Allegato B
Seduta n. 577 del 31/1/2005


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INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

BALLAMAN. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la provincia regionale di Palermo deliberò, in data 30 dicembre 1992 n. 191/14/C, l'acquisto di un immobile per uso scuola di 2 grado, per il prezzo di lire 18.300.000.000, con perizia di stima eseguita dall'Ufficio tecnico provinciale;
detta delibera poneva due condizioni per la stipula notarile:
1) il Nulla Osta Prefettizio legge 218/1896;
2)il parere di congruità dell'U.T.E.;
dal dicembre 1992 al marzo 1996 vi è stata una irremovibile stasi con alterna trasmissione di lettere e di mancati pareri tra l'U.T.E., la prefettura e la provincia;
la provincia non volle stipulare l'atto senza il Nulla Osta prefettizio, attuando una disparità di trattamento perché nei precedenti rogiti non solo stipulava senza Nulla Osta, ma lo richiedeva in fase postuma;
la prefettura non dava il Nulla Osta perché, a suo dire, l'U.T.E. non le rilasciava parere di congruità, non tenendo conto che la legge 241/1990 (articolo 17) le permetteva di chiedere parere ad altro organo equipollente;
la prefettura ignorava che il tempo massimo di permanenza nella stessa dei procedimenti amministrativi, relativi all'autorizzazione per gli acquisti di comuni, province e persone giuridiche relative alla legge 218/1896 è pari a 120 giorni;
l'U.T.E., in tempi successivi, comunicava alla provincia ed al prefetto di non poter più effettuare consulenze;
questa conflittualità durò tre anni e sei mesi senza alcuna volontà dei tre enti di chiudere il procedimento con la stipula dell'atto o con la revoca della delibera;
la Portofino Costruzioni con esposto del 6 novembre 1995, al presidente della regione Sicilia ed a altri indirizzi, chiese:
1)alla Provincia il perché della disparità di trattamento, considerato che in precedenza erano stati stipulati tutti gli acquisti senza Nulla Osta prefettizio;
2)alla Prefettura, notizie sulla legge 218/1896 (valenza patrimoniale e non di visto sui contratti e validità della legge in Sicilia);
3)all'Assessorato EE.LL., l'ispezione affinché il procedimento fosse chiuso al più presto;
4)alla Corte dei conti, in relazione ai danni creati all'Erario;
il servizio ispettivo dell'Assessorato EE.LL. si attivò immediatamente chiedendo:
a) alla provincia un rapporto esauriente sull'accaduto;
b) al ministero dell'interno la valenza del Nulla Osta;


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c) al ministero delle finanze di impartire disposizioni all'U.T.E. che non voleva eseguire la congruità per conto del prefetto sul tipo di perizia da eseguire;
il Ministro dell'interno, in data 6 marzo 1996 comunicava al prefetto ed all'assessorato che detto Nulla Osta ha valenza patrimoniale e non di visto sui contratti;
il prefetto di Palermo, acquisito il parere del ministero, ne estese la conoscenza al presidente della provincia, ai sindaci ed alla CO.RE.CO.;
lo stesso prefetto, contrariamente a quanto comunicatogli dal ministero dell'interno, nel Nulla Osta rilasciato alla provincia, impose il prezzo di lire 11.800.000.000 stabilito dall'U.T.E., contro il prezzo della delibera di acquisto. Ha quindi imposto il prezzo violando le disposizioni impartite dal ministero dell'interno relative alla valenza patrimoniale del Nulla Osta. Ha aggiunto ben otto clausole non di pertinenza prefettizia. Ha imposto la pubblicazione di detto decreto sulla gazzetta regionale Siciliana. Tale Nulla Osta è palesemente illegittimo;
il ministero delle finanze, con lettera del 6 marzo 1996 comunicò all'U.T.E. di rilasciare un parere di congruità sull'immobile, specificando che trattavasi di immobile di civile abitazione, dove non era applicata la legge 626/1994;
il suddetto ministero precisava all'U.T.E. di non doversi interessare dei riferimenti sopraccennati, ma doveva solo limitarsi all'esame dell'immobile nello stato di fatto in cui si trovava ed accertare quali opere andavano fatte per la trasformazione a scuola;
la provincia di Palermo rispose che alla data di perizia dell'immobile, lo stesso era pronto all'uso senza bisogno di adeguamenti o di trasformazioni;
il progettista e direttore dei lavori, ingegner Angelo Troja, realizzò quell'opera all'inizio degli anni '90 applicando la legge 46/1990 sugli impianti elettrici, la legge 626/1994 sulla sicurezza dei lavoratori, la legge 242/1996 sulla presenza di determinate strutture (cineforum, sala medica, infermeria, ...), le ultime disposizioni in materia di asili nido e la legge Falcucci per l'utilizzo della palestra da parte dei giovani del quartiere, realizzando una struttura all'avanguardia per tecnologie e vivibilità degli spazi;
l'U.T.E. non tenne conto della lettera del ministero delle finanze e decise di valutare l'immobile in maniera difforme da tutte le perizie di congruità eseguite fino a quel momento, classificandolo come una semplice aggregazione di uffici e locali di svago e non come scuola non tenendo conto delle relative opere elencate in tutte le altre stime redatte;
così facendo, l'U.T.E., attuò una disparità di trattamento tra la congruità eseguita sull'immobile di civile abitazione della Portofino Costruzioni e su tutte le congruità degli immobili di civile abitazione degli altri edifici di Palermo utilizzati per scuola;
la congruità del tecnici dell'U.T.E. è stata successivamente smentita dalla perizia del C.T.U. del tribunale civile di Palermo, dal servizio ispettivo EE.LL. della regione Sicilia e da innumerevoli testimonianze di giornalisti, autorità e presidi -:
se sia legittimo il decreto del prefetto pro tempore di Palermo che ha rilasciato un nulla osta, secondo l'interrogante, difforme dalle disposizioni comunicategli per tempo dal ministero stesso su sollecitazione dell'assessorato enti locali;
nel caso in cui lo reputi illegittimo, se non intenda procedere alla revoca del Nulla Osta rilasciato attivandosi per l'emanazione di un parere legittimo e conforme alle disposizioni del ministero, al fine di permettere alla società Portofino Costruzioni di tutelare la propria immagine, i propri interessi o se non intenda avviare la procedura per l'annullamento straordinario della delibera viziata da illegittimità ai sensi dell'articolo 138 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267;


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quali siano le ragioni per cui l'ufficio tecnico erariale abbia negato - procedendo secondo l'interrogante ad una disparità di trattamento nei confronti della società Portofino, rispetto alle altre società - i costi di trasformazione a scuola considerandola come aggregazione di uffici e locali di svago e non considerando un certificato della USL, presente negli atti dell'U.T.E., che la legittimava all'utilizzo di scuola media superiore ed inferiore;
se intenda attivarsi, quindi, perché sia revocata la perizia dell'U.T.E., già smentita dalla perizia del C.T.U. del tribunale di Palermo ormai diventata esecutiva in quanto non impugnava né dall'U.T.E., né dalla provincia, né dal prefetto.
(4-09957)

Risposta. - La vicenda segnalata dall'interrogante trae origine dalla decisione espressa dalla Provincia regionale di Palermo, con delibera del 30 dicembre 1992, di acquistare un immobile di proprietà della Portofino Costruzioni S.r.l, da adibire a scuola di 2o grado, per un importo di Lire 18.300.000.000, a seguito di perizia di stima eseguita dall'Ufficio tecnico della Provincia stessa.
Al riguardo, l'Agenzia del territorio ha rappresentato che in detta vicenda è interessato l'Ufficio provinciale del territorio di Palermo, il quale ha espresso il proprio parere di congruità sul predetto prezzo di acquisto - determinato in Lire 11.800.000.000 - in data 12 giugno 1996, a seguito di richiesta avanzata dalla locale Prefettura, in quanto Amministrazione competente per il rilascio del nulla-osta, ai sensi della legge 21 giugno 1896, n. 218.
A tal proposito, la predetta Agenzia ha precisato che, in riscontro a detta richiesta prefettizia, l'Ufficio provinciale eccepì la propria «incompetenza istituzionale» alla formulazione del parere
de quo, fornendo esaurienti motivazioni al riguardo. Della questione sono stati interessati gli organi centrali del ministero dell'economia e delle finanze e del ministero dell'interno.
A seguito di una copiosa corrispondenza, protrattasi per lungo tempo, ma necessaria per la specificità del caso in esame (presenza di una delibera d'acquisto, stima già eseguita dall'organo tecnico dell'ente acquirente, considerazioni circa l'applicabilità delle norme di cui alla circolare n. 450 del 1993 del ministero delle finanze-Direzione centrale del demanio, eventuale obbligo di verifica, da parte dell'U.T.E., del rispetto dei requisiti di cui al decreto legislativo n. 626 del 1994), la Direzione centrale dei servizi tecnici erariali dell'ex Dipartimento del Territorio ha disposto che il competente U.T.E. formulasse il parere consultivo richiesto, a condizione che gli venisse chiarito, da parte della Provincia, in via preventiva, se la congruità del prezzo dovesse essere espressa sull'edificio nello stato di fatto e di diritto in cui si trovava ovvero tenendo conto di eventuali lavori ed opere necessarie per adeguarlo all'uso cui doveva essere destinato.
A seguito delle direttive impartite dalla suddetta Direzione centrale, l'U.T.E. di Palermo, con nota del 1o aprile 1996, ha richiesto detti chiarimenti alla Provincia regionale di Palermo e successivamente, in data 13 maggio 1996, ha inviato - ai sensi della circolare n. 67 del 1994 dell'ex Dipartimento del territorio - l'elaborato estimale all'ex Direzione compartimentale per la Regione Sicilia per sottoporlo a verifica sia sotto il profilo formale che sostanziale. In detto elaborato è stato riportato, alla pagina 3: «...con propria nota n. 7104/96-1a A del 1o aprile 1996 ha interessato i competenti settori della Provincia regionale di Palermo a fornire i suddetti chiarimenti, richiesta rimasta inevasa» ed il parere di congruità è stato espresso nel presupposto di immobile nello stato di fatto e di diritto in cui si trovava.
L'ex direzione compartimentale per la regione Sicilia ha restituito, in data 1o giugno 1996, l'intero carteggio al competente Ufficio periferico di Palermo affinché fosse inoltrato direttamente alla prefettura in sede.
A tal proposito, l'Agenzia del territorio ha fatto presente che la Provincia regionale di Palermo-Settore demanio e patrimonio, con nota del 16 maggio 1996, ha trasmesso all'U.T.E. di Palermo la nota del 14 maggio 1996 del Settore edilizia della stessa Amministrazione,


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con la quale, in risposta ai quesiti richiesti dal predetto U.T.E., è stato comunicato che «La stima relativa all'immobile di che trattasi redatta da quest'Ufficio, è stata riferita all'immobile nello stato di fatto e diritto in cui si trovava al momento del sopralluogo, non prevedendo ulteriori opere di adeguamento e trasformazione».
La predetta Agenzia ha, quindi, precisato che, esaminando la sequenza, cronologica degli atti, si ha motivo di ritenere che l'Ufficio provinciale ha proceduto comunque ad inoltrare la stima alla Prefettura, come indicato dall'ex Direzione compartimentale, senza modificare la dizione «richiesta rimasta inevasa», giacché la nota della Provincia, nel frattempo ricevuta, è stata interpretata come confermativa della validità dei presupposti assunti (immobile nello stato di fatto e diritto in cui si trovava).
Pertanto, è per tale motivo, secondo l'Agenzia del territorio, che l'Ufficio provinciale, nel redigere la perizia di stima, ha ritenuto di agire sulla base delle richieste formulate dalla provincia e, quindi, «ha considerato l'immobile nello stato di fatto e di diritto in cui si trovava con specifico riferimento alla destinazione d'uso di uffici commerciali con annessi locali di svago e di divertimento legalmente posseduta dallo stesso in virtù della concessione edilizia in variante n. 289 del 31 luglio 1991... e della relativa dichiarazione di agibilità n. 2147 del 5 maggio 1994... e tenuto, inoltre, conto delle caratteristiche edilizie, rifiniture e dotazione di impianti esistenti dell'immobile stesso».
In ordine alla circostanza che l'Ufficio provinciale non avrebbe considerato il parere igienico-sanitario della U.S.L., datato 1o dicembre 1994, e, quindi, posteriore di circa due anni rispetto alla delibera della Provincia, l'Agenzia del territorio ha rappresentato che tale parere appare di scarso rilievo atteso che il presupposto determinante assunto dall'Ufficio è, come sopra detto, la destinazione d'uso legalmente posseduta dall'immobile in virtù della concessione edilizia in variante datata 31 luglio 1991 e della relativa dichiarazione di agibilità del 5 maggio 1994.
La predetta Agenzia ha, inoltre, fatto presente che, per quanto segnalato dall'Ufficio provinciale di Palermo, sulla vicenda, oggetto dell'interrogazione, sono pendenti, presso il tribunale di Palermo, i seguenti procedimenti:
a) procedimento n. 1982/01 R.G.T., presso la Sezione III penale, nei confronti dei funzionari estensori del parere di congruità imputati del reato di cui agli articoli 110, 479, in relazione all'articolo 476 codice penale, a seguito del decreto della Corte di Appello di Palermo del 19 novembre 2001 di riforma della sentenza di assoluzione del G.U.P. di Palermo dell'8 marzo 2001, limitatamente ai sottoindicati comportamenti:
1) «dichiarando falsamente di avere constatato in sede di sopralluogo l'inesistenza di tre campi da basket (indicati e descritti nella perizia dell'UTP citata), in realtà effettivamente esistenti»;
2) «dichiarando falsamente di avere constatato, in sede di sopralluogo e dalla documentazione fotografica in loro possesso, l'inesistenza di opere speciali (indicati e descritti nella perizia dell'UTP citata), in realtà esistenti, giustificate dalla documentazione fotografica e facilmente riscontrabili in sede di sopralluogo».
L'Agenzia del territorio ha, al riguardo, evidenziato che il tribunale di Palermo, con sentenza del Giudice per l'udienza preliminare, nella citata udienza dell'8 marzo 2001, nel prosciogliere (perché il fatto non sussiste) i tecnici estensori della perizia di stima, ha sentenziato che «l'UTE ha correttamente espresso una valutazione con riferimento a separate unità immobiliari per uffici commerciali con annessi locali di svago e di divertimento... (punto a) della contestazione» e che «Lo stato di fatto e di diritto è quello, formalmente e in diritto l'edificio è ciò che è descritto nella concessione edilizia».
La suddetta Agenzia ha inoltre precisato che, successivamente, la Corte di Appello di Palermo, in data 19 novembre 2001, nel provvedimento con cui ha disposto il giudizio


