzata ad assegnare alla direzione della casa circondariale di Vasto un nuovo funzionario, verrà intrapresa non appena possibile.
Nelle more la direzione è stata provvisoriamente assunta dal direttore della casa circondariale di Lanciano su disposizione del provveditore regionale di Pescara.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

MENIA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
è ormai acclarata l'importanza geo-strategica della provincia di Trieste, territorio di frontiera tra l'Europa occidentale e democratica e gli altri Paesi dell'Est europeo, all'interno dei quali, spesso, si


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annidano, si solidificano e si irradiano per tutto il vecchio continente numerosissime organizzazioni criminali, talvolta anche di tipo terroristico e fondamentalista;
v'è stata una forte impennata di persone detenute presso le carceri della regione Friuli-Venezia Giulia, tant'è che le locali case circondariali devono spesso chiedere continui sfollamenti di ristretti al fine di accogliere nuovi detenuti provenienti dalla libertà e il fenomeno è particolarmente significativo proprio presso la casa circondariale di Trieste, dove si assiste al paradosso della crescita esponenziale dei detenuti per un verso e della riduzione di personale della polizia penitenziaria per l'altro;
funziona un centro di servizio sociale per adulti dove operano un direttore coordinatore dei servizi sociali con altri sette assistenti coordinatori sociali, oltre a diversi dipendenti amministrativi, i cui compiti istituzionali attengono, essenzialmente, alla cosiddetta area penale esterna, funzione di importante rilievo che spesso consente di deflazionare il numero di possibili detenuti, in quanto attraverso le misure alternative alla pena detentiva non si insiste sulle strutture penitenziarie già così sovraffollate;
sono ben oltre duecento i casi di persone seguite dal centro in questione, con una media di oltre 30-35 casi seguiti da ogni assistente sociale, oltre che quelli che risultano essere ancora detenuti, talché i predetti operatori devono anche attivarsi per questi ultimi, partecipando alle attività di osservazione e trattamento in carcere, insieme con gli operatori penitenziari che ivi lavorano, per cui risulta evidente il carico di lavoro sostenuto il quale supera abbondantemente le risorse umane messe a disposizione -:
perché mai il recente decreto ministeriale del 23 ottobre 2001 non abbia contemplato, tra le sedi dirigenziali non generali, anche il centro di servizio sociale di Trieste, mentre invece sia stata prevista la dirigenza per tutti gli altri centri, servizi o istituti penitenziari del triveneto, nonostante che alcune realtà risultino avere complessità e carichi di lavoro non dissimili a quelli di Trieste (si pensi, ad esempio, ai centri di servizio sociale di Trento e Bolzano);
se non sia il caso di correggere, rettificandolo, con somma urgenza, il predetto decreto ministeriale, il quale, altrimenti, demotiverebbe un personale altamente qualificato e impegnato significativamente presso il predetto centro, ingiustamente e irragionevolmente penalizzato rispetto agli altri;
se non ritenga, comunque, di innalzare a sede dirigenziale, così come risulta essere già la direzione della casa circondariale, il predetto centro in considerazione del fatto che tra non molto altra struttura penitenziaria, destinata ai detenuti semiliberi e ammessi al lavoro all'esterno, nonché ulteriore sede di servizi penitenziari (archivi, laboratori, eccetera) si aggiungerà e dipenderà dal carcere, talché vi sarà necessariamente un maggiore carico di lavoro che si rifletterà sul centro di servizio sociale, deputato al mantenimento dei rapporti tra i detenuti e il contesto socio-ambientale-familiare e lavorativo esterno.
(4-02388)

Risposta. - Il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, in esecuzione a quanto previsto dall'articolo 2, commi 2 e 3 del decreto legislativo n. 146 del 21 maggio 2000, in virtù dell'aumento dei posti recati con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 aprile 2001, è giunto all'individuazione delle ulteriori sedi da elevare a livello dirigenziale non generale, basandosi sia sul bacino d'utenza che sul numero medio degli affidati in prova.
Tale procedura è stata condivisa dalla competente direzione generale che, valutati i carichi di lavoro, la complessità dei territori, il numero di unità dei vari profili professionali in carico a ciascun centro ha segnalato le sedi di servizio sociale da elevare a sede dirigenziale.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.


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MESSA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere:
se la società Autostrade sia effettivamente intenzionata ad acquisire l'autostrada del grande raccordo anulare (GRA), attualmente gestita dall'Anas (come risulta dalla rivista «Quattroruote», del gennaio 2002);
se non ritenga questa ipotesi impraticabile considerato che l'ente nazionale per le strade ha dato prova di essere in grado di gestire il grande raccordo anulare curandone l'ampliamento parziale a tre corsie e portando a termine i lavori del Giubileo nei tempi previsti;
se l'ipotesi di privatizzazione dell'autostrada non sia un tentativo per introdurvi forme di pedaggiamento dopo gli ingenti investimenti pubblici da parte della pubblica amministrazione;
se non ritenga che la stessa operazione sia portata avanti pure per quanto riguarda l'autostrada A/3 Salerno-Reggio Calabria, attualmente gestita dall'Anas;
se non ritenga opportuno evitare qualsiasi tentativo di privatizzazione delle due autostrade e di introduzione del pedaggio.
(4-01866)

Risposta. - L'Ente nazionale per le strade, interessato al riguardo, rappresenta che con decreti dell'ex ministero dei lavori pubblici n. 773/UT 2 ottobre 2000 e n. 314/UT 8 marzo 2001, è stata disposta la ripartizione delle risorse finanziarie, di cui alle leggi n. 295/98 e n. 388/00, finalizzate alla realizzazione degli interventi di adeguamento del sistema autostradale italiano, tra i quali quello del Grande Raccordo Anulare (Costruzione della terza corsia), nel tratto dal km.0+450 - Aurelia al km.18+800 - Flaminia, per un importo di Euro 186.440.940.
L'ANAS informa che sono attualmente in corso le procedure per l'aggiudicazione degli otto lotti in cui è suddiviso il completamento dell'opera.
In merito alla richiesta della Società Autostrade spa per l'affidamento della gestione del G.R.A., l'Ente stradale riferisce che tali ipotesi è attualmente priva di fondamento e che quanto riportato nell'articolo di stampa menzionato dalla SV. onorevole non è supportato da alcun riscontro oggettivo.
L'Ente medesimo fa presente, altresì, che anche un supposto affidamento in concessione dell'Autostrada A3 risulta privo di fondamento. Attualmente è in corso l'ammodernamento di detta autostrada ai fini del miglioramento della sicurezza e della fluidità della circolazione, mediante la costruzione di una terza corsia di marcia tra Salerno e Sicignano, nonché di una corsia di emergenza per tutto il tracciato.
L'ANAS riferisce, infine, che eventuali affidamenti in concessione di tratte autostradali dovranno essere sottoposti alla disciplina vigente in materia.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

MESSA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere:
se l'ANAS disponga di un numero verde che consenta all'utenza stradale di acquisire telefonicamente, e gratuitamente, le informazioni sulla viabilità statale;
in caso di risposta negativa, per quale motivo ancora non si sia proceduto alla sua istituzione;
quali iniziative intenda assumere per garantire questo particolare ed indispensabile servizio.
(4-01949)

Risposta. - L'ANAS - Ente nazionale per le strade - interessato al riguardo, riferisce che, dal dicembre 1999, è stato attivato il numero telefonico di pubblica utilità il 1518.
Il servizio 1518 è completamento gratuito e opera nell'ambito del CCISS (Centro di Coordinamento Informazioni sulla Sicurezza Stradale), garantendo, in tempo reale e ventiquattro ore su ventiquattro, informazioni continuamente aggiornate sulle condizioni di percorribilità e traffico relative


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alla totalità del sistema viario italiano. L'ANAS partecipa fattivamente all'espletamento del servizio, in collaborazione con operatori della polizia stradale, dei carabinieri, dell'ACI, dell'AISCAT, della Società Autostrade e della RAI.
L'arrivo tempestivo al servizio 1518 delle notizie da rendere disponibili agli utenti è assicurato dal monitoraggio della circolazione, eseguito con aerei ed elicotteri di polizia e carabinieri, dai frequenti collegamenti con le sale operative di polizia stradale, carabinieri, ANAS, AISCAT e Società Autostrade e da telecamere poste nei punti più delicati della rete autostradale. Inoltre, le informazioni affluiscono alla centrale anche via terminali, telefax e telefono.
Il servizio 1518, fornisce, come già detto, informazioni relative alla totalità del sistema viario italiano e si rivolge quindi alla generalità dell'utenza.
L'istituzione di un numero verde da parte dell'ANAS, così come auspicato dall'interrogante, garantirebbe informazioni su traffico e percorribilità limitatamente alla rete stradale di interesse nazionale su cui ha competenza (circa 16000 chilometri), con esclusione, quindi, della rimanente rete di interesse provinciale e comunale.
L'ANAS rappresenta, infine, di aver sempre considerato con la dovuta attenzione la necessità di garantire una tempestiva informazione sulla viabilità e da tempo ha realizzato diverse iniziative in tal senso su alcune tratte della rete viaria nazionale particolarmente critiche. Inoltre, sono attualmente allo studio diverse ipotesi migliorative dell'attuale servizio di informazione all'utenza stradale e autostradale.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

MIGLIORI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la naturale vocazione economica della montagna pistoiese è quella offerta turistica che risulta essere da sempre pesantemente condizionata dalle difficili condizioni in cui versano i collegamenti viari risalenti all'epoca granducale;
risulta urgente che, fuori da ogni propagandismo irrealista, la prossima legge finanziaria preveda precise risorse finanziarie finalizzate al riassetto funzionale ed all'ammodernamento della strada statale n. 12 e n. 66;
in particolare, risultano urgenti i lavori inerenti l'attraversamento del centro del comune di Abetone, spazi di sorpasso possibili, varianti di modeste entità alle curve, piazzole di sicurezza, area di sosta per gli autobus e veicoli pesanti, nonché camper, allargamenti alla sede stradale anche ai fini della raccolta dei rifiuti;
tali possibili interventi non rappresentano velleità faraoniche ma concreti accorgimenti che, rapidamente realizzati, migliorerebbero notevolmente tempi e qualità dei collegamenti viari della montagna pistoiese -:
quali concrete misure si intenda assumere in merito da parte del Governo ai fini di un nuovo, più sicuro e moderno, assetto della strada statale n. 12 e n. 66 nella montagna pistoiese.
(4-00740)

Risposta. - L'Ente nazionale per le strade ha comunicato che la sistemazione della strada statale 12 «dell'Abetone e del Brennero», nel tratto compreso tra i km 89+600 e 90+050, ricadente nel comune di Abetone, ha formato oggetto di apposita perizia.
La citata perizia che prevede l'eliminazione di una serie di curve e la realizzazione di alcune piazzole di sosta è stata esaminata dalla commissione consultiva compartimentale: nonostante attualmente le risorse dell'Ente stradale non consentano di finanziare i lavori in argomento, il ministero delle infrastrutture e dei trasporti assumerà l'impegno a reperire i finanziamenti necessari.
Per quanto riguarda la statale n. 66 «Pistoiese», l'Ente riferisce che tale arteria è stata trasferita alla regione Toscana, con verbale di consegna del 28 settembre 2001,


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e pertanto la programmazione degli eventuali interventi rientra nella competenza della regione citata.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

MILANESE e FASANO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
è diventato ormai cronico il disagio da parte di chi percorre la statale 163 dal momento che, con intervalli regolarissimi, vale a dire semplicemente alle prime piogge il trasporto pubblico e privato va in tilt, a seguito di chiusura di tratti stradali;
la 163 è l'unica via di collegamento tra Salerno e la Costa; nei periodi di chiusura si è costretti ad utilizzare la strada provinciale Chiunzi per raggiungere qualsiasi destinazione;
la suddetta Provinciale è notoriamente una strada irta di insidie dovute ad un cattivo stato di manutenzione in cui versa l'assetto viario della strada provinciale, ormai inadeguata a sopportare un traffico veicolare (non più di inizio secolo), che lo sviluppo turistico di località collinari come Ravello e Scala l'hanno consacrata arteria principale di collegamento;
le soluzioni tampone sono dettate soltanto da eventi contingenti, e tali devono rimanere, il problema resta quello della mancanza di una seria politica programmatica che guardi al territorio come da risorsa da difendere e valorizzare;
in questo senso la prevenzione degli incendi, la tutela del patrimonio boschivo, l'assetto idrogeologico sono interventi non più procrastinabili e non più da ritenersi eccezionali o straordinari, ma devono costituire un impegno e un dovere quotidiano da parte dell'amministrazione provinciale e della comunità montana -:
se e quali misure siano state adottate per fronteggiare l'emergenza e quali s'intendono intraprendere per ottenere i risultati più auspicabili nei confronti di un comprensorio d'importanza universale, che non a caso, è stato dichiarato patrimonio dell'UNESCO quale è la costiera amalfitana.
(4-01539)

Risposta. - L'Ente nazionale per le strade, interessato al riguardo, fa presente che la strada statale n. 163 «Amalfitana» rappresenta l'unico collegamento tra la costa sorrentina ed il litorale salernitano, con una conformazione planoaltimetrica fortemente condizionata dalla orografia del territorio.
L'Ente stradale riferisce, inoltre, che il tracciato stradale, esteso prevalentemente a mezza costa tra le pendici rocciose della penisola Sorrentino-Amalfitana, è spesso interessato da caduta di massi sul piano viabile provenienti dalle zone a monte della statale in occasione di condizioni atmosferiche particolarmente avverse e dello sviluppo di incendi.
A fronte di tale oggettivo stato di fatto, che incide sulle condizioni di percorribilità e sicurezza della strada in argomento, l'Ente ANAS, la cui competenza è ristretta alle operazioni necessarie al ripristino delle normali condizioni di sicurezza sulle opere stradali, informa di essere intervenuto e continua ad intervenire prontamente, con proprio personale e mezzi, per interdire al traffico i tratti stradali interessati dai suddetti fenomeni. Ciò allo scopo di ripristinare le condizioni di piena sicurezza e percorribilità del piano viabile ogni qualvolta si renda necessario.
Si fa presente, infine, che spetta invece alla competenza della regione Campania, settore difesa del suolo, e della comunità montana della costiera amalfitana l'adozione di interventi di manutenzione delle zone rocciose ed acclivi di natura boscosa, i cui dissesti idrogeologici sono la causa principale dei disagi sofferti dagli utenti della strada statale n. 163.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.


