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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge, 20 agosto 2001 n. 336, recante disposizioni urgenti per contrastare i fenomeni di violenza in occasione di competizioni sportive.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Informo che i presidenti dei gruppi parlamentari Democratici di sinistra-l'Ulivo e Margherita, DL-l'Ulivo ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazione nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Paniz, ha facoltà di svolgere la relazione.
MAURIZIO PANIZ, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto-legge in esame è stato emanato poco prima dell'inizio del campionato di calcio di serie A, al fine di adottare nuove e più efficaci misure per arginare il fenomeno della violenza negli stadi. Nella scorsa legislatura la Commissione giustizia della Camera dei deputati ha approvato un progetto di legge diretto a contrastare tali fenomeni che, a causa del termine della legislatura, non è stato possibile approvare definitivamente.
Le nuove misure previste nel decreto-legge sono rivolte a rendere più ampia la prevenzione dei casi di violenza nonché ad accentuare il rigore per il contrasto di quei comportamenti che sono sempre più spesso all'origine dei disordini sia all'esterno sia all'interno degli impianti sportivi.
Senza stravolgerne il contenuto, il Senato ha apportato alcune modifiche al testo del decreto-legge al fine di meglio coniugare l'esigenza di assicurare strumenti adeguati per contrastare la violenza nello sport con quella di salvaguardare le garanzie costituzionali di libertà e difesa della persona.
I punti centrali del decreto-legge sono i seguenti: allargamento della platea dei soggetti che possono essere destinatari delle misure di prevenzione emesse dal questore, divieto di accesso agli stadi, inasprimento delle prescrizioni imposte dal questore, introduzione di nuove figure di reato (lancio di oggetti contundenti ed invasione di campo), possibilità di procedere
all'arresto per i reati commessi in occasione di manifestazioni sportive al di fuori dei casi di flagranza.
L'articolo 1 reca una serie di modifiche alla legge 13 dicembre 1989, n. 401, già modificata dal decreto-legge 22 dicembre 1994, n. 717 convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 1995, n. 45.
Occorre, in primo luogo, premettere che il decreto-legge nel suo testo originario utilizzava indifferentemente il termine di «manifestazione sportiva» e quello di «competizione agonistica». Il Senato, al fine di dare omogeneità al testo, ha optato per il primo termine. Tale scelta ha finito per estendersi alla stessa legge n. 401 del 1989, in quanto è stato approvato un emendamento con il quale il termine «competizione agonistica» è stato sostituito in tale legge tutte le volte in cui esso ricorreva con quello di «manifestazione sportiva». In realtà, non si tratta di una mera modifica di carattere linguistico in quanto la nozione di manifestazione sportiva è più ampia di quella di competizione agonistica.
In sostanza, a seguito di tale modifica del testo, il decreto-legge e la legge n. 401 del 1989 trovano un'applicazione più estesa rispetto a quella originaria.
Altra questione di carattere generale e relativa all'ambito applicativo del provvedimento in esame è quella inerente al nesso che deve legare l'episodio violento con la manifestazione sportiva. Secondo il decreto-legge in esame non è necessario un nesso di causalità, ma è sufficiente quello di occasionalità.
La lettera a) sostituisce i commi 1 e 2 dell'articolo 6 della citata legge, prevedendo l'estensione delle ipotesi in cui è facoltà del questore disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive. Tale divieto può essere imposto anche a soggetti denunciati o condannati, anche con sentenza non definitiva, nel corso degli ultimi cinque anni per una serie di ipotesi. Eccole in ordine: violazione del divieto di usare caschi protettivi o qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona; accesso ai luoghi delle manifestazioni sportive con emblemi o simboli razzisti o discriminatori; lancio di corpi contundenti o altri oggetti idonei a recare offesa nei luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive; superamento indebito di recinzioni o separazioni dell'impianto sportivo con pericolo per la pubblica incolumità o invasione del campo di gioco nel corso delle manifestazioni; partecipazione ad episodi di violenza su persone o cose in occasione, o a causa, di manifestazioni sportive; aver incitato, inneggiato o indotto alla violenza nelle medesime circostanze.
Rispetto al testo originario è stata introdotta dal Senato una delimitazione dell'arco temporale entro il quale deve essere stata denunciata o condannata la persona affinché questa possa essere destinataria della prescrizione emessa dal questore. Tale modifica è stata giustificata dall'esigenza di ancorare il divieto ad un parametro che sia effettivamente significativo della pericolosità del soggetto nei cui confronti è imposto il divieto. La mancanza di un limite temporale rischierebbe di attribuire rilevanza a denunce e sentenze di condanna che, essendo troppo risalenti nel tempo, non potrebbero essere sintomatiche di un'effettiva pericolosità del soggetto. Il Senato, nonostante siano state formulate diverse critiche in tal senso, non ha escluso la possibilità che il destinatario del divieto possa essere anche il soggetto che sia stato solamente denunciato per i fatti descritti nella norma.
Con la modifica del comma 2 del predetto articolo 6 viene prevista espressamente la possibilità per il questore di disporre che il destinatario del divieto di accesso agli stadi si presenti tenendo conto dell'attività lavorativa dell'invitato - si tratta di una novità introdotta dal Senato - una o più volte nel corso della giornata di svolgimento delle competizioni sportive presso gli uffici di polizia e non solo in orario compreso nel periodo di tempo in cui si svolgono le competizioni stesse. La ratio della norma è evidente: gli incidenti tra tifosi spesso si verificano non nel corso delle manifestazioni sportive, bensì prima o dopo le stesse.
La lettera b) introduce il comma 2-bis all'articolo 6 con il quale, in relazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 144 del 1997, viene espressamente previsto che la notifica della prescrizione del questore di presentazione presso l'ufficio di polizia deve contenere l'avviso che l'interessato può presentare, personalmente od a mezzo di difensore, memorie o deduzioni al giudice competente per la convalida. L'esigenza di rafforzare il momento del contraddittorio deriva dall'incidenza notevole che le prescrizioni sottoposte a convalida hanno sulla libertà personale.
Nel corso del dibattito in Senato, a tale proposito, si è richiamata la sentenza della Corte costituzionale n. 136 del 1998 nella quale si rileva che: «il carattere strumentale del provvedimento che dispone l'obbligo di comparizione rispetto al divieto di accesso non esclude che al giudice per le indagini preliminari spetti pur sempre il controllo sulla ragionevolezza ed esigibilità del provvedimento medesimo in vista di un giudizio prognostico che deve attingere non ad atti formali, bensì alla concreta ed attuale pericolosità del soggetto». Si è, quindi, prospettata l'eventualità che in sede di convalida il giudice per le indagini preliminari possa modificare il contenuto e la durata della prescrizione emanata dal questore.
Tale tesi non è stata accolta, in quanto è stata preferita quella esposta dal rappresentante del Governo, il quale ha osservato che, in sede di convalida, i poteri del giudice per le indagini preliminari dovrebbero essere limitati alla valutazione dei presupposti di legittimità del provvedimento adottato dal questore.
Lo scopo è quello di consentire che il provvedimento possa essere modificato in sede amministrativa, senza ricorrere a lunghe e complesse procedure giudiziarie. La lettera c) sostituisce i commi 3, 5 e 6 del citato articolo 6. La nuova formulazione del comma 3 stabilisce che la prescrizione di cui al comma 2 ha effetto a decorrere dalla prima manifestazione successiva alla notifica all'interessato ed è immediatamente comunicata al procuratore della Repubblica presso il tribunale o al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, se l'interessato è persona minore di età.
Inoltre, viene specificato che le prescrizioni cessino di avere efficacia se il pubblico ministero non richiede la convalida con decreto motivato entro le quarantotto ore dalla notifica del provvedimento e se il giudice per le indagini preliminari non convalida nelle quarantotto ore successive.
Il comma 5 prevede l'aumento da uno a tre anni della durata massima del divieto di accesso agli stadi e delle connesse prescrizioni di cui al comma 2 del medesimo articolo 6. Il comma 6 è riformulato per adeguare, alle nuove modalità e termini del divieto di accesso agli impianti sportivi e delle connesse prescrizioni, le analoghe misure che il giudice pone nei confronti dell'imputato o del condannato per violazione degli obblighi disposti dal questore.
In particolare, si prevede che il contravventore alle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi. Nell'udienza di convalida dell'arresto il giudice, qualora ne ricorrano i presupposti, dispone misure coercitive relative all'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria (articolo 282 del codice di procedura penale) e del divieto di obbligo di dimora (articolo 383 del codice di procedura penale), anche al di fuori delle condizioni di applicabilità previste per le misure coercitive dall'articolo 280 del codice di procedura penale.
La lettera d) introduce l'articolo 6-bis, recante nuove e specifiche figure di illecito penale nell'ambito dello svolgimento di manifestazioni sportive. La norma dispone che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque lanci corpi od oggetti contundenti in modo da creare un pericolo per le persone, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e chiunque effettui lo scavalcamento di recinzioni o separazioni dell'impianto sportivo - ovvero l'invasione del campo di gioco - è punito, se dal fatto deriva un pericolo per le persone, con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda da lire 300.000 a 2 milioni.
Rispetto al testo originario, il Senato ha specificato che la modalità della condotta debba essere tale da mettere in pericolo le persone. Tale precisazione è quanto mai opportuna, in quanto, altrimenti, si rischierebbe di sanzionare penalmente anche quelle manifestazioni di gioia dei tifosi che, astrattamente, potrebbero essere ricondotte alle fattispecie descritte dalla norma in esame, ma che, di fatto, non determinano alcun pericolo per le persone. Si pensi, ad esempio, all'ultima giornata dello scorso campionato di serie A, quando la partita Roma-Parma fu interrotta a causa dell'invasione di campo da parte dei tifosi della Roma che, anticipatamente, festeggiavano lo scudetto che la loro squadra stava per vincere: non sono questi gli episodi che il provvedimento in esame è diretto a contrastare.
Le lettere e) e f) introducono la previsione dell'arresto entro i limiti delle quarantotto ore successive al fatto per gravi tipologie di reati di violenza commessi in occasione di manifestazioni sportive e per le violazioni ai divieti del questore.
In particolare, la norma dispone che nei casi di reato commessi con violenza alle persone o alle cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive - per i quali è obbligatorio o facoltativo l'arresto ai sensi degli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale e per quelli di cui all'articolo 6-bis, comma 1, della presente legge -, gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, qualora non sia possibile procedere nell'immediatezza ma siano stati già acquisiti elementi dai quali risulti con evidenza che il soggetto è autore della condotta, possono comunque eseguire l'arresto, entro e non oltre, il termine delle successive quarantotto ore.
Nel testo originario il presupposto per poter procedere all'arresto, al di fuori della flagranza, era dato da tre elementi: l'impossibilità di procedere all'arresto dei responsabili; l'acquisizione di elementi dai quali emergessero chiaramente gravi, precisi e concordanti indizi di colpevolezza nei confronti dell'autore del reato; il non superamento del termine massimo di 48 ore dal fatto.
Il Senato ha modificato il testo, da un lato, estendendo agli agenti di polizia giudiziaria la legittimazione ad arrestare fuori dei casi di flagranza e, dall'altro, sostituendo l'elemento degli indizi gravi, precisi e concordanti con quello degli elementi che rendono evidente che il soggetto è autore del comportamento.
La disposizione è giustificata sulla base della modalità in cui i reati, inerenti a manifestazioni sportive, sono commessi.
Dall'esperienza risulta evidente il pericolo che deriva per l'incolumità pubblica da azioni dirette ad arrestare in flagranza i responsabili di reati commessi nel corso di tumulti o di invasioni di campo.
In tali occasioni è opportuno, piuttosto che procedere all'arresto, cercare di identificare con certezza i responsabili per poi arrestarli successivamente.
La lettera g) introduce due nuovi articoli: 8-bis e 8-ter, riguardanti, rispettivamente, la previsione del giudizio direttissimo per i reati considerati e l'applicabilità della disciplina in questione anche ai fatti commessi durante le trasferte.
L'articolo 2 apporta modifiche alla legge 18 aprile 1975, n. 110, con particolare riguardo alla previsione dell'aumento di pena per i reati di porto d'armi o di oggetti atti ad offendere, qualora il fatto avvenga nel corso o in occasione di manifestazioni sportive.
In conclusione, il provvedimento riveste particolare carattere di urgenza e merita di essere approvato così da apportare idonei strumenti per contrastare i gravi fenomeni di violenza che, purtroppo, turbano la vita dello sport in Italia (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
MARIO PESCANTE, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali. Signor Presidente, questo provvedimento si inserisce in un discorso molto delicato che riguarda uno spettacolo amatissimo
dagli italiani, quello del calcio, che negli ultimi anni è stato devastato da episodi chiamati, prima, di piccola criminalità, poi, di criminalità, quindi, di delinquenza assoluta.
Non solo, ma con una progressione, con un'escalation di violenza dovuta sicuramente al fatto che i protagonisti si ritengono, si ritenevano, impuniti, dunque esenti da qualsiasi tipo di sanzione.
Ciò è avvenuto per tre diversi motivi: la legislazione precedentemente in atto non consentiva - faccio degli esempi, che faranno sussultare gli esperti di diritto - alle forze dell'ordine, nel momento in cui si tentava di introdurre nello stadio armi improprie, di considerare ciò un reato. Si procedeva solamente al sequestro e, qualche volta, all'uscita dello stadio, qualcuno aveva anche il coraggio di richiedere il coltellino, la piccola tenaglia o la chiave inglese che era stata per caso rinvenuta nelle sue tasche.
