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La seduta comincia alle 15,10.
GIOVANNI BIANCHI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 30 luglio 2001.
(È approvato).
PRESIDENTE (Il Presidente si leva in piedi e con lui l'intera Assemblea e i membri del Governo). Onorevoli colleghi, il 21 luglio 1953, Alcide De Gasperi, esponendo il programma del suo Governo, diceva in quest'aula: «Abbiamo la profonda convinzione di aver interpretato il pensiero e gli interessi della nazione italiana, quando l'abbiamo associata nel Patto Atlantico. Abbiamo potuto uscire dall'isolamento, ricostruire nuove ed antiche amicizie, dare avviamento ed impulso al movimento di una novella Europa, che superi gli antichi conflitti e sia aperta alla fraterna cooperazione dei suoi popoli... Riconosco l'opera grandiosa di solidarietà economica e morale che ci fu in quegli ultimi anni prestata dagli Stati Uniti d'America».
Oggi, a distanza di così tanto tempo, possiamo riaffermare con convinzione quei vincoli di solidarietà e di amicizia con gli Stati Uniti d'America. Un paese che, nel corso della sua storia, spesso ha sacrificato i suoi figli e difeso nel mondo la libertà e la democrazia.
Lo facciamo in un momento di lutto che non avvolge solo l'America, ma tutto il mondo.
Il nostro primo pensiero è di piena, intensa e commossa solidarietà nei confronti delle famiglie di migliaia di vittime innocenti di questo orrendo crimine.
La Camera dei deputati si riconosce nelle parole pronunciate già nel pomeriggio di ieri dal Presidente Carlo Azeglio Ciampi: questa istituzione si sente a fianco del popolo americano, a fianco delle autorità di governo e del Parlamento di questa grande nazione, amica ed alleata dell'Italia.
Il Parlamento è la massima espressione della rappresentanza e della sovranità popolare nel nostro paese. Per questo mi sento di dire che i cittadini italiani partecipano intensamente alla tragedia che ha colpito il popolo americano e sono particolarmente vicini anche alla comunità italo-americana, che costituisce uno dei nostri più saldi vincoli di unione.
Voglio esprimere, al paese ed anche a lei, signor Presidente del Consiglio, la certezza che la Camera dei deputati farà fronte comune nella solidarietà agli Stati Uniti e nella lotta al terrorismo.
Questa azione terroristica ha colpito i simboli della potenza politica, economica e militare americana, ha aggredito l'intera civiltà occidentale: questo ci lascia sgomenti ed attoniti.
Ma più ancora siano colpiti dal fanatismo religioso che sembra aver mosso gli autori di questa strage. Un fanatismo che disprezza il valore della vita umana, anche della propria, che cancella ciò che di più profondo c'è in noi, l'istinto di conservazione e la paura della nostra morte.
Secondo le notizie che ci sono giunte, sembra che più di cinquanta terroristi abbiano partecipato a questa azione. Pensare che decine di persone possano essere state mosse a compiere questa strage attraverso l'autodistruzione ci dà la misura del fanatismo e dell'odio feroce che pervade questi terroristi, della loro pericolosità, delle responsabilità gravissime di chi li protegge.
Il timore che abbiamo è che da ieri tutto sia diverso, che quanto accaduto accenda nuovi grandi focolai di tensione internazionale ed aggravi i conflitti che sono purtroppo già in atto.
In questa situazione, però, sarebbe un errore per l'occidente rinchiudersi in se stesso e ridimensionare il proprio impegno internazionale per la ricerca della pace e della convivenza civile. In questo modo, infatti, si renderebbe ancor più difficile la soluzione di tensioni e conflitti che inevitabilmente esasperano gli animi e finiscono per alimentare il ricorso al terrorismo.
Soltanto ieri mattina quest'aula aveva accolto i nostri bambini, i nostri studenti, in un clima di festa, per lanciare un messaggio di pace e di convivenza che traeva forza dall'unificazione dei popoli europei.
Pur nella costernazione di queste ore, vogliamo riprendere il filo della speranza e della fiducia nel futuro che anima le nuove generazioni, e che i governi e le istituzioni hanno la responsabilità di non disperdere (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, di Alleanza nazionale, della Margherita, DL-l'Ulivo, del CCD-CDU Biancofiore, della Lega nord Padania, Misto-Comunisti italiani, Misto-Socialisti democratici italiani, Misto-Verdi-l'Ulivo, Misto-Minoranze linguistiche, Misto-Nuovo PSI).
Informo che, nella giornata di ieri, la Presidenza della Camera, anche a nome di tutta l'Assemblea, ha inviato un messaggio di cordoglio al Presidente della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti d'America.
Informo, altresì, che assiste alla nostra seduta di oggi il ministro William Pope, incaricato d'affari dell'Ambasciata degli Stati Uniti d'America a Roma, a cui porgo il più cordiale saluto a nome di tutta l'Assemblea (Generali applausi).
Prima di dare la parola al Presidente del Consiglio dei ministri, avverto che, successivamente al suo intervento, come convenuto nella Conferenza dei presidenti di gruppo, potrà intervenire un deputato per gruppo, oltre alle componenti del gruppo misto.
Ha, dunque, facoltà di parlare il Presidente del Consiglio dei ministri.
SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nelle prime ore del pomeriggio di ieri il mondo e l'Italia hanno assistito a qualcosa di tremendo e di luttuoso: il bombardamento terroristico, l'incendio e la devastazione che hanno spento migliaia di vite umane e colpito il simbolo della libertà economica internazionale, le torri gemelle di Manhattan, ed il simbolo della sicurezza collettiva dell'occidente, il Pentagono.
È stata la giornata più nera della nostra storia dalla fine della seconda guerra mondiale. L'attacco alla sicurezza americana e alla vita civile di due grandi metropoli, fino a ieri ritenute inviolabili ed inviolate, si è riverberato su ciascuno di noi, su ogni cittadino come un elemento di forte inquietudine e di vera profonda angoscia.
Se la pena per le vittime continua, se la rabbia per una battaglia perduta è forte, lo sgomento, tuttavia, non è tra i sentimenti che le comunità politiche possono permettersi.
Voglio, quindi, prima di tutto rassicurare gli italiani dalla tribuna autorevole del Parlamento: tutto ciò che era necessario e possibile fare per proteggere la loro sicurezza è stato messo immediatamente in opera già nelle prime ore successive all'attacco contro l'America.
Come prima cosa, è stata disposta l'attivazione dell'unità di crisi presso il centro decisionale nazionale situato a Forte Braschi, sotto il coordinamento del consigliere militare generale Tricarico.
La struttura ha cominciato ad operare subito, provvedendo alla prima analisi della situazione con i Ministeri dell'interno, degli affari esteri, della difesa, delle infrastrutture e trasporti e con i servizi informativi e di sicurezza. La struttura ha continuamente informato il vertice politico sull'evolversi della situazione.
È stata immediatamente attivata la sala «situazione» di palazzo Chigi per il coordinamento delle iniziative in atto.
Il ministro della difesa ha concertato con la NATO l'incremento dei livelli di difesa sia nella vigilanza degli spazi aerei sia nella più consistente disponibilità e maggiore prontezza dei mezzi attivi di intercettazione.
Relativamente alle forze armate italiane dislocate in territorio nazionale o impiegate all'estero, è stato ordinato lo stato di allerta «Bravo», consistente nell'adozione di misure particolari di protezione e di vigilanza. È stata, altresì, disposta la sospensione di una esercitazione militare italiana in Egitto che prevedeva la partecipazione degli Stati Uniti e della Francia.
Sugli aeroporti militari, ivi compresi quelli aperti al traffico civile, è stato disposto un incremento di misure precauzionali e di protezione.
In sintonia con queste azioni, la Farnesina ha reso subito disponibile la propria unità di crisi anche per corrispondere la richiesta di informazione di cittadini italiani e stranieri sulla reale situazione e sulla sorte dei propri congiunti eventualmente coinvolti nell'evento.
Sono stati presi contatti con le ambasciate statunitense e israeliana per rassicurarle circa l'adozione di speciali misure di protezione dei loro cittadini e di ogni possibile obiettivo su tutto il territorio nazionale e per sollecitare l'evidenziazione di eventuali ulteriori esigenze di cautela.