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NICOLOSI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nell'ambito della continuità assistenziale (ex guardia medica) notturna, festiva e turistica, vi è in tutte le regioni italiane una tale carenza di personale medico da indurre alcuni distretti sanitari di base a chiudere dei presidi;
tale situazione si aggrava nel periodo estivo quando, oltre ad assicurare la continuità nell'assistenza ai nostri concittadini, bisogna attivare i servizi di guardia medica turistica;
il disagio si è venuto a creare poiché dal 31 dicembre 1994 i nostri laureati in medicina e chirurgia non possono più accedere direttamente alle graduatorie regionali per la continuità assistenziale, ma devono, secondo i dettami europei della direttiva n. 93/16 e delle leggi italiane n. 256 del 1991 e n. 368 del 1999, prima frequentare il corso biennale di formazione specifica in medicina generale e successivamente, conseguito l'attestato, iscriversi alle graduatorie. Va precisato che una buona parte dei laureati oltre il 31 dicembre 1994 avendo conseguito un diploma di specializzazione a normativa CEE non può, ad oggi ed ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 368 del 1999, frequentare il corso biennale di formazione specifica e quindi rientrare in graduatoria;
esistono migliaia di giovani medici che laureatisi in medicina e chirurgia dopo il 31 dicembre 1994 ma iscrittisi alle facoltà prima del 31 dicembre 1991 (anno di promulgazione della legge n. 256 del 1991 che stabiliva l'obbligo del possesso dell'attestato del corso biennale di formazione specifica in medicina generale per potersi iscrivere alle graduatorie regionali per la continuità assistenziale) avevano la certezza che sarebbe bastato il conseguimento della laurea e la successiva abilitazione per potersi iscrivere alle suddette graduatorie regionali ma che invece per quanto detto ne rimangono esclusi, ciò al contrario dei colleghi laureati prima del 31 dicembre 1994 ed iscritti alle facoltà prima del 31 dicembre 1991 che grazie al decreto ministeriale del 15 dicembre 1994 (cosiddetto decreto Costa) si sono visti tutelato il diritto acquisito al momento dell'iscrizione -:
quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato affinché si possa porre fine alla grave carenza di personale medico da impiegare nella continuità assistenziale.
(4-02059)

Risposta. - Sulla problematica in questione, i competenti uffici del ministero individuano la soluzione nel disposto dell'articolo 19, comma 11, della Legge n. 448 del 2001, «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2002)».
Infatti, detto articolo 19, al comma 11, dispone che: «i laureati in medicina e chirurgia abilitati, anche durante la loro iscrizione ai corsi di specializzazione o ai corsi di formazione specifica in medicina generale, possono sostituire a tempo determinato medici di medicina generale convenzionati con il Servizio sanitario nazionale ed essere iscritti negli elenchi della guardia medica notturna e festiva e della guardia medica turistica ma occupati solo in caso di carente disponibilità di medici già iscritti negli elenchi della guardia medica notturna e festiva e della guardia medica turistica».
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

ONNIS. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
è intendimento dell'azienda Poste italiane procedere alla chiusura del centro di trasmissione telegrammi di Cagliari;
la decisione suscita viva preoccupazione tra coloro che vi lavorano e tutti i loro familiari che sarebbero chiamati ad affrontare enormi disagi in alcuno modo sostenibili;
la scelta adottata rappresenta l'ennesima tappa di un processo di smantellamento delle strutture produttive delle Poste


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Italiane in Sardegna: già nei mesi scorsi altri centri postali dell'isola (Postacelere - Nodo Rete - CUAS - ufficio Pacchi) sono stati oggetto di analoghi provvedimenti di chiusura -:
le sottese esigenze di ristrutturazione aziendale, miranti ad assicurare una sostanziale, progressiva, riduzione delle relative perdite, non paiono essere state adeguatamente ponderate in considerazione dell'attuale situazione economica ed occupazionale dell'isola che, rispetto ad altre regioni, certamente più avvantaggiate dal punto di vista economico, è estremamente precaria e verrebbe oltremodo acuita con il taglio di centinaia di posti di lavoro -:
se, considerate le forti preoccupazioni e le gravi conseguenze che il provvedimento di chiusura rischia di determinare, non ritengano di assumere senza indugio tutte le iniziative più opportune al fine di contrastare tale processo di smantellamento delle strutture produttive in Sardegna e garantire a coloro che vi lavorano la garanzia e la serenità della propria attività.
(4-01876)

Risposta. - Al riguardo, nel far presente che si risponde per incarico della Presidenza del Consiglio dei ministri, si ritiene opportuno far presente che, a seguito della trasformazione dell'ente Poste italiane in società per azioni, il Governo non ha il potere di sindacarne l'operato in merito alla gestione aziendale che, com'è noto, rientra nella competenza specifica degli organi statutari della società.
Nondimeno, al fine di disporre di elementi di valutazione in merito a quanto rappresentato dall'interrogante nell'atto parlamentare in esame, non si è mancato di interessare la predetta società la quale ha precisato che, nell'ambito del processo di riorganizzazione previsto dal piano di impresa 1998-2002, e degli impegni assunti con il contratto di programma, è stato già attuato o è in corso di realizzazione un radicale cambiamento nelle strutture aziendali, finalizzato a realizzare il risanamento ed il rilancio della società.
Nel contesto delle iniziative adottate a tali fini, la società ha proceduto all'analisi e alla valutazione delle proprie realtà operative per individuare quelle più rispondenti agli obiettivi fissati.
È stato, pertanto, adottato un nuovo modello di organizzazione della rete, nonché la revisione e la semplificazione delle attività svolte attuando alcuni progetti che hanno determinato positivi risultati nelle modalità di lavorazione a livello nazionale.
Il personale che, in conseguenza del processo di riorganizzazione e ottimizzazione posto in essere, dovesse risultare in esubero - ha precisato la società - viene impiegato a supporto di settori che fanno registrare carenze di addetti e ciò sempre allo scopo di migliorare la qualità dei servizi resi ed il livello occupazionale.
La chiusura del centro di trasmissione dei telegrammi di Cagliari - adottata a partire dal 4 aprile del 2002- rientra, secondo quanto riferito dalla società Poste, nel processo di revisione delle lavorazioni in atto; il personale interessato sarà applicato, dopo aver frequentato appositi corsi di formazione, presso la sede di cagliaritana del
call center unico che è stato aperto contestualmente alla cessazione dell'attività del centro telegrammi.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

PATARINO. - Al Ministro della sanità, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
la mitilicoltura tarantina è un settore che interessa oltre 50 cooperative, con più di 1000 addetti;
i mitili prodotti nei giardini di Mare Piccolo e Mare Grande superano 50.000 quintali all'anno (fabbisogno nazionale di tre mesi);
detti mitili (che non sono in pochi a definire l'oro nero di Taranto, sono una vera e propria prelibatezza, famosa in tutta Italia), dopo essere stati raccolti, vengono inviati agli impianti di stabulazione, per


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essere depurati, prima della loro commercializzazione locale e nazionale;
i mitilicoltori jonici vivono da tempo in uno stato di estrema difficoltà perché, oltre a fare i conti con le calamità naturali (forte presenza di pesci Balestra - esemplare tropicale - divoratori di cozze) e con problemi sociali (ladri e abusivi), vedono sempre più compromessa la qualità del loro prodotto a causa dell'immissione non sempre controllata di notevoli quantitativi di cozze straniere sul mercato tarantino;
tali cozze, sfuggendo ad ogni tipo di controllo igienico sanitario, come previsto dalle nostre norme vigenti, determinano gravi rischi di inquinamento con i comprensibili risvolti dannosi per la tavola e l'economia;
proprio due giorni or sono, un camion proveniente dalla Grecia, carico di cozze destinate al mercato jonico, a seguito di controllo operato dalle autorità sanitarie, ha rivelato dalle analisi effettuate che il prodotto trasportato era inquinato -:
se non ritengano di intervenire con le più opportune iniziative per: a) dare ai consumatori le dovute garanzie sulla qualità e la sicurezza igienico-sanitaria dei mitili presenti sul mercato locale e nazionale; b) tutelare il lavoro e l'alta professionalità dei produttori jonici, al fine di evitare che venga compromessa la loro immagine con le inevitabili conseguenze sul piano economico e sociale del territorio.
(4-00065)

Risposta. - Si precisa, per quanto di competenza, che la direzione generale della sanità pubblica veterinaria, degli alimenti e della nutrizione del ministero interrogato ha, già da tempo, provveduto ad elaborare ed inviare alle regioni un piano concernente la movimentazione ed il monitoraggio dei prodotti della miticoltura, al fine di conseguire maggiori garanzie del rispetto della normativa vigente.
Per quanto riguarda la particolare situazione segnalata, l'assessorato all'agricoltura della regione Puglia - Settore Pesca, ha reso nota l'adozione di una serie di interventi nel settore in questione.

Misura 4.12 - Sottomisura 4.12.B - Acquacoltura.

È previsto un investimento di 19.463.000 euro, di cui 11.679.000 relativi a risorse pubbliche.
In tal modo, si potranno realizzare nuove unità di produzione ed ampliare quelle già esistenti, così da puntare ad un aumento quantitativo e, in particolare, ad un miglioramento qualitativo della capacità produttiva e sarà anche possibile sistemare le unità di produzione esistenti, sotto il profilo del miglioramento delle condizioni igieniche e sanitarie.

Misura 4.12 - Sottomisura 4.12.D - Trasformazione e commercializzazione.

Tale sottomisura prevede investimenti per 15.428.000 euro di cui 9.258.000 relativi a risorse pubbliche.
È prevista la realizzazione - tra l'altro - di strutture collettive di conservazione, trasformazione, confezionamento ed etichettatura dei prodotti ittici.

Misura 4.13 - Sottomisura 4.13.B - Interventi di carattere socio-economico (azione di sostegno alla riconversione o diversificazione delle attività).

Per tale sottomisura è prevista una spesa di 5.141.998 euro, a totale carico del settore pubblico.
Tale somma verrà utilizzata per costituire premi incentivanti individuali, anche per fabbisogni formativi di aggiornamento e qualificazione degli addetti alla pesca e all'acquacoltura.

Misura 4.13 - Sottomisura 4.13.C - Promozioni delle produzioni e ricerca dei nuovi sbocchi di mercato.

È previsto un investimento di 4.112.000 euro, di cui 2.880.000 proveniente da risorse pubbliche.


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L'azione è destinata alla valorizzazione e promozione delle produzioni di qualità, nonché alla ricerca di nuovi sbocchi commerciali per prodotti della pesca e della maricoltura.

Misura 4.13 - Sottomisura 4.13.D1 - Azioni realizzate dagli operatori di settore (aiuti alle organizzazioni dei produttori).

È prevista una spesa di 4.114.000 euro a totale carico del settore pubblico.
La finalità dell'azione è quella di incentivare la costituzione ed agevolare il funzionamento delle organizzazioni dei produttori riconosciuti, a norma del Regolamento Europeo n. 3739 del 1992.
Infine, sempre nell'ambito della Misura 4.13, la sottomisura 4.13.E prevede investimenti per 7.543.002 euro, di cui 6.685.002 derivanti da risorse pubbliche, per favorire l'innovazione nel settore della pesca e acquacoltura regionale, attraverso il finanziamento di scudi, progetti pilota e progetti sperimentali.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Cesare Cursi.

PEZZELLA e CORONELLA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro della sanità. - Per sapere - premesso che -:
la legge 354 del 26 luglio 1975 relativa alla riforma dell'ordinamento penitenziario ha previsto all'articolo 80 della suddetta legge, la figura dell'esperto consulente esterno (psicologo, criminologo) che interviene nella fase di esecuzione della pena, realizzando l'osservazione scientifica della personalità e predisponendo, di concerto con altre figure significative del carcere, il programma individualizzato di trattamento;
per poter essere ammesso a prestare la propria attività professionale in qualità di consulente lo psicologo deve superare una selezione per titoli ed esami presso una commissione composta da funzionari del Ministero di giustizia ed altre figure professionali operanti all'interno del carcere;
vengono ammessi alla selezione i laureati in psicologia iscritti all'albo degli psicologi e laureati in altre discipline esperti in criminologia. L'esame verte su competenze specifiche in materia psicologica e criminologica, sulla conoscenza dell'ordinamento penitenziario. L'idoneità conseguita dopo tale selezione dà luogo all'iscrizione ad un elenco regionale di esperti, dal quale gli istituti attingono secondo le loro necessità;
fino al 1987 l'attività dello psicologo in carcere era rivolta esclusivamente all'osservazione e trattamento. Con la circolare del 30 gennaio 1987 di Niccolò Amato si istituisce il presidio nuovi giunti con l'intento di accertare e prevenire il rischio che il soggetto, soprattutto se alla prima esperienza detentiva, possa compiere atti estremi o subire violenza da parte dei condetenuti. Gli adempimenti del presidio nuovi giunti devono essere effettuati entro le prime ventiquattro ore dell'ingresso del detenuto in istituto stesso;
nel 1992 viene istituito il presidio tossicodipendenti come elemento di raccordo tra l'istituzione carceraria e le strutture territoriali. Lo psicologo delle tossicodipendenze effettua colloqui di primo ingresso, sostegno psicologico ai detenuti in sindrome astinenziale su richiesta del detenuto tossico dipendente e/o su segnalazione altri operatori, orientamento dei detenuti tossicodipendenti per progetti riabilitativi presso Sert o comunità. Attualmente all'interno del Dap (dipartimento amministrazione penitenziaria) gli psicologi ex articolo 80 sono all'incirca 600;
essi operano sulla base di convenzioni annuali rinnovabili per prestazioni che hanno carattere di attività libero-professionale, con una irrisoria parcella oraria di lire 31.100 lorde per un massimo di 48 ore mensili (lire 1.266.600). Essi effettuano i seguenti interventi: diagnosi psicologica, partecipazione nell'equipe