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nei confronti dei suindicati imputati davanti alla III Sezione penale del Tribunale di Palermo, ha riconosciuto «meritevoli di essere interamente sottoscritte» le considerazioni svolte dal G.U.P. nella sentenza citata che hanno condotto il medesimo giudice al giudizio di proscioglimento degli imputati perché «il fatto non sussiste» in ordine ai sottoindicati comportamenti:
1) «omettendo di valutare la documentazione in loro possesso - trasmessa con nota prefettizia dell'11 novembre 1995 - (e segnatamente del nulla osta igienico-sanitario rilasciato dall'USL n. 61 prot. n. 8219 del 1o dicembre 1994, attestante l'idoneità dell'immobile all'uso scolastico, il certificato di collaudo statico in relazione all'uso scolastico, il collaudo dell'impianto termico prot. 6834 del 23 marzo 1994 effettuato dai vigili del fuoco di Palermo, il parere preventivo dell'esercizio all'attività scolastica dell'8 giugno 1991, nonché tutte le certificazioni rilasciate dalle ditte abilitate afferenti gli impianti elettrici e idrici depositate presso la USL n. 58) dalla quale emerge la richiesta di acquisizione di un parere di congruità relativo ad un immobile destinato ad uso scolastico e non già ad un parere relativo a separate unità immobiliari per uffici commerciali»;
2) «dichiarando falsamente di avere tenuto conto delle caratteristiche edilizie, delle rifiniture e delle dotazioni di impianti (invero per nulla prese in considerazione nel parere, neanche con riferimento alla suesposta valutazione del complesso quale singole unità immobiliari per uffici commerciali)».
L'Agenzia del territorio ha comunicato che il procedimento penale a carico dei tecnici dell'UTE è stato rinviato all'udienza dibattimentale dell'11 gennaio 2005.
b) Procedimento presso la Sezione I civile, promosso dalla Portofino Costruzioni S.r.l. con atto di citazione del 21 maggio 2002 contro la provincia regionale di Palermo, l'Agenzia del territorio per la regione Sicilia (già Ufficio tecnico erariale), il ministero delle finanze, il prefetto di Palermo, il Ministro dell'interno e l'Assessorato alle finanze e al bilancio della regione siciliana.
Al riguardo, l'Agenzia del territorio ha comunicato che il procedimento civile per il risarcimento dei danni è stato fissato all'udienza del 9 marzo 2005, per la precisazione delle conclusioni.
Tutto ciò premesso, l'Agenzia del territorio ritiene opportuno non interferire nelle predette vicende giudiziarie, anche in considerazione della circostanza che, comunque, la provincia regionale, fin dal 5 settembre 1997, ha rinunciato all'acquisto del compendio in questione, adottando una delibera di giunta che revoca la precedente delibera di acquisto.
Infine, in ordine alla legittimità del decreto del 31 agosto 1996 del Prefetto di Palermo, autorizzativo dell'acquisto, da parte della Provincia regionale di Palermo, dell'immobile di proprietà della Portofino Costruzioni S.r.l., da destinare a scuola di 2o grado, il Ministero dell'interno ha comunicato che il TAR Sicilia-Sezione II si è pronunciato sulla legittimità del provvedimento prefettizio (sentenza n. 661 del 27 aprile 2000), respingendo il ricorso proposto dalla Portofino Costruzioni S.r.l. per l'annullamento, tra l'altro, del decreto in questione.
Successivamente, anche il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, cui è stata appellata la citata sentenza, ha respinto l'appello (decisione n. 602 del 22 novembre 2001) e, poi, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla Società interessata per la revocazione della precedente sentenza n. 602 del 2001 (sentenza n. 590 dell'11 luglio 2002).
Circa la presunta difformità del citato decreto prefettizio dalle «disposizioni» impartite dal ministero dell'interno con nota del 6 marzo 1996, il ministero dell'interno ha fatto presente che con la suddetta nota il medesimo Dicastero ha evidenziato che la Corte Costituzionale (sentenza n. 139/1972), nel pronunciarsi sul permanere in capo allo Stato, anche dopo l'attuazione dell'ordinamento regionale, del potere di autorizzare gli acquisti degli enti locali e delle persone giuridiche private, ha chiarito che il suddetto potere «non è passato agli


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organi regionali di controllo, perché trattasi di una forma particolare di intervento dello Stato, comune a tutti gli enti morali sia pubblici che privati e finalizzata non già al riscontro delle legittimità o dell'opportunità dell'atto, ma a tutelare interessi primari dello Stato ed, in particolare, intesa ad evitare l'accumulo di patrimoni immobiliari eccessivi che risultino di ostacolo alla libera circolazione dei beni».
Il ministero dell'interno ha altresì precisato che, «quanto poi all'ambito di tale forma di autorizzazione, l'individuazione delle modalità con le quali l'autorità statale deve procedere, rientri nella esclusiva valutazione, anche di natura organizzatoria, della stessa che quindi, ove lo ritenga, potrà avvalersi anche della valutazione degli organi tecnici di altre amministrazioni».
Ciò premesso, il predetto dicastero ha evidenziato che con la nota del 6 marzo 1996 non sono state impartite disposizioni, ma il ministero si è limitato a confermare la necessità dell'autorizzazione governativa per gli acquisti degli enti locali e delle persone giuridiche.
Ove, poi, per violazione si intenda che nel decreto prefettizio è stato indicato il prezzo dell'acquisto, al riguardo il ministero dell'interno, con circolare del 1o febbraio 1990, ha dato notizia a tutte le prefetture del contenuto della sentenza del TAR Lombardia, Sezione di Brescia, del 9 giugno 1989 (n. 909), affinché in sede di applicazione della normativa in materia, si tenesse conto di alcuni rilevanti principi di diritto enunciati nella sentenza stessa.
A tal proposito, il ministero dell'interno ha precisato che in tale sentenza è detto, tra l'altro, che il controllo prefettizio esercitato in funzione della predetta autorizzazione non si sostanzia in un controllo meramente formale e squisitamente estrinseco, al solo fine di stabilire se sussista la convenienza del pubblico interesse, e cioè del vantaggio dell'acquisto in relazione al prezzo pagato, bensì in un controllo di merito teso non solo alla prevenzione della cosiddetta manomorta, ma anche a preservare l'interesse patrimoniale della persona giuridica soggetta a tutela.
Nella citata nota ministeriale è stato precisato, inoltre, che «il controllo prefettizio ha per oggetto la determinazione del prezzo, la cui valutazione di congruenza costituisce un antecedente logico della comparazione tra questo e il patrimonio e le finalità dell'ente».
Circa l'opportunità di procedere all'annullamento straordinario della delibera provinciale, ai sensi dell'articolo 138, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, come auspicato dall'interrogante, il Ministero dell'interno ha comunicato che tale procedura riguarda gli atti degli enti locali viziati da illegittimità.
Infine, l'Agenzia del territorio ha comunicato che il rappresentante legale della società Portofino Costruzioni S.r.l. ha chiesto, in data 28 ottobre 2004, con nota indirizzata alla Direzione regionale del territorio della Sicilia, al Prefetto di Palermo, alla Procura della Repubblica ed alla Procura della Corte dei conti, «di confermare in autotutela il prezzo stabilito dal C.T.U. del Tribunale civile di Palermo».
Il Direttore regionale per la Sicilia, con nota del 15 novembre 2004, ha fatto presente che, sulla questione, l'Avvocatura distrettuale dello Stato «...è dell'avviso di non adottare alcun provvedimento in merito atteso che sulla materia sono pendenti un giudizio penale a carico dei tecnici dell'UTE che effettuarono la stima, nonché un giudizio civile per risarcimento danni».
La predetta Agenzia ha inoltre rappresentato che nella stessa nota, peraltro, è affermato che «...Il Consigliere della Corte dei conti, titolare della pratica, ha suggerito invece di emettere il provvedimento in autotutela per cassare il giudizio di congruità espresso dall'UTE, in quanto tale organo tecnico non avrebbe valutato delle opere speciali eseguite nell'immobile... e, a tale scopo, evitare il perpetrarsi di ulteriori danni a carico dei soggetti che non dovessero aderire alla richiesta della Portofino Costruzioni, dal momento che pende giudizio civile per risarcimento danni».
La Procura regionale della Corte dei conti con nota del 9 dicembre 2004, in riferimento alla domanda di autotutela, ha richiesto, tra l'altro, di conoscere l'esito


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delle determinazioni assunte dalla Direzione regionale che, a tal proposito, non ha ancora assunto alcuna determinazione.
L'Agenzia del territorio ha, infine, fatto presente che, in data 3 dicembre 2004, è stata posta in vendita all'incanto una porzione dell'immobile in questione, con prezzo a base d'asta di 1.281.720,00 euro, ma tale vendita non si sarebbe concretizzata in quanto il pubblico incanto è andato deserto.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Maria Teresa Armosino.

BALLAMAN. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
non si deve lasciar nulla di intentato nella prevenzione degli incidenti automobilistici;
l'incolumità e la tutela di ogni utente della strada costituisce ineludibile obbligo morale per il legislatore;
accadono con preoccupante frequenza, che rasenta il 30 per cento, casi di incidenti stradali che vedono coinvolti conducenti extracomunitari;
nel territorio della provincia di Pordenone circolano in numero sempre maggiore automezzi recanti posteriormente la lettera «P» indicante che trattasi di vettura con alla guida un non patentato che sta svolgendo privatamente lezioni di apprendimento, con due extracomunitari a bordo;
sono stati segnalati da alcuni addetti ai lavori numerosi casi di extracomunitari che, dopo aver iniziato, senza portarli a termine, i corsi di lezione nelle autoscuole pordenonesi, hanno conseguito la patente di guida in altre province, in special modo quelle di Treviso e di Venezia;
sono stati altresì segnalati molteplici casi di extracomunitari che, dopo essere stati respinti agli esami di scuola guida svoltisi nella provincia di Pordenone, conseguivano la patente presso scuole guida di altre province, prevalentemente di Treviso nella zona di Conegliano e Castelfranco Veneto, nonché di Venezia nella zona di Jesolo;
sono state segnalate in alcune di queste località casi di scuole guida che dichiaravano «nastri operativi» ovvero numero di allievi per corso, impossibili da sostenere secondo l'opinione degli addetti ai lavori;
per poter svolgere pratiche di guida in forma privata il passeggero che assiste il non patentato deve trovarsi in possesso della patente di guida da almeno dieci anni -:
se intenda mettere in atto gli opportuni controlli per verificare la fondatezza delle sopracitate segnalazioni;
se intenda sensibilizzare gli operatori delle forze dell'ordine nei controlli alle autovetture recanti all'esterno la scritta «P» segnalante presenza di prove di guida private con passeggero e conducente entrambi extracomunitari;
se intenda verificare negli anni 2002/2003 con particolare attenzione alla provincia di Treviso quanti siano coloro che pur residenti in altre province, come Pordenone, Padova, Treviso e Venezia, di fatto siano stati patentati nella provincia di Treviso al fine di verificare se siamo in presenza di veri e propri «patentifici».
(4-10029)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, in ordine alla carenza di organico dell'ufficio provinciale del dipartimento dei trasporti terrestri di Treviso occorre precisare che, effettivamente, detto ufficio lamenta una grave carenza di personale in relazione alle funzioni di competenza. Il grave deficit organico non riguarda, peraltro, solo l'ufficio di Treviso ma affligge diffusamente tutti gli uffici provinciali dell'Italia settentrionale ed è causato principalmente dal mancato turn-over del personale. Stante la generalizzata carenza


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eventuali trasferimenti tra uffici non risolverebbero i problemi organizzativi.
In ordine al grande flusso di immigrati extracomunitari che chiedono di sostenere gli esami per il conseguimento della patente di guida presso l'ufficio provinciale di Treviso si fa presente che negli ultimi anni si è registrato in tutti gli uffici provinciali del Veneto un rilevante aumento di utenti extracomunitari. Il numero di esami dedicati a questa categoria di utenti infatti è passato da 500-600 l'anno per ogni singolo ufficio della regione ad oltre 4000-5000. Ovviamente questo comporta maggiori carichi operativi per tali uffici dovuti soprattutto al fatto che i candidati stranieri possono svolgere l'esame di teoria con il metodo orale e non con il tradizionale sistema a quiz (si ricorda che con il sistema a quiz in un'ora si esaminano 12 candidati mentre con il sistema orale nello stesso arco temporale possono esaminarsi al massimo 3, 4 candidati).
Il direttore dell'ufficio di Treviso interpellato per acquisire notizie in merito ha dichiarato che per garantire l'imparzialità e la trasparenza degli esami ha favorito la rotazione degli esaminatori nelle varie sedi dove si svolgono gli esami (ma questo espediente può trovare un limite proprio in considerazione dell'esiguità del numero degli esaminatori) ed ha inoltre sottolineato le difficoltà operative dell'Ufficio.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