Immediatamente dopo le tragiche notizie che arrivavano da New York, il consigliere diplomatico del Presidente del Consiglio si metteva in contatto con l'incaricato d'affari dell'ambasciata americana, signor Pope. Il consolato generale, insieme alla rappresentanza permanente presso l'ONU e l'ambasciata d'Italia a Washington, attivava con tutti i mezzi disponibili l'impiego di tutto il personale delle sedi e di cellule di emergenza per fornire ogni possibile assistenza ed informazione sui nostri connazionali residenti e turisti, in stretto coordinamento con l'unità di crisi della Farnesina.
Le rappresentanze italiane a New York e a Washington si sono messe tempestivamente in contatto con le forze di polizia americane, gli alberghi, gli ospedali, gli operatori economici, i tour operator italiani per le opportune verifiche.
Il Ministero degli esteri impartiva le prime istruzioni alla nostra rete diplomatica per rafforzare immediatamente le misure di sicurezza e per l'adozione di maggiore prevenzione e tutela del personale italiano. Il ministro degli esteri Ruggiero, in volo verso la Croazia, rientrava immediatamente in Italia per seguire da vicino gli eventi.
Il Consiglio dei ministri degli esteri dell'Unione europea veniva convocato d'urgenza questa mattina e le nostre rappresentanze diplomatiche nelle capitali mediorientali venivano invitate ad adottare misure di sicurezza.
Il ministro Frattini ha attivato con i direttori dei servizi di informazione e di sicurezza un collegamento diretto tra questi ultimi e la Presidenza del Consiglio. Ha richiesto un aggiornamento continuo sulla situazione e sullo stato delle concrete misure adottate, nonché una valutazione congiunta circa le presunte responsabilità e le possibili strategie di reazione, tanto che, come sapete, il nostro servizio di sicurezza è in collegamento continuo con gli analoghi istituti di altri paesi.
Il ministro dell'interno, all'esito della riunione del Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica, ha adottato tempestivamente rigorose misure di vigilanza per tutti gli obiettivi statunitensi ed israeliani nel territorio nazionale, non solo per le rappresentanze diplomatiche consolari ma anche per le compagnie aeree e marittime, per gli istituti scolastici, per gli
uffici turistici, culturali e commerciali, per tutte le infrastrutture che potevano costituire un possibile obiettivo.
È stata svolta un'intensa e mirata attività di monitoraggio antiterrorismo. Alle frontiere sono state particolarmente intensificate le attività di prevenzione e di vigilanza. Negli scali portuali ed aeroportuali sono aumentate le misure di controllo dei passeggeri, dei bagagli e delle merci. Sono state adottate particolari misure antidirottamento. È stata attivata l'unità di crisi del Ministero dell'interno, in collegamento diretto con il centro decisionale nazionale.
Il ministro delle infrastrutture ha disposto l'intensificazione dei controlli nell'attività della circolazione aerea, soprattutto dei voli soggetti a clearance diplomatica.
Sono stati richiamati gli aerei in volo per gli Stati Uniti e per gli altri paesi del Medio Oriente. Sono anche stati sospesi i voli per il Medio Oriente.
Il controllo del traffico aereo, poiché erano stati chiusi gli aeroporti statunitensi, ha provveduto ad instradare quei voli, anche quelli di veivoli appartenenti a compagnie straniere, che non potevano raggiungere gli aeroporti di destinazione a causa delle restrizioni imposte dai paesi d'arrivo.
Nella circolazione sul territorio nazionale non si sono registrati inconvenienti, se non qualche contenuto ritardo in aree circoscritte, dovuto evidentemente all'intensificazione del controllo.
Di queste misure hanno preso atto il Consiglio dei ministri, svoltosi ieri sera alle ore 20, e il Comitato internazionale informazione e sicurezza, tenutosi subito dopo. Com'è noto, all'esito di tali riunioni, ho relazionato al Presidente della Repubblica.
Sin dal pomeriggio, piena informazione è stata data ai gruppi parlamentari di Camera e Senato dal Vicepresidente del consiglio Fini e dal ministro Frattini. Le forze di opposizione sono state immediatamente informate dal sottosegretario di Stato, dottor Letta.
Ho provveduto doverosamente ad esprimere al Presidente Bush, a nome del paese, la più profonda solidarietà e vicinanza al popolo ed al Governo degli Stati Uniti d'America.
Le ultime informazioni disponibili relative alla situazione degli italiani eventualmente coinvolti negli avvenimenti di ieri non sono così precise.
Le autorità americane non forniscono, al momento, liste ufficiali delle vittime; gli ospedali di New York, impegnati al limite delle proprie capacità nella cura dei moltissimi feriti, non sono ancora in grado di dare informazioni ed elenchi sulle persone ricoverate; le liste di imbarco dei passeggeri degli aerei dirottati sono presso il Dipartimento di Stato, non vengono fornite alle ambasciate che ne hanno fatto richiesta ed è probabile che non saranno fornite fino a quando gli investigatori non avranno individuato, investigando nella lista dei passeggeri, i possibili dirottatori.
Alle ore 14 americane (le ore 20 in Italia) è prevista la riapertura dell'aeroporto di New York, e questo permetterà il rientro in Italia dei nostri connazionali, che sono rimasti bloccati a New York dalla chiusura dello spazio aereo. L'Alitalia - e così anche le altre compagnie europee - sta predisponendo dei voli speciali.
Si sa con certezza che nelle torri vi erano alcuni uffici di rappresentanza di società italiane, uffici dell'Istituto per il commercio estero, uffici della regione Friuli-Venezia Giulia, uffici della città di Trieste. C'era anche un ristorante a gestione italiana. I primi accertamenti hanno permesso di individuare alcuni italiani che sono salvi, non essendo in tali uffici al momento del disastro. Tuttavia, l'unità di crisi della Farnesina sta ricevendo numerose telefonate da parte di parenti di italiani che avrebbero dovuto trovarsi all'interno delle torri e che non hanno ancora contattato la famiglia.
Le nostre rappresentanze negli Stati Uniti continuano a seguire costantemente la situazione al fine di acquisire al più presto elementi certi circa la presenza di nostri concittadini tra le vittime. Nei prossimi giorni moltiplicheremo gli sforzi per un completo ritorno alla normalità nelle comunicazioni, nei trasporti e negli altri
settori coinvolti dalle misure di emergenza rese necessarie dagli eventi. La grande crisi, aperta dagli avvenimenti di ieri, deve chiudersi con un consolidamento dell'identità e della fiducia in se stesso del mondo libero.
A conforto dei nostri concittadini devo dire che, sul piano internazionale, non si prevedono ulteriori azioni di terrorismo e si pensa che sia improbabile che vengano compiuti atti di «terrorismo minore», visto, purtroppo, lo spettacolare tragico successo dell'azione terroristica che è stata portata contro New York e contro Washington.
Sul piano politico, la risposta all'attacco antiamericano e antioccidentale dovrà essere meditata, calibrata, ma sufficientemente energica per raggiungere tre risultati decisivi: l'individuazione e la punizione dei responsabili degli attentati, l'eliminazione della loro rete di protezione (a qualunque livello essa si collochi), la costruzione di un sistema di prevenzione e di intelligence che renda impossibile la realizzazione dei piani di morte del terrorismo internazionale.
Il nostro paese si è schierato immediatamente a fianco degli alleati americani e del Presidente degli Stati Uniti. L'Europa ha reagito tempestivamente e con una sola voce. Le altre grandi potenze, dalla Russia alla Cina, hanno manifestato una sincera preoccupazione ed una vibrante solidarietà. Ora, da parte di tutti, si pensa che si debba passare ad una fase operativa. A questo proposito, mi sono doverosamente tenuto in contatto con molti Capi di Stato e di Governo ed insieme stiamo esaminando l'ipotesi di un vertice dei G8, in cui tutti i membri del G8 stesso possano prendere all'unisono delle misure concrete. Poco fa ho parlato con il Presidente dell'Unione europea, il primo ministro belga, che proporrà al Parlamento europeo una giornata di lutto per tutta l'Europa per venerdì prossimo e dieci minuti di silenzio da tenersi, in tutti i paesi, a mezzogiorno dello stesso giorno.