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trattamentale, alla stesura dei programmi di trattamenti individualizzati, interventi sulle urgenze, (autolesionismi, crisi, tentativi di suicidio), counseling, colloqui di sostegno, relazioni di aiuto, partecipazione al Consiglio di disciplina (articolo 14-bis);
la principale contraddizione è che, pur svolgendo di fatto un ruolo sanitario, gli psicologi nelle carceri non hanno questo inquadramento e le convenzioni con il Ministero della giustizia, rispetto a quelle di altri ministeri, ad esempio della difesa, risultano nettamente vantaggiose sia sotto il profilo economico che delle tutele normative più complessive;
gli ultimi orientamenti in materia di riordino della medicina penitenziaria (articolo 5 legge 30 novembre 1998 n. 419 e decreto legislativo 22 giugno 1999 n. 230) tentano, purtroppo, di scindere la professionalità degli psicologi ex articolo 80, attribuendo un ruolo sanitario solo a coloro che si occupano di tossicodipendenza, negandolo a coloro che si occupano di nuovi giunti e dell'osservazione e trattamento, prevedendo il trasferimento al servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie svolte dalla amministrazione penitenziaria e del relativo personale e risorse finanziarie limitatamente ai settori della prevenzione e dell'assistenza;
ciò di fatto determina una discriminazione dei consulenti psicologi, non giustificata sul piano scientifico professionale, contribuendo alla parcellizzazione delle funzioni che confliggono fortemente con i principi di globalità dell'intervento e dell'unitarietà dei servizi e delle prestazioni (comma 2 articolo decreto legislativo 230 del 1999);
gli psicologi penitenziari seguono con interesse lo sviluppo normativo del riordino della medicina penitenziaria, esprimendo attenzione al passaggio alla sanità nelle diverse sedi (convegni-seminari) in cui si è affrontata questa tematica (convegno dell'Anci 8 novembre 1999 e convegno del Dap 12/13/14 novembre 1999 Capri) e hanno dato vita a coordinamenti di psicologi penitenziari su base regionale, culminati nella costituzione del coordinamento nazionale il 20 novembre 1999 a Bologna che ha espresso una posizione favorevole al passaggio alla sanità;
il Coordinamento nazionale psicologi sta rivolgendo da tempo un invito affinché siano accelerati i tempi della pubblicazione del decreto attuativo. Gli psicologi penitenziari ritengono che questo però non sia sufficiente, in quanto occorre evitare la frammentazione dell'operatività degli psicologi prevedendo:
a) un servizio unico di psicologia penitenziaria per favorire l'integrazione tra le attività dei presidi psicologici;
b) una presenza a tempo pieno dello psicologo per garantire una maggiore efficacia ed efficienza delle prestazioni psicologiche;
c) uno strumento normativo (ad esempio la legge Lumia sulle tossicodipendenze) che consenta una stabilizzazione degli psicologi con un inquadramento giuridico che possa fornire maggiori garanzie per la realizzazione di un servizio di qualità per la tutela del cittadino-detenuto;
gli psicologi penitenziari si sentono preoccupati per il loro destino occupazionale e ritengono che non vada perduto il patrimonio professionale offerto nell'ultimo ventennio, ma anzi riconosciuto e valorizzato con atti concreti, con impegni formali che antagonizzano la precarietà che caratterizza la situazione esistente;
gli psicologi penitenziari chiedono nelle more della realizzazione del passaggio, nel rispetto della loro professionalità, che venga riconosciuto uno status lavorativo decoroso per livello di retribuzione e di tutela ed adeguato dell'impegno da essi profuso nelle carceri, nonché alla responsabilità che essi quotidianamente si assumono. Pertanto, ritengono indispensabile che la definizione delle loro sorti all'interno del Dap passi attraverso il confronto delle istituzioni con trascurabile supporto nel trattamento sanitario della popolazione reclusa;


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quali provvedimenti intendano assumere per definire la questione sollevata.
(4-00235)

Risposta. - Il decreto legislativo n. 230 del 30 giugno 1999, nell'articolo 8, comma 1, ha disposto il trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie svolte dall'Amministrazione penitenziaria in relazione ai soli settori della prevenzione e dell'assistenza ai detenuti ed internati tossicodipendenti, a decorrere dal 1o gennaio 2000.
Detta norma, inoltre, ha affidato il trasferimento del personale, degli arredi, degli altri beni strumentali e delle risorse finanziarie, nel rispetto dei principi contenuti nell'articolo 7 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, a successivi decreti interministeriali.
In attuazione del disposto dell'articolo 8, il competente ufficio del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha predisposto le tabelle distinte per regioni, nelle quali sono indicati gli istituti ove risulta istituito, alla data del 1o gennaio 2000, il presidio sanitario per tossicodipendenti, il monte ore annuo assegnato a ciascuna categoria di personale ivi operante (medico, infermiere, psicologo), la relativa spesa annua presunta, il numero delle unità di personale presenti alla data del 1o gennaio 2000 e il numero delle convenzioni stipulate tra le direzioni penitenziarie ed il singolo professionista.
Alla scheda è allegato l'elenco nominativo del citato personale operante alla data del 1o gennaio 2000, corredato da note esplicative.
Per quanto concerne, in particolare, gli psicologi penitenziari, nelle tabelle di cui innanzi sono stati indicati i nominativi del personale che ha prestato servizio per il presidio per tossicodipendenti, con esclusione di quello addetto all'osservazione, al trattamento e al servizio nuovi giunti.
Allo stato, poiché non è stata data ancora attuazione al disposto normativo e considerata l'indispensabilità di continuare a garantire sia la salute dei detenuti tossicodipendenti che la continuità delle funzioni già trasferite al Servizio sanitario nazionale, nelle more del perfezionamento dei decreti che individuano il personale da trasferire al S.S.N. in attuazione dell'articolo 8 del citato decreto legislativo, le convenzioni stipulate con il personale che opera nel presidio sanitario per tossicodipendenti, sono state prorogate fino al 30 giugno 2002. L'amministrazione penitenziaria infatti si avvale, per l'espletamento delle attività trattamentali per i detenuti e gli internati, della collaborazione di esperti in psicologia e criminologia clinica con i quali trattandosi di attività libero-professionale, instaura un rapporto libero-convenzionale.
A causa dell'annosa insufficienza dei fondi assegnati per l'espletamento delle attività alle quali collaborano i predetti professionisti è stato stabilito, tenuto conto della presenza e della tipologia della popolazione detenuta, il limite massimo di 64 ore mensili attribuibili a ciascun esperto.
L'onorario corrisposto ai professionisti in questione viene aggiornato ogni due anni sulla base dell'indice ISTAT secondo l'intervenuto aumento del costo della vita. A decorrere dal primo gennaio 2001 la parcella oraria corrisposta è di 16,06 euro, pari a 31.100 lire. Sulla parcella corrisposta agli psicologi va calcolato il 2 per cento che gli stessi dovranno versare alla cassa dell'ordine professionale di appartenenza; sull'onorario corrisposto ai criminologi va calcolato il 20 per cento di imposta sul valore aggiunto, più il 4 per cento, in quanto questi ultimi sono soggetti all'obbligo assicurativo presso l'INPS.
Per quanto riguarda, in modo particolare, la figura dello psicologo, l'amministrazione penitenziaria ha già individuato specifici profili professionali appartenenti all'area C (posizione economica C1, C2 e C3). Attualmente, nei ruoli dell'amministrazione penitenziaria prestano servizio tre psicologi.
Il riordino della medicina penitenziaria, previsto dall'articolo 5 della legge 30 novembre 1998, n. 419, non ha riguardato il personale di cui al quarto comma dell'articolo 80. Trattasi, infatti, di personale tecnico con specifiche competenze ed attribuzioni del tutto distinte e non cumulabili con quelle del personale sanitario e per ciò


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regolamentato dall'ordinamento penitenziario (legge del 26 luglio 1975, n. 354) in un titolo diverso da quello che contempla l'assistenza sanitaria. Si compendiano nell'attività di osservazione e di trattamento della personalità e tendono non a curare eventuali malattie e turbe psichiche, bensì a conoscere le cause del disadattamento e ad elaborare progetti di recupero sociale. Lo psicologo penitenziario, del resto, oltre a studiare il soggetto detenuto con problemi di disadattamento e i suoi comportamenti, svolge un'attività di consulenza tecnica nei confronti degli operatori penitenziari che sono impegnati nell'azione di sostegno e di riabilitazione dei detenuti e degli internati.
Tenuto conto che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 ottobre 2000, nello stabilire le piante organiche, ha previsto per il profilo dello psicologo 95 posti (così ripartiti: 70 all'area C1, 20 all'area C2 e 5 all'area C3), anche al fine di salvaguardare il patrimonio di conoscenze specifiche acquisite in molti anni di collaborazione resa dai professionisti esperti in psicologia, potrebbe valutarsi la possibilità di riservare parte dei posti che verranno messi a concorso ai professionisti suindicati.
Nelle more, come evidenziato dall'amministrazione penitenziaria, si ritiene validamente percorribile la strada del contratto libero professionale di durata annuale.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

PEZZELLA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in una precedente interrogazione, presentata in data 11 luglio 2001
(4-00235) è stata segnalata la difficile situazione di precarietà e di discriminazione in cui attualmente versano gli psicologi penitenziari, i quali, pur offrendo il loro contributo, umano e professionale, alla cura dei detenuti, sono sottoposti ad un trattamento discriminatorio, in termini contrattuali e retributivi, rispetto alle altre figure professionali, operanti nel sistema carcerario;
dal punto di vista strettamente economico, in ordine ad una rideterminazione del compenso, sancita dal Ministero della giustizia, nel corso della precedente legislatura, ai medici addetti al servizio di Guardia Medica spetta, per il biennio 2001/2002, un aumento del 15,15 per cento, ed al contempo agli psicologi, un incremento pari al solo il 2,6 per cento;
nell'ambito di un processo di rieducazione del detenuto, il supporto psicologico assume un ruolo fondamentale;
da tempo gli psicologi penitenziari hanno rivolto un invito agli organi ministeriali competenti affinché sia stabilito uno strumento normativo capace di garantire un inquadramento giuridico ed economico decoroso della categoria -:
quali provvedimenti urgenti s'intendono adottare per dare soluzione all'annosa questione che rischia di pregiudicare ulteriormente la già sofferta condizione del mondo penitenziario;
quali iniziative eventualmente anche di carattere normativo s'intendono attuare per individuare un parametro per la rideterminazione del compenso che non pregiudichi la figura dello psicologo rispetto alle altre del settore.
(4-01024)

Risposta. - Il decreto legislativo n. 230 del 30 giugno 1999, nell'articolo 8, comma 1, ha disposto il trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie svolte dall'amministrazione penitenziaria in relazione ai soli settori della prevenzione e dell'assistenza ai detenuti ed internati tossicodipendenti, a decorrere dal 1o gennaio 2000.
Detta norma, inoltre, ha affidato il trasferimento del personale, degli arredi, degli altri beni strumentali e delle risorse finanziarie, nel rispetto dei principi contenuti nell'articolo 7 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, a successivi decreti interministeriali.


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In attuazione del disposto dell'articolo 8, il competente ufficio del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha predisposto le tabelle distinte per regioni, nelle quali sono indicati gli istituti ove risulta istituito, alla data del 1o gennaio 2000, il presidio sanitario per tossicodipendenti, il monte ore annuo assegnato a ciascuna categoria di personale ivi operante (medico, infermiere, psicologo), la relativa spesa annua presunta, il numero delle unità di personale presenti alla data del 1o gennaio 2000 e il numero delle convenzioni stipulate tra le direzioni penitenziarie ed il singolo professionista.
Alla scheda è allegato l'elenco nominativo del citato personale operante alla data del 1o gennaio 2000, corredato da note esplicative.
Per quanto concerne, in particolare, gli psicologi penitenziari, nelle tabelle di cui innanzi sono stati indicati i nominativi del personale che ha prestato servizio per il presidio per tossicodipendenti, con esclusione di quello addetto all'osservazione, al trattamento e al servizio nuovi giunti.
Allo stato, poiché non è stata data ancora attuazione al disposto normativo e considerata l'indispensabilità di continuare a garantire sia la salute dei detenuti tossicodipendenti che la continuità delle funzioni già trasferite al Servizio sanitario nazionale, nelle more del perfezionamento dei decreti che individuano il personale da trasferire al S.S.N. in attuazione dell'articolo 8 del citato decreto legislativo, le convenzioni stipulate con il personale che opera nel presidio sanitario per tossicodipendenti, sono state prorogate fino al 30 giugno 2002. L'amministrazione penitenziaria infatti si avvale, per l'espletamento delle attività trattamentali per i detenuti e gli internati, della collaborazione di esperti in psicologia e criminologia clinica con i quali trattandosi di attività libero-professionale, instaura un rapporto libero-convenzionale.
A causa dell'annosa insufficienza dei fondi assegnati per l'espletamento delle attività alle quali collaborano i predetti professionisti è stato stabilito, tenuto conto della presenza e della tipologia della popolazione detenuta, il limite massimo di 64 ore mensili attribuibili a ciascun esperto.
L'onorario corrisposto ai professionisti in questione viene aggiornato ogni due anni sulla base dell'indice ISTAT secondo l'intervenuto aumento del costo della vita. A decorrere dal primo gennaio 2001 la parcella oraria corrisposta è di 16,06 euro, pari a 31.100 lire. Sulla parcella corrisposta agli psicologi va calcolato il 2 per cento che gli stessi dovranno versare alla cassa dell'ordine professionale di appartenenza; sull'onorario corrisposto ai criminologi va calcolato il 20 per cento di imposta sul valore aggiunto, più il 4 per cento, in quanto questi ultimi sono soggetti all'obbligo assicurativo presso l'INPS.
Per quanto riguarda, in modo particolare, la figura dello psicologo, l'amministrazione penitenziaria ha già individuato specifici profili professionali appartenenti all'area C (posizione economica C1, C2 e C3). Attualmente, nei ruoli dell'amministrazione penitenziaria prestano servizio tre psicologi.
Il riordino della medicina penitenziaria, previsto dall'articolo 5 della legge 30 novembre 1998, n. 419, non ha riguardato il personale di cui al quarto comma dell'articolo 80. Trattasi, infatti, di personale tecnico con specifiche competenze ed attribuzioni del tutto distinte e non cumulabili con quelle del personale sanitario e per ciò regolamentato dall'ordinamento penitenziario (legge del 26 luglio 1975, n. 354) in un titolo diverso da quello che contempla l'assistenza sanitaria. Si compendiano nell'attività di osservazione e di trattamento della personalità e tendono non a curare eventuali malattie e turbe psichiche, bensì a conoscere le cause del disadattamento e ad elaborare progetti di recupero sociale. Lo psicologo penitenziario, del resto, oltre a studiare il soggetto detenuto con problemi di disadattamento e i suoi comportamenti, svolge un'attività di consulenza tecnica nei confronti degli operatori penitenziari che sono impegnati nell'azione di sostegno e di riabilitazione dei detenuti e degli internati.
Tenuto conto che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 ottobre 2000, nello stabilire le piante organiche,


