il giornale il manifesto, edizione del 15 marzo 2002, pubblicava un articolo che riportava brani di una lettera inviata da una donna colombiana di 44 anni, chiamata Maria, a suor Edita che da nove anni lavora con le detenute del carcere romano di Rebibbia;
la donna colombiana è stata condannata nel nostro Paese per droga ed è stata costretta a conoscere le umiliazioni subite all'interno del centro romano di permanenza temporanea per stranieri in attesa di espulsioni di Ponte Galeria;
Maria nella lettera dichiara di essere stata portata a Ponte Galeria dove le è stato chiesto di lavarsi e di non rivestirsi perché avrebbe dovuto passare una visita medica. Nel corso della visita un dottore e un altro uomo non meglio identificato le hanno allargato le gambe, visto le parti intime e toccata ripetutamente;
suor Edita ha denunciato l'accaduto alla direzione di Ponte Galeria ma è stata derisa dallo stesso medico che aveva effettuato la «visita»;
la donna colombiana aveva il diritto di spogliarsi davanti a donne visto che non aveva chiesto lei di essere visitata e non aveva neanche chiesto di essere portata a Ponte Galeria;
la normativa vigente prevede che dopo il primo foglio di via, l'immigrato irregolare, possa lasciare il nostro Paese da solo e soltanto se ritrovato in Italia debba essere accompagnato nei centri di permanenza temporanea per essere successivamente espulso -:
se non ritenga necessario ed urgente avviare una inchiesta relativa alla grave umiliazione vissuta dalla donna colombiana e denunciata da suor Edita, allo scopo di individuare le responsabilità su quanto accaduto e sanzionare i colpevoli;
quali azioni intenda intraprendere affinché fatti come quelli denunciati da suor Edita non abbiano più ad accadere;
per quali motivi la donna colombiana sia stata portata nel centro di Ponte Galeria e non sia potuta andare all'aeroporto immediatamente per uscire dal nostro Paese.
(4-02573)