BATTAGLIA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in Italia un numero sempre maggiore di persone soffre di gravi intolleranze ambientali, e alcune di queste persone hanno sviluppato una grave patologia conosciuta come sensibilità chimica multipla (MCS);
tale patologia, che rende sensibili a quantità anche molto piccole di prodotti chimici e sostanze irritanti normalmente presenti nell'ambiente, può insorgere in qualsiasi momento della vita, ed ha sintomi spesso disabilitanti che colpiscono i sistemi immunitario, renale endocrino, muscolo scheletrico, nervoso, respiratorio;
la cronicizzazione dei sintomi della MCS può portare, nei casi più gravi, a lesioni ai sistemi interessati, fino ad arrivare a blocchi funzionali, collassi, emorragie, leucemie, tumori e infarti;
attualmente tale malattia non è riconosciuta dal nostro Sistema sanitario nazionale; non esistono centri adeguati per la diagnosi e cura e chi si ammala non può rivolgersi agli ospedali e ai pronto soccorso a causa dei prodotti chimici che vi vengono usati; chi ne afflitto deve abbandonare il lavoro a causa delle barriere chimiche che incontra -:
se intenda dare a tale patologia il riconoscimento di malattia rara;
se intenda procedere all'aggiornamento della lista delle malattie rare entro l'anno 2004.
(4-09800)

Risposta. - La sensibilità chimica multipla (SCM) è una complessa sindrome caratterizzata da una serie di segni e sintomi ad eziopatogenesi non ben definiti. Quasi certamente si tratta di una patologia rara, almeno in Italia, se consideriamo solo i casi drammatici e conclamati.
Tali casi presentano un quadro, a grandi linee, comune; in seguito ad un episodio di intensa ed acuta esposizione a sostanze chimiche (essenzialmente solventi), si sviluppa successivamente e con crescente intensità una reazione ad un gran numero di prodotti (dai profumi ai disinfettanti alle polveri domestiche).
La frequenza ed intensità di tali reazioni, riportabile ad ipersensibilità, ma con possibile coinvolgimento anche dei sistemi nervoso ed endocrino, deriva anche dalla diffusa presenza di tali prodotti nella vita quotidiana; la SCM rende difficile o impossibile il proseguimento di una normale esistenza senza rigide, impegnative e costose misure preventive.
Per la eziopatogenesi si ipotizza il concorso di una suscettibilità individuale e di


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agenti scatenanti ambientali, senza, peraltro, una chiara identificazione dei diversi fattori coinvolti e delle loro interazioni.
In assenza, pertanto, di adeguati protocolli diagnostici e di conoscenze sui fattori di rischio non è possibile stimare la reale incidenza della SCM; a tutt'oggi vi sono molte difficoltà, nella comunità scientifica nazionale ed internazionale ad effettuare un inquadramento nosologico di questa sindrome, per la quale numerosi Autori suggeriscono che si tratti di un gruppo di diverse entità nosologiche.
Al Registro nazionale malattie rare dell'Istituto superiore di sanità (ISS) sono pervenute varie segnalazioni di cittadini italiani affetti da SCM, unitamente alla richiesta di inclusione nell'Allegato 1 del decreto ministeriale 18 maggio 2001 n. 279 «Regolamento di istituzione della Rete Nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie».
L'ISS ha provveduto a segnalare la SCM tra le patologie da valutare per l'aggiornamento del Decreto citato; la proposta di aggiornamento rientra nelle competenze del Gruppo tecnico interregionale permanente per le malattie rare, attivo nell'ambito della Conferenza Stato-Regioni e al quale partecipano rappresentanti delle singole regioni, del ministero della salute e dell'istituto menzionato.
L'ISS, pertanto, ha attivato i necessari contatti con gli esperti italiani del settore, al fine di elaborare una raccomandazione condivisa sui criteri di diagnosi e sul trattamento terapeutico, inserendo la patologia in questione tra quelle da sottoporre alla valutazione del Gruppo citato.
È opportuno ricordare, peraltro, che gli interventi normativi, diretti ad apportare innovazioni nell'ambito delle prestazioni rientranti nei livelli essenziali di assistenza (LEA) devono essere definiti, dopo il parere definitivo dell'apposita Commissione istituita presso il Ministero della Salute (articolo 4-
bis del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito dall'articolo 1 legge 15 giugno 2002, n. 112), con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome, ai sensi dell'articolo 54, 3 comma, della legge 27 dicembre 2002 n. 289 (legge finanziaria 2003).
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

BATTAGLIA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in data 24 marzo 2004, la FIOTO (Federazione Italiana Operatori Tecnica Ortopedica) delle Tre Venezie - federazione che raggruppa la maggior parte dei fornitori e dei produttori di supporti protesici - ha dato luogo ad una giornata di protesta contro gli indicatori in base ai quali vengono riconosciuti i costi ai fornitori sui presidi, in parte a carico del SSN, per anziani e disabili;
tali indicatori, infatti, non sono stati più aggiornati dal 1995;
la protesta della FIOTO contempla anche il blocco scaglionato delle forniture di prodotti essenziali per la mobilità e l'autonomia delle persone non autosufficienti;
diverse associazioni di disabili e di familiari di portatori di handicap avevano da tempo denunciato l'arretratezza del sistema, in particolare per quel che concerne le prescrizioni, ritenute troppo spesso approssimative e poco aderenti alle necessità delle persone; i tempi di autorizzazione degli ausili, quasi sempre ingiustificatamente lunghi; i tempi per la fornitura, che superano spesso i limiti temporali posti dal decreto n. 332 del 1999; il mancato collaudo degli stessi presidi da parte delle ASL; il pagamento, da parte dell'utente, di parte dei costi -:
se non intenda adoperarsi per l'approvazione di nuovi indicatori, affinché la protesta dei fornitori dei presidi rientri prima di arrecare danno agli utenti;
se, al fine di garantire un servizio più efficiente, non ritenga necessario prendere in considerazione le richieste di anziani,


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disabili e associazioni, convocando questi soggetti attorno a un tavolo di confronto sulla materia.
(4-09874)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, va sottolineato che i cosiddetti «indicatori» sono tariffe di remunerazione per la fornitura dei dispositivi protesici, previsti nell'elenco n. 1 del nomenclatore tariffario delle prestazioni sanitarie protesiche (allegato al decreto ministeriale 27 agosto 1999, n. 332 «Regolamento recante norme per le prestazioni di assistenza protesica erogabili nell'ambito del servizio sanitario nazionale: modalità di erogazione e tariffe»): tale regime tariffario è stato introdotto nel 1999 e non nel 1995, come sostenuto dall'interrogante.
Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001 «Definizione dei livelli essenziali di assistenza», nell'ambito dell'«assistenza distrettuale», ha individuato l'«assistenza protesica», indicando la «fornitura di protesi, ortesi ed ausili tecnici ai disabili» quale prestazione di assistenza sanitaria garantita dal Servizio sanitario nazionale.
Sono state introdotte, pertanto, nuove modalità di regolamentazione della disciplina, alternative a quelle previste dal decreto ministeriale.
Nell'attuale scenario normativo, le disposizioni riguardanti le prestazioni di assistenza protesica possono essere riviste solo nell'ambito di una più generale rivisitazione della disciplina relativa ai Livelli essenziali di assistenza (LEA).
Modalità diverse di erogazione possono essere individuate, esclusivamente dalla Commissione prevista dall'articolo 4-
bis del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63 convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1 della legge 15 giugno 2002, n. 112, «Per le attività di valutazione, (...), dei fattori scientifici, tecnologici ed economici relativi alla definizione e all'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza e delle prestazioni in essi contenute».
Detta Commissione, istituita con decreto del Ministro della salute, che la presiede, si è insediata il 27 luglio 2005; al fine di supportare i lavori della Commissione, questo Ministero ha commissionato un progetto di ricerca per una «Proposta di riclassificazione dei dispositivi ed ausili tecnici erogabili e definizione di standard qualitativi di valutazione».
I risultati di tale studio, già consegnati all'Amministrazione, rappresentano un'utile base di lavoro per formulare una proposta di revisione dell'attuale nomenclatore; si sottolinea, peraltro, che detta ricerca ha interessato esclusivamente i dispositivi nomenclati (fatta eccezione per i dispositivi c.d. «monouso») e non le tariffe, la cui revisione avrebbe richiesto valutazioni di altra natura.
La proposta, pur ricomprendendo molte delle voci preesistenti, procede ad una vera e propria razionalizzazione e all'aggiornamento delle stesse, alla luce delle sopravvenute evoluzioni tecnologiche.
Attraverso un'attenta operazione di eliminazione di doppioni e ricorrenze multiple, riduce del 30 per cento circa il numero delle voci presenti nel precedente nomenclatore, con l'obiettivo di rendere inequivocabile la corrispondenza tra ausili, accessori e lavorazioni particolari.
La consultazione risulta più agevole e più favorevole l'utilizzazione per i prescrittori, che saranno facilitati nella corretta identificazione dei dispositivi e dei relativi accessori, in relazione alle esigenze degli assistiti.
D'altro canto, la proposta di una nuova nomenclazione nasce dalla determinazione di realizzare un elenco dei dispositivi ed ausili erogabili, dettagliato, per ogni articolo, nelle tecniche specifiche, nei requisiti qualitativi e nelle indicazioni cliniche, con l'elaborazione di linee guida per la manutenzione.
Presso il Ministero della salute, inoltre, è istituita la Commissione unica sui dispositivi medici (CUD), con funzione di «organo consultivo tecnico del Ministero della salute con il compito di definire e aggiornare il repertorio dei dispositivi medici, di classificare tutti i prodotti in classi e sottoclassi specifiche con l'indicazione del prezzo di riferimento» (articolo 57 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale


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e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2003).
Per quanto riguarda le disfunzioni sui tempi ed i modi di erogazione dell'assistenza protesica, occorre ricordare l'esclusiva competenza delle Amministrazioni regionali, in termini di organizzazione e gestione, nonché di controllo sull'attività delle singole Aziende sanitarie locali.
Relativamente all'auspicio formulato dall'interrogante, di convocare i soggetti interessati «attorno a un tavolo di confronto sulla materia», l'articolo 4-
bis del decreto-legge n. 63 del 2002, prevede la possibilità che ai lavori della Commissione possano essere invitati «su richiesta della maggioranza dei componenti (...), per fornire le proprie valutazioni, esperti esterni competenti nelle specifiche materie di volta in volta trattate», al fine di consentire una valutazione, quanto più esaustiva e completa, ed allargata alle diverse componenti interessate.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

BATTAGLIA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 4 della legge 4 aprile 1999 n. 91 regolamenta la dichiarazione di volontà in ordine alla donazione di organi e tessuti post mortem;
al comma 1 tale articolo stabilisce, secondo il principio del silenzio-assenso informato, che «i cittadini sono tenuti a dichiarare la propria libera volontà in ordine alla donazione di organi e di tessuti del proprio corpo successivamente alla morte, e sono informati che la mancata dichiarazione di volontà è considerata quale assenso alla donazione»;
allo stato attuale non è possibile attuare tale principio, in quanto manca il completamento di una banca dati informatica nazionale, o anagrafe sanitaria informatizzata, predisposta dal Centro Nazionale per i Trapianti, nella quale siano inseriti i nominativi di tutti i cittadini italiani, presupposto indispensabile per la registrazione dell'avvenuta notifica da parte della A.S.L. della richiesta di dichiarare la propria volontà in ordine alla donazione, nonché per la registrazione della risposta positiva o negativa o della non risposta; inoltre manca, per la compiuta realizzazione della suddetta banca dati, il completamento dell'istituzione della tessera sanitaria sull'intero territorio nazionale, in conformità a quanto disposto dal comma 20 dell'articolo 5 della legge n. 91/1999;
alla, stato attuale, vige il regime normativo provvisorio, sancito dall'articolo 23, terzo comma, della legge n. 91/1999, e reso esecutivo dal decreto ministeriale 8 aprile 2000, che prevede la possibilità, ma non l'obbligo, di manifestare la propria volontà con appositi moduli presso l'Azienda Sanitaria Locale di riferimento, che ne assicura la registrazione nella banca dati di cui sopra;
l'articolo 36 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000 n. 445 dispone inoltre l'inserimento nella Carta d'Identità Elettronica delle «opzioni di carattere sanitario previste dalla legge» -:
quando sarà completata la banca dati informatica nazionale;
quando entrerà in vigore la tessera sanitaria sull'intero territorio nazionale;
quali siano i tempi tecnici previsti per la definitiva realizzazione sull'intero territorio nazionale della Carta d'Identità Elettronica, comprensiva delle opzioni di carattere sanitario;
se non ritenga di doversi attivare affinché si preveda sin da ora un inserimento nella Carta d'Identità Elettronica delle opzioni positive o negative che siano state raccolte o che lo saranno da parte delle AA.SS.LL., in base al decreto ministeriale 8 aprile 2000, anche attraverso un invito in tal senso ai Comuni da parte del Comitato di monitoraggio della sperimentazione della Carta d'Identità Elettronica, operante presso la Direzione Centrale


