La seduta comincia alle 9,35.
VITTORIO TARDITI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Alemanno, Amoruso, Aprea, Armani, Armosino, Ballaman, Benedetti Valentini, Berselli, Bindi, Boato, Bonaiuti, Bono, Brancher, Bressa, Bricolo, Brugger, Caligiuri, Cannella, Cicu, Colucci, Gianfranco Conte, Cordoni, Cusumano, D'Alia, De Brasi, Deiana, Delfino, Dell'Elce, Detomas, Di Virgilio, Dozzo, Fragalà, Giordano, Giancarlo Giorgetti, Intini, Manzini, Martinat, Martusciello, Mazzocchi, Moroni, Motta, Palumbo, Patria, Pecoraro Scanio, Pinotti, Pisanu, Pistone, Possa, Ramponi, Romani, Rosso, Santelli, Saponara, Sasso, Scarpa Bonazza Buora, Schmidt, Soro, Stucchi, Tabacci, Tanzilli, Taormina, Tremonti, Trupia, Valducci, Valentino, Valpiana, Viceconte, Viespoli, Vietti, Violante, Vitali e Zeller sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono centoquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 settembre 2005, n. 184, recante misure urgenti in materia di guida dei veicoli e patente a punti.
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (vedi l'allegato A - A.C. 6150 sezione 2), nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (vedi l'allegato A - A.C. 6150 sezione 3).
Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (vedi l'allegato A - A.C. 6150 sezione 4).
Avverto, altresì, che sono state presentate proposte emendative riferite all'articolo unico del disegno di legge di conversione (vedi l'allegato A - A.C. 6150 sezione 5).
Per quanto riguarda l'ammissibilità degli emendamenti riferiti al decreto al nostro esame, la Presidenza rileva che il testo del decreto trasmesso dal Senato è composto da 26 articoli che intervengono in una serie molto ampia di disposizioni del codice della strada nonché in materia di organizzazione del Ministero delle infrastrutture
e dei trasporti. La valutazione di ammissibilità degli emendamenti presentati in Assemblea è stata effettuata dalla Presidenza sulla base di tale contenuto e dei criteri di ammissibilità adottati dalla Commissione di merito.
Alla luce di tali considerazioni, la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 7, del regolamento, le seguenti proposte emendative, per le quali la presidenza della Commissione aveva, peraltro, già rilevato profili di inammissibilità: Bornacin 1-viciesquinquies.011 e 1-viciesquinquies.012, relativi alla proroga delle concessioni ferroviarie esistenti e sulla regolazione delle partite debitorie e creditorie connesse alla copertura del disavanzo delle ferrovie; Susini 1-viciesquinquies.014, in quanto prevede un intervento di carattere legislativo su una fonte di natura regolamentare.
La Presidenza non ritiene, inoltre, ammissibili ai sensi degli articoli 86, comma 1, e 96-bis, comma 7, del regolamento, in quanto relative a materia non strettamente attinente all'oggetto del provvedimento, le seguenti proposte emendative non previamente presentate in Commissione: Cusumano 1.decies.60, limitatamente al capoverso 1-bis, che prevede un intervento di carattere legislativo su una fonte di natura regolamentare; Carbonella 1-viciesquinquies.061, relativo all'omologazione dei dispositivi antiabbagliamento; Pasetto 1-viciesquinquies.063, relativo alla ricognizione ed al potenziamento dei trasferimenti agli enti territoriali per la messa in sicurezza della rete stradale non nazionale; Pasetto 1-viciesquinquies.064, riguardante il finanziamento per il Piano nazionale della sicurezza stradale; Cusumano 1-viciesquinquies.066 e 1-viciesquinquies.067, volti a modificare taluni articoli del codice penale; Cusumano 1-viciesquinquies.068, relativo al divieto di vendita sulle aree pubbliche di bevande alcoliche; Cusumano 1-viciesquinquies.069, relativo al divieto di vendita di bevande alcoliche in locali situati sulle autostrade e sulle strade statali; Cusumano 1-viciesquinquies.070, relativo al divieto di vendita di bevande alcoliche mediante distributori automatici; Cusumano 1-viciesquinquies.071, volto ad introdurre norme finalizzate a promuovere la consapevolezza dei rischi di incidentalità stradale in caso di guida in stato di ebbrezza; Cusumano 1-viciesquinquies.072, relativo ai dispositivi di sicurezza nelle manovre di retromarcia di veicoli pesanti; Cusumano 1-viciesquinquies.073, relativo all'individuazione dei farmaci che producono effetti negativi sulla guida (vedi l'allegato A - A.C. 6150 sezione 1).
Avverto che, prima dell'inizio della seduta, è stato ritirato dal presentatore l'emendamento Albonetti 1-sexiesdecies.1.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Raffaldini. Ne ha facoltà.
FRANCO RAFFALDINI. Signor Presidente, normalmente la finalità del codice della strada è quella di garantire la sicurezza, ovvero disporre regole e sanzioni proprio con l'unico grande obiettivo della sicurezza. In particolare, il codice della strada ha l'obiettivo di elevare lo standard di sicurezza e di ridurre la strage di morti, feriti ed invalidi permanenti che ogni anno si registrano a causa degli incidenti stradali. Inoltre, esso ha il compito di predisporre una normativa moderna, ma soprattutto stabile.
Un codice della strada non può essere cambiato ogni tre mesi nei suoi punti essenziali. Infatti, per produrre effetti deve avere la capacità di durare nel tempo, in modo che gli operatori di controllo, come le Forze di polizia, i costruttori di autoveicoli - chiamati ad intervenire con nuove tecnologie sui loro prodotti in relazione alla sicurezza - e le aziende che hanno il compito di costruire e garantire la manutenzione delle strade, abbiano punti di riferimento chiari per svolgere il proprio lavoro, che ha ricadute importanti sulla sicurezza delle strade. Inoltre, la stabilità è importante anche per gli stessi cittadini, che devono conoscere le norme che per un certo periodo regolano la circolazione stradale.
Per tali motivi, così come accade per ogni altro codice, quando vi è bisogno di introdurre una riforma si ricorre ad una
legge delega. Il Governo di centrosinistra e il Parlamento, nel corso della precedente legislatura, approvarono appunto, nel marzo 2001, una legge delega in cui furono fissati alcuni princìpi ed indicazioni, affidando al Governo, che dispone di competenze tecniche proprie, il compito di produrre una riforma ben fatta.
Tuttavia, in seguito è iniziata l'opera di manomissione del codice della strada; tale modo di procedere non è un bene per principio. Il decreto-legge in oggetto, ad esempio, era composto da un solo articolo ed era stato adottato con carattere di urgenza per rispondere alle obiezioni contenute nella sentenza della Corte costituzionale rispetto ad uno specifico punto della normativa adottata lo scorso anno. Tale punto riguardava la sottrazione dei punti sulla patente al proprietario del veicolo sul quale era stata compiuta un'infrazione da altra persona non identificata. Avevamo già segnalato allora questa contraddizione e questa possibile eccezione, tuttavia si è voluto procedere comunque ed, infatti, siamo costretti a rivedere tale norma. Era questo il punto da correggere.
Ci è pervenuto dal Senato un testo modificato da una montagna di emendamenti, alcuni brevi ed alcuni lunghi addirittura tre pagine, al punto da utilizzare lontani numeri latini per indicare i vari commi ed articoli introdotti nel testo. Pertanto, si è creata una situazione che innanzitutto è particolarmente seria in termini di principio, perché si modifica una legge che, invece, aveva bisogno di essere consolidata. Addirittura, con alcuni emendamenti approvati, si è intervenuti ancora una volta sulle tabelle relative ai punti della patente.
Tutti coloro i quali hanno partecipato, in questa legislatura, alla discussione sui punteggi della patente da detrarre sulla base delle singole infrazioni, sanno quanto tale discussione sia stata complicata. C'era una proposta del Governo. Nella Commissione tutti sono diventati poliziotti (più tre, meno due...!); è quindi emersa un'altra proposta e ad un certo momento abbiamo concordato: votiamone una, ma dopo, per un po' di tempo, lasciamo perdere. Invece, si è proceduto ulteriormente a modificare i punteggi, vale a dire una delle norme più delicate.
Dunque, il provvedimento in esame dovrebbe rispondere ai problemi della sicurezza e alle questioni più urgenti da correggere, come quelle sollevate dalla sentenza della Corte, ed eventualmente aggiungere poche altre norme che comunque non rimettano in discussione l'impianto complessivo. Ci è arrivato invece un «minestrone», un pasticcio.
Abbiamo formulato una proposta, pure in un momento di tensione all'interno di quest'aula che dura da vari mesi su molti provvedimenti, che non sto qui a citare. Abbiamo formulato una proposta: «ripuliamo» questo provvedimento, riportiamolo alla questione essenziale, vale a dire la sentenza della Corte costituzionale, ed eventualmente aggiungiamo una norma riguardante il finanziamento del Centro elaborazione dati del Dipartimento per i trasporti terrestri, che raccoglie i dati relativi ai punti della patente sottratti e che non ha lacrime per piangere, non ha una lira. Se si blocca il «cervellone» possiamo prevedere tutte le norme che vogliamo, ma non funziona più niente. Abbiamo dunque proposto di limitarci a questi due aspetti, sopprimendo le altre norme, sulle quali si potrà discutere successivamente.
Al contrario, non soltanto si sono moltiplicate le norme, ma nell'impotenza a contrastare il fenomeno degli incidenti stradali e nell'incapacità di organizzare i controlli sulle strade, che sono il punto essenziale, si è semplicemente alzata di un tono la voce, ci si è messi a gridare: le sanzioni saranno di 2 mila euro, di 4 mila euro! Se c'è una persona che magari, sbagliando, si reca velocemente alla posta e «appoggia» la sua «macchinetta» in sosta vietata, la sanzione è di 4 mila euro, 8 milioni di vecchie lire! Si tratta certamente di un'infrazione, ma non c'è proporzione. Dunque, si alza la voce e non si fanno i controlli. Si facciano, invece, molti controlli. Tuttavia, ad esempio, nell'ultima «manovrina» finanziaria si toglie il 20 per cento della risorse per la Polizia, e in
alcuni emendamenti si prevede addirittura che i vigili stiano solo a casa loro, in centro, e che non possano effettuare i controlli con il telerilevamento in alcune strade.
Si tratta quindi di un provvedimento che dice e disdice, che fa e disfa, un provvedimento, insomma, complicato. Cito, ad esempio, l'articolo 1, l'unico condivisibile. Vi era una norma precedente, sbagliata; una norma nel decreto-legge originario adottato dal Governo e presentato al Senato; una norma modificata dal Senato; una norma che uscirà ulteriormente modificata da parte di questa Assemblea. Dunque, nel giro di poco tempo vi sono state quattro versioni dello stesso articolo, e poi si vedrà al Senato. Vi è inoltre la questione, alla quale ho fatto cenno, delle sanzioni, nonché altre questioni.
Insomma, quando si tratta di approvare un codice, ci ritroviamo a discuterlo in una platea di 630 persone, nella quale, come capita nel calcio quando si vede una partita, allo stadio o davanti la televisione, tutti si sentono allenatori e urlano al televisore come spostare i giocatori, se la prendono con l'allenatore, con l'arbitro, il guardalinee o, addirittura, con il quarto uomo. La stessa cosa avviene per il codice della strada: appena ne parliamo in modo «facilone», tutti si sentono poliziotti, garantisti oppure spietati, fino a giungere a posizioni che hanno anche del ridicolo. Per fortuna, credo, in questa fase è ancora possibile cambiare qualcosa. Con la modifica introdotta dal Senato è stata inserita una figura trasportistica ignota nell'universo. Al Senato hanno previsto per il camion il carrello dolly, che gli stessi uffici della Camera, dopo aver studiato le legislazioni degli altri paesi, asseriscono non esistere. Cosa è questo carrello dolly? Un carrello clonato? Si è arrivati a questo: inserire nel codice della strada il carrello dolly!
Non voglio poi ricordare che tra gli emendamenti presentati ve n'è uno che cerca di interpretare cosa accade quando un'infrazione viene compiuta da un ambasciatore o da un console onorario. Cosa può accadere? Si tratta pur sempre di un'infrazione! Stiamo arrivando ad un livello che comincia ad essere preoccupante, se non esilarante. Per questo ritengo che nell'ambito della nostra riflessione dobbiamo cercare di semplificare di molto la questione piuttosto che complicarla ulteriormente.
In questa ultima fase chiedo di rivedere il giudizio negativo o ipotetico che verrà dato su alcuni emendamenti che, invece, hanno oggettivamente una ragione specifica riguardante la sicurezza. Faccio alcuni esempi. L'emendamento Mazzarello 1-vicies quinquies. 02 stabilisce che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti individua le strade e le autostrade sulle quali non possono transitare trasporti pericolosi e che, in assenza di collegamenti alternativi, tali trasporti siano considerati trasporti eccezionali, ossia che abbiano la scorta, essendo pericolosi. Su questo emendamento non è stato espresso alcun parere. Quando poi un camion o un TIR si mette in mezzo ai binari e l'autista abbandona il mezzo bloccando tutto il traffico, deve essere considerato un problema di sicurezza pratico, oppure no?
Vi è poi l'emendamento Quartiani 1.54, che regola tutta l'attività nei centri urbani, in particolare dei mezzi che devono intervenire rapidamente perché c'è una casa che perde acqua o prende fuoco, per dare la possibilità ai comuni di riservare temporaneamente un'area di sosta per i veicoli di pronto intervento. Vi è inoltre l'emendamento Duca 1.6, che parla dei dispositivi di rilevamento a distanza di situazioni pericolose. Si tratta di una decisione già presa dall'associazione mondiale dei costruttori di auto: dotare i veicoli di meccanismi satellitari semplici, che prevedano in anticipo se lungo la strada ci sono degli ingorghi o degli incidenti e, in caso di incidente, permettano di localizzare immediatamente l'automobile, anche se si trova in un fosso.
È altresì da modificare la norma dei 150 chilometri all'ora vigente per le autostrade a tre corsie. Una norma, a mio
avviso, sbagliata sulla quale mi riservo di intervenire nel prosieguo dell'esame del provvedimento.
Desidero evidenziare la situazione in cui vengono a trovarsi i conducenti dei camion o di quei mezzi che operano la raccolta porta a porta dei rifiuti. Tali conducenti, durante lo svolgimento del loro lavoro, sono costretti a slacciarsi continuamente le cinture di sicurezza. A questo proposito, noi abbiamo presentato un emendamento, non accettato, che prevede che tali conducenti, durante determinati momenti di svolgimento delle loro mansioni, siano esentati dall'obbligo di allacciarsi la cintura di sicurezza, al fine di evitare loro troppi impedimenti.
Si tratta di idee tese a fare pulizia su alcuni aspetti allo scopo di rendere, per così dire, un po' più «potabile» la materia.
Infine, desidero porre in rilievo come, a mio parere, i provvedimenti adottati in materia di sicurezza stradale abbiano una loro validità se accompagnati dall'esame di alcune delle tematiche più importanti, quali ad esempio il trasporto locale, il trasporto ferroviario, nonché lo spostamento delle merci dalle autostrade e così via.
Sabato scorso il ministro Lunardi, nel corso di un convegno svoltosi a Verona cui hanno partecipato i ministri dei trasporti dei paesi dell'Unione europea, quelli dei paesi che ambiscono ad entrarvi, nonché quelli degli Stati Uniti d'America e della Russia, ha affermato che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti spende per la sicurezza 15 milioni di euro all'anno, risorse finanziarie provenienti dalle multe comminate. Tale ammontare di risorse - bisogna riconoscerlo - è un po' poco. Questo è comunque il quadro entro il quale è trattato il problema della sicurezza stradale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mazzarello. Ne ha facoltà.
GRAZIANO MAZZARELLO. Signor Presidente, noi speriamo, grazie a questi interventi - ne faremo diversi - sul complesso delle proposte emendative presentate al disegno di legge di conversione del decreto-legge al nostro esame, di poter convincere il Governo e i colleghi della maggioranza ad operare un ripensamento, in modo da adottare un provvedimento che davvero affronti le questioni essenziali di questa materia e che non rappresenti invece, come quello alla nostra attenzione, un treno su cui viene caricato tutto e il contrario di tutto. Si potrebbe anche, qualora si rendesse necessaria, svolgere un'eventuale riflessione di fondo, più organica e senza la fretta di dover approvare un decreto-legge, sugli effetti derivanti da certe misure, come ad esempio la patente a punti e le innovazioni introdotte alcuni mesi fa con provvedimenti conseguenti alla legge delega approvata dal centrosinistra che, fra l'altro, l'attuale Governo ha applicato con un ritardo di diversi mesi.
Nella materia in questione occorreva intervenire su due aspetti specifici. Il primo, concerneva, dopo la sentenza della Corte costituzionale, la correzione del provvedimento riguardante la detrazione dei punti quando tale sanzione sia comminata nel caso di un'auto il cui conducente non sia stato individuato nell'immediato. Il secondo, la correzione della misura, esagerata e sbagliata, applicata sui motorini.
Non si tratta di predisporre una caterva di interventi, in quanto essi creerebbero confusione e genererebbero problemi di applicazione delle misure adottate e probabilmente non affronterebbero la questione essenziale, che invece è opportuno trattare con diversi interventi. Mi riferisco al grande tema della sicurezza stradale. Un tema che ancora pone l'Italia in Europa ai primi posti fra i paesi per numero di incidenti stradali, morti e feriti. Questo dato di fatto ci pone conseguentemente molto lontani rispetto al raggiungimento di quell'obiettivo che ci si era prefissi di raggiungere, quello cioè della diminuzione degli incidenti stradali del 40 per cento entro il 2010. Questo è il punto di fondo su cui occorre ragionare con grande attenzione, con misure certe, senza gride manzoniane, con pene certe e con interventi più ampi che affrontino il tema della sicurezza.
Credo che sia un'occasione, questa, oltre che per riproporre, come noi facciamo, una semplificazione del provvedimento al fine di evitare interventi che creino ulteriore confusione nell'applicazione (che deve essere poi compiuta), per ragionare sulle motivazioni che portano ormai ad una ripresa del numero degli incidenti stradali, dei morti e dei feriti, dopo un primo momento di diminuzione seguito nell'immediato all'applicazione della misura sulla patente a punti.
È un punto che dobbiamo considerare con grande attenzione. Qui, forse, c'è la vera differenza tra noi, la vera differenza di impostazione, la linea di fondo di demarcazione. Un intervento sulla sicurezza non può essere solamente un intervento parziale sul codice della strada, non può essere solamente un intervento fatto di sanzioni: queste ci vogliono, devono essere precise, devono essere applicabili, devono garantire la certezza, appunto, della sanzione e della pena, ma poi occorre una politica per la sicurezza, una politica più complessiva per la sicurezza, se vogliamo davvero rispondere ad un problema serissimo che il nostro paese ha e che ha in maniera più larga e più forte rispetto agli altri paesi avanzati ed agli altri paesi europei.
Quando, a causa degli incidenti stradali, ogni anno muoiono 7 mila persone, 18 al giorno, una ogni ora, 750 persone ogni giorno sono coinvolte negli incidenti, crescono i disabili gravi (circa 20 mila in un anno), allora si capisce che noi abbiamo un problema serio da affrontare che, ripeto, non può essere affrontato solo con interventi sul codice della strada. Forse è questa, anzi per noi è sicuramente questa la ragione che vede ormai, ripeto, dopo una prima diminuzione del numero degli incidenti, una ripresa del numero degli incidenti e, quindi, dei feriti e dei morti, purtroppo, nel nostro paese.
Gli interventi sulla sicurezza devono essere, appunto, interventi complessivi. Allora essi devono riguardare lo stato delle strade. Ma qui, insieme agli interventi sul codice della strada, piuttosto che un sostegno agli interventi di ammodernamento e di messa in sicurezza di certi siti stradali, che cosa registriamo quest'anno? Il taglio delle risorse all'ANAS, cioè un taglio delle risorse destinate all'ente che dovrebbe realizzare questo tipo di interventi.
Invece di misure tese a favorire il passaggio dal trasporto su gomma e dal trasporto individuale al trasporto su ferrovia, al trasporto via mare, noi abbiamo misure assolutamente contrarie. Abbiamo il blocco al finanziamento dei porti (l'anno scorso); abbiamo il taglio completo degli interventi per le ferrovie; abbiamo il taglio completo degli interventi per il trasporto pubblico locale. Ormai abbiamo, soprattutto per le ferrovie, un trasporto pubblico locale che non regge più di fronte alle esigenze minime dei cittadini.
Ecco, manca questo. E questa, ripeto, è la differenza di fondo, probabilmente, tra noi e voi, cioè l'idea che, accanto ad interventi sulla normativa, sul codice della strada, sulla regolamentazione precisa, sulla necessità di colpire con durezza chi si muove in maniera pericolosa sulle strade, sia necessaria una politica più ampia che, appunto, affronti altre questioni di fondo che possono dare una risposta alla sicurezza e possano portare finalmente anche il nostro paese ad abbassare il numero drammatico degli incidenti stradali, dei morti, dei feriti e degli invalidi sulle strade.
Per quanto riguarda i controlli, non so se vi siete accorti che determinate misure previste nel provvedimento in materia di patente a punti sono assolutamente lasciate andare. Quando ci si accorge che i controlli della Polizia, dei diversi agenti che dovrebbero intervenire, diminuiscono fortemente, è difficile mantenere una «corposità» degli interventi che sono stati assunti. Anche in questo caso, oltre ai tagli agli interventi più strutturali che consentirebbero il trasferimento del trasporto delle merci dalla strada alla ferrovia e al mare e la messa in sicurezza di determinate strade, è previsto anche un taglio delle risorse destinate alle Forze di polizia (è previsto persino il taglio del carburante per le loro auto). Quindi, i controlli perdono peso, forza e consistenza.
La politica della sicurezza andrebbe fatta attraverso una certezza normativa, con norme che, come sosteneva il collega Raffaldini qualche minuto fa, non prevedano un «minestrone» di interventi, ma che siano chiare e precise, nonché attraverso un complesso di misure e di norme che operi come corollario alle norme sul codice della strada. Così occorre agire, se vogliamo davvero affrontare e risolvere la questione della gravità degli incidenti, del numero dei morti, dei feriti e degli invalidi a seguito degli stessi. Tale questione non può essere risolta smontando, manomettendo ogni due o tre mesi il sistema dei codici o le misure assunte precedentemente. Infatti, il problema dell'informazione, dell'applicazione delle misure è un problema fondamentale per fornire risposte sul tema della sicurezza.
Ecco perché il primo punto che vi proponiamo in questa discussione è una semplificazione piuttosto radicale del testo che stiamo esaminando e la correzione, anche in questo caso piuttosto radicale, di una serie di norme. Non possiamo rispondere solamente aumentando o decuplicando le sanzioni.
Dovreste esservi accorti che le grida non sono sufficienti, se non sono accompagnate da un'organizzazione. E allora pensare di raddoppiare o decuplicare una serie di sanzioni non è giusto. Aumentare la quantità dei punti da detrarre quando, ad esempio, qualcuno dimentica di sostituire una luce di posizione bruciata è un'esagerazione! Al contrario, occorre intervenire sugli aspetti più importanti, per affrontare il punto fondamentale che tutti noi diciamo di voler affrontare, vale a dire il tema della sicurezza.
Oltre a proporvi l'idea di fondo di una semplificazione di questa norma complicatissima, lunghissima e difficilissima da applicare, avanziamo alcune proposte specifiche e rileviamo alcuni punti di fondo.
Vorrei insistere sulla nostra proposta emendativa riguardante la sicurezza dei trasporti pericolosi. Sempre di più ormai, nel nostro paese, aumentano i casi di pericolo da inquinamento delle acque e da trasporto di gas o materiale chimico, pericolo che può colpire i quartieri che vengono attraversati dai mezzi pesanti che li trasportano: perché non affrontare davvero questo tema non ancora affrontato nella giusta misura? Perché non affrontarlo definendo in maniera specifica che, ad esempio, un determinato tipo di trasporto non può che essere un trasporto scortato ed avere quindi le caratteristiche di un trasporto eccezionale?
Su questo punto, sì, che daremmo risposte ad un problema serio di sicurezza, sul quale occorre effettuare un autorevole intervento di prevenzione degli incidenti possibili, considerato il continuo estendersi del trasporto su gomma dei materiali più pericolosi e diversi, e visto che, molto spesso, tali materiali pericolosi attraversano l'Italia su strade dove, a fronte di un eventuale incidente, possono essere provocati inquinamento di corsi d'acqua o altri gravi danni attorno al punto in cui tale incidente è avvenuto.
A fronte di un atteggiamento del Governo molto aperto ad accogliere una serie di misure piuttosto confuse (a tale proposito, è stato citato l'esempio del singolare carrello dolly, di cui non si conoscono la provenienza, le ragioni e le conseguenze), non vi è un'attenzione altrettanto sufficiente ad accogliere specifici e dettagliati contributi che possono provenire su un tema così particolare e, soprattutto, fondamentale...
PRESIDENTE. Onorevole Mazzarello, concluda per cortesia!
GRAZIANO MAZZARELLO. ...quale è quello della sicurezza del trasporto.
Mi auguro che la nostra insistenza possa portarvi ad accettare un'ipotesi di semplificazione e di giusta correzione del provvedimento al nostro esame, che così com'è non va bene (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Frigato. Ne ha facoltà.
GABRIELE FRIGATO. Signor Presidente, colleghi, prima di entrare nel merito
del provvedimento in esame, recante misure urgenti in materia di guida dei veicoli e patente a punti, vorrei spiegare i motivi, affinché rimangano agli atti parlamentari, dell'azione che, con una scelta molto precisa e forte, l'insieme delle forze di opposizione parlamentare stanno conducendo in quest'aula e in quella del Senato ormai da più di qualche settimana.
Continuiamo la nostra azione di ostruzionismo, in particolare, contro la proposta di legge elettorale che è stata approvata in questo ramo del Parlamento e che ora è in discussione al Senato; così come intendiamo continuare a segnalare il fatto che questa legge elettorale non è riuscita ad esprimere quella sensibilità, che manca alla maggioranza berlusconiana, di approvare di concerto con l'opposizione almeno le leggi concernenti lo stare insieme istituzionale nel nostro paese. Segnaliamo, altresì, come anche nel contenuto questa legge sia pericolosa e rappresenti un passo indietro, in quanto intacca pesantemente la stabilità e la stessa possibilità di governo del nostro paese.
Lo affermiamo con grande preoccupazione; sappiamo tutti quanto la stabilità di Governo sia importante, quanto sia preziosa e quanto, ad essa, complessivamente, negli ultimi anni, tutte le forze politiche, pur in maniera diversa, a volte anche contraddittoria, hanno cercato di tendere. Allora, vogliamo ribadirlo e sottolinearlo; anche la nostra azione ostruzionistica, questa mattina, vuole esprimere questo atteggiamento di preoccupazione e non vuole mancare di sperare che possa esservi, da parte della maggioranza berlusconiana, un minimo di riflessione e di ripensamento.
Ma vogliamo sottolineare tutta la nostra preoccupazione anche con riguardo al provvedimento sulla devolution, che divide il paese; lo diciamo in particolare ai colleghi della Lega aggiungendo che non solo divide il paese, ma è il provvedimento da noi definito «manifesto» perché, come loro ben sanno, non affronta il tema vero, che è il federalismo fiscale. È un provvedimento che servirà, probabilmente, a dire a qualcuno - ritengo senza largo spazio di credibilità (ma, insomma, servirà a tale fine) - che è stato fatto un qualche lavoro, che si è portata a casa qualche bandierina, che il manifesto è scritto bene. La verità è che quel manifesto, ancorché scritto bene - e noi nutriamo seri dubbi al riguardo - rimane tale, e rimane soprattutto senza contenuti di natura finanziaria: sono quei contenuti, invece, a determinare la qualità di un provvedimento e di una scelta.
Mi consenta, signor Presidente, di esprimere poi una considerazione anche con riferimento alla legge che ha visto impegnata questa Assemblea nell'intera giornata di ieri; si tratta di quella legge che noi abbiamo definito «salva Previti», ma ciò è stato da voi contestato, è stato contestato dalla maggioranza berlusconiana. Ebbene, già qualcuno ieri benissimo osservava come noi dovremmo essere positivamente orgogliosi di come, dopo qualche lungo mese di battaglia parlamentare, qualche lungo mese di riflessione sui giornali, sui mezzi di comunicazione, sui programmi televisivi siamo riusciti a farvi cambiare idea perché, alla fine, voi avete votato in maniera compatta un emendamento proposto dal gruppo dell'UDC che, per così dire, limitava il danno. Tale emendamento infatti regola diversamente le modalità ed i termini della prescrizione, limitando l'applicazione della nuova disciplina sulla prescrizione soltanto all'ipotesi di processi pendenti in grado di prima istanza. Ebbene, noi sosteniamo che, purtroppo, ci avete imbrogliato un'altra volta; avete imbrogliato il Parlamento un'altra volta, avete imbrogliato gli italiani un'altra volta: siete riusciti - in maniera luciferina, a mio avviso - ad accontentare il gruppo dell'UDC - che vede approvati una sua proposta e un suo emendamento - ma avete anche messo insieme e soddisfatta l'esigenza del collega Previti perché, in sede di dibattimento, sicuramente i suoi legali presenteranno un'istanza relativamente alla incostituzionalità di quell'emendamento.
MARIO TASSONE, Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti. Ma questo è il mio provvedimento...?
GABRIELE FRIGATO. Ebbene, direi che avete messo insieme il diavolo e l'acqua santa, con molto rispetto sia per il diavolo sia per l'acqua santa; avete accontentato politicamente l'UDC - ma con l'UDC ne riparleremo certamente nelle piazze - e avete accontentato anche Forza Italia, molto e molto preoccupata per l'onorevole Cesare Previti (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro), che non si è mai difeso nei processi, ma si è sempre difeso dai processi; e lo ho fatto anche in questa Assemblea, colleghi.
PRESIDENTE. Onorevole Frigato, si può consumare tempo anche attenendosi al tema, senza divagare esageratamente.
GABRIELE FRIGATO. Certo, Presidente, ma poiché i tempi di ieri erano contingentati, e quindi pochi di noi hanno avuto la possibilità di esprimere la propria opinione, ritengo non sia male che resti agli atti della Camera dei deputati come un parlamentare, per così dire, semplice, abbia vissuto amaramente la giornata di ieri in questo Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo - Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro). Perché l'ho ritenuta davvero una giornata nella quale la maggioranza berlusconiana ha sicuramente preso in giro gli amici dell'UDC ed il Parlamento, ma essenzialmente ha preso in giro il popolo italiano (Commenti)!
Vorrei evidenziare un'altro aspetto, signor Presidente, che non è disgiunto dalla valutazione del decreto-legge in esame. Tutto ciò che sta accadendo, infatti - compresa la posizione della questione di fiducia l'altro giorno, al Senato, sul primo passaggio parlamentare nell'esame del disegno di legge finanziaria, e già si annuncia che avverrà lo stesso anche alla Camera -, la dice lunga rispetto ai termini, alla volontà ed alla sensibilità della maggioranza berlusconiana nei confronti del ruolo del Parlamento (Una voce dai banchi del gruppo di Forza Italia: Basta!), del valore del confronto e della fatica della sintesi, che fanno della politica un'arte «pesante», necessaria ed impegnativa (Commenti del deputato Bornacin)!
Quindi, onorevoli colleghi, visto che siamo, in sostanza, alla conclusione della legislatura, e che avete approvato, ormai, quasi tutti i provvedimenti che vi interessavano, riconosciamo che, sui temi veramente rilevanti del lavoro, dell'impresa, della famiglia e della sanità, non avete mai voluto, ricercato ed apprezzato il confronto in Parlamento (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)!
Allora, onorevoli colleghi, accogliendo l'invito rivoltomi dal Presidente, vorrei affrontare, per qualche minuto, anche il merito del decreto-legge in esame (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale), recante «misure urgenti in materia di guida dei veicoli e patente a punti». Io l'ho letto, onorevoli colleghi, e non ho capito bene cosa centri la patente a punti.
GIORGIO BORNACIN. Non l'hai proprio capito!
GABRIELE FRIGATO. Il provvedimento in esame costituisce un'ulteriore misura urgente; e siamo alle solite, perché voi rincorrete le emergenze, ma non date mai organicità e completezza...
GIORGIO BORNACIN. Poi te lo spiegheremo!
GABRIELE FRIGATO. ...ad un intervento in una materia importante, che non può essere concepito in maniera frammentaria. Forse vi sono buone intenzioni ed alcune buone indicazioni, ma non sono definite specifiche priorità, non vi è un quadro di riferimento e, soprattutto, mancano le risorse finanziarie necessarie!
Il contenuto del decreto-legge in esame concerne sicuramente una questione seria e grave per il nostro paese, poiché investe la sicurezza dei cittadini. Mi riferisco alla
sicurezza di quanti si muovono sulle strade sia di grande comunicazione, sia della più piccola e modesta viabilità urbana. Pertanto, si tratta di un tema che riguarda tutti i grandi cittadini, che vivono tanto nelle grandi città quanto nelle piccole.
Sono stati già ricordati i numeri relativi agli incidenti. Si tratta di numeri gravi, onorevoli colleghi, che hanno, sì, fatto registrare una modesta riduzione nel momento dell'immediata applicazione del provvedimento sulla patente a punti, ma che successivamente, negli ultimi anni, hanno nuovamente mostrato una crescita che ritengo sicuramente preoccupante.
Dobbiamo domandarci, allora, come sia cambiata la viabilità nel nostro paese. Vorrei soltanto ricordare un dato, affinché rimanga agli atti del nostro dibattito.
Siamo passati, tra il 1960 ed il 1995, da 2,4 milioni di veicoli sulle nostre strade a 32,8 milioni di veicoli. È un incremento annuo pari a circa il 35 per cento. Ciò attesta la mole dell'aumento dei mezzi sulle nostre strade. Non credo che il sistema viario italiano abbia avuto un cambiamento, né in termini quantitativi né qualitativi, di così grande entità. Ciò testimonia come probabilmente l'intervento in questa materia necessiti di una grande visione, di un grande orizzonte, di un'organicità complessiva, aspetti che non riscontriamo - purtroppo - in questo provvedimento.
Ma tale elemento denuncia anche, onorevoli colleghi, aspetti sui quali credo tutti abbiamo votato unanimemente documenti in questo Parlamento. Infatti, quando si parla di dover diversificare il sistema dei trasporti, quando si parla di ferrovia, quando si parla di portualità, quando si parla di «autostrade azzurre», si tratta di documenti che generalmente trovano il consenso unanime. Tuttavia il Governo, attorno a tali temi non è mai riuscito - o forse non ha mai voluto - a porre questioni vere, ossia ad indicare le priorità, predisporre un piano preciso e finanziare, seppure con qualche gradualità, una diversificazione del trasporto e della viabilità nel nostro paese. Ed allora, ci troviamo con una rete stradale ed autostradale sicuramente di vecchia data e con un aumento di circolazione che, invece, è rispondente ai numeri che in precedenza ricordavo.
Voglio sottolineare un altro elemento, onorevoli colleghi: gli incidenti sono concentrati, per la maggior parte, nelle aree urbane, nelle città. Ciò dovrebbe provocare alcune riflessioni rispetto anche all'ultima manovra finanziaria, perché le città, o meglio le municipalità, sono sempre più spesso oggetto della vostra attenzione finanziaria, ma in negativo. Voi, infatti, togliete le risorse alle municipalità. Togliete risorse agli enti locali. Ed allora, se nelle città, anche dal punto di vista della viabilità, ed anche dal punto degli incidenti mortali...
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Frigato.
GABRIELE FRIGATO. ...o comunque pesanti per i cittadini, ciò provoca - e concludo, signor Presidente - elementi di disagio, allora anche sul contenuto della prossima legge finanziaria, probabilmente, voi avreste bisogno di svolgere alcune riflessioni in più.
Concludo davvero, signor Presidente, volendo soltanto ricordare, appunto, il numero degli incidenti, che è ripreso a salire, ma anche la necessità, che il ministro Lunardi pubblicamente ha ricordato qualche settimana fa a Verona, che nel nostro paese vengano aumentate le risorse indirizzate alla sicurezza che a tutt'oggi sono ancora poche. Ebbene, il nostro punto di riferimento, signor Presidente, rimangono le direttive europee che pongono quale obiettivo per il 2010 la riduzione del 40 per cento degli incidenti sulle strade europee. Non vorremmo che su questo tema, ancora una volta, l'Italia si trovasse ad essere l'ultima (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
ALDO PERROTTA. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ALDO PERROTTA. Signor Presidente, capisco l'ostruzionismo, ma credo che una buona norma - ed anche il regolamento - non consenta di svolgere un intervento ostruzionistico trattando quasi interamente un altro provvedimento. Stiamo parlando del provvedimento in materia di guida e di patente a punti. Riconosco che anche noi spesso possiamo andare «a volo» su altri temi attinenti, ma questa è cosa completamente diversa.
Per cui, nei limiti del possibile e senza creare assolutamente alcuna preclusione, vorrei chiedere l'applicazione dell'articolo 39, comma 3, del regolamento, da parte sua, signor Presidente.
PRESIDENTE. Onorevole Perrotta, l'articolo 39, comma 3, del regolamento dice: «Il Presidente può, a suo insindacabile giudizio, interdire la parola ad un oratore che, richiamato due volte alla questione, seguiti a discostarsene».
Poiché ho richiamato alla questione l'onorevole Frigato, ed egli vi si è subito accostato, mi sembra che siamo nei termini del regolamento.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Meroi. Ne ha facoltà.
MARCELLO MEROI. Signor Presidente, la ringrazio soprattutto per questo richiamo, perché, con tutto lo sforzo che possiamo compiere, è veramente difficile comprendere cosa c'entri la cosiddetta legge ex Cirielli con il codice della strada, tenuto conto delle tante questioni molto più utili a questo argomento che dovremmo trattare stamani.
Ho seguito con molta attenzione l'intervento del collega Raffaldini ed ho ascoltato parole molto interessanti in ordine alla sicurezza, alla prevenzione, all'educazione alla guida, alla riduzione di morti e feriti, alle regole, alle sanzioni e alla certezza della norma. Sono valori nei quali ci siamo sempre riconosciuti ed abbiamo prestato una particolare attenzione a questa norma che abbiamo voluto tutti, onorevole Raffaldini, come tu hai più volte riconosciuto sia in Commissione sia in Assemblea. È una normativa che tu hai detto che vi appartiene o - meglio - che appartiene anche a voi. Punti importanti di questa legge ci appartengono e li avvertiamo come nostri.
Oggi, però, svolgendo un ragionamento molto obiettivo, registriamo che avete compiuto una virata molto forte in ordine a queste indicazioni. Infatti, state conducendo un'ostruzionismo affinché questo provvedimento non venga convertito in legge. È vero che il Senato lo ha modificato: un unico articolo, che doveva essere rielaborato a seguito della sentenza della Corte costituzionale, è invece arrivato a contenere un numero certamente elevato di misure inserite nello stesso provvedimento. Ma ciò non vuol dire dover abbandonare la normativa e molte disposizioni interessanti contenute nel provvedimento in esame; e, soprattutto, non vuol dire avere la volontà e la capacità - soltanto per una polemica strumentale, collegata non solo a questo provvedimento specifico, ma ad un ragionamento che ormai da qualche mese state perseguendo - di dover necessariamente cancellare tutto ciò che di buono insieme, anche questa volta, siamo riusciti a fare in Commissione.
Allora, raccontiamo cosa è successo nel corso dei lavori della Commissione e cerchiamo di dire la verità. Non è assolutamente possibile credere a chi oggi sostiene che questo decreto-legge è frutto dell'improvvisazione o, comunque, del tentativo di stravolgere il testo originario del provvedimento n. 4118. Non è vero e lo avete riconosciuto anche voi.
Ho qui il testo integrale dell'intervento dell'onorevole Raffaldini, in sede di dichiarazione di voto sul primo provvedimento, nel quale molto obiettivamente affermava che vi era un impegno da ritenersi comunque molto positivo da parte del viceministro Tassone, volto a rivedere tali tematiche (si stava parlando di questioni connesse alla patente a punti), insieme ad altri aspetti, in un prossimo provvedimento. Era, infatti, chiarissimo, fin dall'inizio, che in ordine a questo provvedimento
qualcosa doveva essere necessariamente rivisto. In progress, dovevamo cercare di capire quali parti potevano essere modificate, stralciate o migliorate. Oggi lo stiamo facendo. E diciamo con altrettanta chiarezza che lo stiamo facendo con la disponibilità dichiarata da tutti (dai presidenti di gruppo di maggioranza, dal viceministro Tassone, al relatore, al presidente della Commissione) a tentare di incontrarci - laddove ci sia, ovviamente, una volontà intelligente - su un testo condiviso.
Tuttavia, come abbiamo già ricordato qualche giorno fa, incontrarci su un testo condiviso non può voler dire cancellare totalmente il testo predisposto dal Senato. Possiamo rivederlo e lo abbiamo rivisto. Qualcuno è intervenuto, forse non avendo neanche letto minimamente il provvedimento, affermando che abbiamo mantenuto alcune sanzioni a 2 mila euro: invero, le abbiamo ridotte di oltre tre quarti, tra l'altro, con emendamenti sottoscritti anche dall'opposizione. Prima di dire certe cose, bisognerebbe leggere il provvedimento, per evitare di fare brutte figure!
Siamo disponibili a trovare punti di incontro fin da subito su altri argomenti importanti. È chiaro che, se si viene in Assemblea con l'intenzione di cancellare il provvedimento, bisognerà poi spiegarlo alla gente. Voi, giustamente, ricorrete sempre alla piazza, e lo faremo anche noi.
Bisognerà dire alla gente che cosa andiamo a cancellare facendo decadere questo decreto-legge. Innanzitutto, cancelliamo le richieste della Corte costituzionale in ordine alla restituzione ai cittadini dei punti della patente a fronte dell'interpretazione della Corte. Cancelliamo la possibilità di restituire i motorini: mi riferisco al provvedimento che conteneva il termine «confisca», perché anche questo decade. Cancelliamo la riorganizzazione del centro elaborazione dati della Motorizzazione civile (CED). Cancelliamo alcuni interventi migliorativi su questioni totalmente vessatorie dell'originario provvedimento, anche relativamente alla restituzione di punti, ma non solo, ai cittadini.
Non capisco per quale motivo, se si vuole fare opposizione, non la si fa correttamente, dicendo, in maniera molto obiettiva e con un minimo di coerenza, le stesse cose che si sono dette sei mesi, otto mesi o un anno fa.