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ha previsto per il profilo dello psicologo 95 posti (così ripartiti: 70 all'area C1, 20 all'area C2 e 5 all'area C3), anche al fine di salvaguardare il patrimonio di conoscenze specifiche acquisite in molti anni di collaborazione resa dai professionisti esperti in psicologia, potrebbe valutarsi la possibilità di riservare parte dei posti che verranno messi a concorso ai professionisti suindicati.
Nelle more, come evidenziato dall'amministrazione penitenziaria, si ritiene validamente percorribile la strada del contratto libero professionale di durata annuale.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

RAISI. - Al Ministro per gli affari regionali. - Per sapere - premesso che:
risulta che nelle date 12-14-17 dicembre 2001 la direzione del consiglio regionale dell'Emilia Romagna abbia proceduto a nomine di dirigenti, mediante contratti a tempo determinato, ai sensi dell'articolo 18 e dell'articolo 19 del Testo unico delle disposizioni concernenti lo Statuto degli impiegati civili dello Stato e norme di esecuzione;
risulta altresì che le decisioni assunte non abbiano raggiunto il prefissato risultato di una riorganizzazione che avrebbe portato il numero dei dirigenti fino da un rapporto non superiore all'8 per cento del personale, ma lo abbia invece raddoppiato fino a valori del 14-15 per cento -:
se corrisponda al vero che nella regione Emilia Romagna sia stato violato l'articolo 97 della Costituzione dalla legge regionale n. 43 del 26 novembre 2001, riguardante «Testo unico in materia di organizzazione interna e di rapporti di lavoro nella regione Emilia Romagna», relativamente alla riorganizzazione interna del consiglio regionale;
se il Governo, in considerazione di tali fatti, non ritenga di dover impugnare il provvedimento legislativo regionale davanti alla Corte Costituzionale ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione.
(4-01973)

Risposta. - Premesso che il consiglio regionale dell'Emilia-Romagna ha proceduto a nomine di dirigenti con contratto a tempo determinato, ai sensi dell'articolo 18 (legge regionale n. 43 del 2001) e dell'articolo 19 decreto legislativo n. 165 del 2001, si denuncia l'illegalità costituzionale della suddetta legge regionale.
Si obietta, infatti, che consentendosi la copertura dei posti di qualifica dirigenziale mediante contratti a tempo determinato anche con soggetti estranei alla pubblica amministrazione, nel maggior limite del 15 per cento delle dotazioni organiche del consiglio e della giunta regionale, rispetto a quello del 5 per cento previsto dalla normativa statale, si violerebbe l'articolo 97 della Costituzione.
Peraltro, in proposito si deve precisare che con la riforma del Titolo V della Costituzione, le regioni hanno competenza esclusiva in materia di personale regionale e perciò il parametro di illegittimità costituzionale è costituito esclusivamente dalla Costituzione (e non da norme statali).
L'articolo 97, terzo comma, della Costituzione prevede che «agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge».
Già nell'ordinamento statale, come ricordato anche nell'interrogazione, è prevista la possibilità di conferimento di incarichi dirigenziali con contratto a tempo determinato entro il limite del 5 per cento «a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati o aziende pubbliche e private» con esperienza quinquennale o specializzazione professionale, culturale o scientifica (articolo 19 decreto legislativo n. 165/2001).
Detto limite è in corso di aumento sino al 10 per cento (per la prima fascia) e all'8 per cento (per la seconda fascia) ad opera dell'atto Camera 1696-B (disposizioni per il riordino della dirigenza statale e per favorire lo scambio di esperienze e l'interazione tra pubblico e privato).
Le suddette disposizioni trovano giustificazione nel carattere eccezionale della deroga al principio del concorso pubblico, nel carattere temporaneo dell'incarico e nella


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necessità di acquisire al pubblico specifiche professionalità non reperibili nell'ambito della dirigenza di ruolo.
Per i suddetti motivi, analoghe disposizioni regionali sono state ritenute legittime in passato e pertanto non impugnate avanti alla Corte Costituzionale.
Si può però convenire sul fatto che il limite del 15 per cento, pur se di per sé non incostituzionale, può apparire troppo elevato ed incidere negativamente sull'organizzazione e l'andamento della pubblica amministrazione.
Il Ministro per gli affari regionali: Enrico La Loggia.

REALACCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro delle attività produttive, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
risulta che in Genova-Cornigliano, la locale industria siderurgica ILVA Spa sta esercitando dal 19 gennaio 2001 l'attività siderurgica a caldo, in assenza di autorizzazione alle emissioni in atmosfera ex articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 203 del 1988 (come da provvedimento dirigenziale num. 236 prot. 28397 del 3 aprile 2001 della provincia di Genova, notificato anche all'autorità giudiziaria);
per le emissioni fuori legge dell'area a caldo della sopra citata ILVA Spa e per le connesse patologie e decessi, indotti sulla popolazione di Cornigliano (come provato dalle perizie disposte dall'autorità giudiziaria), il tribunale di Genova disponeva in data 12 giugno 2001 il sequestro preventivo dell'impianto di cokeria interno alle Acciaierie di Genova-Cornigliano, con provvedimento num. 1286/01, che risulta tuttora inattuato per il rifiuto di ILVA Spa di cessare la relativa attività produttiva e di collaborare con le organizzazioni designate dall'autorità giudiziaria per l'esecuzione del provvedimento di sequestro preventivo;
l'illegittima prosecuzione delle attività siderurgiche a caldo in Genova-Cornigliano continua a esporre la cittadinanza e i lavoratori a livelli di inquinamento fuori legge, generatori di patologie e decessi dimostrati dalla perizia epidemiologica (sul periodo 1986-1995) alla base del provvedimento di sequestro cautelare e ribaditi dalle risultanze dal supplemento di perizia epidemiologica (sul periodo 1995-2000) disposto dall'autorità giudiziaria -:
se si intenda garantire il rispetto dell'articolo 32 della Costituzione italiana e quali misure immediate si intendano adottare per garantire il rispetto del citato provvedimento dirigenziale della provincia di Genova e del citato provvedimento del tribunale di Genova, entrambi finalizzati all'immediata cessazione delle attività siderurgiche inquinanti in Genova-Cornigliano.
(4-01596)

Risposta. - Si rappresenta che in data 20 dicembre 2001 la commissione VIA del ministero dell'ambiente e della tutela del territorio ha espresso parere negativo circa la compatibilità ambientale del progetto, presentato dall'ILVA spa, relativo agli impianti destinati alle lavorazioni siderurgiche a «caldo»: è attualmente in fase di perfezionamento il decreto del Ministro dell'ambiente con il quale sarà recepito il parere negativo formulato dalla Commissione VIA. Tale provvedimento andrà ad integrare il decreto di VIA già emanato in data 31 luglio 2001, relativo agli impianti destinati alle lavorazioni a «freddo».
Nella definizione del predetto parere, relativo alla nuova acciaieria della società ILVA di Cornigliano, la commissione VIA ha preso atto, fra l'altro, delle valutazioni in merito ai rischi per la popolazione di Cornigliano, riportate in un parere dell'Istituto Superiore di Sanità aggiornato all'anno 2000, dal quale risulta che:
«si sta configurando per la popolazione residente in tale quartiere un'esposizione a lungo termine a livelli di BaP (Benzo-a-Pirene) che comporta un rischio cancerogeno non tollerabile (si ricorda che l'esposizione per la durata della vita ad 1/ng/m3 di BaP comporta un rischio incrementale di


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tumore polmonare sull'ordine di grandezza di 1 caso su 10000, come da parere della Commissione Consultiva Tossicologica Nazionale). Appaiono, quindi, necessari interventi mirati a ridurre drasticamente i livelli di contaminazione da BaP nell'area e nell'ambiente.
Qualora risulti praticamente impossibile raggiungere lo scopo attraverso interventi per l'abbattimento delle emissioni della cokeria, la permanenza dell'insediamento nell'area urbana è da valutare inaccettabile in quanto incompatibile con la protezione della salute della popolazione residente nel territorio circostante. Al riguardo, si ribadisce che la Commissione Consultiva Tossicologica Nazionale aveva segnalato l'importanza ai fini della riduzione del rischio cancerogeno, dell'allontanamento dalle aree urbane degli impianti che emettono IPA».

Per questo motivo, unitamente a tutte le altre considerazioni legate agli impianti sulla qualità dell'aria, dell'acqua, del clima acustico, la commissione VIA ha ritenuto che anche la realizzazione della nuova acciaieria elettrica, non potesse essere considerata allo stato attuale compatibile con la situazione di perdurante criticità della qualità dell'aria nell'abitato di Cornigliano, risultante sia dal citato parere dell'Istituto superiore di sanità, che dai dati riportati dallo stesso proponente nello Studio di impatto ambientale.
Il 5 febbraio 2002 il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio ha firmato la proposta di decreto con parere negativo di VIA per il forno elettrico. Tale decreto è stato trasmesso al Ministero per i beni e le attività culturali per acquisirne il concerto.
Sulla base di quanto sopra, il ministero interrogato non può che confermare la presenza di un rischio per la popolazione derivante dal funzionamento degli esistenti impianti dell'area a caldo.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

REALACCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
nei giorni 25 e 26 febbraio 2002 sui quotidiani nazionali e locali quali Il Messaggero, la Gazzetta del Sud e Il Centro e sulla agenzia di stampa Ansa viene riportata la notizia del ritrovamento, da parte del sindaco di Scanno e degli altri membri del consiglio direttivo dell'ente parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, di due microfoni nascosti sulla sommità di una libreria atti a registrare la riunione dello stesso organismo;
sempre da notizie stampa sembrerebbe che tali microfoni siano stati installati da un tecnico, che cura il settore audiovisivo del Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, su ordine del direttore dell'ente Parco nazionale, dottor Franco Tassi, e che tale disposizione sia stata confermata dalla vicedirettrice, dottoressa Flavia Caruso;
inoltre sempre da notizie stampa sembrerebbe che la Procura della Repubblica di Sulmona abbia già aperto una inchiesta sulla vicenda -:
anche in considerazione del discredito che tale vicenda getta sullo stesso Parco e più in generale sul Sistema nazionale delle Aree protette, quali iniziative intenda assumere, esercitando gli obblighi di vigilanza previsti dalla legge per accertare se corrispondano a vero le notizie apparse sugli organi di stampa; per verificare quali siano le motivazioni reali che sono alla base di una azione tanto illegittima quanto deprecabile, qualora venisse confermata; per riportare nell'ente Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise quella trasparenza e serenità necessarie alla vita di una istituzione così prestigiosa.
(4-02340)

Risposta. - Si osserva che, pur prendendo atto della gravità della denuncia, l'amministrazione interrogata non può esprimere per il momento alcuno specifico giudizio, essendo la questione all'esame delle competenti autorità giudiziarie.


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Più in generale, in merito alla delicata situazione in cui versa l'Ente Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, questa Amministrazione ha constatato che la sua condotta amministrativo-contabile, quanto meno negli ultimi anni, è apparsa in ripetute occasioni, difforme ai canoni della legittimità amministrativa e della correttezza contabile.
Lo stesso dicastero si è pertanto attivato per esercitare le competenze accordategli dalla normativa vigente, stimolando costantemente l'ente ad un più fattivo rispetto dei principi della leale cooperazione e collaborazione.
Del resto l'azione congiunta di questa amministrazione, della Ragioneria Generale dello Stato, dei Revisori dei conti, del giudice contabile e del nuovo consiglio direttivo, ha sicuramente prodotto i suoi effetti, orientati a scongiurare la paralisi dell'Ente Parco.
Pertanto, ferma restando l'attività di accertamento e di vigilanza del ministero dell'ambiente a favorire l'emersione delle gravi responsabilità verificatesi, si è ritenuto opportuno autorizzare l'impegno ed il trasferimento di un acconto del contributo ordinario presunto per il 2002 ai sensi dell'articolo 47 comma 5 della legge n. 449 del 1997.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

ROTUNDO. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'incarico per la redazione del PRG di Collepasso (Lecce) è stato affidato nel lontano 1981(!);
il consiglio comunale non ha ancora approvato lo strumento di programmazione generale e quindi dovrà adeguarsi alla nuova legge regionale;
i gravissimi ritardi sono da addebitare, ad avviso dell'interrogante, a lotte di potere finalizzate a perseguire gli interessi di poche persone che vogliono trarre vantaggi speculativi da uno strumento che deve al contrario corrispondere al bene di tutti i cittadini;
nel consiglio comunale di Collepasso svoltosi il 24 settembre 2001, tali pesanti interessi privati e familiari sono stati chiaramente denunciati e sono stati riferiti in modo preciso i nomi di chi vuole speculare, i rapporti di parentela tra questi ed alcuni amministratori comunali, i terreni oggetto delle manovre illegali;
nella stessa seduta il sindaco ha riconfermato la sua fiducia nei tecnici incaricati, salvo revocare agli stessi l'incarico il giorno 19 ottobre 2001 con delibera di giunta n. 252;
è assolutamente palese che a Collepasso si sta consumando una vicenda oscura e contorta per la quale, oltre ai fatti rendicontati nel consiglio comunale del 24 settembre 2001, c'è una denuncia scritta alla locale stazione dei carabinieri di un consigliere comunale che indica l'esistenza di gravi irregolarità nella redazione del PRG -:
se non ritenga che i fatti denunciati possano costituire presupposto per lo scioglimento del consiglio comunale o per la rimozione del sindaco.
(4-01636)

Risposta. - La situazione politico-amministrativa determinatasi nel comune di Collepasso (Lecce), a seguito dell'annosa vicenda legata alla mancata approvazione da parte di quel consiglio comunale del piano regolatore generale, è attentamente seguita dall'amministrazione interrogata.
Risulta da elementi acquisiti tramite il competente ufficio territoriale del Governo che, effettivamente, a tutt'oggi, il predetto consiglio non ha approvato lo strumento di programmazione che, pertanto, come osservato dall'interrogante, dovrà essere adeguato alle previsioni normative di cui alla legge regionale del 27 luglio 2001, n. 20 «Norme generali di Governo e Uso del territorio».
Trovano, altresì, riscontro le lamentate vicissitudini sfociate nella denuncia presso la locale stazione dei carabinieri.