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Servizi Demografici del ministero dell'interno.
(4-10434)

Risposta. - Va precisato che già dal 2000 è attivo il Sistema informativo trapianti che consente la possibilità, ad ogni cittadino, di registrare presso le Aziende Sanitarie Locali la propria volontà in materia di donazione di organi, con la certezza che questa venga rispettata. Si tratta di una modalità di dichiarazione della volontà che si affianca alle altre (tesserino del Ministero della Salute, iscrizione ad una Associazione, dichiarazione autografa) e che offre adeguate garanzie anche dal punto di vista della sicurezza e della «privacy».
In questi anni il lavoro organizzativo relativo alla cultura delle donazioni d'organo e dei trapianti non ha incontrato ostacoli.
Dal 1998, anno precedente all'approvazione della legge 1 aprile 1999 n. 91 «Disposizioni in materia di prelevi e di trapianti di organi e di tessuti», al 2003, il numero annuo delle donazioni di organo è cresciuto da 707 a 1.042, con un incremento del 47 per cento. In termini di numero di donatori per milione di abitanti, si è passati da 12,3 a 18,5 donatori.
Il silenzio-assenso, di per sé, non rappresenta uno strumento utile per incrementare il numero delle donazioni, ma solo uno strumento per l'espressione della volontà; i risultati determinanti e duraturi per la cultura della donazione si ottengono con la sensibilizzazione e l'appropriata informazione dei cittadini. Il Ministero della Salute è impegnato in diverse iniziative, realizzate di concerto con le Regioni e le Associazioni, che stanno producendo risultati, tanto più positivi se rapportati alle risorse economiche previste dalla legge menzionata, e che costituiscono un settore di rilievo nell'attività delle Strutture nazionali e regionali (Centro Nazionale, centri interregionali e centri regionali, assessorati alla Sanità, Associazioni del settore).
Le iniziative previste, fra cui le campagne nazionali, per gli anni 2002, 2003 e 2004, la settimana nazionale della donazione, le iniziative editoriali per gli operatori e per i cittadini, la realizzazione di un numero verde presso il Centro Nazionale Trapianti, hanno certamente inciso positivamente sul livello di sensibilità dei cittadini nei confronti della cultura della donazione degli organi.
Per quanto riguarda il quesito sulla tessera sanitaria, va segnalato che la realizzazione di questo documento non rientra tra i compiti assegnati al Centro Nazionale Trapianti dall'articolo 8 della legge n. 91 del 1999.
In applicazione dell'articolo 50 della DL 30 settembre 2003, n. 269, convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo, 1, legge 24 novembre 2003, n. 326, recante disposizioni in materia di monitoraggio della spesa nel settore sanitario e di appropriatezza delle prescrizioni sanitarie, il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il ministro della salute, in data 30 giugno 2004, ha previsto l'invio della Tessera Sanitaria a tutti gli aventi diritto, per il tramite dell'Agenzia delle Entrate.
La TS, che contiene i dati anagrafici e il codice fiscale dell'assistito, potrà essere utilizzata nei paesi dell'Unione Europea per usufruire delle prestazioni di assistenza sanitaria.
L'articolo 2 del decreto prevede un programma di applicazione graduale, che è iniziato, in fase sperimentale, nella regione Abruzzo dal mese di luglio 2004.
In merito al quesito relativo alla tempistica necessaria per la definitiva realizzazione, a livello nazionale, della Carta d'identità Elettronica (CIE), comprensiva delle opzioni di carattere sanitario previste dalla normativa vigente, va segnalato che tale progetto è coordinato dal ministero dell'interno e, per gli aspetti tecnici, dal Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Si conferma in fine che le informazioni di carattere sanitario e, in particolare, l'opzione, positiva o negativa, sulla volontà di donazione d'organi, saranno previste nello
standard Netlink adottato dalla Carta d'Identità Elettronica.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.


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BELLINI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano, il decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31 stabilisce le norme per una puntuale applicazione della stessa prevedendo all'articolo 13 le deroghe ammesse e assegnando alle Regioni o Province autonome la possibilità di stabilire deroghe nell'ambito dei limiti massimi stabiliti dal Ministero della sanità di concerto con quello dell'ambiente, per un periodo massimo di 3 anni. Lo stesso articolo 13 al comma 3 recita: «Sei mesi prima della scadenza di tale periodo, la regione o la provincia autonoma, trasmette al Ministero della sanità una circostanziata relazione sui risultati conseguiti, ai sensi di quanto disposto al comma 2, nel periodo di deroga, in ordine alla qualità delle acque, comunicando e documentando altresì l'eventuale necessità di un ulteriore periodo di deroga» -:
quali siano ad oggi le regioni che hanno concesso deroghe e le relazioni di accompagnamento come indicato all'articolo 13 comma 2 e cioé:
a) motivi della richiesta di deroga con indicazione della causa del degrado della risorsa idrica;
b) i parametri interessati, i risultati dei controlli effettuati negli ultimi tre anni, il valore massimo ammissibile proposto e la durata necessaria di deroga;
c) l'area geografica, la quantità di acqua fornita ogni giorno, la popolazione interessata e gli eventuali effetti sulle industrie alimentari interessate;
d) un opportuno programma di controllo che preveda, se necessario, una maggiore frequenza dei controlli rispetto a quelli minimi previsti;
e) il piano relativo alla necessaria azione correttiva, compreso un calendario dei lavori, una stima dei costi, la relativa copertura finanziaria e le disposizioni per il riesame.
(4-11174)

Risposta. - In merito all'applicazione del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, di recepimento della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano, ed in particolare dell'articolo 13, che disciplina la concessione di deroghe ai valori di parametro fissati con il citato decreto, va segnalato che il Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, ha emanato diversi decreti concernenti la richiesta di deroga pervenuta dalle regioni e province autonome.
Si fornisce, pertanto, un prospetto riepilogativo dei provvedimenti e degli elementi conoscitivi, di cui al comma 2 del citato articolo 13, come richiesto dall'interrogante.

1. Decreto 23 dicembre 2003, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 302, Serie generale, del 31 dicembre 2003, relativo alla regione Puglia

Motivi della richiesta di deroga e causa del degrado: Le infrastrutture esistenti non consentono il raggiungimento dei nuovi limiti, a causa del peggioramento qualitativo delle acque superficiali da trattare, che si è verificato negli ultimi anni a causa della siccità, con conseguente aumento della cloro-richiesta dell'acqua.
Parametri interessati: Clorito e trialometani; risultati dei controlli effettuati negli ultimi tre anni: I parametri interessati non erano oggetto di verifica prima del 25 dicembre 2003; valore massimo ammissibile proposto: 2,500 mg/l per lo ione clorito e 60 µg/l per i trialometani totali; durata necessaria della deroga: 3 anni; area geografica: Tutto il territorio regionale: quantità d'acqua fornita: 1.440.000 mc: popolazione interessata: 4.086.608 abitanti residenti (2000); eventuali effetti sulle industrie alimentari: Escluse dai provvedimenti di deroga ad eccezione di quelle di tipo artigianale con distribuzione del prodotto in ambito locale: programma di controllo ed eventuale maggiore frequenza: Intensificazione dei controlli con cadenza quindicinale;


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piano relativo all'azione correttiva: Realizzazione, negli impianti di esercizio, della filtrazione in serie «sabbia-carbone attivo granulare» dopo il trattamento di chiariflocculazione: calendario dei lavori: SI; stima dei Costi: SI; copertura finanziaria: SI.

Il decreto ha fissato per il parametro «clorito» un VMA di 1,3 mg/l e per il parametro «trialometani» un VMA di 60 µg/l per tutto il territorio regionale per la durata di un anno, e di 1,8 mg/l e 80 µg/l, rispettivamente, per le province di Foggia e Brindisi per la durata di sei mesi. Inoltre è stato richiesto all'Acquedotto Pugliese di presentare entro il 28 febbraio 2004 ed il 30 aprile 2004 specifiche documentazioni.

2. Decreto 23 dicembre 2003, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 302, serie generale, del 31 dicembre 2003, relativo alle regioni Campania, Emilia-Romagna, Lombardia, Sicilia, Toscana e province autonome di Trento e Bolzano.

Motivi della richiesta di deroga e causa del degrado: I motivi delle richieste vanno ricercati nell'introduzione, con il decreto legislativo 31/01 di valori di parametro considerevolmente inferiori rispetto ai precedenti limiti e/o all'introduzione di parametri di nuova rilevazione. La presenza nelle acque di tali parametri è comunque da ritenersi di origine idrogeologica, con eccezione del parametro Clorito per il quale si rimanda al decreto precedente. La documentazione presentata dalle autorità regionali e provinciali era stata predisposta ai fini di una richiesta di proroga da richiedere alla Commissione europea ai sensi dell'articolo 16 del citato decreto legislativo 31/01. Sentito il Consiglio Superiore di Sanità, che si era già espresso in tal proposito nella seduta del 24 ottobre 2002, con parere favorevole ma con prescrizioni che avevano determinato un grave ritardo nell'allestimento delle documentazioni, tutti i dati forniti dalle autorità regionali sono stati convertiti in richieste di deroga.
Parametro arsenico, regione Lombardia, VMA 50µg/1, durata 3 anni più 3, popolazione 309.741; Parametro arsenico, regione Toscana, VMA 50µg/l, durata 3 anni più 1, popolazione 76.700; Parametro arsenico, provincia autonoma Trento, VMA 50µg/l, durata 3 anni, popolazione 4.630; Parametro arsenico, provincia autonoma Bolzano, VMA 50 µg/l, durata 3 anni, popolazione 13.000; Parametro arsenico, regione Lazio, VMA 50µg/l, popolazione 75.000; Parametro boro, regione Toscana, VMA 3.0 mg/l, durata 3 anni più 3, popolazione 90.000; Parametro boro, regione Sicilia, VMA 1.90 mg/l, durata 3 anni, popolazione 147.000; Parametro cloriti, regione Emilia-Romagna VMA 1.3 mg/l, durata 1 anno, popolazione 1.900.000; Parametro cloriti, regione Toscana, durata 3 anni, popolazione 200.000; Parametro fluoro, regione Campania, VMA 2,5 mg/l, durata l'anno, popolazione 600.000; Parametro fluoro, regione Lazio, VMA 4.0 mg/l, popolazione 88.000; Parametro vanadio, regione Lazio, VMA 70 µg/l; Parametro selenio, regione Lazio, VMA 21 µg/l.
Eventuali effetti sulle industrie alimentari: Escluse dai provvedimenti di deroga ad eccezione di quelle di tipo artigianale con distribuzione del prodotto in ambito locale: Programma di controllo ed eventuale maggiore freguenza: SI con l'eccezione della regione Lazio; Piano relativo all'azione correttiva: SI con l'eccezione della regione Lazio; Stima dei costi; SI con l'eccezione della regione Lazio; Copertura finanziaria: SI con l'eccezione della regione Lazio.

Il decreto ha fissato i VMA richiesti per la durata di un anno.
La regione Lazio è stata esclusa dal provvedimento in attesa del completamento della documentazione.

3. Decreto 13 agosto 2004, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 203, Serie generale, del 30 agosto 2004, relativo alla regione Marche.

Motivi della richiesta di deroga e causa del degrado: Le infrastrutture esistenti non


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consentono il raggiungimento dei nuovi limiti, a causa del peggioramento qualitativo delle acque superficiali da trattare, che si è verificato negli ultimi anni a causa della siccità, con conseguente aumento della cloro-richiesta dell'acqua.
Parametri interessati: Clorito; risultati dei controlli effettuati negli ultimi tre anni: Il parametro interessato non era oggetto di verifica prima del 25 dicembre 2003; valore massimo ammissibile proposto: 1,300 mg/l; durata necessaria della deroga: 3 anni; area geografica: Comune di Gabicce (PS); quantità d'acqua fornita: estensione territoriale della deroga per l'Emilia Romagna; popolazione interessata: 30.000; eventuali effetti sulle industrie alimentari: Escluse dai provvedimenti di deroga ad eccezione di quelle di tipo artigianale con distribuzione del prodotto in ambito locale; programma di controllo ed eventuale maggiore freguenza: Intensificazione dei controlli con cadenza quindicinale; piano relativo all'azione correttiva: Sperimentazione in corso in collaborazione con l'ISS sulla disinfezione mediante UV; calendario dei lavori: 3 anni; stima dei costi: al momento non quantificata; copertura finanziaria:

4. Decreto 13 agosto 2004, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 203, Serie generale, del 30 agosto 2004, relativo alla regione Piemonte.

Motivi della richiesta di deroga e causa del degrado: Sulla base degli accertamenti effettuati, la regione ha comunicato che la presenza anomala di tale parametro è dovuta alle caratteristiche naturali dell'acquifero.
Parametri interessati: Arsenico; risultati dei controlli effettuati negli ultimi tre anni: i valori risultavano oscillanti nell'ambito del limite, di 50 µg/l, in vigore con la precedente normativa; valore massimo ammissibile proposto: 40 µg/l; durata necessaria della deroga: 1 anno; area geografica: I comuni di Castelletto Sopra Ticino, Dormelletto, Avigliana, Poirino e Quassolo; quantità d'acqua fornita: 320.000 mc; Popolazione interessata: 20.000; eventuali effetti sulle industrie alimentari: Escluse dai provvedimenti di deroga ad eccezione di quelle di tipo artigianale con distribuzione del prodotto in ambito locale; programma di controllo ed eventuale maggiore frequenza; Intensificazione dei controlli con cadenza quindicinale; piano relativo all'azione correttiva: Realizzazione di impianti di trattamento e filtrazione e realizzazione di interconnessioni delle condotte dei comuni interessati con le dorsali di approvvigionamento delle reti idriche confinanti; calendario dei lavori: SI; stima dei costi: SI; copertura finanziaria: SI.