L'aspetto più delicato riguarda gli artifici pirotecnici che, per un certo periodo, hanno fatto parte del folclore della tifoseria e che, negli ultimi due anni, hanno prodotto decessi e amputazioni alle forze dell'ordine, che cercavano di intervenire al fine di evitare l'esplosione.
Non è stato un fenomeno solo italiano, è nato in Gran Bretagna e da noi tutti è conosciuto come fenomeno degli hooligans.
Dunque, abbiamo studiato quale era il provvedimento più opportuno, tenendo presenti i provvedimenti adottati da due paesi: Francia e, soprattutto, Inghilterra.
La Francia ha adottato un provvedimento di carattere - direi - educativo e sanzionatorio, non avendone particolare necessità, perché durante gli incontri di rugby e di calcio non si è mai verificato questo tipo di deviazioni; quello degli hooligan è stato, invece, un fenomeno molto importante, che il nostro paese ha conosciuto, dolorosamente, con la strage dell'Heysel, in cui sono rimaste vittime tifosi italiani.
Sulla base delle leggi inglese e francese ed a seguito dell'esperienza maturata durante i mondiali di calcio e dopo, si è ritenuto di introdurre, nella legislazione, alcune innovazioni che riguardano, principalmente, la qualificazione di reato per taluni comportamenti che si manifestano nel momento in cui si va allo stadio. In secondo luogo, sono stati qualificati come reato comportamenti che nello stadio erano, addirittura, tollerati, quali scavalcamenti di settore o invasioni di campo, che producevano, tutt'al più, provvedimenti sanzionatori dell'ordinamento sportivo nei confronti delle società, spesso ricattate dal comportamento di questi - chiamiamoli impropriamente - tifosi. Lanciare un motorino dall'alto di uno stadio - e voi sapete che si è verificato un caso di questo tipo - ha prodotto la squalifica del campo per responsabilità oggettiva della squadra, dopodiché la persecuzione dell'atto secondo le norme del nostro codice è avvenuta attraverso una denuncia all'autorità giudiziaria, e così via: questi giovanotti, la settimana successiva, erano di nuovo allo stadio.
Un terzo argomento, molto delicato, riguarda anche tutto ciò che avviene al di fuori della manifestazione sportiva o della partita di calcio o di altro sport: mi riferisco al comportamento delle tifoserie al momento della trasferta. Ebbene, fino a qualche tempo fa - e vi dirò perché solo fino a qualche tempo fa - abbiamo assistito a scene da far west: treni ed autobus distrutti, autogrill saccheggiati. Per alcuni reati, come il danneggiamento di autogrill e di vetture, ci sono articoli del codice penale ai quali rispondere; però, purtroppo, questo tipo di comportamento è stato sempre tollerato, quando si è verificato nel contesto di una manifestazione sportiva. Ci sono casi rarissimi di arresti o di condanne nei confronti di tifosi che hanno distrutto interi convogli ferroviari: gli unici arresti sono stati nel caso di decesso; come purtroppo ricorderete è avvenuto in occasione del lancio di una molotov all'interno di un treno.
Questo nostro provvedimento risponde all'obiettivo di ricondurre agli stadi le famiglie, i giovani, i bambini e di cacciare dagli stadi i protagonisti di questi episodi. Pur senza seguire la letteratura corrente, è
sufficiente avvicinarsi a qualche film girato all'uopo: coloro che, impunemente, hanno tenuto, in uno stadio, comportamenti che non si sognerebbero mai di tenere per strada o che, comunque, terrebbero per strada di nascosto, diventano gli eroi del quartiere, gli eroi del club. Questo tipo di - tra virgolette - eroe ultras, purtroppo, ha fatto proseliti; questa macchia si è allargata, siamo arrivati agli slogan razzisti, siamo arrivati, poi, alle lotte fra tifoserie, alle quali hanno cercato di far fronte le forze dell'ordine - e ne sono impegnate 10 mila unità, ogni domenica - con strumenti giuridici inesistenti.
Amici, so che c'è un dibattito in punta di diritto che, per la verità, mi ha trovato - per così dire - impreparato, ma, nello stesso tempo, molto attento: quello che voglio dirvi, con molta chiarezza, è che qui ci sono dati incontestabili. Nelle prime sette giornate del campionato non si sono verificati incidenti degni di rilievo ed i raffronti tra gli incidenti, gli arresti ed i danneggiamenti di quest'anno e quelli dello scorso anno danno chiaramente l'idea che il fenomeno si è non soltanto ridotto ma, addirittura, praticamente annullato: questi signori le norme le conoscono molto bene. Devo dire che per le prime due giornate abbiamo ritenuto che il fatto potesse essere occasionale; poi, alla settima giornata - scongiuri a parte -, abbiamo avuto netta la sensazione che la risposta era stata quella che volevamo. Si continua a studiare, c'è un osservatorio nazionale, che prende in esame tutto quello che accade la domenica, c'è una statistica e ci sono rilievi molto chiari; quindi, la risposta è altrettanto chiara.
Potete leggere, non solo sulla stampa sportiva, ma anche sulla stampa in generale, quali benefici ha dato questo decreto-legge, e devo dire anche quali sono stati i risultati che hanno ottenuto gli addetti all'ordine pubblico: c'è stata la riduzione di centinaia e centinaia di arresti di persone, perché nel momento in cui la perquisizione per entrare nello stadio non ha più come sanzione massima il sequestro ma l'arresto, vi rendete conto che, ormai, se prima c'erano mille persone a filtrare i tifosi, ora ne bastano 100 o al massimo 200.
Ci sono altri dettagli che riguardano soprattutto il meccanismo delle diffide per andare allo stadio. Molto spesso le persone arrestate per atti di violenza allo stadio erano diffidate: il meccanismo della diffida non funzionava. Si è trovata una formula, anche qui, molto più propria, vale a dire quella di ripetere la firma nell'ambito della stessa giornata, visto che, molto spesso, la firma avveniva qualche quarto d'ora prima della partita e il diffidato andava allo stadio a fare danni prima, durante o dopo la partita: questo è un meccanismo che ci cautela e ci garantisce anche in questo senso.
Non voglio entrare adesso nel merito dei singoli articoli perché li conoscete meglio di me. Devo dire che questo è un provvedimento che ha ridato grandissima serenità e al quale seguirà, rispetto a coloro che in sede di Commissione hanno posto questo problema, anche un impegno successivo. Attraverso un disegno di legge, che sarà presentato alla Camera fra qualche giorno, alla Commissione cultura e alla Commissione giustizia, noi obbligheremo anche le società sportive ad un comportamento che va nella stessa direzione delle sanzioni che ora prevediamo, nel senso che, al di là del fatto sanzionatorio, è importante anche il fatto preventivo.
Prevenzione vuol dire obbligare le società a determinati comportamenti e sanzionarle pesantemente nell'eventualità che ci sia un maggior numero di biglietti venduti rispetto alla disponibilità dei posti (e questo accade), nell'eventualità che ci sia una forma di complicità tra tifoserie e società per atti che, ovviamente, sono meritevoli di attenzione dal punto di questa sanzionatorio, che va punito.
Il fatto importante è l'introduzione di un meccanismo attraverso il quale si passa alla personalizzazione del biglietto, che sarà verificata attraverso lettori ottici. Questo vuol dire poter disperdere il tifoso nell'ambito dei posti che verranno assegnati, il che comporta anche la titolarità
del biglietto che dovrebbe, tra l'altro, far venir meno un altro fenomeno di microcriminalità, quello del bagarinaggio. Questo provvedimento è stato impropriamente stralciato dal decreto, visto che il fatto di non poterlo attuare prima di un anno o due creava una incongruenza rispetto al decreto-legge. Tuttavia, ci impegneremo in questa direzione, così come in quella della prevenzione utilizzando come testimonial i grandi campioni, che nelle scuole e nei club faranno opera di educazione a condizione che - devo dire con una punta di rammarico - gli atleti stessi non si rendano protagonisti di atti di rissa nel campo o nelle sue vicinanze, dando un pessimo esempio e rendendo un pessimo servizio ai principi ai quali cerchiamo di ancorare questo provvedimento: in questo senso, ci sono anche delle iniziative che svolgeremo in contatto e in collegamento, in particolare, con la Lega nazionale calcio.
Un ultimo discorso attiene alle scritte razziste, che sono di vario tipo e che riguardano anche il razzismo del nord verso il centro e viceversa. Anche l'aver sanzionato in maniera severa questa eventualità ha prodotto l'assenza di questi striscioni, di questa - chiamiamola impropriamente - propaganda negli stadi. Non c'è stato bisogno di intervenire nelle prime sette giornate, eppure, voi sapete molto bene che ci sono stati abbinamenti dolorosi e tragici, tali per cui poteva comparire qualche striscione con una sua consonanza politica: anche questo non c'è stato.
In definitiva, siamo di fronte a un provvedimento legislativo che, essendo entrato subito in vigore, in quanto decreto-legge, ha già dato dei risultati straordinari. Sta noi a adesso, nei limiti delle norme di diritto e della nostra Costituzione, cercare di portare avanti questo provvedimento senza rischiare di disancorarlo dai nostri principi fondamentali, evitando che la scadenza del decreto-legge (che è del 20 ottobre), con passaggi tra le varie Camere, lo faccia naufragare (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale).
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Annunziata, iscritto a parlare: si intende che vi abbia rinunziato. È iscritto a parlare l'onorevole Cola. Ne ha facoltà.
SERGIO COLA. Signor Presidente, le motivazioni portate del rappresentante del Governo sono da considerarsi ampiamente soddisfacenti; la questione sarà trattata in modo più completo dal collega Butti, soprattutto con riferimento al tema della prevenzione.
Nelle poche notazioni che tratterò nel corso del mio intervento mi preme sottolineare soprattutto il fatto che in queste prime giornate di campionato non si sono verificati incidenti. Ciò è stato confermato anche in Commissione giustizia dall'onorevole Gironda pochi minuti fa; d'altronde ne ero già a conoscenza.
Il decreto-legge in questione, se non mi sbaglio, è del 20 agosto 2001; dopo circa 50 giorni - in una fase ormai avanzata dei campionati di serie A e B e dei campionati semiprofessionisti - non si sono avuti ancora incidenti. L'onorevole Gironda faceva riferimento in termini molto simpatici all'unico episodio in cui si è reso protagonista l'allenatore del Brescia Carletto Mazzone, ma questo incidente non è da considerarsi tale né tantomeno può essere sanzionato...
ALFREDO BIONDI. Caratteriale.
SERGIO COLA. ...essendo dipeso da un fatto caratteriale perfettamente comprensibile se non anche addirittura giustificabile.
Ho detto questo per sottolineare che anche nella scorsa legislatura ci siamo interessati dell'argomento; il Governo di centrosinistra non ha ritenuto opportuno procedere con un decreto-legge e, se lo avesse fatto, molto probabilmente avrebbe colto nel segno, così come ritengo abbia colto nel segno il Governo della Casa delle libertà nel momento in cui, con estrema decisione, e già riuscito ad ottenere risultati positivi verificabili ogni domenica in cui si svolgono competizioni sportive.
Devo dire che l'esame del provvedimento risulta essere di estrema semplicità; le modifiche alle leggi del 1989 e del 1994 sono più che fondate e - ritengo - trovano il consenso di tutti, compresi i rappresentanti del centrosinistra. In un certo senso tali modifiche sono da considerarsi analoghe a quelle prospettate nella precedente legislatura, infatti è prevista l'estensione del divieto di accesso a chi è munito di caschi, a chi lancia oggetti ed a chi usa espressioni razziste. Riguardo a quest'ultimo punto vorrei fare una notazione: il rappresentante del Governo ha detto che bisogna naturalmente perseguire chi si lascia andare a manifestazioni di carattere razzista. Se tutti avessero lo spirito e la filosofia dei napoletani, molto probabilmente non ci sarebbe bisogno di legiferare.
Durante una partita i napoletani rispondendo ai tifosi veronesi che li avevano chiamati «africani» e «terroni», fecero riferimento a Giulietta - simbolo di Verona -, gratificandola con aggettivi certamente non degni di una nobildonna. L'intelligenza e la filosofia napoletana in quel caso servì a spegnere ogni tipo di reazione.
Non posso non condividere anche l'inasprimento delle prescrizioni che sono quanto mai dovute, salutari ed efficaci, perlomeno a livello di deterrenza. Condivido anche le norme che prevedono il divieto di accesso o l'obbligo di presentazione.
Per la verità esistono solamente due problemi: il primo pare sia stato superato essendo stato anche oggetto di particolare attenzione al Senato, da parte dell'Ulivo; mi riferisco alla definizione «manifestazioni sportive» che cambierebbe in «competizioni agonistiche».
Ritengo che la differenza non sia poi tanta e che non si voglia eccedere in manifestazioni esasperate nel vero senso della parola; l'espressione «manifestazioni sportive» può tutelare ogni tipo di esigenza rappresentata in questo provvedimento.
L'aspetto che costituisce il punctum dolens di questo provvedimento è quello relativo alla norma che prevede, secondo alcuni, la possibilità di un fermo, cioè la facoltà di procedere all'arresto entro 48 ore dalla verifica del fatto di colui che si sia reso, con evidenza di prova, responsabile di una delle attività sanzionate. Si eccepisce che attraverso questa norma si pone in essere un attentato alla Costituzione, si ristabilisce il fermo di polizia giudiziaria in termini forse non conferenti alla gravità del comportamento. Ritengo che queste osservazioni non siano assolutamente peregrine. Ove mai dovessimo dire ciò, non saremmo coerenti con l'impostazione che abbiamo e che abbiamo sempre dimostrato in quest'aula.