Non capisco perché non si possa ritornare a un provvedimento condiviso, così come abbiamo fatto originariamente, in cui certamente maggioranza e minoranza svolgano ciascuna il proprio ruolo, ma facendo in modo che questo decreto-legge possa essere sentito, anche in questa sede e con questo testo, come un provvedimento di tutti.
Diamo la nostra disponibilità. È chiaro che, se questa condivisione non si dovesse verificare, chiariremo alla gente che l'attuale opposizione non permette la restituzione di alcuni diritti ai cittadini e mostreremo che si tratti di un'opposizione fatta non contro di noi, contro la maggioranza, ma solo contro la gente. Non credo che questo atteggiamento sia positivo per le istituzioni, e neanche per voi (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giacomelli. Ne ha facoltà.
ANTONELLO GIACOMELLI. Signor Presidente, il collega Frigato ha ben esposto e sintetizzato i motivi che determinano i gruppi di opposizione ad un atteggiamento parlamentare di duro contrasto rispetto alla legge elettorale, allo stravolgimento della Costituzione e alla stessa legge che ieri abbiamo dovuto vedere imposta al paese dalla maggioranza.
Prima di affrontare nel merito una serie di questioni riguardanti questo decreto-legge, vorrei sommessamente ricordare al collega della maggioranza, che ora tanto si doleva per questa incapacità di apprezzare l'importanza strategica di tali tematiche, che ieri, con il Governo quasi al completo e con i banchi della maggioranza al pieno delle presenze, questi temi sono apparsi irrilevanti e si è imposta un'inversione dell'ordine del giorno, perché era più importante approvare
la legge che riguarda le questioni di Cesare Previti e di altri piuttosto che questi grandi argomenti.
SAVERIO LA GRUA. Ancora...!
ANTONELLO GIACOMELLI. Oggi, quando parliamo delle questioni che stanno a cuore al paese, le presenze, l'interesse della maggioranza e quella bella tensione che ieri abbiamo registrato si sono rarefatti. Quindi, non credo che da quei banchi si possa davvero dare lezioni su quale sia l'interesse del paese.
Non insisterò su tali temi, perché già tanti colleghi lo hanno fatto. Per chiudere questa premessa e per rispondere agli ultimi interventi, dico solo che sempre, nel corso dei confronti parlamentari e politici, può accadere che maggioranze complesse ed eterogenee debbano tenere insieme tanti interessi. Non vado oltre. Lo si può fare provando a cercare una sintesi alta, quella della politica, oppure lo si può fare al ribasso, con l'escamotage, con gli stratagemmi che umiliano la politica e le istituzioni.
Dispiace che, stando alle cronache, personaggi che hanno grande rilievo istituzionale - mi riferisco naturalmente al Presidente Casini - abbiano posto su queste pagine, che non credo siano le più nobili, il suggello delle istituzioni e della politica.
Invece, mi interessa affrontare questo provvedimento e i temi che esso propone.
Tale decreto-legge nasce con un solo articolo finalizzato, come era ovvio e necessario, alla presa d'atto della sentenza della Corte costituzionale relativa all'illegittimità della decurtazione dei punti al proprietario del veicolo in caso di mancata identificazione del conducente. Il testo licenziato dal Senato è composto, invece, da 25 articoli: il provvedimento perde la sua natura originaria per diventare altro.
Non voglio ritornare sulla disquisizione svoltasi lunedì in sede di discussione sulle linee generali in merito alla definizione del decreto-legge, se cioè si tratti di un minestrone, di un piatto di riso e fagioli o di un piatto tipico della dieta mediterranea, come risulta dal resoconto. Non mi pare si tratti di un elemento importante, ma credo che, lasciando perdere le battute, non si possa non dire che tale decreto-legge rappresenta al più un indice di questioni, un elenco di problemi, un'individuazione di punti, peraltro piuttosto eterogenei e distanti da ciò che ha originato il provvedimento stesso. Ciascuna delle suddette questione andrebbe, probabilmente, integrata in provvedimenti generali di settore perché i temi che si affrontano fanno parte di problematiche più ampie. La sensazione che si ha è che, ancora una volta, non volendo o non potendo affrontare il cuore delle questioni con provvedimenti organici e complessivi, si tenti di eludere il problema con provvedimenti come questo, che rappresentano risposte così parziali da risultare isolate da ogni contesto ed insufficienti rispetto alle questioni.
Credo che il punto centrale sia stato toccato dal collega Pasetto in sede di discussione sulle linee generali: il tema centrale è quello della sicurezza. Non è un'invenzione di un'opposizione cieca il nuovo aumento degli incidenti. I dati, purtroppo, parlano da soli: ogni giorno 18 persone muoiono per incidente stradale e 750 rimangono ferite. Dunque, non può non essere quello della sicurezza nella mobilità il tema centrale. Se è così, se questo è l'assunto comune da cui si parte, si può immaginare di affrontare il tema della sicurezza aumentando le sanzioni, talvolta fino a renderle incongrue, e togliendo risorse ai controlli ed agli strumenti di intervento e di contrasto? Se si rileva che la velocità eccessiva è il principale fattore di mortalità, si può affrontare il tema dei limiti così come fa con quella bella superficialità il ministro Lunardi?
È vero che all'interno dei suddetti 25 articoli sono elencati punti e problemi, ma è vero anche che ognuno di questi andrebbe integrato in almeno uno dei tre grandi provvedimenti che occorrono. La prima questione riguarda il piano nazionale della sicurezza stradale dentro il quale, in modo organico, deve essere affrontato il tema delle risorse e degli strumenti
per evitare che la preoccupazione per la mortalità sulle strade rimanga una semplice declamazione vuota di ogni concreto intervento.
La seconda questione riguarda il trasporto pubblico locale. È fuor di dubbio che, con più di 35 milioni di veicoli circolanti e con l'individuazione dei centri urbani delle grandi città come apice dei problemi di incidenti sulle strade, il tema di concreti interventi e di sostegno alle forme di trasporto pubblico locale diventa una delle questioni centrali.
In quale provvedimento questo assunto si è trasformato in una concreta azione di Governo ed in quali leggi finanziarie, che tagliano le risorse agli enti locali (e ciò non può che ripercuotersi anche su questo tipo di problematica), ciò è avvenuto? Dove troviamo gli incentivi per l'ammodernamento dei mezzi per il trasporto pubblico locale? In quale concreto provvedimento di Governo si prevede una forma di sinergia con le regioni per porre in essere interventi che affrontino le problematiche del trasporto pubblico locale nelle grandi aree urbane del nostro paese?
Non si può semplicemente dire che le questioni sono state affrontate perché si sono elencate. È un modo che ha caratterizzato tanti altri interventi in tanti settori, da ultimo quello dell'agricoltura.
Ancora una volta, si tratta di superficiali citazioni, a fronte della necessità di interventi quadro; e penso ai temi del riequilibrio modale. Quale è il concreto provvedimento che affronta i temi degli interporti, dello spostamento concreto di quote rilevanti del trasporto dalla gomma alla ferrovia o dei collegamenti con il sistema marittimo e ferroviario? Dove sono questi interventi?
In assenza di tali misure, come si può davvero, in buona fede, immaginare di presentare 25 articoli nati unicamente dall'esigenza di una presa d'atto della sentenza della Corte costituzionale e dire che è l'opposizione che non accetta il confronto? Ma il confronto su cosa, onorevoli colleghi della maggioranza?
Anche sulla questione dei ciclomotori, nell'articolato sono presenti citazioni ed interventi, ma si tratta di un tema che, nelle nostre città, nelle grandi città in particolare, ha assunto una rilevanza specifica che non può non essere affrontata in modo organico, definitivo e serio.
In ordine a tali problematiche, non solo siamo pronti al confronto, ma abbiamo proposte, idee ed impostazioni da suggerire, come il collega Pasetto ha ricordato in modo puntuale quando si è discusso sulle linee generali del provvedimento.
Manca un concreto provvedimento di Governo atto ad affrontare in modo complessivo questo tema.
Ci troviamo di fronte ad un provvedimento che mette insieme tanti temi diversi, producendo un solo risultato concreto: mi riferisco al tentativo di barattare, di offuscare, con l'aumento delle sanzioni, la diminuzione delle risorse e degli strumenti. Valgano i richiami alla questione delle dotazioni delle Forze dell'ordine anche in termini di carburante, di organici e di strumentazione.
Tuttavia, credo sia ancor più centrale una questione che, pure, nel dibattito è stata in qualche modo affrontata. Ci troviamo di fronte ad una profonda contraddizione: la produzione, grazie alle capacità della tecnologia costruttiva, di veicoli sempre più veloci (è una delle caratteristiche principali) e, nello stesso tempo, la presa d'atto che la velocità eccessiva rappresenta un problema principale per la sicurezza.
Non vale la risposta di chi dice che, insieme alla capacità di intervento costruttivo in ordine alla velocità, vi è una crescente tecnologia della sicurezza, perché vi sono ormai troppi dati dai quali emerge che non è così. Non vi è un parallelismo che, in qualche modo, mantiene le condizioni di partenza.
Registriamo, da una parte, l'aumento del numero dei veicoli e l'aumento della velocità quale elemento con cui oggi, nella stessa proposizione al pubblico, si caratterizzano le innovazioni in questo settore e, dall'altra, l'aumento degli incidenti e l'individuazione ormai certa della velocità quale fattore principale degli stessi. Se si vuole affrontare davvero il tema della sicurezza, ritengo che difficilmente si
possa eludere un ragionamento approfondito, serio, non facile - perché molte considerazioni possono essere svolte in un senso o in un altro - su questo che rappresenta il punto centrale per quanto riguarda il tema della mobilità.
Dobbiamo prendere atto - e credo che non vi sia nessuno che non sia disponibile in tal senso -, per quanto si sia chiamati ad uno sforzo in tutte le sedi per favorire le forme di trasporto pubblico, del fatto che ormai la cultura della mobilità individuale è un fattore fortemente radicato nelle abitudini del paese. Dunque, tale tema non si può eludere, ma deve essere oggetto di un nostro preciso impegno.
Assumendo questo tema quale elemento principale in ordine alla sicurezza, non possiamo non sottolineare il fatto che il decreto-legge in esame elenca questioni che sembrano altrettante citazioni di inadempienze dell'azione del Governo. Quindi, sui temi delle infrastrutture, del sostegno al trasporto pubblico e della relazione modale - il cui aumento non è certo paragonabile all'aumento del numero dei veicoli circolanti - non possiamo non registrare l'assenza di provvedimenti.
Mi auguro che il confronto nelle piazze sia accettato anche su ciò e mi aspetto che a questo si immagini di rispondere citando il ponte sullo Stretto quale grande risposta ai problemi del paese!
Tuttavia, ritengo che, se davvero esiste una responsabilità per problemi che riguardano la vita dei nostri cittadini e dei nostri giovani, non potremo esimerci dall'affrontare in provvedimenti organici e in modo approfondito le questioni che ho evidenziato.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Susini. Ne ha facoltà.
MARCO SUSINI. Signor Presidente, dal Senato ci arriva un decreto-legge appesantito da una montagna di emendamenti che modificano in più parti un provvedimento che invece, a nostro giudizio, avrebbe avuto soltanto la necessità di essere consolidato.
Nel corso della discussione, sia in Commissione sia in aula, abbiamo ripetuto in tutti i modi che vi sarebbe stato bisogno di un provvedimento limitato, snello, teso a rispondere unicamente ai problemi sollevati dalla sentenza della Corte costituzionale, aggiungendovi eventualmente pochissime altre questioni essenziali.
Al contrario, si è voluta inserire in tale testo una miriade di questioni, finendo per stravolgerne il senso, sottoponendo all'esame dell'Assemblea un provvedimento omnibus che, a nostro avviso, potrà generare confusione e nuovi contenziosi. Ad esempio, si sono volute inasprire a casaccio le sanzioni, mentre assurdamente si riducono le possibilità di controllo sul traffico.
Riteniamo che il codice della strada debba avere un'unica e fondamentale missione, vale a dire quella di aumentare la sicurezza nella circolazione stradale, riducendo le stragi sulle strade che, ogni anno, comportano costi economici e sofferenze ingentissime.
La patente a punti e le nuove norme sul codice sono una materia sulla quale i Governi di centrosinistra avevano lavorato intensamente per quasi due anni nel corso della passata legislatura. Durante questo lavoro ci si era impegnati anche in un'ampia attività di consultazione, con l'obiettivo di mettere finalmente il nostro paese in linea con gli standard di sicurezza stradali indicati in modo molto chiaro dalle direttive europee.
Come noto, si partiva da una situazione davvero pesante nella quale si sommavano più fattori: l'abnorme distribuzione su gomma del traffico, che come conseguenza porta ad una congestione sulle nostre arterie stradali; lo stato della viabilità; la non elevata educazione stradale degli utenti; l'eccessiva velocità. Insomma una serie di fattori concorreva (e in larga misura concorre) a ridurre la sicurezza stradale e ad elevare la possibilità di incidenti sulle nostre strade.
Con la patente a punti - che sentiamo come conquista anche nostra per il tempo e la passione con cui ci siamo impegnati in proposito - si è finalmente, sia pure in ritardo, iniziato ad affrontare questi problemi con una logica di organicità; e si può
constatare come i risultati, in termini di riduzione del numero degli incidenti, dei morti e dei feriti, non siano mancati. Dunque, sarebbe stato necessario proseguire su questa strada all'interno di un approccio generale organico, teso ad affrontare con più efficacia le questioni ancora irrisolte.
Purtroppo nel corso di questi anni e di questa legislatura tutto ciò non è avvenuto. Il Governo Berlusconi, e il ministro dei trasporti Lunardi in particolare, hanno brillato per superficialità, per inerzia e per estemporaneità, con il risultato di porre in essere in questa delicatissima materia una congerie di interventi di modifica del codice; il provvedimento in esame si aggiunge a questi interventi. Si tratta di interventi contraddittori, complicati e, per di più, scarsamente efficaci.
Inoltre, in assoluta contraddizione con lo spirito che permeava l'intera riforma del codice della strada, si è voluto inviare messaggi sbagliati come quello, ormai celebre, del possibile innalzamento dei limiti di velocità per il quale si è speso a suo tempo lo stesso ministro Lunardi. Si tratta di messaggi che ritenemmo e continuiamo a ritenere sbagliati, sia sotto il profilo tecnico sia, soprattutto, sotto quello politico. Essi sono sbagliati perché eccentrici rispetto a quello che succede nel resto dell'Europa e perché hanno concorso ad allentare colpevolmente la briglia, anche sul piano psicologico dell'educazione stradale, riducendo indirettamente la soglia di sicurezza.
Ma vi è dell'altro. Il nuovo codice e la riforma avrebbero potuto funzionare meglio nella loro applicazione pratica se fossero stati corroborati da altri interventi necessari a monte, che naturalmente avrebbero dovuto riguardare un'ulteriore azione tesa a riequilibrare le varie modalità di trasporto, spostando quote dalla gomma al ferro. Inoltre, vi sarebbe stato bisogno di interventi per potenziare il trasporto pubblico locale, per elevare la presenza nel nostro paese - la cenerentola d'Europa - del trasporto rapido di massa, nonché interventi nel settore delle nuove tecnologie da applicare ai mezzi e così via.
Ebbene, su tutta questa materia non si è fatto assolutamente niente. Il primo assillo del centrodestra e del ministro Lunardi, sin dalle prime settimane della legislatura, è stato invece quello di smontare pezzo per pezzo il piano generale dei trasporti, di considerarlo carta straccia. Ricordo che il piano generale dei trasporti, in linea con il Libro bianco dei trasporti dell'Unione europea, si articolava e si incentrava proprio su quelle grandi direttrici fondamentali, e in particolar modo sulla scelta di trasferire quote significative di traffico dalla gomma alla rotaia e al mare.
Il primo assillo di Lunardi è stato dunque quello di smontare questa impostazione, anche se, bontà sua, non abbiamo mai avuto il piacere di ascoltarne gli indirizzi generali della politica dei trasporti nella Commissione trasporti. In cinque anni - la legislatura sta volgendo al termine - il ministro è venuto solo a parlare di questioni settoriali, in occasioni sporadiche, con apparizioni il più delle volte fugaci, ma mai abbiamo avuto il piacere di ascoltare cosa pensa Lunardi sulla politica dei trasporti del nostro paese.
Come se tutto ciò non bastasse, in questi anni le leggi finanziarie - compresa, ed anzi in particolare quella oggi in discussione al Senato, che nei prossimi giorni sarà esaminata dalla Camera - hanno sottratto risorse preziose al comparto dei trasporti. Cito alcuni esempi. Il trasporto pubblico locale nel nostro paese è in ginocchio proprio per la sottostima di risorse pubbliche adeguate. Sulle ferrovie in questa legge finanziaria è previsto un taglio pesantissimo. Si continuano a bloccare gli investimenti sulla portualità, perfino i mutui: le autorità portuali non sono in grado nemmeno di spendere le risorse per le quali hanno acceso mutui. Insomma, non si fa nulla per ridurre il traffico su gomma e quindi decongestionare le nostre strade.
A questo stato di cose si risponde oggi con un provvedimento confuso e complicatissimo, destinato ad aumentare sicuramente il contenzioso, con il quale si raddoppiano,
senza una logica, le sanzioni, addirittura in qualche caso si decuplicano, in modo indiscriminato, mentre, di contro, assurdamente si riducono le risorse per i controlli.
Abbiamo formulato proposte molto semplici. L'opposizione ha avanzato proposte, nel corso della discussione in Commissione, ispirate al buonsenso e alla semplicità. Restiamo convinti che sarebbe stato più utile, più giusto e più opportuno adottare poche e chiare misure per rispondere alla sentenza della Consulta. Invece si è voluto procedere in una direzione del tutto diversa. Si è voluto introdurre una normativa farraginosa ed inefficiente.
MARCO SUSINI. Si è voluto inserire esose ed ingiustificate sanzioni. Riteniamo che tutto ciò sia non soltanto inutile, ma controproducente, e che continuerà ad alimentare l'incertezza nell'applicazione di norme delicate e complicate.
Riteniamo sarebbe stato opportuno limitarsi a pochi ed essenziali interventi, come ha già sottolineato il collega Raffaldini, ad esempio per quanto riguarda il Centro elaborazione dati del Dipartimento per i trasporti terrestri, che non ha più un briciolo di risorse, mentre sappiamo quanto uno strumento di questo tipo, se messo nelle condizioni di funzionare, sia utile al monitoraggio della situazione e al controllo del traffico.
Si è invece voluto inserire di tutto e di più, si è voluto raccattare tutto, si è voluto fare quello che è stato efficacemente definito un «minestrone». Si parla dei dispositivi luminosi, si parla del Telepass, si parla delle macchine agricole, si parla dei sistemi di frenatura. Si modificano persino le misure in tema di guida in stato di ebbrezza.
Si modifica persino - avevamo ammonito a non cambiare nulla di questa materia così delicata - la tabella dei punteggi. Sappiamo cosa significhi questo per gli automobilisti. Si rivede giustamente - si trattava di una misura sbagliata - la disciplina della confisca, ma lo si fa con un articolato complicato, macchinoso e, ora, persino modificato nuovamente dal relatore di questo provvedimento. Noi pensiamo, quindi, che su questa materia, che va a toccare gli interessi di tanti milioni di italiani, ci sarebbe stato semplicemente bisogno di maggiore sobrietà, semplicità ed efficacia delle misure di adeguamento del codice stradale. Ci sarebbe bisogno soprattutto - ma questo Governo non è stato in condizione di farlo e l'attuale ministro si è dimostrato assolutamente non all'altezza del compito affidatogli - di una politica più generale di innovazione nel settore dei trasporti e di riequilibrio modale del sistema dei trasporti.
A fronte di tutto ciò, ci troviamo davanti ad un provvedimento che noi giudichiamo né utile né opportuno, che finirà per complicare la vita degli automobilisti, oltre a produrre nuova materia di contenzioso. Di tutto c'era bisogno, fuorché di questo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Volpini. Ne ha facoltà.
DOMENICO VOLPINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, data la delicatezza e l'importanza dell'argomento in esame, non posso esimermi dall'intervenire.
La patente a punti, da quando è stata istituita, ha prodotto, in primo periodo, una notevole decurtazione del numero dei morti e dei feriti sulle strade. Si parla di un numero compreso tra i 6 mila e i 9 mila morti in meno in tutta Italia. In seguito, a causa dell'intervento, forse troppo comprensivo, della magistratura, che ha in parte vanificato l'effetto deterrente della patente a punti, dell'assuefazione dei cittadini a questa legge, come ad altre riguardanti la prevenzione, e della linea più morbida e discontinua utilizzata dalla polizia stradale, il numero dei morti e dei feriti sulle strade è risalito ai livelli precedenti, anzi si è aggravato per la
drammaticità degli eventi, allontandoci dalle raccomandazioni dell'Unione europea, che fissano al 50 per cento la diminuzione delle vittime della strada nel 2010.
Quello delle vittime della strada è un problema non solo economico o tecnico, ma soprattutto umano, come dimostra la lotta che i familiari delle vittime della strada portano avanti ormai da anni affinché questi eventi luttuosi, che somigliano molto ad una sanguinosa guerra, vengano non solo dimezzati, ma ridotti al minimo. Occorre, quindi, un aumento degli stanziamenti, da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per la sicurezza stradale. Occorrono maggiori fondi alla Polizia ed un maggiore equipaggiamento affinché essa possa intervenire meglio, più rapidamente e più efficaciemente. Occorre un controllo della gestione di queste risorse, soprattutto di quelle ricavate dalle contravvenzioni stabilite per la sicurezza stradale. Occorre un maggiore e continuativo controllo su tutta la rete nazionale, e a questo vanno destinate risorse, che verranno senz'altro recuperate, perché tutti sappiamo cosa significhino, al di là del dramma e della tragedia personale, i morti, i feriti, i mutilati e tutti i problemi medico-sanitari che si sviluppano a causa degli incidenti stradali, con investimenti per diversi miliardi di euro. È meglio investire sulla prevenzione che intervenire poi per rimediare ai guai che si vanno a creare.
Occorre sensibilizzare i mass media ai fini della comunicazione dei risultati positivi e negativi dell'applicazione delle leggi volte alla prevenzione. E, soprattutto, occorre avviare una seria formazione degli utenti della strada, mediante un organico e integrato insegnamento dell'educazione stradale nelle scuole, di ogni ordine e grado, dove si crea la cultura della vita, del traffico civile e della sana convivenza tra le persone sulla strada.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bellillo. Ne ha facoltà.
KATIA BELLILLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor viceministro, questa mattina, mentre mi accingevo ad entrare a Montecitorio dall'ingresso principale, sono stata bloccata da una simpatica giornalista del programma televisivo Le iene, la quale mi ha chiesto se ero preparata sul provvedimento oggi al nostro esame. Devo essere sincera, tale domanda mi ha colto abbastanza impreparata, anche perché il provvedimento in esame erano delegati a seguirlo i colleghi membri della Commissione di merito.
Grazie a questa domanda mattutina, al ripasso che ho fatto, alla esperienza personale - oltre ad essere parlamentare sono, come tutti, una cittadina - e all'ascolto degli interventi svolti dai colleghi che mi hanno preceduto, ho avuto la possibilità di farmi un'infarinatura molto veloce della materia - da Bignami, come fanno gli studenti, ed io in questo caso, che non hanno studiato approfonditamente - che mi ha permesso di giungere a questa conclusione: signor viceministro, ritengo veramente che voi siete stati o siete ancora allievi dello sceriffo di Nottingham! Sì, proprio quel famoso sceriffo che metteva le mani nelle tasche dei suoi concittadini, i quali ad un certo punto non avevano più niente, neanche le lacrime, perché quello sceriffo era riuscito a rastrellare tutti i loro averi. Ciò è quello che state facendo voi.
GIORGIO BORNACIN. È esattamente il contrario!
KATIA BELLILLO. Ieri, con il silenzio stampa, avete approvato una legge per salvare dalle malefatte i potenti, e oggi, con questo decreto-legge, mettete le mani nelle tasche degli italiani in modo assolutamente generalizzato: mettete le mani nelle tasche del disoccupato che si reca in qualche agenzia del lavoro - quelle agenzie, che avete inventato con la legge n. 30 del 2003, che sono dei moderni e ripuliti caporali - e, allo stesso modo, mettete le mani nelle tasche del professionista e dello speculatore finanziario che, anche grazie alla vostra benevolenza di questi anni, ha triplicato o quadruplicato i suoi profitti con speculazioni che ricadono sempre sulla pelle dei disgraziati.
Con il provvedimento in esame - e ciò ormai mi è assolutamente chiaro -, voi raddoppiate, triplicate e, in alcuni casi, quadruplicate le multe, che da 500 euro, che rappresentava già una bella cifra, sono state aumentate a 2.000 euro. Ma scusate, voi a quanto avete cambiato la lira? In questo momento e dopo cinque anni di vostro Governo, 2.000 euro significano, in alcuni casi, per una famiglia normale, costituita cioè da lavoratori normali, due mesi di stipendio e con gli attuali canoni di affitto degli immobili, che fra l'altro non si trovano più e quando si trovano sono - diciamocelo - a mercato nero, rappresentano il 50 per cento del loro reddito. Da questo decreto-legge non emerge anche, per così dire, un po' la vostra libidine nel mettere le mani nelle tasche dei cittadini e scipparli?
Allora, io voglio portare l'esempio di una situazione che sto vivendo personalmente (noi siamo anche cittadini, oltre ad essere parlamentari perché alcuni cittadini vogliono che li rappresentiamo). Mi è arrivata una multa per divieto di sosta, che io, naturalmente, ho pagato. Mi è arrivata un'altra multa, di 306 euro, perché, oltre ad andare alle poste a pagare la multa (cosa che mi competeva), non ho dichiarato che ero stata proprio io ad aver messo la mia auto in un posto dove non doveva essere messa!
Ma, ragazzi, vi rendete conto di aver costruito un marchingegno in base al quale non solo ci scippate risorse incredibili - tutte toppe per i buchi che avete fatto in questi anni, che pensate di ricoprire, di ricucire mettendo le mani nelle tasche degli italiani -, ma pretendete che nelle famiglie venga assunta una persona ad hoc che abbia la possibilità di sbrigare tutte queste procedure burocratiche per le quali si paga, in proporzione, di più rispetto a quello che effettivamente fa qualcosa di terribile ed anche di dannoso.
Ma io credo che la sicurezza non sia soltanto una questione di multe: è anche una questione di multe, ma di multe che siano anche in rapporto con la situazione delle persone.
GIORGIO BORNACIN. Le stabiliscono i comuni le multe per divieto di sosta!
KATIA BELLILLO. Ma è stato già detto della condizione della viabilità e di servizi pubblici efficienti. Ma guardate nelle nostre città: avete tagliato tutto! Avete tagliato le risorse per garantire la manutenzione ordinaria, oltre che straordinaria, delle nostre strade: quelle per i comuni, per i sindaci, per quanto riguarda le strade delle nostre città, e quelle per le province e le regioni.
GIORGIO BORNACIN. Sì, ma non si può parlare di cose che non c'entrano!
KATIA BELLILLO. Addirittura, con la finanziaria per il 2006, oltre a pensare bene di privatizzare l'ANAS, oltre a pensare di mettere gabellieri sui raccordi anulari, avete tagliato risorse cospicue per la viabilità! Senza parlare, appunto, dei comuni. Allora, voi tagliate risorse importanti.
Solo un anno fa, avete aumentato dell'80 per cento, e fino al 130 per cento, i costi delle pratiche automobilistiche. Per fare che cosa? Ancora una volta, per rimpinguare le casse del Tesoro. Oggi che cosa fate? Prevedete ulteriori aumenti. Tanto, chi paga? Paga sempre Pantalone!
E le assicurazioni (qualcuno qui dentro è interessato perché è proprietario anche di società assicurative)? Quelle sulle automobili sono aumentate. Le tasse per il trasporto, per viaggiare con le auto, sono aumentate. Ma voi pensate veramente che, in questo paese, le automobili siano un lusso? No, sono una necessità! Se alcune famiglie potessero, farebbero a meno di accendere un mutuo per pagare le rate (le «piccole rate», ci dicono le varie società finanziarie che ci stimolano, appunto, ad acquistare le auto). Trentaquattro o trentasei «piccole rate» mensili di 360 euro cosa volete che siano ...?
Ma voi pensate veramente che gli italiani siano disponibili e non possano fare a meno di accollarsi anche il mutuo per pagarsi la macchina? Ma voi pensate veramente che, in questo paese, non vi sia la
presenza di una grande massa di cittadini che amerebbe, per esempio, là dove possibile, andare in bicicletta? No, avete tagliato anche quello! Avete tagliato anche le risorse per i percorsi ciclabili!
No, voi volete semplicemente mettere questo paese nella condizione di stare male! Tutte le statistiche, tutti i dati, tutti i sondaggi ci dicono che gli italiani non hanno più fiducia nel futuro. Non hanno fiducia nel futuro, perché sono governati dallo sceriffo di Nottingham e avvertono l'esigenza di alzare la testa. Occorre denunciare sempre il vostro modo di «non governare». Infatti, non si governa in questo modo, attraverso simili provvedimenti, perché così si crea solo disperazione e si mettono le famiglie nella condizione di non poter vivere serenamente. Infatti, ogni mattina, al risveglio, devono individuare il posto in cui fare la spesa. Le donne senza lavoro, anche se hanno studiato, che hanno deciso di mettere su famiglia, accettando il consiglio del Presidente del Consiglio, appunto, il vostro Presidente, devono decidere se fare la spesa sul lato destro o sul lato sinistro della strada! I loro figli, i nostri giovani, non hanno più una prospettiva lavorativa, perché il lavoro, in questo paese, non è più stabile. Questi giovani, infatti, non hanno più la possibilità di sognare il loro futuro.
Avete diviso il lavoratore. Pensate a quanti immigrati lavorano nelle nostre città, nei nostri paesi, costretti a vivere in modo indecoroso, separati dalla vostra cultura, una cultura razzista, rafforzata dalle vostre leggi; vivono con difficoltà all'interno delle nostre città, sfruttati, in alloggi degradati, offerti, nel mercato nero, al doppio, al triplo del vero costo, che dovrebbe corrispondere alla vera sostanza dell'appartamento.
Con questo provvedimento, di fatto, state portando avanti una linea molto chiara: è quella di smantellare la cultura dei diritti, di distinguere tra ricchi e poveri: da una parte, i ricchi, che sono sempre di meno e sempre più ricchi e la cui sicurezza, in quelle loro fortezze, è garantita dalle forze dell'ordine, e, dall'altra, la grande massa dei lavoratori, dei disoccupati, che non hanno più alcun diritto, ai quali voi non volete più garantire alcuna dignità! Voi avete svuotato la Carta costituzionale. Avete fatto in modo che questo paese andasse avanti senza tenere assolutamente in considerazione il diritto all'uguaglianza di tutti i cittadini e questo decreto-legge ne é una terribile prova. Infatti, le tasse, le gabelle, questa specie di pizzo vengono generalizzati. Le tasche di tutti i cittadini sono, in qualche modo, toccate dalla vostra esigenza di ottenere risorse fresche (perché, si tratta di risorse fresche).
Abbiamo bisogno di dire ai cittadini italiani che faremo in modo di farvi tornare a casa. Dovete andare a casa al più presto, perché avete danneggiato profondamente anche la coscienza morale dei nostri concittadini!
TOMMASO FOTI. Sei patetica!
KATIA BELLILLO. È necessario che ciò accada al più presto. Dobbiamo rendere gli italiani finalmente protagonisti della propria vita e definire alcune scelte per una migliore qualità della vita, perché ai giovani, agli anziani, ai pensionati sia garantita la sicurezza di vivere meglio, di avere finalmente città vivibili, dove le strade siano percorribili, senza temere di cadere o di rompere gli ammortizzatori delle macchine.
Soprattutto, è necessario che vi siano città nelle quali l'uso dell'automobile non sia più un obbligo, come invece lo è diventato: non si può girare con l'auto se si deve andare a lavorare! Pensiamo ai cittadini di Roma, i quali, da un quartiere all'altro di una città immensa, devono trasferirsi ogni mattina verso le rispettive destinazioni: ma voi li usate i mezzi pubblici? Se li utilizzaste, infatti, come faccio io ogni mattina, allora nella legge finanziaria dovreste prevedere in qualche modo, finalmente, politiche adeguate...
CESARE CAMPA. Devi dirlo a Veltroni!
DAVIDE CAPARINI. Con tutti i soldi che diamo a Veltroni...!
PIERO RUZZANTE. Fate fatica a fare l'opposizione nel consiglio comunale...
CESARE CAMPA. E tu devi dirlo a Cacciari (Commenti del deputato Ruzzante)!
KATIA BELLILLO. E allora tacete! Tacete, perché voi non sapete governare! E lo sapete perché non sapete farlo? Perché voi governate contro i cittadini, contro la loro dignità e mettete al centro gli interessi del mercato e degli speculatori!
PRESIDENTE. Onorevole Bellillo, concluda...
KATIA BELLILLO. Concludo con grande piacere, caro Presidente. Quindi, diciamo «no» a questo decreto-legge, che è un «pizzo» nei confronti dei cittadini italiani (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Comunisti italiani e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
BENEDETTO NICOTRA. Bellillo, ti sei inventata un po' di cose!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Squeglia. Ne ha facoltà.
PIETRO SQUEGLIA. Signor Presidente, intervengo per svolgere qualche osservazione sul provvedimento in esame. Il primo dato da cui ritengo occorra partire riguarda il fatto che alcuni anni sono passati ma il numero degli incidenti stradali ha ripreso a salire. Si tratta di un dato incontestabile, che non inventiamo noi. È un dato che ci viene fornito dalla Polizia stradale e dall'Arma dei carabinieri. Rispetto a questi dati, non sono sufficienti misure «tampone»: occorrerebbe aggiustare il tiro, cercare di capire che cosa non funziona e approntare le soluzioni adeguate.
Nel 2004, si sono registrati 5.625 incidenti; ciò significa un incremento del 3 per cento rispetto all'anno precedente. È evidente che 5.625 incidenti sono tanti: certo, prima erano ancora di più, ma questo non basta a consolarci. Il dato importante è - lo ripeto - che il loro numero ha ripreso a crescere. Quali sono le cause di tale incremento? Come ha detto bene il collega Raffaldini l'altro giorno, la prima causa è rappresentata dalla velocità, che incide per il 23 per cento, a cui fanno seguito la guida distratta e pericolosa (13 per cento), la guida contromano, il mancato rispetto della precedenza o del segnale di Stop o dei semafori, il mancato rispetto della distanza di sicurezza, l'assunzione di alcol e di stupefacenti: tutta una serie di fattori importanti.
A tutto questo si risponde con un provvedimento disordinato e disorganico: l'unica misura che adottiamo, alla fine, è quella delle sanzioni! Certamente, non può essere questo lo strumento attraverso cui risolvere il problema: si tratta di uno strumento che serve soltanto a far recuperare eventualmente risorse allo Stato. Si immagina che, prevedendo una sanzione, automaticamente venga a ridursi il numero delle infrazioni: è pura fantasia! Non è così!
Il fatto è che in Italia è accaduto qualcosa che non si era mai verificato prima, e cioè che la Polizia stradale denuncia la mancanza di disponibilità di benzina. Il problema è dunque quello di una assoluta carenza, rispetto a tali questioni, di risorse e di uomini: non ci sono i mezzi, non c'è il carburante! Queste non sono cose che diciamo noi dell'opposizione, ma in realtà sono cose denunciate dalla stessa Polizia stradale.
Con questo decreto-legge, si è scelta la strada di aumentare le sanzioni, ma con una riduzione delle entrate dei comuni; ma veramente siamo convinti che sia questo il percorso da seguire? Sono questi gli incentivi dichiarati a suo tempo dal ministro Lunardi?
Una seconda, breve osservazione. In questa materia si era raggiunta una ampia intesa per condurre una grande campagna televisiva ed una grande campagna di comunicazione, ma ci chiediamo dove sia finita tale intenzione; eppure, erano stati assunti impegni molto precisi, con ordini del giorno sui quali questo ramo del Parlamento aveva espresso un consenso
unanime. Questa campagna non è stata condotta; sarebbe interessante, anche a tale riguardo, sapere dove siano finite le risorse che erano nella disponibilità della Presidenza del Consiglio. La verità è una sola: la campagna in questione non si è attivata, come non si è attivata l'educazione stradale.
Rispetto al contenuto del provvedimento in esame, poi, la patente a punti rimane materia del tutto estranea. Ha osservato bene il collega Raffaldini: in questo provvedimento vi è di tutto, anche la revisione di parte del codice della strada. Si vogliono riscrivere alcune norme, ma noi riteniamo sia sempre sbagliato procedere con lo strumento del decreto-legge in materia di codice; si vuole fare presto, agendo subito, ma noi sappiamo che, proprio per fare presto, si effettuano spesso interventi sbagliati. Anche le leggi possono essere dannose, se approvate frettolosamente.
Il lavoro svolto nella Commissione di merito è stato estremamente rapido perché bisognava licenziare velocemente il provvedimento per l'Assemblea; si è proceduto con una rapidità tale da non consentire quanto era stato possibile prima, ovvero un confronto all'interno della Commissione, una larga convergenza sulle norme relative ad un settore che esige il massimo consenso possibile, pur nel rispetto dei ruoli di maggioranza e opposizione.
Dunque, diciamo «no» a questo incremento delle sanzioni; diciamo «no» anche alla previsione della confisca dei ciclomotori: nelle grandi città bisogna affrontare il problema del trasporto pubblico locale. Sappiamo tutti in quali condizioni si trovi e come ormai non venga investito più un euro in quella direzione; oggi, peraltro, il trasporto su ciclomotore è diventato di massa, di larghissima diffusione.
Noi non diciamo «no» per partito preso; siamo, ad esempio, d'accordo sull'inasprimento delle sanzioni per chi guida in stato di ebbrezza, misura che apprezziamo.
Per concludere, questo decreto, così com'è, non risolve, a nostro avviso, i problemi legati ad una rivisitazione della patente a punti; il provvedimento richiederebbe una verifica maggiore, più puntuale, più seria. Noi, a questa verifica - che porti ad una riconsiderazione del contenuto del decreto -, siamo pronti a dare il nostro contributo.
PIETRO SQUEGLIA. Certamente, siamo contrari a provvedimenti disorganici, affastellati, giustapposti, contraddittori, che certamente non vanno nella direzione della sicurezza dei cittadini.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Albonetti. Ne ha facoltà.
GABRIELE ALBONETTI. Signor Presidente, la materia che stiamo trattando attraverso il provvedimento in esame è molto delicata e sensibile. È delicata in sé per l'oggetto che affronta, ed è altrettanto delicata per l'opinione pubblica, che vi rivolge una rilevante attenzione. La materia in oggetto è la sicurezza sulle nostre strade.
Si tratta di una materia complessa che, come è stato già evidenziato da altri colleghi, richiederebbe un ampia varietà di interventi e di attenzioni, una forte organicità, un investimento politico molto forte ed intenso e, oserei dire, un approccio scientifico e tecnico di particolare rilevanza.
Vorrei osservare che ogni anno - le cifre sono state già ricordate, tuttavia giova farlo ancora -, a causa degli incidenti stradali, muoiono circa 7 mila persone nel nostro paese. Trecentomila sono i feriti, e 20 mila di loro restano disabili gravi e permanenti. Il costo economico di questa vera e propria strage - che, se ci pensate, rappresenta ogni anno due volte la strage delle Twin Towers, che pure ha giustamente suscitato tanta emozione e sgomento - è enorme.
Alla gravità di tali dati ed alla consapevolezza della necessità di varare un
intervento organico, non casuale e non dilettantesco, era ispirata la legge delega che il Parlamento approvò nel marzo del 2001, con il centrosinistra al Governo, dopo aver svolto alcuni anni di lavoro intenso e proficuo.
Il caso vuole (non so se possiamo considerarlo una coincidenza) che, in quello stesso periodo, il Parlamento varasse anche il piano dei trasporti e della logistica, anch'esso successivamente abbandonato dal nuovo Governo di centrodestra.
Vorrei ricordare che, con quella legge delega, si introdusse, tra l'altro, anche la cosiddetta patente a punti. Si intendeva intervenire, infatti, sulle infrastrutture, sui veicoli, sulle tecnologie, sulle dotazioni di sicurezza, sui comportamenti delle persone (dunque, sulla formazione e l'educazione degli utenti della strada).
Quell'approccio organico e complessivo è andato progressivamente perdendosi nel corso della attuale legislatura. Anche se l'esercizio della delega concernente la patente a punti è intervenuto con sedici mesi di ritardo, vorrei sottolineare, tuttavia, come abbiamo comunque apprezzato l'adozione di quel provvedimento, poiché lo reputiamo importante ed utile al fine di salvare delle vite, benché anche l'impatto positivo determinato da tale innovazione si sia andato progressivamente perdendosi. Ritengo sarebbe interessante discutere tra noi ed approfondire le ragioni per cui, nel corso del tempo, l'impatto sia andato progressivamente scemando.
Credo che l'effetto positivo dell'innovazione introdotta sia progressivamente ridotto anche perché il codice della strada, le sue interpretazioni e le sue applicazioni sono diventati, ormai, una specie di «palla del gioco». Vorrei rilevare, infatti, come, in questi ultimi anni, vi sia stata una sovrapposizione di provvedimenti parziali e frammentari, talvolta inapplicabili o contraddittori, spesso accompagnati da atteggiamenti che oscillano tra il demagogico ed il propagandistico, come se non gli utenti, ma il legislatore stesso fosse in preda ad una specie di «ubriachezza» da discussione da bar.
Il codice della strada, invece (come spesso capita anche al calcio), è uno di quegli argomenti in cui tutti pretendono, sulla base delle loro esperienze personali, nonché delle proprie convinzioni, di sapere quale sarebbe la soluzione più giusta da adottare.
Ma se anche le Commissioni parlamentari vengono intrise di questo atteggiamento, diventano una specie di Processo del lunedì, una sorta di applicazioni della chiacchiera; di conseguenza, il prodotto legislativo che ne deriva non può che essere abbastanza futile ed anche, per alcuni versi, pericoloso.