5. Decreto 13 agosto 2004, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 203, Serie generale, del 30 agosto 2004, relativo alla regione Sardegna.

Motivi della richiesta di deroga e causa del degrado: Le infrastrutture esistenti non consentono il raggiungimento dei nuovi limiti, a causa del peggioramento qualitativo delle acque superficiali da trattare, che si è verificato negli ultimi anni a causa della siccità, con conseguente aumento della cloro-richiesta dell'acqua.
Parametri interessati: Clorito; risultati dei controlli effettuati negli ultimi tre anni: Il parametro interessato non era oggetto di verifica prima del 25 dicembre 2003; valore massimo ammissibile proposto: chiesto 3,0 mg/l concesso 1,3 mg/l; durata necessaria della deroga; 1 anno; area geografica; 312 comuni; quantità d'acqua fornita: -; popolazione interessata: circa 60.000; eventuali effetti sulle industrie alimentari: Escluse dai provvedimenti di deroga ad eccezione di quelle di tipo artigianale con distribuzione del prodotto in ambito locale; programma di controllo ed eventuale maggiore frequenza: Intensificazione dei controlli con cadenza quindicinale; piano relativo all'azione correttiva: Utilizzo di biossido di cloro e rigenerazione dei carboni attivi, 6 nuovi impianti di potabilizzazione; calendario dei lavori: parziale; stima dei costi: parziale; copertura finanziaria; parziale.


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6. Decreto 13 settembre 2004, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 222, Serie generale, del 21 settembre 2004, relativo alla regione Puglia.

Motivi della richiesta di deroga e causa del degrado: Le infrastrutture esistenti non consentono il raggiungimento dei nuovi limiti, a causa del peggioramento qualitativo delle acque superficiali da trattare, che si è verificato negli ultimi anni a causa della siccità, con conseguente aumento della cloro-richiesta dell'acqua.

Parametri interessati: Clorito e trialometani; risultati dei controlli effettuati negli ultimi tre anni: I parametri interessati non erano oggetto di verifica prima del 25 dicembre 2003; valore massimo ammissibile proposto: 1,3 mg/l per lo ione clorito e 80 µg/l per i trialometani totali per la provincia di Brindisi e 1,8 mg/l per lo ione clorito e 60 µg/l per i trialometani totali per la provincia di Foggia con l'esclusione di alcuni comuni che mantengono gli 80 µg/l per i trialometani; durata necessaria della deroga; 6 mesi; area geografica, province di Brindisi e Lecce; quantità d'acqua fornita: -; popolazione interessata: -; eventuali effetti sulle industrie alimentari: Escluse dai provvedimenti di deroga ad eccezione di quelle di tipo artigianale con distribuzione del prodotto in ambito locale; programma di controllo ed eventuale maggiore frequenza: Intensificazione dei controlli con cadenza quindicinale; piano relativo all'azione correttiva: Realizzazione di nuovi impianti di potabilizzazione; calendario dei lavori: SI; stima dei costi: SI; copertura finanziaria: SI.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

BRIGUGLIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
le precipitazioni atmosferiche verificatesi nei giorni 12 e 13 dicembre 2003 in tutto il territorio della provincia di Messina hanno determinato ingenti danni sia lungo le coste, con particolare aggravio nella zona ionica, sia lungo il nastro stradale con maggiori danni lungo le arterie che si snodano a mezza costa e lungo le aste torrentizie;
si sono pertanto registrati ingenti danni creando l'isolamento di alcuni comuni con grave pregiudizio per la pubblica e privata incolumità;
secondo una prima stima della Provincia regionale di Messina, per le opere di propria competenza, i danni verificatisi ammontano circa a 9.170.000,00 euro così suddivisi:
1. Distretto di Messina 1.270.000,00 euro;
2. Distretto Ionico e Alcantara 2.200.000,00 euro;
3. Distretto Milazzo-Barcellona-Isole Eolie 2.000.000,00 euro;
4. Distretto di Patti 1.950.000,00 euro;
5. Distretto di Mistretta 1.750.000,00 euro;
va tenuto presente che la rete stradale provinciale determina il collegamento tra i centri urbani collinari-montani ed i nuclei costieri di più recente espansione urbanistica;
in particolare, per quel che riguarda Giardini Naxos, in base a specifiche relazioni dell'amministrazione comunale, si registrano danni da mareggiata molto gravi che hanno causato la scomparsa totale di tutto l'arenile dalla foce del fiume Alcantara fino alla foce del torrente Santa Venera, con abbattimento e distruzione dei muri perimetrali di quasi tutti i fabbricati insediati in prossimità della linea di costa. Parecchie abitazioni presentano fondazioni scalzate dai marosi, cosicché anche in situazioni di mare non agitato la linea del bagnasciuga si è portata quasi a ridosso delle stesse abitazioni ed attività produttive;


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viene segnalato che l'asporto di materiale sabbioso interessa anche il rilevato naturale che era posto a ridosso dei fabbricati (siti a quota circa + 4 metri dal livello del mare), per alcuni edifici e muri di recinzione sono oggi a strapiombo, con fondazioni scoperte e potrebbero pertanto crollare e causare altri danni. Nel tratto della Via Sileno 3, sino al fiume Alcantara, per una lunghezza di circa 300 metri, è stata integralmente asportata assieme al rilevato nel quale era alloggiata la rete fognante;
il collettore in questione adduceva all'impianto di depuratore di contrada Pietrenere i liquami dei Comuni di Giardini di Naxos, Castelmola e Taormina, che in atto vengono direttamente dispersi in mare;
in località Pietrenere la condotta sottomarina di emergenza del depuratore consortile Sud (capacità 75.000 abitanti equivalenti) risulta gravemente danneggiata se non addirittura scomparsa;
nella zona fra Via Sileno 3 e la Rotonda Recanati, per un tratto di circa 200 metri, assieme al rilevato sabbioso naturale su cui poggiano le contigue abitazione è stata asportata la condotta fognante comunale ivi allocata con i relativi pozzetti di allacciamento;
la medesima Piazza Rotonda risulta gravemente danneggiata con abbattimento delle opere di protezione a mare, rimozione della mantellata in pietra lavica e scomparsa di buona parte della pavimentazione in pietra;
accanto, verso nord, il grande albergo denominato Ramada Inn presenta quasi integralmente la mantellata di protezione in pietrame lavico dispersa con distruzione di tutte le pertinenze e delle relative attrezzature;
il contiguo albergo Hellenia presenta anch'esso una vistosa perdita della mantellata lavica di protezione, per cui risulta anch'esso privo di efficaci protezioni dal mare;
in località Capo Schisò si sono registrati gravi danni alla pavimentazione di ampie aree con snellimento anche di sottofondo e orlature;
nel lungomare Tysandros, nella zona antistante la Piazza S. Pancrazio, il pennello di protezione in massi lavici, ha subito danni;
in località S. Giovanni il ristorante Lido Europa risulta gravemente danneggiato;
in tutto lo specchio d'acqua risultano dispersi o seriamente danneggiati diversi natanti;
nella zona di Recanati sono in atto scomparsi tutti i lidi balenari per l'asporto integrale degli arenili;
inoltre il fiume Alcantara nella zona contigua alla foce ha causato l'asporto del muro di recinzione del depuratore consortile della lunghezza di circa 71 metri;
le forti piogge torrenziali hanno determinato dei movimenti franosi e in alcuni punti le reti di protezione parapendio, hanno ceduto, facendo inclinare i pali di sostegno e creando un ammasso di terriccio che minaccia di franare;
una prima stima provvisoria effettuata dal Comune di Giardini Naxos ammonta a poco meno di 10 milioni di euro per i danni causati alle strutture pubbliche e in circa 6 milioni di euro per quelle private;
per quel che concerne di S. Alessio Siculo, sono altrettanto rilevanti i danni in questo comune;
in particolare i danni riscontrati interessano la viabilità del lungomare, con il danneggiamento delle opere di contenimento ed il sifonamento in numerosi punti della sede stradale, i sottoservizi (acquedotto, fognatura, elettricità), gli arredi del lungomare e si estendono anche alla parte a sud dove le acque hanno eroso la spiaggia ed il rilevato a protezione di alcune abitazioni e di quelle a nord, in prossimità della foce del torrente Agrò,


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con l'erosione delle opere di protezione di un campeggio e dell'area destinata a cantiere per le opere in corso di realizzazione;
sussiste una situazione di pericolo esistente nella zona sud, determinato dalla presenza della linea ferroviaria Messina-Catania, il cui rilevato è privo di opere di protezione e le acque durante la mareggiata ne hanno scalzato il piede, mentre il lungomare è intransitabile ed è stato chiuso con apposita ordinanza sindacale;
i danni riguardano anche alcune opere in corso di esecuzione nel quadro del progetto di rinascimento della spiaggia;
in dipendenza della situazione sopra descritta l'Amministrazione della Provincia regionale di Messina ha chiesto l'attivazione delle procedure per la dichiarazione dello stato di calamità -:
se i suddetti eventi calamitosi che hanno colpito il territorio della provincia di Messina possano rientrare nella tipologia di quelli previsti dall'articolo 2, lettera c), della legge n. 225 del 1992 e in qualunque caso se intendano adottare i provvedimenti per lo stanziamento delle necessarie risorse finanziarie al fine di ripristinare e mettere in sicurezza le infrastrutture danneggiate;
quali urgenti provvedimenti intendano adottare per far fronte alla situazione dettagliatamente descritta in premessa.
(4-12272)

Risposta. - Nei giorni 12 e 13 dicembre 2003, la Sicilia orientale, ed in particolare il territorio della provincia di Messina, è stata interessata da eccezionali eventi atmosferici che il Dipartimento della protezione civile aveva già preannunciato con un avviso di avverse condizioni meteorologiche emesso nei due giorni precedenti.
L'avviso prevedeva forti venti e mareggiate sulle coste esposte, nonché precipitazioni temporalesche localmente intense, che dalla mattinata dell'11 dicembre e per le successive 24/36 ore, avrebbero interessato i territori della Sicilia orientale, Calabria Ionica, Basilicata e Puglia.
Il Centro funzionale centrale del Dipartimento della protezione civile ha, quindi, attivato un monitoraggio dell'evento, mantenendosi in continuo contatto con le strutture tecniche regionali preposte ed ha seguito, costantemente, l'evolversi dei fenomeni meteorologici annunciati.
Le precipitazioni atmosferiche hanno colpito, in modo particolare, la Calabria meridionale e la costa compresa tra le province di Messina e di Catania e, localmente, le precipitazioni hanno avuto carattere più intenso con forti venti meridionali che hanno dato luogo a mareggiate lungo le coste siciliane e calabresi.
Questi fenomeni hanno provocato frane, smottamenti, il rigonfiamento dei torrenti e fiumare, l'interruzione della circolazione viaria e lo sgombero di alcune abitazioni situate lungo i corsi d'acqua.
A seguito di una specifica richiesta avanzata dalla regione Sicilia e riunendo in un unico provvedimento più eventi calamitosi dello stesso tipo ma verificatisi in periodi diversi nella regione stessa, è stata deliberata, in data 20 febbraio 2004, la dichiarazione dello stato di emergenza, fino al 1o marzo 2005, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
Successivamente, in data 21 maggio 2004, è stata emanata l'ordinanza di protezione civile n. 3360 con la quale il Presidente della regione Sicilia è stato nominato commissario delegato per la realizzazione dei primi interventi urgenti relativi ai danni ed ai dissesti idrogeologici.
Al Commissario è stato delegato il compito di provvedere, entro il termine del 1o marzo 2005, all'individuazione dei comuni colpiti, alla realizzazione delle opere e degli interventi per il ripristino delle infrastrutture pubbliche danneggiate, alla pulizia ed alla manutenzione straordinaria degli alvei dei corsi d'acqua ed alla prevenzione dei rischi e la messa in sicurezza relativa ai dissesti idrogeologici.
Sempre nell'ambito dello stesso limite temporale, spetta al Commissario il compito di determinare le misure volte a favorire l'immediata ripresa delle attività produttive ed il ritorno alle normali condizioni di vita della popolazione, anche attraverso


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contributi finalizzati al ristoro dei danni subiti da beni mobili ed immobili, nonché per l'autonoma sistemazione dei nuclei familiari rimasti senza tetto. Per questi ultimi i finanziamenti sono stati concessi in base a criteri di priorità e modalità attuative fissati dal Commissario stesso, tali da garantire trattamenti uniformi rispetto a quelli assicurati in analoghe situazioni d'emergenza.
Al fine di favorire una rapida attuazione degli interventi, la predetta ordinanza 3360 ha autorizzato il Commissario ad avvalersi, nel caso in cui non fosse possibile utilizzare le strutture pubbliche, dell'attività di liberi professionisti, provvedendo all'approvazione dei relativi progetti e ricorrendo, ove necessario, ad una conferenza di servizi.
Gli oneri e la relativa copertura finanziaria, considerate le esigue disponibilità del Fondo della protezione civile, sono stati assicurati, d'intesa con la regione Sicilia, facendo ricorso alla quota spettante alla regione stessa, relativa alle risorse finanziarie del Fondo regionale di protezione civile di cui all'articolo 138, comma 16, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (annualità 2003), nonché avvalendosi delle risorse finanziarie previste dalla legge 31 dicembre 1991, n. 433, così come integrata dall'articolo 4, comma 98, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria 2004), in cui è stata prevista la possibilità di utilizzare le somme stanziate dalla citata legge n. 433/1991 «per far fronte ad ogni calamità verificatasi nell'intero territorio regionale» e, quindi, anche per il ripristino dei danni conseguenti agli eventi in argomento.
Infine, per assicurare il rispetto dei termini di scadenza, il Commissario delegato dovrà predisporre dei cronoprogrammi delle attività da porre in essere, articolati in relazione alle diverse tipologie d'azione.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Carlo Giovanardi.

BULGARELLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo 17 marzo 1995 n. 230 «Attuazione alle direttive Euratom in materia di radiazioni ionizzanti», che recepisce la normativa europea, impone che le popolazioni siano accuratamente informate delle situazioni di rischio cui sono esposte «senza che le stesse ne debbano fare richiesta»; stabilisce inoltre che le informazioni debbano essere «accessibili al pubblico, sia in condizioni normali, sia in fase di preallarme o di emergenza radiologica», (articolo 129), l'articolo 130 recita infine che «Informazioni dettagliate sono rivolte a particolari gruppi di popolazione in relazione alla loro attività, funzione e responsabilità nei riguardi della collettività nonché al ruolo che eventualmente debbano assumere in caso di emergenza»;
la legge, dunque, prevede che la popolazione debba essere messa in condizioni di conoscere l'entità del rischio e i comportamenti più idonei per affrontarlo efficacemente, attraverso un sistema efficiente e affidabile di monitoraggio ambientale e sanitario e un «Piano di prevenzione e di emergenza» appositamente predisposto;
l'isola della Maddalena, in Sardegna, è da molti anni sede di basi militari Usa e Nato, al cui interno sono presenti armamenti di tipo nucleare; presso il porto di Santo Stefano, inoltre, è ormeggiata la nave-balia Uss Emory S.Land, ospitante ben 34 missili a testata nucleare Cruise Tomahawk in condizioni di massimo rischio; le autorità militari Usa evitano infatti di stoccarli nel deposito sottoroccia gestito dalla Nato perché così facendo la gestione e il controllo delle armi passerebbe al paese ospitante;
sempre presso la base di Santo Stefano sono di stanza numerosi sottomarini a propulsione nucleare, uno dei quali, in data 25 ottobre 2003, ha avuto un grave incidente in seguito al quale si è temuto per il rilascio di sostanze radioattive nelle acque dell'isola -:
se, in considerazione del grave e continuo rischio cui sono soggetti gli abitanti dell'isola della Maddalena siano state predisposte tutte le misure previste dal


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decreto legislativo 17 marzo 1995 n. 230 e se sia operativo un Piano di prevenzione e di emergenza nell'eventualità di incidenti nucleari.
(4-08363)

BULGARELLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano L'Unione Sarda ha reso noto in data 15 dicembre 2003 il piano di evacuazione della popolazione residente nella zona nord-orientale dell'isola nell'eventualità di incidente nucleare causato dai sottomarini di stanza presso la base Usa di Santo Stefano; secondo quanto riportato dal quotidiano, il piano doveva essere originariamente divulgato dalla prefettura di Sassari alla fine dello scorso mese di novembre ma, per motivi non precisati, esso fino ad oggi non era stato reso pubblico;
nel piano di evacuazione, di cui L'Unione Sarda ha pubblicato i passaggi di maggiore rilevanza, si legge che nel caso in cui il monitoraggio delle acque rilevi un aumento «drastico» del tasso di radioattività, è prevista l'evacuazione di circa 15.000 persone nell'arco di un'ora; in particolare, tra le procedure previste rientra la dichiarazione dello stato d'emergenza da parte del prefetto, l'immediato allontanamento dell'unità a propulsione nucleare che risultasse incidentata, l'interdizione del traffico marittimo, lo sgombero della popolazione civile per mezzo di traghetti, l'alloggio degli sfollati in strutture alberghiere da requisire in zone ritenute sicure, l'effettuazione di tutti i controlli medici;
secondo il piano di evacuazione, come sostiene l'interrogante, lo stato di emergenza andrebbe esteso, in caso di incidente, alle zone limitrofe costiere di Palau e della Costa Smeralda, fino a comprendere una fascia di circa 50 chilometri -:
se corrisponda al vero quanto riportato dal quotidiano L'Unione Sarda e per quale motivo la prefettura di Sassari non abbia reso pubblico il piano di emergenza in oggetto, originariamente elaborato nel 1979 e per il quale è previsto l'obbligo di verifica semestrale da parte della Protezione civile;
se non ritenga che il predetto piano non tenga conto dell'enorme aumento della popolazione civile durante il periodo estivo e che dunque, se esso effettivamente riguardasse l'evacuazione di sole 15.000 persone, possa rivelarsi drammaticamente inadeguato a far fronte all'incolumità di un numero di persone anche dieci volte superiore a quello preso in considerazione.
(4-08401)

Risposta. - La prefettura di Sassari, nel corso del 2003, ha rielaborato il piano di protezione civile, esistente da tempo e, soltanto per esigenze di riservatezza, mai reso pubblico.
La nuova stesura del piano è stata realizzata proprio al fine di superare i vincoli connessi alla classificazione di riservatezza in modo da renderlo conoscibile alla cittadinanza.
Il piano, predisposto secondo i princìpi e le direttive contenute nel decreto legislativo n. 230 del 1995 e in ordine al quale è stato recentemente acquisito il parere della Commissione tecnica per la sicurezza nucleare e la protezione sanitaria di cui all'articolo 9 del predetto decreto legislativo, necessita ancora dell'espletamento di alcuni adempimenti procedurali, per diventare pienamente operativo.
Esso contiene la pianificazione delle attività e degli interventi da espletare in caso di incidente derivante dalla presenza di sommergibile nucleare nella base di S. Stefano.
Sulla base delle valutazioni dell'APAT, il piano illustra il rischio residuo ipotizzabile, nonché tutte le misure di intervento ritenute necessarie per mitigare gli effetti dell'evento ipotizzato, seguendo moduli organizzativi e operativi in pieno accordo con i princìpi e le indicazioni della legislazione in materia e che garantiscano il coinvolgimento di tutte le strutture dello Stato, delle forze dell'ordine e di tutte le altre strutture pubbliche presenti nel territorio in una


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concezione coordinata e quanto più efficace dell'attività di intervento.
Il provvedimento si riferisce anche alla eventualità, seppur con probabilità molto bassa, che su una unità navale a propulsione nucleare, durante la presenza nelle acque dell'isola de La Maddalena, si verifichi la fuoriuscita nell'ambiente di materie radioattive allo stato aeriforme.
Una siffatta ipotesi di incidente, unitamente alle considerazioni circa le possibili conseguenze radiologiche ad esso associate, sono state oggetto di aggiornata valutazione nel documento dell'APAT «Presupposti tecnici per il piano di emergenza esterna relativo alla sosta di unità navali militari a propulsione nucleare nei porti italiani» rev. 2000, sul quale la citata Commissione tecnica per la sicurezza nucleare e la protezione sanitaria, ha espresso il proprio parere favorevole.
Con particolare riferimento all'isola de La Maddalena, nel piano è precisato che l'evento ipotizzato è stato riferito, in via cautelativa, ad unità con potenza pari a 130 MW, quindi di oltre il doppio della potenza di cui dispongono le unità presenti in quell'area che è di 60 MW, ciò comportando ovvie conseguenze sia per quanto riguarda gli effetti ipotizzati sia per gli interventi pianificati.
Le conseguenze radiologiche per le popolazioni esposte a tale evento sono riportate nel citato documento dell'APAT e, anche per la loro valutazione, sono stati messi a calcolo, dallo stesso organismo tecnico, parametri largamente cautelativi.
Nel dettaglio, il piano si articola secondo le seguenti linee generali:
non prende in considerazione e non dispone affatto l'evacuazione della popolazione de La Maddalena, in quanto non ritenuta necessaria;
prevede l'allontanamento del sommergibile incidentato dalla zona con modalità prestabilite e con mezzi previamente indicati, consistenti in un rimorchiatore sempre presente e pronto ad operare;
prevede, limitatamente alla zona di Capo d'Orso e alle aree lungo la rotta di allontanamento del mezzo navale, e solo a fini cautelativi, il semplice allontanamento, delle persone eventualmente presenti sulla costa, verso l'interno;
prende in considerazione l'ipotesi di un esodo solamente volontario degli abitanti e degli eventuali ospiti de La Maddalena al fine esclusivo di favorire l'ordinato deflusso di quanti volessero allontanarsi nonché per il loro migliore alloggiamento, se richiesto;
dispone il controllo radiometrico, anche per notevoli distanze, della contaminazione del suolo nonché della catena alimentare per eventuali necessità di intervento;
prevede gli interventi sanitari eventualmente necessari, consistenti nella misurazione della contaminazione eventuale degli abitanti e nella decontaminazione eventuale dei soli soggetti trovatisi nelle strette vicinanze della fonte della fuoriuscita ipotizzata;
prevede le modalità di informazione alla popolazione.

Si precisa, inoltre, che l'area in questione, da anni, è costantemente monitorata mediante diverse reti di rilevamento della radioattività, in corso di miglioramento tecnico, e che, per prevenire eventuali incidenti, i mezzi navali vengono accompagnati in entrata e in uscita nelle acque dell'arcipelago in funzione anticollisione e di scorta di sicurezza.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Maurizio Balocchi.

BULGARELLI. - Al Ministro della difesa, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
a Capo Teulada in provincia di Cagliari è in atto una mobilitazione da parte dei pescatori di Teulada e di Sant'Anna Arresi per i disagi derivanti dalle attività di addestramento delle forze armate;


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l'area è infatti interdetta a causa dell'attività del poligono militare ma se in passato i pescatori potevano comunque svolgere la loro attività, seppur ad intermittenza, quando non erano in corso le esercitazioni del poligono militare di Teulada, da novembre i pescatori sono condannati ad incrociare le braccia ostaggi di un mare che per secoli è stata la loro fonte di sussistenza e senza la quale il centro è condannato a morte; le ordinanze della capitaneria di porto prevedono infatti che in quelle acque, non solo non si possono gettare le reti, ma, per ragioni di sicurezza, è vietato persino il transito;
dopo una lotta lunga di anni, i pescatori hanno ottenuto il ricoscimento del diritto all'indennizzo, diritto sancito nel lontano 1976 e ribadito nel 1990 (leggi 898 del 1976, 104 del 1990) ma la lotta non si è spenta poiché a giudizio dell'interrogante, il Ministero della difesa si ostina a confondere il diritto al risarcimento danni con una benevola elemosina una tantum;
a tutto ciò bisognerebbe aggiungere i danni subìti a causa della sistematica distruzione delle risorse naturali e dell'inquinamento causato da cinquant'anni di ininterrotti mitragliamenti, cannoneggiamenti, bombardamenti, siluramenti che hanno prodotto uno scempio ambientale con pesanti conseguenze sulla fauna marina;
recentemente il segretario territoriale della CGIL locale ha sollevato per l'ennesima volta il tema dell'uranio, «denunciato» in modo esplicito fin dall'autunno 1999. Stralci della dichiarazione rilasciata a La Nuova Sardegna del 27 maggio 2004: «I militari giustificano il divieto assoluto di operare nelle aree interdette con la presenza di ordigni inesplosi perché l'area non è bonificata?». Si chiede il sindacalista ed aggiunge un'ipotesi inquietante quanto, drammaticamente probabile data l'attività del centro «Quegli ordigni potrebbero essere qualcosa di più di semplici bombe». Il divieto rivelerebbe quindi «la volontà di nascondere qualcosa d'inconfessabile». Difficile non «pensare all'uranio impoverito o ad altre forme d'inquinamento, ma le autorità militari non stanno facendo nulla per fugare dubbi e paure»;
allarmante l'altalena delle dichiarazioni dei militari che sostengono che l'area non è bonificata e, contraddittoriamente, che al termine di ogni esercitazione si prevede alla bonifica ai sensi dei regolamenti vigenti e che quindi non possono esserci seri pericoli di contaminazione radioattiva;
si tratta del poligono a più intenso utilizzo dell'Italia secondo uno studio riportato da una pubblicazione curata dallo Stato Maggiore «le esercitazioni militari possono ripercuotersi in maniera anche sensibile sull'equilibrio idrogeologico e, conseguentemente, sul suolo (erosione, lacerazione, frattura), sulla flora e sulla fauna stanziali». I risultati dello studio sono ovviamente ottimistici ma in netta contraddizione con le numerose foto disponibili che ritraggono dall'alto il poligono e mostrano una zona totalmente desertificata, un grande «buco bianco» nella parte adibita alle esercitazioni con i carri armati -:
1) se corrisponda al vero che l'area in questione non sia stata bonificata nonostante la normativa vigente imponga la bonifica al termine di ogni esercitazione;
2) se siano state svolte delle indagini approfondite per valutare l'impatto ambientale, a mare e a terra, prodotto dalle attività pre belliche e quali risultati abbiano fornito e se non si reputi necessario svolgere ulteriori studi da parte di commissioni indipendenti;
3) se sia stato avviato l'iter per l'attivazione di un sistema di monitoraggio ambientale permanente come da ultradecennale richiesta di comune e Regione, servizio i cui costi non debbono ovviamente ricadere sugli enti locali che già hanno subìto l'esproprio delle terre;
4) se, ai sensi della legge 104 del 1990, articolo 4, comma 1, si intenda corrispondere ai comuni il contributo annuo