Vorrei però anche ricordare, soprattutto a coloro che hanno sollevato la questione, che una normativa del genere è stata sottoposta al vaglio della Corte costituzionale. Lo si è fatto, per la verità, in relazione alla legge n. 1423 del 1956 con le misure di prevenzione; ancorché la pena sia una pena limitata, non superiore a tre anni ed il reato abbia natura contravvenzionale, si è reso possibile il fermo anche al di là della mera flagranza o la quasi flagranza di reato. Un analogo esempio, senza che la Corte costituzionale abbia bollato il provvedimento di illegittimità, è quello relativo agli arresti domiciliari per l'evasione. L'evasione può portare all'arresto ancorché questo non avvenga nell'ambito della flagranza del reato o della quasi flagranza. Non ergiamoci a vestali dell'ordine democratico e della nostra civiltà giuridica, soprattutto quando chi assume tale veste ha contribuito a legiferare in maniera tale che contraddice con quanto si assume in quest'aula; ma non è questo il discorso.
Pongo anche altri problemi di natura pratica e concreta. È stato previsto un nuovo reato, ai sensi dell'articolo 6-bis, comma 1, che prevede una pena da sei mesi a tre anni di reclusione. Lo si è inserito nell'ambito di applicazione dell'articolo 381 del codice di procedura penale (arresto facoltativo in flagranza di reato o quasi flagranza di reato), però non ci si è resi conto che per questo tipo di pena non sarebbe possibile l'emissione di una ordinanza di custodia cautelare poiché vi è il divieto imposto dall'articolo 280 del codice
di rito. Naturalmente ciò, il problema sussiste perché con una norma del genere (entro le 48 ore), onestamente parlando, incontrerei delle difficoltà, anche se abbiamo assistito ad una serie di decisioni, soprattutto della giurisprudenza, di legittimità che ci hanno fatto sobbalzare. Si potrebbe teoricamente parlare anche di flagranza di reato ancorché l'arresto sia possibile entro le 48 ore. Sarebbe una forzatura enorme parlare in questi termini ma, se noi dovessimo anticipare il termine a 24 ore, ciò non sarebbe scandaloso né si potrebbe dire che nel caso di specie non sussistono i presupposti per procedere all'arresto, rientrando la fattispecie nella quasi flagranza di reato.
Si sono prospettate, nell'ambito delle discussioni per la verità passionali che abbiamo avuto nella maggioranza, altre soluzioni; mi riferisco per esempio alla soluzione prospettata dall'onorevole Ghedini (certamente ve ne parlerà quando entreremo in medias res quindi nell'esame degli emendamenti); si tratta di un emendamento fatto proprio in Commissione dal centrosinistra, relativo alla possibilità di far rientrare l'ipotesi nell'applicazione dell'articolo 384 del codice di procedura penale in connessione con il pericolo di fuga.
Anche questa è un'ipotesi percorribile: vi dico pertanto che se le cose restassero così come sono, non vi sarebbe alcun tipo di scandalo ed anzi vi sarebbe una risposta data in termini fermi e decisi alle aspettative dell'opinione pubblica. Quest'ultima, quando vede una persona, così come capitò al povero Paparelli - credo si chiamasse così la persona uccisa a Roma - lanciare un oggetto che colpisce il viso e che provoca ferite gravi (naturalmente non mortali, altrimenti ricadremmo nell'ambito di un altro tipo di reato: infatti, se il soggetto dovesse morire ci troveremmo di fronte ad un omicidio preterintenzionale; nel caso opposto, ci troveremo con delle lesioni semplici e forse neanche di fronte alla possibilità di emettere un'ordinanza di custodia cautelare) si aspetta che tale gesto teppistico venga punito. La risposta viene data, probabilmente con una forzatura.
Ritengo che vi siano tutti i presupposti per poter pervenire, anche col concorso dell'opposizione, ad una soluzione che soddisfi le esigenze rappresentate nel provvedimento e soprattutto il desiderio di non travalicare in nessun caso i confini della nostra civiltà giuridica.
Ritengo che si possa essere aperti a qualsiasi soluzione, sempre che sia in grado di consentirci il varo del provvedimento. Anche perché - e concludo, dal momento che non credo debba aggiungere altro - abbiamo il divieto di reiterazione e, ove mai non dovessimo portare in porto il provvedimento, vi sarebbe un vuoto legislativo della durata di quattro o cinque mesi, durante i quali noi saremmo veramente preoccupati dell'ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive e di incontri calcistici.
Concludo pertanto il mio breve intervento, affermando che sussistono tutti i presupposti per poter esprimere un voto positivo sulla conversione del decreto-legge, che si presenta anche con tutti i requisiti di straordinaria necessità ed urgenza - non voglio qui sottolinearlo -, ed è estremamente efficace e positivo sotto il profilo normativo, salvo l'aspetto di cui ho parlato in questo momento e sul quale si soffermeranno diffusamente anche coloro che interverranno domani.
Pertanto, praeannuncio il voto favorevole dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale e soprattutto apprezzamento alla fermezza e alla decisione del Governo che ha dimostrato di essere realmente efficiente, dando corso immediato al provvedimento che è già legge (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e di Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bonito. Ne ha facoltà.
FRANCESCO BONITO. Signor Presidente, ascoltando i colleghi, soprattutto quelli della parte a me contraria, ho maturato il convincimento che le strade del garantismo sono infinite. Or non è molto, qualche giorno fa, abbiamo ascoltato con attenzione e rabbia l'elogio del
timbro. Stasera abbiamo ascoltato e ancor più ascolteremo nelle prossime ore e domani l'elogio del fermo fuori flagranza: un concetto che non esiste in nessuna parte del nostro ordinamento giuridico, che non è presente nella nostra Costituzione, in palese contrasto con quest'ultima.
Ma andiamo con ordine, signor Presidente: innanzitutto, penso che l'opposizione debba porre una questione di metodo, per così dire, preliminare.
Ventiquattro ore fa, a quest'ora, il Senato della Repubblica era ancora impegnato nella discussione del decreto-legge che oggi è al nostro esame.
Perché evoco tale circostanza? Perché stiamo parlando di decreti-legge, quindi di potestà legislative; perché siamo costretti ad esaminare il testo al nostro esame nel giro di pochissime ore e pochissimi minuti; perché dobbiamo esaminare un testo di legge e articolare le nostre proposte emendative nel lasso di pochi minuti; perché, domani mattina, questo provvedimento sarà definitivamente approvato, giacché c'è stata già preannunciata una sua blindatura nella forma, nei contenuti e nella sostanza.
Stiamo discutendo e discettando di potestà legislative, signor Presidente. Il decreto-legge è il riconoscimento costituzionale di una potestà legislativa affidata al Governo, che non ha potestà legislativa, giacché essa appartiene al Parlamento. Ed allora, se di fronte ad un decreto-legge, all'opposizione vengono assegnati pochi minuti e poche ore, se discutiamo virtualmente di norme che attengono alla libertà personale dei cittadini italiani e non possiamo interloquire efficacemente, non possiamo emendare, neppure quando gli emendamenti proposti rispondono ad una ragionevolezza assoluta (così come mi propongo di provare di qui a poco), la potestà legislativa è ancora in capo al Parlamento? Esercitiamo noi i poteri costituzionali? Ci mettono in grado di esercitarli o, attraverso questi sistemi e questi metodi, stiamo trasferendo la potestà legislativa a chi non deve averla, se non in casi di eccezionalità e di urgenza? È inutile dire che reputo l'interrogativo del tutto retorico.
Ma veniamo, adesso, ai contenuti del decreto-legge. È noto - ella lo sa bene, signor Presidente, per le responsabilità che aveva nella scorsa legislatura - che il centrosinistra si è molto impegnato su questa materia. Come sempre, abbiamo usato il nostro solito metodo di lavoro (ma, glielo dico per inciso, se dovessi tornare a frequentare questo Parlamento non più come membro dell'opposizione, bensì nuovamente come membro della maggioranza, molte cose cambierebbero e, se ciò accadrà, molte cose cambieranno), interloquendo, discutendo, chiamando tutto il mondo possibile dell'associazionismo a dire la sua, dialogando con l'opposizione, con i gruppi, con i sottogruppi, con gli individui, con tutti. I nostri provvedimenti nascevano da parti estremamente faticosi. Lo abbiamo fatto anche per questa materia e, anche questa volta, abbiamo sbagliato. La risposta è che in 24 ore noi dobbiamo approvare la conversione di questo decreto-legge che, ovviamente, non tiene assolutamente conto del grande lavoro che abbiamo fatto noi in passato. Penso che anche il sottosegretario Pescante, seppure con diverse e distinte responsabilità, abbia conosciuto e sicuramente apprezzato quel lavoro, perché senza dubbio anch'egli è stato ripetutamente e reiteratamente ascoltato ed invitato.
Il nostro lavoro aveva una sua dimensione globale, una sua visione d'insieme, sistematica; cercavamo di fare bene le cose, non so se ci riuscivamo. Abbiamo affrontato il problema delle sanzioni, delle nuove figure di reato, dei rapporti tra la tifoseria e le società, delle responsabilità delle società e dei tesserati, degli interventi di prevenzione: nel testo al nostro esame non c'è nulla di tutto questo. Di quel grande lavoro culturale e politico, che comunque rimane affidato alle carte di questo Parlamento, non è rimasto più nulla. Sono rimaste le sanzioni, le nuove figure di reato e questa enorme anomalia del «fermo fuori flagranza», che è un
istituto nuovo, a mio avviso pericolosissimo (ma devo dire che molti colleghi saggi dell'attuale maggioranza pensano altrettanto).
E devo ammettere che sono abbastanza stupito, sottosegretario Pescante, dei peana, della soddisfazione che ella ha dimostrato nel suo intervento a nome del Governo.
Lei sostiene la tesi - ed è bene mettere i puntini sulle «i» - che, grazie a questo decreto-legge, la violenza negli stadi è stata debellata, non esiste più e che se approvassimo emendamenti migliorativi di questo decreto-legge si rischierebbe, dall'oggi al domani, che la violenza torni ad invadere le nostre piazze, i nostri stadi e i parcheggi vicini ai nostri campi sportivi.
Non ascolti me - perché notoriamente, da quando siedo in questo Parlamento, ho acquisito il difetto della faziosità e sono fazioso: appassionato e fazioso - ma lo chieda agli illustrissimi avvocati che siedono tra i banchi della maggioranza e sostengono il suo Governo. Chieda loro se sia mai accaduto, non dico nella storia di questo paese e dell'Europa, ma nella storia dell'umanità che una risposta repressiva abbia avuto l'effetto di estirpare il delitto e, comunque, ciò che si contrastava. Non è mai accaduto e si convinca, sottosegretario Pescante: non accadrà, purtroppo, nemmeno questa volta.
Non dico ciò per contrastare il nuovo regime sanzionatorio che questo Governo ci ha proposto e che noi abbiamo accettato, perché, comunque, ripercorre per grandi linee quella che era la proposta del centrosinistra nella scorsa legislatura. Il punto non è questo.
Lei, sottosegretario Pescante, mi deve spiegare per quale ragione discetta e discute di violenza negli stadi e di grandi incontri del campionato nazionale di serie A, e poi propone, a questo Parlamento, una disciplina che si deve applicare alle partite tra scapoli e ammogliati. Lei, questo, me lo deve spiegare poiché questo provvedimento, con le modifiche apportate dal Senato, si applicherà, in tutto il suo apparato repressivo - che, ripeto, noi condividiamo perché l'avevamo proposto grosso modo anche noi -, a tutte le manifestazioni sportive.
Ciò significa, sottosegretario Pescante, che, quando il giudice famigerato leggerà questa norma e dovrà applicarla, vedrà che c'è un decreto-legge proposto dal Governo in cui si parla di «competizioni agonistiche» e vedrà poi che un emendamento del Parlamento ha cancellato l'espressione «competizioni agonistiche» sostituendola con «manifestazioni sportive». Quindi, logicamente, penserà che, non soltanto le partite di serie A, B, C e D, ma anche la partita tra scapoli e ammogliati è una manifestazione sportiva; il torneo dei pensionati, quelli studenteschi, le migliaia e migliaia di iniziative di questo tipo sono tutte manifestazioni sportive, tutte manifestazioni amatoriali. Sicché accadrà, sottosegretario Pescante, che, durante un torneo di calcetto - in cui c'è in palio una bella coppa offerta dalla maggiore agenzia di assicurazione del paese - nel corso di una bella scazzottata - che sarà, certamente, da stigmatizzare - intervenuta tra i dieci atleti, sarà sufficiente che un giovanotto di diciotto o diciannove anni, che va scuola e che magari viene preso dalla passione del momento agonistico, scavalchi una rete per trovarsi impigliato in questo po' po' di normativa che stiamo approvando. Se questo è ragionevole, lo affido alla sua ragionevolezza.
Non è soltanto per questo, signor Presidente e onorevoli colleghi, che noi contestiamo questa legge. Il fermo fuori flagranza vedrà la nostra ferma opposizione: è incostituzionale, è contro l'articolo 13 della nostra Costituzione, è inaccettabile, sposta gli equilibri che il costituente, faticosamente, ma nitidamente, ha delineato tra ciò che deve fare la polizia e ciò che devono fare i magistrati.