Si interviene sul codice della strada, con frequenza quasi mensile, come sta accadendo, producendo «mitragliate» di emendamenti e provvedimenti talvolta sconnessi tra loro. In tale contesto, da un lato, emergono forme di lassismo; basti ricordare le ripetute affermazioni del ministro Lunardi sul limite di velocità da elevare a 150 chilometri orari in autostrada, con una motivazione tutt'altro che scientifica, accompagnata dalle considerazioni: ma io, quando viaggio sotto i 150 chilometri orari, rischio di addormentarmi... Dall'altro si pongono in essere atteggiamenti di propaganda da senso comune, da uomo qualunque, ricorrendo alla «faccia feroce», con i «poveri Cristi», con sanzioni che raddoppiano, a volte triplicano ed altre volte si moltiplicano all'infinito: potrebbe quindi accadere che, per effetto di questo tipo di sanzioni, l'intera pensione o l'intero stipendio di una persona qualsiasi possano essere messi a rischio, per poi, casomai - come capita nella confusione delle norme e nell'ambiguità delle interpretazioni - dare campo libero al lavoro degli avvocati ed alla «gloria» dei giudici di pace i quali, in questi anni ed in questi mesi, stanno costruendo sull'ambiguità e la confusione di queste norme anche una loro personale vicenda.
Penso che non sia questo il modo di intervenire. Non è così che si rivisita, onorevole Meroi, quella prima parte di codice della strada che abbiamo approvato e riguardo alla quale non abbiamo difficoltà
a ricordare che anche noi avevamo sostenuto l'esigenza di porvi mano. Ma non è questo il modo. Questo provvedimento presenta le caratteristiche di un atto sconclusionato, con norme che si accavallano, sono contraddittorie tra di loro e che, addirittura, rappresentano semplicemente degli «annunci» dei «manifesti», con i quali si invita l'ANAS a realizzare alcune iniziative.
La sicurezza stradale è, a nostro avviso, una cosa più seria ed ha bisogno di una grande serietà del legislatore e di chi governa. Il codice della strada deve dare certezza del diritto e deve essere uno strumento organico in sé, che deve durare per lungo tempo. Invece, il continuo mutare delle norme, la continua «manutenzione», senza capo né coda, accrescono le incertezze di chi quelle norme deve rispettarle e di chi deve farle rispettare. E, dunque, capita nel nostro caso che un provvedimento, nato giustamente per adeguare la norma ad una sentenza della Corte costituzionale che riguarda i punti sottratti in assenza di individuazione di chi è alla guida dei veicoli e che aveva generato contenzioso - ed al riguardo, potremmo affermare: «l'avevamo detto» - venga gonfiato a dismisura nel passaggio al Senato, quasi fosse una rana, che oggi rischia di scoppiare.
Noi abbiamo sollevato questo problema. Non abbiamo detto che non siamo d'accordo nell'approvare un provvedimento che risolve le questioni poste dalla Corte costituzionale e, casomai, anche qualche altro problema che sta preoccupando le famiglie italiane, quale quello legato alla confisca dei motorini. Su questo siamo d'accordo: abbiamo però sollevato un altro problema, relativo all'inopportunità di utilizzare questo veicolo normativo per introdurre una selva di norme confuse, sovrapposte ed affastellate, che aggravano l'ambiguità e la confusione delle disposizioni che presiedono al comportamento degli utenti della strada.
Vi era stata una certa disponibilità da parte dei colleghi di maggioranza in Commissione a rivedere questo provvedimento, ad «asciugarlo», a semplificarlo, a ridurlo all'osso della questione che tutti condividiamo. Ma devo anche riconoscere che il Governo non ha ritenuto di porre mano a questa «ripulitura».
Questo provvedimento, originariamente costituito da due articoli, ora contiene addirittura un articolo 1-vicies quinquies, ossia si è moltiplicato il novero delle norme che tendono a regolamentare questo o quell'altro caso particolare. E negli emendamenti della maggioranza ne sono contemplati altri: se venissero approvati, aumenterebbe ulteriormente questa molteplicità di fattispecie assolutamente confusa. Ne viene fuori un elenco di grida manzoniane, che i bravi del nostro tempo, pur mostrando i muscoli, non saranno in grado di far rispettare.
Se a ciò si aggiunge una considerazione di contesto - che deriva da un'analisi, anche sommaria, della legge finanziaria in discussione al Senato, che nelle prossime settimane affronteremo in questo ramo del Parlamento, e dei provvedimenti ad essa collegati - emerge una situazione sconcertante. Siamo di fronte alla distruzione di quell'approccio organico che, nel marzo 2001, presiedeva alla legge delega e alla contestuale approvazione del piano dei trasporti.
Si registra il fallimento definitivo di ogni pianificazione degli investimenti nelle infrastrutture, in particolare quelle stradali. La cosiddetta legge obiettivo evapora progressivamente nel nulla delle risorse; la possibilità di spostare il traffico dalla strada alla ferrovia, investendo progressivamente, gradualmente e faticosamente sul sistema ferroviario, viene oggi annullata dal grave attacco alle risorse delle ferrovie: 25 miliardi di euro in meno nel prossimo triennio.
Anche l'ANAS sta cedendo sotto i colpi di una graduale e progressiva disabilitazione finanziaria. Lo annunciano giornali non sospetti (basta leggere Il Tempo di oggi): vi saranno chiusure e sospensioni dei cantieri in atto e l'impossibilità di far partire nuovi cantieri in giro per l'Italia. Le nuove strade e le manutenzioni straordinarie non saranno completate, i cantieri
saranno sospesi o chiusi, ma permarranno sulle strade, aggravando anche le condizioni di sicurezza della circolazione.
Le poche risorse destinate alla sicurezza delle strade sono state menzionate, e non occorre che lo faccia io: vi ha fatto riferimento anche il ministro Lunardi qualche giorno fa a Verona. La circolazione nelle città oggi è uno dei problemi drammatici del paese e non si interviene affatto su questo nodo. Non si interviene sul trasporto pubblico locale né sulla crisi delle città.
Dunque, vi è confusione nell'approccio politico al problema della sicurezza della circolazione e della viabilità. Da un lato, vi è un approccio sconclusionato attraverso le norme di questo provvedimento; dall'altro lato, vi è l'assenza di qualunque politica di quadro.
Concludo, chiedendomi a chi spetterà effettuare i controlli, senza i quali non vi è garanzia di rispetto delle norme. Le forze di polizia sono allo stremo, senza risorse, senza carburante per le auto, senza carta per le fotocopie.
Dunque, in conclusione, cari colleghi, noi non vogliamo cancellare questo provvedimento. Noi crediamo sia necessario riportarlo ad una maggiore sobrietà. I nostri emendamenti principali vanno in questa direzione. Mi auguro che nel corso del dibattito sia ancora possibile trovare una via di uscita positiva attraverso un accordo (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tidei. Ne ha facoltà.
PIETRO TIDEI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, già il collega Raffaldini e altri colleghi dell'opposizione hanno ripercorso in maniera puntuale le tappe e l'iter legislativo della legge per la riforma del codice della strada. Tale riforma è stata approvata nel marzo 2001 dal Parlamento, dopo due anni di duro lavoro, di audizioni, di consultazioni e di indagini approfondite e puntuali.
Il quadro che apparve allora, che ora è confermato, era allarmante, più grave di una nefasta guerra all'anno! L'onorevole Raffaldini l'ha definita un'ecatombe: 7 mila persone muoiono ogni anno e vi sono 300 mila feriti, 200 mila disabili gravi, con un parco di veicoli circolanti pari a quasi 33 milioni e un costo sociale enorme, immenso per il nostro paese.
Tra le cause principali - ripercorro un attimo questo argomento, perché servirà per alcune considerazioni finali - figurano la velocità, la guida distratta e pericolosa, la guida contromano, il mancato rispetto della precedenza, dello Stop e dei semafori, la scarsa distanza di sicurezza e l'assunzione di alcool e di stupefacenti. Sono dati che, ovviamente, riferisce il Ministero.
Vorrei fare una prima considerazione: se è vero, com'è vero - lo dicono il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e, soprattutto, le statistiche -, che tra le cause di incidenti stradali la prima è la velocità, che senso ha e che senso potrebbe avere tentare di innalzare i limiti di velocità su alcune strade, da 130 a 150 chilometri orari? Ciò - lo dobbiamo dire, anche se è stato già detto, ma lo ripeto ancora una volta - è in assoluta controtendenza con quanto sta succedendo nel resto d'Europa.
Danimarca, Spagna, Francia, Irlanda, Olanda, Austria, Polonia, Finlandia, Svezia ed altri paesi prevedono tutti dei limiti inferiori ai nostri e credo che lì, obiettivamente, vista l'ampiezza delle strade, potrebbero sicuramente fare di più rispetto a ciò che oggi è consentito. Invece, no: in Italia si vuole superarli e avere un primato anche in questa direzione!
Già questo aspetto, a mio giudizio, basterebbe a dimostrare, in parte, lo stato confusionale, un po' contraddittorio e demagogico, che regna nel Ministero, dove si accavallano dichiarazioni e versioni strumentali. Forse il ministero ha anche buone intenzioni, che, tuttavia, spesso non trovano riscontro in azioni concrete del Governo.
Vorrei citare, inoltre, le continue e rapide modifiche al codice della strada. Questa è l'ennesima. Si è detto in quest'aula che, forse ogni mese, ormai, modifichiamo
il codice della strada, pensando che, questi palliativi, queste iniziative un po' demagogiche ed estemporanee, che vengono precedute da dichiarazioni roboanti del ministro dei trasporti, possano servire da sole a risolvere, senza interventi e senza investimenti e risorse finanziarie, i drammi e i problemi di un sistema trasportistico italiano, che - lo abbiamo detto - fa acqua da tutte le parti. Esso rileva l'assenza di una strategia chiara rispetto agli obiettivi di sicurezza codificati a livello europeo. Lo ribadisco, perché è inutile che qui si facciano richiami all'Europa e poi disconosciamo costantemente ciò che l'Europa in questa materia determina. Questa era la prima riflessione.
La seconda riflessione, sulla quale vorrei soffermarmi, riguarda l'assenza di decisivi finanziamenti da parte del Ministero sulla sicurezza delle strade e, soprattutto, sulla cosiddetta viabilità minore, cioè quella non autostradale e di competenza dell'ANAS.
Esistono oggi decine di migliaia di chilometri di strade gestite dall'Anas, sulle quali ogni anno si verificano delle vere e proprie ecatombe. La causa inequivocabilmente acclarata risiede nell'inadeguatezza della carreggiata e dei tracciati, perché da anni non si spende una lira per renderle più sicure. Altro che patente a punti!
Si tratta di interventi decisivi in quei tratti dove ogni anno muoiono centinaia di persone che, se eseguiti per tempo, avrebbero salvato centinaia di vite umane.
Voglio fare due esempi, che si riferiscono a due realtà che conosco meglio. La strada statale n. 1, l'Aurelia, cioè la prima strada consolare italiana, nel tratto tra Grosseto ed il Lazio, all'altezza di Orbetello, ha ancora una carreggiata di appena 6 metri. Da anni, uno sterile dibattito tra regione e Governo sull'ipotesi di realizzare o meno l'autostrada Civitavecchia-Livorno ha, di fatto, impedito qualsiasi intervento migliorativo persino in termini di sicurezza di una delle principali strade italiane, con il risultato che in quel tratto ogni anno si verificano centinaia di incidenti, con decine di morti, feriti ed invalidi permanenti. È questo il problema da risolvere, altro che modifica del codice della strada! In quel caso, sarebbero bastati pochi miliardi di lire per risolvere un drammatico problema che - ripeto - riguarda la strada statale n. 1.
La seconda questione riguarda la strada Civitavecchia-Viterbo-Orte. Anche in questo caso, dopo gli interventi decisivi del Governo di centrosinistra, abbiamo assistito a centinaia di convegni e dichiarazioni ogni volta che si recano in quell'area il ministro Lunardi, il viceministro Tassone qui presente e, soprattutto, altri rappresentanti del Governo, a ridosso delle campagne elettorali. Sono quattro anni che, nonostante le dichiarazioni roboanti, non si spende una lira, e da quattro anni, cioè dopo gli ultimi interventi dei Governi di centrosinistra, non si è aperto un solo cantiere per completare un'arteria di vitale importanza per la viabilità laziale. Sarebbe la trasversale a nord di Roma, il collegamento tra i porti di Ancona e di Roma. Su quella strada transita tutto il traffico merci per le autostrade del mare, tutte quelle merci, cioè, che sbarcano o partono dal porto di Civitavecchia, uno dei principali porti italiani. Tale strada, negli ultimi 20 chilometri, ha una carreggiata di appena 6 metri e lì si verificano ogni anno centinaia e centinaia di incidenti, con centinaia di morti. Pochi giorni fa, incontrando alcuni dirigenti dell'ANAS, sull'argomento mi sono sentito rispondere che per l'ultimo tratto, purtroppo, non ci sono i soldi. Il Governo ci taglia risorse, anzi ci privatizza: non lo diciamo noi, lo dicono i dirigenti dell'ANAS, che allargano le braccia sconsolati di fronte ad una politica vessatoria che costringe l'ANAS a non investire in settori delicati del nostro sistema trasportistico.
Lo stesso potremmo dire sulle Ferrovie dello Stato, rispetto alle quali il Governo, nella legge finanziaria in discussione al Senato, prevede un taglio di centinaia di miliardi che sarebbero dovuti servire alla ristrutturazione, al potenziamento, alla messa in sicurezza di alcune tratte ferroviarie decisive per uno sviluppo alternativo al traffico veicolare su strada.
Per questo, signor Presidente, il provvedimento che stiamo discutendo oggi e sul quale già molti colleghi hanno espresso duri e puntuali giudizi negativi, se non si accompagna ad una politica finanziaria del Governo rivolta ad un vero processo di infrastrutturazione viaria, diventa un palliativo rispetto alle esigenze di un nuovo sviluppo del paese e, soprattutto, di quella sicurezza stradale che provvedimenti legislativi confusi e raffazzonati come questo da soli non riusciranno mai a risolvere. In questo modo, non si riuscirà mai a risolvere il problema della sicurezza e di un sistema moderno di trasporto integrato nel nostro paese.
Una terza considerazione è relativa alla sicurezza stradale nei grandi centri urbani e nella viabilità circostante. Le statistiche, ormai, certificano da anni che la maggior parte degli incidenti stradali si verifica sulle aree urbane o in prossimità delle stesse. È evidente che in tale contesto diventa prioritaria l'esigenza di interventi urgenti e strutturali sui sistemi di traffico locale ed extraurbano, sul sistema metropolitano, sulla conduzione dei veicoli a guida vincolata. Inoltre, l'abbattimento degli ormai insostenibili livelli di inquinamento nei grandi centri urbani è diventato, ormai, imprescindibile se si vuole garantire un minimo di vivibilità e di qualità della vita nelle grandi aree urbane del nostro paese. Le circonvallazioni, le complanari, i sottovia, il servizio di trasporto pubblico locale comportano costi ingenti per le amministrazioni locali, per i comuni, le province e le regioni che, molto spesso, tramite accordi di programma e di servizio, si sono dovuti sostituire alle Ferrovie dello Stato (a causa della loro inefficienza), anch'esse costrette, a loro volta, a subire ogni anno, come quest'anno, tagli incredibili da parte del Governo.
Nel momento in cui le Ferrovie dello Stato si candidano a trasformare il nostro sistema ferroviario per costituire un'alternativa valida al sistema di trasporto delle merci e delle persone sulle strade, il Governo, per il prossimo triennio, taglia miliardi di lire alle stesse Ferrovie dello Stato, impedendo così un'attiva e concreta politica di ristrutturazione del sistema ferroviario italiano.
Pertanto, a cosa servono questi provvedimenti o queste dichiarazioni, se poi non si accompagnano ad azioni concrete e ad interventi efficaci ed efficienti nel nostro sistema di trasporto italiano? In tale contesto, il Governo taglia ingenti risorse alle amministrazioni locali, sottraendole alle metropolitane, perché di questo si tratta. Si tagliano le risorse destinate agli enti locali di oltre il 10 per cento; secondo uno studio compiuto poco tempo fa dall'ANCI (non è ovviamente dell'opposizione, ma di tutti i comuni italiani), non si tratta del 6,7 per cento, ma del 13 per cento di tagli di risorse che sono indispensabili ad assicurare servizi e qualità della vita nelle amministrazioni locali e, quindi, nei comuni e nelle province.
Si tratta, soprattutto, di intervenire sul trasporto pubblico locale, la cui situazione, invece, si aggrava ancora di più, poiché è a suo carico il pagamento dell'IVA sui contratti di concessione esterna, senza prevedere un rimborso. Gli enti locali non ricevono nemmeno il rimborso per quanto riguarda le aziende pubbliche di trasporto. Questi sono i fatti, non le parole di Lunardi che tratta demagogicamente questi argomenti, con un impatto demagogico e strumentale!
Si sottraggono risorse all'ANAS, alle Ferrovie, alle autorità portuali per gli interporti e le autostrade del mare. Si parla di autostrade del mare e poi si impedisce di realizzare, in prossimità dei porti, tutte quelle aree attrezzate, interportuali che consentono una vera intermodalità di trasporto nel nostro paese.
Che senso ha concedere un contributo ad un porto, ad un'autorità portuale per realizzare o migliorare un porto, se poi non si migliora la capacità infrastrutturale e non si dialoga con altri sistemi di trasporto? Che cosa si fa se, per esempio, giunge in un porto un'enorme quantità di merci e le strade circostanti sono assolutamente inadeguate a trasportarle per le vie del nostro paese? Si parla di transhipment, di feederaggio svolto dai porti,
quando poi gli stessi non riescono a smaltire, a trafficare, a far dialogare i vari sistemi di trasporto, a fronte dell'esigenza di un trasporto moderno, nei confronti del quale non siamo più competitivi. Questa è la realtà!
Oggi non siamo competitivi, per cui molti vettori, molti terminalisti preferiscono approdare ai porti di Rotterdam, altri al porto di Amburgo. Non scelgono i porti del Mediterraneo e, soprattutto, dell'Italia, che costituisce una grande piattaforma logistica nel sistema di trasporto del Mediterraneo, perché non disponiamo ancora di infrastrutture necessarie, utili ad un sistema moderno di trasporto.
Allora, che sicurezza garantisce la modifica del codice della strada, se poi, come ho già detto prima, non si interviene soprattutto sulle strade in cui si verifica la maggior parte degli incidenti, con morti, feriti e invalidi?
Nel disegno di legge finanziaria si tagliano risorse persino alle comunità montane. Era previsto - meno male che, sulla base degli impegni del Governo, non vi si darà seguito - addirittura di riconsiderare la stessa esistenza delle comunità montane, enti territoriali che rappresentano uno strumento di garanzia, quanto meno in montagna, in condizioni difficili e disagiate, laddove la qualità della vita certamente è peggiore.
Non viene più finanziato il Fondo per la montagna, pur sapendo che lo stesso costituisce un elemento importante per la sicurezza stradale, perché sono le strade di campagna e di montagna che consentono ancora alle popolazioni che abitano in quei luoghi di continuare a vivere.
Eppure, si parla di un taglio, della soppressione del fondo nazionale per la montagna, addirittura della cancellazione dal quadro istituzionale delle autonomie locali delle comunità montane, ciò anche in controtendenza rispetto alle dichiarazioni rese.
In questo contesto, così desolante e così depresso, il Governo, con il provvedimento in esame, cerca di coprire con una foglia di fico, con un palliativo, con una toppa, un sistema di trasporto fatiscente, insicuro e che fa acqua da tutte le parti.
Ovviamente, queste cose non le diciamo soltanto noi dell'opposizione, ma continuano a ripeterle ogni giorno centinaia di amministratori locali della Casa delle libertà, che spesso si trovano a marciare insieme a noi per protestare contro l'azione di un Governo che mortifica il sistema delle autonomie locali che, purtroppo, non ce la fanno più a governare a seguito dei continui tagli ai loro bilanci, ai loro servizi, insomma alla qualità della vita dei cittadini. E pensare che le auto della Polizia stradale non hanno più neanche il carburante per effettuare i servizi di controllo e di vigilanza...!
Si ritiene di risolvere i problemi degli enti locali con i proventi delle contravvenzioni dei comuni. Lo stesso ministro Lunardi, pochi giorni fa, a Verona, ha purtroppo dovuto ammettere, in un consesso pubblico di fronte anche a rappresentanti dei paesi europei, che i 15 milioni all'anno provenienti dalle multe e spesi per la sicurezza stradale sono ben poca cosa. Troppo poco, dice testualmente il ministro Lunardi; ma poi, al di là di questa tardiva e colpevole ammissione, non ci pare abbia fatto altro. Se il ministro ritiene davvero che i problemi della sicurezza stradale possano essere risolti attraverso un maquillage del codice della strada, facendolo precedere ogni volta e troppo spesso da iniziative mediatiche, si sbaglia, in quanto queste iniziative non trovano poi puntuale riscontro in azioni concrete del Governo, capaci di risolvere alla radice i problemi del sistema trasportistico del nostro paese.
Per tale motivo, il provvedimento in esame non può trovare il nostro apprezzamento. Ci auguriamo, comunque, di poterlo migliorare seriamente nel corso del dibattito (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Carbonella. Ne ha facoltà.
GIOVANNI CARBONELLA. Signor Presidente, ho già avuto modo di affermare che molte volte, in quest'aula, nell'esercitare le nostre funzioni e, quindi, nel fornire un contributo alle varie problematiche sollevate dai provvedimenti presentati dal Governo, accade che, o per motivi strumentali o per altre ragioni, si svolgono ragionamenti che a volte possono apparire forzati riguardo all'atteggiamento dell'esecutivo.
Ritengo che il provvedimento in esame, per le implicazioni che comporta, non si possa né si debba prestare a strumentalizzazioni di sorta, considerato che la materia in oggetto riguarda la vita delle persone.
Dunque, il Governo non deve aversene a male se l'opposizione, proprio su questo terreno, è molto più incisiva, facendo divenire cogente la propria contrarietà. Con ciò non vorrei dire che manchi la sensibilità rispetto alla necessità di correggere in alcuni punti una riforma, peraltro in gran parte condivisa, considerato che abbiamo contribuito non poco affinché la riforma del codice della strada fosse finalmente varata da parte di questo Governo anche se, nel fare ciò, ne avevamo denunciato alcuni limiti che oggi si stanno prepotentemente riproponendo, proprio alla luce di scelte incompatibili con alcune disposizioni legislative.
Infatti, oggi avremmo dovuto affrontare il problema relativo ai punti della patente, a seguito della sentenza n. 27 dello scorso gennaio emessa dalla Corte costituzionale, che ha costretto a rivedere alcuni passaggi. Forse ci saremmo dovuti limitare a tale revisione. Invece, lo scenario che abbiamo di fronte è completamente diverso e stiamo esaminando un provvedimento un po' confuso, non chiaro e contenente anche alcuni pasticci.
Devo dare atto al viceministro Tassone che in sede di Commissione non soltanto ha sempre partecipato ai lavori, contrariamente a quanto accaduto per altri rappresentanti del Governo in aula e in altre circostanze, ma ha anche dichiarato e dimostrato la sua disponibilità e sensibilità a recepire molti emendamenti presentati dall'opposizione. A mio avviso, si tratta di un fatto positivo, di grande consapevolezza e di riconoscimento del ruolo svolto dall'opposizione nel presentare proposte condivisibili.
Tuttavia, mi sia consentito dire che le criticità ed i rilievi che l'opposizione di tanto in tanto e di volta in volta solleva, in questo caso sono non soltanto dovuti, ma anche doverosi. Infatti, la riforma del codice della strada, nonostante il notevole contributo da noi offerto, ancora oggi presenta gravi lacune e grossi limiti. Inoltre, dobbiamo constatare che, dopo una prima fase in cui finalmente le cifre ci davano ragione perché si era verificato un calo dei decessi per incidenti sulle strade, purtroppo oggi si sta concretizzando una tendenza opposta perché il numero degli incidenti è risalito e si ripropongono cifre che dovrebbero destare grossa preoccupazione. Quindi, se accade questo, non possiamo limitarci soltanto a fare quanto da noi dovuto, ovvero adeguarci alla sentenza della Corte costituzionale. Non si devono introdurre ulteriori elementi di turbativa, come se l'aumento delle sanzioni di per sé fosse in grado di salvarci la coscienza e meccanicamente anche di ridurre il numero degli incidenti e dei morti sulle strade.
I dati e le cifre snocciolati in questa sede (e che non ripeto) ci ricordano che ogni anno scompare quasi la popolazione di un comune, con circa ottomila morti. Quindi, è come se ogni anno cancellassimo dalla carta geografica italiana un piccolo comune. Tale dato dovrebbe farci riflettere ed anche sentire un po' in colpa, in qualità di legislatori, nei confronti di una materia che non afferisce a questioni di carattere economico, giuridico o - come ogni tanto siamo avvezzi a fare - di lana caprina. C'è gente che muore e molte famiglie precipitano nel dramma. Sappiamo quanto queste morti costino in termini di solidarietà umana e di dolore per le famiglie. Inoltre, gli incidenti che causano inabilità ed altri gravi scompensi, se vogliamo metterla sul piano economico, comportano
anche un costo non solo sociale ma, appunto, economico per chi deve amministrare.
Mi chiedo dunque ancora oggi perché non si intervenga, pur comprendendo fino in fondo che i vari ministri e viceministri devono fare i conti all'interno del proprio Governo con il fatto che la priorità magari si riversa su altri settori. Immagino che al viceministro Tassone certamente non faccia piacere vedere che le ferrovie subiscono tagli pesantissimi, perché sulle stesse avevamo fatto una scommessa rispetto alla possibilità di alleggerire il traffico sulle strade e di incrementare, per motivi sia di carattere economico sia di carattere ambientale e, soprattutto, per garantire la sicurezza ai cittadini, il tasso di trasporto su rotaie.
GIULIO CONTI. Vinceremo la scommessa...!
GIOVANNI CARBONELLA. Lo stesso vale per le famose autostrade del mare. Poc'anzi, collega ha osservato che sono stati tagliati i fondi anche alle autorità portuali, ma sappiamo che non dobbiamo perdere questa scommessa, bensì vogliamo rilanciarla, se intendiamo effettivamente dare al paese la possibilità di alleggerire quel carico pesante di perdite di vite umane e di costi ambientali, nonché, mi sia consentito, economici, non più sostenibile.
Ritengo che un Governo che si rispetti debba fare i conti con la possibilità di gestire le risorse, ma anche indicare priorità. Se non si individuano le priorità in settori in cui è in gioco la vita umana, mi volete spiegare quali altri settori hanno maggiore rilevanza ed importanza? Vi deve essere uno spirito di solidarietà maggiore, rispetto ad altre problematiche, perché si tratta di una materia estremamente delicata.
Ad esempio, pur avendo un approccio abbastanza pragmatico al problema, sappiamo che il codice della strada deve servire a garantire sicurezza; e si garantisce sicurezza attraverso l'intervento sulle infrastrutture (autostrade, strade). Tuttavia, ahimé, devo non solo osservare che gli interventi sono limitati, ma anche segnalare, non per drammatizzare, elementi che tutti conosciamo: quanti morti ci sono su autostrade e strade statali per il cosiddetto acquaplaning? Ebbene, vi sono dei punti che, dalla mattina alla sera, in caso di maltempo e di pioggia, diventano punti nevralgici in cui, ahimé, qualcuno ha l'appuntamento con la morte. Ciò non accade solo a chi infrange i limiti di velocità, perché molto spesso, anche nel caso dell'automobilista che rispetta le leggi e non supera i 60 - 70 chilometri orari, c'è qualcuno che arriva da dietro e come un siluro lo colpisce, per cui ci affidiamo tutti al destino.
Mi chiedo, caro viceministro, perché mai non si programmi un piano di intervento per individuare questi punti critici. Con la gradualità dovuta, perché immagino che le risorse sono quelle che sono, ma non ci può essere immobilismo da parte vostra rispetto ad eventi mortali causati dagli incidenti, soprattutto in strade in cui si verifica l'acquaplaning e non si interviene. Occorre dunque un piano straordinario di intervento per realizzare un manto stradale ed autostradale in grado di assorbire quella maledetta condizione, che fa di tutti noi soggetti a rischio, indipendentemente dalla cautela con cui guidiamo.
Che dire anche del fatto che, ad esempio, molte volte ci troviamo ad avere a che fare con un parco macchine che è abbastanza obsoleto? Inoltre, mancano i controlli.
I controlli mancano molte volte sia perché vi è una sorta di indolenza, sia perché gli strumenti non vengono forniti a coloro che debbono esercitare tale funzione di controllo. La stessa cosa può dirsi in ordine all'impegno che ci eravamo assunti in materia di sicurezza stradale che, lo ricordo, si crea con le infrastrutture e dotando i mezzi di dispositivi tecnologici all'avanguardia. A questo proposito, ho presentato uno specifico ordine del giorno con il quale si prevede, ad esempio, la possibilità, previo accertamento, di inserire sugli autoveicoli dispositivi che eliminano
un altro tragico momento, che si verifica quando due autovetture si incrociano con i fari abbaglianti accesi.
GIORGIO BORNACIN. Basta non tenerli accesi!
GIOVANNI CARBONELLA. Comunque, tratteremo queste problematiche con calma, successivamente, perché non è questo il momento.
Lo stesso discorso vale, ad esempio, per la questione concernente l'informazione, la sensibilizzazione e la formazione, rispetto alle quali era stato assunto un impegno ed erano state stanziate apposite risorse finanziarie, al fine di dare ai cittadini la possibilità di usufruire di una educazione stradale che avrebbe sicuramente contribuito ad attenuare il dramma dell'elevato numero degli incidenti stradali. Queste risorse finanziarie, purtroppo, sono state tagliate.
In conclusione, signor viceministro, conosco la sua sensibilità e so perfettamente che il codice della strada rappresenta uno strumento assolutamente indispensabile che va arricchito, non quotidianamente, come un libro in cui ogni giorno, sfogliando una pagina, si inserisce qualcosa di nuovo, ma predisponendo, sull'impianto normativo che abbiamo già elaborato, gli strumenti in grado di rispondere alla cogente richiesta di sicurezza proveniente dai cittadini. Il Governo, e soprattutto il Parlamento, devono dare a questa richiesta una risposta pronta, altrimenti ogni ritardo in questa direzione ci troverà tutti colpevoli per i costi economici e per quelli sociali che seguono al verificarsi degli incidenti stradali. Ad oggi, a questa richiesta di sicurezza il Governo non ha fornito alcuna risposta (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.
MARIO LETTIERI. Signor Presidente, è stato ricordato, dall'onorevole Pasetto e da altri colleghi intervenuti, che la patente a punti è stata introdotta con una legge voluta dal centrosinistra. Ciò lo ricordo non per rivendicare primogeniture, ma per amore della verità. Quella verità che sarebbe necessario fare conoscere ai cittadini rispetto ad ogni altro provvedimento approvato dal Parlamento.
La patente a punti ha condotto, soprattutto nei primi mesi, ad una significativa riduzione del numero degli incidenti stradali. I dati sono stati già citati dai colleghi intervenuti prima di me e, pertanto, non li ripeterò; ciò che invece desidero sottolineare è che, dopo la prima fase di applicazione di quella norma, si è registrata una ripresa, una recrudescenza, cioè, degli incidenti stradali. I dati forniti dalla Polizia stradale e dall'Arma dei carabinieri sono allarmanti quanto eloquenti.
GIORGIO BORNACIN. Ma non è vero!
MARIO LETTIERI. Gli incidenti stradali, in percentuale, purtroppo, riguardano in gran parte la fascia giovanile. Nel 2004, se non ricordo male, gli incidenti sono aumentati del 3 per cento rispetto all'anno precedente, e ciò è di per sé eloquente. Evidentemente, non basta la patente a punti. La repressione, pur necessaria, non è sufficiente a garantire la sicurezza, per ridurre il numero complessivo degli incidenti e, quindi, il numero dei feriti e dei morti. Si parla di 30 mila feriti e di 7 mila morti ogni anno. I costi umani in termini di dolore e di sofferenza per le famiglie e le persone coinvolte sono enormi. Ma pesanti sono anche i costi economici per la collettività; il CNEL li ha valutati in ben 42 mila miliardi di vecchie lire!
Più volte, in quest'aula, sono state snocciolate queste cifre. Lo si è fatto anche quando si è parlato di RC auto, denunciando come il numero elevato di incidenti abbia riverberi sui costi delle assicurazioni e, quindi, sui costi delle polizze assicurative.
Perciò, l'introduzione della patente a punti fu unanimemente considerata una scelta positiva, che poteva e può contribuire a raggiungere l'obiettivo (stabilito, se non ricordo male, anche in sede europea)
di ridurre del 40 per cento il numero degli incidenti entro il 2010. Ora, bisogna prendere atto che la sola patente a punti non basta: non basta la sola repressione per garantire la sicurezza stradale.
A mio avviso, la priorità - ho avuto modo di ricordarlo più volte in quest'aula; lo sa bene il viceministro Tassone, ma il ministro Lunardi ed il Governo, pur condividendo le nostre indicazioni, non hanno poi dato un seguito con scelte coerenti nell'attività di Governo, nell'approvazione dei vari provvedimenti dei vari finanziamenti - è ridurre il numero complessivo degli autoveicoli privati circolanti sulle nostre strade, in particolare sulle autostrade; il che significa puntare sul trasporto pubblico locale, sullo sviluppo e sul potenziamento del trasporto su rotaia, sull'avvio delle autostrade del mare.
GIORGIO BORNACIN. Ma cosa c'entrano le autostrade del mare?
MARIO LETTIERI. In questi quattro anni, le autostrade del mare non sono state avviate: sono rimaste lettera morta! E le autostrade realizzate sui territori? La A3 è ancora lì, con tutte le sue inefficienze e con tutti i suoi pericoli.
Con l'ultima manovra correttiva dei conti pubblici, il ministro Tremonti non ha trovato di meglio che ridurre i fondi dell'ANAS e delle Ferrovie! Vi è il rischio - e lei lo sa bene, onorevole viceministro, come calabrese, oltre che per la sua responsabilità nazionale - di un blocco degli appalti del quinto e sesto lotto dell'autostrada A3, così come vi è il rischio di un blocco dei progetti finalizzati al completamento della statale ionica, che, come noi tutti sappiamo, purtroppo, è stata definita la «strada della morte». Ma sono tante le altre arterie importanti che corrono il rischio di essere bloccate dai tagli all'ANAS previsti nel disegno di legge finanziaria. Le nostre strade ed autostrade, le nostre ferrovie, oltre ad essere insufficienti, sono insicure e non adeguatamente manutenute.
Ma c'è di più. Anziché avviare le autostrade del mare, realizzando subito la necessaria logistica ed i necessari miglioramenti dei collegamenti stradali per accedere ai nostri porti, il Governo si preoccupa, con un maxiemendamento che arriverà nei prossimi giorni, di privatizzare anche l'ANAS, di fare qualche regalo multimiliardario a qualche privato che, poi, farà pagare il pedaggio anche sulle strade, oltre che sulle autostrade. Ma dell'ANAS parleremo quando arriverà in quest'aula il citato maxiemendamento, nei prossimi giorni.
Concludo sottolineando che anche il decreto-legge in esame è inadeguato, è poca cosa rispetto alle vere esigenze che la sicurezza pone. Abbiamo tutti citato dati che sono incontestabili: quanti giovani muoiono sulle nostre strade e quanti lutti nelle nostre famiglie!
È vero: non ho difficoltà a dire che non tutto poteva essere risolto da questo Governo. Tuttavia, in questi quattro anni e mezzo non sono state fatte neanche le cose più semplici, come l'avvio delle autostrade del mare, per fare in modo che centinaia e centinaia di TIR che partono dalla Sicilia o dalla Calabria non percorressero le nostre autostrade, ma fossero veicolati, invece, su apposite navi per essere trasportati dai nostri porti verso il nord Italia e verso il nord Europa. Questo sarebbe stato possibile. Pochi interventi sarebbero stati necessari.
Il ministro Lunardi, in un'altra occasione, quando abbiamo parlato della RC auto, si è dichiarato pronto e disponibile. Ma dove sono queste autostrade del mare? Non si adeguano i nostri porti né si facilita l'accesso agli stessi. Quindi, resta tutto lettera morta.
Si approvi pure il disegno di legge di conversione in legge di questo decreto-legge, ma bisogna sapere che esso è parva res rispetto ad un mare magnum di esigenze vere, che si scontrano con ciò che il provvedimento in esame prevede (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bornacin. Ne ha facoltà.
GIORGIO BORNACIN. Signor Presidente, intervengo brevemente, non per contribuire alla manovra ostruzionistica dell'opposizione (lo sottolineo nutrendo grande rispetto nei confronti delle manovre ostruzionistiche, perché, nella mia vita di rappresentante eletto nelle assemblee elettive, dal consiglio comunale al consiglio regionale, di battaglie ostruzionistiche ne ho fatte), ma per stabilire un po' di verità anche nei confronti di chi ci ascolta alla radio e di chi ci segue dalle tribune dell'aula.
Credo che, se i vari Presidenti di turno che questa mattina si sono succeduti alla Presidenza della Camera avessero applicato letteralmente il regolamento della Camera, quasi tutti gli interventi - lo ripeto: quasi tutti, salvo qualcuno, soprattutto dei colleghi della Commissione trasporti - avrebbero dovuto essere sanzionati, perché del tutto estranei alla materia che stiamo trattando.
CESARE CAMPA. Bravo!
GIORGIO BORNACIN. Questo non è avvenuto.
Ho sentito parlare di autostrade del mare, quando di ciò non si parla nel provvedimento in esame. Ho sentito confondere le competenze del Governo con quelle degli enti locali. Ho sentito confondere diversi aspetti e menzionare elementi assenti in questo decreto-legge.
Vorrei sottolineare alcuni punti. Alla collega Bellillo, che ha dichiarato che questo provvedimento aumenta l'importo delle contravvenzioni, vorrei dire che è esattamente il contrario: il provvedimento in esame allinea all'Europa, abbassandoli, gli importi delle contravvenzioni. Ho sentito dire che questo decreto-legge non aumenta la sicurezza. Non è vero! Questo decreto aumenta la sicurezza rispetto sia ai veicoli circolanti sia alle persone. Questo decreto risolve problemi connessi alla circolazione, alla motorizzazione. Se tali problemi non saranno risolti con questo provvedimento d'urgenza, non saranno più affrontati.
Poco fa ho sentito citare dati che non esistono riguardanti l'aumento della mortalità sulle nostre strade. Non è vero! Il tasso è diminuito, forse meno di quello che ci aspettavamo, ma, comunque, è in linea con l'Europa e si procede verso l'obiettivo della riduzione degli incidenti entro il 2010.
L'opposizione, che è liberissima di fare tutti gli ostruzionismi che crede (in Commissione abbiamo sempre trovato il modo di ragionare su questioni che interessano la gente), si assume una grande responsabilità nel momento in cui cerca di fare in modo che questo decreto-legge non venga convertito in legge e che queste norme non vengano approvate, perché esse vanno nell'interesse dei cittadini (Commenti del deputato Ruzzante) per quanto riguarda la sicurezza, le contravvenzioni e la soluzione di annosi problemi che numerose categorie ci chiedono.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Adduce. Ne ha facoltà.
SALVATORE ADDUCE. Signor Presidente, l'appello che l'onorevole Bornacin ha rivolto (lo interpreto come un invito a voler affrontare e risolvere i problemi che motivano l'adozione del decreto-legge in oggetto) è ragionevole, tuttavia non dà risposte alle due questioni che stiamo ponendo attraverso questa piccola maratona oratoria e che né a Bornacin né agli altri esponenti della maggioranza sfuggono.
Proverò nei minuti che ho a disposizione a ragionare su questo punto. Innanzitutto, vorrei partire proprio dalla necessità di mettere ordine in una materia che sicuramente aveva bisogno di una sistemazione.
Devo ricordare ai colleghi della maggioranza che, se vi è un provvedimento dei quali essi possono essere fieri e che possono ricordare all'opinione pubblica come uno dei risultati del Governo in carica, è proprio quello sulla patente a punti. A prescindere dalla primogenitura (del fatto cioé che fosse comunque una proposta di legge della legislatura precedente promossa dal centrosinistra), che non ha importanza, si tratta di un risultato che,
orgogliosamente, la maggioranza può attribuire a sé stessa.
A tale proposito, penso che sia stato un buon provvedimento, ma che esso, nella fase successiva alla prima attuazione, come per altre vicende che riguardano la responsabilità diretta del ministro Lunardi, sia diventato un provvedimento che ha ulteriormente complicato la vita degli italiani, e il disegno di legge di conversione del decreto-legge di cui stiamo parlando oggi ne costituisce un esempio, onorevole Bornacin. Credo che a lei, come a me e come a tanti altri, non sfugga il fatto che nel pieno dell'estate avete gettato nel panico con questo decreto-legge, di fatto complicando loro la vita, milioni di famiglie: perché accade questo?
Apprezzo il suo appello, ma devo dirle che esso andrebbe rivolto anche alla maggioranza di cui lei fa parte. In effetti, di fronte ad un problema grave e gravissimo come quello dell'uso dei motocicli - faccio questo esempio come dato esemplificativo che getta luce sul vero obiettivo che, in più momenti, la maggioranza intende realizzare, che non è quello di affrontare e risolvere i problemi, quanto invece quello di ottenere dall'iniziativa legislativa del Governo effetti propagandistici e utilitaristici -, chi può non ammettere che l'uso sconsiderato di questi mezzi di trasporto (motocicli, motorini, grosse moto) determini conseguenze negative non soltanto per chi li guida (in modo sconsiderato appunto), ma anche per la società, per i costi, per le conseguenze dei traumi, per le difficoltà che si vengono a determinare nel traffico?
Onorevole Tassone, affrontare il problema come lo avete fatto voi non crede denoti semplicemente la volontà di fare propaganda, di voler in qualche modo condurre l'opinione pubblica sul terreno tipico di una certa ideologia un po' - non vorrei usare parole grosse - centralistica del tipo «ghe penz' mì!» oppure «adesso ti faccio vedere io, come ti risolvo il problema!»? Da qui, dunque, le stupidaggini come quelle che sono state dette in questo decreto-legge riguardo, ad esempio, al problema della confisca per violazioni magari marginali, che hanno gettato nel panico milioni e milioni di famiglie.
Peraltro, siete intervenuti con un provvedimento, onorevole Tassone, che sarebbe stato impossibile applicare e che avrebbe prodotto, se aveste continuato nella vostra determinazione di applicarlo, enormi difficoltà e disfunzioni nell'ambito della pubblica amministrazione, soprattutto nelle città e per il Corpo dei vigili urbani, oltre che per le Forze di polizia. Infatti, non si sarebbero trovati i luoghi dove ricoverare i mezzi e, peraltro, sarebbero stati sollevati milioni di ricorsi per l'illegittimità di tali provvedimenti, per la loro sproporzione rispetto alle violazioni compiute.