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per le aree marittime usate dall'amministrazione militare come poligono navale;
se, ai sensi della legge 104 del 1990, articolo 4, comma 2, si intenda corrispondere alla Regione il contributo annuo rapportato anche alle zone interdette o dichiarate pericolose alla navigazione;
5) come il Governo ritenga di dover affrontare l'emergenza ambientale, occupazionale e di prevenzione sanitaria legata al poligono di Teulada.
(4-10191)

Risposta. - Le affermazioni contenute in premessa all'interrogazione sulle ipotizzate esercitazioni per la sperimentazione di armi ad Uranio impoverito sono prive di qualsiasi fondamento.
Come comunicato in precedenti atti di sindacato ispettivo, nei poligoni italiani non è previsto, né autorizzato, l'impiego di munizionamento «speciale», nel cui ambito è compreso quello all'uranio impoverito.
Le attività da svolgere in poligono vengono preventivamente valutate ed autorizzate solo dopo un esame dell'impatto ambientale e previa consultazione del Comitato Misto Paritetico costituito presso la Regione Sardegna, ai sensi della legge n. 898/1976.
Inoltre, il Regolamento del Poligono prevede la regolare effettuazione delle previste attività di bonifica al termine di ogni esercitazione; nonché, qualsiasi attività esercitativa è soggetta ad una rigorosa applicazione di specifiche norme tese a verificare il rispetto degli aspetti di sicurezza e di impatto ambientale.
Per quanto concerne la più generale problematica delle marinerie, la Difesa ha sempre considerato con la massima attenzione la questione relativa alle attività di natura addestrativa svolte presso il Poligono di Capo Teulada e le esigenze connesse all'esercizio della pesca nelle aree interdette.
A tal fine, nell'ottica di una fattiva collaborazione e per andare incontro alle aspettative delle marinerie interessate, il 19 ottobre 2004 si è tenuta una riunione, alla presenza dell'Onorevole Cicu, alla quale hanno partecipato Autorità politiche, Comandi militari e rappresentanti di categoria interessati, per esaminare gli aspetti della rinegoziazione degli indennizzi e della ridefinizione dei termini del Protocollo d'Intesa relativamente all'estensione ed al tipo di utilizzazione del Poligono.
In tale sede, è stato siglato un documento di Accordo che ha visto soddisfatte le richieste degli operatori ittici delle aree marine interessate, con particolare riguardo ai pagamenti degli indennizzi.
In particolare:
a) per il 2002 i mandati di pagamento risultano essere presso la Ragioneria Centrale, mentre i prospetti delle spettanze sono già stati inviati ai relativi Sindaci;
b) per il 2003, sono state avviate le procedure per la presentazione delle domande. È stato stabilito, altresì, che nelle indennità del 2003 venga riconosciuta ai pescatori delle Marinerie di Capo Teulada e di Sant'Anna Arresi, la specificità derivante da un maggior danno arrecato dalla prossimità della zona di mare perennemente interdetta, che ne limita le attività lavorative;
c) per l'anno 2004, i pescatori potranno presentare, nel mese di gennaio 2005, le relative domande, per sanare la situazione dei ritardi accumulati;
d) per l'anno 2005, entro gennaio sarà avviata la procedura per la corresponsione delle indennità dello stesso anno. Infatti, ai sensi del n. 154/2004 (articolo 14, comma 7), le disposizioni in materia di servitù militari (legge n. 898/1976), si applicano anche allo «sgombero di specchi d'acqua interni e marini».

In esito a ciò:
a) i pagamenti verranno effettuati nello stesso anno in cui sono avvenute le attività esercitative;
b) è prevista l'istituzione - nelle zone interessate dagli sgomberi - di appositi presidi preposti alla redazione dei «verbali di sospensione dell'attività»;
c) saranno convocati nel gennaio 2005 specifici tavoli tecnici in Sardegna per illustrare,


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nei dettagli, la normativa e per soddisfare maggiormente le esigenze delle marinerie.

Per quanto concerne la riduzione delle aree interdette, è stata disposta la riduzione del 50 per cento delle stesse, eliminando lo sgombero nella zona E311, ove sarà consentita la pesca e il transito per quasi tutto l'anno, ad eccezione di soli venti giorni in cui la suddetta area sarà interdetta per le esercitazioni navali.
La Difesa ha, altresì, dato mandato all'Istituto di Scienze Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) per eseguire uno studio approfondito sull'area marina permanentemente interdetta.
Tale Istituto effettuerà sul posto, a breve termine, una campagna di ricerca sullo stato dei fondali, finalizzata a valutare la possibilità - ove saranno garantite le condizioni di sicurezza - di trasformare l'area da perennemente interdetta a zona regolamentata, ovvero dove poter svolgere solo particolari modalità di pesca.
Riguardo, invece, i possibili rischi di alterazione delle condizioni ambientali, non è risultato, ad oggi, che nel Poligono sussista alcuna situazione pregiudizievole per l'ecosistema.
Ciò, comunque, non esclude la possibilità per gli Enti pubblici territoriali interessati, di effettuare, qualora lo ritenessero necessario e previa autorizzazione della Difesa, un'attività di monitoraggio.
In ultimo, circa la possibilità di corrispondere ai comuni un contributo annuo per le aree marittime in uso alle amministrazioni militari, il comune di Teulada, ai sensi dell'articolo 4, comma 1 della legge n. 104/1990, percepisce annualmente tale contributo, essendo l'unico comune ad avere il territorio di propria giurisdizione direttamente interessato dalle ordinanze di sgombero per l'effettuazione delle esercitazioni militari aero-terrestri e navali.
Il richiamato comma, peraltro, prevede la corresponsione del contributo in ragione di vincoli che insistono sul territorio comunale e non per quelli insistenti sulle superfici marine.
L'ulteriore richiesta, invece, di estensione del contributo alla regione Sardegna anche per le zone interdette o dichiarate pericolose alla navigazione, potrà essere esaminata in sede di concertazione tra le amministrazioni statali interessate ed i presidenti delle regioni a statuto speciale.
È di tutta evidenza, come l'azione della Difesa sia improntata alla massima trasparenza ed indirizzata ad armonizzare i molteplici aspetti che attengono alla sicurezza, all'impatto ambientale ed allo sviluppo turistico ed economico dell'area, nel rispetto dell'autonomia politica ed amministrativa della regione Sardegna.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

BULGARELLI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la Valle del fiume Munzur si trova in un ideale centro geografico del Kurdistan turco, tra le città di Erzincan a nord ed Elazig a sud, e bagna con le sue acque la città di Tunceli, centro di montagna che rappresenta una pagina fondamentale nella storia di riscatto del popolo curdo;
il fiume Munzur è un affluente del grande fiume Eufrate, che nasce in queste zone, ed è racchiuso da imponenti montagne calcaree ricchissime di acque;
la valle del fiume Munzur fu definita, per le sue alte valenze ambientali e naturalistiche come una meraviglia della natura, e introdotta nella lista dei parchi nazionali turchi in base alla Legge sulle Foreste del 1971, e successivamente dichiarata appunto parco nazionale;
successivamente però un altro Ministero turco, l'Agenzia di Stato per le opere idriche, ha progettato la costruzione di 6 dighe e 2 centrali idroelettriche, in un'area di soli 50 km quadrati, che andranno a distruggere per sempre questo ambiente di alto valore naturalistico, paesaggistico, culturale e religioso, in spregio alla legge nazionale di istituzione del parco nazionale;


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due di queste dighe sono già state costruite, le altre sono quelle che provocheranno i danni maggiori e l'inizio dei lavori è previsto entro la prossima estate, per cui è importante intervenire nei prossimi mesi;
assieme alla bellezza paesaggistica, dovuta al fatto che si tratta di una gola stretta fra alte pareti di roccia metamorfica e calcarea con il loro tipico colore rossastro, con scenari mozzafiato, e ricca di vegetazione e di acque turbinose, il grande valore ambientale di questa regione è dato dal fatto che essa possiede una eccezionale ricchezza floristica e faunistica: sono state determinate 3500 specie di piante, appartenenti a tre grandi fasce climatiche, fra cui 43 specie endemiche, cioè uniche al mondo. Fra queste riportiamo la «viola boguetiana» e il «tuncelianum», che nella lingua locale si chiama «scir», cioè un aglio selvatico utilizzabile in cucina, e che rappresenta una piccola fonte economica in questi territori, presente al mondo solo nella valle del Munzur;
la ricchezza floristica e faunistica del parco è stata studiata solo parzialmente; la più importante ricerca effettuata fin'ora risale al 1979 ad opera del professor Sinasi Yildirin, dell'università di Ankara. Dopo di che i militari proibirono l'accesso all'area anche per studi e ricerche naturalistiche, eccezion fatta, forse, per un'équipe condotta dal dottor Tuncay Kuleli;
la Turchia ha aderito alla Convenzione internazionale di Berna, che mira a salvaguardare le specie floristiche rare o minacciate di estinzione; e il Parco del Munzur possiede una specie floristica contenuta nella lista della convenzione;
l'articolo 90 della Costituzione Turca afferma che in caso di contrasto tra una Convenzione internazionale che la Turchia ha sottoscritto, e una legge del Governo (ed in questo caso la legge del Governo è quella che prevede la distruzione di questo ambiente e quindi la scomparsa di quella specie floristica), allora, quella che prevale è la Convenzione internazionale;
in questo caso la Turchia sta palesemente disattendendo la «convenzione firmata, un quarto del Parco nazionale andrà sommerso, soprattutto gli ambienti più caratteristici e sensibili, distruggendo quindi l'unico habitat per molte specie di fauna e di flora (fra cui molte specie che non esistono altrove nel mondo) che si estingueranno per sempre;
l'irreparabile distruzione ambientale non è l'unica calamità legata al progetto delle dighe il quale prevede l'evacuazione forzata di gran parte dei villaggi della vallata. Negli ultimi 15 anni sono già stati evacuati 320 villaggi su 460, e questo è stato anche effettuato tramite metodi violenti come i bombardamenti e gli incendi di questi insediamenti rurali. Altri villaggi verranno evacuati, o completamente come Nazimije che ha 3000 abitanti, o parzialmente come Pulumur (che ha 4000 abitanti), ad altri centri verranno tagliate le vie di comunicazione;
migliaia di persone, sono state e saranno così costrette ad allontanarsi dai loro luoghi di origine, dove avrebbero voluto continuare a vivere, sono stati sradicati dalle loro terre, perseguitati, costretti a lasciare la regione, a concentrarsi in altre città, trasformandosi in immigrati, privi di casa, in cerca di qualche forma di sussistenza;
per impedire qualsiasi forma di ritorno, il Governo turco ha interdetto alle popolazioni locali il pascolo delle greggi nelle zone di montagna, dove si trovano i migliori approvvigionamenti alimentari. Il pascolo rappresenta la principale fonte alimentare ed economica di questi territori di montagna, per cui la proibizione di tale attività, comporta automaticamente l'impoverimento e la costrizione di queste genti ad abbandonare la valle concentrandosi nelle aree urbane dove facile è cadere nell'alienazione;
con il progetto delle grandi dighe turche, gli sbarramenti lungo il corso dei fiumi a monte e a valle di Tunceli, lo isolerebbero «fisicamente» privandolo di maggior parte delle vie di comunicazione


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con il resto del territorio, con le città più grandi vicine che sono Elazig e Erzincan;
la popolazione curda di questa provincia non è musulmana, ma storicamente di credo alevita, che riconosce negli elementi naturali (come l'acqua) valori sacri da rispettare e conservare. Soprattutto le sorgenti d'acqua che numerose nascono dalle montagne del Munzur, sono considerate sacre e per questo al centro di riti e profonda devozione popolare e la costruzione delle dighe andrebbe a distruggere per sempre molte di queste sorgenti;
l'allontanamento di molte persone dalle campagne e la conseguente concentrazione nelle città come Elazig ed Erzincan, dove preponderante è la presenza di comunità sunnite conduce alla nascita di tensioni fra le due comunità, musulmana ed alevita;
le associazioni culturali che in Italia da anni si occupano di fare conoscere i problemi del Kurdistan, denunciano il carattere politico del progetto delle dighe nella valle del Munzur il quale non sarebbe fondata su una reale necessità idroelettrica od irrigua, ma solamente mirato ad indebolire la popolazione curda della provincia di Tunceli che è sempre stata un'area di spiccato autonomismo. I grandi progetti idrici si inseriscono quindi in continuità con le atrocità sulle comunità locali, le stragi tant'è che qui fin dai lontani anni trenta furono commesse dal Governo turco e le deportazioni di massa che cominciarono nel 1940, oggi il 90 per cento della popolazione di Tunceli vive altrove;
attualmente l'unico partito curdo legale (Dehap) rappresentato al Parlamento turco, e le varie associazioni di cittadini curdi del distretto di Dersim (nome curdo di Tunceli), rivendicano il riconoscimento dei propri diritti civili e politici, la possibilità di amministrare i propri territori, il diritto a manifestare la propria cultura in tutte le sue forme in maniera libera e democratica. Nonostante la ragionevolezza delle rivendicazioni Tunceli rappresenta per il governo turco un problema «politico» storico da risolvere una volta per tutte;
i costi del progetto idrico sono enormi, dell'ordine dei 3,5 miliardi di dollari, a fronte degli 80 milioni di dollari che si pensa ci possa essere di ritorno economico; considerati anche i soli 40 anni stimati di durata delle dighe, non risulta essere un progetto conveniente;
le dighe del Munzur non avranno grossa produzione di MW, per cui sarebbe meglio investire quei soldi per le fonti energetiche alternative, dal momento che la Turchia è all'8 posto nel mondo come quantità di energia geotermica utilizzabile e sta attualmente sfruttando solo il 2,7 per cento di quella sfruttabile;
ai primi posti in Europa come potenziale eolico sfruttabile, ed ha anche enorme potenziale solare; già diversi comuni come Ovacik sono già dotati di pannelli solari, che vengono prodotti per il 25 per cento in Europa;
gli scopi delle dighe sembrano essere quelli di produzione di energia idroelettrica e di utilizzo irriguo; ma ricordiamo che buona parte della provincia di Tunceli è montagnosa, che le grandi pianure da irrigare sono al sud del paese, quindi lontane da questa regione;
questa è l'ennesima dimostrazione di come si rapinano le risorse da una zona che ne possiede per convogliarle lontano, dove più conviene non lasciando alcun beneficio al territorio d'origine;
per di più, la diga più devastante di tutto il progetto, (Konaktepe), quella che andrà a sommergere il tratto più bello ed importante delle gole del Munzur, è stata offerta a una compagnia americana che ha in questo modo ottenuto la licenza estrazione mineraria dell'uranio presente nella stessa regione;
tutto ciò dimostra come la Turchia non abbia bisogno delle dighe del Parco nazionale del Munzur (per non parlare