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Ciò premesso, pur convenendo sulla complessità della situazione in cui versa l'ente, nell'ambito della vigente normativa non si possono ravvisare, allo stato, elementi idonei a giustificare l'invocata adozione dei provvedimenti di rigore previsti dal testo unico n. 267/2000.
I fatti in esame risultano, peraltro, tuttora al vaglio della procura della Repubblica del tribunale di Lecce.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

ROTUNDO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere se il Ministro degli affari esteri abbia notizie di Antonio Vincenzo Norvetto nato a Poggio Marino il 12 settembre 1963, il cui ultimo indirizzo risulta essere stato Muehlstr n. 13 7121 Walheim (Wuertt) 2300703 in Germania.
(4-02668)

Risposta. - Si informa che il connazionale Antonio Vincenzo Norvetto è iscritto presso l'AIRE del consolato generale d'Italia in Stoccarda ed eventuali comunicazioni a lui dirette possono venire indirizzate a detto consolato generale.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

RUSSO SPENA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 10 luglio 2001 il procuratore generale ed il presidente della Corte di appello del distretto di Ancona hanno ordinato la defissione immediata di tutti i manifesti della Rdb riguardanti lo svolgimento del G8 a Genova dagli uffici del Palazzo di Giustizia di Ancona;
ad opinione di procuratore e presidente questi manifesti andavano staccati perché «l'affissione non è stata autorizzata dai capi degli uffici e riguarda temi estranei all'amministrazione di giustizia; viene, quindi, ordinata la defissione dei manifesti sindacali in base al loro contenuto»;
l'11 luglio, con comunicazione scritta, il dirigente del signor Curcetti chiedeva al medesimo di effettuare la rimozione dei manifesti in qualità di Ausiliario A1;
il signor Curcetti ha eseguito l'ordine impartitogli, nonostante egli fosse anche l'esecutore materiale dell'affissione in quanto dirigente sindacale delle Rdb del pubblico impiego;
il 30 luglio viene notificato al signor Curcetti un procedimento disciplinare per comportamento illecito «per essersi ripetutamente rifiutato di dare esecuzione all'ordine di servizio che disponeva la rimozione di manifesti - affissi dallo stesso, senza alcuna autorizzazione, nell'area di pertinenza del tribunale - relativi a materia estranea all'amministrazione della giustizia richiedendo che l'ordine fosse rinnovato per iscritto e rifiutandosi, dopo averli rimossi a seguito di formale ordine scritto in cui erano specificati i tempi e le modalità di esecuzione, di consegnarli al dirigente dell'ufficio»;
secondo l'interrogante, tenendo conto del fatto che il signor Curcetti è un dirigente sindacale, è ravvisabile nella vicenda una violazione dell'articolo 18, comma 6 del contratto collettivo nazionale di lavoro che recita «I dirigenti sindacali, nell'esercizio delle loro funzioni, non sono soggetti alla subordinazione gerarchica prevista da leggi e regolamenti» -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti, se ritenga legittima l'apertura del procedimento disciplinare nei confronti del signor Curcetti e quali eventuali iniziative di propria competenza intenda adottare.
(4-00729)

Risposta. - Si deve innanzitutto precisare che l'affissione di manifesti relativi al G8 di Genova all'interno del Palazzo di Giustizia di Ancona, ritenuti di pertinenza sindacale in quanto concernenti un evento di interesse generale e la partecipazione ad


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una astensione dal lavoro, è stata autorizzata negli spazi riservati all'organizzazione sindacale R.d.B, in virtù dell'articolo 14 del contratto collettivo integrativo dell'amministrazione della giustizia, sottoscritto in data 5 aprile 2000, e che il lamentato provvedimento di rimozione dei manifesti ha riguardato, invece, esclusivamente gli spazi non autorizzati.
L'instaurazione del procedimento disciplinare nei confronti dell'ausiliario Luigi Curcetti non ha determinato alcuna violazione dell'articolo 18 comma 6 del contratto collettivo nazionale quadro in base al quale «i dirigenti sindacali, nell'esercizio delle loro funzioni, non sono soggetti alla subordinazione gerarchica prevista da leggi e regolamenti». Infatti, l'istruttoria svolta dal presidente di sezione delegato ha accertato che - quando si verificarono i fatti di cui all'atto di contestazione del 26 luglio 2001 - il Curcetti non stava esercitando le funzioni di dirigente sindacale bensì svolgeva la ordinaria attività lavorativa.
Dunque, al predetto dipendente venne chiesto di rimuovere i manifesti affissi al di fuori delle bacheche riservate alle organizzazioni sindacali in quanto tale attività esecutiva rientra nelle attribuzioni del profilo professionale di appartenenza.
Il citato procedimento disciplinare si è pertanto concluso con la sanzione disciplinare della multa pari a un'ora di retribuzione inflitta al signor Curcetti con P.D.G. del 22 ottobre 2001.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

RUZZANTE. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
alcuni consiglieri regionali del Veneto (Zanonato e Gallo) e alcuni Consiglieri comunali di Padova (Boselli) hanno recentemente lanciato sulla stampa locale veneta (Mattino di Padova del 25 settembre 2001) un allarme inquinamento per la discarica di rifiuti organici di Sarcedo nel Vicentino, posizionata sopra la falda da cui l'Aps (Azienda Padova Servizi) attinge l'acqua destinata all'acquedotto padovano;
ad evidenziare lo stato di pericolo è uno studio di impatto ambientale condotto dalla ditta Ingeo di Torri di Quartesolo per conto della Corsea, il gestore della discarica di Sarcedo, dove si segnala che l'eccezionale piovosità nel mese di novembre dello scorso anno ha portato la falda ad approssimarsi e forse a raggiungere la quota del piano di posa dei rifiuti e che a dividere l'acqua dai rifiuti (in grado di sprigionare gas nocivi) vi è solo uno strato impermeabile di argilla;
l'amministrazione comunale di Padova, nonostante un ordine del giorno votato il 9 luglio 2001 sulla tutela delle acque cittadine, non ha ancora promosso una Conferenza dei Servizi (come prevedeva l'ordine del giorno votato in Consiglio comunale) per garantire la sicurezza dei padovani attraverso la chiusura e la bonifica della discarica di Sarcedo;
la situazione non è assolutamente da sottovalutare in quanto la barriera d'argilla che separa la falda dal piano di posa dei rifiuti potrebbe sgretolarsi in tempi brevi con gravissime conseguenze per la salute dei cittadini padovani -:
se il Governo sia a conoscenza della grave minaccia di inquinamento della falda acquifera da cui l'Aps (Azienda Padova servizi) attinge l'acqua destinata all'acquedotto padovano;
se il Governo intenda sollecitare le istituzioni preposte ad effettuare tutti i controlli necessari;
come il Governo intenda altrimenti garantire la salute dei cittadini padovani messa seriamente a rischio dal possibile inquinamento dell'acquedotto padovano.
(4-01014)

Risposta. - La giunta regionale del Veneto, contattata per il tramite del commissariato del Governo, ha comunicato che la situazione relativa alla discarica di Sarcedo (Vicenza), è stata oggetto di attenta


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valutazione da parte della commissione regionale per la V.I.A., in occasione della presentazione di un progetto di ampliamento della discarica presentato dal «CORSEA», il consorzio che attualmente la gestisce.
In tale sede sono stati evidenziati i rischi paventati dall'interrogante.
Pertanto, la commissione regionale ha provveduto a sollecitare gli enti competenti (provincia di Vicenza ed Arpav), affinché fossero attivati adeguati sistemi di monitoraggio e, avendo riscontrato carenze conoscitive ed applicazioni parziali delle metodologie di analisi, la Commissione ha deciso di richiedere allo stesso proponente del progetto di ampliamento, ai fini della procedibilità dell'istruttoria, una serie di integrazioni documentali e di chiarimenti.
La situazione è stata oggetto di esame anche da parte della settima commissione del consiglio regionale.
Ad ogni buon conto, i rilievi finora condotti non hanno segnalato alcun fenomeno di inquinamento in atto.
La regione, quindi, ritiene che - allo stato attuale - qualsiasi allarmismo appaia ingiustificato.
In ogni caso, essa si dichiara pronta ad intervenire tempestivamente qualora, sulla base dei controlli attivati e delle informazioni richieste al «CORSEA» dalla commissione regionale per la V.I.A., risulti anche il minimo sospetto che la situazione stia per degenerare.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

SERENA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 18 ottobre 1999, con lettera raccomandata diretta al servizio centrale dei vigili del fuoco, il signor Giorgio Vigni, in qualità di agente generale Firetrace, del gruppo Ceodeux Rotarex, ha presentato domanda di certificazione di un sistema lineare automatico di intercettazione ed estinzione di incendi, denominato Firetrace;
la richiesta ha fatto seguito ad un incontro tenutosi presso gli uffici del servizio il 3 settembre 1999;
alla richiesta del 18 ottobre è stata allegata una documentazione relativa alla certificazione del prodotto da parte del Centro Nazionale di Prevenzione e Protezione francese, del Comando Generale del Corpo dei Vigili del Fuoco greco e dell'ispettorato del lavoro della Saar in Germania;
alla richiesta non ha fatto seguito alcun riscontro benché lo stesso sia stato successivamente sollecitato con lettera raccomandata del 9 febbraio 2000;
il sistema Firetrace è concepito per intercettare e spegnere qualsiasi forma di calore o fiamma sul nascere, affiancando eventualmente i sistemi già riconosciuti e affidando la valutazione tecnica applicativa al progettista che analizza i luoghi e i materiali da proteggere;
il prodotto è stato sottoposto da parte della rappresentanza in Italia del gruppo Ceodeux Rotarex ad aziende, enti pubblici, industrie private, artigiani e commercianti (tra gli altri la Sezione tecnica e ricerca delle Ferrovie dello Stato spa, la VI ripartizione del comune di Roma, l'Ufficio Sicurezza del Coni, la Pontificia Università Lateranense, il Centro Ricerche della Fiat ad Orbassano, l'Agip petroli a Roma e nella raffineria di Ceccano, alcune Asl di Bari e di Roma, l'8 Reggimento trasporti a Roma, il Centro 712 della Marina militare a Ponte Galeria presso Roma, la Rai, l'Ausimont spa, l'Autocentri Balduina di Roma), dove ha riscosso notevole interesse;
gli enti presso cui è stata svolta la dimostrazione tecnica dell'efficacia del prodotto, pur avendone verificato l'alta affidabilità sono impediti dall'applicarlo per la mancanza della prescritta certificazione;
le prove svolte in Germania, Francia e Grecia volte alla verifica dell'efficacia del sistema di estinzione automatico Firetrace, realizzate con differenti tipi di fuoco, con


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più agenti estinguenti e in differenti configurazioni, hanno dimostrato che Firetrace consente di intercettare molto rapidamente l'incendio e di estinguerlo, nella maggior parte dei casi, in modo quasi istantaneo, salvaguardando così sia il patrimonio che le vite umane;
l'inerzia dell'amministrazione nel rilasciare la certificazione necessaria impedisce l'applicazione di un sistema di estinzione degli incendi di comprovata validità e che garantisca di poter preservare l'ambiente in cui viene installato dagli interventi più invasivi propri dei metodi tradizionali e impedisce il libero svolgimento di un'attività imprenditoriale;
l'introduzione di questa nuova tecnologia può creare dai 500 ai 700 nuovi posti di lavoro -:
se il Ministro dell'interno non ritenga opportuno verificare quali siano i motivi per i quali la competente amministrazione non abbia ancora provveduto a concludere il procedimento di certificazione.
(4-01224)

Risposta. - Agli atti del ministero dell'interno non risulta pervenuta alcuna richiesta di certificazione di un sistema lineare automatico di intercettazione ed estinzione di incendi, denominato «Firetrace».
Si evidenzia che il sistema suddetto, da quanto si può evincere dal testo dell'atto ispettivo, non sembra assoggettato ad alcuna regolamentazione nazionale cogente e pertanto non esiste prescrizione che ne possa subordinare la messa in commercio ed installazione al rilascio di una qualunque forma di autorizzazione da parte del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Si fa presente che il centro studi ed esperienze è comunque disponibile a valutare eventuali richieste finalizzate all'effettuazione di prove sui prodotti antincendio, anche se non soggetti a regolamentazione obbligatoria del ministero dell'interno.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Maurizio Balocchi.