Non possiamo votare il testo che ci viene presentato e contro di esso ci opporremo per le ragioni che, successivamente e più diffusamente, espliciteremo con il plenum di quest'Assemblea.
Noi pensiamo che di fronte alla proposta da noi fatta in Commissione - che ribadiamo questa sera e che ribadiremo in
ogni momento domani - sia la maggioranza che il Governo debbano prestare maggiore ascolto. Sottosegretario Pescante, noi proponiamo a questa maggioranza ed al Governo di espungere dal testo di legge al nostro esame la parte riguardante questa nuova ipotesi di fermo fuori flagranza; proponiamo, altresì, di ripristinare il testo proposto dal Governo, reintroducendo la locuzione «competizioni agonistiche» in luogo di «manifestazioni sportive». Con queste due modifiche, domani mattina approviamo la legge e ci impegniamo, come opposizione, a non fiatare nel passaggio in Senato, rispetto al quale diamo la nostra disponibilità a fare approvare il disegno di legge anche domani sera. Poiché siamo in presenza di un Governo «da corsa» vogliamo farvi battere tutti i record: 48 ore, 24 ore, 12 ore; vi offriamo questa possibilità, che, tra l'altro, potrete orgogliosamente iscrivere nel Guinness dei primati.
Non diteci che non è possibile; non ripeteteci, così come ha fatto il sottosegretario alla giustizia, che questo non è possibile, che non ci sono i tempi, che ci sono la finanziaria e la sessione di bilancio: il provvedimento non comporta oneri finanziari; è un decreto-legge e può essere approvato dal Senato tranquillamente. Occorre una cosa soltanto: la volontà politica; dimostratecela e noi manterremo l'impegno che politicamente - anche se la mia persona è molto modesta - stiamo qui assumendo. Aspettiamo una vostra risposta; se questa non arriverà, domani, come al solito, faremo fino in fondo, con molta decisione - con molta faziosità, se vuole - il nostro dovere (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo e Misto-Verdi-l'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Mazzuca. Ne ha facoltà.
CARLA MAZZUCA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, sappiamo tutti come la violenza sia un fenomeno in crescita, qualitativa e quantitativa, all'interno degli stadi. Gli episodi violenti di una volta, connotati da una certa goliardia - si verificavano, per lo più, scazzottate tra tifosi - sono diventati una vera e propria emergenza e c'è, come molti dicono, una manifestazione di violenza organizzata di tutti i tipi, che ha arrecato danni alle persone ed alle cose, fino a provocare addirittura - come in molti casi è avvenuto - lesioni gravi, gravissime e finanche la morte. Il sottosegretario Pescante ci ha ricordato alcuni di questi episodi, recenti e meno recenti.
La violenza di questi tifosi - lo dico tra virgolette - è organizzata per delinquere e non caratterizza più soltanto alcune grandi città o alcune squadre, ma si è diffusa in tutto il territorio nazionale e, purtroppo, anche a livello internazionale. Talora, non si verifica neanche più in occasione delle partite di calcio. Abbiamo visto vere e propria guerre, con eserciti schierati, con armi - improprie -, con tattiche e strategie, che a mio parere non possono essere contrastate soltanto con interventi di mantenimento dell'ordine pubblico. C'è qualcosa di più in questa vicenda, c'è qualcosa di molto preoccupante che va indagato più a fondo, che va capito, al fine di contrastarlo, in senso ampio, con maggiore efficienza ed efficacia.
Il problema, dunque, non è soltanto quello di reprimere questa violenza; non è soltanto quello di facilitare e di ampliare, anche in modo improprio - come l'onorevole Bonito ha appena rilevato - l'uso del codice penale, così come fa il decreto-legge di cui si chiede la conversione. Tra l'altro, insigni giuristi hanno affermato che già esisterebbero idonei strumenti giuridici per colpire coloro che commettono gravi violenze negli stadi, avviando un'azione di repressione affidata alla responsabilità dell'autorità di polizia giudiziaria. E allora perché tante volte non sono stati utilizzati tali strumenti? Invece, con il decreto-legge in corso di conversione, insieme a tante giuste misure, che piacevano anche al centrosinistra di cui faccio parte, si sono volute creare nuove ipotesi di fermo giudiziario, che arrecano un vulnus alla nostra
procedura penale, peraltro rischiando di non risolvere ed anzi di aggravare il problema.
Il problema, infatti, come ho accennato prima, oltre ad essere di ordine pubblico, è prevalentemente di carattere sociale e culturale; richiede, quindi, una efficace presa d'atto della necessità di operare in questi due ambiti, realizzando politiche di reale prevenzione. Innanzitutto, è importante prevenire le azioni delittuose attraverso l'azione educativa - lei prima l'ha accennato - i cui contenuti ho cercato di individuare nella trascorsa legislatura insieme ai colleghi del Comitato parlamentare per lo sport, che mi auspico si possa ricostituire, e al più presto. Tra i diversi interventi da realizzare, occorre, innanzitutto avviare una campagna educativa nelle scuole, fra i giovani, che richiami i principi ispiratori dell'attività sportiva ed allontani dalla violenza; occorre poi finanziare tutte le associazioni sportive disposte a portare avanti questo genere di educazione allo sport, oltre che la pratica sportiva, e prevedere che i mass media, i giornali, la radio, la televisione, Internet, ospitino una campagna di informazione rivolta a tutti, giovani ed adulti, affinché lo sport torni ad essere una occasione di incontro e non lo scontro tra masse di individui violenti ed incontrollati.
La seconda questione, assai importante, a mio parere, riguarda la necessità di prevedere che le società miliardarie, che operano nel campo professionistico (perché è là che avvengono soprattutto tali misfatti), oltre alle squalifiche, siano chiamate a rispondere civilmente dei danni alle persone e alle cose provocati dai loro tifosi, obbligandole così a sanzionare, a loro volta, sul piano civile, ma soprattutto sul piano associativo e su quello sociale, che è quello forse che brucia di più, i tifosi responsabili di tali danni. Infatti, come ho cercato così velocemente di dimostrare, prevenzione non può e non deve significare soltanto lotta preventiva al crimine in senso giudiziario. Non si tratta solo di prevedere, come pure si è fatto e come talora è giusto, norme penali e di procedura penale più ampie e più efficaci o - quello che noi non condividiamo - di concedere alle forze di polizia la facoltà di arresto e di fermo anche in caso di non flagranza, andando oltre l'immediatezza della commissione del reato - ben oltre le 48 ore dai fatti - , anche per fattispecie di reato che possono essere di minima entità.
Non voglio entrare (non ne sarei in grado, tra l'altro) in polemiche costituzionali di diritto penale sulla libertà personale e sulle leggi eccezionali e speciali che comprimono tali fondamentali diritti. Di esempi ne abbiamo avuti in passato e ne avremo in futuro. La nostra memoria deve ricordarci che, a volte, l'applicazione di leggi eccezionali è stata una cosa positiva (pensiamo al terrorismo), ma assai più spesso è stata negativa, e ha favorito l'inizio di una pesante, pericolosa e antidemocratica involuzione.
Tuttavia, sul piano squisitamente politico, non posso esimermi dall'osservare come, nel riaffermare il giusto principio per cui la responsabilità penale è personale, si siano inaspriti gli strumenti di prevenzione e repressione poliziesca della violenza negli stadi, si sia allargata la platea dei soggetti destinatari, si siano previste nuove figure di reato, nuove possibilità di intervento, e basta. E basta! Ed è questo «basta» che ci fa essere così critici, anche se favorevoli a gran parte di questo provvedimento. Non mi sembra quindi questa la strada giusta da percorrere.
Il testo del decreto-legge, con le modifiche apportate dal Senato, se restasse quello che è attualmente, non risolverebbe infatti il problema della violenza negli stadi, per il semplice motivo che non affronta il problema radicalmente e in modo diretto. Questo avviene a causa della sua parzialità, che non corresponsabilizza le società sportive, che versano - come sappiamo - ingenti contributi in denaro per sostenere le spese di viaggio delle trasferte dei tifosi, che finanziano le pubblicazioni a stampa dei club (anche le più folli), le trasmissioni sportive che le coinvolgono e che danno loro visibilità, i mille prodotti (magliette, bandiere e sciarpe) destinati al consumo dei loro tifosi, perché
siano vestiti e contrassegnati ma, purtroppo, anche perché diventino, qualche volta e sempre più spesso, a tutti gli effetti, eserciti in divisa di guerra.
Di fronte a tale evidenza che si fa? Si è fatto finta di non vedere ed infatti il decreto del Governo, peraltro già in vigore, ci propone di limitare libertà fondamentali dei cittadini, creando un precedente che può farci temere l'affermazione, in futuro - un po' alla volta, dolcemente, per il bene pubblico (si dice sempre così) -, di uno Stato di polizia. È vero, ci è stato preannunciato - da lei, sottosegretario Pescante - un ulteriore disegno di legge che farà giustizia, forse, di queste preoccupazioni (non di tutte naturalmente, le più gravi rimarranno in piedi se il testo non sarà modificato) e allora in questa attesa (io le credo, signor sottosegretario, ci conosciamo da troppo tempo per non crederle) cerchiamo, almeno, di stabilire, con certezza, cosa si intende fare a regime, quando, cioè, oltre al decreto ci sarà una legge che aiuterà a prevenire, veramente, la violenza negli stadi. In tal senso, noi, deputati del gruppo della Margherita, abbiamo chiesto al Governo di assumere impegni precisi con l'approvazione di un ordine del giorno da noi presentato.
Mi sia consentita, infine, qualche ultima considerazione che dovrebbe farci riflettere - in previsione di una ulteriore normativa più ampia e più adeguata - su questi problemi.
Negli stadi, talora, ci sono delinquenti anche perché qualcuno ce li ha voluti - si legge, è stato affermato anche da esimi rappresentanti delle forze dell'ordine -, perché qualcuno ha tollerato certi comportamenti e perché li ha persino sostenuti (e questo chiunque segua lo sport lo sa benissimo). Contrastare tale violenza, quindi, come ho già detto, con le norme penali più severe che stiamo discutendo, non basterà. Temo, anzi, che tali norme, nostro malgrado, andranno a fare compagnia a quelle già in vigore - perché ve ne sono - per essere poi completamente disapplicate, o, peggio, per continuare, anzi, per divenire, sempre più, discrezionali e quindi fondamentalmente arbitrarie ed ancora più ingiuste. Che senso ha, infatti, arrestare facinorosi sulla base di un semplice rapporto di polizia o di una semplice denuncia? Finiremo, assai spesso, temo, per punire, non tanto e non solo i responsabili, ma anche, insieme ai responsabili, alcune vittime del fenomeno violenza, ossia tutte quelle persone che, abbastanza stupidamente, pongono in essere un rituale applaudito - e magari imitato dai più giovani, dai meno dotati - che comincia con i gridi di guerra e finisce con le botte, dalle botte passa alle molotov e si esalta contro le cariche della polizia, si nutre di eroismi (fra dieci virgolette) e di azioni temerarie di poveri stupidi - lo ripeto - che hanno abboccato all'amo di uno spettacolo nello spettacolo che si svolge, ogni domenica, negli stadi, non sul campo, ma nei numerosi anelli che lo circondano: i parcheggi, le piazze, le strade circostanti, la stessa città che ospita talune manifestazioni. Eppure, lo dice anche il Governo, la violenza negli stadi è organizzata e, allora, chiediamo a chi di dovere di affrontare questi problemi da un punto di vista oggettivo; chiediamo di indagare a fondo su chi organizza la violenza e, senza finti veli, affrontiamo il problema di chi tollera tali organizzazioni.
Le società sportive realizzano profitti enormi per l'organizzazione di partite di calcio (anche se poi, magari, spendono più di quel che guadagnano), mentre lo Stato deve mettere a disposizione ogni sabato e domenica, nonché i martedì ed i mercoledì di coppa, più di diecimila unità di personale delle forze di polizia (credo si tratti di circa 11 mila unità) per garantire l'ordine pubblico, facendo pagare a tutti i cittadini anche la disorganizzazione, la non coerente attivazione di coloro che sono preposti a capire, ad andare al cuore, all'origine del problema, nonché i rapporti ambigui che talune di queste società intrattengono con i propri tifosi.
Bisogna anche considerare che gli incidenti negli stadi si sono trasformati da scontri fra le tifoserie a scontri tra la tifoseria e le forze dell'ordine. Anche questo la dice lunga sulla necessità di agire con serietà e con profondità di intenti e di
politiche sul piano culturale ed educativo. È chiaro, però, che non si può restare ad attendere che la cultura della non violenza e del rispetto diventi parte integrante ed acquisti più peso nell'educazione scolastica e nei messaggi dei mezzi di comunicazione. Si deve intervenire con urgenza, ma non solo con soluzioni a breve termine, bensì avviando fin da subito interventi che creino un circolo virtuoso a medio e lungo termine che, in prospettiva, possa ridurre al minimo il problema.
Auspico che il decreto-legge possa essere adeguatamente modificato e, naturalmente, approvato al più presto. Una delle chiavi risolutive di questo problema, e mi avvio a concludere, rimane però, come ho ampiamente illustrato, il coinvolgimento delle società sportive, coinvolgimento che, ove è stato consentito e realizzato (ciò è avvenuto in molti paesi), sta dando ottimi risultati (pensiamo ad esempio alla Gran Bretagna).