Stiamo lavorando - collaboriamo, naturalmente, anche noi - alla stesura di un documento di affermazione dei principi di libertà e di legalità, oltre che di solidarietà, nei confronti del popolo americano. La fine del bilanciamento bipolare su cui si fondava l'equilibrio della guerra fredda ha portato a conseguenze che l'occidente e il mondo intero non hanno ancora valutato fino in fondo e su cui, come sapete, non c'è concordia di valutazioni. Questo è il momento della decisione politica, dobbiamo dotarci di molte reti di protezione della pace e della sicurezza delle nostre società: pace, libertà e sicurezza sono beni assolutamente indivisibili.
La sicurezza è la condizione necessaria della libertà e dello sviluppo. Il terrorismo, da quello che ha colpito gli Stati Uniti alla microcriminalità organizzata e diffusa, ha lo scopo di minare la sicurezza dei cittadini, quindi la loro libertà, il loro spirito di iniziativa, la loro fede nel futuro. A livello internazionale, a livello nazionale, a livello locale l'obiettivo della sicurezza diventa il primo servizio che i poteri pubblici debbono garantire ai loro cittadini, con fermi e chiari accordi internazionali, con il potenziamento delle forze militari e delle forze dell'ordine, con la rapida ricerca e condanna dei criminali, con il rafforzamento delle strutture di indagine degli organi di prevenzione. Il terrorismo spiana strada alla dittatura ed è sempre sostenuto da regimi illiberali e da leader non democratici.
Sarebbe, inconcepibile in questa occasione, lasciare soli gli alleati americani per questa impresa. Sarebbe un atteggiamento contrario a tutti i principi su cui si sono fondati il riscatto e la ricostruzione del nostro paese negli ultimi cinquant'anni.
Il Governo è attivamente impegnato nell'opera di cucitura di un orientamento comune dell'Unione europea e dell'Alleanza atlantica. Una forte risposta militare e di intelligence è necessaria, ma deve essere accompagnata da un'iniziativa politica altrettanto e forse ancora più forte.
I focolai di disperazione, in particolare quelli mediorientali, devono essere spenti con un'iniziativa di pace fondata sul discrimine contro ogni tipo di violenza e contro ogni pretesa che neghi le ragioni e il diritto all'esistenza degli altri popoli
(Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale, del CCD-CDU Biancofiore e della Lega nord Padania).
Le aree di crisi più calde, dal Pakistan a tutto il settore del Caucaso, dall'Afghanistan all'Iraq, devono essere sottoposte ad un controllo efficace e ad una pressione che siano in grado di interdire ogni nuova tentazione terroristica.
L'Italia può proporsi come interlocutore serio e coerente su una strada lunga, dolorosa e difficile che però non prevede scorciatoie. Il nostro paese è oggi in grado di lavorare attivamente per la pace e per la sicurezza nel mondo. L'amministrazione americana e le cancellerie europee sanno - e sono già stati presi, come vi ho detto, i primi contatti - che siamo disponibili, se sarà giudicato necessario, a coordinare una nuova sessione del G8, di cui abbiamo la presidenza sino alla fine dell'anno, per definire al massimo livello l'agenda della risposta da dare ai nemici dell'umanità. In quella, o in altra sede, un progetto serio ed impegnativo per la difesa dell'ordine mondiale dovrà essere definito ed attuato. Noi ci consideriamo, con serena fermezza, in prima linea. Vi ringrazio (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, di Alleanza nazionale, della Margherita, DL-l'Ulivo, del CCD-CDU Biancofiore, della Lega nord Padania, Misto-Comunisti italiani, misto-Socialisti democratici italiani, misto-Verdi-l'Ulivo, misto-Minoranze linguistiche e misto-Nuovo PSI).
PRESIDENTE. Ringrazio il Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Berlusconi.
Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Elio Vito. Ne ha facoltà.
ELIO VITO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, è stato già detto che il tragico atto di terrorismo compiuto ieri negli Stati Uniti d'America in realtà non è un attentato contro un solo paese - un paese che, ricordiamolo, per noi è stato ed è simbolo e presidio di democrazia, libertà, sviluppo, pace e benessere, simbolo di democrazia per tutto il mondo, che ha saputo garantire in molte parti del mondo - ma è stato un attentato contro l'intera civiltà.
Per questo la risposta ferma che ci si aspetta deve essere una risposta corale, compiuta congiuntamente e d'intesa da tutti i paesi democratici e, all'interno di questi paesi democratici, condivisa da tutte le forze politiche che si riconoscono nei valori che ho prima richiamato: democrazia, libertà, sviluppo, pace e benessere.
Noi la ringraziamo per le prime informazioni che ha fornito al Parlamento e per la disponibilità a venire già oggi in aula: era importante per il Parlamento e per l'opinione pubblica del nostro paese. In un mondo nel quale la comunicazione viaggia, a volte, più rapidamente degli eventi stessi, per poter continuare ad attendere alle occupazioni quotidiane, a coltivare la propria aspirazione alla libertà ed al benessere individuale, l'opinione pubblica aspetta di avere la certezza che atti indispensabili al vivere comune - la comunicazione, la circolazione dei beni e delle persone, i commerci e i traffici - possano avvenire, e di fatto avvengano, in condizioni di sicurezza. Per questo motivo, la ringraziamo per le informazioni forniteci e per le prime misure adottate già ieri dal nostro Governo.
Sarò necessariamente sintetico perché credo che in momenti come questo il Parlamento debba anche saper dare dimostrazione di brevità, di capacità di sintesi e - se possibile - di unicità di intenti. Anche in questo tragico momento, però, voglio ringraziare il Governo per quello che ha saputo fare - e forse oggi lo apprezziamo ancora di più - nelle settimane scorse, quando ha saputo garantire che il vertice internazionale del G8 si svolgesse in condizioni di sicurezza per la città di Genova e per i Capi di Stato del mondo; credo, inoltre, che in questo drammatico e tragico momento potremmo apprezzare ancora di più le conclusioni di quel vertice, alle quali, probabilmente, come Parlamento, non abbiamo ancora
riservato la giusta attenzione ed una giusta riflessione perché, se questo fosse accaduto in tutto il mondo, probabilmente, anche rispetto agli eventi di ieri, sarebbero state date già lì delle risposte ai bisogni delle parti più povere del mondo.
Il mondo non può tornare indietro. È stato detto ieri che quanto è successo rischia di fare sì che nulla sia più come prima, che gli equilibri internazionali corrono il rischio di cambiare, così come rischia di cambiare la nostra stessa concezione dei rapporti internazionali e della vita: pensiamo, appunto, alla sicurezza dei viaggi e della circolazione. Credo, però, che qualcosa sia già cambiato, ma che il mondo, la civiltà occidentale non possa tornare indietro e non possa rinunciare alle conquiste di questi secoli: la libertà, la democrazia, la pace ed il rispetto - come dicevo prima - delle aspirazioni degli individui e dei popoli ad una vita serena, alla libertà ed al progresso.
Signor Presidente del Consiglio, noi siamo convinti che il Governo che lei presiede, eletto recentemente dalla maggioranza degli italiani, saprà rappresentare queste aspirazioni di tutto il popolo italiano e saprà essere al fianco della comunità internazionale per assicurare che questo grande percorso della civiltà occidentale non si fermi e, anzi, continui a progredire nell'interesse di tutta l'umanità (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale, del CCD - CDU Biancofiore e della Lega nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Alema. Ne ha facoltà.
MASSIMO D'ALEMA. Signor Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio, colleghi deputati, in tutti noi che abbiamo vissuto nelle nostre case questa immane tragedia vi è un sentimento di orrore ed indignazione per un crimine senza precedenti che colpisce l'umanità intera e non solo gli Stati Uniti d'America. Innanzitutto, noi sentiamo il bisogno di esprimere solidarietà ed amicizia verso il popolo americano, così duramente e barbaramente colpito, verso il Governo degli Stati Uniti, verso il Presidente. Ci sentiamo, con l'Europa, a fianco degli Stati Uniti: non solo perché alleati - di un'alleanza che si è cementata nel corso di una lunga storia durante la quale per ben due volte, nella prima e nella seconda guerra mondiale, gli americani hanno versato il loro sangue per la pace e la libertà del nostro continente - ma anche perché sentiamo minacciati ed offesi i valori comuni.