Lo osservo non perché voglia polemizzare sul merito; diciamo che si è trattato di una svista, sebbene io non sia dell'opinione che si possano giudicare i contenuti di questo decreto come una svista. L'avete anche corretto e ciò, quindi, dimostra che era sbagliato. Voglio però continuare a riflettere sulle ragioni per le quale ci troviamo a porre rimedio a situazioni questo tipo. Il motivo è sempre lo stesso: non ragionate come chi autorevolmente ha in mano le leve dello Stato e deve guidare e governare il paese, assumendosi la responsabilità di adottare misure anche, in ipotesi, impopolari ma che siano applicabili, serie, forti, capaci di trasmettere un messaggio di serietà e anche di serenità! No, voi vi siete condotti come normalmente fanno coloro che vogliono dimostrare di essere più duri degli altri e, dunque, avete agito in un modo che corrisponde alquanto a quel modo di pensare ben racchiuso nell'espressione «ci penso io», ovvero: ti faccio vedere io come, in due giorni, ti sistemo tutta la situazione! Ma ciò non è possibile, onorevole Tassone: lei sa quanto noi come le riforme serie e le misure valide non diano effetti immediati quali quelli che voi, invece, volevate raggiungere con il provvedimento in esame; piuttosto, esse sono operazioni di lunga lena, di lungo periodo, che affrontano i problemi alla radice.
È per tale ragione che non condivido fino in fondo l'appello dell'onorevole Bornacin
a discutere sul merito; no, caro collega Bornacin, il merito è anche e soprattutto la situazione generale, quella che attiene all'adeguatezza delle nostre infrastrutture.
Se la discussione si svolgesse all'inizio della legislatura, onorevole Tassone, lei probabilmente avrebbe tutto il diritto, se avesse voglia e tempo di replicare a questo mio dire, di sostenere: ma, onorevole Adduce, lei sta dicendo sciocchezze; sono tre mesi che ci siamo insediati e stiamo affrontando un'emergenza!
MARIO TASSONE, Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti. Non mi sarei mai permesso! Mai permesso!
SALVATORE ADDUCE. Sono trascorsi, invece, quasi cinque anni; si sta concludendo la legislatura e siamo di fronte all'ennesima misura che sembra un provvedimento della prima ora, quello «fritto e mangiato», che invece non merita, appunto, di essere «fritto e mangiato».
MARIO TASSONE, Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti. Cotto, cotto! La frittura fa male!
SALVATORE ADDUCE. Alla fine della legislatura, onorevole Tassone, voi avete abbondantemente metabolizzato, o meglio avreste dovuto completamente metabolizzare i problemi e le difficoltà che riguardano il settore; avreste dovuto quindi proporre un intervento organico, forte, capace di affrontare alla radice e risolvere i problemi che abbiamo dinanzi.
Le voglio chiarire come le mie perplessità su questi aspetti sorgano in me quando riporto la memoria indietro di qualche mese e verifico tutte le inadempienze e le incapacità del ministero retto dal ministro Lunardi; e parliamo di sicurezza: non andiamo fuori dal seminato.
Voglio ricordare a questo proposito quanto avvenuto all'inizio dell'anno, a gennaio del 2005, quando, sull'autostrada, cosiddetta tale, Salerno-Reggio Calabria, per due giorni e due notti voi non siete stati capaci di intervenire per liberare gli automobilisti prigionieri della neve.
Che cos'è quell'incapacità se non ciò che voi avete proposto con le disposizioni che avevate inizialmente varato con il testo del decreto-legge e che, giustamente ed opportunamente, avete successivamente corretto? Dietro al provvedimento in esame, infatti, vi è la stessa logica che sottende l'incapacità di affrontare le emergenze!
Ciò era evidente. Vedete, onorevoli colleghi, nei giorni successivi all'entrata in vigore del decreto-legge in esame ho avuto la ventura di parlare con gli operatori del settore (ad esempio, i venditori di moto), i quali, non appena lette le disposizioni, si sono messi le mani nei capelli ed hanno incontrato problemi e difficoltà nel dare informazioni; essi facevano persino fatica a credere che potesse essere stato varato un provvedimento di quel tipo!
Ricordo che, naturalmente, abbiamo cercato di lavorare, anche in sede di Commissione - come ha ricordato il collega Bornacin -, al fine di porre rimedio alle numerose carenze del decreto-legge. Anche se abbiamo ottenuto qualche risultato, vorrei tuttavia rilevare che rimane - ed è questo il secondo punto critico che ho preannunziato all'inizio del mio intervento - il problema per cui continuiamo ad essere costretti a farvi notare, anche attraverso questa piccola maratona oratoria, che, comunque, ci troviamo ancora di fronte alle difficoltà politiche che le vicende dei provvedimenti dell'ultima ora (a cominciare soprattutto dalla proposta di riforma della legge elettorale) pongono al Parlamento.
Pertanto, come ho già precedentemente affermato - e concludo, signor Presidente -, accetto volentieri i rilievi mossi dal collega Bornacin; tuttavia, senza volerli respingere al mittente, vorrei invitare i colleghi della maggioranza, pacatamente e serenamente, a compiere un esame di coscienza per verificare se abbiano fatto, anche nel merito, tutto ciò che compete ad un Governo e ad un ministero seri, che devono effettivamente essere a conoscenza dei problemi.
Voi, a mio avviso, avete invece dimostrato, anche con il decreto-legge in esame,
di avere una scarsa conoscenza della situazione esistente (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.
ANTONIO PEZZELLA, Relatore. Signor Presidente, alla luce del lavoro di approfondimento svolto nella fase istruttoria, e tenuto altresì conto dei successivi elementi di valutazione acquisiti, la Commissione ritiene opportuno esprimere parere favorevole sugli identici emendamenti De Luca 1.5 e Luciano Dussin 1.13, nonché sugli identici emendamenti Mazzarello 1.3 e Bornacin 1.7. La Commissione raccomanda l'approvazione del suo emendamento 1.500, riferito all'articolo 1, comma 2-ter (ex emendamento Meroi 1.59, riformulato).
La Commissione, inoltre, esprime parere favorevole sugli emendamenti Meroi 1.53, necessario per esigenze di coordinamento normativo, Meroi 1.58, purché riformulato nel senso di sostituire le cifre «100» e «400» rispettivamente con le cifre: «75» e «300», Tidei 1-bis.9, Bornacin 1-bis.4, Meroi 1-quater.50 e 1-quater.24, nonché sugli identici emendamenti Duca 1-quater.2 e Rosato 1-quater.61.
Quanto all'articolo aggiuntivo Stucchi 1-quater.060, pur condividendolo nel merito, la Commissione invita i presentatori a ritirarlo ed a presentare un ordine del giorno di contenuto analogo, considerato il parere contrario espresso dalla Commissione bilancio.
Quanto all'articolo aggiuntivo Lion 1-quater.061, la Commissione invita i presentatori a ritirarlo ed a presentare in merito un ordine del giorno di contenuto analogo, strumento che sembra più congruo per le finalità delle modifiche proposte.
La Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Carbonella 1-quinquies.60 e sugli identici emendamenti Mazzarello 1-sexies.2 e Carbonella 1-sexies.62, soppressivi dell'articolo 1-sexies.
La Commissione raccomanda inoltre l'approvazione del proprio emendamento 1-octies.500, sostitutivo dell'articolo 1-octies.
La Commissione esprime parere favorevole sugli identici emendamenti Susini 1-duodecies.1 e Carbonella 1-duodecies.60. Per quanto riguarda l'articolo aggiuntivo Luciano Dussin 1-quaterdecies.02 la Commissione esprime parere favorevole, purché sia riformulato nel senso di sostituire, ovunque ricorra, la parola «genitore» con le seguenti: «colui che esercita la potestà genitoriale»; e la parola «figlio» con: «minore».
La Commissione esprime parere favorevole sull'articolo aggiuntivo De Laurentiis 1-quaterdecies.020. Per quanto riguarda l'emendamento Bornacin 1-quinquiesdecies.9, la Commissione esprime favorevole a condizione che esso sia riformulato in questo senso: «sostituire l'articolo 1-quinquiesdecies con il seguente: all'articolo 116 del decreto legislativo n. 285 del 1992, al comma 1-bis è aggiunto, infine, il seguente periodo: «a decorrere dal 1o gennaio 2008, per guidare un quadriciclo leggero è necessario aver compiuto 16 anni di età» e ricollocato dopo l'emendamento Bornacin 1-quinquiesdecies.8
Quanto all'articolo aggiuntivo Bornacin 1-quinquiesdecies.03, poiché si ritiene che la disposizione proposta non abbia effetti a carico della finanza pubblica, in quanto il funzionamento delle commissioni mediche è assicurato direttamente dagli utenti, attraverso il pagamento delle tariffe già fissate con decreto interministeriale, la Commissione ritiene opportuno chiedere un riesame del parere espresso dalla Commissione bilancio che, nella seduta dell'8 novembre scorso, ha espresso, appunto, parere contrario.
Quanto all'articolo aggiuntivo Ricciotti 1-quinquiesdecies.060, la Commissione invita il presentatore al ritiro, ed a presentare un ordine del giorno di contenuto analogo, strumento che sembra più congruo per le finalità delle modifiche proposte, considerato anche il parere contrario espresso dalla Commissione bilancio.
La Commissione esprime parere favorevole sull'articolo aggiuntivo Meroi 1-quinquiesdecies.06; esprime altresì parere favorevole sull'articolo aggiuntivo Luciano Dussin 1-sexiesdecies.07, a condizione che sia riformulato nel senso di sostituire al comma 1, lettera b), primo periodo, la cifra «286» con la cifra «250» e la cifra «573» con la cifra «1.000», nonché, al secondo periodo, di sostituire la cifra «286» con la cifra «573».
Quanto all'articolo aggiuntivo Nicotra 1-sexiesdecies.06, la Commissione ha presentato l'emendamento 1-sexiesdecies.0500, che riformula l'articolo 1-sexiesdecies in questo senso: «All'articolo 72 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, dopo il comma 3, è inserito il seguente:
3-bis. Sugli autoveicoli può essere installato un terminale telematico essenziale di bordo, ovvero un insieme di unità radioelettriche ed elettroniche che, governate da eventuali appositi programmi software e sfruttando o utilizzando tecnologie di comunicazione satellitare italiana «tipo VIASAT», GPS, GSM oppure GPRS, consentano all'utente di richiedere e fruire di servizi (assistenza, sicurezza ed informazioni) a bordo del proprio autoveicolo secondo i principi e le tempistiche dettati dal programma comunitario «e-call» relativo all'introduzione del sistema armonizzato di chiamata d'emergenza sulle autovetture e autocarri».
Sugli identici articoli aggiuntivi Meroi 1-sexiesdecies.04 e Rosato 1-sexiesdecies.061 il parere è favorevole.
Quanto all'emendamento Meroi 1-septiesdecies.4, è opportuno chiedere un riesame del parere della Commissione bilancio, che nella seduta dell'8 novembre ha espresso, invece, parere contrario, perché si ritiene che la disposizione proposta, già contenuta nel vigente testo della norma, non produca oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica, ma anzi consenta di chiarire che il proprietario del veicolo oggetto di confisca, insieme alla sanzione amministrativa pecuniaria, deve provvedere al pagamento anche degli oneri di custodia e di deposito del veicolo fino al momento in cui diviene definitiva la confisca stessa.
La Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Meroi 1-vicies.2 e sull'articolo aggiuntivo Stradella 1-septiesdecies.1, purché riformulato nei seguenti termini: «Al comma 3, inserire, infine, le seguenti parole: e al comma 1-bis, dopo la lettera b), è inserita la seguente: c) di quadricicli con motore elettrico di potenza massima di 1,5 kw con velocità massima di costruzione di 21 Km/h».
Inoltre, il parere è favorevole sugli articoli aggiuntivi Meroi 1-vicies semel.02 e 1-vicies semel.03. Sull'emendamento Meroi 1-vicies bis.1 si propone una nuova formulazione, come nuovo emendamento 1-vicies bis.500 della Commissione, del seguente tenore: «Al comma 2, lettera a), capoverso 2 sostituire il sesto periodo con il seguente: Qualora non sia stato possibile il ritiro della carta di circolazione al momento dell'accertamento, il documento deve essere consegnato al più vicino organo di polizia stradale entro il decimo giorno successivo a quello in cui è stato contestato o notificato al trasgressore il verbale di accertamento contenente anche l'invito alla consegna del documento; il periodo di sospensione decorre comunque dalla data della contestazione o di notificazione del verbale.» Conseguentemente, al comma 3, sostituire la lettera a) con la seguente: «a) il comma 2 è sostituto dal seguente: 2. La patente di guida ritirata è trattenuta presso i propri uffici dall'organo accertatore che, entro i cinque giorni successivi all'accertamento della violazione, ne dà comunicazione al prefetto del luogo della commessa violazione, il quale, ove ne ricorrano i presupposti, può riformare o revocare tale sanzione amministrativa accessoria. Dal momento del ritiro, la patente di guida resta sospesa per un periodo uguale al minimo stabilito per ciascuna violazione ovvero, salvo quanto previsto dagli articoli 142 e 143, per un periodo pari alla metà del massimo qualora nei due anni precedenti sia già stata sospesa per la medesima violazione. Se la
violazione è commessa con veicoli che trasportano merci pericolose, la durata del periodo di sospensione è raddoppiata. Qualora si tratti di patente di guida rilasciata da uno Stato estero, la validità è sospesa ai fini della circolazione sul territorio nazionale, con le stesse modalità. L'interdizione alla circolazione è comunicata all'autorità competente dello Stato che ha rilasciato la patente. Qualora la patente di guida non sia stata ritirata al momento dell'accertamento della violazione, il periodo di sospensione decorre dal momento del successivo ritiro, ovvero, qualora questo non sia stato possibile, dal decimo giorno successivo a quello in cui è stato contestato ovvero notificato al trasgressore il verbale contenente l'invito a consegnare la patente di guida presso il più vicino organo di polizia stradale. Di ciò è fatta menzione nel verbale di contestazione».
La Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento 1-vicies quater.600, che recepisce la condizione della Commissione bilancio. Quanto all'emendamento Bornacin 1-vicies quater.1, pur condividendolo nel merito, si invita a presentare un ordine del giorno, visto il parere contrario della Commissione bilancio. Quanto all'emendamento Bornacin 1-vicies quater.2, pur condividendolo nel merito, si invita a presentare un ordine del giorno, visto il parere contrario della Commissione bilancio.
Rispetto agli identici emendamenti Meroi 1-vicies quater.3, Muratori 1-vicies quater.34 e Panattoni 1-vicies quater.18, è opportuno chiedere un riesame del parere della Commissione bilancio che, nella seduta dell'8 novembre, ha espresso, invece, parere contrario, in quanto non vi è alcun effetto sul bilancio dello Stato, essendo una disposizione meramente interpretativa a livello organizzativo, necessaria a garantire un più efficace coordinamento degli uffici decentrati del settore dei trasporti.
Quanto all'articolo aggiuntivo Bornacin 1-vicies quater.02 è opportuno chiedere un riesame del parere della Commissione bilancio che, nella seduta dell'8 novembre, ha espresso, invece, parere contrario, poiché la disposizione proposta non comporta oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato, in quanto, senza creare un ulteriore organismo, potranno essere utilizzate le strutture e le risorse già esistenti.
Sull'articolo aggiuntivo Bornacin 1-vicies quater.03, pur condividendolo nel merito, si invita a presentare un ordine del giorno, visto il parere contrario della Commissione bilancio.
La Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento 1-vicies quinquies.600, che recepisce la condizione della Commissione bilancio.
Quanto all'emendamento Rosato 1-vicies quinquies.1, la Commissione invita il presentatore a ritirarlo per presentare un ordine del giorno, strumento che sembra più congruo per le finalità delle modifiche proposte e vista l'attuale formulazione dell'articolo 1-vicies quinquies.
La Commissione esprime parere favorevole sull'articolo aggiuntivo De Luca 1-vicies quinquies.05, purché riformulato nel senso di sostituire le parole: «entro il 31 dicembre 2005» con le seguenti: «entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge».
La Commissione esprime parere favorevole, altresì, sugli emendamenti Duca Dis. 1.4 e Dis. 1.1 e Tidei Dis. 1.2 e sugli identici articoli aggiuntivi Mazzarello Dis. 1.03, Bornacin Dis. 1.060 e Luciano Dussin Dis.1.061.
Il parere della Commissione è contrario sulle restanti proposte emendative.
PRESIDENTE. Il Governo?
MARIO TASSONE, Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti. Signor Presidente, innanzitutto devo ringraziare il relatore per il lavoro che ha compiuto, poiché come si può riscontrare, si tratta di una materia molto complessa e con moltissimi emendamenti.
Certamente, il Governo non può che concordare con le valutazioni e il parere espresso dal relatore, riservandosi ovviamente di seguire con attenzione e di ascoltare gli approfondimenti che emergeranno in sede di esame degli emendamenti
stessi, per dare un contributo ulteriore e gli apporti necessari alla definizione di una materia così importante e delicata.
Ovviamente, il Governo, per alcune materie su cui già si è espresso nell'altro ramo del Parlamento, si atterrà scrupolosamente ad una coerenza di posizioni e di valutazioni di materie che già hanno avuto locazione nel dibattito e nelle conclusioni del lavoro del Senato.
Signor Presidente, visto che ho la parola vorrei dire che ho ascoltato gli interventi svolti dai colleghi sul complesso degli emendamenti. Il Governo è assolutamente disponibile a raccordarsi con tutte le realtà e le posizioni espresse nel Parlamento per definire tale materia importante e fondamentale. Ho ascoltato parole ingenerose su questo provvedimento e sui provvedimenti precedenti, dato che quello in esame è il seguito di un provvedimento a suo tempo approvato, dunque il frutto del lavoro di tutto il Parlamento, senza distinzione tra maggioranza e minoranza. Nella furia iconoclasta nei confronti della maggioranza e del Governo si smentisce anche il lavoro che colleghi autorevoli ed impegnati hanno svolto in Commissione trasporti della Camera e del Senato e nell'aula di Montecitorio.
Ho sempre detto che bisogna distinguere la sicurezza dall'interesse (Applausi del deputato Pezzella). Credo che questo sia il filone logico su cui dobbiamo concentrare la nostra attenzione. Quando l'onorevole Adduce mi parla dei quadricicli e fa riferimento alle case produttrici di tali macchine, non c'è dubbio che vi è una scelta di campo, che non è però la mia scelta di campo. Io guardo alle famiglie ed alla tutela della vita, non certamente agli interessi delle case produttrici di queste macchine (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro)! Allora, ci dobbiamo mettere d'accordo con estrema chiarezza, onorevoli colleghi. Noi vogliamo questo provvedimento e siamo disponibili a raccordarci con tutti, lo ripeto. Si tratta del prodotto dell'impegno del Governo e del Parlamento, che deve trovare una sua luce ed una sua realizzazione.
Ma cosa c'è di così scandaloso? Questo Governo e questo Parlamento hanno varato la legge sulla patente a punti. Si è discusso tranquillamente...
MARILDE PROVERA. Questi sono pareri?
MARIO TASSONE, Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti. Sto dando i pareri: non è un dato tecnico, sto facendo una mia valutazione, ho il diritto di parlare...
PRESIDENTE. Non c'è dubbio che lei abbia il diritto di parlare...
MARIO TASSONE, Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti. Quando il Governo si limita ad esprimere il parere ci si lamenta perché dà il parere senza nessuna motivazione. Se il Governo si accinge a fornire qualche motivazione, c'è una contestazione! Ci dobbiamo mettere d'accordo sul ruolo del Parlamento: io sono per la centralità del Parlamento e sto rispondendo al Parlamento...
PIERO RUZZANTE. Però la patente a punti l'abbiamo votata tutti!
MARIO TASSONE, Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti. La patente a punti, sì, certamente...
PRESIDENTE. Amo questa «autogestione», ma vorrei anche poter svolgere un ruolo...
MARIO TASSONE, Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti. Non ho capito cosa vuole dire l'onorevole Ruzzante...
PRESIDENTE. Signor viceministro, la prego di continuare...
MARIO TASSONE, Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti. L'onorevole Ruzzante non mi ascoltava perché io davo
atto che tutti i gruppi hanno dato un contributo, tutto il Parlamento, tutte le posizioni.
PIERO RUZZANTE. Esattamente!
MARIO TASSONE, Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti. Ho dato atto, ovviamente, anche al suo gruppo politico di aver dato un contributo...
PRESIDENTE. Onorevole Tassone...
MARIO TASSONE, Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti. Signor Presidente, vado alla conclusione se il mio contributo può dare fastidio in quest'aula, visto che noto qualche cenno di dissenso e di insofferenza (Commenti dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani)... Io sono stato paziente e ho ascoltato tutti quanti, vi sono stati interventi interessantissimi da parte di tutti i settori di quest'aula.
Certamente, il lavoro che abbiamo svolto è impegnativo. Chiedo scusa ai colleghi, ma negli interventi non si è fatto cenno nemmeno ai risultati che il provvedimento, che è frutto del lavoro di tutti, ha determinato nel paese in termini di salvaguardia di vite umane. Ma cosa c'è di scandaloso in un provvedimento che si limitava ad alcuni casi?
Vi è stato poi l'apporto dell'altro ramo del Parlamento, con la presentazione di emendamenti e l'introduzione di innovazioni con riferimento al provvedimento del Governo. Cosa vi è di scandaloso in questo nuovo apporto ed in questi nuovi fatti da verificare?
Come i colleghi sanno - è stato affermato anche in quest'aula -, poiché il provvedimento, che reca misure urgenti in materia di guida e di patente a punti, era molto complesso, siamo stati attenti agli apporti ed ai contributi avanzati per migliorare il provvedimento stesso. Non vi è nulla di scandaloso!
Ho ascoltato, invece, parole ingenerose - non rivolte al Governo - per il lavoro che tutti abbiamo compiuto e, pertanto, ritengo che ci troviamo di fronte ad un fatto di estrema gravità nel quale si ravvisa un pericolo, poiché - lo ripeto - nella polemica non si salvaguarda né la storia, né il lavoro, né l'impegno profuso.
Sul Governo - lasciamo stare - le parole sono state le più varie: offensiva e violente. Sono stato per tanti anni all'opposizione in questo Parlamento, ma non mi sono mai permesso di disconoscere la buona fede e l'impegno dei colleghi che governavano in quel momento. Non l'ho mai fatto per dignità, per rispetto al Parlamento ed alle istituzioni! Tuttavia, il problema non è mio, ma è altrove!
Signor Presidente, credo di aver offerto una valutazione complessiva, anche sulla base degli interventi svolti sul complesso degli emendamenti, che ha accompagnato l'espressione del mio parere sulle proposte emendative presentate.
Vorrei, infine, rivolgermi all'onorevole Lettieri. Onorevole Lettieri, non si può dire che, per quanto riguarda le autostrade del mare, non si è fatto nulla! Non si può dire!
GRAZIANO MAZZARELLO. Si può e si deve!
MARIO TASSONE, Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti. Come risulta anche dalle statistiche (le fornirò in altra sede), è aumentato moltissimo il trasporto alternativo via mare. Sono statistiche e, certamente, i numeri possiamo anche giocarceli al lotto, per chi è più fortunato. Io, purtroppo, non posso mai giocare ai numeri, perché non vinco.
Non ho mai vinto con voi, perciò, figuriamoci cosa accade nella persuasione della verità, della realtà, dei numeri! Ho ascoltato il collega con molta attenzione e, ovviamente, il suo intervento sarà oggetto di una riflessione particolare. La Camera si dovrà certamente soffermare sul suo intervento.
KATIA BELLILLO. La ringrazio!
MARIO TASSONE, Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti. Dalle statistiche complessive, dai numeri si evidenzia
una certa fisionomia per quanto riguarda le autostrade del mare che, forse, non è sufficiente. Io sono d'accordo, onorevole Lettieri; raccolgo la sua sollecitazione, soprattutto, perché i trasporti alternativi rappresentano anche una modalità per garantire sicurezza sulle strade e alleggerirle. La ringrazio, signor Presidente (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana).
PRESIDENTE. Dovremmo ora passare ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta, che, tuttavia, riprenderà alle 16, con votazioni, dopo lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata previste per le ore 15.
La seduta, sospesa alle 13,20, è ripresa alle 15.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderà il ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Giovanardi.
PRESIDENTE. L'onorevole Provera ha facoltà di
MARILDE PROVERA. Nel breve minuto a disposizione poniamo l'attenzione sulla Val di Susa, sia per la situazione in essa presente, che vede il territorio militarizzato ancora oggi dalle forze dell'ordine, sia per le polemiche sollevate sulla legittimità e democraticità della protesta in corso. Di quest'ultima si ha una visione distorta; infatti non vi è solo azione oppositiva, in quanto la mobilitazione coinvolge, su 50 mila abitanti, 30 mila persone nella manifestazione e, lo scorso sabato, 15 mila nell'improvvisata fiaccolata contro la provocazione di natura terroristica, dannosa oltre che per la democrazia anche per la lotta nella Valle.
PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Giovanardi, ha facoltà di
CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, le polemiche e gli scontri a cui abbiamo assistito negli ultimi giorni, che hanno tentato di bloccare l'inizio dei lavori relativi al tunnel esplorativo dell'attraversamento alpino della linea Torino-Lione, hanno purtroppo oscurato un fatto oggettivo, vale a dire che si tratta di un'opera fondamentale, che coinvolge in maniera vitale tutto il nord Italia collegando Torino e Trieste con il resto dell'Europa, con i notevoli benefici derivanti.
PRESIDENTE. L'onorevole Provera ha facoltà di
MARILDE PROVERA. Signor Presidente, non ho più parole sull'innamoramento per le grandi opere degli anni Ottanta che, come vediamo, prosegue tuttora. Prima di innamorarsi di alcuni progetti, a volte sarebbe bene ragionare e verificare tempo su tempo la congruità delle scelte.
CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Evviva i TIR!
MARILDE PROVERA. Signor ministro, le alternative ci sarebbero se voi le ascoltaste. Vi è la necessità di ricollegare i porti italiani e di collegarsi con quelli francesi; bisogna rifare la Torino-Cuneo-Nizza-Savona-Ventimiglia. Quando la fate? Bisognerebbe reinvestire sui vagoni e chi più ne ha più ne metta.
PRESIDENTE. Onorevole Provera....
MARILDE PROVERA. Non mi è concesso ulteriore tempo, ma ripristinate quel tavolo, ascoltate e prestate un po' di attenzione alle vere motivazioni della popolazione locale per il bene del paese e della sua economia.
PRESIDENTE. L'onorevole Pagliarini ha facoltà di
GIANCARLO PAGLIARINI. Signor Presidente, signor ministro, pochi giorni fa, mentre si discuteva della legge finanziaria, è venuto in Commissione il presidente dell'ISTAT che ha fornito un documento intitolato: «La misura dell'economia sommersa secondo le statistiche ufficiali».
PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Giovanardi, ha facoltà di
CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, onorevole Pagliarini, il fenomeno dell'economia sommersa esprime un problema di estrema complessità dovuto a diversi fattori. Il cosiddetto federalismo fiscale, dal canto proprio, è espressione di sintesi di un insieme di regole che, una volta attuate, realizzeranno strumenti di delocalizzazione dei livelli di governo della leva fiscale e produttiva e del gettito destinato alle regioni e agli enti locali.
Governo per quest'anno è appositamente impegnata ad irrobustire l'impegno operativo nella lotta all'evasione, rispetto al quale il contrasto del fenomeno dell'economia sommersa è una componente. In particolare risalta l'articolo 1 del recente decreto-legge, n. 203 del 2005, con il quale si richiamano i comuni ad un intenso rapporto collaborativo con l'amministrazione finanziaria centrale nell'azione di contrasto all'evasione fiscale e di recupero di basi imponibili, oggi riparate fra le pieghe dell'economia sommersa.
PRESIDENTE. L'onorevole Pagliarini ha facoltà di
GIANCARLO PAGLIARINI. Signor ministro, la parola giusta l'ha detta, ed è «delocalizzazione», però l'ha detta una volta sola, e se l'avesse detta dieci volte, sarebbe stato meglio; se poi l'avesse detta venti volte, sarebbe stato ancora meglio.
PRESIDENTE. L'onorevole Cabras ha facoltà di
ANTONELLO CABRAS. Signor Presidente, la precedente interrogazione sembra quasi aver anticipato l'oggetto dell'interrogazione in esame, con la differenza che in quella si parlava di sommerso, mentre nell'interrogazione in esame si parla di un'elusione fiscale, che in dieci anni ammonta a circa 10 miliardi di euro e che a partire da quest'anno raggiunge 900 milioni di euro di mancato versamento della compartecipazione al gettito delle imposte IVA ed IRPEF riscosse nella regione Sardegna. Dunque, se è difficile scoprire il sommerso, è ancora più difficile capire per quale motivo il Governo non abbia ancora affrontato tale questione.
PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Giovanardi, ha facoltà di
CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, l'interpellanza in esame pone tre questioni. La prima è relativa all'attribuzione alla regione Sardegna, a decorrere dall'anno 2006, di un contributo annuale di 500 milioni di euro, a titolo di acconto sulla futura definizione dell'esatto ammontare della compartecipazione IRPEF.
già solo tenendo conto della radicale diversità dei criteri di calcolo che stanno alla base dei due tipi di dati. Da un lato quelli elaborati a fini statistici e di studio, che guardano ai contribuenti residenti dell'isola, dall'altro quelli computati dagli uffici sulla base delle norme dello Statuto, che si fondano sull'entità delle somme riscosse sul territorio regionale.
PRESIDENTE. L'onorevole Cabras ha facoltà di
ANTONELLO CABRAS. Peccato che le statistiche vengano usate in maniera molto elastica dal Governo, perché le stesse statistiche che ora sono state invocate per negare un diritto sancito dallo Statuto con un'interpretazione corretta della legge - lo Statuto della Sardegna, che come si sa è legge costituzionale - vengono, invece, proposte durante la discussione per la legge finanziaria per operare i tagli di trasferimenti ai comuni, per inasprire la fiscalità locale. In questo caso le statistiche che hanno informato lo studio compiuto dalla regione, confermato tra l'altro dal Dipartimento dell'economia, non sono attendibili perché basate su dati artificiali.
CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Nelle more del raggiungimento dell'intesa...
ANTONELLO CABRAS. Per quanto riguarda il debito, come lei sa, esso è stato contratto per operare spese di investimento, perché se fosse servito a coprire spese di funzionamento non sarebbe stato possibile contrarlo. È chiaro che l'indicazione di mettere a carico dello Stato un debito che la regione ha dovuto accendere perché in questi dieci anni non sono entrati nelle casse regionali dieci miliardi di euro, mentre i debiti della regione ammontano a tre miliardi, è un modo per ottenere una risposta e per sanare un maltolto che ha raggiunto una dimensione assolutamente inaccettabile.
PRESIDENTE. L'onorevole Gerardo Bianco ha facoltà di
GERARDO BIANCO. Signor ministro, voglio sperare che nella sua risposta dia comunicazione che il decreto, del cui iter si chiede il completamento, sia stato già firmato dal ministro dell'economia e delle finanze.
PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Giovanardi, ha facoltà di
CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Onorevole Gerardo Bianco, la mia sarà una risposta molto succinta anche perché molti elementi li ha già anticipati lei nella sua interrogazione. In particolare, mi riferisco al fatto che il Ministero per i beni e le attività culturali, in conformità al decreto-legge 17 giugno 2005, n. 106, convertito nella legge n. 156 del 31 luglio 2005, ha rimodulato le somme, ha cioè ripartito le somme che sono destinate a questi istituti culturali. Il ministero ha poi provveduto a trasmettere alla Ragioneria generale dello Stato il provvedimento ed il Ragioniere generale dello Stato, a sua volta, ci ha comunicato l'avvenuto ricevimento del provvedimento (il 5 ottobre scorso) e di averlo trasmesso al Ministero dell'economia e delle finanze per la firma finale da parte del ministro Tremonti.
PRESIDENTE. L'onorevole Gerardo Bianco ha facoltà di
GERARDO BIANCO. Signor Presidente, mi dichiaro abbastanza rassicurato dalla risposta che il ministro Giovanardi ha fornito alla mia interrogazione. Invito, comunque, l'onorevole Giovanardi a rivolgere al ministro dell'economia e delle finanze nuovamente questa mia sollecitazione anche perché non vorrei, come spesso accade, che da un tavolo all'altro si perdano le carte e anche del tempo. Insisto, ancora volta, perché, ripeto, la situazione in cui versano questi istituti culturali è estremamente complicata. Si tratta di istituzioni di ogni orientamento culturale e, come tali, veramente rappresentativi della cultura italiana. Credo, comunque, nella parola del ministro Giovanardi, che ritengo ascolti anche me oltre che il collega che in questo momento gli sta accanto, del quale non riesco a comprendere l'urgenza che abbia di parlare, a meno che non sia scoppiata una qualche crisi in Iraq o altrove...
PRESIDENTE. No, per carità! Speriamo di no!
GERARDO BIANCO. Ritengo che il ministro Giovanardi, comunque, si farà carico di questa mia richiesta, in modo tale che possano essere soddisfatte le esigenze manifestate da queste istituzioni culturali che gestiscono archivi importantissimi.
CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Calma ...!
GERARDO BIANCO. Eh no, non «calma» ...!
CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. L'impegno del ministro Giovanardi!
GERARDO BIANCO. Penso che il ministro Tremonti sarà sensibile, anche perché, com'è noto ...
PRESIDENTE. Onorevole Gerardo Bianco, dovrebbe concludere.
GERARDO BIANCO. ... egli si diletta molto di teorie e di cultura filosofiche. Ebbene, quelli in parola sono istituti che si occupano proprio di tali problemi.
PRESIDENTE. L'onorevole Dell'Anna ha facoltà di
GREGORIO DELL'ANNA. Signor Presidente, signor ministro, l'interrogazione che illustro riguarda un tema che tocca un po' tutte le famiglie italiane.
PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Giovanardi, ha facoltà di
CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, si tratta di un problema complesso.
PRESIDENTE. L'onorevole Dell'Anna ha facoltà di
GREGORIO DELL'ANNA. Signor Presidente, quanto ha riferito il ministro era chiaro nella circolare dell'Agenzia delle entrate.
l'Agenzia delle entrate. Infatti, il 20 per cento, oltre al consumo, viene anche applicato all'imposta di consumo e alle addizionali regionali. Quindi, il 20 per cento va a pesare in maniera considerevole, per quanto limitata possa essere la somma.
PRESIDENTE. L'onorevole Degennaro ha facoltà di
CARMINE DEGENNARO. Signor Presidente, signor ministro, la nostra istanza verte sull'attuazione dei Patti territoriali e dei contratti d'area, di cui alla legge n. 662 del 1996, che ha prodotto notevoli rallentamenti ed incontrato diffusi ostacoli burocratici e procedurali, sia per il passaggio di competenze dal Ministero dell'economia e delle finanze sia per l'emanazione della normativa di riferimento, in particolare del decreto del Ministero delle attività produttive 31 luglio 2000, n. 320, diversi mesi dopo l'avvio dei procedimenti.
PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Giovanardi, ha facoltà di
CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, onorevole Degennaro, in effetti, i criteri di revoca riguardanti il mancato raggiungimento dell'obiettivo occupazionale o la mancata conclusione del programma nei tempi previsti per i contratti d'area sui Patti territoriali sono particolarmente severi.
illogico consentire una riduzione degli investimenti previsti e pretendere contestualmente il rispetto dei limiti occupazionali.
PRESIDENTE. L'onorevole Degennaro ha facoltà di
CARMINE DEGENNARO. Signor Presidente, ci riteniamo abbastanza soddisfatti della risposta del Governo. Finalmente viene data soluzione ad una annosa vicenda, che si è portata avanti negli ultimi anni e che finalmente trova una risposta concreta per le imprese che stanno investendo e che anche in questi momenti difficili rischiano dal punto di vista economico attraverso investimenti importanti, per dare un serio contributo occupazionale al nostro paese.
PRESIDENTE. L'onorevole La Grua ha facoltà di
SAVERIO LA GRUA. Signor Presidente, signor ministro, nell'ambito del settore olivicolo circola con insistenza la notizia secondo cui la Commissione europea si accingerebbe a decidere l'apertura di un contingente di importazione di olio di oliva nell'Unione europea. Tale apertura avrebbe sul mercato italiano, e quindi sui prodotti olivicoli, effetti particolarmente negativi.
PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Giovanardi, ha facoltà di
CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, onorevole la Grua, si fa presente che l'aumento dei prezzi degli oli registrati negli ultimi mesi ha indotto i servizi della Commissione europea ad ipotizzare l'apertura di un contingente di importazione di olio d'oliva da paesi terzi a dazio zero: ciò sulla base di regolamenti CEE che regolano gli scambi fissati nell'ambito dell'Organizzazione comune di mercato.
PRESIDENTE. L'onorevole La Grua, ha facoltà di
SAVERIO LA GRUA. Desidero anzitutto ringraziare l'onorevole ministro.
PRESIDENTE. L'onorevole Bellillo ha facoltà di
KATIA BELLILLO. Signor Presidente, i comunisti giudicano gravi i fenomeni che hanno scatenato la ribellione dei giovani francesi figli dell'immigrazione. Concordiamo con chi sostiene che anche in Italia esistono situazioni di disagio, soprattutto nelle periferie delle città, dove non soltanto gli immigrati - ma soprattutto loro - vivono in condizioni di degrado e disperazione.
PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Giovanardi, ha facoltà di
CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. La ringrazio, signor Presidente.
PRESIDENTE. Onorevole Giovanardi...
CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Da ultimo, vorrei rappresentare che riteniamo che i centri di permanenza temporanea siano indispensabili - e che, anzi, vadano incrementati - per far fronte alle questioni della clandestinità e della criminalità, che rappresentano i gravi problemi che affliggono l'immigrazione e che destano allarme sociale sia negli italiani, sia nei lavoratori extracomunitari onesti, che sono venuti nel nostro paese per lavorare e per vivere pacificamente con le loro famiglie.
PRESIDENTE. L'onorevole Bellillo ha facoltà di
KATIA BELLILLO. Signor ministro, purtroppo sono assolutamente insoddisfatta. Vede, ciò che lei ha pronunciato sono solo parole, perché, in realtà, con le vostre leggi avete fatto nascere un nuovo proletariato, discriminato non solo giuridicamente, ma anche economicamente e socialmente.
PRESIDENTE. Onorevole Bellillo, concluda.
KATIA BELLILLO. Peccato, però, che voi non siate in sintonia con la coscienza civile e con la sensibilità del paese. Qualcuno direbbe: siete un Governo «lento»!
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
La seduta, sospesa alle 15,50, è ripresa alle 16,05.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Enzo Bianco, Carrara, de Ghislanzoni Cardoli, De Laurentiis, Dell'Anna, Duca, Guido Dussin, Nicotra, Raffaldini, Paolo Russo e Sanza sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione n. 6150.
ANTONIO LEONE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, ritiro la richiesta di votazione nominale.
PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Antonio Leone.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
PRESIDENTE. L'onorevole Lucidi ha facoltà di
MARCELLA LUCIDI. Signor Presidente, intervengo per illustrare l'interpellanza urgente Violante n. 2-01687 dell'onorevole Violante. In sede di replica interverrà il presidente Violante.
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di prestare attenzione! Onorevole Antonio Leone, la sua proposta l'ha già formulata... Prego, onorevole Lucidi, può proseguire.
MARCELLA LUCIDI. Come dicevo, signor Presidente, abbiamo il dovere di capire quale funzione hanno queste strutture nell'ambito della più complessa politica sull'immigrazione. Ed è un dovere stringente ed ineludibile. Il repertorio di rapporti, di testimonianze e di indagini sulle regole e sulla prassi di gestione di tali centri ci pone, con forza, al cospetto di una realtà che la nostra coscienza civile giudica intollerabile, inaccettabile.
del giornalista su un luogo dalle cui mura resta fuori il rispetto dei diritti umani non è una voce isolata. Basti citare Amnesty International, Medici senza frontiere ed associazioni come la Caritas, le ACLI, Migrantes. Proprio queste associazioni, signor ministro, un anno fa, in un incontro, le parlarono di disumanizzazione dei centri e chiesero il rispetto delle vicende e della dignità delle persone ospitate.
non siano esperienze negative per le quali resti solo da invocare la chiusura, affinché ci sia un effettivo controllo nella gestione e affinché, soprattutto, siano garantiti i servizi di assistenza agli immigrati accolti (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Il ministro dell'interno, onorevole Pisanu, ha facoltà di
BEPPE PISANU, Ministro dell'interno. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi accingo a dare una risposta non breve, ma la delicatezza dell'argomento e la serietà delle considerazioni svolte dagli onorevoli interpellanti mi impongono di essere chiaro e il più possibile esauriente.
Medici senza frontiere che, a questo fine, ha stipulato un protocollo d'intesa con la stessa prefettura. Si figuri, dunque, onorevole collega, se vogliamo escludere il controllo di organizzazioni internazionali anche private, come in questo caso, che si occupano di tali problemi, ma sull'argomento tornerò anche più avanti.
che le richieste strumentali di asilo sono molto frequenti e servono, in realtà, da pretesto agli immigrati per poi scappare.
centro, utilizzando l'area attualmente occupata da una caserma dell'esercito. Tale soluzione, superate finalmente le ultime difficoltà, risulta ora bene accetta alla comunità locale, mentre prima non lo era. L'obiettivo è quello di realizzarla prima della prossima estate.
dei paesi di recente adesione. In assenza di alternative concrete, che peraltro nessuno ha mai indicato, non ci resta dunque altro da fare che migliorare i vecchi centri e costruirne di nuovi, sempre più funzionali e accoglienti, cosa che già da tempo abbiamo iniziato a fare.
europeo vorrà ascoltarmi, risponderò con tutto il rispetto istituzionale e politico che a quell'Assemblea è dovuto, ma ad una condizione: che con questa convocazione non si voglia pregiudizialmente mettere in stato d'accusa il Governo che per primo in Europa ha denunciato la tragedia dell'immigrazione clandestina (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia), il Governo che soltanto quest'anno, lo ripeto, ha salvato in acque internazionali almeno 5 mila migranti e ne ha accolti più del doppio solo a Lampedusa, senza alcun danno per la loro incolumità, mentre altrove succedeva quel che sappiamo.
PRESIDENTE. L'onorevole Violante ha facoltà di
LUCIANO VIOLANTE. Signor ministro, abbiamo ascoltato con grande attenzione la sua risposta, che è stata ispirata ad un senso civile fermo. Credo che quella odierna rappresenti una delle poche volte in cui una interpellanza parlamentare raggiunge in tempi così rapidi alcuni effetti positivi.
di una componente politica del Governo che su di esso è meno sensibile di altre.
toccato, che non ha diritti e non ha doveri; né, peraltro, essendo persona, può essere oggetto di un'aggressione particolare.