In questo senso, io personalmente, come anche tutti i colleghi della Margherita, DL-l'Ulivo, mi sono impegnata, e mi impegno, per chiedere al Governo di assumere a sua volta impegni precisi e formali, che anticipino i contenuti del provvedimento preannunciato dal sottosegretario Pescante e che preludano ad una rapida discussione parlamentare sia in riferimento all'approvazione di questo decreto-legge emendato, sia per l'approvazione di un disegno di legge ad hoc. Un disegno di legge che guardi lontano, che agisca in modo fattivo ed efficace per il bene dei giovani e della società tutta, affinché si trovi nello sport, come deve essere, un momento di arricchimento e di crescita civile nell'ambito - è bene ricordarlo - di una tradizione più che bimillenaria di confronto e di correttezza che lo sport, anche agonistico, deve anch'esso rappresentare (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.
MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, il Governo ed il Parlamento sono nemici dei tifosi, degli ultrà, delle persone che vanno allo stadio? Credo di no. Credo che il Parlamento ed il Governo non siano affatto nemici dei tifosi. Dobbiamo quindi cercare di capire quale atteggiamento si debba tenere nei loro confronti. Certo, ci accingiamo ad approvare un provvedimento che intende separare i comportamenti violenti, che intende «mettere nell'angolo» determinati comportamenti. Dobbiamo perciò cercare di capire perché oggi migliaia di persone scelgano, nella loro vita, di essere tifosi. Perché c'è tanta passione in questi comportamenti? Credo che il Parlamento debba anche cercare di capire i fenomeni che si manifestano nella nostra società. Ebbene, credo che oggi vi sia una bisogno forte di identità, ed il tifo, tutto sommato, dà una risposta in questo senso. Oggi vi è una grande confusione nei nostri giovani e nelle persone, perché si avverte il bisogno di riconoscersi in una patria, in una famiglia, in un team e, tutto sommato, il tifo offre tale possibilità. Ve lo dice una persona che, fondamentalmente, non tifa per nessuna squadra, ma che cerca di capire.
Probabilmente oggi, in una società nichilista come la nostra, il potersi aggrappare ad una fede, ad una bandiera o ad una identità per molte persone è un'ancora di salvezza. Per queste ragioni credo che il Governo o questo Parlamento non debbano diffondere un messaggio di criminalizzazione incondizionata e generalizzata.
Ritengo che si debbano, per un attimo, esaminare i comportamenti che anche nella prassi le forze dell'ordine talvolta tendono in qualche modo a reprimere. Possiamo definire oggi che cos'è politically correct negli stadi?
Credo che sia difficile esigere un linguaggio da accademia della Crusca. Quali comportamenti dobbiamo oggi penalizzare o da quali atteggiamenti dei tifosi ci dobbiamo sentire colpiti? Faccio riferimento ad alcuni fatti che sono avvenuti. Per esempio, recentemente a Piacenza
sono state sequestrate ai tifosi sciarpe recanti scritte ed immagini proibite.
Signor sottosegretario, sembra che vi sia una direttiva della Lega calcio trasmessa dalle società, che poi è stata recepita dalle forze di polizia ed applicata. Sono stati sequestrati oggetti recanti vari simboli, bandiere e striscioni e addirittura alcune sciarpe con riferimenti al partito della Lega nord.
Credo che si debba operare una distinzione. Alcuni mesi or sono le nostre forze dell'ordine - anche in seguito a un'interrogazione - per ore hanno esaminato filmati relativi ad alcuni tifosi di una curva piacentina. Ebbene, dopo tale esame (tra l'altro devo sottolineare che il mio territorio, come altre zone della nostra nazione, è stato colpito dal grave dramma dei furti nelle ville e credo che le forze dell'ordine debbano essere utilizzate per cose ben più serie di queste) le nostre forze dell'ordine hanno scoperto alcuni giovani che si esprimevano in un saluto littorio. Questi ultimi sono stati denunciati, sono state irrogate delle pene, è stata applicata la legge Mancino e quant'altro.
Ebbene, mi chiedo cosa abbiano da temere questa democrazia e questo Parlamento da un gruppo di tifosi che si esprimono con un saluto fascista o che - come è avvenuto nel caso di alcuni tifosi del Torino - mostrano il pugno chiuso o sono in possesso di materiale recante le immagini della falce e martello o altro. Non credo che si debba dire se al riguardo siamo più o meno d'accordo. Ovviamente, posso anche ritenere che le persone che si esprimono in questo modo compiano un'offesa all'intelligenza e alla storia, ma questa è una mia opinione. Tuttavia non credo che la democrazia e il Parlamento siano in pericolo se qualcuno allo stadio si esprime in questi termini.
Credo che la nostra tolleranza debba stabilire chiaramente i limiti che consideriamo pericolosi. Tali manifestazioni, che possono essere disdicevoli o quant'altro all'interno di uno stadio, sono oggettivamente in grado di mettere in pericolo noi o la nostra democrazia? Credo di no.
Il confine con la libertà di espressione è estremamente delicato. Credo che una democrazia forte non si debba sentire in pericolo se alcuni tifosi possono esprimersi in un modo o in un altro. Credo che i nostri confini debbano essere ben delimitati nei confronti della violenza e dell'offesa alla persona ed alla proprietà, così come avviene con questo provvedimento.
In secondo luogo, credo si debba fare una piccola riflessione su una domanda: chi paga, alla fine, tutte queste misure di sicurezza? Già alcuni colleghi hanno sollecitato tale riflessione ed io credo che qualche cosa alle grandi squadre dovremmo ben far pagare. Non ritengo giusto - ed il mio gruppo la pensa allo steso modo - che gli enti locali debbano pagare i trasporti per i tifosi. Perché l'ente locale di Piacenza, piuttosto che di Pescara, di Avellino o di Sassari, deve pagare il trasporto dei tifosi dell'Inter, del Milan, del Napoli o di quant'altro? Lo paghi la società! Perché dobbiamo pagare i danni fatti dai tifosi ai trasporti pubblici delle nostre città? Li paghino le società!
Dico questo anche per riagganciarmi ad una proposta della Lega Nord Padania che vedeva favorevolmente l'aumento del ruolo e delle responsabilità delle società sportive nell'obbligo di risarcimento dei danni causati dai tifosi in occasione delle manifestazioni e anche l'onere del mantenimento della forza pubblica. Perché le società dilettantistiche debbono provvedere da sole a mantenere la sicurezza negli stadi? Ovvio, mutatis mutandis per le manifestazioni sportive dilettantistiche i tifosi sono pochi e, probabilmente, non accesissimi come altrove. Però, la spesa e l'onere per il mantenimento dell'ordine pubblico sono a carico delle piccole società. Non credo che si debba stabilire un principio di differenziazione nei confronti di chi ha ben altri mezzi e può investire maggiormente.
Detto questo, il gruppo della Lega Nord Padania appoggerà questo provvedimento. Intendevamo, però, ribadire che di fronte ad uno Stato che, purtroppo, fa molta fatica a far valere il principio di legalità in altre occasioni e che qualche volta nei
confronti dei delinquenti propone soluzioni facili o assoluzioni o pene non reali nei confronti nel delitto commesso, non vorremmo ci fosse una criminalizzazione o un eccesso di risposta da parte dello Stato nei confronti dei tifosi. Per questo credo che un momento di riflessione anche sulle sollecitazioni emerse nel dibattito vada adottato da parte della maggioranza.
AURELIO GIRONDA VERALDI. Signor Presidente, chiedo se sia possibile intervenire.
PRESIDENTE. Mi dispiace, onorevole Gironda Veraldi, ma lei non è iscritto a parlare.
AURELIO GIRONDA VERALDI. Va bene, signor Presidente.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cento. Ne ha facoltà.
PIER PAOLO CENTO. Signor Presidente, vorrei brevemente esprimere le ragioni di un giudizio negativo dei deputati Verdi su questo decreto-legge, sui suoi contenuti ed anche sul metodo di lavoro che ci siamo velocemente dati in Commissione e in aula.
Questo è un provvedimento che affronta un tema rilevante e serio per le questioni che pone perché certamente, nel corso degli ultimi anni, vi è stata un'emergenza a causa di episodi di violenza intorno a manifestazioni sportive, in particolare agli incontri calcistici. È doveroso da parte del Parlamento - lo avevamo fatto anche nella scorsa legislatura mettendo insieme diverse proposte di legge con un lavoro egregiamente condotto dall'allora relatore Siniscalchi - porsi il problema di come intervenire su una materia per cui le norme ordinarie del codice penale e di procedura penale non erano e non sono sufficienti.
In realtà, il Governo ha pensato, utilizzando anche la disattenzione del periodo estivo, di porre questa questione e di risolverla prima dell'inizio dei campionati di calcio in maniera strumentale, demagogica e, a mio avviso, anche inutile rispetto all'obiettivo di combattere la violenza negli stadi - purtroppo, senza nessuna possibilità di modifica, almeno alla Camera nella Commissione giustizia (oggi velocemente abbiamo dovuto affrontare la questione perché era iscritta all'ordine del giorno) -, con un atteggiamento di chiusura anche agli emendamenti più ragionevoli presentati non solo dall'opposizione, ma addirittura da esponenti della maggioranza che rilevavano con la loro iniziativa delle incongruità (e credo qualcosa di più) nel decreto-legge al nostro esame.
Il provvedimento presenta, in merito alla rilevanza penale di alcuni comportamenti, un aspetto giuridico estremamente grave e preoccupante e si commette l'errore di risolvere il problema della violenza durante le manifestazioni sportive solo con lo strumento repressivo, stravolgendo le norme del codice penale e del codice di procedura penale, e non anche attraverso altri strumenti, chiudendo gli occhi verso significative esperienze di sperimentazione che sono state avviate da numerose amministrazioni locali e dalla Comunità europea, proprio in collaborazione con tifosi, associazioni di tifosi e con chi frequenta le curve.
Mi sia consentito di aprire una breve parentesi. Credo che chi ha pensato e predisposto questo decreto-legge, non è mai andato in una curva, non ha mai sentito il suo odore, con ciò che ha di negativo ma anche con tutto ciò che di positivo essa e la tifoseria organizzata rappresentano. Egli non si è mai posto il problema del vissuto in una curva - come portato di una complessità sociale e, a volte, di un disagio anche sociale che si manifesta al suo interno - e di come la stessa ha fornito in questi anni, oltre ad esempi gravi di violenza ( su cui è giusto intervenire ed interrogarsi), anche esempi significativi di solidarietà e di interventi sociali.
A mio avviso, dovremmo valutare con molta più attenzione quello che questa discussione, forzata nei tempi, fa emergere e come si affronta il problema. Il collega
della Lega si chiedeva: questo Governo è amico o nemico di chi si reca in curva?
Se leggo il testo del decreto-legge e se in queste domeniche mi reco in curva, penso che il Governo sia mio nemico e che si possano criminalizzare comportamenti e situazioni che avvengono nelle curve degli stadi solo attraverso la norma penale.
In quella parte dello stadio vi sono anche tanti amici di questo Governo e credo che il provvedimento commetta un errore, in quanto vi è una grande dimenticanza rispetto ai comportamenti razzisti dentro alcune tifoserie. Ma anche da quelle tifoserie collocate politicamente in un campo, certamente, più vicino alla destra rispetto a chi vi parla, viene un giudizio unanime sulla negatività di questo provvedimento e sul fatto che esso ha significato concretamente un aumento indiscriminato delle misure di polizia, costringendo decine e decine di tifosi a non andare più allo stadio o ad essere messi al bando con diffide e divieti di ingresso negli impianti sportivi, spesso non giustificati e privi di un supporto su comportamenti specifici da condannare e da mettere all'indice.
Allora, credo che una riflessione debba essere fatta e che alcune questioni debbano essere evidenziate.
I miei colleghi del centrosinistra hanno, con dovizia di particolari tecnici e con una preparazione giuridica adeguata, messo in evidenza la negatività, al limite della costituzionalità, della norma relativa all'introduzione di una terza figura di fermo di polizia per 48 ore.
Chissà se qualcuno del Governo vuole sperimentare questa norma oggi negli stadi e domani in qualche manifestazione politica! Dunque, diamo alla polizia giudiziaria la facoltà, il potere, di intervenire con 48 ore di distanza rispetto a comportamenti commessi e visionati in flagranza di reato, attraverso la prova mediante il video. Sappiamo quanti errori ha già prodotto il ricorso a questi strumenti, che aiutano per la formazione di una prova ma che, di certo, non possono costituire addirittura la base per giustificare un arresto in flagranza per le 48 ore successive alla commissione dell'eventuale reato.
Si tratta di una norma di una gravità, dal punto di vista dello stravolgimento del nostro codice di procedura penale, che è stata sottolineata anche da interventi resi oggi in Commissione.
Mi domando dove siano i garantisti del Polo, che su questi temi, in passato, hanno sollevato questioni - che spesso ho condiviso, pur militando nel centrosinistra, nel gruppo dei Verdi - ben meno rilevanti dal punto di vista delle tutele e delle garanzie dell'indagato, dell'imputato, di colui che forse può aver commesso un reato. Dove sono? Mi auguro che facciano sentire, nel corso di questo dibattito, nel corso delle votazioni di domani, la propria voce, perché è una questione decisiva di questo provvedimento, che ne cambia la qualità se dovesse essere modificata.
Oltre a questa norma - lo dico anche ai colleghi del centrosinistra - è proprio l'impianto di questo decreto che non mi convince.