Occorre individuare e colpire i colpevoli. Noi riteniamo che il Governo - che vogliamo ringraziare per avere tempestivamente accettato di venire in Parlamento ed anche per le informazioni che, nel corso della giornata di ieri, sono state date all'opposizione - debba mettere a disposizione dell'Europa e degli Stati Uniti tutto quanto l'Italia potrà fare sul terreno della solidarietà e sul terreno dell'impegno delle nostre forze nella ricerca e nella punizione dei responsabili.
Noi siamo di fronte ad un atto di terrorismo internazionale, non siamo in guerra; il che significa che occorre colpire i colpevoli sulla base di un principio di legalità internazionale. Una reazione cieca alimenterebbe, invece, una spirale di violenza che è forse tra gli obiettivi dei terroristi.
Siamo ad una sfida drammatica, e non sfugge a noi che questo è un evento che cambia la storia del mondo, che incide sugli assetti politici, sul concetto di sicurezza, sulla psicologia, sul senso comune di miliardi di esseri umani. Se vogliamo vincere questa sfida, che è la sfida della civiltà contro la barbarie, dobbiamo essere fedeli ai nostri valori: la democrazia, la libertà, la tolleranza, la giustizia.
La lotta contro la violenza e contro il terrorismo non è soltanto o soprattutto una battaglia militare, non è la lotta dell'occidente contro l'islam o lo scontro tra la civiltà occidentale ed il sud del mondo; è la lotta dell'umanità intera contro la barbarie per la sicurezza e per la pace.
La sicurezza è un bene indivisibile: non c'è sicurezza qui da noi se c'è guerra in
Medio oriente; se c'è conflitto, se c'è disperazione e odio in altre parti del mondo, anche qui siamo insicuri, e non c'è nessuna difesa soltanto militare contro questo pericolo, come dimostra il fatto che è stata colpita la più grande potenza del mondo.
Occorre, quindi, il primato della politica, occorre affrontare le ragioni dell'odio, della disperazione, del fanatismo, che certo non giustificano il terrorismo, ma che forniscono ad esso le persone disposte a morire pur di uccidere.
Occorre bonificare i giacimenti dell'odio, offrire una prospettiva di speranza, possibilità di affermazione dei propri diritti, là dove incancreniscono da decenni crisi che appaiono prive di prospettive e di vie di uscita. Spetta alla comunità internazionale ed anche all'Italia riprendere con forza questa azione.
Rivendichiamo un primato della politica, anche se sappiamo bene che vi sono momenti in cui è inevitabile l'uso della forza, e abbiamo dimostrato nel Kosovo di sapere prendere le nostre responsabilità. Ma è necessario che la politica sappia trovare e percorrere un nuovo cammino.
Dipende da questo il mondo che consegneremo ai nostri figli, che vogliamo sia liberato dall'odio e dalla paura, nel quale vogliamo si possa vivere con serenità e si possano alimentare le proprie speranze (Generali applausi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà.
IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, è difficile in queste ore trovare parole e concetti che vadano oltre lo sdegno e l'esecrazione che, prima come uomini e poi come soggetti politici, abbiamo il dovere di esprimere con tutta la nostra forza. Ma noi siamo in un luogo istituzionale, abbiamo il dovere non solo di esprimere forte tutta la nostra solidarietà agli Stati Uniti d'America, che sono oggetto, in queste ore, nel corso di questi drammatici eventi, del più folle, del più drammatico, del più criminale attentato terroristico che la storia ricordi, abbiamo il dovere non solo di dare atto e di ringraziare il nostro Governo per avere prontamente messo in opera tutti i possibili accorgimenti di prevenzione e di tutela che si rendevano necessari, ma abbiamo il dovere anche di dare delle risposte politiche, per quel poco che oggi si può già dare.
Dobbiamo essere convinti e consapevoli che quanto è accaduto non è opera di pura follia: è pur sempre un atto politico, di cui dobbiamo, innanzitutto, leggere la matrice ideologica. Allo stesso tempo dobbiamo immaginare e comprendere che da domani, da oggi, nulla sarà più come ieri. Forse non ne siamo ancora consapevoli fino in fondo.
Questa società che si basa sulle comunicazioni, sui rapporti interdipendenti tra città e tra Stati muterà profondamente se il mondo civile, se l'occidente, se tutti noi non sapremo trovare, nei tempi che saranno necessari, una risposta concreta a questo disumano atto di terrorismo contro la civiltà, contro l'umanità, prima ancora che contro l'America e contro l'occidente. Per far questo c'è bisogno di una grande coesione. Credo che anche nelle piccole cose, anche nei nostri rapporti, qui, in aula, cambierà qualcosa. Credo che di fronte ad una tragedia immane, come quella di ieri, ci siamo accorti tutti, maggioranza e opposizione, che tanti motivi di scontro sui quali, a volte, ci siamo accapigliati, spariscono di fronte ai valori comuni (cui faceva pure riferimento l'oratore che mi ha preceduto) che debbono e possono unirci sol che lo si voglia e sol che questa lezione non passi presto nel dimenticatoio.
La risposta politica che l'Italia e l'occidente possono dare passa attraverso un nuovo ruolo, un grande ruolo dell'Italia nel contesto europeo: noi siamo la vecchia Europa, la vecchia Italia che, nei momenti difficili, ha la capacità di ricucire e mettere insieme i valori, la storia e la civiltà. Noi potremo svolgere una grande opera se avremo la coscienza unitaria, pur nelle differenze, di volerlo fare. Spetta a questo Parlamento, a questo Governo, alla maggioranza ed all'opposizione mettere un
mattone importante nel quadro europeo perché la lotta contro il terrorismo, contro la barbarie non sia fatta soltanto di parole ma di contenuti, di valori e di interventi concreti.
Il Presidente Berlusconi ha indicato tre grandi obiettivi di cui ho preso nota: l'individuazione e la punizione dei colpevoli; la rete di protezione che va distrutta; il sistema di intelligence che va creato. Si tratta di grandi obiettivi, obiettivi difficili che non si trovano dietro l'angolo e che non basta enunciare perché siano raggiunti, ma sono tuttavia obiettivi ai quali possiamo concorrere per dare, effettivamente, le risposte che la gente si aspetta. Se lo faremo noi, se lo farà l'Europa, se saremo a fianco degli Stati Uniti d'America - colpiti come mai - credo che, pur se il domani ci riserva qualcosa di veramente diverso, il percorso doloroso e difficile per restituire ai valori di civiltà quella pienezza di significato che noi auspichiamo sarà un percorso vincente. Grazie (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale, di Forza Italia, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo, del CCD-CDU Biancofiore, della Lega nord Padania e del Misto-Nuovo PSI).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rutelli. Ne ha facoltà.
FRANCESCO RUTELLI. Signor Presidente, noi ci sentiamo fraternamente al fianco del popolo americano, della democrazia degli Stati Uniti d'America e dei suoi legittimi rappresentanti. La ferita atroce che ha colpito questo popolo, nostro fratello, rafforza i legami che ci rendono inseparabili tra le due sponde dell'Atlantico. Chi ha colpito l'America ha voluto colpire la democrazia occidentale ed ha attentato alle nostre libertà. Ci sentiamo solidali innanzitutto per questo oltre che per la vicinanza umana alle famiglie tragicamente colpite.
Signor Presidente, per noi italiani la solidarietà ha però un segno speciale: è costruita sui valori democratici ma anche - ricordiamolo ai ragazzi di oggi (lo ha fatto il Presidente della Camera e l'onorevole D'Alema poco fa) - sul sangue di migliaia e migliaia di giovani americani, che hanno dato un contributo decisivo a scacciare la dittatura fascista a partire da quel 10 luglio 1943, quando i soldati alleati sbarcarono in Sicilia. Da lì è iniziata l'alba della nuova Italia. Su questi valori, signor Presidente del Consiglio, non può esserci divisione nel nostro paese, ed io esprimo il pieno impegno politico delle opposizioni a fianco del Governo.