SERENA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'Unione europea si accinge ad aggiornare la mappa della rete transeuropea dei trasporti, che condizionerà la mobilità di persone e di merci nei prossimi decenni;
nel documento l'Unione europea recepirà le indicazioni dei paesi europei che sono formalizzate nei vari piani nazionali dei trasporti;
il piano generale dei trasporti è in corso di elaborazione;
la direttrice Alemagna-Venezia-Dobbiaco (autostrada A27 e strada statale n. 51 «di Alemagna») è parallela all'asse del Brennero ed è elemento rilevante del sistema che al Brennero fa capo;
unico grande asse nord-sud del territorio Veneto (circa 200 chilometri di lunghezza), da secoli naturale collegamento tra Venezia e il Nord Europa, la direttrice Alemagna costituisce la variante principale dell'itinerario europeo nord-sud classificato con la sigla E45 (Monaco-Brennero-Bologna) e come quello si accorda al «corridoio adriatico» (itinerario europeo E55);
la direttrice Alemagna, inoltre, mette in collegamento i due itinerari europei paralleli est-ovest classificati come E66 (strada statale n. 49 della Val Pusteria ed E70 (autostrada A4 Torino-Trieste);
la possibilità di classificare la direttrice Alemagna come itinerario europeo appare in piena armonia con l'articolo 9 della decisione dell'Unione europea n. 1692/96 sugli «orientamenti comunitari per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti»;
tale decisione, in particolare, prevede che la rete stradale transeuropea si compone di autostrade e di strade di qualità elevata, esistenti, nuovo o da ristrutturare che svolgono un'importante funzione nel traffico su lunghe distanze; servono, sugli assi individuati nella rete, da tangenziali


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per i principali centri urbani e assicurano l'interconnessione con gli altri modi di trasporto o consentono di collegare le regioni intercluse e periferiche alle regioni centrali della Comunità;
inoltre, «la rete garantisce un livello di servizi, comodità e sicurezza elevato, omogeneo e avente carattere di continuità» che rappresenta l'esigenza primaria della direttrice di Alemagna -:
se il Governo non intenda adoperarsi affinché sia riconosciuta a livello nazionale ed europeo la valenza della «direttrice di Alemagna» attraverso l'inserimento della stessa direttrice di Alemagna nel Piano generale dei trasporti italiano e la sua classificazione come itinerario europeo nell'ambito della nuova rete transeuropea dei trasporti.
(4-01227)

Risposta. - Si fa presente che nel nuovo Piano generale dei trasporti e della logistica (PGT), approvato con decreto del Presidente della Repubblica del 14 marzo 2001, è stato individuato un Sistema Nazionale Integrato dei Trasporti (SNIT). Si tratta di una rete di trasporto sulla quale transita una notevole quantità di merci e passeggeri e della quale fanno parte tutte le infrastrutture di interesse nazionale da sviluppare o riqualificare entro il 2010.
Nell'ambito di questo insieme di infrastrutture sono state attentamente valutate le necessità di sviluppo e riqualificazione sulla base dell'analisi dei flussi di traffico della rete, al fine di individuare infrastrutture prossime alla saturazione e «colli di bottiglia» da eliminare per consentire l'aumento di efficienza e di competitività del sistema dei trasporti italiano.
Peraltro, va sottolineato che l'impostazione del Piano è quella di un documento «aperto e dinamico», la cui flessibilità è legata all'evoluzione del sistema dei trasporti, per cui non si esclude che il PGT possa essere modificato nel corso della redazione dei piani di settore delle diverse mobilità.
In questa fase del Piano, si analizzano le opere di maggiore impegno economico e realizzativo che riguardano il sistema ferroviario e stradale nazionale, individuando priorità di intervento.
Gli interventi esaminati nel documento non esauriscono il fabbisogno di investimenti della rete stradale, né completano il processo di selezione delle priorità che richiede analisi più approfondite che saranno compiute nel Piano di settore delle strade, momento successivo del processo di pianificazione di cui il PGT rappresenta l'avvio.
Tale piano di settore dovrà essere coerente: in senso verticale con gli scenari di domanda ed offerta (sia infrastrutturale sia di servizi), in senso orizzontale con i Piani di settore delle altre modalità di trasporto per incentivare il ricorso all'intermodalità, evitando duplicazioni e concorrenze improprie sulle stesse direttrici di traffico.
Per quanto riguarda lo specifico collegamento alla strada statale n. 51 «di Alemagna», le analisi effettuate con il sistema di modellazione adottato da questa Amministrazione - SIMPT - non hanno determinato in modo inequivocabile la necessità, allo Stato attuale, di includere questa arteria fra gli interventi prioritari previsti dal PGT.
Tuttavia l'Ente nazionale per le strade ha riferito che per la strada statale in questione - pur non inserita nella rete TEN - sono stati enucleati interventi di particolare importanza, per i quali è in corso la progettazione a vari livelli:
a) lavori di ammodernamento in sede separata del tronco Castellavazzo-Macchietto: completamento del 2o lotto (dalla galleria di Rucorvo a Macchietto) per la quale è in fase di predisposizione il progetto esecutivo;
b) variante di Longarone: il progetto definitivo è stato approvato;
c) variante di Vittorio Veneto: il progetto preliminare della tangenziale est; il collegamento Salassa Ospedale è stato approvato.

Tali interventi sono stati inseriti come «ulteriori interventi» (interventi allo Stato attuale privi di copertura finanziaria ma di


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interesse delle parti) nell'Accordo di programma quadro viabilità sottoscritto tra questa amministrazione e l'Ente stradale in data 19 dicembre 2001.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

SUSINI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
il servizio di recapito postale a Livorno, curato dal locale Cpo, ha subito una ristrutturazione che ha già comportato il taglio di una decina di posti di lavoro;
nonostante tale scelta, per garantire livelli di efficienza accettabili l'Azienda ha dovuto ricorrere all'utilizzo di personale inviato da Pisa, da Firenze oltre ad una considerevole mole di ore di lavoro straordinario;
da tempo si è prospettato da parte di Poste spa, sia pure in modo generico, la possibilità di spostare importanti quote dal Cpo di Livorno agli uffici di Pisa;
i disagi che molti lavoratori sarebbero costretti a sopportare nonché le probabili ricadute negative che tale scelta determinerebbe sulla qualità del servizio postale a Livorno;
tale prospettiva, se confermata, seguirebbe allo spostamento degli uffici Telecom da Livorno all'hinterland pisano, segnando un ulteriore depauperamento della presenza di strutture di importanti ed essenziali servizi per la città di Livorno -:
quali iniziative intenda assumere per far sì che le scelte di Poste spa per la città di Livorno garantiscano effettivamente un adeguato standard qualitativo dei servizi salvaguardando l'occupazione e i diritti dei lavoratori.
(4-02185)

Risposta. - Al riguardo si ritiene opportuno ribadire quanto più volte già fatto presente e cioè che a seguito della trasformazione dell'ente Poste Italiane in società per azioni, il Governo non ha il potere di sindacarne l'operato per la parte riguardante la gestione aziendale che, com'è noto, rientra nella competenza propria degli organi statutari della società.
Ciò premesso si significa che in merito a quanto rappresentato dall'on.le interrogante non si è mancato di interessare la società Poste, la quale ha significato di aver introdotto, fin dall'agosto 1988 ed a seguito di un accordo raggiunto con le organizzazioni sindacali, una nuova organizzazione del lavoro nel settore del recapito della corrispondenza a livello nazionale.
Ciò ha comportato un attento esame di tutti gli elementi utili a quantificare le prestazioni dei portalettere anche in considerazione della circostanza che i compiti di tali operatori sono stati alquanto ridimensionati atteso che gli stessi non debbono più provvedere alla consegna delle corrispondenze tassate, né al recapito dei pacchi.
Tutto ciò premesso in linea generale, per quanto concerne in particolare la situazione di Livorno, la medesima società Poste ha comunicato che la chiusura del CPO (centro postale operativo) della città - inserita tra gli obiettivi da raggiungere entro il 2002 - comporterà il trasferimento delle lavorazioni in arrivo ed in partenza per la provincia, al CPO di Pisa: tale riorganizzazione non determinerà, come paventato dall'interrogante, una diminuzione dei posti di lavoro, ma soltanto la ricollocazione presso altre strutture operative, delle unità prima applicate nel centro postale di Livorno.
Delle 118 unità interessate al movimento - ha tenuto a precisare la società - alcune (65 unità) saranno applicate presso il CPO di Pisa, altre (16 unità) presso l'ufficio di recapito di Livorno, mentre le rimanenti (37 unità) saranno destinate ad un nuovo ufficio di recapito - inserito nella struttura del settore di accettazione Grandi clienti - sempre nella città di Livorno, per essere applicati ad uffici che svolgono servizi mirati e differenziati: Grandi clienti e Servizio
pick-up (raccolta della corrispondenza dalle cassette di impostazione).


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Tale riorganizzazione, ad avviso della società, lungi dal creare un depauperamento di strutture e servizi nell'ambito della città in parola, permetterà di creare, come sopra specificato, due distinti uffici di recapito: ciò ovviamente non avrà conseguenze negative nello svolgimento del servizio in questione, ma consentirà di creare le premesse per un potenziamento dello stesso.
Quanto, infine, alla cessione dell'immobile - di proprietà di Poste Italiane - sito in via Glauco Masi ed attuale sede del CPO, la ripetuta società ha precisato che lo stesso non è, al momento, inserito nel piano di dismissione.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

TAGLIALATELA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nel corso delle operazioni di voto relative alle elezioni del 13 maggio 2001, il dottor Gerardo Capaldo, sindaco di Atripalda (Avellino), ha svolto le funzioni di rappresentante di lista del PPI;
l'esercizio della suddetta funzione gli ha consentito di votare nel collegio della Camera di Atripalda dove non è iscritto nelle liste elettorali in quanto residente ad Avellino (collegio diverso);
il dottor Capaldo non poteva quindi votare per il collegio della Camera per cui ha votato, come prescritto dalla legge;
peraltro, il dottor Capaldo, secondo l'interrogante, in qualità di sindaco di Atripalda, non avrebbe potuto svolgere, nello stesso comune, le funzioni di rappresentante di lista in quanto, a norma dell'articolo 54 del decreto legislativo n. 267 del 2000, egli era tenuto «alla vigilanza di tutto quanto possa interessare la sicurezza e l'ordine pubblico», rivestendo, quindi, la funzione di rappresentante del Governo;
tale veste gli derivava, altresì, dalla disposizione dell'articolo 26 della legge n. 340 del 2000;
non risulta protocollata alcuna dichiarazione di delega temporanea ad altro soggetto delle funzioni cui sopra;
quanto innanzi esposto è stato debitamente rilevato da un rappresentante di lista nel corso delle operazioni e risulta regolarmente verbalizzato;
alcun provvedimento assunse, nella circostanza, il presidente di seggio -:
quale valutazione dia il Governo in ordine al denunciato comportamento del sindaco di Atripalda e quindi sulla compatibilità tra funzioni di rappresentante di lista e funzioni di rappresentante del Governo.
(4-01885)

Risposta. - Da notizie acquisite tramite il competente ufficio territoriale del governo di Avellino risulta che, in occasione delle elezioni politiche svoltesi il 13 maggio 2001, il sindaco di Atripalda, dottor Gerardo Capaldo, ha svolto, nella sezione elettorale n. 9 del predetto comune, le funzioni di rappresentante supplente del senatore Nicola Mancino, candidato con il contrassegno «L'ulivo per Rutelli - Insieme per l'Italia» per l'elezione del Senato della Repubblica, nel collegio uninominale 18 della regione Campania.
Il predetto amministratore, pur risiedendo anagraficamente nel comune di Avellino, era legittimato a svolgere le funzioni di rappresentante del candidato Nicola Mancino nella citata sezione elettorale di Atripalda, atteso che l'articolo 12 del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533 richiede quale unico requisito per lo svolgimento di tale funzione l'iscrizione nelle liste elettorali del collegio.
Il dottor Capaldo era in possesso di tale requisito, essendo compresi sia il comune di Avellino (comune di residenza ed iscrizione nelle liste elettorali dell'amministratore) che il comune di Atripalda (comune nel quale il predetto ha svolto le funzioni di rappresentante di lista) nel collegio senatoriale 18 della regione Campania.
Le leggi elettorali non prevedono alcuna incompatibilità tra la funzione di sindaco di un comune e la funzione di rappresentante