BEPPE PISANU, Ministro dell'interno. No, onorevole Violante, la disposizione del ministro è sempre e comunque: accesso libero ai parlamentari, esclusi i casi in cui ci sia il rischio fisico per le persone. Se uno pretende di entrare, quando ci sono 1.200 persone... Lei capisce...
LUCIANO VIOLANTE. Sì, l'importante è che non si abusi di questa circostanza per impedire il controllo.
PRESIDENTE. L'onorevole Pisa ha facoltà di
SILVANA PISA. Signor Presidente, vorrei ringraziare il ministro Martino per essere venuto personalmente a rispondere in aula; questa presenza ci sembra rilevante.
diversa e dà ragione a noi, che quelle cose le dicevamo fin da allora, e non per un pregiudizio ideologico, ma perché era quanto sostenevano gli ispettori dell'ONU («Non ci sono armi di distruzioni di massa in Iraq») che avevano lavorato e lavoravano sul campo. Tutto ciò fin dall'epoca delle affermazioni dell'ex agente della CIA Scott Ritter e degli ispettori stessi che a Baghdad svolgevano regolarmente le loro ispezioni (El Baradei e gli altri).
ministro, vi abbiamo dato il tormentone: è il nostro ruolo -, avete reagito reticenti, evanescenti, manipolando la verità.
della propria missione e della violenza che li circonda, hanno fede nei valori di riferimento e nei capi: sono pronti a combattere per assolvere la loro missione e hanno tutti i mezzi necessari per evitare rischi inutili (...). Perché se ammettessimo di essere invece martiri o vittime innocenti (...), dovremmo poi ammettere la colpa, il dolo, la malvagità, l'idiozia e l'imperizia di coloro che, avendo una qualsiasi responsabilità, non hanno adeguatamente preparato strutture e uomini, che hanno negato le risorse necessarie, che hanno fatto venir meno la fede mentendo, assegnando missioni sbagliate e assumendo impegni internazionali non credendoci e sapendo di non poterli onorare (...)».
PRESIDENTE. Il ministro della difesa, onorevole Martino, ha facoltà di
ANTONIO MARTINO, Ministro della difesa. Signor Presidente, onorevole colleghe e onorevoli colleghi, l'interpellanza urgente in esame tocca quattro distinte tematiche, ricondotte ad un presunto quadro ragionativo unitario attraverso una strumentale connessione di questioni tra loro non pertinenti e reciprocamente autonome.
documenti ad alcuno e chiedendo di poter entrare in possesso di quelli nella disponibilità dell'Agenzia, che però non aderiva a tale prospettiva, in quanto dichiarati come provenienti da altri servizi di diversi paesi - mi spiace di non riuscire ad attirare l'attenzione dell'onorevole interpellante -, ed in tale periodo, specialmente dopo i primi mesi del 2003, a seguito della nota dichiarazione dell'organismo internazionale sui documenti, al servizio emergeva l'interferenza di un personaggio - ormai noto alle cronache - che avrebbe avuto un qualche ruolo nella vicenda. Veniva, dunque, avviata un'indagine conoscitiva per chiarire significato e portata di tale interferenza, atteso che, fino a quel momento, nulla si conosceva, né poteva autorizzare alcuna supposizione, sui rapporti tra il personaggio in questione ed i noti, dibattuti problemi.
software di base, manifestando a chiare lettere l'esigenza di conseguire, in pochissimo tempo e con la minaccia sempre incombente, nuove professionalità, nuovo know how e nuove expertise. Non è stata un'operazione di poco momento né di scarso impatto, anche, se non soprattutto, in termini di discontinuità rispetto a fisionomie e mentalità consolidatesi nel corso di oltre un cinquantennio.
formale assenso ed il principio fondante della nostra missione, disposta dal Governo immediatamente dopo la fine delle ostilità. In particolare, il nostro intervento si è solidamente incardinato nel quadro delle risoluzioni delle Nazioni Unite, la n. 1483 del 22 maggio 2003 e la n. 1511 del 16 ottobre, che caratterizzano la missione come parte di intervento multilaterale per contribuire alla stabilità e sicurezza dell'Iraq conferendo alle Nazioni Unite un ruolo centrale in tale processo.
PRESIDENTE. L'onorevole Deiana, cofirmataria dell'interpellanza, ha facoltà di
ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, ringrazio anch'io il ministro per la sua disponibilità a recarsi in aula ed a fornirci una risposta meno burocratica di quelle che, solitamente, i sottosegretari del suo ministero o il ministro per i rapporti con il Parlamento Giovanardi forniscono, rispondendo ai quesiti, più volte sottoposti all'attenzione del Governo, relativi alla vicenda irachena.
ANTONIO MARTINO, Ministro della difesa. Credo che anche un suo collega di partito la pensi allo stesso modo, giusto per completare il quadro...!
ELETTRA DEIANA. Vorrei dire che le nostre critiche non sono rivolte al SISMI, ai vari corpi o apparati dello Stato, ma al Governo. Le nostre critiche e le nostre richieste sono rivolte al Governo! La politica deve svolgere il suo compito ed assumersi le responsabilità! Gli apparati ed i corpi dello Stato, a meno che non siano deviati o affetti da vocazioni di tradimento, rappresentano un altro capitolo che non c'entra nulla. Fanno quello che la politica dispone.
ANTONIO MARTINO, Ministro della difesa. Se c'è qualcuno che si può lamentare sono io, non lei!
ELETTRA DEIANA. Lei ha detto che vi è stata una campagna di intossicazione.
della guerra. La non belligeranza militare - se capisco bene ciò che lei, signor ministro, intende dire - si riduce al fatto che l'Italia non ha partecipato ai bombardamenti su Baghdad. Ma la guerra, signor ministro - lei lo sa benissimo - non è mai soltanto il bombardamento sulle città; la guerra è stata preparata dalla montatura e da un'abile azione di penetrazione preventiva in Iraq.
PRESIDENTE. Onorevole Deiana...
ELETTRA DEIANA. Mi accingo a concludere, signor Presidente.
ANTONIO MARTINO, Ministro della difesa. Non c'era affatto!
ELETTRA DEIANA. Come no? C'entrava, perché il Presidente Bush fece riferimento all'acquisto di uranio che il rais di Baghdad aveva fatto in Niger.
PRESIDENTE. Onorevole Deiana, ora sono costretto a richiamarla sui tempi...
ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, mi accingo a concludere.
PRESIDENTE. Onorevole Deiana....
ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, concludo.
PRESIDENTE. L'onorevole Cima ha facoltà di
LAURA CIMA. Signor Presidente, intendo spiegare che il senso di questa interpellanza è duplice. Purtroppo, infatti, essa verte - e non lo avrei voluto - anche sull'ordine pubblico, ed infatti vedo presente il sottosegretario per l'interno Mantovano, che si accinge a rispondere. Invece, la mia interpellanza avrebbe dovuto soprattutto essere l'occasione per un'interlocuzione con il ministro Lunardi. Infatti, la situazione di «muro contro muro» è stata determinata sostanzialmente dalle sue scelte, ovvero quelle di rompere un dialogo appena iniziato con le comunità locali, attraverso una commissione tecnica (la cosiddetta commissione Rivalta) appositamente costituita, e di forzare senza alcun motivo - come ho indicato e come spiegherò durante l'illustrazione - l'inizio dei sondaggi geognostici.
avevano niente di meglio da fare e che dunque, essendo scansafatiche e perditempo, non ne voleva sapere.
realizzata lì al posto della pista da bob, ha determinato, ripeto, una dispersione altissima di fibre di amianto con gravissimo rischio per la popolazione. Questa è dunque la situazione: non potendo più fare la pista di bob, si è realizzata questa piccola opera con gravissimi rischi per la popolazione. Si tratta di una situazione denunciata e soggetta a monitoraggio.
PRESIDENTE. Onorevole Cima, concluda.
LAURA CIMA. Ho quasi terminato, Presidente.
PRESIDENTE. No, onorevole Cima...
LAURA CIMA. Presidente, mi faccia solo dire una cosa per concludere...
PRESIDENTE. Onorevole Cima, i tempi concessi per le interpellanze urgenti sono già abbondanti, ed oggi stiamo andando oltre. C'è un desiderio di parlare che non ho mai constatato in una maniera così estesa...
LAURA CIMA. Voglio soltanto dire che qualche giorno fa, dovendo partire da Cosenza per Torino, il treno da Reggio Calabria, con la scusa che c'erano pulci o cose di questo genere, è partito con 90 minuti di ritardo. Ciò detto, mi spiegate, con un'organizzazione delle ferrovie di questo genere, a che cosa servono le opere di alta velocità per le merci?
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, onorevole Mantovano, ha facoltà di
ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il progetto di realizzazione, nella Valle di Susa, di un tronco della linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione viene contrastato da circa un decennio - durante il quale, evidentemente, Roma ha avuto il tempo di accorgersene - da uno schieramento articolato e di vario orientamento politico, che fa perno sulle 23 amministrazioni comunali della bassa valle e sulla relativa comunità montana. Alla protesta partecipa attivamente anche il presidente della comunità montana Alta Valle di Susa.
PRESIDENTE. L'onorevole Cima ha facoltà di
LAURA CIMA. Signor Presidente, vorrei concludere la parte relativa alle infrastrutture, per poi tornare alla questione dell'ordine pubblico e al discorso sui fomentatori, sulla loro identità e su chi sono coloro che sono stati denunciati e arrestati; ciò tanto per chiarire a quale livello ci stiamo muovendo.
ed altri. Inoltre, le sette persone arrestate, rilasciate immediatamente dopo, non erano quei «signori» dei centri sociali cui si fa cenno, bensì persone normalissime che erano lì presenti, alcune delle quali sono state anche picchiate, e tra le quali, ad esempio, figuravano due vigilesse (non so bene cosa sia successo) e non, ripeto, i «signori» del centro sociale! Questo tanto per mettere di nuovo i puntini sulle «i»!
PRESIDENTE. L'onorevole Adduce ha facoltà di
SALVATORE ADDUCE. Signor Presidente, cercherò di agevolare il suo compito riducendo i tempi della mia illustrazione.
PRESIDENTE. Le sarò eternamente grato, onorevole Adduce!
SALVATORE ADDUCE. Signor sottosegretario di Stato, abbiamo deciso di interpellarla in ordine ad una questione di notevole interesse per la cultura, la ricerca e la storia del nostro paese, poiché si tratta non di un problema burocratico e di conti da far quadrare, quanto piuttosto di sapere se il Governo abbia deciso di cancellare uno dei presidi culturali più importanti del nostro paese.
Sant'Agostino, che è stato perfettamente restaurato e che fu inaugurato dall'allora ministro Paolucci.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali, onorevole Bono, ha facoltà di
NICOLA BONO, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali. Signor Presidente, in riferimento alla questione posta dall'onorevole Adduce ed altri relativa al paventato accorpamento della sede in Matera della soprintendenza per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico della Basilicata con la sede della soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio di Potenza, si rappresenta quanto segue.
proposito hanno rivestito, pertanto, carattere meramente informativo.
PRESIDENTE. L'onorevole Sgarbi, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di
VITTORIO SGARBI. Signor Presidente, per quello che ho inteso dell'intervento dell'onorevole Bono, c'è ragione di soddisfazione, la quale spesso non interviene neppure tra maggioranza e maggioranza e, in questo caso, sia pure da una posizione singolare, come quella che io rappresento da tempo, viene, insieme ai colleghi firmatari di questa interpellanza, una sostanziale soddisfazione per i principi che egli ha espresso, ma anche una raccomandazione, che non vuole per ciò, come talvolta è avvenuto tragicamente, diventare, poi, una remissione di fiducia o una insoddisfazione.
fra i due siti fa sì che una parte importante della raccolta sia nel museo di palazzo Lanfranchi e l'altra sia allocata nel paese di palazzo San Gervasio.
PRESIDENTE. Avverto che le interpellanze Franz n. 2-01679 e Rodeghiero n. 2-01709 sono state ritirate, in data odierna, dai rispettivi presentatori.
PRESIDENTE. L'onorevole Falanga ha facoltà di
CIRO FALANGA. Signor Presidente, il 9 giugno 2005 fu siglato un accordo tra Poste italiane e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per offrire alle famiglie italiane la possibilità di prenotare i libri di testo scolastici tramite internet e rete telefonica e di ottenerne, quindi, la consegna a domicilio con contrassegno o previo pagamento effettuato con carta di credito.
studenti. Dunque, ha favorito la pubblicizzazione di tale servizio sollecitandone l'utilizzazione a vantaggio di uno dei tanti soggetti che rendeva lo stesso servizio alle famiglie italiane nel nostro paese.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali, onorevole Bono, ha facoltà di
NICOLA BONO, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali. Signor Presidente, in riferimento all'interpellanza urgente dell'onorevole Falanga ed altri, vorrei prima di tutto fare presente che l'iniziativa in argomento intende offrire, su tutto il territorio nazionale, alle famiglie degli alunni delle scuole secondarie di 1o e 2o grado che ritengano di aderire all'iniziativa stessa un servizio inteso a garantire la consegna dei testi scolastici presso il proprio domicilio in tempo utile per l'avvio dell'anno scolastico; ciò, anche al fine di evitare conseguenze negative sul regolare inizio e svolgimento dell'attività didattica riferibili alla non completa disponibilità dei libri di testo da parte di tutti gli alunni.
eroga un contributo di 103 milioni di euro per l'acquisto dei libri da parte delle famiglie meno abbienti.
PRESIDENTE. L'onorevole Falanga ha facoltà di
CIRO FALANGA. Signor Presidente, in verità devo sottolineare che il Governo che oggi risponde all'interpellanza da me sottoscritta, nella persona dell'onorevole Bono, mi lascia alquanto sconcertato. D'altra parte, il fatto che non sia qui presente il ministro o un sottosegretario del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, mi fa essere meno aggressivo nelle mie considerazioni nei confronti dell'onorevole Bono, che credo di questa vicenda sia venuto a conoscenza solo pochi minuti fa e che ha letto le poche righe preparate dagli uffici del Ministero. Poche righe che, per la verità, sono di estremo sconcerto.
e mezza letta in quest'aula, e nulla si è detto delle gravi questioni sottese all'interpellanza in esame.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.
PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data odierna, ha chiesto di differire l'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge in materia di finanza pubblica e in materia aeroportuale fino alla conclusione dell'iter del decreto-legge in materia tributaria e finanziaria, nel cui disegno di legge di conversione sono state inserite norme contenute nel primo dei citati provvedimenti.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
Lunedì 14 novembre 2005, alle 16,30:
1. - Discussione del progetto di legge:
2. - Discussione delle mozioni Bielli ed altri n. 1-00464, Violante ed altri n. 1-00481 e Biondi ed Antonio Leone 1-00496 sulle questioni applicative concernenti la normativa in favore delle vittime del terrorismo.
La seduta termina alle 19,10.
L'alta partecipazione cresce, perché si è consapevoli di essere portatori di altre analisi e proposte, a fronte di una non congruità dei costi per la salute e per l'ambiente. Ma anche con riferimento all'opera stessa non vi è utilità, non si parla neppure di alta velocità, ma solo di alta capacità merci per un massimo di 120 chilometri orari in piano e su tratta diritta.
Chiediamo dunque di ripristinare rapidamente la normalità territoriale e di avviare un tavolo di discussione che legittimi nuovamente tutte le istituzioni, garantendo cittadinanza a tutte le idee in campo.
Si tratta di un progetto degli anni Ottanta voluto da tutti i Governi - di destra, di sinistra, di centro - che si sono succeduti nel corso di questi 25 anni. La vera novità è stata l'approvazione del progetto transfrontaliero da parte dell'Unione europea. Tutti ricorderanno l'impegno profuso e portato avanti dall'attuale Governo per far sì che l'Italia non rimanesse esclusa dai grandi progetti di collegamento europeo.
Stiamo assistendo ad una assurdità in termini di logica e di buonsenso. Non ci si può lamentare che l'Italia rimane ai margini per quanto riguarda il sistema ferroviario e danni incredibili all'ambiente e alla salute dei cittadini causati da un trasporto su gomma che inquina ed è al limite di guardia e poi bloccare le opere già avviate, volte a differenziare il trasporto su ferrovia, attraverso proteste strumentali che non permettono nemmeno di procedere a quelle verifiche tecniche che consentiranno di verificare la sussistenza o meno di reali pericoli per l'ambiente e per la salute della popolazione della Val di Susa.
Occorre tutelare la salute di un'Italia assediata dal trasporto su gomma e l'interesse generale; dunque il collegamento ferroviario di alta velocità, di interesse vitale per il paese e per l'Europa, deve procedere.
La dimostrazione della correttezza e dell'imprescindibilità dell'opera si rinviene nel fatto che anche gli enti locali, la regione e la provincia sono assolutamente d'accordo nel portare avanti questo progetto. Dunque, occorre concentrarsi su soluzioni possibili e praticabili, che consentano la realizzazione di un'opera ritenuta da tutti necessaria per lo sviluppo economico del paese, nel rispetto dell'ambiente e della piena tutela della qualità della vita degli abitanti di quella valle.
Le conoscenze scientifiche e tecniche per garantire il rispetto dell'ambiente e della salute esistono e devono essere utilizzate. Si dovrà quindi lavorare per superare il «muro contro muro» ed evitare che la protesta sulla Torino-Lione si ripercuota negativamente anche sulle olimpiadi di febbraio, che avranno proprio nella Val di Susa uno dei poli di attrazione.
Dunque, disponibilità al dialogo, al confronto e all'individuazione delle soluzioni ottimali per affrontare un problema che deve essere risolto nell'interesse di tutti e, naturalmente, un «no» alla violenza, ai blocchi stradali e alle intimidazioni che si sovrappongono alla protesta.
La questione deve essere risolta pacificamente attraverso il dialogo, il confronto ed un approfondimento tecnico, che non può essere svolto se non si realizzano sul terreno quelle prove necessarie per garantire che l'opera sia realizzata in piena sicurezza.
Vorrei ricordare che, dagli anni Ottanta ad oggi, il posizionamento commerciale dell'Italia è mutato. Vorrei ricordare che la tratta si conclude a Trieste e non proseguirà verso i paesi cui era destinata originariamente. Quindi, l'Italia sta effettuando un'opera bloccata su se stessa.
Vorrei ricordare i ritardi sulla tratta francese. Vorrei ricordare che non sono state neppure stanziate effettivamente le cifre per la tratta italiana contenute nella delibera CIPE dell'agosto 2005, scomparsa nel nulla e che non si trova più.
Vorrei ricordare che una ferrovia internazionale è già esistente su quel territorio, collega la Francia con l'Italia e prosegue verso Milano, passando da Torino e unendo l'interporto nodale di questa città. Vi è bisogno di potenziarla anche per i passeggeri che, comunque, non trarrebbero vantaggi da quella realizzata dal Governo.
Il contrasto è fatto per motivi concreti ed economici. La tratta da voi proposta costa almeno quattro volte di più rispetto al ponte sullo stretto di Messina. Bisogna che gli italiani sappiano di cosa si sta parlando. Questa tratta costa 40 mila miliardi delle vecchie lire, ovvero quattro volte tutti i finanziamenti effettuati in cinque anni sulle ferrovie italiane. Quindi, si tratta di tagliare per sedici anni la possibilità di finanziamento sulle ferrovie italiane, pur sapendo che i contributi europei rappresentano solo il 20 per cento e che il 60 per cento dell'intera opera ricadrà sull'Italia. L'unica utilità sarà quella di importare dalla Francia, da Lione, alcuni beni, senza tuttavia capacità di esportazione.
Da tale documento emerge che il sommerso corrisponde a circa 200 miliardi di euro all'anno. Per dare un'idea della cifra, ricordo che l'intera IRPEF incassata dallo Stato e dagli enti locali corrisponde a circa 137 miliardi di euro. Quindi, si tratta di una cifra veramente enorme e pertanto le chiediamo quale iniziativa intenda adottare il Governo - soprattutto (ci auguriamo) con lo strumento del federalismo fiscale, adesso che sono conclusi i lavori dell'Alta commissione di studio - per ridurre questo dato, davvero incredibile e non degno di un paese civile.
Con riguardo a quanto richiesto, si può osservare che una parte cospicua della manovra finanziaria posta in cantiere dal
La norma risulterà anche migliorata una volta approvata la sua integrazione nell'ambito del più ampio intervento emendativo predisposto dal Governo e del quale lo stesso sta ottenendo la fiducia al Senato. Ne conseguirà uno strumento prezioso di interazione comuni-Stato nello sforzo di individuazione capillare di sacche di economia sommersa con soddisfazione, peraltro, dell'impegno concreto che verrà profuso dagli enti locali, tramite la riserva ai comuni di una quota finanziaria non indifferente, pari al 30 per cento, del maggior gettito riscosso a titolo definitivo proprio grazie all'azione utile posta in essere dalle amministrazioni locali. I risultati indicati dal Ministero nell'atto di indirizzo per il conseguimento degli obiettivi fiscali fanno emergere già nel 2004 il carattere strategico del disvelamento delle pratiche che danno vita a fenomeni di economia sommersa. Conseguentemente, seppur nell'ambito del più ampio processo di prevenzione e contrasto all'evasione, l'azione dell'Agenzia delle entrate è stata ed è tuttora diretta da un lato a una maggiore incidenza dell'attività di intelligence e dall'altro, ricorrendone i presupposti, al sistematico controllo volto a rilevare l'impiego di lavoratori non in regola con la normativa previdenziale e fiscale.
Per parte sua, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha rappresentato che, in ottemperanza a quanto previsto dalla direttiva generale per l'azione amministrativa del 2005, la direzione generale per l'attività ispettiva ha individuato gli obiettivi strategici della propria attività per l'anno in corso, fra i quali rientrano proprio le azioni di contrasto al lavoro irregolare.
Per quanto concerne il fenomeno del cosiddetto «sommerso totale», per l'anno in corso sono state effettuate anche ulteriori previste verifiche ispettive finalizzate soprattutto al miglioramento dei risultati qualitativi dell'attività, da realizzare mediante una più mirata selezione delle realtà aziendali da sottoporre a controllo, con particolare riguardo alle aziende maggiormente a rischio di fenomeni di lavoro sommerso.
Gli ambiti di attività cui rivolgere prioritariamente l'azione di vigilanza sono i seguenti: il lavoro irregolare di cittadini stranieri immigrati; il lavoro nel settore dell'agricoltura; il lavoro nel settore dei pubblici esercizi; il lavoro minorile. Particolare attenzione, tenuto conto della diffusione di forme di lavoro irregolare, è indirizzata al settore edile, per verificare non solo l'esistenza di fenomeni di lavoro sommerso, ma anche le complessive condizioni di sicurezza e di igiene dei luoghi di lavoro.
In sostanza, il «nero» è pari a circa 200 miliardi di euro. Se gli evasori pagassero le tasse - supponiamo il 30 per cento - gli enti locali incasserebbero una somma pari a circa tutto quello che oggi incassano dall'IRES, dalla famigerata IRAP e dall'ICI pagata ai comuni. Incasserebbero circa la stessa cifra. Quindi, se si combattesse efficacemente l'evasione fiscale, potremmo eliminare l'IRES, l'IRAP e l'ICI, tanto per dare un'idea e per far capire di cosa stiamo parlando. Inoltre, la pressione fiscale ufficiale è pari al 42 per cento, ma nel cento c'è il «nero» e togliendo il «nero» paghiamo più tasse della Svezia.
Il punto, signor ministro, è che lo Stato da sempre dice che vuole combattere l'evasione fiscale, ma la verità è che ci riesce solo in parte. Ad esempio, nel 1992 l'evasione era pari al 12,9 per cento del PIL e oggi siamo al 14, 8: dunque, è strutturale. La soluzione è, per forza di cose, nel federalismo fiscale, in modo da ottenere una più forte contrapposizione di interessi. L'articolo 119 della Costituzione prevede che comuni, province e regioni dispongano di una compartecipazione al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio. Se il mio vicino di casa evade, mi danneggia, e dunque c'è la contrapposizione di interessi.
Pertanto chiediamo al Governo, oltre alle iniziative certamente utili da lei riferite, di presentare al Parlamento la relazione sul lavoro svolto dall'Alta commissione di studio per la definizione del federalismo fiscale, come previsto dalla legge, nonché una relazione sugli indirizzi e sui tempi previsti per l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, che prevede che comuni, province e regioni dispongano di una compartecipazione sui tributi riferibili al loro territorio.
La seconda, una rapida definizione dell'intesa con la regione Sardegna sull'adeguamento della compartecipazione IVA, per un ammontare non inferiore ai quattro decimi di quella riscossa attualmente nell'isola. La terza è la restituzione a carico dello Stato del debito di 3200 milioni di euro assunto dalla regione nel corso del suddetto arco temporale per far fronte all'incremento delle spese di funzionamento.
Per quanto riguarda la prima questione, i dati ai quali fanno riferimento gli interroganti sono tratti da un'analisi effettuata dal Dipartimento politiche fiscali a fini di studio, che prescindeva dal considerare le regole normative di attribuzione del gettito stabilite, tuttora in vigore, dall'articolo 8 dello Statuto della Sardegna. La predetta analisi ha dunque operato secondo criteri puramente statistici una ripartizione del gettito nazionale dell'IRPEF fra le regioni sulla base dei contribuenti residenti in ciascuna regione. Sul piano normativo spetta, invece, una quota, i sette decimi, del gettito IRPEF che risulta riscosso nel territorio della regione medesima senza alcun riferimento al gettito riconducibile ai contribuenti residenti nell'isola. Lo scostamento quantitativo fra il gettito IRPEF ufficialmente attribuito alla Sardegna dagli uffici del Ministero ed il gettito teorico, secondo lo studio indicato dagli interroganti, può dunque spiegarsi
Fermo quanto sopra, il Dipartimento politiche fiscali assicura comunque l'esecuzione di approfondite verifiche bilaterali per individuare eventuali anomalie che dovessero comunque risultare nella quantificazione del gettito IRPEF da attribuire alla Sardegna sulla base dell'attuale Statuto della Sardegna. In ordine all'IVA il Dipartimento ha evidenziato che le quote variabili attribuite alla regione sono state definite sempre tramite intesa con la medesima regione e che è tuttora in corso l'istruttoria relativa alla determinazione delle quote variabili per il 2004 ed il 2005, secondo le procedure dello Statuto, che correla la determinazione della quota di cui trattasi alle spese necessarie per lo svolgimento delle funzioni normali della regione. Tale quantificazione prescinde, quindi, dall'andamento del gettito IVA essendo invece connessa alla dinamica delle predette spese regionali, per le quali è in atto il confronto con le analoghe voci di spesa sostenute dallo Stato nel medesimo periodo.
Nelle more del raggiungimento dell'intesa, come richiesto dalla regione, verranno corrisposte in via provvisoria le quote variabili 2004-2005 nella misura pari alla quota variabile 2003. Quote variabili che sono già state considerate nell'accordo raggiunto con la regione relativo al patto di stabilità 2005.
Per quanto infine riguarda la restituzione del debito assunto dalla regione, il Dipartimento, premesso che risulta al di fuori del quadro normativo di riferimento la possibilità per la regione di indebitarsi per far fronte a spese di funzionamento, è evidente che non è possibile porre a carico del bilancio dello Stato un'eventuale somma che allo stato attuale, per le predette ragioni non è possibile quantificare.
Penso che il Governo sbagli a dare questo tipo di interpretazione. Su questo terreno la regione porterà avanti una rivendicazione che, inevitabilmente, provocherà un conflitto con l'intervento di un giudizio anche della Corte costituzionale. Sull'IVA, caro ministro, ci ha raccontato una bugia, come spesso si fa quando si discute e si risponde di queste cose: non c'è assolutamente l'intesa, prescritta dallo Statuto, tra la regione e lo Stato. Lo Stato ha unilateralmente stabilito di formulare un primo acconto, ma «come si sa» è soltanto una decisione unilaterale.
Su questo terreno, fra l'altro, il conflitto, come lei sa, è sostenuto dall'intero arco delle forze politiche della regione.
Siamo ormai alla fine dell'anno, i contributi da erogare agli istituti culturali, previsti dalla legge finanziaria, sono necessari, in quanto questi istituti devono procedere alla chiusura dei loro bilanci. Gli istituti culturali, oggetto della mia interrogazione, fondamentali per la vita culturale del paese, in questo momento si trovano allo stremo delle forze, si sono indebitati e non pagano da molti mesi gli stipendi ai loro dipendenti. Tutto ciò avviene a causa di un ritardo che trovo assolutamente inaccettabile dal punto di vista delle corrette procedure a cui uno Stato, a mio avviso, dovrebbe ottemperare.
È noto, infatti, che se entro pochi giorni il ministro dell'economia e delle finanze non firma questo decreto, se già non lo ha firmato - decreto il cui iter è stato già completato per quanto di competenza del Ministero per i beni e le attività culturali - saremo costretti a rinviare tutto al 2006 e ciò causerà danni assolutamente gravi, con il conseguente rischio di una possibile chiusura di istituzioni che rappresentano il più grande patrimonio culturale del nostro paese.
Signor ministro, la ringrazio anticipatamente e spero che la risposta che ella fornirà sia positiva.
Il provvedimento in questione è stato quindi perfezionato sia per quanto di competenza del Ministero per i beni e le attività culturali sia per quanto di competenza della Ragioneria generale dello Stato. Come l'onorevole interrogante ha evidenziato, manca soltanto la firma del ministro dell'economia e delle finanze che immagino avverrà - con questo concordo pienamente con l'onorevole Gerardo Bianco - il più presto possibile al fine di permettere, già nel corso di questo anno, di far pervenire a questi istituti culturali le somme dovute evitando che ciò slitti all'anno prossimo.
Come l'onorevole interrogante sa bene, le risposte fornite durante il question time sono date in maniera immediata. Nel tempo a mia disposizione, quindi, ho avuto la possibilità di verificare lo stato della pratica. Mi riservo, comunque, di conferire con il ministro dell'economia e delle finanze affinché l'atto mancante, cioè la sua firma, possa essere apposta, ripeto, il più presto possibile.
La gran parte della storia dell'ultimo cinquantennio, la storia di quella prima Repubblica che ci accomuna, signor ministro, la storia importante della creazione dello Stato democratico nel nostro paese, è gestita dai predetti istituti, i quali posseggono biblioteche in cui è custodita documentazione di grande rilievo.
Peraltro, essi coprono anche un deficit esistente - ahimè - nelle università italiane, perché formano giovani archivisti e bibliotecari che sono molto importanti per il tessuto culturale del nostro paese.
Potrei dilungarmi, ma credo che lei, signor ministro, conosca le attività degli istituti in questione. Quindi, la ringrazio e penso che la parola del ministro Giovanardi varrà a garantire ...
Oltre alle visioni pitagoriche e numeriche che ha il ministro Tremonti, c'è anche il problema delle scuole filosofiche e storiche, che lui dovrebbe rispettare.
Comunque, la ringrazio, signor ministro, e rimaniamo fiduciosi (Applausi).
C'è un'applicazione poco puntuale ed accorta dell'aliquota IVA relativa alla somministrazione di gas metano per uso domestico. Infatti, se si utilizza il gas metano per riscaldare acqua e cuocere cibi, l'aliquota è quella agevolata del 10 per cento, mentre, se lo si utilizza per riscaldamento domestico, l'aliquota è quella ordinaria del 20 per cento. Orbene, nei periodi in cui non viene usato il riscaldamento, l'aliquota applicata è sempre del 20 per cento e ciò determina sicuramente un aggravio per le famiglie.
Pertanto, vorremmo sapere come il Governo intenda risolvere un inconveniente che pesa sull'economia delle famiglie italiane.
L'aliquota IVA è del 20 per cento per riscaldamento per uso domestico e del 10 per cento, invece, per cottura di cibi e produzione di acqua calda. L'amministrazione finanziaria ha costantemente ritenuto che, in caso di consumo promiscuo (per cottura cibi e produzione di acqua calda e per riscaldamento) tutto vada assoggettato all'aliquota del 20 per cento. Ciò in quanto non risulta possibile determinare in misura certa ed oggettiva l'esatta quantità del consumo agevolato (che vada in una direzione o nell'altra), fatta eccezione per il caso in cui vengano installati distinti contatori che contabilizzino separatamente i consumi agevolati rispetto a quelli non agevolati (quindi, riscaldamento da una parte, cottura cibi e acqua calda dall'altra).
Tale interpretazione poggia sulla considerazione che l'aliquota agevolata IVA, derogando alla disciplina generale dell'assoggettamento all'aliquota ordinaria, può trovare applicazione solo in presenza degli specifici presupposti richiesti dalla legge, vale a dire con riferimento ai consumi domestici di gas riconducibili in modo certo a quelli di cui alla tariffa «T1». Da ciò discende che una contabilizzazione dei consumi che faccia riferimento a criteri meramente presuntivi di distinzione di quelli agevolati rispetto a quelli non agevolati non consente l'applicazione dei benefici.
Con riferimento alla questione in esame, l'Agenzia delle entrate ha chiarito che dai limiti posti all'accensione dei riscaldamenti in certi periodi dell'anno non deriva la conseguenza che i consumi di gas in tali periodi siano da imputare in modo certo ed oggettivo alla cottura di cibi e produzione di acqua calda di cui alla tariffa agevolata «T1».
In conclusione, l'Agenzia delle entrate ritiene che l'aliquota IVA del 10 per cento possa e debba trovare applicazione nei confronti degli utenti che abbiano sottoscritto un contratto per la fornitura del gas per uso cottura cibi e produzione di acqua calda di cui alla tariffa contrattuale «T1». In presenza di utenti che hanno sottoscritto un diverso contratto, tale aliquota ridotta sarà applicabile esclusivamente in presenza di distinti contatori, la cui installazione consente di individuare in modo certo il consumo di gas ad aliquota agevolata.
Notizie di stampa hanno, peraltro, dato evidenza alla recentissima sentenza con la quale la Corte di Cassazione ha escluso che il beneficio in esame (IVA al 10 per cento) possa applicarsi distinguendo i consumi dell'utente anche su base stagionale. La Suprema Corte ha, pertanto, ritenuto corretta l'applicazione, da parte della società fornitrice di gas, dell'aliquota del 20 per cento, atteso che il trattamento fiscale di favore sul gas domestico discende esclusivamente dalla tipologia contrattuale di utenza e di impianto. Quindi, credo che la strada da seguire sia quella della differenziazione del contatore, naturalmente applicando l'aliquota agevolata del 10 per cento ai consumi di cibo e di acqua calda, purché siano distinguibili dai consumi derivanti dal riscaldamento.
Il problema dell'utilizzazione di due contatori comporta, tuttavia, la sottoscrizione di due contratti. Ciò significa, comunque, un aggravio per le famiglie.
Con riferimento alle società titolate a gestire la fornitura del gas metano, da parte del Governo ci aspettiamo indicazioni diverse rispetto a quanto ha dichiarato
Alla luce di questi aggravi che si vanno ad aggiungere sulla bolletta, il costo del gas metano assume una rilevanza fondamentale sul bilancio delle famiglie.
Nel prendere atto della risposta del ministro, solleciterei il Governo a fornire indicazioni diverse, affinché le famiglie, specialmente quelle monoreddito, non siano oltremodo sovraccaricate, fino al punto da non essere in grado di distinguere l'incidenza del consumo del gas per il riscaldamento da quella derivante dal consumo del gas per la cottura dei cibi.
Chiediamo se il Governo, al fine di facilitare il completamento degli investimenti inseriti nei Patti territoriali e contratti d'area e finanziati con la legge n. 488 del 1992, nonché di rendere omogenee le normative agevolative, non ritenga opportuno adottare iniziative normative volte a prevedere la proroga dei termini e lo scostamento occupazionale del 30 per cento.
Per il mancato raggiungimento dell'obiettivo, il regolamento impone la revoca totale delle agevolazioni qualora vi sia uno scostamento occupazionale superiore al 30 per cento e la norma appare ancora più severa ove si consideri che le necessità occupazionali di un'impresa non possano essere ritenute immutabili rispetto a dati meramente previsionali, che, per un'impresa sana, debbono rispondere esclusivamente alle esigenze effettive dell'impresa.
Al fine di risolvere positivamente la richiesta di modifica delle norme di cui sopra, il Ministero delle attività produttive ha proposto un articolo da inserire fra gli emendamenti al disegno di legge finanziaria.
L'articolo proposto è sollecitato dalle imprese, nonché dai responsabili a livello locale delle misure e con questi ultimi è stato concordato. In particolare, la proposta prevede che il Ministero delle attività produttive proceda alla revoca totale delle agevolazioni solo nel caso in cui lo scostamento verificatosi sia superiore all'80 per cento in diminuzione e proceda, invece, ad una riduzione delle stesse (nel limite massimo del 50 per cento) proporzionata allo scostamento verificatosi.
In caso di riduzione degli investimenti, il ministro delle attività produttive procede anche ad un adeguamento proporzionale dell'obiettivo occupazionale, in quanto sarebbe
Per le iniziative che risultino realizzate perlomeno al 50 per cento, il Ministero delle attività produttive potrà concedere un differimento di dodici mesi rispetto ai tempi già concessi per la realizzazione.
Per le iniziative che si trovino in uno stato di impasse, in relazione all'impossibilità o inopportunità di proseguire le stesse per cause connesse a mutate esigenze economiche, il Ministero delle attività produttive consentirà modifiche dell'indirizzo produttivo originariamente indicato e sortirà l'effetto di sostituire iniziative non più attuali e confacenti al territorio, ovvero non più realizzabili da parte delle imprese, con iniziative in settori più consoni.
L'ufficio legislativo del Ministero dell'economia e delle finanze preferirebbe procedere attraverso non un emendamento, ma una specifica modifica del regolamento n. 320 del 31 luglio 2000. La strada dell'emendamento era stata diversamente scelta dal Ministero delle attività produttive in quanto ritenuta più veloce, considerato che la modifica al citato regolamento comporta tempi più lunghi, prevedendo necessariamente l'acquisizione di un parere del Consiglio di Stato.
Considerata comunque la necessità di addivenire ad una positiva risoluzione del problema nei termini indicati, il Ministero delle attività produttive ha avviato, parallelamente all'emendamento (e alla legge finanziaria in evoluzione, dunque tutte e due le strade sono aperte), la predisposizione della modifica del regolamento n. 320 del 2000 e, nel caso in cui l'emendamento non dovesse trovare collocazione nella legge finanziaria, lo stesso ministero si è impegnato a seguire l'iter per l'approvazione della modifica al regolamento al fine di una quanto più rapida possibile conclusione nel senso auspicato dall'onorevole Degennaro.
D'altra parte, l'andamento dei prezzi, dopo alcune campagne particolarmente negative, sta dando segnali di ripresa, con un migliore equilibrio delle condizioni di mercato, per cui non può ipotizzarsi una situazione eccezionale che possa legittimare l'apertura del contingente in questione.
Chiediamo al ministro interrogato se non ritenga, al fine di salvaguardare la nostra produzione di olio di oliva, di svolgere in sede comunitaria ogni più tempestiva ed efficace azione affinché sia evitata o sospesa un'eventuale decisione di aprire un contingente di importazione di olio di oliva in Europa.
Non appena manifestata questa intenzione da parte dei servizi comunitari, la delegazione italiana in sede di comitato di gestione materie grasse ha espresso la propria contrarietà all'ipotesi rappresentata, coinvolgendo altresì in questa posizione anche la delegazione di altri paesi produttori.
Il ministro Alemanno, a tutela degli interessi dell'Italia, nell'ambito del Consiglio dell'agricoltura dell'Unione europea del 25 ottobre, è intervenuto con forza avverso l'ipotesi della Commissione di apertura di un contingente di importazione di olio di oliva dai paesi terzi a dazio zero.
La Commissione, che nel frattempo sta monitorando l'andamento del mercato e raccogliendo nuovi elementi, si è riservata di valutare le argomentazioni prospettate dal Governo italiano. Allo stato, comunque, non vi sono segnali del fatto che la Commissione possa riproporre a breve la possibilità di un'apertura di un contingente di olio di oliva.
Si assicura che il Ministero delle politiche agricole e forestali continuerà a seguire con la massima attenzione l'evoluzione del mercato e le stesse intenzioni della Commissione, ribadendo la posizione già espressa sia in sede di comitato di gestione materie grasse sia nell'ambito del Consiglio; ciò, al fine di contrastare qualsiasi ipotesi che possa in qualche modo danneggiare le nostre produzioni.
La risposta che egli ha dato alla nostra interrogazione sicuramente è tranquillizzante, perché conferma la volontà del Governo di salvaguardare le produzioni agricole italiane, in particolare quella dell'olio di oliva. Quindi, siamo pienamente soddisfatti; l'occasione, però, è propizia per sollecitare il Governo, a nome di Alleanza nazionale, a proseguire e possibilmente incrementare la proficua e precisa attività di salvaguardia dei prodotti agroalimentari di qualità.
È necessario, pertanto, che si prosegua su tale linea; con questo auspicio, ritengo di poter concludere il mio intervento, ringraziando ancora una volta il Governo per la particolare attenzione rivolta al mondo dell'agricoltura.
Dunque, vogliamo chiederle, ministro, se non ritenga di dover adottare iniziative per introdurre misure quali l'istituzione della cittadinanza di residenza, un unico punto di coordinamento nel Governo per l'immigrazione, la chiusura dei centri di accoglienza temporanea e la nascita di osservatori sulle discriminazioni, per perseguire una reale integrazione dei lavoratori immigrati e dei loro figli.
Onorevole Bellillo, anche noi riteniamo molto grave quanto è successo e sta succedendo in Francia e quanto è accaduto in Inghilterra, dove giovani, nati in Inghilterra da immigrati, hanno collocato delle bombe, manifestando quindi atteggiamenti che hanno sorpreso sfavorevolmente l'opinione pubblica. È chiaro che l'Europa ha bisogno di una politica unitaria per l'immigrazione, che deve essere impostata, proprio per evitare che, in ipotesi anche in Italia, accadano in futuro gli avvenimenti verificatisi in Inghilterra ed in Francia, su tre linee di fondo, individuate dal nostro Governo durante il semestre di Presidenza dell'Unione europea: l'aiuto ai paesi in via di sviluppo; il contrasto all'immigrazione clandestina ed al traffico di esseri umani; l'integrazione degli immigrati regolari, nel rispetto della nostra cultura e delle nostre peculiarità nazionali.