Dico di più: tutta l'Italia è oggi unita contro il terrorismo. Questa non è un'espressione generica, frutto dell'emozione perché migliaia e migliaia di persone sono morte. Poiché quella violenza è contro la civiltà, occorre fermare e colpire i terroristi, contrastare senza compromessi chi li alimenta ed anche chi li tollera. Non sappiamo oggi chi abbia concepito e realizzato questa azione; la reazione dovrà però scaturire - attenzione - da questo accertamento dei fatti. La convergenza piena di maggioranza ed opposizione, signor Presidente del Consiglio, riguarda specialmente quest'impegno.
Oggi sono in causa anche le domande più profonde della persona umana. Chi si pensava invulnerabile non lo è; chi si pensava al di sopra dei rischi non lo è; chi pensava ad un modello di crescita infinito o addirittura alla fine della storia sa che questo non è e non sarà. Miliardi di donne e di uomini oggi pensano che un mondo unito parta anche dalla capacità di guardarci dentro e da un sistema di valori che costruisca il futuro in modo condiviso.
Signor Presidente, occorrono quindi fermezza e forza, nonché intelligenza e saggezza. Speriamo che la comunità internazionale abbia capito che equiparare sionismo e razzismo era un tentativo falso, assurdo ed umiliante. Speriamo anche che chi pensi di comprimere, come in una pentola a pressione, conflitti e divergenze senza risolvere i nodi politici e di convivenza, capisca di rischiare di esasperare e peggiorare la situazione. Non si può credere che dalla crescita dell'odio possa nascere la pace, e tanto meno la sicurezza.
Non si può credere che disinteressarsi ed abbandonare il Medio Oriente al suo destino possa portare risultati.
Signor Presidente del Consiglio, vorrei esprimere correttamente un dissenso rispetto alle dichiarazioni da lei rilasciate nella serata di ieri: mi riferisco alla difesa - ne parleremo meglio in futuro - del cosiddetto scudo spaziale. Penso che proprio la vicenda di ieri abbia dimostrato la fine di quel progetto politico-strategico, perché se abbiamo a che fare con decine di persone che sono pronte ad immolare la loro vita con una pianificazione anticipata di mesi, è evidente che quell'altro ordine di priorità, che proprio il Congresso americano ha iniziato a discutere (pensiamo solo allo smantellamento dell'arsenale nucleare dell'ex Unione Sovietica), meriti di essere esaminato con ben maggiore attenzione.
Signor Presidente, pensiamo sia necessario attrezzarci per fronteggiare, tutti insieme, rischi e minacce che non credo si siano esauriti con la giornata di ieri. Lo dobbiamo fare insieme con l'Europa e con l'Alleanza atlantica. Siamo pronti a farlo perché ne va della libertà di tutti e del mantenimento della pace nel mondo.
È vero ciò che ha scritto un grande giornale: oggi noi ci sentiamo tutti americani; di più, ci sentiamo più fermi di prima nella difesa dei nostri valori, delle radici della nostra democrazia (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, Misto-Comunisti italiani, Misto-Socialisti democratici italiani e Misto-Verdi-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Marco Follini. Ne ha facoltà.
MARCO FOLLINI. Signor Presidente, oggi tutte le parole sono impari, impari di fronte agli avvenimenti e ai sentimenti che ciascuno di noi prova. Sull'America si è abbattuta un'apocalisse di violenza, di terrore e di follia e oggi la politica si trova a fare i conti con una profonda angoscia e con una incertezza che pensavamo di non conoscere.
Il primo pensiero è la commozione per le vittime, migliaia e migliaia di persone, inghiottite dal buco nero di una follia omicida. Tuttavia, vi è un pensiero - anche questo commosso - che riguarda l'America, quel paese che è stato ed è il grande presidio della libertà e della sicurezza di tanti popoli. Si è prodotta una ferita profonda nella coscienza degli uomini liberi e nell'animo americano e nessuno di noi sa quali effetti e conseguenze essa porterà con sé.
Vi è chi paventa il rischio di un'America che si faccia fortezza e che consideri troppo rischioso farsi carico delle insidie del suo ruolo; a chi immagina tale scenario vogliamo oggi ricordare l'America che conosciamo meglio, quel grande paese che, negli anni quaranta, ha salvato il nostro continente dal fascismo, che dopo la seconda guerra mondiale ha risollevato, con il piano Marshall, le economie dei paesi sconfitti e che, nella lunga guerra fredda, ha fatto sì che non venisse mai ammainata la bandiera della libertà.
Quest'America è il nostro alleato e ad essa va tutta la nostra solidarietà.
Chi in questi anni ha parlato «di grande Satana», chi ha demonizzato l'occidente, la sua tradizione politica e la sua cultura, ha seminato odio e ieri ha mietuto le sue vittime. È forse il momento di dire che abbiamo trovato disumane e senza alcuna giustificazione le scene di gioia che ieri si sono levate in alcuni campi palestinesi.
Oggi ci sentiamo tutti più vulnerabili. La nostra stessa civiltà, proprio per il suo essere una civiltà aperta, affacciata verso il resto del mondo e rivolta alla globalizzazione è, per sua natura, più esposta ai pericoli e alle incursioni. Sta a noi conservare al nostro mondo e al nostro tempo tale caratteristica; sta a noi non farci deformare da un terrorismo fanatico e fondamentalista che ci vorrebbe imporre di renderci simile a sé e che in questo modo - allora sì - ci avrebbe in suo potere.
Inoltre, sta a noi anche sapere che, senza la nostra capacità di affermare la legalità internazionale e senza la nostra
capacità di avere e di dare sicurezza, non c'è futuro per i valori nei quali crediamo.
Oggi sicurezza vuol dire capacità di individuare e disarmare i santuari del terrorismo, vuol dire capacità di far capire, una volta per tutte, che le troppe complicità e indulgenze di troppi Stati verso il terrorismo non possono più essere accettate dalla comunità internazionale.
La nostra civiltà è fondata sulla consapevolezza che la diversità tra le persone non è una barriera e non è un confine che divide. Il confine non è tra culture diverse, il confine è e resta tra la tolleranza e l'odio. Marcare quel confine, presidiarlo, difenderlo è compito di tutti noi e confido nel fatto che lo svolgeremo tutti insieme (Applausi dei deputati dei gruppi del CCD-CDU Biancofiore, di Forza Italia, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, di Alleanza nazionale, della Margherita, DL-l'Ulivo, della Lega nord Padania, Misto-Comunisti italiani, Misto-Socialisti democratici italiani, Misto-Verdi-l'Ulivo, Misto-minoranze linguistiche e Misto-Nuovo PSI).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cè. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO CÈ. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo ho detto che avrei di gran lunga preferito che tutta l'Assemblea si uniformasse al messaggio del Presidente Casini, che ha espresso la piena solidarietà del popolo italiano e delle istituzioni nei confronti del popolo americano amico; infatti, dovrò anch'io ripercorrere l'analisi svolta dai colleghi sul fatto - e in questo momento le parole sono assolutamente inadeguate - e ribadire che, effettivamente, il messaggio che deve partire - ed è partito, seppure con qualche sfumatura di troppo - da quest'aula parlamentare rappresenta una difesa univoca del modello di civiltà occidentale.
Il gruppo della Lega nord Padania, da sempre critico su alcuni aspetti esasperati del capitalismo e della globalizzazione, si ripropone di rimandare ad un dibattito successivo, che abbia una matrice maggiormente politica, l'esame degli aspetti negativi e da correggere del modello occidentale. Ribadiamo, però, in questa sede che non esistono assolutamente e non possono esistere alternative ideologiche al modello di civiltà occidentale che conosciamo e cui partecipiamo ogni giorno assieme a tutti gli altri cittadini.