Tra i tanti emendamenti che ho presentato insieme alla collega Zanella - che ha vissuto direttamente, in qualità di assessore ai servizi sociali a Venezia, un rapporto con parte delle tifoserie organizzate - ve ne è uno che cerca, al di là delle questioni penali, di introdurre un concetto di prevenzione rispetto al fenomeno della violenza negli stadi, di portare a rilevanza nazionale ciò che viene fatto a livello locale e che è finanziato dalla Comunità europea. Pensiamo, ad esempio, al progetto ultras, che si riferisce proprio a degli ultras (termine che spesso viene usato negativamente), che, con un progetto finanziato dalla Comunità europea, da alcune amministrazioni locali e da alcune regioni (in rapporto con l'Emilia Romagna), ha sperimentato come, anche in un'area di disagio, come quella relativa a parte dei giovani che si approcciano al fenomeno sportivo in curva e tramite l'organizzazione in gruppi di ultras, questi soggetti possano essere recuperati ad una definizione civile del proprio essere tifosi e del proprio contributo alla società superando alcune devianze, come quella
della tossicodipendenza e immettendo nuovamente nel circuito civile legale anche comportamenti che, in passato, hanno caratterizzato persone in maniera illegale.
Di tutto questo il Governo, la maggioranza di centrodestra, sembra non accorgersi e sembra delegare tutto solo alla risposta di carattere penale.
Vi è una norma nella quale, addirittura - mi auguro che poi si tenga conto dell'interpretazione giurisprudenziale, ma anche del dibattito che facciamo in aula e che abbiamo svolto in Commissione - si vuole negare anche la coreografia all'interno degli stadi, si vuole sanzionare penalmente anche l'uso di strumenti coreografici, come i fuochi d'artificio, cioè quelli che quotidianamente negli stadi vengono fatti, che non hanno mai prodotto alcun danno e che, anzi, rappresentano un modo intelligente di veicolare anche l'aggressività presente nelle curve in maniera positiva.
Si vuole sanzionare, come se fosse un grande reato penale, l'invasione di campo che si verifica ad ogni fine di campionato e che, certamente, rappresenta un fenomeno da migliorare, sulla base di un comportamento di civiltà; si vuole, addirittura, mettere sullo stesso piano un grande evento sportivo con quello che può accadere in una partita fra amici, tra classi di un istituto scolastico; magari, un momento di dissidio, in un incontro scolastico tra due classi, diventa quasi un fatto penalmente rilevante, in aggiunta a ciò che il codice penale attuale già giustamente prevede e sanziona quando si superano alcuni limiti.
Insomma, si tratta di un complesso di norme che è preoccupante e che mi auguro venga rivisto; non mi accontento di sentir dire dalla maggioranza: avete ragione, tant'è vero che interverremo con un nuovo provvedimento di legge. Che metodo di produzione legislativa è questo? Si produce una norma e, se vi sono alcuni errori o se si conviene tra maggioranza ed opposizione sulla necessità di modificare alcuni aspetti, si dice: avete ragione, interverremo con un altro provvedimento.
Il decreto-legge è in vigore e, intanto, la violenza negli stadi non è diminuita, anzi, in alcune manifestazioni di sport minore, è aumentata; ciò dimostra che l'inasprimento delle norme penali, di solito, non è sufficiente, di per sé, ad affrontare e risolvere i problemi della violenza.
Si tratta, quindi, di un provvedimento complessivamente negativo, segnato da una rottura dell'attuale codice di procedura penale, con l'introduzione del fermo di polizia a 48 ore dall'eventuale commissione del fatto. Io esprimo un dissenso - che poi manifesteremo con gli emendamenti presentati -, ma anche una sincera, non strumentale e forte preoccupazione, essendo frequentatore delle curve, avendo conosciuto il mondo delle curve. Non vorrei che noi dessimo un segnale di chiusura a questo mondo, quando, invece, con questo mondo e da questo mondo ci vengono e ci sono venuti, anche all'inizio di questo campionato, segnali della necessità di riprendere un dialogo e di far sì che le curve non diventino luoghi di disperazione, luoghi di violenza, luoghi in cui si determina una contrapposizione tra tifoseria e forze dell'ordine.
È tutt'altra la strada che dobbiamo determinare. Io mi auguro che il Parlamento, nell'affrontare la questione, si ponga questi problemi e dia una risposta positiva agli interrogativi proposti (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-l'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Milana. Ne ha facoltà.
RICCARDO MILANA. Signor Presidente, colleghi, comprendo l'imbarazzo con cui il presidente Pescante - lo chiamo così perché, in fondo, la sua vita è caratterizzata dall'esperienza di presidente del CONI - ha presentato questo decreto-legge nelle aule parlamentari: un uomo di sport, quale lui è indubbiamente, viene qui, a presentare un provvedimento che avrebbe dovuto essere sostenuto da qualche suo collega di Governo, magari del Ministero dell'interno o del Ministero della giustizia. All'interno di questo provvedimento, infatti, nulla c'è di attinente al sistema sportivo. C'è solo la voglia di
reprimere, con un'azione esclusivamente di polizia, un fenomeno di degenerazione come quello della violenza negli stadi di calcio. Tale voglia parte da motivazioni legittime. Questo è bene ricordarlo, perché il fenomeno della violenza negli stadi - e ci tornerò tra poco - è un fenomeno troppo diffuso.
L'imbarazzo ha fatto dire al presidente Pescante che, con l'approvazione di questo decreto cessano, sono cessati e non ci saranno in futuro episodi di violenza. Io sinceramente condivido l'opinione dei colleghi che mi hanno preceduto: non ci credo, non credo che con questo provvedimento si riuscirà a dare stabilmente lo stop ad un fenomeno disgustoso: in genere ciò non è mai avvenuto con l'inasprimento delle pene.
Lo ha ricordato qualche collega anche della maggioranza. Il fenomeno della distruzione degli stadi, delle città, delle linee tranviarie, degli autobus, dei treni, è largamente diffuso, troppo diffuso, e va contrastato. Tuttavia, nel momento in cui il provvedimento è stato presentato in aula e proposto dal ministero che ha la vigilanza sul sistema sportivo, mi sarei aspettato che fosse accompagnato da tutta una serie di provvedimenti, sui quali il mondo sportivo discute da anni, e che il presidente Pescante, oggi sottosegretario, conosce sicuramente molto bene.
Si è qui detto che oggi esaminiamo un provvedimento - sta nella relazione - che ha attinenza con la legislazione francese e con quella anglosassone. Nell'illustrazione del sottosegretario si è detto che della legislazione francese ha gli aspetti culturali, mentre di quella inglese si è presa esclusivamente una parte, quella repressiva, dimenticando che nasce da tutta un'altra serie di presupposti e da un coinvolgimento delle società sportive nel contenimento di questi fenomeni, nell'assicurare l'ordine all'interno degli stadi. È chiaro che non immagino un sistema nel quale il governo del calcio assicuri l'ordine pubblico - perché è difficile -, ma quantomeno il rispetto delle norme di sicurezza all'interno degli stadi. Chi li frequenta, io sono tra quelli e Pescante lo è più di me, sa bene che spesso, per modi, forme, possibilità che vengono consentite all'interno degli stadi, delle curve, dei settori più difficili, ci sono più spettatori dei posti a disposizione. In una qualunque domenica, basta guardare la curva più «calorosa» dello stadio per vedere che le scale sono piene di gente, i posti sono tutti occupati: è evidente che l'intervento delle forze dell'ordine è impossibilitato dalla mancanza del rispetto delle norme di sicurezza.
Allora, non si può immaginare un sistema che impedisca alle forze dell'ordine di intervenire, ma che lasci alle stesse tutta la responsabilità. Poi, è evidente che se la riforma è così incompleta rimane solo la possibilità di fermare i responsabili due giorni dopo, tre giorni dopo, ma anche due mesi dopo o, perché no, l'anno successivo - quando si forzano i principi - a casa, a scuola, dove stanno o dove lavorano. Infatti, l'impossibilità di intervenire nello stadio è generata da un sistema di mancato rispetto delle leggi sulla sicurezza, che toccherebbe alle società sportive.
Il sottosegretario Pescante ci ha annunciato che il provvedimento, in qualche modo, sarà integrato da un disegno di legge che, a ore, dovrebbe essere presentato: esprimo qualche dubbio. Ho la sensazione che, una volta approvato questo disegno di legge, che - ripeto - parte da una necessità legittima, il sistema del calcio, delle società sportive, sarà soddisfatto: avrà scaricato sulla collettività tutti gli oneri derivanti dall'ordine all'interno degli stadi; sarà totalmente deresponsabilizzato. Io temo che il disegno di legge che verrà presentato nei prossimi giorni non avrà la stessa corsia preferenziale che hanno avuto altri disegni di legge, ma tenderà ad impantanarsi in una discussione che vedrà il sistema del calcio, quello professionistico, ampiamente soddisfatto.
Aggiungo, presidente Pescante, che con queste norme una squalifica di un campo da gioco, per la responsabilità oggettiva, non ci sarà più, perché qualunque presidente di società, ricorrendo al di fuori del sistema della giustizia sportiva avrà soddisfazione.
Non sarà responsabilizzato a nessun livello e questo credo non sia accettabile e non vada bene; un uomo di sport come il sottosegretario Pescante è a conoscenza di tutto ciò.
Credo anche che deresponsabilizzare le società sportive fino a questo punto impedisca anche, in maniera corretta e concreta, di contenere quel fenomeno degenerativo rappresentato da alcune espressioni, da alcuni comportamenti tenuti dai tesserati di quelle società sportive (mi riferisco ai giocatori ed agli allenatori) che, per qualche verso, sono spesso portatori di fenomeni di reazione.
Visto che è un argomento di cronaca, lo cito: immaginate cosa succederà a Bergamo quando vi si recherà il Brescia, tra circa una quindicina di partite.
È necessario che le società sportive siano in qualche modo responsabilizzate (riguardo il comportamento tenuto dai propri tesserati), non solo nei confronti della giustizia sportiva calcistica (sulla quale io stenderei molti veli pietosi) ma anche rispetto a norme che esistono e regolano i rapporti all'interno dello stadio.
Quello dello stadio è l'unico caso in cui la gestione dell'ordine non spetta agli organizzatori dall'evento, bensì alle forze di polizia ed allo Stato.
Riguardo la previsione contenuta nell'articolo 1, che vieta di introdurre nello stadio simboli, emblemi eccetera, penso che le leggi andrebbero fatte rispettare ovunque. Nel parco del Foro italico - il sottosegretario Pescante forse se lo ricorda perché magari vi si è recato quando svolgeva un altro lavoro - c'è un bar che all'ingresso della curva nord espone molti tipi di simboli. Chiunque conosce questa città e vi si reca - parlo per la mia esperienza di romano - li può trovare. Forse anche lì bisogna intervenire, ce ne sono tanti di simboli che non vanno bene.
Le frange di cui parlo sono politicizzate, questo lo sanno tutti, anche se a qualcuno potrà dispiacere; le forze politiche presenti in Parlamento questi fenomeni li hanno condannati e li condannano indipendentemente dall'appartenenza politica. Quelle frange si muovono attorno ad un disegno che mira ad attaccare alcuni organi dello Stato; esse andrebbero combattute, non solo all'interno dello stadio ma anche laddove, nel corso della settimana, si preparano scritte, episodi violenti, coreografie spesso pericolose: queste infatti non sono iniziative che si improvvisano la mattina allo stadio.
L'impegno del Governo deve essere quello di approvare - come ha già detto Pescante - rapidamente quel disegno di legge ma avere anche la forza, la volontà di portarlo in discussione nelle stesse forme con cui sono stati discussi altri temi delicati, perché questo è e rimane un tema delicato in quanto attiene alle libertà personali.
Qualcuno più autorevolmente di me lo ha sottolineato prima: questo è un tema che attiene allo spettacolo sportivo e il calcio in particolare è capace di mobilitare gli interessi dei cittadini del nostro Paese.
Lo ripeto, bisogna responsabilizzare le società sportive e sostenere quei presidenti, quei dirigenti, quei tecnici che, in qualche modo, si metteranno a disposizione per l'attuazione di questo progetto e contribuiranno a combattere il fenomeno in oggetto.
Il sottosegretario Pescante ha ragione quando afferma che questi soggetti subiscono ricatti: ma li subiscono perché sono sempre stati lasciati soli da un sistema che non li sostiene. Il modello anglosassone va bene, ma va imitato nel suo complesso, va analizzato non solo per ciò che concerne la parte repressiva, ma anche e soprattutto per la parte propositiva ed educativa.
Questo è ciò che vuole il sistema; di queste cose si parla da anni ed io mi sarei aspettato che un uomo di sport, venendo a ricoprire una carica così importante, desse sotto questo profilo un segnale nuovo che tuttavia stiamo ancora attendendo.
Capisco la fretta del 16 agosto: si trattava di arrivare prima dell'inizio del campionato (cosa anche legittima); mi sarei comunque aspettato che oggi fosse presentato anche il disegno di legge in materia, per evitare che arrivasse in futuro, con il rischio di vederlo impantanato per le ragioni
che conosciamo tutti; in tal caso sarebbe lo Stato e la collettività a farsi carico di tutto, non il sistema sportivo e professionistico al quale questo Governo (come governi che lo hanno preceduto) fra qualche giorno erogherà centinaia di miliardi per sostenere una spesa fuori controllo. Più soldi si erogano in questa direzione, più debito si produce, ma questo è un argomento che dibatteremo tra qualche settimana.