Sotto quest'ultimo profilo, si ricorda la regolarizzazione di 700 mila lavoratori stranieri - naturalmente, collegata all'esistenza di un contratto di lavoro - che, operata da questo Governo, non ha precedenti in Europa per dimensioni, complessità degli adempimenti e tempi di realizzazione. Una vera politica dell'immigrazione non può limitarsi a scelte meramente difensive, ma deve guardare oltre il binomio tra il contrasto e la regolarizzazione; deve saper costruire quelle simmetrie tra diritti e doveri che aprono la porta all'integrazione a quanti vengono da noi per lavorare nel rispetto delle nostre leggi e dei nostri valori.
Sul piano dell'accoglienza, è stata anche ridefinita e velocizzata la procedura relativa all'esame delle domande di asilo; per favorire il processo di integrazione, nel corso del semestre di Presidenza italiana dell'Unione, il ministro dell'interno ha posto all'ordine del giorno dei venticinque ministri omologhi il tema del dialogo interreligioso, inteso come fattore di coesione sociale nei paesi europei a forte immigrazione islamica e come strumento per la costruzione della pace nell'area del Mediterraneo. A seguito di tali iniziative, il Consiglio europeo ha fatto propria la Dichiarazione sul dialogo interreligioso e sulla coesione sociale, adottata dai ministri dell'interno nella Conferenza di Roma dell'ottobre 2003; quel documento è stato prima inserito nel Piano di azione europeo per la lotta al terrorismo varato dopo Madrid e, più di recente, nella Dichiarazione congiunta Europa-Stati Uniti sul terrorismo.
Sul piano interno, il Ministero dell'interno ha sviluppato gli indirizzi contenuti nella citata dichiarazione, fornendo orientamenti e indicazioni a tutti i prefetti della Repubblica nel settembre del 2004. Sulla Gazzetta ufficiale del 26 ottobre scorso, è stato pubblicato il decreto del ministro dell'interno che istituisce la consulta per l'islam italiano, la quale svolgerà funzioni esclusivamente consultive, esprimendo pareri e formulando proposte sulle questioni indicate dal ministro dell'interno, il quale a breve procederà alla nomina dei suoi componenti.
Il Governo ha inoltre promosso la costituzione di un comitato interministeriale contro la discriminazione e l'antisemitismo, che opera presso il Ministero dell'interno.
Il comitato avrà il compito di vigilare sui pericoli di regressione verso forme di intolleranza, razzismo, xenofobia ed antisemitismo, nonché di individuare tutte le misure necessarie per contrastare ogni comportamento ispirato ad odio religioso o razziale in un paese, come l'Italia, dove ormai vivono più 120 etnie diverse, provenienti da tutte le parti del mondo (dall'Africa, dall'Asia e dall'America latina) e con culture differenti.
I lavoratori immigrati, infatti, tendono più di altri a subire condizioni di particolare debolezza sociale, culturale e contrattuale all'interno di un modello di sviluppo del mercato del lavoro e dello Stato sociale che tende più ad escludere che ad integrare. Vorrei citare, a tale riguardo, la legge n. 30 del 2003, la riforma della scuola e quella della sanità.
Le vostre politiche sono sostenute da un'ispirazione e da una cultura razziste, che alimentano lo stereotipo dell'immigrato delinquente, che è falso ed infondato, ma funzionale ai vostri obiettivi, per dividere noi da loro ed i lavoratori tra di loro. C'è bisogno di un cambiamento radicale, innanzitutto in sede di legge finanziaria, ma delle poche risorse che si prevedono, il 72,5 per cento è diretto a finanziare azioni di contrasto, mentre solo il 27,5 per cento è destinato alle politiche di sostegno.
Allora, occorre invertire la rotta. Bisogna chiudere questi centri di permanenza temporanea, che rappresentano una vergogna - perché sono dei moderni lager -, per investire, invece, sui servizi per l'integrazione, sui servizi sociali, sulla scuola e sulla casa. Infatti, signor ministro, l'emergenza abitativa, che ormai colpisce molti italiani, è gravissima, ma lo è ancor di più per i cittadini stranieri, che sono clienti di un mercato immobiliare parallelo, che riserva loro gli alloggi maggiormente precari e degradati, a prezzi spesso doppi rispetto a quelli di mercato!
Deve tuttavia sapere, signor ministro, che nell'opinione pubblica nazionale la percezione del fenomeno migratorio è cambiata profondamente. Ciò perché quasi un milione di stranieri, soprattutto donne che lavorano nelle nostre case e nelle nostre famiglie, ed alle quali affidiamo un lavoro prezioso e delicato di cura dei nostri figli, o dei nostri genitori anziani, ha prodotto una conoscenza diretta ed una compenetrazione che sta contribuendo ad abbattere barriere e pregiudizi, consegnandoci un'opinione pubblica ed un senso comune sicuramente più maturi e positivi.
Sospendo pertanto la seduta.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono centoquattordici, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ricordo che questa mattina si sono svolti gli interventi sul complesso degli emendamenti e che sono stati espressi i pareri da parte del relatore e del Governo.
Dovremmo ora passare ai voti.
Apprezzate le circostanze ed anche sulla base delle intese intercorse tra i gruppi parlamentari, rinvio ad altra seduta il seguito dell'esame.
Signor ministro, onorevoli colleghi, abbiamo il dovere di indagare sino in fondo quali effetti ha prodotto l'istituzione dei centri di permanenza temporanea e di assistenza, che condizione hanno sperimentato gli immigrati che vi hanno fatto ingresso, quale funzione hanno (Commenti)...
Signor Presidente, posso chiedere un po' di silenzio all'Assemblea?
Signor ministro, riteniamo che anche lei, come noi, si sia soffermato a riflettere sui limiti di una legislazione e di un'azione di contrasto all'immigrazione clandestina che ha prodotto nel nostro paese ulteriori luoghi di detenzione dove il diritto resta sospeso.
I centri di permanenza temporanea e di assistenza, nell'idea originaria, quella della legge Turco-Napolitano, dovevano servire ad ospitare i clandestini in attesa di espulsione e dovevano assicurare loro l'assistenza sanitaria e giuridica, attraverso un difensore d'ufficio, la presenza di ministri di culto, di interpreti, di mediatori culturali, la libertà di incontro e di corrispondenza. Insomma, il pieno rispetto dei diritti fondamentali, fermo restando il divieto di allontanamento dai centri stessi.
Signor ministro, questi non sono i centri che ci ha descritto Fabrizio Gatti nel suo reportage su L'Espresso, e la testimonianza
Non si possono risparmiare alla legge Bossi-Fini specifiche responsabilità sulla degenerazione dei centri. Noi respingiamo tutto l'impianto di quella legge, che è rimasto l'unico strumento adottato dal Governo in materia di immigrazione, uno strumento calibrato esclusivamente su un'impostazione repressiva, su una logica di difesa sociale dall'immigrato, su un sospetto diffuso verso lo straniero.
La proroga dei provvedimenti di trattenimento fino a 60 giorni (precedentemente se ne prevedevano 30) è diventata la regola. La permanenza nei centri è uno strumento generalizzato, che non assolve soltanto alla procedura di espulsione dei clandestini.
Intanto, signor ministro, ci dice molto lo scarto esistente tra il numero degli immigrati rinchiusi ogni anno nei centri e quello più modesto degli immigrati che sono effettivamente accompagnati alla frontiera.
Il 10 marzo 2004, rispondendo ad una nostra interrogazione a risposta immediata in Commissione affari costituzionali, il sottosegretario D'Alì ci diceva che, nel corso del 2003, il numero di stranieri trattenuti presso i centri di permanenza temporanea e di assistenza è stato di 13.863 unità. Gli stranieri effettivamente rimpatriati sono stati 7.012 (quasi la metà); quelli dimessi dai centri perché non identificati allo scadere dei termini sono stati 3.688; quelli dimessi per altri motivi (di salute, gravidanza, regolarizzazione ed altro) sono stati 1.638, mentre 225 si sono allontanati arbitrariamente. Cinquecentodiciassette stranieri hanno richiesto asilo, 171 sono stati arrestati, 8 sono stati espulsi a titolo di sanzione sostitutiva della detenzione; e ci sono stati 622 provvedimenti di trattenimento non convalidati.
Faccio presente, signor ministro, che abbiamo chiesto questi dati, perché non ci è dato conoscere, dal 2002, quali sono i numeri relativi alle situazioni dei centri di permanenza temporanea e di assistenza.
Ciò che è grave, signor ministro - e questi dati lo dicono - è che ormai i centri sono utilizzati per rinchiudere anche gli immigrati che hanno necessità diverse, necessità di soccorso. Nei centri sono rinchiusi i richiedenti asilo e, insieme a loro, transitano nei centri gli immigrati che escono dal carcere, perché hanno espiato la pena o perché non ci sono più esigenze cautelari. Ci sono donne ospitate in centri dove non c'è l'assistenza di personale femminile.
Signor ministro, nella nostra interpellanza le abbiamo rivolto delle richieste molto precise. La prima: crediamo che il Parlamento debba avere la possibilità di indagine sulle condizioni dei centri. Abbiamo il dovere di verificare gli effetti delle leggi che adottiamo, di verificare come quelle leggi siano applicate, soprattutto, come sono gestite sul piano amministrativo. I parlamentari devono conoscere le condizioni reali dei centri, e non quelle apparenti, quelle che si vogliono far loro vedere.
Le chiediamo su questo collaborazione, signor ministro. Le chiediamo di rendere pubblici i dati sul numero delle permanenze nei centri, sul loro rapporto con le espulsioni e per quale motivo gli immigrati transitano nei centri.
Possiamo ancora conoscere, per suo tramite, i risultati dell'inchiesta avviata dopo il reportage di Gatti? Sono stati riferiti in quel reportage fatti e circostanze molto gravi e comportamenti gravi messi in atto anche dagli operatori. Tutto ciò ha scosso l'opinione pubblica. Noi non abbiamo motivo, signor ministro, di mettere la polvere sotto al tappeto.
Le chiediamo, inoltre, di dirci cosa intende fare affinché i centri di permanenza temporanea e di assistenza - abituiamoci a chiamarli «di assistenza» -
L'Isola di Lampedusa costituisce oggi il principale approdo degli immigrati clandestini che arrivano in Italia via mare. Azzerati i flussi tra Albania e Turchia verso Puglia e Calabria, gli sbarchi avvengono, ormai da tempo, solo su quell'isola e sulle coste siciliane.
Per avere un l'idea dell'andamento del fenomeno, nel 2002 gli arrivi illegali sono stati quasi 24 mila, nel 2003 erano scesi di oltre il 40 per cento e nel 2004 si erano ridotti ulteriormente.
Proprio l'anno scorso, tuttavia - molti colleghi lo ricorderanno -, ritenni doveroso avvertire il Parlamento e l'opinione pubblica che i flussi migratori verso il nostro paese sarebbero inesorabilmente aumentati. Si profilava, infatti, una concomitanza di fattori (carestie, altre calamità naturali, instabilità politiche), che, sommandosi agli alti tassi di natalità, avrebbero ulteriormente aggravato le già penose condizioni di vita di intere popolazioni africane, specialmente quelle del Sub-Sahara e del Corno d'Africa.
Parlai così di moltitudini pronte a tentare la traversata del deserto e del Mediterraneo, ma raccolsi poca attenzione e qualche ironia.
Non molti mesi dopo, dal Sub-Sahara e dal Corno d'Africa ha cominciato ad alzarsi un'ondata migratoria così ampia e tumultuosa da travolgere le limitate capacità di contenimento di alcuni paesi nordafricani e, per quanto direttamente ci riguarda, da mettere a durissima prova quelle della Libia.
Da qui sono derivati la recrudescenza degli sbarchi a Lampedusa e sulle coste siciliane e anche i disperati assalti alle doppie muraglie di filo spinato che difendono Ceuta e Melilla, le due enclaves spagnole in Marocco.
Negli ultimi mesi, tuttavia, non abbiamo assistito soltanto ad una ripresa quantitativa del fenomeno.
È emersa anche una più spregiudicata capacità di manovra delle organizzazioni criminali nella gestione del traffico di esseri umani cosicché, cambiando i luoghi di sbarco, le modalità di approdo e la grandezza delle imbarcazioni, sono anche cresciuti i prezzi di trasporto e, purtroppo, i rischi di vita dei migranti.
Questo scenario è reso ancor più inquietante da altre due circostanze: la prima è che gli immigrati clandestini vengono accuratamente istruiti dalle bande criminali presenti anche in Libia e, spesso, indotti a comportamenti aggressivi o, comunque, illegali. La seconda circostanza è che cresce continuamente il numero dei minori non accompagnati: quest'anno siamo già oltre 500, quasi tutti egiziani, e ciò fa temere un fenomeno di tratta su vasta scala. Lo sfruttamento dei clandestini, insomma, si fa sempre più spietato e disumano.
Il centro di Lampedusa rappresenta l'estremità meridionale del nostro sistema di controllo dell'immigrazione. Costituito nel luglio del 1998 come centro di permanenza temporanea e assistenza, nel 1999 esso ricevette in tutto 356 persone. Nei primi dieci mesi di quest'anno ne ha già accolte oltre 11 mila, ma sarebbe il caso di dire che è stato «invaso» da oltre 11 mila persone. La gestione della struttura è affidata alla Confraternita delle Misericordie d'Italia con cui la prefettura di Agrigento stipula apposite convenzioni biennali, sulla base di linee guida definite dal Ministero dell'interno, linee guida che sono state via via nel tempo migliorate in direzione della più adeguata accoglienza dei migranti. Nel centro opera anche l'organizzazione
Il vertiginoso aumento degli arrivi ha fatto sì che oggi il centro svolga principalmente funzioni di soccorso e prima accoglienza, oltre ad essere utilizzato per le procedure di identificazione e per lo smistamento degli immigrati clandestini verso altre destinazioni. La sua capacità ricettiva è di sole 186 persone e, poiché sull'isola non vi sono altri edifici disponibili, se gli sbarchi crescono rapidamente ed a dismisura l'intero apparato entra, ovviamente, in crisi, pregiudicando il rispetto delle condizioni ordinarie in fatto di igiene, sicurezza e gestione amministrativa. In questi casi, quando cioè nel giro delle 24-48 ore l'afflusso supera la capienza massima anche di cinque-sei volte, il centro può funzionare soltanto come un ricovero di fortuna, con gravi inconvenienti per i migranti, per gli operatori sociali e per le forze dell'ordine.
Voglio, tuttavia, sottolineare ancora una volta che, nonostante le ripetute situazioni di emergenza verificatesi negli ultimi anni a Lampedusa come altrove, ma soprattutto a Lampedusa, l'azione amministrativa nei confronti degli immigrati è stata sempre condotta con umanità e considerazione attenta per ogni situazione giuridica soggettiva.
Fino ad oggi, neppure nei momenti di peggiore sovraffollamento, nessuno, né tra gli immigrati né tra gli operatori del centro, ha mai segnalato - ripeto, ha mai segnalato -, in maniera circostanziata, atti di violenza o abusi di qualsiasi genere: situazione di disagio «si», atti di violenza «no»!
Dopo il noto servizio del settimanale L'Espresso, ho disposto severi accertamenti. Non è emerso nulla che possa configurarsi come atto di violenza. Ora, vi è solo da attendere serenamente il giudizio della magistratura che, a quanto mi risulta, anche in queste ore sta procedendo nei suoi lavori. Attendo anch'io, con estremo interesse, le conclusioni del magistrato. Ma sono anche convinto che esse non saranno lontane dalle conclusioni a cui, con indagini diverse, sono arrivati il prefetto di Agrigento ed un alto ufficiale dell'Arma dei carabinieri.
Restano, comunque - lo ripeto - i disagi gravissimi ed umanamente inaccettabili, dovuti al sovraffollamento, ma - come dirò successivamente - a quelli, già da due anni, abbiamo cercato di porre riparo.
Egualmente inaccettabili mi appaiono i giudizi sommari ed infamanti sul conto degli operatori delle Forze dell'ordine e del volontariato (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia), i quali, spesso, in condizioni difficilissime, prestano servizio presso i centri di permanenza temporanea.
Ancor meno accettabili sono le accuse di insensibilità rivolte ad un paese come il nostro che, ogni anno, salva migliaia di vite umane, spingendo i suoi mezzi navali ad oltre 70 miglia dalle proprie coste, mentre altri non vedono e non sentono!
Con serena coscienza, posso affermare, rispondendo ad un'altra delle questioni che, con tanto garbo, mi sono state sollevate, che a tutti i migranti vengono assicurati assistenza medica, vitto, vestiario, altri beni di prima necessità (compresa una tessera telefonica) ed informazioni in più lingue sui diritti previsti dalle nostre leggi e dalla Convenzione di Ginevra.
I gruppi familiari vengono ricongiunti; a tutti è data la possibilità di esporre la propria situazione personale e di chiedere asilo politico, facendo conoscere le persecuzioni eventualmente sofferte nel paese di origine.
Ricordo - «a braccio» - all'onorevole collega che, di tutti i richiedenti asilo, il 60 per cento si dilegua subito dopo la presentazione della richiesta. Del rimanente 40 per cento, solo l'8 o 9 per cento - è una media non italiana, ma europea - risulta avere titolo per ottenere l'asilo, mentre gli altri ottengono altre forme di protezione umanitaria. Voglio, pertanto, sottolineare
Quindi, chi si ostina a denunciare fantomatiche espulsioni collettive o a lamentare inesistenti compressioni del diritto di asilo o di protezione umanitaria deve sapere che, così facendo, non solamente causa un danno morale al nostro paese, ma alimenta un clima di ostilità nei confronti degli operatori sociali e delle Forze dell'ordine.
Un clima del quale approfittano anche con allarmante frequenza i clandestini più aggressivi, come dimostra - per citare l'ultimo esempio - il tentativo di fuga sull'autostrada Palermo-Catania che ha comportato il ferimento di numerosi poliziotti e il danneggiamento grave di alcuni mezzi della stessa polizia.
In ogni caso, intendo ribadire che l'Italia, a differenza di altri paesi europei, non è mai stata condannata dalla Corte di Strasburgo per violazione della Convenzione sui diritti dell'uomo e, in particolare, delle norme che proteggono gli stranieri soggetti ad espulsione.
La Corte ha invece sospeso - ho ben presente questa denuncia -, con una pronuncia di carattere interlocutorio, i provvedimenti di allontanamento da noi adottati nei confronti di 11 immigrati irregolari sbarcati a Lampedusa. Ma quella sospensione è tutt'altro che una condanna perché, com'è noto, per instaurare un giudizio vero e proprio davanti alla Corte, i ricorrenti devono prima esperire tutte le vie previste dall'ordinamento nazionale, in questo caso dall'ordinamento italiano. A quanto risulta, nessuno di questi 11 immigrati ha finora fatto nulla in questa direzione. Eppure, anche su tale episodio vengono montate accuse false ed infamanti.
Chiedo scusa per la lunga premessa, ma mi sembrava doveroso svolgere queste considerazioni per inquadrare correttamente la tematica affrontata dall'onorevole Violante.
Vengo dunque ai quesiti specifici che nell'interpellanza in oggetto mi vengono rivolti.
A seguito delle polemiche sollevate dall'articolo de L'Espresso e dopo aver appreso della presentazione dell'interpellanza, lo scorso 17 ottobre mi sono personalmente recato a Lampedusa per ispezionare il centro ed incontrare il sindaco dell'isola, il prefetto di Agrigento e le autorità locali di pubblica sicurezza.
Due giorni dopo abbiamo avviato il lavoro al Viminale, con una conferenza di servizi alla quale hanno preso parte, oltre agli esperti del Ministero dell'interno e della Protezione civile, il presidente della regione Sicilia, onorevole Cuffaro, l'assessore regionale al territorio e all'ambiente, Francesco Cascio e il sindaco di Lampedusa, Bruno Siragusa, che hanno fornito un contributo importante alla soluzione dei problemi che avevamo davanti.
Innanzitutto, abbiamo concordato alcuni interventi immediati rivolti a potenziare e migliorare la ricettività dell'attuale centro di Lampedusa. A tal fine, è stata disposta l'acquisizione di un terreno adiacente alla struttura per costruirvi nuovi servizi igienici ed è stata anche individuata un'altra area dove installare, nei casi di emergenza, una tendopoli destinata ai migranti clandestini in attesa di ulteriore sistemazione.
Si è deciso inoltre di ridimensionare il ruolo del centro, trasformandolo in un centro di soccorso e di prima accoglienza, non più di assistenza e, pertanto, di rinnovare la convenzione con le Misericordie. Si tratta di adeguare la configurazione giuridica del centro alla funzione che, come ho prima affermato, esso è venuto via via assumendo sotto la spinta della crescente ondata migratoria.
In questa ottica sarà potenziato il sistema di trasferimento degli immigrati clandestini, in modo da rispettare sempre una capienza massima di 300 persone. Sarà, inoltre, possibile migliorare l'accoglienza e superare anche talune criticità dell'attuale gestione amministrativa. Onorevoli interpellanti, sottolineo che tali criticità sono state messe in luce dall'accurato rapporto del prefetto di Agrigento.
Insieme a questi interventi di urgenza verrà avviata la costruzione di un nuovo
Inoltre, mentre si accentua la tendenza dei nuovi flussi migratori a differenziare gli approdi sul terreno siciliano, come rivelano anche le cronache odierne, è stato deciso di sviluppare la capacità di accoglienza dell'isola madre con tre distinte iniziative collegate tra di loro: la realizzazione a Porto Empedocle di una tensostruttura per l'attività di soccorso e di prima accoglienza; la ristrutturazione e la riapertura del centro di Agrigento; l'ampliamento e la razionalizzazione del centro di Caltanissetta, che diventerà così una moderna struttura polifunzionale per il controllo dell'immigrazione clandestina.
Consapevole delle difficoltà esistenti e con l'intento di agevolare questo articolato programma, il Governo ha prorogato lo stato di emergenza a Lampedusa, accogliendo una mia specifica proposta. A seguito di ciò, mi accingo anche ora a proporre la nomina di un commissario ad hoc nella persona del prefetto Dionisio Spoliti, uno dei maggiori esperti della materia, che dovrà occuparsi personalmente dell'intera operazione, con poteri direttamente conferitigli dal ministro dell'interno.
Ma se l'immigrazione clandestina via mare continuerà a riproporsi nei termini che sappiamo, non potremo scaricarne tutto il peso sulla sola regione Sicilia, che pure se ne è fatta carico con intelligenza e generosità politica. Purtroppo, il fenomeno procede - e con ben altra intensità - anche per via terra, investendo prevalentemente il centro nord del paese. Perciò tutte le regioni e le comunità locali interessate hanno il dovere di contribuire a fronteggiarlo, prestando attenzione alla dignità umana dei migranti e, non meno, alla sicurezza degli italiani.
Qualche settimana fa, rispondendo ad un'interrogazione che auspicava la chiusura dei centri di permanenza temporanea dissi - e lo ripeto - che vi sono molte ragioni per fare l'esatto contrario, cioè per aumentarne il numero, per potenziarli e per migliorarne la gestione. Senza questi centri, infatti, non potremmo applicare gli Accordi di Schengen, non potremmo distinguere i clandestini dai richiedenti asilo, non potremmo effettuare le espulsioni. Ciò significherebbe far aumentare a dismisura i clandestini ed alimentare così il lavoro nero, la prostituzione e la manovalanza criminale. Significherebbe arrendersi ai negrieri del terzo millennio, che gestiscono e sfruttano l'immigrazione clandestina su scala internazionale. Al contrario, dobbiamo impegnarci, onorevoli colleghi, onorevoli interpellanti, al limite delle nostre possibilità per far funzionare al meglio il sistema dei centri di permanenza temporanea. Non sarò certo io a negarne i limiti e i difetti, poc'anzi li ho denunciati, corrispondendo, almeno in parte, a valutazioni degli interpellanti.
Se non dovessimo riuscire in questa impresa, vale a dire se non dovessimo riuscire a far funzionare bene il sistema dei centri, la situazione precipiterebbe a tal punto da mettere il Governo, qualsiasi Governo, nella condizione di dover scegliere tra anarchia e repressione. Nell'una e nell'altra ipotesi il passo verso le reazioni violente sarebbe purtroppo breve. I rischi crescerebbero se nel frattempo non fossimo riusciti ad evitare l'emarginazione sociale e l'isolamento culturale degli immigrati regolari.
Dunque, il controllo dei clandestini, da un lato, e l'integrazione appropriata dei regolari, dall'altro, sono le due facce di una stessa medaglia, due versanti di una medesima politica. Oggi le periferie italiane non sono certo paragonabili alle banlieue francesi, ma in futuro anche le nostre città avranno di che piangere se non risolveremo questo duplice problema.
Si tenga presente, peraltro, che già oggi in altri paesi europei l'alternativa ai centri di permanenza è esattamente il carcere o il posto di polizia. La scelta dei centri non è, del resto, soltanto italiana, ma anche di Stati come la Francia, la Spagna, il Belgio, il Regno Unito, l'Ungheria, per citare uno
L'intenzione del Governo è di mantenere ferma questa linea, che è meditata e ragionevole, nonostante la furibonda campagna politico-ideologica condotta da associazioni e gruppi diversi che, purtroppo, hanno già aperto la strada agli attacchi eversivi e alle minacce terroristiche. Ricordo, infatti, che negli ultimi due anni si sono registrate sedici iniziative violente contro diversi centri a Torino, Milano, Gradisca d'Isonzo, Modena, Bologna, Foggia, Bari, Lecce e Ragusa. Nello stesso periodo di tempo, oltre alle minacce gravissime contro le Misericordie, si sono avute venticinque manifestazioni ostili verso altri enti e associazioni a vario titolo collegati con la gestione dei centri.
Dispiace, dispiace sinceramente che in questa situazione molti amministratori locali continuino a rifiutare i CPT, i centri di permanenza temporanea, e perfino le proposte di dialogo avanzate dall'amministrazione dell'interno in ordine alle scelte delle sedi e al loro funzionamento. Ed è paradossale che ciò accada mentre le stesse organizzazioni nazionali dei comuni e delle province rivendicano giustamente un ruolo più importante nel governo complessivo dei fenomeni migratori. Sento perciò il dovere di rilanciare qui, di fronte al Parlamento, l'invito al dialogo e alla leale collaborazione su questo delicatissimo problema.
Come vede, onorevole Violante, non sono pochi gli ostacoli che incontriamo nel tentativo di realizzare un numero di centri di permanenza temporanea adeguato alle necessità e ai diritti umani dei migranti. Sono, comunque, sempre più convinto che sia indispensabile una rete nazionale di strutture per l'immigrazione dedicate all'accoglienza temporanea e all'espletamento delle pratiche amministrative connesse all'asilo, alla protezione umanitaria o all'espulsione dei clandestini.
Penso, inoltre, che alla gestione di queste strutture potrebbero utilmente concorrere, oltre che le autonomie locali, anche gli organismi dotati di specifica competenza, come, ad esempio, l'Organizzazione internazionale per le migrazioni o il Consiglio italiano per i rifugiati. Del resto, già oggi l'ANCI, cioè l'Associazione nazionale dei comuni italiani, e l'ACNUR, l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, partecipano alle nostre commissioni territoriali per l'asilo. Vi partecipano per iniziativa di questo Governo, caso questo, se non unico, certamente raro in Europa. Lo stesso Alto commissario, Antonio Guterres, ha voluto testimoniarmi personalmente la sua soddisfazione per questa presenza e ha valutato con favore la mia proposta di installare un focal point dell'ACNUR a Lampedusa. La proposta è stata rivolta anche all'Organizzazione internazionale per le migrazioni e alla Croce rossa italiana, che l'hanno ugualmente accettata. Nel recente colloquio con l'Alto commissario ho riscontrato una larga convergenza di vedute ed, in particolare, ci siamo trovati d'accordo nel valutare del tutto insufficiente la mobilitazione della comunità internazionale di fronte all'impennarsi dei flussi migratori dall'Africa.
Dopo il semestre di Presidenza italiana dell'Unione europea, il problema è ormai stabilmente inserito nell'agenda dei ministri dell'interno e della giustizia; tuttavia, i risultati finora ottenuti sono piuttosto deludenti e, se vogliamo essere realisti, dobbiamo prevedere che almeno nell'immediato potremo fare affidamento solo sulle nostre forze per vigilare confini non soltanto più nazionali, ma anche europei.
Molto attivi, invece, sono quei parlamentari europei che chiedono chiarimenti sul funzionamento dei CPT e, in particolare, di quello di Lampedusa. Anche su questo argomento voglio essere molto chiaro. Come ministro dell'interno, sono, e mi sento, innanzitutto responsabile nei confronti del Parlamento nazionale, il cui potere di indirizzo e controllo è per me non solo un vincolo, ma anche un riferimento insostituibile nello svolgimento della mia attività. Se e quando il Parlamento
Non certo al collega Violante, ma ai professionisti del sospetto e dell'ironia in materia di centri, vorrei ribadire che a Lampedusa non abbiamo mai cercato di occultare nulla (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia), tanto è vero che dal 1o gennaio ad oggi il centro di permanenza temporanea è stato visitato dal commissario europeo per i diritti dell'uomo, da ventitré parlamentari europei, da sei parlamentari nazionali, da due ministri del Governo italiano, da un ambasciatore, da due funzionari dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e da due assessori regionali. Al seguito di queste autorità, sono entrati nel centro di permanenza temporanea e, in taluni casi, ripetutamente, più di venti accompagnatori, assistenti e interpreti.
Tutto ciò per confermarvi, onorevoli interpellanti, onorevoli colleghi, che in materia di immigrazione abbiamo molto da discutere, poco da rimproverarci e ancor meno da nascondere (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia - Congratulazioni).
Il ministro Pisanu oggi ci ha informato, dopo la presentazione della nostra interpellanza che ha fatto seguito al reportage del giornalista Fabrizio Gatti - dobbiamo essere grati a L'Espresso per aver sollevato la questione e a quel giornalista, in quanto dopo tanto tempo si è tornati a fare giornalismo di inchiesta -, su episodi che erano accaduti nel centro di permanenza temporanea di Lampedusa. Il ministro ci ha fornito risposte in gran parte convincenti, e per questo lo ringraziamo; tuttavia, vi sono alcune questioni che vogliamo porre in evidenza.
Sappiamo bene che quella della immigrazione è una politica difficile da gestire. È difficile per noi, come è difficile per tutti gli altri paesi. Sappiamo anche che su questo tema ci sarebbero delle cose da fare a livello europeo, in particolare in termini di politiche europee; però, da quello che il ministro ha detto e da quello che tutti quanti sappiamo, sono cose assai difficili da fare per via dello scarso livello di collaborazione esistente a livello europeo. Conseguentemente, le regioni di frontiera come l'Italia, la Spagna e la Grecia sono sicuramente quelle più esposte all'ondata migratoria.
Il ministro Pisanu ha fatto riferimento anche ad un problema che noi consideriamo importante. Mi riferisco alla cooperazione su questa tematica da parte di tutte le regioni italiane. Questo oggi non avviene e costituisce, conseguentemente, un aspetto sul quale, credo, dovremmo riflettere tutti. Infatti, ritengo non sia possibile che il peso, certamente rilevante dal punto di vista economico e sociale, del governo dell'immigrazione sia scaricato soltanto su alcune regioni, che magari sono più disponibili o più attrezzate, mentre altre, pur avendo risorse economiche rilevanti, essendo le regioni più ricche del paese, si dichiarano non disponibili ad affrontare tale problematica.
Su questo tema possiamo ragionare più serenamente tra noi anche grazie all'assenza odierna, in quest'aula, di esponenti
Abbiamo preso atto delle questioni che il ministro Pisanu ha posto in rilievo. In particolare, la sua visita, la conferenza dei servizi, gli interventi fatti, i programmi destinati ad aumentare la capienza del centro di permanenza temporanea, lo sviluppo della capacità di accoglienza della Sicilia.
Mi pare non appartenga alla nostra educazione l'attacco alle Forze di polizia, e così non abbiamo fatto noi, naturalmente; peraltro, mi pare che in quel reportage fossero indicati alcuni eventi, alcuni fatti, alcune vicende certamente non commendevoli. In particolare, vi è una questione che è stata sollevata recentemente alla nostra attenzione e che segnalo al ministro. Si tratta dell'istituzione, all'interno dei centri di permanenza temporanea, di centri di identificazione, che servono per l'identificazione dei soggetti richiedenti asilo. Questo fa sì che nello stesso luogo si vengano a trovare i richiedenti asilo e gli immigrati. Questa situazione può generare molti problemi, anche perché costringe i richiedenti asilo a stare assieme ad altro tipo di persone. Forse, spostare i centri di identificazione al di fuori dei centri di permanenza temporanea potrebbe aiutare ad ottenere una riduzione delle tensioni che sono, per alcuni aspetti, inevitabili all'interno di tali centri.
Inoltre, mi pare che si ponga un'altra questione.
Il governo di questi problemi rientra anche nelle politiche più generali dell'immigrazione. Allora, io mi pongo una domanda. Ne abbiamo parlato altre volte e credo che ne parleremo ancora; poi, forse, fra un po', quando ci saranno tempo e modo, vedremo in che termini saremo riusciti ad attuare i suoi programmi complessivamente, come paese. Ma mi chiedo: un problema di politiche nei paesi di emigrazione non è una delle questioni da affrontare?
Credo che nessuno abbandoni volontariamente, spontaneamente o - come dire? - superficialmente il proprio paese. Alcuni di quei paesi non hanno più Stato. Penso alla Somalia ed a tutta la zona del Corno d'Africa. Quindi, in quei paesi certamente le cose sono particolarmente complesse. Ma in altri paesi, forse, si potrebbero studiare forme di rapporto, di investimento anche. Si tratterebbe di investimenti che costerebbero sicuramente molto meno di quanto costi l'azione qui. Peraltro, credo che un rapporto con paesi come l'Egitto, la Tunisia, il Marocco, e via dicendo, che possono essere, e credo siano, più disponibili ad avere questo tipo di relazioni, creerebbe anche opportunità positive per l'immagine, per il peso ed anche per le nostre condizioni economico-finanziarie. Non parlo del contenimento dell'emigrazione (cosa che lei ha già fatto, signor ministro, con alcuni di questi paesi), né della fornitura di mezzi militari o paramilitari diretti a frenarla, quanto, piuttosto, di investimenti in loco diretti ad accrescere in quei paesi le possibilità di lavoro. Credo che, da questo punto di vista, si determinerebbe una forte selezione per quanto riguarda l'immigrazione.
Vi è, infine, un'altra questione. Signor ministro, lei ha fatto riferimento, all'inizio della sua risposta, a questioni più generali ma, se mi permette, visto che abbiamo un po' di tempo e che siamo in pochi, c'è un punto di fondo che angoscia la modernità: qual è lo statuto civile e giuridico dei migranti?
Il problema più delicato è che si tratta di persone senza statuto giuridico. Non si sa di quali diritti possano godere perché, quando arrivano, non sappiamo quale sia il loro status: se siano o meno effettivamente titolari di un diritto all'asilo.
Tempo fa, non molti anni fa, un filosofo italiano, Giorgio Agamben, ha scritto un libro, Homo sacer. Egli partiva dall'analisi di un testo latino, si quis paricidas, sacer esto («chi ha ucciso un suo pari sia sacro»), e si chiedeva cosa volesse dire questo essere «sacro» (vedrà, signor ministro, che la citazione ha connessione col tema di cui parliamo). Studiando vari aspetti di quello statuto, dedusse che sacer è colui che è senza uno statuto giuridico, vale a dire colui che non può essere
Nel diritto tedesco, queste persone erano cacciate fuori dalle città (li chiamano Wolfe, lupi); nell'antico diritto romano erano considerate «sacre», nel senso che non potevano essere toccate. Il delitto commesso era talmente grave che non poteva essere punito e, quindi, erano cacciate, allontanate ed erano prive di statuto; a quel punto, chiunque, fuori dalla città, poteva aggredirle.
Ho l'impressione che, nella società moderna, contemporanea, si stiano creando degli interstizi dentro i quali ci sono figure prive di diritto: non di diritti, ma di diritto. E tutto lo sforzo che noi e tanti altri paesi stiamo facendo è diretto a costruire una condizione giuridica, che poi significa anche condizione sociale ed economica, di queste persone.
Le questioni che lei ha posto in questa sede, signor ministro - relative all'accoglienza, alla migliore organizzazione (io considero molto positiva la rete a livello nazionale di cui lei ha parlato; se riuscissimo a metterla in piedi, sarebbe una cosa molto positiva), alla costituzione di nuovi centri, al problema della cooperazione delle regioni su tali questioni -, sono tutte molto importanti. Abbiamo apprezzato anche il suo riferimento al rapporto con il Parlamento europeo. Crediamo anche noi che sia certamente importante adempiere un invito, ma è chiaro che nessuno di noi è disponibile a far sì che il nostro paese sia pregiudizialmente e preventivamente messo sotto accusa per colpe che non ha. Laddove ci sono colpe di singoli, queste vanno represse e punite, e credo non si mancherà di farlo. Laddove ci sono disfunzioni, vanno colpite.
Tuttavia, dal tipo di interventi che lei qui ci ha rappresentato, signor ministro, mi pare che, con riferimento a Lampedusa (per altre questioni, per cose che qui non sono da affrontare), dopo quella denuncia, sono state fatte cose positive.
Mi pongo, però, signor ministro, un'altra domanda. Mi pare possa aiutare il lavoro del Governo il fatto che il Parlamento ed i parlamentari possano accedere, senza filtri e senza limitazioni, alle visite ai centri di permanenza temporanea. A noi risulta che non è così.
Ci risulta che, in molti posti, non è consentito l'accesso a tutte le aree. Se così fosse...
Peraltro la collega, poco fa, mi ha suggerito che esiste il problema dei consiglieri regionali. Come lei comprende, credo siano particolarmente interessati, visto che più a loro che ad altri si rivolge questo tipo di richieste.
Signor ministro, sulla base delle leggi esistenti, valuterei cosa si possa fare. Credo che tutto ciò che comporta possibilità di controllo e di raccordo per una migliore condizione umana e civile di queste persone aiuti il lavoro che sta svolgendo il Governo in questo momento. Dissentiamo su tante cose, rispetto al suo Governo, come lei sa. Abbiamo avuto anche uno scontro la scorsa settimana sulla sua interpretazione dei disordini davanti al Palazzo. Ma, laddove ci siano risposte positive e serie, non possiamo che prenderne atto positivamente. Ci saranno, credo, altre occasioni per verificare in che termini le questioni che lei ha qui annunciato siano state attuate in tutto il paese.
Partirei dalla seguente considerazione: i servizi segreti sono, appunto, segreti (lo dice la parola) e fanno il loro mestiere. Naturalmente, è importante che non siano deviati, come è stato in passato (sono abbastanza vecchia da ricordarmi la costruzione della «strategia della tensione» negli anni Settanta), ed è importante che non agiscano gli uni contro gli altri, come sembra succeda oggi negli Stati Uniti. In questo scontro, secondo diversi commentatori, si sarebbe inserita la volontà di coinvolgere i nostri apparati.
Pur sapendo che questo è un possibile sfondo, abbiamo fiducia negli uomini dello Stato e la nostra interpellanza vuole non tanto proseguire su questo piano, quanto piuttosto cercare di capire la responsabilità della politica del Governo di cui lei fa parte, signor ministro, circa la costruzione e l'uso del cosiddetto Nigergate. Infatti, anche alla luce di una vasta informazione che ci è stata fornita dalla stampa, riteniamo che questo Governo sia stato il primo a sapere che la notizia sulla fornitura di uranio all'Iraq da parte del Niger per costruire armi di distruzione di massa fosse una «patacca», per usare un termine che va tanto in voga; soprattutto, lei non poteva non sapere, per la sua responsabilità funzionale nei confronti del SISMI.
La prima domanda è la seguente: perché, essendo a conoscenza di questo falso (i servizi ne avevano dato notizia dal 2001, 2002), lei ed il suo Governo avete avallato questa bugia e quali legami avete favorito, mantenuto e costruito intorno a questa vicenda? Mi riferisco ai meeting di Roma, ai contatti con gli iraniani; insomma, non voglio far troppa dietrologia: è tutto scritto nell'interpellanza.
La seconda domanda riguarda la contraddizione tra l'affermazione da parte dei servizi che esistevano prove documentali - cito testualmente - sul citato acquisto di uranio nell'ottobre del 2002, in sede di Comitato di controllo, e la consapevolezza, sempre dei servizi, che il dossier, pubblicato da Panorama in data 12 settembre 2002, a sostegno di questa tesi fosse, invece, di scarsissima credibilità.
Come mai, quando avete scoperto, dopo la pubblicazione dell'articolo, che questa informativa consisteva in una «patacca», non se n'è data un'informazione adeguata gli alleati? Oppure, nel caso che i nostri alleati, invece, siano stati avvisati, perché il nostro Governo è diventato complice dell'amministrazione Bush nella costruzione di questa colossale menzogna pubblica che è servita a sostenere la guerra irachena?
L'altro ordine di domande riguarda quali azioni, quale missione e quale ruolo abbiano svolto i nostri servizi sul terreno iracheno prima e durante la guerra in Iraq, nonostante la non belligeranza ufficiale del nostro paese.
Chiediamo di sapere, in particolare, se i servizi si siano resi conto dell'inadeguatezza e della scarsa possibilità di reazione dell'esercito iracheno, militarmente inconsistente e, infatti, dissolto al più presto; se di questo abbiano informato voi e l'alleato USA; se dal teatro iracheno abbiano fornito informazioni circa la reale inesistenza delle armi di distruzione di massa o invece se abbiano dato informazioni sulla dislocazione e individuazione degli obiettivi militari (tipo le batterie missilistiche: lei lo sa meglio di me).
Di tale azione degli apparati, Palazzo Chigi sostiene di avere riferito al Comitato di controllo, ma di essa i membri del Copaco sostengono invece di non sapere niente. Si tratta di attività che evidentemente non si sostanzia in un «affare di tecnici», ma che chiama in causa responsabilità politiche.
Chiediamo allora se queste stesse attività non contrastino col carattere di peacekeeping attribuito dal Governo e dal Parlamento alla missione Antica Babilonia e non configurino nei fatti una partecipazione italiana alla guerra irachena.
È importante oggi trovare delle risposte, poiché tutta questa vicenda, signor ministro, che era ovviamente a vostra conoscenza, di fatto riscrive la storia della guerra irachena in una luce totalmente
Dunque, il Presidente del Consiglio, pur essendo informato - Panorama è un giornale suo, mi pare! - dell'inattendibilità delle prove fornite per scatenare il disastroso conflitto iracheno (ricordo che le truppe degli Stati Uniti hanno cominciato a trasferirsi negli Emirati arabi già dall'estate del 2002), il 25 settembre dello stesso anno afferma al Senato che «esistono elementi di prova sul riarmo nucleare di Saddam, di cui i Governi e l'intelligence dell'Alleanza occidentale sono a conoscenza». Il 6 febbraio 2003, alla vigilia della guerra, Berlusconi afferma di nuovo che occorre «convincere il dittatore iracheno a disvelare il possesso e le postazioni delle sue armi di distruzione di massa».