Il terrorismo non deve e non può avvantaggiarsi di alcuna posizione di differenziazione politica espressa nei paesi democratici. Purtroppo, anche oggi, pur condividendo in buona parte, sia nella forma sia nella sostanza, il discorso dell'onorevole D'Alema, non ho potuto non scorgervi un modo di affrontare il problema che, ancora una volta, acquisisce significati e sfumature di tipo ideologico. Onorevole D'Alema, non possiamo continuamente sottolineare - come lei ha fatto - la nostra piena appartenenza al mondo occidentale, la nostra solidarietà agli Stati Uniti e la nostra piena condivisione degli obiettivi dell'Europa e, poi, compiere una riconsiderazione globale di tutte le politiche che regolano il mondo moderno pensando che la civiltà occidentale, fino ad oggi, non abbia fissato dei punti fermi. Come lei mi insegna, e come altri colleghi dell'opposizione spesso sottolineano, la matrice (che già Karl Popper più volte ebbe modo di ribadire) del mondo occidentale è la società aperta, sono la libertà, la democrazia.
Come Lega nord non abbiamo - ma credo che lo stesso discorso valga in generale per tutta l'Assemblea - visioni positivistiche o costruttivistiche del funzionamento del nostro mondo e della nostra società. In ogni caso, penso che l'approccio ideologico debba essere assolutamente accantonato. Se si vuole tener fede a tutte le premesse e dichiarazioni fatte in quest'aula, non si può assolutamente prescindere da quei meccanismi di partecipazione democratica e di legittimità della rappresentatività istituzionale che caratterizzano il mondo occidentale e che, invece, non caratterizzano molte altre culture e civiltà che si contrappongono a tale modello.
Nel concludere, ringrazio il Governo che credo abbia agito tempestivamente.
Vorrei comunque, a nome della Lega nord, rivolgere anche un messaggio al Governo affinché presti una attenzione ancora maggiore. Infatti credo che esistano, proprio per inadeguate politiche di controllo del territorio, le condizioni per un terrorismo potenziale anche nel nostro paese. Invito, perciò, il Governo ad assumere provvedimenti ancora più rigorosi di quelli che oggi ci ha annunciato (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bertinotti. Ne ha facoltà.
FAUSTO BERTINOTTI. Signori Presidenti, onorevoli colleghe e colleghi, il primo sentimento, la prima emozione è quella che ci investe tutti come persone, sconvolti da un elemento di dolore, di spaesamento e, persino, di disagio. È stato detto che è difficile trovare le parole, è difficile persino organizzare i pensieri. Forse, tutti sentiamo un deficit di capacità di capire e di intendere. Certo, siamo colpiti dal livello enorme della carica distruttiva di questa azione terroristica.
Sono stati colpiti i simboli più clamorosi della modernità, del potere militare e per compiere questa strage di vite umane incolpevoli, la vita umana è ridotta a pura occasione di una lotta politica senza confine: la vicinanza e la pietà per le vittime riguardano anche il carattere della perdita delle loro vite. Poteva capitare a ognuno e a ognuna nel mondo e la solidarietà al popolo americano va ad un popolo colpito non solo nei suoi componenti ma anche nella sua identità: si tratta di un'aggressione senza precedenti alla civiltà contemporanea.
Non si può non essere colpiti dalla vulnerabilità della società moderna, sofisticata, innovata, tecnologica e contemporaneamente, come in un'interfaccia drammatica, dalla invisibilità dei suoi aggressori, come a dire che tutti possono essere colpiti e che ognuno può diventare aggressore. Anche l'antico interrogativo «a chi giova ?» è un interrogativo muto, non ha nulla da dire.
Sembra che solo un moto fondamentalistico fanatico, che schiaccia l'altro sulla dimensione del nemico e lo priva di una umanità riconoscibile, possa motivare un atto di questo genere.
È un evento che cambia il mondo, che rende terribile il presente e che crea un'inquietudine forte sul futuro: la violenza può cancellare la politica, la democrazia e la libertà.
C'è il rischio concreto che da questa violenza si possa sprofondare in una guerra immanente, anche se difficilmente descrivibile; c'è il rischio della chiusura nel recinto di una civiltà bloccata che non considera così le altre, diverse da sé; c'è il rischio di sollevare un ponte levatoio; c'è il rischio di chiudere questa nostra società al conflitto, al contrasto di interessi e di valori, che sono il sale della politica: noi dobbiamo opporci a questa propensione alla chiusura.
Ho sentito autorevoli esponenti statunitensi ed europei, da cui pure mi sento politicamente molto lontano, invitare gli Stati Uniti d'America a non praticare una politica di ritorsione: mi sembrano appelli improntati alla saggezza.
Tuttavia, signori Presidenti, credo che l'Occidente debba trovare una nuova autorità etico-morale. Capisco che il terrorismo debba essere combattuto sul suo terreno, comprendo che debba essere prevenuto e combattuto, ma la vulnerabilità di questa società dice che la potenza militare non lo può sconfiggere.
Non c'è alcuna causa, seppur la più drammatica, che possa giustificare il terrorismo, ma rimuovere le cause che possono determinare una sorta di acqua in cui può nuotare il pesce del terrorismo è il compito principale per poterlo debellare. Se si conosce il carattere inadeguato della risposta militare in questa sorta di guerra civile che può attraversare l'intera umanità, allora bisogna espungere dalla modernità la guerra - che fa sempre più vittime tra i civili piuttosto che negli eserciti -, risolvere i punti di crisi presenti anche nel mar Mediterraneo - fornendo ad ogni popolo la possibilità di avere un suolo ed uno Stato - e, signori del Governo
e signori parlamentari, accogliere ciò che, invece, prevalentemente tende ad essere respinto in questa nostra società.
Quel movimento di critica alla globalizzazione, se non volete ascoltarlo per le risposte, ascoltatelo per le domande, perché queste ultime sono fondamentali per vincere questa battaglia di civiltà. Signor Presidente del Consiglio, non è il G8 che deve trovare le risposte giuste, è l'ONU, è il consenso generale di tutti i paesi del mondo e l'Europa, in questo, ha un grande ruolo (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani, Misto-Socialisti democratici italiani, Misto-Verdi-l'Ulivo, e di deputati dei gruppi di Forza Italia e del CCD-CDU Biancofiore).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio, colleghe e colleghi, signori rappresentanti degli Stati Uniti, la solidarietà con il popolo e con il Governo degli Stati Uniti è piena e incondizionata è la condanna di un attacco terroristico disumano e bestiale.
Giuste ed opportune le misure di sicurezza assunte dal Governo al cui operato, in questa circostanza, va la nostra solidarietà, in un momento in cui è giusto prevalga un autentico spirito di unità nazionale di fronte alla difesa primaria dei valori democratici fondamentali.
Resta un grande problema aperto, irrisolto e aggravato da questa infame tragedia. Non vi è sicurezza che tenga, tanto più in Stati democratici che non vogliono rinunciare alle proprie garanzie democratiche, anche di fronte al terrorismo più bestiale, se questa sicurezza da tutelare o da ristabilire e rafforzare non è accompagnata dalla politica internazionale e da quella comune dell'Unione europea.
Si discute tanto di globalizzazione e di interdipendenza internazionale; è necessario che se ne traggano tutte le conseguenze rispetto alla capacità di affrontare con la politica, la diplomazia e la cooperazione internazionale, i focolai di crisi che ancora attraversano il mondo, a partire dal Medio Oriente, ma non solo.
Nel condannare e combattere il fondamentalismo islamico che attraversa il Medio Oriente, il Mediterraneo e una parte dell'Asia, dobbiamo saper distinguere, tuttavia, il rispetto profondo per la grande civiltà dell'islam e saper affrontare il confronto tra le diverse civiltà sul piano del dialogo e della cooperazione, combattendo qualunque forma di integralismo che può alimentare anche il terrorismo suicida e assassino.
L'Italia e l'Europa, insieme agli Stati Uniti d'America, ma nel contesto internazionale più ampio, sappiano assumersi le proprie responsabilità nel garantire la sicurezza nel rispetto della libertà e della legalità degli Stati di diritto, ma sappiano assumersi anche le proprie responsabilità politiche per la pace e la democrazia, la convivenza e lo sviluppo, nella sicurezza e nella giustizia per tutti i popoli del mondo che in questi valori vogliano riconoscersi (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-l'Ulivo e della Margherita, DL-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Diliberto. Ne ha facoltà.