Mi auguro che, tra i fondi concessi, non ve ne sia una parte direttamente destinata al sistema professionistico, perché ciò sarebbe un fatto grave.
Se si erogano soldi, tuttavia, bisogna che sia richiamata una responsabilità nei confronti di tutta la collettività civile che ha nel calcio sicuramente una delle cose più amate. Concludo, signor Presidente, dicendo che non è in discussione un provvedimento che riguarda lo sport, bensì un provvedimento relativo ad alcune frange delle tifoserie ed è esclusivamente repressivo.
Mi auguro che - nel nostro ordine del giorno (che credo sia condivisibile) lo abbiamo sottolineato - tutto ciò venga integrato rapidamente con interventi che si richiamino ai valori dello sport, che mettano insieme l'educazione sportiva, la passione, i comportamenti retti e che siano in grado di stimolare i giovani, i più piccoli a comportamenti diversi nel corso dei prossimi anni. Allora sì, questo provvedimento sarà un provvedimento teso a riportare nello spettacolo sportivo le famiglie, la dignità e quei valori che lo animano, che lo hanno fatto grande e che in qualche modo ci rendono tutti orgogliosi del nostro sport nazionale (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Butti. Ne ha facoltà.
ALESSIO BUTTI. Signor Presidente, qualche mattina fa, leggendo un articolo sulla stampa nazionale relativo alla cronaca di una manifestazione studentesca, mi ha particolarmente colpito l'occhiello dell'articolo che affermava, tra le altre cose: «i ragazzi si sono poi abbandonati ad atti di teppismo da stadio». Mi ha colpito particolarmente perché non è certamente una bella definizione per lo sport, in modo particolare per gli sportivi, anche e soprattutto per gli sportivi organizzati che in qualche maniera - soprattutto dal collega Cento - sono stati qui criminalizzati (quantomeno egli ha tentato di farlo). Il problema non è in questo momento criminalizzare o meno le frange di tifosi, magari anche quelli più agitati, ma intervenire affinché venga tutelata e garantita la libertà e l'incolumità degli sportivi veri, con la «s» maiuscola. Purtroppo il teppismo da stadio è diventato un neologismo abbastanza ricorrente.
Si tratta quindi di un provvedimento - come ha ricordato il relatore e ancor meglio l'onorevole sottosegretario Pescante - delicato che, forse, è stato sottostimato in modo particolare dai colleghi dell'opposizione che al Senato non mi sembra abbiano reagito in modo particolarmente veemente, come invece ha fatto questa sera l'onorevole Bonito.
È delicato perché si vanno a modificare due leggi importanti e perché - come ho detto poco fa - non bisogna assolutamente cedere alla criminalizzazione del tifo. C'è quindi un pieno ed incondizionato sostegno alla tesi del sottosegretario Pescante. Ho avuto modo di dirlo anche questo pomeriggio durante il dibattito in Commissione cultura, anche perché abbiamo visto provvedimenti abbastanza simili - presentati dalla vecchia maggioranza, dalla maggioranza che ha governato nei cinque anni precedenti - coprirsi di polvere negli armadi o sui tavoli di qualche Commissione.
Oggi un provvedimento c'è ed è un provvedimento importante. Sicuramente, noi preferiremmo, da parte di un sottosegretario che ha fatto dello sport la sua vita e viceversa, sentire parole di sport, sentire il sostegno del Governo in favore di provvedimenti determinanti per la sopravvivenza delle società sportive dilettantistiche, per la costruzione di nuove strutture.
Tuttavia, anche questo provvedimento, con ogni probabilità, rappresenta un sostegno importante per il mondo dello sport.
Oggi ci sono fenomeni che nulla hanno a che vedere con il tifo e che ci costringono ad escogitare provvedimenti come questo, per contrastare ed arginare violenze di ogni tipo che spesso si scatenano negli stadi ed anche nei palazzetti dello sport. Oramai, infatti il fenomeno della violenza è trasversale nel mondo dello sport.
Il tifo è però altro: le coreografie spesso suggestive, i fenomeni di «sfottò» che anche simpaticamente ricordava l'onorevole Cola; il tifo è un fenomeno sociale, è partecipazione, gioia, dolore, sentimento. Questo è il tifo che noi consideriamo.
Tuttavia, il provvedimento oggi in discussione era necessario ed urgente perché il drammatico susseguirsi di episodi violenti, consumati sistematicamente e periodicamente in occasione di competizioni sportive, ha evidenziato l'insufficienza degli strumenti utili alla prevenzione e alla repressione di tali fenomeni.
Occorre allora affermare con altrettanta chiarezza che gli italiani sono stufi di assistere a scene di guerriglia urbana dentro e, più spesso, fuori dagli stadi. Sono stufi di leggere di provvedimenti restrittivi assolutamente insufficienti a garantire una giusta punizione ai teppisti della domenica, che nulla hanno a che spartire con il tifo.
I contribuenti italiani sono poi stufi di pagare anche decine e decine di miliardi - lo ricordava poco fa la collega della Margherita - in straordinari alle forze dell'ordine che potrebbero essere impiegate meglio e diversamente, di pagare miliardi e miliardi per le infrastrutture distrutte, i treni incendiati, i bus danneggiati. I teppisti da stadio sono un costo sociale.
Occorre quindi intervenire in termini di repressione e prevenzione perché la situazione sta diventando insostenibile, tanto che - ne parlavamo oggi, signor rappresentante del Governo - in alcune città, quelle costrette a convivere con importanti strutture sportive nel proprio tessuto urbano, si è sviluppato un dibattito sulla necessità di trasferire in luoghi semideserti e comunque decentrati le strutture cosiddette a rischio.
C'è un'involuzione in corso, perché i luoghi di sport, di incontro e di socializzazione un tempo, al di là delle recriminazioni per l'inevitabile attrazione di genti e di mezzi, venivano giustamente costruiti nelle città. Ora queste strutture sono sotto processo per fenomeni di violenza individuale o collettiva che spesso intorno ad esse si verificano. La gente è stanca e questo non è un provvedimento anacronistico.
La soluzione non sempre risiede nel trasferimento della struttura, per il quale mancano - lei, signor rappresentante del Governo, lo saprà meglio di me - anche i finanziamenti, bensì occorre risalire a monte: bisogna ricominciare ad educare le giovani generazioni sui valori dello sport. Ciò va fatto non soltanto nelle scuole, ma anche nelle società sportive dilettantistiche, laddove i giovani cominciano a giocare a calcio e a praticare altre discipline.
Bisogna parlare di prevenzione, ma soprattutto occorre essere rigorosi nell'applicare la legge. Non sono un giurista; tuttavia, ho ascoltato con attenzione e con rispetto il dibattito sino a questo punto. Sono intervenuti diversi colleghi avvocati: non mi cimento in interpretazioni sulle quali avrei qualche oggettiva difficoltà. A me basta sapere che il Governo ha individuato nuove fattispecie di reati che oggi non sono previste e che abbia individuato soprattutto le modalità per una sorta di dissuasione, di prevenzione e di repressione.
A me basta sapere che vi è un corretto inasprimento delle pene per i reati commessi nelle vicinanze o all'interno di strutture sportive. Per Alleanza nazionale è importante sapere quanto previsto all'articolo 8, che recita testualmente: «Le norme della presente legge si applicano anche ai fatti commessi in occasione o a causa di competizioni agonistiche durante i trasferimenti da o verso i luoghi in cui si svolgono dette manifestazioni». Questo, in altre parole, è un provvedimento che prevede un intervento a 360 gradi. Infatti,
come ha sottolineato anche il relatore, spesso gli incidenti avvengono prima o dopo, piuttosto che nel corso dell'evento sportivo.
So che qualche esperto giurista ha manifestato alcune perplessità sulla possibilità di arresto al di fuori dei limiti ordinari della flagranza, ma per il cittadino normale questa sarebbe una conquista, un importante risultato: non c'è bisogno di classificarsi tra i giustizialisti e i garantisti, c'è solo l'esigenza di garantire - quella sì - l'ordine, la sicurezza e la tranquillità negli stadi ai tifosi con la «t» maiuscola, a quelli che vanno allo stadio o nei palazzetti per godersi lo spettacolo.
Allo stesso modo, ho letto le opinioni di chi storcerebbe il naso di fronte alla possibilità di eseguire l'arresto nelle successive 48 ore trascorse dal fatto illecito. Anche in questo caso, vorrei dirlo all'onorevole Bonito, ma non lo vedo più in aula...
GIOVANNI LOLLI. Glielo riferiamo noi!
ALESSIO BUTTI. Glielo riferite voi? Grazie!
Magari si potrà discutere tecnicamente sul provvedimento, sulle 48 ore; potremmo essere disponibili a ridurre a 24 ore il periodo entro il quale eseguire l'arresto. C'è una disponibilità in questo senso, ma sentir dire dall'onorevole Bonito che dobbiamo espungere questo passaggio perché altrimenti faranno ostruzionismo, suona un po' come un'arma di ricatto. Siamo rimasti male, lo dico con molta chiarezza.
Se presenterete degli emendamenti li valuteremo insieme, sentiremo le vostre motivazioni e poi agiremo di conseguenza. Però, la misura restrittiva che abbiamo citato poc'anzi è determinante per il cittadino che guarda la televisione e vede i teppisti che sperano di farla franca, vista l'impossibilità per gli agenti di procedere all'arresto; teppisti che restano (o che restavano), nel 90 per cento dei casi, impuniti e stupidamente tronfi per le gesta compiute; teppisti, comunque, esenti da ogni sanzione.
Quindi, onorevole Bonito, nessun elogio del fermo fuori flagranza, ma solo l'espressione di un'opinione. Lo ripeto: valuteremo i vostri emendamenti domani mattina.
Condividiamo, onorevole sottosegretario, l'impianto del provvedimento, anche se - l'ho detto oggi in Commissione e l'ho ribadito anche stasera - potremmo e potreste fare molto di più e meglio in materia di educazione, di formazione, di prevenzione e di responsabilizzazione delle società sportive che, spesso, subiscono gli atti di teppismo. Però il Governo ha annunciato un provvedimento importante in questa direzione e, quindi, noi del gruppo di Alleanza nazionale siamo pronti a lavorare anche su questo provvedimento. Nel parere che abbiamo espresso in Commissione cultura, vi è una preghiera al Governo, un invito pressante affinché, attraverso le numerose proposte di legge, presentate anche da colleghi di altri gruppi - prima di tutti dell'onorevole Napoli di Alleanza nazionale -, si possa discutere con più tranquillità e con serenità anche di prevenzione, di educazione allo sport e di diritto costituzionale allo sport, così come Alleanza nazionale chiede da tempo (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lolli. Ne ha facoltà.
GIOVANNI LOLLI. Onorevole Presidente, il mio intervento durerà pochissimi minuti. La vicenda di cui ci occupiamo è troppo seria perché possa prestarsi a qualche gioco politico da parte nostra. Voglio rassicurare il collega che mi ha preceduto, perché forse ha frainteso quello che diceva l'onorevole Bonito: non ci sarà nessun ostruzionismo da parte dei Democratici della sinistra; anzi, noi faremo fino in fondo la nostra parte, perché questo decreto-legge possa essere convertito entro il termine del 20 ottobre. Naturalmente, però, ci aspettiamo che, di fronte a proposte ragionevoli e limitate di modifica, che sono state da noi presentate, non vi sia chiusura da parte del Governo e della maggioranza.
Avete scelto una strada, quella di un decreto-legge e di un disegno di legge. Avete annunciato che quest'ultimo verrà discusso nei prossimi giorni, e io apprezzo anche questa disponibilità.
Naturalmente, questa strada ha qualche difetto, come quello, per esempio, di far perdere la complessità e l'estensione del fenomeno, che non può essere ridotto - qui, davvero, non sono d'accordo con alcune frasi che ho sentito in quest'aula - alla violenza esercitata, che esiste ed è grave, ma riguarda anche la cultura della violenza che, all'interno degli stadi, trova alimento (penso, per esempio, a quanto le tifoserie siano veicolo di razzismo) e che deve essere, certamente, contrastata con un'azione culturale e di prevenzione, cosa della quale, immagino, ci occuperemo quando discuteremo il disegno di legge preannunciato dal Governo.
Tuttavia, la strada di adottare un decreto-legge e di presentare un disegno di legge lascia aperte almeno tre questioni: vorrei sapere da voi quali possiamo affrontare e sanare - se, naturalmente, siamo d'accordo - col decreto-legge e quali, invece, possiamo discutere ed eventualmente affrontare col disegno di legge.
La prima questione riguarda le misure sanzionatorie; in questo caso deve essere modificato il decreto-legge, secondo quanto mi ha spiegato - in maniera molto garbata e molto ferma - il collega Bonito. Questa atipica flagranza - capisco che stiamo parlando di un problema particolare e speciale - può rappresentare un precedente inquietante, tanto più nel combinato disposto di questa misura e della modificazione apportata dal Senato dal campo più ristretto, quello delle competizioni agonistiche, al campo molto più vasto - lo ripeto, molto più vasto - che è quello delle manifestazioni sportive. Vi chiediamo di rivedere questo aspetto specifico della legge: secondo noi rivedere il punto non snatura l'efficacia e il senso del provvedimento che vogliamo approvare.