Ci troviamo di fronte, insomma, alla costruzione di un gigantesco imbroglio di cui l'Italia non ha avuto l'esclusiva. Ricordo in Gran Bretagna la costruzione di false prove basate su una tesi di laurea di dieci anni prima; ricordo negli Stati Uniti la fialetta che Powell ha mostrato all'ONU, per non citare che gli aspetti più folkloristici, signor ministro, benché gli esiti siano stati drammatici, come sappiamo tutti. Insomma, Berlusconi, Bush e Blair sono corresponsabili di un vero disastro, pagato con un prezzo altissimo di vite umane: più di 30 mila civili iracheni morti, le tante giovani vite dei soldati della coalizione, la distruzione di un intero paese, l'indebolimento delle istituzioni internazionali e dell'Europa, la perdita di credibilità degli stessi Governi occidentali, l'aumento esponenziale del terrorismo internazionale, la mattanza quotidiana nel territorio iracheno, il rischio di una guerra civile e di uno Stato teocratico. Scusi se è poco...! L'unico dato positivo, ma è veramente troppo poco, è l'aver tolto di mezzo il dispotico Saddam.
E non ci ripeta che il Consiglio di sicurezza dell'ONU, votando le successive risoluzioni, di cui riconosciamo pregi e difetti e che non legittimano né la guerra né l'occupazione, ha preso atto della situazione. Conosciamo anche noi quello che Stigliz chiama il «Washington consensus», che significa il riconoscimento della legge del più forte.
Né ci venga a dire per l'ennesima volta che con le elezioni abbiamo esportato la democrazia, perché tutti noi abbiamo apprezzato la partecipazione alle elezioni (fa più piacere vedere persone in fila per votare che non teste tagliate), ma non ci è sfuggito che si è trattato di un processo eterodiretto, in larga misura non trasparente (mancanza di anagrafe, commissione elettorale nominata dagli americani), di cui l'amministrazione Bush, prima ancora che gli iracheni, aveva bisogno per giustificare la propria presenza sul suolo iracheno, nonostante i disastri sul campo. Tant'è che le truppe USA in questi stessi giorni, signor ministro, stanno aumentando la loro consistenza da 132 mila a 160 mila uomini. Se la situazione irachena fosse migliorata, non ce ne sarebbe stato bisogno. Ricordo, tra parentesi, che tutte le forze politiche che hanno partecipato alle elezioni avevano nel loro programma la fine dell'occupazione, tant'è che tredici paesi si sono ritirati.
Il punto è che la democrazia non si esporta con i cacciabombardieri, né con l'occupazione militare né col dominio, perché non solo il fine non giustifica i mezzi, ma in questo modo si creano protettorati e non democrazie e si alimenta il terrorismo.
In questi anni vi siete arrampicati sugli specchi e avete mentito ripetutamente, a noi e al popolo italiano, per giustificare l'appoggio del vostro Governo alla guerra di Bush, fatta per ragioni diverse da quelle presentate all'opinione pubblica.
Alle nostre interrogazioni ed interpellanze - tanto, lo sa meglio di me, signor
Voglio portare brevemente alcuni esempi.
Sulle torture ad Abu Ghraib, di fronte all'evidenza di prove documentali certe, il ministro Giovanardi ha dichiarato che si trattava di episodi di «mele marce», tempestivamente allontanate e punite; invece, si sapeva già che si trattava di un sistema teorizzato dalla Difesa degli Stati Uniti in manuali operativi - e perciò praticato da tempo «per fiaccare i prigionieri» - e che la catena di comando di questo sistema risaliva fino a Rumsfeld, che ne era a conoscenza e non è stato toccato dalla vicenda.
Sui bombardamenti ripetuti e a tappeto a Falluja - una città di 300 mila abitanti in cui quasi la metà delle case, degli edifici pubblici, delle scuole, delle moschee sono stati distrutti, con migliaia di morti anche civili -, ci avete risposto, prima, con il sottosegretario Baccini, che non eravate a conoscenza di piani di «soluzione finale» ma che, anzi, l'azione nella città irachena si basava sulla collaborazione per liberare alcuni centri urbani dalla presenza destabilizzante di bande di pericolosi criminali e terroristi. Un mese dopo, vi abbiamo chiesto di intervenire presso i nostri alleati almeno per la cessazione delle ostilità, per consentire un corridoio umanitario (siamo andati là come pacificatori, ha dichiarato sempre il ministro Fini), ma il sottosegretario Mantica ha risposto che l'operazione era ormai conclusa (mentre i bombardamenti di Falluja sono durati mesi e mesi). Vi abbiamo interrogato - attraverso il collega Bulgarelli - fin dal dicembre 2004 sull'uso, a Falluja, di gas velenosi e napalm, e ci avete risposto che il napalm, con cui sono state distrutte generazioni di vietnamiti, non è un'arma chimica, ma è un'arma incendiaria - quasi ciò fosse una grande differenza rispetto alla morte -; non solo, ci avete risposto che è un arma incendiaria proibita da un protocollo dell'ONU, protocollo, però, non ratificato dagli Stati Uniti. Insomma, vi sembrano risposte responsabili?
Nella scorsa primavera, abbiamo visionato del materiale documentale, recapitato da alcuni medici di Falluja - e messo in onda, in questi giorni, da RAI News 24 -, in cui si prova che a Falluja sono state usate bombe al fosforo bianco che bruciano e staccano la pelle dal corpo. Questa notizia è stata confermata non solo da marines americani, con nome e cognome, ma persino dal Governo inglese rispondendo ad un'interrogazione parlamentare: il Governo inglese, alle interrogazioni parlamentari risponde anche ammettendo gli errori. Anche su ciò, in questi giorni, abbiamo presentato interrogazioni: chissà quali altri «segreti e bugie» inventerete!
Sarebbe saggio, invece, per far luce su tale vicenda irachena, istituire una Commissione di inchiesta. In Gran Bretagna e negli Stati Uniti è stato fatto; da noi, no, nonostante le richieste dell'opposizione. Ricordo una proposta di legge del collega Folena del 10 febbraio 2004, volta ad istituire una Commissione di inchiesta; tutto è rimasto opaco e poco trasparente.
Avete negato, di fronte ad ogni evidenza, che il contesto iracheno, nel quale voi avete inviato i nostri militari, fosse un contesto di guerra; l'unica voce pubblica dissonante del vostro schieramento, che ha definito ipocrita non riconoscerlo, è stata quella della presidente Selva. In questo modo, avete tradito la fiducia dei nostri militari, mandandoli allo sbaraglio pur di mantenere la faccia rispetto alla falsa intitolazione dell'operazione come missione di pace.
Voglio portare, a tale proposito, alcuni esempi. Ricordo l'indagine, ancora in corso, della procura militare sulle misure di sicurezza insufficienti ad Animal House; ricordo, altresì, la protesta degli elicotteristi per l'inadeguatezza dei loro velivoli in un teatro di guerra; ricordo la battaglia dei due ponti, dove hanno perso la vita donne civili iracheni.
Questi episodi, ministro, lei li conosce meglio di me, e voglio concludere con le parole - come sempre efficaci - del generale Mini: «Noi militari ci possiamo permettere nei nostri ranghi soltanto di essere degli eroi (...). Gli eroi sono consapevoli
Queste parole sono di un illustre generale e credo che testimonino anche un senso comune sempre più diffuso nel nostro esercito. Ritengo che esse vi dovrebbero suggerire di avviare una riflessione profonda. Noi, con la presente interpellanza, abbiamo messo insieme tante bugie, e credo che su queste voi dovreste risponderci, poiché non lo avete mai fatto fino in fondo.
Vorrei rilevare che il generale Powell, ex Segretario di Stato americano, lo ha fatto, riconoscendo che, se fosse stato a conoscenza dei veri dati sulle armi irachene, si sarebbe opposto al conflitto. Mi piacerebbe tanto, signor ministro, sentirle pronunciare una frase così!
Credo che, se il Governo volesse uscire con un minimo di dignità dalla vicenda irachena (per la quale abbiamo pagato un prezzo altissimo in termini di vite umane, quelle dei nostri soldati), dovrebbe accettare di dire la verità: si tratta dell'unico modo per rispettare il popolo italiano e per rendere giustizia ai morti!
Nello specifico, si tratta dell'asserito coinvolgimento di istituzioni governative italiane nel cosiddetto Nigergate, di alcuni incontri avuti a Roma da Michael Ledeen nel corso del 2001, del ruolo dell'intelligence italiana in Iraq prima della missione nazionale, o addirittura prima dell'inizio delle ostilità, e del carattere asseritamente bellico della nostra missione in quel paese. Risponderò su ciascuno dei quattro distinti e, ripeto, separati argomenti.
Circa la prima questione, confermo la posizione, già più volte espressa dal Governo, di assoluta estraneità del SISMI, e perciò dell'esecutivo, rispetto a qualsiasi attività di disinformazione connessa, direttamente o indirettamente, con il falso dossier Iraq-Niger.
Tale posizione, peraltro, è stata ufficialmente assunta ed illustrata anche nel luglio 2003 tanto in questa sede, quanto in occasione dell'audizione, presso il Comitato parlamentare di controllo sugli organismi di informazione e sicurezza, allorché il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, dottor Gianni Letta, ha potuto fornire ulteriori spunti di conoscenza e di informazione più direttamente attinenti all'operato dei servizi, nel quadro di riservatezza peculiare di quel consesso di controllo parlamentare e democratico.
Del resto, è a tutti noto come, nella medesima data di presentazione di questa interpellanza, lo stesso sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed il direttore del SISMI abbiano, su propria richiesta, nuovamente affrontato l'argomento, ricostruendo, in modo analitico ed aggiornato, il quadro di conoscenze disponibili. In quel contesto, sono emersi diversi profili, afferenti ad attività tuttora in corso e direttamente coinvolgenti aspetti di intelligence funzionali alla tutela della sicurezza nazionale, che sono stati consegnati a quella cornice parlamentare di riservatezza.
Nondimeno, nei gradi di dettaglio consentiti dall'ordinamento, il Governo rivendica di avere sempre assicurato, con la massima tempestività ed aderenza rispetto alle esigenze, tanto in Assemblea quanto in sede di Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato, un'informazione né confusa, né reticente, né tampoco inquietante. La risultante di tali percorsi, ed a fronte degli incauti tentativi di coinvolgimento, è l'esclusione di qualsiasi responsabilità del SISMI, che il Governo anzi sostiene nel suo operato per la fedele attuazione delle direttive impartitegli.
Reputo necessario sottolineare, in questa sede, alcuni punti della vicenda, fornendo indicazioni utili a fugare eventuali residue perplessità su quella che si è già ampiamente manifestata come una montatura, un tentativo di coinvolgere il Governo in una storia falsa e fuorviante, una maldestra operazione politica per avallare, secondo alcune presunte relazioni giornalistiche, la tesi, a dir poco fantasiosa, di un esecutivo favorevole alla guerra, che avrebbe cercato di manipolare le proprie informazioni addirittura per scatenare un intervento armato in Iraq da parte dei paesi alleati.
Le evidenze informative concernenti la vicenda riguardano fatti riferibili agli anni 1999-2000 e, forse, anche ad anni antecedenti e sono state acquisite e fornite tra la fine dell'anno 2000 e i primi giorni del 2001. Solo qualche episodico, ulteriore elemento è stato ottenuto in tempi immediatamente successivi, ma comunque senz'altro prima della tragica vicenda dell'11 settembre 2001. Di tali evidenze è stata data formalmente notizia agli Stati Uniti nel corso del medesimo mese di settembre 2001, come da prassi ordinaria tra membri amici della comunità di intelligence internazionale.
Successivamente, a seguito di formale richiesta dell'intelligence statunitense e sempre nel corso del 2001, sono stati forniti elementi integrativi di conoscenza - meramente, date, estremi di riferimento, nominativi e contenuti - riferibili alle evidenze di intelligence, agli atti di archivio ed oggetto della segnalazione del precedente mese di settembre.
Nessuna documentazione - sottolineo, nessuna - è mai stata fornita ad alcuno, né in quella, né in altre circostanze. Anche in epoca immediatamente successiva sono state condivise con la comunità di intelligence americana solo opinioni o perplessità su contenuti e valenza degli elementi di cui sopra. Qualche tempo dopo, nei medesimi termini e limiti, tali evidenze sono state ulteriormente condivise con la comunità di intelligence britannica. Parimenti, pressoché nello stesso periodo, il dato informativo in questione è stato ancora condiviso, in termini essenziali, con l'IAEA, nell'ambito del programma di formazione dei componenti dell'Action team in partenza per l'Iraq, proprio per favorire l'acquisizione di elementi di valutazione sull'originaria notizia. Nessuna ulteriore e diversa attività è stata svolta dal servizio o da autorità italiane.
Negli ultimi mesi del 2002, si apprendeva, in via informale, che alcuni giornalisti italiani si sarebbero presentati presso l'ambasciata americana, probabilmente per fornire - o ottenere - notizie su problematiche interessanti l'Iraq. Nessuna indicazione o conferma è stata ottenuta da alcuna autorità americana in questo senso, fino ai primi mesi del 2003, allorché, in via confidenziale, il SISMI veniva informato di quanto avrebbero fatto e detto giornalisti italiani presso l'ufficio stampa dell'ambasciata americana. Il servizio, dal canto suo, in via autonoma, negli ultimi mesi del 2002 aveva acquisito formalmente evidenza di tali fatti tramite fonti vicine ad ambienti giornalistici italiani, senza tuttavia ottenere particolari o precise conferme.
Alla fine di febbraio del 2003, il servizio ha avuto un ulteriore contatto con l'IAEA, nel corso del quale ha appreso dall'Agenzia che la stessa era in possesso di documenti riguardanti la nota questione, di cui - peraltro - non veniva né consegnata, né esibita copia. Il servizio ribadiva l'informazione iniziale dell'IAEA, specificando di non avere mai fornito
Nel luglio 2003, periodo di molto successivo a quello in cui l'IAEA aveva dichiarato la falsità dei documenti, le operazioni belliche si erano concluse, le polemiche giornalistiche erano esplose e, specialmente, l'iniziativa giudiziaria in Italia e le indagini negli Stati Uniti erano notoriamente e conclamatamente avviate.
Quell'accertamento si consolidava e si accentuava, in quanto un servizio collegato europeo informava il SISMI del tentativo di uno o più soggetti italiani di cedere, verosimilmente dietro compenso economico, documenti afferenti la vicenda Iraq-Niger ed altri importanti coinvolgimenti internazionali per transazioni del medesimo tipo.
L'interesse istituzionale del servizio straniero e di quello italiano era comprensibilmente elevato, atteso che appariva sorprendente che, in quel frangente, con le polemiche e le inchieste notoriamente in corso, vi fossero iniziative di disseminazione di documenti di quella natura e concernenti quel tipo di prospettiva.
L'attività informativa avviata permetteva di acclarare contestuali contatti di organismi stranieri con chi aveva offerto i documenti al servizio collegato straniero e di ricostruire anche per il passato atteggiamenti e ruoli del protagonista principale.
Nel corso della medesima attività informativa e nei mesi successivi, oltre al persistere dei menzionati rapporti, se ne accertavano altri tra il medesimo soggetto ed ulteriori persone ed ambiti appartenenti al mondo mediatico che hanno operato anche in Italia. Tutte le relazioni ufficiali hanno dato contezza di tutto ciò con le doverose cautele di legge, ma senza mai fondarsi su elementi anonimi o su dati incerti o non documentabili. Ogni documentazione, quando richiesto dalle competenti autorità parlamentari, giudiziarie e di Governo, è stata sollecitamente e puntualmente fornita.
Non così risulta essere per talune cosiddette inchieste giornalistiche, che appaiono fondate su illazioni e su indicazioni provenienti da anonimi, che spesso risultano materialmente false, non esatte ed eccedenti per questa ragione i limiti del consentito. Talvolta, al più, riportano pareri di soggetti estranei agli apparati pubblici che, senza assunzione di responsabilità e senza titolo, propongono scenari e formulano giudizi fondati esclusivamente sul loro personale avviso (almeno sei giornali ne riportano fedelmente le dichiarazioni e le rispettive posizioni).
L'autorità giudiziaria italiana si è espressa su questo punto con provvedimenti formali, confermati dai giudici. Il sottosegretario Letta ed il direttore del SISMI hanno fornito al Copasis dati ed elementi di conoscenza e di valutazione rigorosamente supportati da evidenze documentali ostensibili in quel contesto fin nel dettaglio. Essi hanno, altresì, chiarito al medesimo Copasis che all'audizione cui hanno chiesto di sottoporsi ne dovrà seguire una ulteriore, che hanno formalmente chiesto per completare il quadro informativo anche in relazione agli specifici definitivi accertamenti su paesi ed ambiti che hanno originato i documenti dichiarati falsi e sui contesti e le persone che hanno poi tentato di utilizzarli per intossicare la comunità internazionale e la pubblica opinione.
Esiste il fermo dovere giuridico e, per quanto mi riguarda, anche politico di smascherare chi può aver voluto far risalire al nostro paese e alle sue istituzioni responsabilità che essi non hanno e che vanno, invece, ascritte ad altri. Sono i fatti e le prove - non generiche fonti anonime - ad autorizzare questa puntuale presa di posizione. Per questi fatti e prove, tutta la vicenda non manifesta più alcuna significatività ai fini di un ipotetico ruolo italiano nella creazione e nella veicolazione del dossier.
D'altra parte, un coinvolgimento del Governo italiano in tal senso ha trovato autorevolissime e rispettabili smentite anche negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, tanto in merito all'attività di approfondimento politico, quanto in chiusura dell'indagine condotta dall'FBI, che ha archiviato la relativa inchiesta per quanto riguarda l'Italia. Non solo: con pubbliche dichiarazioni, lo stesso vicedirettore dell'FBI ha spiegato come la vicenda del dossier in argomento non facesse parte di un tentativo di influenzare la politica estera statunitense, ma semmai di un disegno criminale mirato ad un guadagno finanziario.
Quanto al secondo quesito - ovvero se alla fine del 2001 vi siano stati o siano stati promossi incontri sollecitati da Michael Ledeen con l'intelligence italiana -, rispondo anche in questo caso in termini rigorosamente precisi, sottolineando come l'operato di questo ministro sia sempre stato collocato nell'ambito e nel rispetto delle attribuzioni istituzionali.
Io stesso ho disposto l'esecuzione di una doverosa attività di verifica preventiva e di acquisizione di notizie rispetto ad una prospettiva di contatti in Italia tra persone di altre nazionalità su tematiche presentate come di interesse multilaterale.
Tale doverosa quanto prudente attività preliminare risponde a regole di ordinaria e corretta cautela, in funzione di possibili determinazioni o atteggiamenti delle competenti autorità di Governo.
Desidero precisare in modo esplicito che queste tematiche non riflettevano, neppure indirettamente, questioni riguardanti l'Iraq o il Niger, né tanto meno interessi di questi paesi con terzi. Non ho alcuna difficoltà a rappresentare che gli organi italiani interessati hanno valutato prive di ogni interesse le prospettive esplorate, abbandonando ogni rapporto nell'arco di pochi giorni.
Aggiungo, inoltre, che gli stessi organismi hanno condiviso, autorizzati dal Governo italiano, ogni contenuto con le competenti autorità degli Stati Uniti. Tanto quanto sopra risulta documentalmente formalizzato in atti recanti date certe.
Taluni quotidiani italiani e statunitensi hanno enfatizzato, riferendole come vere, notizie di miei meeting, se non di incontri conviviali, con Ledeen e con il direttore del SISMI. Si tratta di eventi mai avvenuti e mai neppure ipotizzati. Si tratta, cioè, di descrizioni false.
Ancora una volta, desidero marcare la differenza fra i dati certi, ostensibili nelle sedi e con le formule previste dalla legge, da un lato, e il chiacchiericcio, dall'altro.
Sono così al terzo argomento, ovvero al ruolo dell'intelligence in Iraq. L'Iraq è stato, alla stregua degli altri paesi dell'area, oggetto di vivo e crescente interesse informativo nel quadro della rimodulazione e del riorientamento dello strumento intelligence, cui l'intera comunità internazionale è stata obbligata a seguito della radicale evoluzione della minaccia dopo l'11 settembre.
Ricordo, al riguardo, le misure di potenziamento in campo informativo decise in quel periodo in sede atlantica ed europea ed i conseguenti atti di indirizzo parlamentare, resi poi esecutivi dal Governo. Così, con uno sforzo poderoso, tutta l'intelligence occidentale - l'Italia non ha fatto eccezione - si è sottoposta ad un processo di adeguamento della propria fisionomia rispetto al diverso scenario geopolitico, caratterizzato, per la prima volta, da un complesso intreccio di fenomeni, tutti concorrenti ad alimentare il terrorismo internazionale sul piano globale, traendo linfa dalle numerose e diversificate aree di crisi mondiale, prima fra tutti il Medio Oriente.
Il SISMI, anche e soprattutto grazie alla nuova dirigenza, ha dovuto cambiare il
Con il compito di raccogliere informazioni per garantire gli interessi italiani ovunque localizzati e proteggere la sicurezza nazionale da qualsivoglia minaccia, secondo quanto previsto dalla legge, e con un lavoro in progress, il SISMI ha quindi intrapreso la strada del consolidamento di tutte quelle aree caratterizzate da profili di interesse rispetto alla galassia della minaccia di matrice integralista islamica ovunque localizzabile.
L'Iraq ovviamente non era e non è un'eccezione in tale prospettiva, indipendentemente dalla presenza per un determinato periodo di truppe italiane sul posto. Abbiamo conferme significative in importanti operazioni di intelligence condotte dal SISMI in molti paesi nordafricani, mediorientali ed asiatici, laddove né era, né è ipotizzabile al momento un rischieramento di truppe nazionali. In tali termini - e aggiungerei, per fortuna! -, il SISMI era dunque anche in Iraq, mutuando il modus operandi dall'esperienza maturata nel biennio precedente in Afghanistan.
Al riguardo, debbo dire che, se il Servizio non avesse avuto tale lungimiranza, molte vicende che hanno riguardato interessi nazionali o, più concretamente, nostri concittadini probabilmente avrebbero conosciuto diversi e più funesti esiti.
I nostri agenti sanno fare bene il loro lavoro, forse perché ben preparati ad interagire con determinate controparti sia nel controllo delle reti informative, sia operando sul terreno. È un aspetto importante poiché si tratta di controparti che accettano il confronto con i nostri uomini, spesso rifiutando a priori contatti con altri. Basti pensare a quante volte blasonate agenzie occidentali si sono rivolte al SISMI per chiedere un aiuto, rivelatosi poi risolutivo, come documentato dalle tante attestazioni di gratitudine ufficialmente tributate.
In definitiva, la proiezione del SISMI in Iraq va inserita in questo contesto e con le descritte finalità, e non certo impropriamente ricondotta ad una prospettiva né bellica, né prebellica. Una volta sviluppati e consolidati i rapporti in loco, certo, le informazioni ottenute sono valse anche a salvare vite di civili e di soldati esposte alla minaccia militare di Saddam Hussein anche prima della missione dei contingenti italiani. Salvare vite, perché di questo si è trattato, e non illuminare o anche solo indicare obiettivi di possibile interesse militare per le forze della coalizione.
Circa, infine, la quarta tematica posta dagli interpellanti che l'intera questione delinei un contrasto con il carattere di peace-keeping della nostra missione in Iraq configurando una partecipazione italiana alla guerra, essa è smentita dall'inconsistenza della tesi, ma soprattutto sono gli atti ed i fatti a dimostrarlo. L'Italia non ha partecipato alla guerra (Commenti del deputato Pisa). La sua posizione è chiara fin dall'inizio: fu il Presidente del Consiglio, il 19 marzo 2003, a dichiarare in Parlamento, in forma solenne ed inequivocabile, la non belligeranza dell'Italia manifestata in Consiglio supremo di difesa e sancita dal Parlamento. Tutto questo esclude tassativamente qualunque nostro ruolo attivo nella guerra. Anzi, sin dall'inizio della crisi irachena forte è stato l'impegno alla ricerca di soluzioni che potessero scongiurare il ricorso alla forza, un impegno profuso a tutti i livelli e portato in tutti gli ambiti internazionali.
Le scelte successive sono derivate dalla presa di coscienza della criticità della situazione per il popolo iracheno e dell'importanza di partecipare alla stabilizzazione di quel paese nel più ampio contesto dell'impegno italiano contro il terrorismo internazionale. Il 15 aprile 2003 il Parlamento approvò l'invio di un contingente militare. Quegli atti di indirizzo parlamentare, discendenti da un ampio ed intenso dibattito, hanno rappresentato il
A conferma di questo, proprio l'altro ieri il Consiglio di sicurezza ha approvato all'unanimità la risoluzione n. 1637 che prolunga il mandato della forza multinazionale in Iraq fino al 31 dicembre 2006. È, dunque, l'ONU che ha chiesto agli Stati membri di contribuire a quella garanzia anche con forze militari inserite in una forza multinazionale. È il Governo iracheno eletto democraticamente che ce lo ha più volte richiesto, anche in questi giorni, per voce del Presidente della Repubblica in visita nel nostro paese. La nostra è una missione militare di pace, quella pace che è valore primario di tutti gli italiani e dei nostri militari. Nessun compito aggressivo o bellicoso, bensì essenzialmente protettivo, difensivo ed umanitario, una presenza pacificatrice di cui andiamo orgogliosi. È anche grazie a ciò che abbiamo ottenuto importanti risultati e che constatiamo gli straordinari, ancorché faticosi, passaggi della riconquista da parte della gente irachena della propria libertà e democrazia secondo il calendario delineato dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
In questo quadro oggi, dopo avere già in agosto operato una prima riduzione della forza, siamo in grado di studiare, insieme ai nostri alleati ed alle autorità irachene, un graduale e concordato rientro del nostro contingente militare dall'Iraq, ipotesi rispetto alla quale si manifestano voci di convergenza anche di parte dell'opposizione. Pensiamo, così, non lontano il giorno in cui i nostri militari potranno riferire dell'Iraq come di una missione compiuta.
Ovviamente, la sua gentilezza, ministro, nulla toglie alla durezza dell'intendimento, dell'intelligenza con cui si ostina a ribadire tutte le argomentazioni tradizionali con cui lei stesso, signor ministro, ed il suo Governo difendete l'operato della maggioranza, dell'Italia, diretta da voi, in questa vicenda.
Io, a differenza dell'onorevole Pisa, non spero affatto in un ravvedimento, perché, evidentemente, le ragioni di collaborazione e di intesa strategico-militare, nonché di internità alla nuova filosofia di dominio politico degli Stati Uniti su gran parte del mondo, in particolare su quella regione del mondo, sono radicate in lei, signor ministro, per la sua storia, e anche nella maggioranza che sostiene il suo Governo.
Quindi, non confido in ciò; tuttavia, mi piacerebbe che lei, poiché è una persona intelligente e di grande conoscenza, oltre a sforzarsi di decostruire, come ha fatto, tutte le ragioni addotte, per cui si sente di affermare, con grande sicurezza, che la vicenda del cosiddetto Nigergate è stata una colossale «bufala» e che il suo Governo ed il servizio militare italiano, il servizio segreto, non c'entrano, facesse un'altra cosa. Anche in merito a ciò, vorrei ribadire quanto affermato dall'onorevole Pisa, vale a dire che...
Stavo dicendo che mi piacerebbe che la stessa foga, la stessa puntigliosità con cui lei decostruisce gli ingredienti della montatura del Nigergate, dicendo che il suo Governo non c'entra nulla, si manifestasse facendoci capire i motivi per cui il Governo italiano non ha fatto nulla per contrastare la montatura con cui gli Stati Uniti hanno costruito il loro discorso pubblico sulla guerra! Ministro, lei mi deve stare a sentire!
Lei mi insegna, come tutti gli strateghi e gli esperti militari, che la disinformazione e l'informazione di guerra determinano l'intossicazione dell'opinione pubblica, in particolare in paesi, come i nostri, che hanno guadagnato qualche elemento antropologico di rifiuto della guerra. Pertanto, queste operazioni sono di assoluta importanza e di una certa congruità perché la guerra diventi un elemento accettabile e sopportabile e, comunque, transiti nell'opinione pubblica.
Lei, signor ministro, praticamente non dice nulla - ed è questo l'elemento di cecità e ottusità politica che intendo rilevare - sulla gigantesca montatura che gli Stati Uniti d'America hanno messo in atto e su tutti gli ingredienti che hanno permesso tale montatura, nella quale rientra il nostro paese non fosse altro che per il silenzio connivente e la complicità compiacente con cui la intossicazione planetaria costruita dallo staff del Presidente Bush ha veicolato la questione, non fosse altro che per il silenzio compiacente e per la non critica; tutto ciò ha quindi consentito alla montatura di propagarsi nel mondo.
Dunque, signor ministro, mentre lei si affanna a dimostrare la montatura, alludendo a chissà quali nemici del nostro paese che avrebbero favorito tale veicolazione, nulla dice sulla montatura principale, vale a dire sulle famose armi di distruzione di massa e sullo scoppio immediato delle ostilità (45 minuti, come ha raccontato buffonescamente il premier britannico di fronte al suo Parlamento).
Su tutti questi elementi di una mastodontica montatura e di una gigantesca operazione di intossicazione di massa chiediamo al Governo di pronunciarsi ora, nel momento in cui tutti - lei per primo, signor ministro, ed il Presidente del Consiglio - parlate della necessità di exit strategy concordata, razionalizzata, condivisa con gli alleati americani e con il Governo iracheno.
In realtà siamo di fronte ad una internità alla guerra del nostro paese. Lei, signor ministro, più volte ha sottolineato che le grandi questioni riguardanti la difesa e la sicurezza del paese devono essere affrontate con serietà e responsabilità; ovviamente, non posso che essere d'accordo con le sue affermazioni.
Ma come si fa ad essere seri e responsabili quando ci si sottrae al confronto su questo punto? Cosa dite oggi, a quasi tre anni di distanza, sulla montatura gigantesca che ha dato luogo a questa guerra? E come potete sottrarvi all'interrogativo che vi rivolgiamo circa il silenzio sulla montatura, la copertura della stessa, le pacche sulle spalle del Presidente Bush nel momento in cui costruiva la montatura? Tutto ciò ha costituito un elemento di consenso alla guerra, di legittimazione della stessa, di partecipazione all'intossicazione dell'opinione pubblica. Non è guerra questa?
Gli strateghi e gli analisti delle nuove guerre, a partire dai suoi amici neocon americani, sostengono che la costruzione di un discorso pubblico convincente sulla guerra costituisce elemento essenziale
Il Presidente del Consiglio afferma di aver fatto di tutto per convincere Bush a non entrare in guerra e a tentare altre strade. A mio avviso, se un paese importante come l'Italia avesse detto: «Caro Presidente degli Stati Uniti d'America, smettiamola con questa "bufala" delle armi di distruzione di massa. Diamo retta agli ispettori dell'ONU e cerchiamo veramente altre strade»...
Ebbene, il Presidente degli Usa avrebbe optato per una moral dissuasion o, comunque, non si sarebbe arrivati al nostro coinvolgimento, come invece è accaduto con il nostro silenzio complice e con le pacche sulle spalle (oltre a molto altro) che lo hanno in qualche modo autorizzato.
Internità alla guerra significa anche che il Governo italiano non ha fatto nulla affinché venisse comunicato agli USA che il famoso dossier era esattamente quello che era, ovvero una montatura. Non è stata fatta da noi personalmente, bensì da personaggi di cui conoscevamo l'inattendibilità tramite il nostro servizio segreto militare.
Quel dossier ha fatto parte delle informative che venivano messe sul tavolo del Presidente Bush dagli agenti della CIA e dallo staff presidenziale nell'imminenza dell'attacco all'Iraq. Quando il Presidente Bush pronunciò le sedici famose parole che annunciavano durante il suo discorso sullo stato dell'unione l'imminente attacco, il riferimento al dossier nigerino era assolutamente centrale.
Quindi, signor ministro, vi è internità e non soltanto il fatto....
Abbiamo detto che i militari italiani sono sotto il comando inglese. Come si può fare un'azione di peacekeeping quando si è sotto il comando militare di uno Stato belligerante, che partecipa dalla A alla Z a tutte le azioni militari? Noi siamo nella filiera di comando della potenza che con gli Stati Uniti d'America ha fatto direttamente la guerra. Dunque, non si può camuffare in maniera così platealmente volgare la partecipazione ad una missione di guerra, seppure defilata, in un'azione di peacekeeping. Tuttavia, il problema è maggiormente di fondo.
Vi è internità morale, militare e politica, di cui voi dovete rendere conto a questo Parlamento, al paese e alla vostra stessa maggioranza elettorale, al cui interno molti - voi lo state capendo benissimo e per questo vi affannate a parlare di uscita concordata, cercando di coinvolgere l'opposizione - non sono d'accordo su questa vicenda terribile in cui avete portato il nostro paese.
Ciò ha provocato una reazione della comunità valsusina, della larga maggioranza dei suoi amministratori e dei presidenti delle comunità montane, con i fatti che purtroppo si sono verificati all'inizio del mese e con una militarizzazione incredibile della valle: quasi mille unità delle Forze dell'ordine schierate in assetto antisommossa, a fronte di una situazione assolutamente pacifica e di un'interlocuzione che era stata iniziata e che è stata violentemente fermata in questo modo. Purtroppo, anche la conduzione della vicenda da parte del ministro dell'interno ha determinato un ulteriore inasprimento della situazione, per cui oggi ci si ritrova con un «muro contro muro» da cui è difficile uscire, da parte di chiunque.
La nostra preoccupazione è invece quella di riprendere un dialogo e di riaprire la situazione, a partire dallo sciopero indetto per il 16 novembre, con una marcia per tutta la Val di Susa. Tale iniziativa è denominata «Difendiamo il nostro futuro», in una valle già compromessa da una pesante infrastrutturazione, attraversata da una ferrovia, un'autostrada, due strade statali, due elettrodotti, dove passa un terzo delle merci che attraversano le Alpi e dove si vuole costruire un'altra linea ferroviaria ad alta velocità e raddoppiare il traforo autostradale del Fréjus. La mobilitazione deriva dal fatto che il Governo sta ignorando gli enormi problemi ambientali, la compromissione della vivibilità, nonché tutte le alternative a questa soluzione che sono state proposte, che si stavano discutendo e che il Governo stesso non ha assolutamente voluto prendere in considerazione.
Dunque, mi auguro che la manifestazione del 16 novembre sia un momento di riapertura del dialogo. Stanno peraltro affluendo adesioni sempre più numerose. Oggi è pervenuta l'adesione della Coldiretti, e vi sono già le adesioni di autorevoli associazioni, compresa Legambiente. Questa manifestazione contro il progetto TAV-TAC Torino-Lione e contro la seconda canna del traforo autostradale del Fréjus mi auguro si trasformi in un momento di riapertura del dialogo con il Governo, evitando un ulteriore irrigidimento, in cui non vedo alcuna soluzione e che non permette peraltro di fare nulla ai parlamentari che vorrebbero, come me, cercare di riaprire il dialogo.
È infatti evidente, e credo che dovrebbe essere evidente anche al Governo, che è impossibile imporre un'opera pubblica alla quale è contraria un'intera valle, dislocando un migliaio di unità delle Forze dell'ordine in tenuta antisommossa e facendo affermazioni come quelle del ministro Pisanu, che mi dispiace non sia più presente. Il ministro Pisanu si è assunto la responsabilità, martedì scorso in quest'aula, mentre si discuteva di tutt'altro argomento, vale a dire di una manifestazione di studenti, di mettere un'intera popolazione - che abbiamo visto come si muove: con fiaccolate, assemblee, insieme a nonni e bambini - nell'elenco dei terroristi, degli insurrezionalisti, e via dicendo. Si tratta veramente di affermazioni fuori dal mondo. Oppure provocando, come ha fatto il ministro Lunardi, non solo rompendo il dialogo con l'accelerazione dell'inizio dei sondaggi, ma anche permettendosi di dire, di fronte alla civile protesta costituita da una fiaccolata, che i manifestanti erano perditempo che non
Ci troviamo, dunque, di fronte a un'arroganza incredibile e anche ad un'irresponsabilità da parte di questo Governo. Ritengo infatti non sia ignoto al Governo stesso il fatto che in quelle valli, tra pochi mesi, si svolgeranno le Olimpiadi.
Lo stesso ministro Giovanardi, rispondendo prima ad un'interrogazione a risposta immediata presentata da una collega, ricordava che il problema delle Olimpiadi va gestito con la massima tranquillità, visto che abbiamo già il terrore di eventuali rischi di attentati terroristici provenienti da fuori, a seguito della brillante politica militare ed estera del nostro Governo, come hanno illustrato nell'interpellanza precedente le colleghe Pisa e Deiana. Non si vuole certo correre il rischio di vedere la valle dove si dovranno svolgere le manifestazioni totalmente in subbuglio, con i militari che devono mantenere l'ordine pubblico, anziché una valle pronta ad accogliere gli atleti, gli sportivi e gli spettatori che vogliono assistere alle Olimpiadi. Ci troviamo di fronte ad una irresponsabilità di non poco conto. Forse da Roma non si comprende cosa significhi per la valle questa battaglia vitale, che, peraltro, è giunta sino a Bruxelles. Come sapete, si discute della cosa anche in quella sede ed il giorno prima dello sciopero vi sarà un'iniziativa che illustrerà precisamente anche le falsità che sono state dette per accelerare i lavori.
Sono due, in particolare le obiezioni che vengono avanzate tutte le volte e che si utilizzano anche nelle interviste sui giornali. La prima è che ormai i tempi sono scaduti e che, se non iniziamo i lavori, non potremo accedere ai fondi europei. La seconda è che tutti erano d'accordo su questo progetto, tanto è vero che i programmi della regione e della provincia di Torino, concordati da tutte le forze di Governo, andavano in questa direzione. Intanto, mi pare chiaro che si tratta di una totale disinformazione che non corrisponde a verità, perché sappiamo benissimo che non vi è alcuna priorità a livello europeo per il finanziamento dei trenta progetti TEN-T. Peraltro, non essendoci ancora accordo sulle prospettive finanziarie del 2007-2013, non sappiamo neanche quanto denaro sarà disponibile (si parla di circa 20 miliardi di euro). Comunque, saranno il Parlamento, il Consiglio e la Commissione a dover decidere quali opere finanziare e con quanto denaro. È chiaro che, di fronte ad un progetto così controverso e contestato e, addirittura, con una visibilità come quella garantita dalle Olimpiadi, che già oggi è evidente su tutti i giornali nazionali e esteri e che presumibilmente si amplificherà enormemente, il Governo dovrebbe dubitare fortemente che venga scelta la priorità di questa opera.
Altra falsità è quella che i francesi avrebbero già iniziato e sarebbero convinti dell'opera (è recente un'intervista di Pininfarina dove si dicono cose del genere): ho con me il documento del ministro Dominique Perben del 14 ottobre scorso, dove si elencano i 21 progetti prioritari per la Francia e questa opera non è indicata all'interno dell'elenco.
Va bene che costruire tunnel è un business che interessa in particolare il ministro Lunardi, come abbiamo avuto modo di capire in tante occasioni durante questi anni, ma mi sembra grave imporre un tunnel di oltre 50 chilometri di collegamento fra Italia e Francia su un territorio dove è presente amianto.
Le opere olimpiche, proprio lì, in Val di Susa, sono state spostate all'ultimo minuto - quella devastante pista di bob non era possibile realizzarla dove era stata ipotizzata, sopra Ulzio - perché c'era amianto a dismisura, tant'è vero che anche la piccola opera realizzata destinata al freestyle, come denuncia il documento di Legambiente, è gravemente inquinante in quanto la sua realizzazione ha provocato il sollevamento di moltissimo amianto. Tale opera, su cui le associazioni ambientaliste svolgono un'azione di monitoraggio, rappresenta, quindi, un problema per la popolazione. Questa che, tutto sommato, è una piccola opera, che chiunque sia stato in Val di Susa ha visto sopra Ulzio,
Pensate, allora, che cosa significherà spostare tutto il materiale che comporta la realizzazione di una galleria di cinquanta e più chilometri - i lavori dureranno almeno 15 anni - e quale sarà l'incredibile disagio per questa valle martoriata che protesta - tutta la popolazione si è opposta - per quello che si vuole realizzare. Come pensate che si possano governare processi di questo genere? Fra l'altro, non si sa nemmeno se l'Unione europea finanzierà l'opera e la Francia, inoltre, non la considera tra le sue priorità. Possibile che non si possano trovare altre soluzioni?
Prima di affrontare la questione concernente l'ordine pubblico, desidero ricordare che la storia della TAV è iniziata circa 15 anni fa e, a quell'epoca, si diceva che era una linea ferroviaria ad alta velocità destinata al trasporto dei passeggeri. Peccato poi che si sia scoperto, come denuncia anche Legambiente, che mancavano i passeggeri per giustificare un così alto investimento. Attualmente, infatti, sul tratto internazionale della linea ferroviaria Torino-Lione viaggiano tre coppie di treni passeggeri al giorno, contro le diciassette che viaggiano sulla ferrovia del Brennero e i trentuno che valicano ogni giorno il Gottardo. È stato, pertanto, chiarito che era assolutamente inutile spendere tutti questi soldi per un'opera destinata ai soli passeggeri. Allora, si è cominciato a dire che l'opera sarebbe servita per spostare le merci dalla strada alla ferrovia: improvvisamente, tutti sono diventati ambientalisti. Quello che noi abbiamo sostenuto inascoltati per decenni, e cioè che bisognava trasportare le merci su rotaia è diventata, per quanto concerne questa vallata con i rischi cui ho fatto cenno prima, la linea seguita dal Governo. Ancora oggi, questa linea di pensiero la si sostiene per giustificare che tale opera si debba fare a tutti i costi. Ma, come giustamente fanno rilevare le associazioni ambientaliste, l'attrattiva dello spostamento delle merci non si gioca di certo, per quanto concerne la ferrovia, sulla velocità dei treni. Questa cosa è ridicola! Da nessuna parte si sostiene una cosa del genere. È invece la certezza dei tempi di spostamento che...
Pressoché in tutti i comuni della valle, specie nella bassa valle, si sono costituiti comitati «NO TAV», riuniti nel «Coordinamento dei comitati NO TAV», che può contare sull'impegno attivo di centinaia di persone.