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di candidato di lista nel medesimo comune, come invece sostenuto dall'interrogante.
Non potrebbe essere diversamente, dal momento che il rappresentante di una lista o di un candidato non è parte integrante dell'ufficio elettorale di sezione che, ai sensi dell'articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 si compone del presidente, di quattro scrutatori e di un segretario.
Né si potrebbe, altresì, sostenere che il dottor Capaldo non avrebbe potuto svolgere nel comune di Atripalda la funzione di rappresentante di lista in quanto, a norma dell'articolo 54 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), «era tenuto, nella qualità di sindaco, alla vigilanza di tutto quanto potesse interessare la sicurezza e l'ordine pubblico».
È, altresì, ininfluente il richiamo alle funzioni di ufficiale elettorale di cui all'articolo 26 della legge 24 novembre 2000, n. 340, anche perché le relative disposizioni hanno avuto effetto a decorrere dal 1o gennaio 2002.
Si evidenzia inoltre che, ai sensi del combinato disposto degli articoli 48 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 e 13 del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, i rappresentanti delle liste e dei candidati nei collegi uninominali alle elezioni della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica possono votare nella sezione presso la quale esercitano il loro ufficio purché siano elettori del collegio.
Nel caso di specie, il dottor Capaldo ha, quindi, legittimamente esercitato il diritto di voto nella sezione elettorale n. 9 del comune di Atripalda per le elezioni del Senato della Repubblica e della Camera, nella parte proporzionale, ma non avrebbe potuto votare - come invece ha fatto - per l'elezione del collegio uninominale della Camera dei deputati.
Il comune di Avellino e quello di Atripalda, pur ricadendo, infatti, nell'ambito della circoscrizione della Camera dei Deputati «Campania 2», sono compresi in due collegi uninominali diversi e, precisamente, nel collegio 11 (comune di Avellino) e nel collegio 12 (comune di Atripalda).
Tale voto, pur se illegittimamente espresso, non ha comunque influito sulle risultanze delle elezioni del collegio uninominale 12 della Camera dei deputati dove ha prevalso il candidato Alberta De Simone «L'Ulivo per Rutelli Insieme per l'Italia» con 35.986 voti rispetto ai 33.878 del candidato della «Casa delle Libertà», Arturo Iannaccone.
L'ufficio territoriale del Governo di Avellino ha da ultimo fatto presente che non risultano segnalazioni da parte di partiti, gruppi politici o privati cittadini tendenti ad evidenziare eventuali condizionamenti da parte del sindaco di Atripalda sulla libera espressione del voto da parte dei cittadini residenti in quel comune.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
da diversi decenni è attiva a Vienna - da alcuni anni con il nome ufficiale di Comitato italiano di assistenza scolastica «Leonardo da Vinci» - una scuola di italiano specificatamente destinata ai figli minori di italiani ivi residenti e che quindi non siano di madrelingua tedesca ma che - di norma bilingui - vogliano continuare nell'approfondimento dell'italiano;
non esiste a Vienna un'altra scuola italiana legalmente riconosciuta e si pone il problema del mantenere agli studi figli di italiani che non vogliano abbandonare la lingua madre;
la scuola sopravvive mediante contribuzioni private, rette pagate dagli studenti ed un modesto contributo del ministero degli affari esteri (di circa 15.000.000 annui);
è frequentata da circa 80 ragazzi/e e si trova in stato di obbiettiva necessità per proseguire nei corsi senza richiedere rette eccessive alle famiglie, molte delle quali di lavoratori dipendenti senza redditi elevati;


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vi sono rapporti regolari con l'Ambasciata d'Italia che, però, dichiara di non potere dare ulteriori fondi per questa attività -:
se il ministero non ritenga di dover incrementare il fondo annuo di dotazione a questa scuola o almeno predisporre un contributo straordinario per le sue documentate necessità didattiche, tenendo conto sia dei risultati ottenuti sia dei profondi legami che la legano alla comunità italiana di Vienna.
(4-01901)

Risposta. - L'associazione «Leonardo» di Vienna (Comitato italiano di assistenza scolastica), costituitasi nel 1994, rappresenta ormai un punto di riferimento per le famiglie italiane della capitale. I suoi corsi garantiscono infatti agli studenti dalle elementari al liceo il mantenimento di un legame con la lingua e la cultura italiana, tanto più opportuno qualora - come nel caso della maggior parte degli alunni iscritti - si tratti di figli di residenti temporanei in Austria.
Nel corso degli ultimi anni l'associazione «Leonardo» ha goduto di un generale apprezzamento, grazie all'eccellente livello dei programmi e del personale insegnante ed ha aumentato il numero delle classi da 8 a 12, con una frequenza di alunni tra i 92 ed i 110.
Pur precisando che per l'esercizio finanziario in corso da parte del comitato italiano di assistenza scolastica non è pervenuta al ministero degli affari esteri alcuna richiesta di finanziamento, la rappresentanza diplomatico-consolare a Vienna aveva espresso parere decisamente favorevole alla concessione di un elevato contributo ministeriale, articolato nel seguente modo:
a) per il 2000, lire 23.921.380 sul capitolo ex-3577 e lire 71.764.140 sul Fondo Sociale Europeo; a causa della sospensione dei contributi del predetto F.S.E., aveva poi richiesto un contributo straordinario di lire 71.764.140 sul capitolo ex-3577;
b) per il 2001, lire 84.000.000 sul capitolo ex-3577.

Le dichiarazioni attribuite all'ambasciata d'Italia a Vienna dall'Onorevole interrogante non possono quindi in alcun modo essere interpretate come espressione della volontà di non concedere finanziamenti, ma devono invece eventualmente riferirsi alla mancanza oggettiva di fondi disponibili a sostenere attività pienamente appoggiate dall'ambasciata e dal ministero degli affari esteri.
A partire dal 2000, a fronte di una crescente richiesta di interventi scolastici da parte della collettività italiana all'estero, la disponibilità di fondi sul capitolo 3153 è progressivamente diminuita, con una riduzione in particolare dei contributi erogati dal ministero degli affari esteri all'associazione «Leonardo» a lire 15.000.000 all'anno.
Inoltre, sempre a partire dall'esercizio finanziario 2000, la disponibilità di fondi per le attività di assistenza scolastica e la salvaguardia della conoscenza delle lingue materne è stata privata del contributo dell'Unione Europea per il sostegno di tali attività tramite il Fondo sociale europeo.
Il ministero interrogato continuerà a sostenere presso le competenti istituzioni la necessità di dotare i capitoli in questione dei fondi necessari ad assicurare lo svolgimento delle attività didattiche dell'associazione «Leonardo» di Vienna.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

ZANELLA, BULGARELLI, CENTO, CIMA e GROTTO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nel 1994 la procura della Repubblica di Trento avviava un indagine relativa all'utilizzo di plasma infetto di provenienza illecita o non certificata utilizzato per la produzione di emoderivati, con conseguente diffusione tra numerose persone di epidemia per virus HIV, HBV e HCV. In tale indagine venivano inizialmente coinvolti il titolare del Centro Trasfusionale locale, Michele Rubertelli e personale


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delle aziende Sclavo (gruppo Marcucci) e Padmore, società offshore britannica con sede nelle Isole Vergini, controllata dalla stessa Marcucci;
il 1 luglio 2000 la procura della Repubblica di Trento presentava richiesta di rinvio a giudizio per ventisette imputati, coinvolti a vario titolo nella vicenda, tra i quali: Guelfo e Paolo Marcucci, titolari dell'omonima ditta avente al tempo l'esclusiva in Italia per la lavorazione degli emoderivati, Duilio Poggiolini, ex direttore generale del Ministero della Sanità e Alessandro Corallo, titolare della Copla di Santa Marinella (Roma), oltre a numerosi dipendenti e funzionari pubblici;
il 12 dicembre 2000, all'udienza preliminare del processo penale, alla quale si erano presentati come parte civile 1340 soggetti emofiliaci, vittime delle trasfusioni effettuate con sangue infetto, e che doveva tenersi per i reati di cui agli articoli 81 comma 1, 2, 110, 113, 438 comma 1 e 2 codice penale, 81 comma 1, 2, 56, 452 codice penale, 624, 625 n. 7, con le aggravanti di cui all'articolo 61 n. 3, 7, 9, 11, il Giudice Giorgio Flaim rinviava gli atti alla Procura di Trento in seguito ad un'eccezione procedurale sollevata dagli avvocati del gruppo farmaceutico Marcucci, imputato al processo per aver commercializzato prodotti di cui conosceva l'inaffidabilità, essendo essi derivati da sangue non testato (proveniente anche da paesi dell'Est Europeo, soprattutto Polonia e Romania) e suscettibile dunque di infezione, come effettivamente risultò dalle analisi effettuate all'avvio delle indagini sulla quantità rimanente della stessa partita;
tali prodotti, inizialmente custoditi presso i magazzini Cariplo di Pavia, furono quindi lasciati a bordo di un autocarro refrigerato per circa tre mesi, in attesa di trovare altre celle frigorifere in affitto, in seguito reperite, parte presso la ditta milanese Farmarecord srl e, per la maggior quantità, presso i Magazzini Generali di Padova, dove il plasma fu stoccato in bidoni e occultato tra contenitori contenenti interiora animali e ortaggi;
nella sola Italia, in base alle richieste di indennizzo presentate al Ministero della sanità, sono noti i seguenti dati relativi alle persone che hanno subito danni dall'utilizzo dei prodotti in oggetto: 409 deceduti per Aids, ma portatori anche di epatite cronica; 924 infettati da virus Hiv su una popolazione iscritta al registro dei coagulopatici cronici di 8046 persone, pari ad una percentuale dell'11,483 per cento; 2142 infettati per Hcv, sulla popolazione degli iscritti, pari a 26,621 per cento; 86 partners dei coagulopatici cronici deceduti; 443 infettati per Hbv dal 1 luglio 1985 al 30 settembre 1999;
si apprende dalla stampa che il Giudice del Tribunale di Trento, Giorgio Flaim, ha chiarito nel corso dell'udienza preliminare che il Ministero della salute non si costituirà parte civile al processo ripreso in questi giorni non avendone fatta richiesta nei tempi utili, con la conseguenza di non poter prendere posizione in relazione alle prove presentate a supporto delle accuse -:
se non ritenga fatto di inaudita gravità la mancata costituzione come parte civile del Ministero della salute, soprattutto in considerazione del tormentatissimo iter giudiziario che le vittime, in gran parte decedute, hanno dovuto sopportare in questi anni, come ricordato da Angelo Magrini, presidente dell'Associazione Politrasfusi, che ha portato in giudizio il dicastero citandolo in qualità di «responsabile civile»;
se non ritenga la latitanza del Ministero della salute un'offesa intollerabile portata ai familiari delle vittime, costrette ad affrontare in questi anni sofferenze e ingenti spese economiche per assistere i propri cari senza che nessun risarcimento sia stato a tutt'oggi erogato a loro favore;
quali misure intenda intraprendere per appurare i motivi che hanno determinato la gravissima decisione del Ministero e, nel caso in cui essa derivi da colpevole negligenza nel rispettare i termini prescritti per la presentazione dell'istanza di costituzione di parte civile, se ritenga di


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dover sanzionare adeguatamente eventuali responsabilità personali che dovessero emergere.
(4-01661)

Risposta. - In merito al procedimento giudiziario presso il tribunale di Trento, diretto ad accertare le responsabilità derivanti dai gravissimi danni arrecati alla salute di numerosi pazienti dal sangue infetto presente nei prodotti emoderivati ad essi somministrati, il Presidente del Consiglio dei ministri onorevole Silvio Berlusconi, ha provveduto a dare la necessaria autorizzazione alla costituzione di parte civile dello Stato nel giudizio fin dal 27 settembre 2001.
La competente Avvocatura distrettuale di Trento vi provvederà non appena il giudice di udienza preliminare (GUP) avrà esaurito la parte procedurale relativa alla valutazione di eccezioni sulla costituzione delle parti civili ed avrà individuato l'elenco definitivo degli imputati e delle relative imputazioni.
Ed al rispetto dell'ordine di tale sequenza procedurale fa espresso richiamo anche la risoluzione approvata, con voto unanime, dalla Commissione igiene e sanità del Senato nel corso della seduta del 24 gennaio 2002, e sottoposta all'Assemblea in base all'articolo 50 del Regolamento del Senato.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

ZANELLA. - Al Ministro delle attività produttive, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
si apprende dalla stampa articolo de La Nuova Venezia del 5 febbraio 2002, che il Ministro delle attività produttive ha inserito nell'ambito delle priorità di intervento previste nella delibera Cipe del 21 dicembre 2001, un progetto per l'estrazione di gas dai fondali dell'Alto Adriatico, incaricando 3 società - Edison Gas, Eni-Agip e British Gas - di sviluppare la coltivazione di 16 giacimenti con 83 pozzi e 20 piattaforme (tra cui una piattaforma off-shore situata tra Chioggia e le foci del Po) e un gasdotto di 130 chilometri che dovrebbe far arrivare il gas a Porto Viro, Cavarzere e Manerbio, a fronte di una spesa complessiva di oltre un miliardo di euro;
l'Alto Adriatico, e soprattutto la laguna di Venezia, è un territorio di formazione geologica molto recente, con sedimentazioni alluvionali del quaternario, ed è soggetto ad un processo di compattazione e di subsidenza naturale (da 4 a 10 centimetri al secolo, con valori superiori nel Delta del Po), processo che ha tra le conseguenze più evidenti il fenomeno delle «acque alte» a Venezia e a Chioggia, ulteriormente aggravatosi negli ultimi decenni per l'innalzamento del livello del mare (eustatismo di 8,8-10,5 centimetri in questo secolo), per l'abbassamento del suolo (subsidenza complessiva da 9,5 a 13 centimetri, indotta soprattutto dalla grande estrazione di acqua dal sottosuolo nel dopoguerra per le industrie di Marghera, sospesa dopo l'alluvione del 1966) e per lo squilibrio idraulico-morfologico (in grado anche di accentuare le punte di marea) causato dagli interventi meno compatibili effettuati negli anni all'interno del bacino lagunare;
tali fenomeni di subsidenza, che interessano anche il fondo marino, indeboliscono il sistema delle «difese a mare» che si sta ricostruendo e consolidando da alcuni anni, diminuendo o impedendo il ripascimento naturale o artificiale dei litorali e innescando processi di erosione che confliggono con l'uso turistico-balneare delle spiagge;
si deve tenere presente che sino ad oggi non si dispone di una sicura tecnologia che consenta di ripressurizzare il sottosuolo contestualmente all'estrazione di gas, unica soluzione che potrebbe rendere teoricamente possibile l'estrazione del gas dal sottosuolo senza ingenerare fenomeni di subsidenza, e che va preservata la tenuta delle faglie tettoniche onde evitare il rischio di movimenti sismici come quelli verificatisi per estrazioni di


