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l'Unità, ha effettuato una visita all'interno del Centro militare di S. Lucia a Civitavecchia;
da alcuni giorni operano sul territorio afgano reparti delle forze armate italiane nell'ambito dell'Isaf, l'International security assistance force, sulla base della risoluzione 1386 del Consiglio di sicurezza dell'Onu;
dell'Isaf fanno parte unità militari appartenenti a diciotto Paesi, sotto il comando del maggiore generale McColl del British Army;
l'Isaf si trova in Afghanistan sulla base del Military technical agreement sottoscritto dal brigadiere generale McColl e dal Ministro dell'interno del Governo provvisorio dell'Afghanistan, creato sulla base degli accordi di Bonn del 5 dicembre 2001;
l'articolo 4, lettera h, del suddetto Military technical agreement recita testualmente: «Coalition forces are those national military elements of the US-led international coalition prosecuting the »War on Terrorism« within Afghanistan. The Isaf is not part of the Coalition forces» («Le Coalition forces sono quelle unità militari nazionali della coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti che conduce la »guerra al terrorismo« all'interno dell'Afghanistan. L'Isaf non fa parte delle Coalition forces»);
dall'articolo 4 del Military technical agreement si evince pertanto chiaramente, secondo l'interrogante, che le forze partecipanti all'Isaf si trovano in Afghanistan nell'ambito di una operazione diversa da quella denominata «Enduring freedom», alla quale l'Italia partecipa sulla base del decreto-legge 1o dicembre 2001;
è pertanto evidente, secondo l'interrogante, che le truppe italiane dell'Isaf stanno attualmente operando senza alcuna copertura giuridica e senza che le spese connesse abbiano ottenuto dal Parlamento la necessaria autorizzazione -:
se il Governo sia consapevole di quanto evidenziato dall'interrogante e se non intenda porre immediatamente rimedio alla situazione venutasi a creare.
(3-00590)
il giornalista Antonio Mira del quotidiano L'Avvenire, come si legge dal suo articolo e da un articolo analogo apparso in data 21 ottobre 2001 sul quotidiano
il Centro militare di S. Lucia, circa 70 ettari sotto la zona della Tolfa, a pochi chilometri dal centro di Civitavecchia, custodisce un deposito di armi chimiche-biologiche, residui della prima e della seconda guerra mondiale, di produzione italiana e in parte di produzione tedesca e austriaca;
è presente in grande quantità l'Iprite, un liquido composto da solfuro di cloro-dietano, particolarmente pericoloso perché può produrre ustioni difficilmente rimarginabili nel tempo;
la sicurezza della struttura militare è affidata ad una ditta privata;
in seguito alle notizie di stampa il Procuratore Capo della Procura Militare, dott. Intelisano, ha disposto un sopralluogo dei Carabinieri ed ha aperto un fascicolo per stabilire le responsabilità dell'assenza di controllo del complesso di S. Lucia -:
perché non vi era adeguata vigilanza al Centro che tra l'altro è un obiettivo altamente sensibile perché se colpito da una bomba o da un missile potrebbe avere conseguenze assai gravi per lo spargimento dell'iprite nell'ambiente;
perché nonostante l'Italia avesse aderito fin dal 1925 al protocollo di Ginevra, sottoscritto da 42 paesi che si impegnavano di mettere al bando le armi biologiche e chimiche, sono ancora oggi conservati depositi di iprite della prima Guerra Mondiale (contro i quali tra l'altro negli anni '80 furono fatte manifestazioni pubbliche a Civitavecchia e furono anche formulate interrogazioni parlamentari anche in relazione al fatto che nelle campagne coloniali in Libia nel '29-'30 e in Abissinia nel '35-'36 le Forze armate italiane avevano fatto uso dell'iprite);
quale materiale chimico è custodito negli altri magazzini che furono creati per le armi chimiche comprese quelle al fosforo di Lago di Vico e Scanziano Belfiore;
se i depositi di armi chimiche che sono stati costruiti per la Nato da parte degli USA nel nord-est d'Italia a San Vito al Tagliamento, Monsano al Tagliamento e Theo Ronchis di Latisana (che facevano parte di un lotto di 16 depositi per cui gli Usa stanziarono 6 miliardi di dollari) sono da considerarsi «legali» in relazione alle norme internazionali. Si tratta di obiettivi molto sensibili ad attacchi terroristici come il sopraddetto deposito di Civitavecchia;
quali fondi sono stati stanziati nei vari capitoli di bilancio come quelli che hanno riguardato: le spese per l'esercizio e la manutenzione e la riparazione di armi, armamenti, munizionamento, materiali di guerra e di difesa N.B.C. e le spese per il Centro di energia nucleare e per il Poligono sperimentale Interforze di Nettuno;
quali sono stati i programmi di approvvigionamento di aggressivi chimici e quali i contratti per l'approvvigionamento di armi chimiche e aggressivi chimici sono stati definiti negli ultimi 10 anni.
(5-00549)
il signor Pietro Lagreca, nato a Gravina in Puglia (Bari) il 30 ottobre 1975, dopo essere stato incorporato in data 12 luglio 1994 come volontario in ferma permanente presso l'80o reggimento «Roma» di stanza a Cassino (Frosinone), ed avervi seguito un corso di addestramento, veniva trasferito prima al 183o Reggimento paracadutisti «Nembo», Caserma «G. Marini» di Pistoia, e poi ancora al 185o Reggimento paracadutisti di Livorno, dove prendeva parte ad un nuovo corso di addestramento;
dal 9 ottobre 1996 al 1o febbraio 1997 il signor Lagreca partecipava con il contingente italiano all'operazione «Joint Endeavour» in Bosnia Erzegovina;
al suo ritorno a Gravina, nel maggio del 2000, egli manifestava gravi disturbi della personalità e dei comportamenti;
i familiari nel tentativo di individuare l'origine e le cause di tali disturbi richiedevano insistentemente alle autorità militari informazioni circostanziate sullo stato di salute del loro congiunto durante il periodo della ferma, senza però ottenere risposta alcuna;
stando a notizie di incerta attendibilità assunte dalla stessa famiglia, il signor Lagreca avrebbe dato segno di alterazione psichiche già nei mesi immediatamente successivi al congedo, trascorsi appunto - non si sa se per sua libera e autonoma decisione - a Livorno -:
quali compiti e quali mansioni siano stati assegnati al signor Lagreca durante l'intero periodo di ferma e soprattutto nel corso della missione in Bosnia;
se egli sia mai stato, nello stesso lasso di tempo, sottoposto a ricovero ospedaliero o comunque a cure mediche e per quale durata;
i motivi per cui le autorità militari abbiano negato ai familiari ogni informazione sullo stato di salute del signor Lagreca durante il periodo di ferma.
(4-01844)