Con questo provvedimento - e giungo alla seconda questione - inquadrate, mettete nel mirino, gli spettatori. Credo che, se tra gli spettatori vi sono persone facinorose - e, purtroppo, ci sono - che si macchiano di reati, è bene che vengano colpite; è un problema sociale che deve essere risolto. Tuttavia, nulla dite sui tesserati. So bene che la questione è delicata. So bene che, in questo campo, opera la giustizia sportiva e che la magistratura ordinaria è meglio che entri il meno possibile nelle discipline e nelle vicende sportive. Tuttavia, ci sono alcuni casi specifici - uno, per esempio, lo abbiamo previsto parlando del provvedimento sul doping: penso a istigazioni particolarmente gravi di cui spesso si macchiano atleti e dirigenti, comportamenti gravissimi dei quali, secondo me, è bene che si possa occupare anche la magistratura ordinaria. Mi sembrerebbe questa una deterrenza forte ed efficace e, comunque, coerente con l'idea di contrastare il fenomeno nella sua complessità.
Un altro aspetto riguarda le società sportive. Naturalmente stiamo parlando delle società sportive professionistiche, le quali vengono completamente lasciate da parte da questo decreto-legge. Anche questa è una vicenda complessa, ma io la ritengo decisiva. Bisogna coinvolgere e responsabilizzare le società sportive in questa disciplina perché hanno delle responsabilità. I rapporti tra grandi società sportive e tifoserie sono «zone grigie» nelle quali è bene mettere le mani. È verissimo ciò che sostiene il sottosegretario Pescante: molto spesso le società sportive subiscono ricatti da parte delle tifoserie. Tante altre volte, però, caro sottosegretario - lei lo sa meglio di me - sono le società sportive o i vertici delle stesse che utilizzano le tifoserie.
In Italia si sono visti molti casi in cui, addirittura, sono stati modificati assetti societari delle grandi società sportive, utilizzando impropriamente lo strumento della tifoseria più esagitata. Credo che coinvolgere la responsabilità delle società sportive sia del tutto coerente con lo spirito dell'iniziativa che ci proponete.
Considero una normale misura di deterrenza stabilire non solo giuste penalizzazioni e sanzioni, che debbono essere previste a carico delle società sportive, ma
anche strumenti - quelli sì, invece, che potremmo vederli nella legge! - che valorizzino il ruolo delle società sportive: ritengo, ad esempio, che dovremmo considerare, come succede in altri paesi, segnatamente in Inghilterra, una nuova funzione dello stadio come struttura polifunzionale, nella quale la società sportiva gestrice dovrebbe essere responsabilizzata tanto sul piano del conseguimento di utili quanto su quello del modo di dirigere e di presidiare la struttura medesima. Mi pare che queste proposte - la prima è già tradotta in un emendamento - siano ragionevoli e siano in linea con lo spirito del decreto che avete proposto; francamente, mi aspetto che già domani, in sede di esame e di votazione - e, intanto, nella replica del sottosegretario - esprimiate disponibilità ad accogliere alcune delle modifiche ragionevoli che vi suggeriamo.
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Rusconi, iscritto a parlare: si intende che vi abbia rinunciato.
È iscritto a parlare l'onorevole Mosella. Ne ha facoltà.
DONATO RENATO MOSELLA. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, la discussione è stata molto lunga ed articolata; da essa sono emersi molti dei nodi problematici che a noi stanno particolarmente a cuore e questo mi consente di restringere il mio intervento. Tuttavia, vorrei che fossero messi in luce lo spirito ed il taglio politico che questa sera hanno caratterizzato i nostri interventi, svolti senza che ci fossimo sentiti e messi d'accordo prima. Questo dimostra, con chiara evidenza, quanto il tema ci stia a cuore. In tempi non sospetti il centrosinistra si è occupato del problema e lo ha fatto con larga partecipazione e con grande impegno.
Il decreto-legge in esame, adottato ed annunciato il 20 agosto dall'attuale Governo ha colto, molto probabilmente, un'attesa, una preoccupazione che attraversava i mass media ed anche il mondo dello sport professionistico, seriamente preoccupato di vedere compromessa la stagione agonistica, perché ciò a cui abbiamo assistito nell'ultima parte della stagione (arrivato nelle case di milioni di italiani) è stato veramente molto grave. Allora, si è provveduto di corsa a fare questo spot, questo annuncio che ha trovato un largo consenso. Ma non si può dire, per questo, e stasera credo che ciò sia stato evidenziato, che si tratti di un provvedimento all'avanguardia; tutt'altro. Questo disegno di legge inquadra e risolve l'intero problema nell'ambito di misure giudiziarie e di polizia: un'operazione che, francamente, può essere spiegata in poche battute agli italiani, i quali in questo momento si chiedono in che cosa consista questo provvedimento.
Ma veramente basta dire che chiunque lanci corpi contundenti od altri oggetti nei luoghi in cui si svolgono competizioni agonistiche o nei luoghi dove transitano atleti e spettatori, ovvero contro i mezzi che li trasportano, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni? Che chiunque invada il terreno di gioco è passibile di arresto fino a sei mesi? Che chiunque infranga le norme nello stadio può essere arrestato entro le 48 ore successive? Quanto alla prevenzione, si provvede in maniera veramente essenziale: si stabilisce che il questore possa imporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono competizioni agonistiche ed a quelli dove transitano le squadre e gli spettatori a tutte le persone denunciate o condannate per reati connessi alla violenza da stadio ovvero che abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza.
Tutto qui. Una grande questione, che da più di trent'anni arreca notevoli preoccupazioni al paese, a causa dei tanti delitti commessi e di scene che ci hanno ricordato la guerriglia (nel vero senso della parola), viene liquidato con un provvedimento che si esaurisce in quattro battute. Allora, andiamoci piano a pensare che abbiamo sradicato e risolto il problema della violenza negli stadi. Non vorrei essere falso profeta, ma in questo momento ci troviamo di fronte ad un contesto sociale dormiente, che tenta di capire in quali forme ed in quali modi debba riproporsi
all'attenzione della pubblica opinione: devastando gli stadi, le città, gli autobus? Questa è la realtà; certe realtà sono nel paese e nessuno ha fatto qualcosa per cambiarle.
È un provvedimento piccolo, piccolo-piccolo, che bada ad alzare il livello della dissuasione unicamente attraverso pene più dure delle attuali, che è senz'altro peggiorativo anche rispetto a tutto il lavoro che il centrosinistra ha svolto nella precedente legislatura. Il provvedimento del centrosinistra è stato mandato in secca, nonostante fosse stato approvato in sede di Commissione giustizia. Ed è proprio da questo lavoro, che poteva rappresentare un utile e prezioso contributo dal quale attingere, che vengono fuori alcune annotazioni critiche che noi ci sentiamo di fare.
Il provvedimento, che è stato abbandonato e che era stato elaborato con grande fatica, si articolava su più livelli, operando sostanzialmente, da una parte, attraverso correttivi in grado di garantire la prevenzione del fenomeno, dall'altra, attraverso una fitta rete di norme finalizzate alla repressione della degenerazione violenta del tifo. Il doppio binario, dunque, su cui si è lavorato con grande rigore e con grande serietà. Quel provvedimento, oltre a prevedere una maggiore severità sanzionatoria per i tifosi violenti e una più celere definizione dei processi per reati commessi in occasione di manifestazioni sportive, si preoccupava anche di risolvere e di affrontare una serie di nodi importanti. Quindi, sanzioni per i tesserati che si fossero resi protagonisti di gravi violenze ed intemperanze, caro sottosegretario (altro che portarli nelle scuole! Nelle scuole ci vogliono educatori motivati, competenti, preparati, capaci di risolvere radicalmente il problema, non dei fenomeni da baraccone che magari predicano bene e poi la domenica razzolano male, dando esempio al paese di grande devastazione).
Vi era inoltre un'opera di prevenzione efficace e sempre aggiornata mediante l'istituzione di un osservatorio permanente nazionale - così era stato definito - sulle manifestazioni sportive, deputato anche a promuovere e coordinare iniziative di educazione alla pratica sportiva e di prevenzione attraverso la partecipazione allo sport, affrontando anche quei nodi della devianza e della dipendenza dall'alcool e dalla droga (secondo le statistiche molti di questi facinorosi fanno abuso di sostanze di questo tipo, bevono e trasferiscono nella violenza dello stadio gran parte del loro disagio), anche in collaborazione con associazioni, con enti locali e con enti statali, molti dei quali sono assai avanti in questa direzione, in prima linea, avendo raggiunto risultati concreti da cui attingere; una concreta forma di collaborazione delle società sportive finalizzata ad un drastico isolamento delle frange più violente, che, estranee alla genuina passione che anima la tifoseria - come è stato qui evidenziato - usano l'avvenimento sportivo come un mero pretesto per abbandonarsi ad atti teppistici; un maggiore coinvolgimento delle società sportive - e chiudo perché è stato ampiamente trattato - soprattutto nella fase di prevenzione del fenomeno, attraverso una trasparente collaborazione con i club dei tifosi organizzati; la previsione per le società sportive, che si rendano responsabili di connivenze e di rapporti di collegamento con tifosi violenti, di sanzioni pecuniarie e anche di obbligo di risarcimento.
La differenza tra le due proposte è evidente, e forse si può anche immaginare il motivo - ci sia consentito - per cui certe norme del provvedimento del precedente Governo non sono state riprese.
L'osservatorio, essendo sotto l'egida del Ministero dell'interno, poteva - come dire - essere un organo indipendente dal mondo dello sport professionistico; si produceva l'effetto di porre l'intera materia sotto gli occhi e la competenza di estranei, di altri, e questo il mondo dello sport ha dimostrato in questi anni di non volerlo, perché le sue cose se le continua a giocare in casa. Le società professionistiche avrebbero potuto essere ritenute corresponsabili, in taluni casi, degli atti di violenza verificatisi, e questo non sarebbe stato
possibile. Infatti, i padroni dello sport vogliono far pagare agli altri, ma non vogliono pagare loro.
Gli stessi atleti erano chiamati a rispondere di atti che entro i margini del campo di gioco si fossero configurati come violenza e come incitamento ad essa, e guai a toccarli! Sono i campioni, comprati a suon di miliardi, a cui tutto è consentito, anche ammazzare, quasi, un collega. Basta citare fatti di cronaca accaduti durante i campionati della massima serie.
Si andava ad incidere sul sottobosco - da tutti ammesso, anche stasera evocato, ma sempre vago - su cui sarebbe opportuno cominciare ad indagare, come sui rapporti tra le frange ultrà e i club di tifosi, da una parte, e le società di calcio dall'altra: rapporti esistenti, che tutti conoscono, di spostamenti, di pullman, di soldi, di divise, di materiali. In questo modo, invece, il tifoso resta l'unica causa, l'unico responsabile della violenza da stadio. Nessuno ha mai pensato e pensa di educarlo, di tirarlo fuori da questo vortice di violenza, ma questo poco importa: l'acquisto del biglietto di curva deve trasformarlo, istantaneamente, in un gentleman estremamente controllato anche nelle sue manifestazioni verbali, visto che è passibile di carcere chi, genericamente, inneggia alla violenza.
È necessaria una riflessione anche se nessuno sa di preciso quale sia il confine tra il folklore da stadio - abbiamo sentito qualche passaggio -, becero, ma pur sempre folklore, e l'autentico incitamento alla violenza. Non dimentichiamo che, qualche mese fa, il tribunale ordinario ha assolto alcuni ultrà di una nota società di calcio di serie A, che avevano issato il famoso striscione inneggiante alla tigre serba Arkan, colpevole di genocidio, perché il fatto, pur esprimendo opinione riprovevole, non costituiva né incitamento alla violenza né apologia di fascismo e rientrava, comunque, nell'ambito della libertà di opinione. Quindi, guardate quanto sono labili i confini!
Abbiamo la convinzione che questo provvedimento non poteva che nascere così com'è, con le sue lacune, le sue omissioni, le sue nebulosità perché a vararlo è stato un Governo presieduto da un primo ministro che è anche presidente di una delle massime società del nostro calcio professionistico, lo è di fatto! E anche qui, il tema del conflitto di interessi, credo, potrebbe interessarci, e non poco, con riferimento al quadro che abbiamo tracciato. E poi, perché mettere sullo stesso piano ciò che accade in aree e luoghi molto precisi del territorio nazionale - gli stadi nei quali ogni domenica, ogni sabato, in molti giorni della settimana 22 giocatori giocano e 100 mila spettatori assistono, molti dei quali si uccidono - e confondere questi posti ben definiti, ben delineati, ben individuati con le manifestazioni sportive che coinvolgono, nel nostro paese, milioni di persone, che vanno dai campi della grande periferia agli oratori, ai circoli sportivi dove si vivono manifestazioni sportive?
Con il provvedimento in esame potremmo, veramente, dover assistere a spettacoli penosi. La violenza di cui dobbiamo preoccuparci ha un volto, ha un nome ed un cognome che conduce ad un indirizzo molto preciso di cui fanno parte sigle che vanno dalla Federazione italiana gioco calcio - alla cui tragica commedia stiamo assistendo da mesi e mesi (commissariamenti e ricommissariamenti con statuti che vanno rimaneggiati e con i soliti padroni che decidono le buone e le cattive sorti) - fino alla lega professionisti, dove fiumi di danaro scorrono, finiscono nelle tasche di procuratori, di campioni che non spendono una lira, dico una, per fare prevenzione, per aiutare i giovani del disagio, che si esprimono in forme violente, a venir fuori da questo raccapricciante gioco. Questo provvedimento non risolve il problema (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo)!
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, nel corso della quale, ad ogni buon conto, questa
sera, sulle nostre gradinate, non abbiamo rischiato un tifo da stadio.
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