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idrocarburi nell'Olanda del nord (120 scosse dal 1968, di un'intensità fino a 3,2 gradi della scala richter);
già nel maggio 1997 il gruppo di lavoro, formato da geotecnici, geologi, ingegneri, urbanisti e ambientalisti, incaricato dal comune di Venezia di valutare l'impatto ambientale del progetto di estrazione di gas dal sottosuolo presentato dall'AGIP, perveniva alla conclusione che «alla luce della delicata situazione delle zone dell'Alto Adriatico, già soggette a subsidenza naturale, con quote deficitarie che non consentono ulteriore perdita alcuna di quota del terreno, neppure minima; nonché alla luce della subsidenza provocata dalla coltivazione di giacimenti di gas metano nel ravennate, [...] l'AGIP non può certificare l'affermazione dell'inesistenza di effetti di subsidenza lungo le coste e l'affossamento del fondale marino conseguente alla depressurizzazione dei giacimenti può comportare la rottura dell'equilibrio naturale e possibili fenomeni di erosione e di danneggiamento dei litorali»;
sulla scorta di questi studi scientifici il consiglio comunale di Venezia approvava all'unanimità nella seduta del 14 luglio 1997 un ordine del giorno che, nel condividere il parere e le conclusioni del gruppo di lavoro, giungeva alla conclusione che «alla luce delle attuali conoscenze già ampiamente documentate, anche dalle stesse elaborazioni dell'AGIP, non si può escludere che le attività di estrazione di idrocarburi liquidi o gassosi dal sottosuolo del tratto di mare compreso tra il parallelo passante per la foce del fiume Tagliamento ed il parallelo passante per la foce del ramo di Goro del fiume Po possano contribuire a provocare fenomeni di subsidenza», ritenendo quindi di dover applicare quanto prescritto dall'articolo 2-bis del decreto-legge 29 marzo 1995, n. 96, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 maggio 1995, n. 206, e decidendo di «escludere che tali attività di estrazione possano iniziare o riprendere»;
che negli anni seguenti prima la regione Veneto e poi il Consiglio di Stato, a cui l'Enel si era rivolta per avviare prospezioni di idrocarburi nella laguna di Venezia e nell'Alto Adriatico, avevano bocciato tali progetti perché ritenuti incompatibili con il rischio di subsidenza in un'area già danneggiata e compromessa dalle estrazioni d'acqua dei pozzi artesiani per le industrie di Marghera nel corso degli anni sessanta -:
in base a quali considerazioni di ordine scientifico, tecnico e di opportunità economica sia stato inserito nella delibera Cipe del 21 dicembre 2001 il progetto di estrazione di gas naturale dai fondali dell'Alto Adriatico;
quali siano stati i criteri che hanno portato all'individuazione delle tre società in oggetto - Edison Gas, Eni-Agip e British Gas - come destinatarie dell'esecuzione del progetto;
perché sia stata ignorata la forte opposizione all'attuazione di simili progetti, scientificamente motivata, manifestata in più occasioni dagli enti locali e ribadita in questi giorni anche dal Presidente della regione Veneto e dai rappresentanti locali di numerose forze politiche di vario orientamento;
perché non siano state tenute in alcun conto le competenze territoriali degli enti medesimi in fatto di salvaguardia ambientale e, in particolare, non sia stato applicato l'articolo 2-bis della legge 31 maggio 1995, n. 206 che prevede l'obbligo per i nuovi progetti di estrazione (dalla foce del Tagliamento al Delta del Po) di essere approvati «d'intesa con la regione».
(4-02067)

Risposta. - Nell'ambito di varie concessioni per la coltivazione di idrocarburi rilasciate dall'ex Ministero dell'industria all'ENI-AGIP spa, da sola o in contitolarità con la EDISON GAS spa, la BRITISH GAS RIMI spa e la SPI spa, l'ENI ha individuato, nel periodo 1967-1994, nell'area marina antistante le coste venete tra Chioggia ed il Delta del Po, riserve certe di gas metano secco per complessivi 28 miliardi di m3, ospitate in livelli mineralizzati compresi


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tra 1.000 e 800 metri di profondità dal fondo marino. L'investimento esplorativo è ammontato a circa 425 miliardi di lire e si è concretizzato nella perforazione di circa 70 pozzi.
Il progetto denominato «Alto Adriatico» prevedeva lo sviluppo e la messa in produzione dei 15 giacimenti in cui sono concentrate tali riserve, attraverso la perforazione di 83 pozzi e l'installazione di 19 piattaforme, una delle quali interamente dedicata ai controlli ed alla prevenzione ambientale tramite 4 pozzi, di cui 2 dedicati all'iniezione e 2 al controllo dei fenomeni di subsidenza eventualmente indotti dalla coltivazione e dalla conseguente depressurizzazione delle formazioni mineralizzate.
L'investimento per la realizzazione del progetto nell'arco di 5 anni era previsto in circa 670 milioni Euro. La successiva attività di coltivazione, che si sarebbe protratta per circa 20 anni, avrebbe portato positive ricadute di vario tipo ed entità, tra cui quelle legate alla movimentazione dell'indotto per le attività di supporto e di manutenzione.
Di fatto il progetto veniva «congelato» ai sensi dell'articolo 2-
bis del decreto-legge 29 marzo 1995, n. 96, convertito in legge 31 maggio 1995, n. 206 che ha prescritto la sottoposizione dei progetti e delle attività di coltivazione dei giacimenti di idrocarburi ad una specifica valutazione di compatibilità ambientale da parte del Ministero dell'ambiente, d'intesa con la regione Veneto.
In ottemperanza a quanto stabilito da detta legge, l'ENI presentava al Ministero dell'ambiente uno studio di impatto ambienta e (SIA) integrato da uno studio specifico sul problema della subsidenza comprendente anche una ricostruzione dell'assetto ideologico del bacino ed inoltre una simulazione previsionale di subsidenza basata su due modelli di cui una effettuata considerando una iniezione di acqua negli acquiferi laterali al campo di Chioggia.
Il Ministero dell'ambiente e la regione Veneto hanno quindi istituito una Commissione di esperti per la valutazione degli studi presentati dall'ENI. Tale Commissione, nel suo parere emesso nel marzo 1997, ha riconosciuto la validità del modello geologico, del progetto di iniezione e dello schema di coltivazione proposti ed ha infine ritenuto accettabili le simulazioni presentate dall'ENI, auspicando una verifica del modello con altri scenari di simulazione.
Il ministero dell'ambiente, d'intesa con la regione Veneto, ha quindi richiesto al Dipartimento Metodi e Modelli Matematici per le Scienze Applicate (DMMMSA) dell'Università di Padova una verifica dei modelli presentati e la messa a punto di un nuovo modello, con simulazioni che comprendessero scenari diversi in relazione alle caratteristiche meccaniche dei giacimenti. Il rapporto del DMMMSA, consegnato al Ministero dell'ambiente nell'agosto 1998, esclude qualsiasi impatto dell'attività estrattiva in termini di subsidenza sia su Venezia, sia, se si tiene conto delle programmate iniezioni di acqua negli acquiferi dei livelli produttivi, su Chioggia.
Nell'ottobre 1998, la Commissione nazionale di valutazione di impatto ambientale del ministero dell'ambiente, in seguito al rapporto DMMMSA, ha finalizzato la propria relazione istruttoria.
Il 3 dicembre 1999 è stato finalmente emanato, con un ritardo di circa tre anni e mezzo rispetto ai tempi stabiliti dalla citata legge n. 206/1995, il decreto sul progetto di sviluppo Alto Adriatico, d'intesa tra il Ministero dell'ambiente e la regione Veneto (
Gazzetta Ufficiale n. 304 del 20/12/99).
Nonostante le più favorevoli risultanze degli studi condotti sull'impatto ambientale delle attività, con riferimento alle previsioni di subsidenza eventualmente indotta dalla coltivazione del gas metano (con la tecnica della iniezione di acqua non vi sarebbero effetti di subsidenza per il giacimento più vicino alla costa - Chioggia è a 10 Km - mentre senza iniezione di acqua essa sarebbe di 1 cm a Chioggia e zero a Venezia), il predetto decreto introduce un divieto assoluto ed incondizionato alla coltivazione di idrocarburi liquidi o gassosi entro le 12 miglia nautiche dalla linea di costa del tratto di mare compreso tra il parallelo passante per la foce del fiume Tagliamento e il parallelo passante per la foce del ramo


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di Goro del fiume Po. In tale tratto di mare sono state rinvenute riserve di gas metano pari a oltre 13 miliardi di metri cubi.
Lo stesso decreto fissa le condizioni, procedimentali e sostanziali cui rimane subordinata la possibilità di autorizzare l'attivazione, prima in via sperimentale e poi eventualmente in via definitiva, di strutture di coltivazione relative a giacimenti, contenenti riserve di gas pari a oltre 14 miliardi di metri cubi, situati al di fuori dell'area in cui vige la proibizione.
Si segnala che nell'aprile del 2000, le società contitolari delle concessioni di coltivazione dell'Alto Adriatico hanno depositato un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, ancora pendente, per l'annullamento del citato decreto 3 dicembre 1999.
Si è così conclusa con forte ritardo, almeno per il momento ed in pendenza di detto ricorso o di altre eventuali sviluppi, l'annosa vicenda che ha sollevato fin dal maggio 1995 varie polemiche e che preoccupa fortemente le Società operatrici della zona, titolari delle relative concessioni di coltivazione. La proposta conclusiva appare grave per quanto riguarda il settore dell'upstream petrolifero. Sembra tuttavia opportuno rappresentare alcune considerazioni sulle prevedibili conseguenze negative, sia per l'economia del Paese che per la sua immagine.
I giacimenti di idrocarburi già scoperti nella zona marina interessata dal progetto di sviluppo «Alto Adriatico» sarebbero in grado, ove messi in coltivazione, di fornire circa il 20 per cento della produzione nazionale di gas prevista per il 2010 ed circa il 40 per cento della produzione nazionale di gas prevista nel 2014. Questa mancata produzione dovrà essere compensata con importazioni dall'estero, con evidente aggravio della spesa energetica.
Il blocco delle attività, ancorché parziale, vanifica investimenti programmati per circa 670 milioni Euro, da parte delle Società italiane e straniere operanti nella zona e induce una sicura perdita di capacità occupazionale valutata dall'ENI in circa 8.100 unità, tenuto conto delle ricadute su tutto l'indotto. Tali stime non tengono conto degli ulteriori effetti negativi conseguenti alla interruzione anche dell'attività di ricerca nella zona e, di riflesso, in altre aree, potenzialmente petrolifere del Paese, sia in terraferma che in mare.
L'immagine del Paese subisce danni consistenti poiché la vicenda «Alto Adriatico» ha rinforzato negli operatori del settore upstream il convincimento che in Italia non vi siano sufficienti garanzie di poter mettere in coltivazione i giacimenti scoperti dopo aver dispiegato ingenti e rischiosi investimenti per la ricerca.
Ne conseguirà, verosimilmente, un forte calo anche delle ricerche in Italia - già in atto registrabile - e, quindi, l'impossibilità di ricostituire le riserve di idrocarburi in misura tale da compensare la produzione nazionale, riserve che hanno valore strategico per un Paese forte consumatore di energia.
La mancata produzione comporterà minori entrate per lo Stato, e per la stessa regione Veneto, derivanti dalle
royalties.
Per tutti questi motivi il progetto Alto Adriatico, come riportato nell'interpellanza in esame, è stato recentemente inserito nella Delibera CIPE, con la quale sono state individuate le infrastrutture e gli insediamenti produttivi strategici per il Paese ai sensi della cosiddetta «Legge-Obiettivo» (n. 443 del 21 dicembre 2001).
Per quanto concerne le preoccupazioni sollevate nell'interrogazione in esame relativamente agli effetti della coltivazione del gas sulla subsidenza della costa, certamente dettate dalla giusta volontà di tutelare un'area di indubbio interesse quale è quella della laguna veneta è necessario precisare che il fenomeno di subsidenza registrato per il ravennate e in altre aree costiere della laguna veneta negli scorsi decenni, non è in alcun modo imputabile all'attività petrolifera, ma, piuttosto, alla estrazione di acque superficiali per altri usi, che nulla ha a che vedere con l'estrazione di gas metano profondo e praticamente secco da giacimenti marini distanti non meno di 10 km dalla costa.
Nel precisare che non risulta a questa amministrazione che l'Enel si sia mai occupata di prospezioni di idrocarburi nella


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laguna veneta e nell'Alto Adriatico, si fa presente che per valutare compiutamente gli attuali problemi del settore dell'upsteam degli idrocarburi in Italia (ricerca e coltivazione di giacimenti) si è svolta, nel settembre 2001 una riunione interministeriale, con la partecipazione anche dei rappresentanti dell'Avvocatura generale dello Stato, della regione Veneto e dell'Associazione Mineraria Italiana, nel corso della quale è stata presa in considerazione la preoccupante situazione di crisi in cui versa l'attività di ricerca di idrocarburi in Italia, derivante, fra le varie altre cause, anche dal blocco del progetto «Alto Adriatico». Nel corso dell'incontro in questione è stata espressa la necessità di esaminare tutte le possibili forme di rilancio del settore e, per quanto riguarda l'Alto adriatico, l'opportunità di pervenire ad un più approfondito confronto fra le amministrazioni interessate sulla base di certezze scientifiche, fermo restando che l'esigenza primaria di tutelare un patrimonio inestimabile come la laguna veneta debba prevalere su qualunque considerazione di carattere economico.
Sulla base di tutto quanto sopra riportato e con riferimento agli specifici quesiti posti con l'interrogazione di cui trattasi si può concludere affermando che per quanto riguarda il progetto di sviluppo e di coltivazione dei giacimenti di gas già scoperti nell'area marina denominata «Alto Adriatico» dalle Società ENI, EDISON GAS e BRITISH GAS, ancorché facente parte di programmi di lavori relativi a concessioni di coltivazione già a suo tempo conferite con decreti ministeriali sulla base della vigente normativa di settore, sarebbe auspicabile una ulteriore valutazione, che dovrebbe tuttavia essere condotta dalle amministrazioni interessate sulla base di elementi e dati di carattere scientifico, impiegando eventualmente modalità di controllo ancora più raffinate rispetto a quelle disponibili all'epoca della presentazione del progetto.
Le competenze della regione Veneto in materia di salvaguardia ambientale e, in particolare, quanto disposto, per il caso specifico dell'Alto Adriatico, dall'articolo 2-
bis dalla citata legge n. 206/1995, sono state pienamente applicate poiché, come si è detto, il decreto del Ministro dell'ambiente del 3 dicembre 1999, sopra illustrato, è stato emanato d'intesa con la regione Veneto.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Carlo Maurizio Valducci.