OLIVIERO DILIBERTO. Signor Presidente, colleghi, di fronte a questa immane tragedia il primo pensiero va alle vittime e a tutto il popolo americano, cui va la piena e convinta solidarietà del nostro partito, dei Comunisti italiani.
La violenza - e questa violenza in modo particolare - va contro gli interessi dei popoli in lotta per la propria emancipazione, per i propri diritti. Così si colpiscono, invece di aiutarli, gli interessi dei più deboli, si acuiscono, piuttosto che diminuirle, le ingiustizie del mondo.
Una violenza, questa, che non è solo condannabile in sé - come ogni atto contro la vita umana - ma che è condannabile politicamente, in quanto innesca inevitabilmente un riflesso d'ordine, la richiesta di misure eccezionali. Sono i riflessi della paura cui non bisogna cedere.
Il messaggio che ci viene dai fatti di ieri è chiaro; chi ha colpito vuole dire: nessuno può sentirsi al sicuro, siamo anche in grado di colpire la più grande potenza militare del mondo. Ciò non può che innescare reazioni a catena, incontrollabili, contro la pace, contro i diritti, contro la libera convivenza dei popoli.
Tuttavia, questa violenza dimostra anche che la mera logica repressiva non funziona, non può funzionare, non ha mai funzionato. La logica della guerra, ad iniziare dalle cosiddette guerre umanitarie - di per sé singolare contraddizione -, è perdente. Occorre sempre, anche oggi, perseguire con durezza i responsabili degli atti di terrorismo, ma occorre anche, al contempo, riaprire subito canali diplomatici, trattative, dialogo, per risolvere pacificamente le questioni sul tappeto nelle zone di conflitto, ad iniziare dal Medio Oriente dove il nostro paese ha esercitato un ruolo autonomo, importantissimo, per la pace e per la cooperazione tra i popoli. Dobbiamo proseguire su questa strada.
Se non prevarrà la politica ma le armi, se prevarrà la logica muscolare sull'intelligenza, allora sì che prevarranno anche i fondamentalisti, di ogni specie. È il frutto di questo nuovo disordine mondiale, mentre molti - come è stato già ricordato - dopo il 1989 credevano ad un nuovo ordine, alla pacificazione sotto il segno della NATO. Constatiamo che non è così.
Siamo di fronte ad un fatto di eccezionale gravità. Occorre ripensare, e rapidamente, a quello che, con straordinaria preveggenza, Enrico Berlinguer chiamava, negli anni settanta, il governo del mondo: l'organizzazione delle Nazioni unite, così come fu concepita in un'epoca di equilibri del tutto diversi, non risponde più a questa impellente necessità. Occorre ripensare a quell'organizzazione, profondamente e con il concorso di tutti, così come occorre che l'Europa si doti di un proprio autonomo sistema di difesa che contribuisca anche all'unità politica. Non saremo certo difesi dallo scudo stellare. Non si costruisce la pace preparando la guerra. È tempo di provare a costruire la pace. E proponiamo, dunque - e concludo, signor Presidente -, che qui in Italia tutti i democratici, tutti coloro che hanno a cuore le sorti della pace si ritrovino in una sola, grande manifestazione del tutto non violenta: la marcia per la pace Perugia-Assisi del 14 ottobre.
Noi ci inchiniamo di fronte ai morti innocenti ed inorridiamo di fronte agli assassini, ma non ci stancheremo di lottare perché la violenza non generi altra violenza, perché, ancora una volta, il sonno della ragione non generi mostri. Grazie (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Comunisti italiani, dei Democratici di Sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo e Misto-Verdi-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Intini. Ne ha facoltà.
UGO INTINI. Signor Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio, da ieri, nulla sarà più uguale né nella politica né nell'economia né nel costume. L'America è stata vicina all'Europa nei suoi momenti più terribili; oggi l'Europa deve essere vicina all'America. Il popolo americano deve sentire che non ci sarà una sua battaglia contro il terrorismo, ma una battaglia dell'umanità intera contro il terrorismo. I governi ed i parlamenti devono allontanare con decisioni lucide e fredde gli spettri che angosciano l'opinione pubblica del mondo. Ci angoscia lo spettro di un crollo simile a quello del 1929, non solo simbolico ma spaventosamente reale, con i grattacieli della finanza che crollano insieme alle economie ed alle azioni; ci angoscia l'oscuro timore che il crollo segni la fine di una belle époque, forse fragile perché è stata bella per troppo pochi ed ha escluso troppi.
Ai poteri del disordine e della morte, che si muovono senza frontiere, bisogna rispondere costruendo finalmente, accanto ad una finanza globale, una politica globale, un nuovo ordine internazionale, una solidarietà altrettanto senza frontiere: un ordine consapevole del fatto che, in un mondo diventato piccolissimo ed interdipendente, qualunque infezione, se trascurata, costituisce un pericolo mortale per
tutti, da quella mediorientale a quella afghana, un ordine capace di far compiere alle forze della ragione un salto di qualità simile a quello, terrificante, compiuto dalle forze del caos.
L'alleanza sui grandi principi di fondo tra l'umanesimo cristiano, quello socialista e quello liberale potranno dare all'Europa l'autorità morale e politica per contribuire a questi compiti storici. Spero che lo farà sul piano economico con il coraggio e la fantasia che Roosevelt manifestò attraverso il suo new deal dopo il disastro del 1929; spero che lo farà sul piano politico suggerendo che le risposte esclusivamente militari, senza la giustizia e la diplomazia, sono insufficienti, che il mondo arabo non è il nemico dell'occidente ma può essere la rovina economica dell'occidente, se fosse spinto verso posizioni estremiste e se i governi filoccidentali cadessero, che l'alleanza tra l'Europa e l'America, per quanto necessaria e forte, non basta a guidare l'umanità nell'età dell'incertezza in cui siamo precipitati con le voragini di New York.
In Italia non ci sarà più spazio per una politica anomala. L'Italia si deve stringere ancora di più all'Europa, contribuendo a darle sempre maggiore unità, non soltanto nella politica economica ma anche in quella estera e di difesa; la sinistra si deve stringere ancora di più al partito socialista europeo ed all'Internazionale socialista; l'opposizione e la maggioranza devono continuare a fare ciascuna la propria parte - certamente - ma con una responsabilità in più verso la nazione e con un dovere di lealtà reciproca più forte. L'opposizione deve aiutare la destra italiana a diventare sino in fondo una normale destra europea, aiutando così nel contempo se stessa a diventare sino in fondo una normale sinistra europea.
Nei momenti difficili, torna la grande politica e abbiamo bisogno di una politica generosa e semplificata. L'enormità dell'accaduto ci deve convincere che nessuna risposta può essere cercata all'interno di vecchi orizzonti, tra le polemiche provinciali e strumentali. La tragedia costringe spesso a maturare, nella vita privata come in quella pubblica: anche tutti noi, adesso, siamo costretti ad un salto di qualità. Già in questo dibattito parlamentare, che ha avuto toni alti, se ne è colto il segno (Applausi dei deputati del gruppo del Misto-Socialisti democratici italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Alfonso Pecoraro Scanio. Ne ha facoltà.
ALFONSO PECORARO SCANIO. Signor Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio, se esistesse un limite alla ferocia terroristica o a quella della guerra, sicuramente l'avvenimento di ieri è riuscito a superarlo, perché non solo si è attaccato un simbolo, anzi alcuni simboli, ma si è cercato di farlo provocando il massimo di vittime innocenti che si ricordi in attentati come questo. È una cosa gravissima ed è evidente, rispetto a quanto accaduto, che la solidarietà del popolo italiano - ma credo dei popoli del mondo -, ai cittadini americani, agli Stati Uniti d'America, deve essere forte, ed è forte e certa.
Tuttavia, sarebbe un errore se parlassimo di attacco alla civiltà occidentale, quasi identificando solo la civiltà occidentale rispetto agli altri popoli del pianeta. Da questo punto di vista, dobbiamo fare un appello alla civiltà umana, che riguarda sicuramente quella occidentale, ma anche la nostra capacità di guardare a tutti i popoli del mondo, la stragrande maggioranza dei quali ama la pace, la libertà, la democrazia e la giustizia.