In occasione delle elezioni amministrative del 2004 per il rinnovo degli organi di governo della provincia, l'ala più intransigente di tale movimento ha dato vita alla lista «NO TAV - Difendiamo il futuro», che ha riscosso circa 9 mila voti, pur senza conseguire seggi.
Alle iniziative di protesta dei giorni scorsi hanno partecipato attivamente il centro sociale autogestito «Askatasuna» di Torino ed elementi dell'area dell'estremismo antagonista, alcuni dei quali provenienti da altre città italiane e con precedenti penali per reati contro l'ordine pubblico e contro lo Stato.
Le Forze dell'ordine sono intervenute in occasione delle iniziative di protesta, svoltesi a partire dal 30 ottobre, per scortare nei siti previsti i tecnici incaricati dei lavori di sondaggio geognostico e per la vigilanza ai possibili obiettivi di azioni violente. Tali interventi, in particolare quello, di maggior rilievo, svolto il 31 ottobre in località Mompantero, sono stati condotti con professionalità, equilibrio e prudenza, senza far ricorso ad azioni coercitive nei confronti dei manifestanti.
L'accesso e la presa di possesso formale delle aree interessate dai sondaggi geologici nei siti denominati S40, S42 e S45 sono avvenuti, nella tarda serata dello stesso 31 ottobre, quando si sono concluse le manifestazioni di protesta, peraltro non formalmente preavvisate ai sensi di legge.
In quella giornata, nonostante Forze di polizia e manifestanti si siano fronteggiati a lungo, gli incidenti sono stati comunque limitati, tenuto conto del clima di forte tensione, pur essendosi registrati alcuni feriti. Per i reati accertati durante la giornata, tra cui quelli di interruzione di pubblico servizio e di resistenza a pubblico ufficiale, sono state deferite all'autorità giudiziaria 65 persone, compresi numerosi amministratori locali.
Nei giorni successivi, la protesta ha avuto una maggiore diffusione sul territorio. In particolare, il 1o novembre i locali comitati «NO TAV» si sono mobilitati, dando luogo a blocchi della circolazione ferroviaria alle stazioni di Borgone di Susa, Avigliana, Condove ed a blocchi stradali a Bruzolo (dove è stata bloccata la linea ferroviaria) e Condove, dove è stata interrotta, per circa due ore, la circolazione sulle strade statali del Monginevro e del Moncenisio.
Le Forze dell'ordine sono intervenute anche a difesa dei tecnici incaricati dei rilievi il 3 novembre, sempre sulla montagna di Mompantero, dove questi sono stati oggetto di aggressioni verbali da parte di cinque persone uscite improvvisamente dal bosco e fuggite al sopraggiungere di una pattuglia di polizia.
Concluse le rilevazioni, i tecnici sono stati «assediati» da una folla di circa 300 persone all'ingresso della strada provinciale, dalla quale si sono potuti allontanare solo a tarda sera con la scorta di un contingente di polizia.
La situazione della Valle di Susa richiede una presenza continuativa delle Forze di polizia per garantire la sicurezza del personale incaricato delle operazioni di sondaggio, la sicurezza dei cittadini residenti o in transito nella valle e, infine, la sicurezza degli stessi partecipanti alle iniziative di protesta, delle quali si è sempre garantito il libero svolgimento.
Non possano essere sottovalutati i rischi determinati dalla presenza attiva, cui accennavo, di estremisti, né il segnale preoccupante che viene dal rinvenimento, il 4 novembre, di un volantino di una organizzazione eversiva denominata «Val Susa Rossa», il quale auspica una lotta armata contro la realizzazione della TAV, e di un involucro contenente materiale esplosivo al chilometro 56 della strada statale del Moncenisio, inidoneo a esplodere.
Ricordo che, a partire dal 1996, si sono verificate azioni violente contro il progetto della TAV in danno di obiettivi ubicati in Val di Susa (ponti, ripetitori, cabine elettriche, e così via), parte dei quali sono stati rivendicati da gruppi anarchici.
Il 5 novembre, all'indomani del rinvenimento dell'involucro con il materiale esplosivo, gran parte della popolazione locale ha partecipato, pacificamente e numerosa, ad una fiaccolata di protesta e appare fortemente determinata ad impedire il proseguimento dei lavori.
Non si esclude che la contestazione contro la TAV possa sfruttare la ribalta internazionale offerta dalle Olimpiadi invernali - Torino 2006. La protesta contro questo evento sportivo, che vede mobilitato l'antagonismo di matrici no-global, autonoma e anarchica, è direttamente collegata a quella contro l'Alta velocità, in quanto inserita nella comune campagna contro le opere ad alto impatto ambientale.
Il 31 ottobre ed il 1o novembre, i più critici sin qui registrati, sono stati destinati alla questura di Torino, come rinforzo, rispettivamente 750 e 740 unità di personale della Polizia di Stato, dei Carabinieri e della Guardia di finanza.
Nei giorni successivi il loro numero è stato diminuito (dalle 330 alle 380 unità, ad eccezione dell'ultimo fine settimana: 460 il sabato, 500 la domenica).
Sono in via di definizione i servizi di vigilanza in occasione della manifestazione in programma per mercoledì 16 novembre che culminerà con un corteo da Bussoleno a Susa e alla quale, a quanto risulta, non hanno aderito, tra le altre, le organizzazioni sindacali CGIL, CISL e UIL, con l'eccezione della FIOM-CGIL.
Anche l'organizzazione di tali servizi sarà improntata alla duplice esigenza, da un lato, di prevenire disordini e violenze e, dall'altro, di garantire il diritto di tutti di manifestare pacificamente.
Nel merito della realizzazione dell'opera, sulla base degli elementi forniti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la linea ferroviaria Torino-Lione per il trasporto combinato passeggeri e merci è un progetto prioritario dell'Unione europea e costituisce l'elemento chiave del «corridoio 5» che collegherà, dapprima, Lisbona a Budapest e, successivamente, a Kiev.
La valenza strategica della linea ferroviaria Torino-Lione è stata ribadita, a livello europeo, con la decisione del suo inserimento nella quick start list dei progetti ritenuti prioritari dalla Commissione europea.
L'opera - già oggetto di uno specifico accordo internazionale sottoscritto tra Italia e Francia il 29 gennaio 2001 - è compresa tra i 14 progetti prioritari TEN (scheda n. 1: Treno ad altra velocità/Trasporto combinato Francia-Italia Lione-Torino e Torino Milano-Venezia-Trieste), recepiti dal Nuovo Piano Generale dei Trasporti e della Logistica (PGTL), approvato, dal Governo della precedente legislatura, con decreto del Presidente della Repubblica 14 marzo 2001.
Lo stesso piano, peraltro, ha imposto l'attuazione degli accordi europei relativi alle reti TEN e del protocollo trasporti della Convenzione delle Alpi.
L'opera è stata inserita nel primo programma delle opere strategiche di cui alla delibera CIPE del 21 dicembre 2001, n. 121, e confermata nei successivi aggiornamenti dello stesso programma.
La necessità dell'opera è stata, inoltre, condivisa a livello territoriale; l'intervento figura, infatti, sia nel piano regionale dei trasporti sia nel piano territoriale di coordinamento della provincia di Torino.
Il progetto complessivo prevede tre tronchi: una sezione italiana, da Torino a Bruzolo, affidata a Rete Ferroviaria Italia; una parte comune italo-francese, da Bruzolo a Saint Jean de Maurienne, affidata a Lyon Turin Ferroviaire; una sezione francese, da Saint Jean de Maurienne all'agglomerato urbano di Lione, affidata a Rete Ferroviaria Francia.
La parte comune italo-francese prevede la realizzazione di un tunnel di base, a due canne a semplice binario, della lunghezza di circa 52 chilometri tra Saint Jean de Maurienne e Venaus ed il tunnel di Bussoleno, anch'esso a due canne a semplice binario di circa 12 chilometri.
Per quanto riguarda lo stato dei lavori, è prevista una fase ricognitiva volta ad esaminare la struttura geologica del terreno, per valutare le difficoltà tecniche, nonché i metodi ed i costi di realizzazione.
Questa è la fase in cui, attualmente, ci si trova e durante la quale è necessario concentrarsi sulle soluzioni possibili e praticabili, che consentono di realizzare un'opera ritenuta necessaria per lo sviluppo economico del nostro paese, nel rispetto dell'ambiente e nella piena tutela della qualità della vita degli abitanti della valle.
Le conoscenze scientifiche e tecniche per garantire ambiente e salute esistono e si assicura che saranno sempre utilizzate.
Si dovrà anche lavorare per superare le contrapposizioni più accese ed evitare che la protesta sulla Torino-Lione si ripercuota negativamente sulle Olimpiadi di febbraio, che avranno proprio nella Valle di Susa uno dei poli di attrazione.
Sotto il profilo dell'impegno di risorse per la gestione dell'ordine pubblico, di cui gli interpellanti chiedono la quantificazione, va detto anzitutto che tale valutazione è complessa e dovrebbe tener conto, più che di un profilo quantitativo, di quello qualitativo, consistente nella distrazione di personale da altre attività di prevenzione e di repressione.
Sarebbe auspicabile che i fomentatori delle manifestazioni assumessero un atteggiamento più responsabile, in modo da evitare disagi alla popolazione e da permettere l'impiego delle Forze di polizia su altri fronti, a cominciare da quello del contrasto alla criminalità organizzata.
Se l'approccio a questo tipo di realizzazioni fosse stato simile nell'immediato dopoguerra, probabilmente oggi in Italia mancherebbero le autostrade. Quest'opera, approvata e voluta da tutti i Governi che si sono succeduti a partire dagli anni Ottanta, è tuttora sostenuta dalla provincia e dalla regione per le positive ricadute in termini di occupazione e per le opportunità di sviluppo per gli abitanti della valle.
La delibera CIPE del 3 agosto, che il ministro Lunardi ha più volte citato e che sembra l'atto che determina la fattibilità dell'opera, non esiste: ho fatto fare una ricerca dagli uffici, ma è inesistente, e non si comprende come da agosto ad oggi essa non risulti; cioè la delibera non contiene riferimenti a questa specifica opera, e questo sarebbe un primo problema su cui varrebbe la pena di indagare.
Il secondo problema e che, peraltro, quella delibera, come ha ricordato il sottosegretario Mantovano, riguarda solo una piccola tratta dell'opera, la tratta Bruzolo-Torino, che dovrebbe costare 2-3 miliardi di euro e che, come è stato detto correttamente, è prevista anche all'interno del piano di investimento delle Ferrovie (quarto addendum, mi pare fosse). Il problema però, anche qui da verificare, è se la legge finanziaria, visto che non è stata ancora approvata e per il momento ciò non è chiaro nel testo all'esame del Senato, preveda quei 2-3 miliardi di spesa.
Fatta chiarezza su questi due punti e sui finanziamenti che li riguardano (che non sono di secondaria importanza), la parte rimanente della tratta da Bruzolo all'arrivo in Francia non si sa quando e come verrà finanziata: i soldi non ci sono e voglio avvisare il Governo, che forse non lo sa, che la «quick start list» di Romano Prodi è stata accantonata, che le opere da 14 sono divenute 30 e che non è assolutamente detto che, per i motivi da me prima riferiti, l'opera di cui parliamo venga inserita tra le priorità. È dunque bene mettere i puntini sulle «i»: questa è la situazione!
Per quanto riguarda l'ordine pubblico, faccio presente che siamo in attesa di capire quante persone siano state denunciate: si parla di quasi un centinaio, tra le quali vi sono sindaci, consiglieri comunali
La mia interpellanza chiede anche se il ministro delle infrastrutturee dei trasporti e quello dell'interno, (poiché mi pare che il problema ormai, contro la nostra volontà, abbia una notevole portata in termini di ordine pubblico), rispetto alle Olimpiadi, non ritengano di fare ciò che gli abitanti hanno chiesto: una tregua olimpica affinché si chiarisca nel frattempo, proseguendo il lavoro della commissione, se i finanziamenti europei 2007-2013 verranno dirottati su quest'opera, e affinché si considerino anche le altre possibilità che da più parti sono state poste in atto.
Non posso in questo caso addentrarmi nella questione relativa alle altre soluzioni tecniche, che esistono, si conoscono benissimo, sono molto meno costose e risolvono il problema del trasferimento dei passeggeri e delle merci da subito, non tra venti anni - voglio capire, quando quest'opera sarà finita, tra venti anni, che idea avremo di quanto succederà -; inoltre, si accontenterebbero anche organizzazioni non di poco conto. Quando, infatti, ci riferiamo alla Coldiretti che annuncia, oggi, di partecipare alla mobilitazione generale in Val di Susa in quanto i coltivatori torinesi sono da sempre mobilitati contro la realizzazione della cosiddetta Torino-Lione - opera che ritengono un progetto trasportistico con pesanti impatti, di elevati costi per il territorio e per la salute della popolazione, devastante per le imprese agricole -, non stiamo parlando di nuovo dei centri sociali. Non possiamo creare un clima di attesa del candelotto, dello scontro, del volantino (sul quale, peraltro, pare vi siano grandissimi dubbi di autenticità).
Dobbiamo, invece, svelenire gli animi - spero conveniate, sottosegretario -; dobbiamo cercare di trovare una soluzione, in accordo, per esempio, con i presidenti delle due comunità montane (sono, infatti, due, dell'alta e della bassa valle di Susa) dei quali, come lei sa benissimo, uno, se non erro, è del suo partito, mentre l'altro è del centrosinistra. Quindi, anche sul posto vi è una certa trasversalità, e non una opposizione preconcetta al Governo; d'altra parte, lei sa che il sindaco di Torino, la presidente della regione ed il presidente della provincia sono d'accordo su quest'opera, ma non sono sostenuti da una salda maggioranza che la approvi. Undici consiglieri della maggioranza, nel primo momento di insediamento della Giunta regionale, hanno dichiarato di essere contro tale opera; quindi, si tratta chiaramente di una questione di sensibilità diverse, di ipotesi diverse.
Ciò che però conta, aldilà delle posizioni politiche, a mio avviso, è la volontà della gente sulla quale questa opera deve ricadere. Ribadisco che non si può ritenere di sostenere opere pubbliche di questa portata inviando sul posto il numero di agenti che lei ha indicato in questa sede rispondendo alla mia interpellanza. E per quanto tempo? Per quindici, venti anni? Per il periodo delle Olimpiadi? Non sarebbe meglio garantire almeno che le Olimpiadi si svolgano in tranquillità e che vi sia una tregua, che le stesse popolazioni hanno chiesto? Come pensate di risolvere tale problema?
Io ritengo che sarebbe stato possibile, oggi, dire questo e che sia ancora possibile, in questi giorni, dare un segno di pacificazione, mostrando di venire incontro alle popolazioni. Ciò affinché, mercoledì, i manifestanti sentano che si prende in considerazione il loro essere in quella valle, la loro volontà, le loro paure, i loro problemi - giusti e sacrosanti -, ed avvertano che non ci si intestardisce proseguendo nelle esagerazioni e nelle falsità, con dichiarazioni come quelle rilasciate dal ministro Pisanu martedì scorso o come quelle, offensive, rilasciate dal ministro Lunardi rispetto ad una manifestazione pacifica.
Si stanno diffondendo, infatti, voci su un possibile accorpamento della sede dirigenziale della soprintendenza regionale per i beni artistici, storici e demoantropologici, con sede a Matera, alla soprintendenza per i beni ambientali e architettonici di Potenza. Ho volutamente parlato di «voci», signor rappresentante del Governo, perché non voglio credere che sia stato assunto qualche provvedimento finalizzato a disporre tale accorpamento.
Tanto per mettere le cose in chiaro, signor sottosegretario, vorrei dirle che nutro la speranza che lei mi risponda che nulla è stato deciso, né sia in programma rispetto ad un'ipotesi di questo genere. Affermo ciò a ragion veduta, dal momento che, questa mattina, ho ricevuto la notizia che gli uffici del Ministero interessato, per consentirle di rispondere, hanno chiesto informazioni proprio alle strutture della soprintendenza della Basilicata, che sarebbe oggetto degli accorpamenti paventati. Dunque, evidentemente, per quanto ne possa sapere, non vi erano notizie in possesso del suo dicastero.
Veniamo allora al problema. Cos'è la soprintendenza regionale per i beni artistici, storici e demoantropologici della Basilicata, con sede in Matera? Si tratta di una sede periferica del Ministero per i beni e le attività culturali che, a seguito di un lungo ed appassionato dibattito culturale, politico ed anche parlamentare, si volle realizzare nel sopracitato comune. Vorrei ricordare che è un dibattito iniziato nei primi anni Sessanta ed approdato, nel 1971, alla decisione di costituire quella sede proprio nel capoluogo provinciale di Matera.
Perché venne deciso che la sede della soprintendenza dovesse essere stabilita in tale luogo? Forse per assegnare un posto a qualche dirigente? Oppure per premiare un territorio, magari bacino elettorale di qualche «notabile» politico? No: forse si tratta di una delle decisioni più interessanti assunte in passato. Tale scelta, infatti, venne adottata proprio per lo straordinario patrimonio storico e culturale di cui Matera è dotata, poiché nessun territorio lucano più di quello materano ha titolo per divenire un presidio di tutela, valorizzazione e produzione culturale al servizio dell'intera Basilicata, nonché di una più ampia area meridionale.
Matera, infatti, possiede uno straordinario patrimonio storico, artistico ed ambientale, oltre ad essere un eccezionale luogo del Mezzogiorno. Essa è patrimonio del mondo: il riconoscimento Unesco del 1993 non investe un singolo o isolato monumento, ma i trenta ettari dei «rioni Sassi» e l'intero altopiano murgico, dove la vicenda dell'uomo, da oltre ventimila anni, non ha subito interruzioni e pause storiche.
Il mondo universale degli studiosi e dei visitatori attenti sa benissimo che Matera rappresenta una tappa obbligata sia per quanti vogliono conoscere la storia dell'umanità, sia per coloro che desiderano trovare ispirazione alla propria tensione creativa. Per queste ragioni, il comune di Matera ha messo a disposizione, per decenni, importanti contenitori architettonici, a cominciare dall'ex monastero di
La soprintendenza, inoltre, diresse i lavori di palazzo Lanfranchi, ceduto anch'esso in comodato dal comune al Ministero per i beni e le attività culturali, dove oggi è ospitato il Museo di arte medioevale e moderna della Basilicata, il quale, tra l'altro, ospita emblematiche opere del territorio lucano, come i quadri del Seicento-Settecento napoletano, quelli della raccolta d'Errico, una raffinata antologia di Carlo Levi, nella quale è presente il grande e noto pannello della Basilicata dipinto nelle ricorrenza di Italia 1961, nonché una serie di altre opere.
Vorrei sottolineare che il comune di Matera ha messo gratuitamente a disposizione del Ministero per i beni e le attività culturali anche altro patrimonio, come, ad esempio, una preziosa area centrale della città, su cui il citato dicastero ha edificato l'ala nuova del Museo archeologico nazionale «Domenico Ridola».
Tutto questo, nelle continuità di una tradizione in cui il reale rapporto tra la comunità locale e lo Stato si è, via via, vivificato; una tradizione iniziata molto tempo prima, nei primi anni del secolo scorso, quando l'archeologo Ridola donò all'Italia, il 21 giugno 1910, la propria straordinaria collezione di reperti preistorici rinvenuti nel territorio materano, donazione accettata con legge dello Stato 9 febbraio 1911, n. 100. Una serie di attività che noi abbiamo elencato - non le ripeto per brevità - nella nostra interpellanza sono oggi organizzate nell'ambito di questo grande patrimonio, così come una serie di eventi annualmente si svolgono in quella città e nei comuni limitrofi.
Questo complesso di opere, questo complesso di eventi, questo straordinario giacimento, questo straordinario patrimonio sono presenti in un territorio molto ricco, fatto non soltanto di cose materiali, ma anche di presenza umana, di uomini, di energie, di intelligenze ed esperienze che bisogna valorizzare, e che il ministero ha valorizzato in questi anni, anche attraverso la dirigenza e la sede regionale della soprintendenza per i beni artistici, storici e demoantropologici della Basilicata, con sede in Matera.
In via generale, occorre far presente che l'articolo 1, comma 93, della legge finanziaria per l'anno 2005 ha imposto alle amministrazioni dello Stato una riduzione dei costi derivanti dalle dotazioni organiche «apportando una riduzione non inferiore al cinque per cento della spesa complessiva relativa al numero dei posti in organico di ciascuna amministrazione», al fine di rendere coerenti gli organici con i reali fabbisogni, in un'ottica di contenimento della spesa pubblica.
Il Ministero ha pertanto provveduto ad avviare un'operazione di rideterminazione della dotazione organica, operazione che era, peraltro, già stata iniziata a seguito delle recenti modifiche normative che hanno interessato il dicastero (regolamento di organizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali, decreto legislativo n. 3 del 2004; e codice dei beni culturali e del paesaggio, decreto legislativo n. 42 della 2004).
Al momento, si sottolinea che non è possibile dare alcuna anticipazione sull'entità e gli esiti di tale intervento, in quanto si tratta ancora di ipotesi lavoro che, peraltro, tengono conto del numero complessivo dei posti di organico da sottoporre a decurtazione, salvo la verifica dell'incidenza che tale decurtazione avrà sul territorio. Si segnala che anche i contatti avuti con le organizzazioni sindacali in
In ogni caso, si sottolinea che, pur a fronte del necessario adempimento dell'obbligo di ridurre gli organici, tale operazione verrà effettuata in modo da evitare riflessi negativi sull'esercizio delle funzioni di tutela, in un'ottica di garantire il mantenimento degli uffici periferici già esistenti, in considerazione della fondamentale importanza dell'attività culturale, scientifica e tecnica svolta dai predetti uffici nel territorio nazionale.
La raccomandazione è che, se c'è stata in questi anni una sovrintendenza che si è distinta per l'impegno, il lavoro e la qualità della sua identità e distinzione, è quella di Matera. Né si dimentichi che, in un rapporto felice fra il pubblico e il privato, Matera - ben più di Ferrara, di Pisa, di Mantova e di altre città - ha avuto il beneficio della presenza travolgente di un grande regista che, con un film sulla passione di Cristo, ha reso quel luogo, dai sassi di memoria di povertà e di desolazione, un luogo frequentato e fortunato, una capitale della grande civiltà italiana, che non può immaginarsi dipendente o succube di Potenza.
Se dovessi, in una economia globale, immaginare, al di là del principio della prevalenza del capoluogo, che ci fosse una sottomissione, essa dovrebbe essere di Potenza verso Matera, e non già di Matera verso Potenza, per la quantità di un patrimonio che in quella provincia è superiore e si illumina, ben più di quanto non avvenga a Potenza.
La distinzione resta inevitabile, e le due sovrintendenze tali devono essere per il principio che ha portato il Presidente del Senato, all'epoca in cui ero sottosegretario, in un incontro da me patrocinato con l'allora ministro, a stabilire una separazione territoriale fra la sovrintendenza di Lucca e quella di Pisa. Mentre si separa Lucca da Pisa per ovvie ragioni, non si può accorpare Matera, in questo momento così importante e così fertile per quella città al centro di un Mezzogiorno che rinasce, con Potenza, dannando le due città a non assommare delle virtù, ma dei limiti e dei difetti.
Quindi, esiste una sovrintendenza di Lucca - e deve esistere - e la separazione territoriale è più importante che non quella delle fasce di sovrintendenza dei beni artistici o architettonici separate, come è avvenuto con una riforma sbagliata nel Molise, in Puglia e in Calabria. È molto più giusto, invece, limitare i territori e, magari, far diventare le sovrintendenze miste, dove architettura e beni artistici sono una sola cosa, con un sovrintendente che non è in conflitto con il suo collega. Questo spirito di divisione dei territori, più controllabili perché più vicini, dà al sovrintendente una funzione reale di tutela e di controllo.
Se, poi, si aggiunge che Matera - con una grande pinacoteca quale quella ospitata da palazzo Lanfranchi, con l'opera di Carlo Levi, singolare e straordinaria - è la vera capitale, la capitale morale di quella regione, risorta dai sassi in cui si viveva una vicenda di vita disperata e desolata (oggi, chi va a palazzo Lanfranchi si rende conto di ciò che avviene), si potrà anche meditare su quanto stabilito dalla normativa recente, quasi in contraddizione con una legge di Bottai, che destinava la collezione d'Errico ad una sede a palazzo San Gervasio, condivisa oggi con palazzo Lanfranchi. L'operazione di un rapporto virtuale
In questa fertile capacità di stabilire rapporti, interpretando la norma in maniera non limitativa e, quindi, destinando quell'importante collezione, si è creato all'interno di palazzo Lanfranchi il più bel museo della Basilicata. Non mi pare che, salvo le imprese virtuose dell'attuale sindaco, allora presidente della provincia, Santarsiero, la capacità di promozione e di esibizione museale di Potenza sia paragonabile a quella di Matera, non solo per le chiese, per le grotte rupestri, per gli affreschi, ma anche per il grande museo di palazzo Lanfranchi.
Quindi, il museo della Basilicata è quello e la sovrintendenza dovrebbe stare a Potenza: è un'insensatezza! Allora, sia di guida il modello di Lucca rispetto a Pisa: separare due capitali, affinché l'occhio vigilante del funzionario o dei sovrintendenti sia tale da garantire la massima tutela e non accorpare ciò che non ha senso unire, neanche per ragioni economiche. Né quell'economia porterebbe frutti. Infatti, l'economia sta proprio nell'investire su Matera, nel dare da parte dello Stato quanto sia utile perché i privati - come è accaduto con le produzioni cinematografiche - trovino in quel luogo la possibilità di investire non nobis domine, per tutti e non soltanto per il loro vantaggio.
Per questo motivo, è chiaro che (così come esiste una provincia di Matera o il sindaco di Matera) l'identità culturale deve rispecchiarsi in una gestione della sovrintendenza che a Matera dia la propria capacità di intervento e di tutela. Vorrei sottolineare, a tale riguardo, l'insensatezza di tale scelta; ricordo le telefonate ricevute e la disperazione dei funzionari con riferimento a tale accorpamento, disposto nel nome di una capitale certamente importante, come Potenza, ma che non ha la dimensione internazionale, né il patrimonio artistico di Matera. Privilegiare quella dimensione vuol dire - esattamente come è accaduto - capire che nel dividere i territori si ha maggior tutela. Dando a Lucca ciò che è di Lucca, si fa un'operazione che fu sensata ed è sensata. Se si opera in quella direzione per Lucca, non si può operare a ritroso per Matera. Non si può tornare indietro quando si è andati avanti.
In questo senso, quindi, le considerazioni del collega Bono vanno ascoltate e sono recepite con soddisfazione, nell'impegno che chiediamo al Governo di impedire, per il vantaggio stesso del ministero, questo progetto, che soltanto un burocrate cieco può concepire, colui che non ha del territorio e della storia dell'arte una consapevolezza vera, ma fa delle mappe sulla carta, così come si dividevano i paesi africani o altri paesi attraverso delle linee rette, che non avevano niente a che fare con le identità culturali di quei territori.
Non si possono fare le sovrintendenze a tavolino, ma va misurata anche la tradizione. L'attuale soprintendente regionale Scarpellini e Paolo Venturoli, che è un grande studioso di scultura e che ha fatto una bellissima mostra a palazzo Lanfranchi, denotano che anche i funzionari che hanno lavorato a Matera si sono distinti per la qualità e l'impegno, dimostrando una passione per quel territorio che non può essere certamente tradita o ridotta ad una mortificazione, trascinando Matera alla corte di Potenza senza ragione e senza dignità.
Pertanto, esorto il sottosegretario Bono a tenere come propria la battaglia per la difesa del meridione e dei valori di quella cultura, nel nome di Carlo Levi, che sono rappresentati nel museo di Matera, e per conservare l'identità di quella sovrintendenza, a vantaggio dello Stato e anche di un'economia che voglia ridurre le spese, investendo il giusto impegno per ottenere il migliore risultato (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo - Congratulazioni).
In effetti, l'attuazione dell'accordo ha comportato una drastica riduzione dell'ambito operativo degli aderenti alle associazioni di categoria, con gravi conseguenze economiche ed occupazionali, ed ha minato la loro importante funzione a carattere socio-orientativo, che da sempre i librai, i promotori editoriali, le cartolerie e le cartolibrerie svolgono in favore degli studenti e delle famiglie italiane nell'acquisto dei libri scolastici, dei testi e del materiale di supporto scolastico.
Questa funzione sicuramente non è esercitabile tramite internet da Poste Italiane con la stessa attenzione ed efficacia del «libraio di fiducia», che resta una figura determinante a supporto e stimolo delle attività culturali, creative e di lettura extrascolastiche e che, spesso, favorisce l'acquisto dei testi scolastici da parte delle famiglie meno abbienti, applicando una rateizzazione della spesa senza oneri aggiuntivi.
In effetti, Poste italiane, in esecuzione di questo accordo, acquisterà le copie dei testi adottati dalla società Bol, posseduta dai due grandi gruppi editoriali Bertelsmann e Mondadori.
Questo accordo, che peraltro non è stato adeguatamente pubblicizzato violando norme comunitarie, ha visto nel più assoluto silenzio l'intesa tra Poste italiane, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e la suddetta società. Se consideriamo che la Bol è una società che fa parte di un determinato gruppo editoriale del nostro paese, ci rendiamo conto che in tale vicenda si inserisce una chiara violazione della legge 20 luglio 2004, n. 215, che reca «Norme in materia di risoluzione dei conflitti di interesse» e, in particolare, degli articoli 3 e 4.
Poste italiane ha ottenuto, sempre in virtù di tale accordo, dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, la lista delle adozioni dei testi con largo anticipo rispetto alle librerie e cartolibrerie. Tale anticipazione data a Poste italiane rispetto agli altri soggetti interessati alla distribuzione ed alla vendita dei libri di testo scolastici, oltre a rappresentare un indebito trattamento preferenziale di Poste italiane da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, configura, a mio avviso, una fortissima e grave distorsione strutturale del mercato che, penalizzando la tradizionali librerie e cartolibrerie, limita la concorrenza e favorisce una concentrazione senza precedenti e tale da rendere possibili abusi di posizioni dominanti.
Viviamo in una società capitalista, e le forze politiche presenti in questo Parlamento vanno in tale direzione. Tuttavia, attenzione a non confondere il capitalismo con le classiche malattie infantili del capitalismo, cioè con il capitalismo selvaggio. Questa vicenda indubbiamente rappresenta un atteggiamento culturale di capitalismo selvaggio: favorire un soggetto come Poste Italiane, peraltro controllato dal Governo, rispetto ad altri soggetti che svolgono la medesima attività, significa rendere barbaro e selvaggio il capitalismo.
Inoltre, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sempre sulla base del suddetto accordo, si è impegnato - e ha adempiuto tale impegno - a comunicare a circa 11 mila istituti scolastici, con una lettera di informativa congiunta a firma Poste italiane e Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il servizio offerto alle famiglie degli
Questa è la vicenda. Attendo una risposta seria dal Governo. Vorrei capire le ragioni, e certamente non mi accontenterò delle spiegazioni date anche sulla stampa rispetto a tale vicenda, del tipo: abbiamo consentito alle famiglie italiane di godere di un servizio; abbiamo agevolato la famiglia italiana, sotto il profilo del sostegno alla spesa per l'acquisto dei libri di testo all'inizio di ciascun anno scolastico.
Questa iniziativa - lo posso anticipare adesso - non ha avuto un felice successo e ciò non mi lascia tranquillo, anzi mi preoccupa molto in vista degli atteggiamenti, delle posizioni, dei comportamenti del Governo su questo tema negli anni a venire.
In particolare, il servizio di cui trattasi permette alle famiglie degli studenti di prenotare, via internet o via call center, i libri di testo sulla base delle adozioni deliberate dall'istituzione scolastica ai prezzi di copertina, senza costi aggiuntivi per la prenotazione e la consegna.
Il pagamento dei testi può essere effettuato dalle famiglie in contrassegno o con carta di credito o ancora dilazionato, a seconda della preferenza e del canale di prenotazione utilizzato dai richiedenti. Le famiglie possono controllare lo stato dell'ordine, consultando il sito di Poste italiane. I testi scolastici ordinati sono poi recapitati mediante la rete logistica di Poste italiane presso l'indirizzo richiesto dalle famiglie, in orari in precedenza concordati con esse.
Non sono previsti oneri per l'esecuzione del protocollo, né per il ministero né per le scuole, sia che esse aderiscano al protocollo sia che non aderiscano.
Va precisato che, nel rispetto del principio dell'autonomia, spetta esclusivamente alle singole scuole aderire all'iniziativa; l'adesione, pertanto, è assolutamente a discrezione delle scuole nell'esplicazione dell'autonomia loro riconosciuta dall'ordinamento. Le famiglie poi sono, a loro volta, libere di usufruire del servizio.
L'intesa, quindi, semplifica il ciclo di acquisizione dei libri di testo e determina un ampliamento dell'area distributiva, reso possibile dalla non esclusività del protocollo stesso, in quanto aggiunge un'opzione ai tradizionali canali di reperimento dei testi. Essa è perciò di rilevante utilità sociale e contribuisce ad attenuare i disagi delle famiglie e degli alunni derivanti, in particolare, dalle attese in libreria per acquistare e prenotare testi che, talvolta, non trovano.
L'iniziativa stessa riveste un particolare interesse soprattutto nelle aree del territorio che, per le motivazioni più diverse, risultano meno servite dagli usuali operatori di settore.
L'intesa tende ad assicurare alle famiglie un servizio più pratico, sicuro e conveniente e si inserisce in una precisa politica del ministero, volta al contenimento del costo dei libri, che pesano sempre più sul bilancio delle famiglie in genere e di quelle economicamente disagiate in particolare. A quest'ultimo proposito, va ricordato che, ogni anno, l'amministrazione
Vorrei precisare, altresì, che, come previsto dall'intesa, sulla base delle adesioni ricevute dagli istituti scolastici e dalle famiglie, Poste italiane e l'amministrazione scolastica verificheranno, attraverso una commissione bilaterale, se vi siano le condizioni per praticare un'offerta economicamente più vantaggiosa per le famiglie.
Come rilevato dal Ministero delle attività produttive, l'iniziativa rientra nel novero delle molteplici iniziative che il Governo sta assumendo al fine di favorire gli acquisti nell'attuale situazione economica. Infatti, molteplici sono stati gli interventi in tal senso; tra gli altri, l'iniziativa della Federazione nazionale cartolerie e cartolibrerie.
In conclusione, quindi, pur essendo comprensibili le preoccupazioni degli operatori della filiera libraria, il mercato dei libri scolastici è un mercato in regime di libera concorrenza, in cui ogni operatore, sia tradizionale che innovativo (Poste italiane, grande distribuzione, e via dicendo), può agire nel rispetto del servizio offerto al cliente finale (la famiglia).
A tale proposito, va ulteriormente sottolineato che l'accordo di cui trattasi non attribuisce alcuna situazione di esclusiva a favore di Poste italiane, tant'è che, qualora soggetti diversi da Poste italiane dovessero offrire analoghi servizi, l'amministrazione scolastica è disponibile a sottoscrivere nuovi protocolli di intesa. Il tutto, in un quadro di trasparenza e nell'esclusivo interesse dell'utenza.
Sottosegretario Bono, per conto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, lei ha affermato che l'accordo richiamato nell'interpellanza ha determinato il vantaggio per le famiglie italiane e per gli studenti di ottenere i libri di testo in tempo utile. Mi domando perché mai si sarebbe dovuto pensare che attraverso gli storici canali di distribuzione i libri di testo non sarebbero giunti in tempo utile.
Lei ha aggiunto anche, onorevole Bono, che questi libri sono senza costi aggiuntivi. Si tratta di una considerazione ardita, se pensiamo che i libri di testo hanno prezzi imposti che non possono essere né aumentati né ridotti.
Lei ha aggiunto anche che l'accordo prevede la possibilità di un pagamento dilazionato. Qui sorge una questione ancora più grave e delicata, in quanto Poste italiane si inserisce nel mercato bancario; infatti, gli uffici postali diventano tanti sportelli bancari che, peraltro, impongono a chi intende godere del servizio attraverso questa dilazione - che, tra l'altro, prevede gli interessi - l'obbligo di aprire un conto corrente postale. Quindi, doppio vantaggio: in primo luogo, perché viene svolta una attività tipicamente bancaria e, in secondo luogo, perché si registra un incremento della propria utenza.
Ma l'aspetto più grave si rinviene quando il Governo ha fatto cenno alla discrezionalità delle famiglie italiane nell'accedere a tale servizio. Ma si immagina, onorevole Bono, in che società vivremmo se il Governo imponesse l'acquisto di un bene attraverso un determinato canale o da un determinato fornitore? Non voglio neppure immaginare, per me e per i miei figli, di vivere domani in una società in cui un Governo del nostro paese possa giungere a tanto, ovvero ad obbligare una famiglia ad acquistare beni presso un determinato fornitore.
Prendo atto che il Governo risponde in questa maniera e che mi si dice che non vi è stato alcun obbligo. Vi ringrazio per lasciarmi ancora vivere in un paese, grazie a Dio, democratico!
Si è detto che, così facendo, si amplia l'area distributiva del prodotto. Si amplia? Direi di no; direi che non si amplia. Si è detto che, così facendo, si aggiunge un ulteriore canale di distribuzione. Questo è vero, ma a questo canale viene riservato un vantaggio rispetto agli altri e, quindi, in sostanza, non si amplia affatto perché con questo tipo di accordo si favorisce quel canale.
Si è parlato di convenienza. Per chi? Non ho capito per chi. Per le famiglie italiane? Non credo.
Onorevole Bono, lei ha fatto cenno ai 103 milioni di euro messi a disposizione per i libri distribuiti gratuitamente alle famiglie meno abbienti. Tuttavia, lei dimentica che questi 103 milioni di euro, corrispondenti a circa 200 miliardi o poco più di vecchie lire, erano già stati stanziati in occasione della legge finanziaria del 1999. Dunque, essi erano stati stanziati non dal Governo di centrodestra, bensì da un Governo di centrosinistra. Dal 1999 ad oggi tale somma è rimasta invariata. Il vantaggio e l'attenzione nei confronti delle famiglie, in particolare verso quelle delle fasce più deboli del nostro paese, lo avrei preferito leggere in un provvedimento del Governo che avesse aumentato tale somma. Invece, si lascia un importo identico a quello del 1999, mentre oggi siamo nel 2005. Si offre un servizio che si vuole a vantaggio delle famiglie, ma che invece favorisce un canale distributivo del prodotto e si ha - onorevole Bono, mi perdoni - la spudoratezza di dire che si fa tutto questo per dare un vantaggio e per essere vicino alle famiglie italiane.
Inoltre, nella risposta non si fa cenno alcuno alle violazioni - pur da me denunciate nell'interpellanza - delle regole comunitarie sul conferimento e in ordine all'accordo siglato. Il Ministero e Poste italiane non possono siglare un accordo senza che esso sia stato preceduto dal rispetto delle regole più elementari nella sottoscrizione di una convenzione di tal genere.
Non è stata data pubblicità adeguata a consentire il coinvolgimento dei cosiddetti altri canali, quindi degli altri soggetti addetti allo stesso settore. Oggi il ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca afferma di essere disponibile a sottoscrivere altri accordi con altri soggetti. Ma se esisteva tale disponibilità ed attenzione anche verso gli altri soggetti che distribuiscono i libri di testo e che, comunque, offrono questo servizio, perché non si è pensato di procedere nel rispetto delle normali regole di pubblicità nel momento in cui è stato sottoscritto quell'accordo? Di tutto questo non si dice nulla.
Perché non si fa cenno alla pur accennata violazione di norme che interessano la legge che regolamenta il conflitto di interesse nel nostro paese? Perché non si chiarisce chi sia BOL? L'ho spiegato nella mia interpellanza, lo ha detto la stampa e lo abbiamo letto sui giornali. Ripeto che lo abbiamo letto sui giornali e di questo dobbiamo dispiacerci, come governanti di questo paese.
Non possiamo leggere sulla stampa nazionale titoli di questo genere: «I libri scolastici in conflitto di interessi». Questo deve mortificare non soltanto chi è responsabile di questo conflitto, ma anche l'intero Parlamento, perché la questione del conflitto di interessi sta alla base della democrazia di un popolo e di un paese e delle regole che devono governare un paese, uno Stato di diritto, uno Stato democratico.
La questione è di una gravità inaudita, non si tratta della solita questione relativa al modo in cui il Governo e il ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca si sono occupati di un determinato tema. La questione è molto più ampia, ed è stata ridotta in una paginetta e mezza che mi ha letto un sottosegretario, al quale va la mia personale considerazione e stima, ma che nulla conosceva della vicenda. È stato tutto ridotto in una pagina
Si fa finta di non capire: bene, se si fa finta di non capire, sappia il Governo che continuerò a prestare attenzione a questo tema e aspetterò, probabilmente il prossimo anno scolastico, per vedere realizzato quanto da lei affermato, onorevole Bono, per conto del ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, circa l'apertura ad altri canali di distribuzione.
Vedremo se ci sarà questa apertura e se possiamo vivere in un mercato libero e in uno Stato in cui c'è concorrenza, in cui tutti hanno le stesse possibilità, e non in uno Stato in cui determinate possibilità vengono date soltanto a chi, in qualche maniera, è legato con i poteri forti del nostro paese!
Il presidente della Commissione bilancio, anche a nome del presidente della Commissione trasporti, ha comunicato, sempre con lettera in data odierna, che le Commissioni riunite, preso atto del preannuncio della richiesta di differimento, non hanno ritenuto vi fossero le condizioni per la conclusione dell'esame in sede referente del disegno di legge n. 6139, di conversione del citato decreto-legge in materia di finanza pubblica ed in materia aeroportuale.
Alla luce di tali elementi, la discussione del disegno di legge n. 6139, già prevista per lunedì 14 novembre, non avrà luogo.
La Conferenza dei presidenti di gruppo potrà, ovviamente, valutare il successivo iter del provvedimento.
ARMANI ed altri; BENVENUTO ed altri; LETTIERI e BENVENUTO; LA MALFA ed altri; DILIBERTO ed altri; FASSINO ed altri; D'INIZIATIVA DEL GOVERNO; ANTONIO PEPE ed altri; LETTA ed altri; LETTIERI ed altri; COSSA ed altri; D'INIZIATIVA DEL GOVERNO; GRANDI ed altri: Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari (Approvato, in un testo unificato, dalla Camera e modificato dal Senato) (2436-4543-4551-4586-4622-4639-4705-4746-4747-4785-4971-5179-ter-5294-B).
- Relatori: Romoli (per la VI Commissione) e Saglia (per la X Commissione).