Se ieri è nato quello che potremmo definire un senso di insicurezza globale, dobbiamo essere capaci di rispondere con una civiltà globale, che è maggiore giustizia, maggiore equità, la capacità di avere autorità internazionali riconosciute. Noi, come verdi, ci rammarichiamo, signor Presidente, di non aver sentito nel suo intervento anche un riferimento alle Nazioni Unite. Proprio oggi un autorevole esponente politico italiano, con cui, come verdi, non abbiamo una storia comune, ha detto con chiarezza che bisogna riformare il G8, dare vita ad una sessione dell'Assemblea
generale delle Nazioni Unite dedicata alle crisi regionali e che non è più possibile avere un centro direttivo del mondo in cui non ci siano anche l'Africa, il Sudamerica, l'Asia, la Cina e l'India. Questo uomo politico è il senatore Giulio Andreotti, che fa parte della tradizione del nostro paese e che, con lungimiranza, ha oggi fatto un riferimento che credo dovremo accogliere all'unanimità.
Si evitino reazioni indiscriminate e alla violenza, alla ferocia, alla barbarie, la grande civiltà democratica - che noi possiamo fortemente rappresentare e che gli Stati Uniti d'America rappresentano - sappia rispondere con la determinazione a colpire e a punire i mandanti - prima ancora che i colpevoli, perché questi, essendo dei kamikaze, sono già morti - ma anche con la politica; soprattutto, la civiltà democratica risponda con la democrazia, con la giustizia e con la sicurezza globale, senza contrapporre le civiltà, ma ricordandoci che il fanatismo islamico non è la società islamica, così come i fanatici cristiani, cattolici e protestanti dell'Irlanda del nord, non sono la civiltà cristiana. Quindi, dobbiamo saper rispondere con la giustizia e con determinazione al gravissimo e barbarico atto avvenuto ieri (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Collé. Ne ha facoltà.
IVO COLLÈ. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, a seguito dei tragici eventi che ieri hanno colpito gli Stati Uniti d'America, come unico rappresentante della Valle d'Aosta in quest'Assemblea, esprimo, anche a nome del popolo valdostano, il vivo cordoglio per le vittime di questo terribile attacco e la solidarietà al popolo americano. La comunità che rappresento, come l'intero paese, è addolorata, sgomenta, disorientata e preoccupata. Nessuno poteva prevedere scenari di una tale crudeltà e violenza e, di fronte a questi, la condanna deve essere forte e chiara: condanna per chi si è reso responsabile di tanta crudeltà e per coloro che hanno esultato e festeggiato questo attacco.
Ieri, con un'azione che ha portato alla luce la difficoltà, anche per un paese come l'America, di poter prevenire e combattere il terrorismo, è stato colpito non solo un paese attraverso i suoi simboli, ma un popolo, la società civile intera e, con essa, tutti i paesi che operano per il conseguimento della pace.
Abbiamo vissuto un vero e proprio attentato alla pace, freddamente preparato e compiuto. Un attacco che, sicuramente, modificherà il corso della storia. La preoccupazione è che quanto avvenuto possa innescare una serie di reazioni e generare conflitti dalle conseguenze imprevedibili ed incontrollabili. Inoltre, essendo stata colpita la società civile, potrebbero radicarsi e crescere in essa la rabbia, l'odio e la sete di vendetta, favorendo un'inarrestabile escalation di violenza.
Signor Presidente, di fronte a questi avvenimenti dobbiamo impegnarci concretamente a fianco di chi è stato colpito, nella individuazione dei responsabili e nel porre come priorità la lotta ad ogni forma di violenza e di terrorismo, rendendoci ancora una volta garanti del processo di pace.
Dobbiamo inoltre rafforzare tutte le misure di prevenzione affinché sia garantita la sicurezza degli italiani e dell'Italia, compresi coloro - tra gli italiani - che, per qualsiasi ragione, si trovano in altri paesi (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Minoranze linguistiche).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Moroni. Ne ha facoltà.
CHIARA MORONI. Signor Presidente, le vicende di ieri hanno profondamente scosso le coscienze di tutti noi, uomini liberi che credono nella democrazia. L'attacco agli Stati Uniti è un attacco rivolto all'intero mondo occidentale ed ai principi sui quali questo ha basato il proprio sviluppo. Da oggi niente sarà più come prima.
Le ragioni dell'odio, della violenza e del fanatismo hanno prevalso sul dialogo e sul confronto. Gli Stati Uniti per primi, ma tutte le democrazie occidentali, dovranno
collaborare per sconfiggere la piaga del terrorismo, smascherare i responsabili di una tale scelleratezza ed assumere nei loro confronti e nei confronti di tutti coloro che li hanno coperti un atteggiamento fermo, ristabilire la pace e le ragioni della politica, della democrazia e della libertà che devono contrapporsi all'intolleranza ed al cieco fanatismo religioso.
Ringraziamo il Governo per le immediate misure adottate e per il costante flusso di informazioni.
Ognuno di noi è oggi vicino al popolo americano, a tutte le vittime innocenti ed a tutti i loro familiari. Ognuno di noi è attonito ed intimamente spaventato per la vulnerabilità di un sistema che tutti credevamo infallibile. L'impossibilità di prevedere e di modificare gli eventi, in una società dove prevale la sensazione che ogni cosa sia sotto il nostro controllo, ci lascia disarmati e disorientati (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Nuovo PSI).
PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi dei rappresentanti dei gruppi.
Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, le parole pronunciate ieri dal Presidente della Repubblica ed oggi da lei, signor Presidente della Camera, sono parole di dolore per il terribile atto di guerra di cui è stato fatto oggetto l'amico paese degli Stati Uniti d'America. Le parole di solidarietà rivolte da lei e dal Presidente della Repubblica al popolo americano interpretano pienamente il pensiero ed i sentimenti profondi dei repubblicani italiani ed in esse noi ci riconosciamo pienamente,
Onorevoli colleghi, pur nell'estrema brevità di questo dibattito, dobbiamo fare chiarezza. Siamo di fronte ad uno scoppio di fanatismo di proporzioni inusitate e non possiamo non domandarci - la Camera dei deputati, del resto, ha cominciato a domandarselo - se siano i problemi oggettivi del mondo a determinare questo scoppio di fanatismo o se sia lo scoppio del fanatismo a rendere più difficili i problemi oggettivi del nostro mondo.
Fuor di metafora, dobbiamo dirci e domandarci se possa essere considerato il problema del Medio Oriente a spiegare questo scoppio di terrorismo o se, invece, vi sia un terrorismo che determina la gravità e l'insolubilità del problema del Medio Oriente. O meglio, in altre parole, dobbiamo chiederci perchè vengano colpiti gli Stati Uniti d'America; perché sono una potenza vicina ad Israele che non consente una soluzione equilibrata di quel problema o perché, piuttosto, essi difendono e rappresentano quei valori di libertà e di democrazia che accomunano il mondo occidentale ed oggi anche paesi come la Russia e, per certi aspetti, anche la Cina?
Riteniamo, signor Presidente, che di fronte ad un atto di guerra di tale portata sarebbe un grave errore se il Parlamento di un paese democratico confondesse in un generico discorso di solidarietà problemi che vanno affrontati fino in fondo. Questo è il motivo per cui - concludo, signor Presidente -, pur nell'auspicare il senso del limite e della moderazione che siamo certi essere proprio delle grandi democrazie e di una democrazia come quella degli Stati Uniti d'America, riteniamo che il nostro paese non possa che esprimere solidarietà per gli atti di fermezza con i quali il mondo civile risponderà agli atti del fondamentalismo fanatico e del terrorismo. Mi sembra di aver compreso che nelle parole dell'onorevole D'Alema, nel suo riferimento ai Balcani, vi fosse un'essenziale comprensione di tale punto. Per tale motivo, mi auguro che il Governo italiano sappia fare la sua parte, al di là della genericità delle espressioni che, forse, non potevano non caratterizzare un esame così immediato di una vicenda così dolorosa.
PRESIDENTE. È così esaurito il dibattito sugli attentati terroristici negli Stati Uniti d'America.
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