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delle molte altre gia costruite che hanno modificato l'aspetto di fiumi come il Tigri e l'Eufrate);
la questione «Valle del Munzur» è una questione internazionale. I colossali progetti idrici della Turchia, la maggior parte dei quali proprio in territorio curdo, e le acque che ha già cominciato ad accaparrarsi con lo sbarramento del Tigri e dell'Eufrate che bagnano Siria ed Iraq, pongono alla Comunità europea e all'Italia una rilevante questione geopolitica e morale;
la distruzione della Valle del Munzur rappresenterebbe una sconfitta per le politiche di protezione dell'ambiente e per il popolo curdo -:
se il Governo italiano che ha ripetutamente appoggiato l'entrata della Turchia nella Comunità economica europea, non ritenga di dover intervenire con tutti gli strumenti diplomatici a sua disposizione, per fermare la distruzione della Valle del Munzur le cui implicazioni ambientali e umanitarie si annunciano gravissime;
quale sia più in generale la posizione del Governo sui grandi progetti idrici della Turchia così pregni di conseguenze strategiche e geopolitiche.
(4-11381)

Risposta. - L'Agenzia di Stato turca per le opere idriche ha confermato l'esistenza di un progetto per la costruzione della diga di Konaktepe, nella Valle del Manzur, ma non ha fornito dettagli né sullo stato di attuazione dei lavori, né sul progetto globale che prevede la costruzione di un totale di sei sbarramenti e due centrali idroelettriche.
Non risulta che l'Ufficio della Commissione europea in Turchia - che pure è a conoscenza del progetto nella Valle del fiume Manzur - abbia compiuto passi specifici sul medesimo.
In termini più generali, i progetti idrici sono stati voluti dal Governo turco con il dichiarato intento di aumentare la produzione di energia idroelettrica e di contribuire all'irrigazione di vaste aree del Paese, e di conseguenza anche allo sviluppo del Sud-Est anatolico in cui, come è noto, vive buona parte della popolazione di origine curda.
Rispetto a quanto affermato nella premessa dell'interrogazione, si ritiene di rilevare come anche gli aleviti appartengano alla religione mussulmana e come non risultino sussistere oggi le indicate tensioni tra gli stessi ed i sunniti.
Nel contesto della problematica relativa alla questione curda, appare inoltre opportuno osservare come le vaste e articolate riforme adottate dal Governo turco nell'ultimo triennio per adeguare il Paese agli
standard europei abbiano previsto anche un riconoscimento dei diritti culturali per i curdi (avvio di trasmissioni radio-televisive e di corsi di insegnamento in lingua curda), così come del resto evidenziato nell'ultimo Rapporto elaborato dalla Commissione europea.
È nostra convinzione che proprio la prospettiva europea continuerà a costituire lo stimolo più efficace per indurre le Autorità turche a completare ed assicurare la capillare attuazione delle riforme, incluse le misure per il riconoscimento e la tutela della popolazione di etnia curda.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

CENNAMO, SINISCALCHI, MARONE, PETRELLA, RANIERI, ROBERTO BARBIERI e DIANA. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
la Birra Peroni ha annunciato per il 22 dicembre 2004 l'avvio della procedura di mobilità per 152 lavoratori (76 operai e 76 impiegati) che di fatto sancisce la chiusura dello stabilimento di Napoli Miano;
lo stabilimento di Napoli è il secondo per quantità di produzione della Peroni in Italia e, quanto a qualità, ha conquistato il certificato ISO 2002;
nel corso di una affollata assemblea, svoltasi lunedì 11 ottobre, i lavoratori


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unitamente alle rappresentanze sindacali hanno avanzato il dubbio che l'azienda voglia trasferire la produzione in paesi dell'Est Europeo, dove minore sarebbe l'incidenza del costo del lavoro;
tra i 152 lavoratori, solo alcune decine maturerebbero il diritto alla pensione nell'arco dei quattro anni della durata del processo di mobilità;
ancora una volta viene penalizzata una realtà territoriale già duramente provata dalle recenti crisi industriali che hanno colpito pesantemente l'area napoletana e che aggravano la già allarmante situazione occupazionale della città;
ampia è stata la solidarietà espressa dalle istituzioni locali, sollecitata dall'esigenza di salvaguardare un importante patrimonio industriale e di professionalità;
nei giorni scorsi sulla crisi in atto dello stabilimento Peroni, si è svolto presso la Prefettura di Napoli un incontro tra i rappresentanti dell'azienda, del comune di Napoli e delle organizzazioni sindacali -:
quali urgenti iniziative si intendano assumere per scongiurare la chiusura dello stabilimento di Napoli e per garantire una prospettiva di futuro ai lavoratori della Birra Peroni.
(4-11259)

Risposta. - Il comitato per il coordinamento delle iniziative per l'occupazione, presso il segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei ministri, ha avviato le verifiche relative alla annunciata chiusura dello stabilimento Birra Peroni di Miano-Napoli, a seguito delle numerose sollecitazioni pervenute dalle organizzazioni sindacali e dalla prefettura di Napoli, particolarmente preoccupata per i risvolti sociali e di ordine pubblico che la chiusura dello stabilimento (attualmente con 152 lavoratori) provocherebbe in un'area già fortemente degradata, caratterizzata da un tasso di disoccupazione molto elevato e con una presenza diffusa di criminalità.
Presso il suddetto Comitato si sono svolti tre incontri: il 29 novembre, il 10 e il 13 dicembre 2004, che hanno visto la presenza di rappresentanti dei Ministeri del lavoro e delle attività produttive, della regione Campania, della provincia e del comune di Napoli, della società Birra Peroni e dei sindacati nazionali, di categoria e territoriali.
In questi incontri i rappresentanti della società Birra Peroni, acquistata nel maggio 2003 dalla multinazionale sudafricana «Saub Miller», hanno confermato quanto dichiarato nelle riunioni in sede locale relativamente alla decisione di cessazione dell'attività nello stabilimento napoletano.
Le motivazioni industriali alla base della decisione fanno riferimento alla necessità di ridurre i livelli produttivi del gruppo, coerentemente con le capacità di assorbimento del mercato. La capacità produttiva del Gruppo Birra Peroni (nei quattro stabilimenti di Padova, Roma, Napoli e Bari) ammonta a circa 6.500.000 ettolitri, con un forte esubero strutturale rispetto ai volumi di vendita pari a circa 4.200.000 ettolitri. La società ha registrato negli ultimi anni un grave
trend negativo con la caduta del 4 per cento della quota di mercato, con perdite di bilancio negli anni 2002 e soprattutto 2003, che investono tendenzialmente anche il 2004. La drastica e progressiva riduzione di quote di mercato, accompagnata dalla perdita di importanti commesse, ha comportato la ulteriore lievitazione dei costi complessivi aziendali, imponendo la necessità di razionalizzare l'assetto produttivo mediante la cessazione dell'attività di uno dei quattro stabilimenti, al fine di assicurare la continuità operativa della società.
In considerazione di quanto sopra esposto, la scelta di chiudere lo stabilimento napoletano è derivata da una serie di valutazioni, che riguardano la posizione logistica, le caratteristiche degli impianti, la tipologia produttiva e l'incidenza dei costi di trasporto.
Le amministrazioni locali e le rappresentanze sindacali, che non condividono le motivazioni addotte dall'azienda, rivendicando, al contrario, per lo stabilimento di Napoli caratteristiche di maggior produttività e di migliore qualità del prodotto, contestano, in primo luogo, ai vertici aziendali


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la decisione di cessazione dell'attività e di apertura della procedura di mobilità in scadenza il prossimo 24 dicembre, senza mettere in atto alcun confronto con il sindacato e soprattutto senza la valutazione di eventuali percorsi alternativi, ad esempio di dismissione graduale o comunque di minor impatto sociale.
Nel corso degli incontri il Governo, che ha pienamente condiviso queste preoccupazioni, si è impegnato ad avviare una serie di verifiche sul piano industriale della Peroni, con specifico riferimento al sito produttivo di Napoli e alle sue possibili prospettive, anche di uso industriale alternativo, raccogliendo la disponibilità dell'azienda per una trattativa che consenta di giungere - nei tempi strettamente necessari - ad un accordo che individui soluzioni condivise per il futuro dei lavoratori e per l'utilizzo del sito.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Carlo Giovanardi.

CIRIELLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con decorrenza 1 ottobre 2002 sono stati dichiarati in esubero 206 dipendenti della Manifattura Tabacchi di Cava de' Tirreni (Salerno);
solo una parte di essi sarà collocata in quiescenza o nella posizione di sostegno al reddito, ponendosi per tutti gli altri (circa cento unità) il problema della collocazione presso altri enti o pubbliche amministrazioni della provincia di Salerno -:
se sia stato effettuato un monitoraggio del fabbisogno degli enti o delle pubbliche amministrazioni della provincia di Salerno;
se il Ministero abbia provveduto a predisporre un adeguato piano di ricollocazione di detto personale;
se, in ogni caso, il Ministero stesso si renda garante per la collocazione di tutto il personale fra enti ed amministrazioni pubbliche della provincia di Salerno, secondo quanto peraltro disposto dall'articolo 4, comma 4, del decreto legislativo n. 283 del 1998.
(4-04450)

Risposta. - In riferimento alla problematica segnalata dall'interrogante, il Dipartimento per le politiche fiscali ha comunicato che la procedura relativa alla ricollocazione del personale, in servizio presso la Manifattura Tabacchi di Cava de' Tirreni, dichiarato in esubero nel corso dell'ultimo trimestre 2002 da ETI spa (ora BAT Italia spa), si è conclusa con l'assegnazione - con effetto dal 1o maggio 2003 - di n. 77 unità ad, amministrazioni pubbliche, statali e territoriali, della provincia di Salerno nel cui ambito è ubicata la Manifattura di cui trattasi.
Il restante personale ha, invece, aderito alle misure alternative previste dal decreto legislativo 9 luglio 1998, n. 283, concernente l'Istituzione dell'Ente tabacchi italiani.
Il Dipartimento per le politiche fiscali ha fatto, altresì, presente che ulteriori 47 unità, in servizio presso la Manifattura Tabacchi di Cava de' Tirreni, già trasferite nei ruoli della stessa ETI spa successivamente dichiarate in esubero a seguito del compimento del riassetto organizzativo della stessa società, sono state assegnate, a decorrere dal 1o ottobre 2004, ad altre amministrazioni dello stesso ambito provinciale.
Il predetto Dipartimento ha, infine, precisato che dette ricollocazioni sono state definite anche con il preventivo accordo dei competenti organismi sindacali e che le stesse si sono concluse con la sostanziale soddisfazione dei lavoratori coinvolti.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Maria Teresa Armosino.

COLASIO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la gestione del Conservatorio Santa Cecilia è stata caratterizzata, in questi


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ultimi anni, da una serie di iniziative che hanno creato crescente disagio nel corpo docente ed amministrativo e tra gli studenti nonché da un clima di scarsa serenità, elementi questi che nel giudizio di alcuni hanno portato a un appannamento dell'immagine e del prestigio internazionale dell'importante istituzione musicale;
perplessità e polemiche sono state causate, di recente, dalle modalità in cui si sono svolti i corsi di alta formazione, finanziati dalla Unione europea attraverso la Regione Lazio e organizzati dal Conservatorio, che invece di rimanere occasione di perfezionamento e approfondimento musicale per studenti già diplomati, hanno finito per diventare attività parallele a quelle curricolari cui gli allievi stessi del Conservatorio sono stati invitati a partecipare, creando così difficoltà allo svolgimento delle lezioni istituzionali a causa del sovrapporsi degli orari, del carico di lavoro imposto agli studenti e dell'utilizzo delle stesse aule del conservatorio;
secondo l'interrogante questo episodio no ha certo contribuito a garantire il livello di eccellenza nella formazione musicale che dovrebbe caratterizzare il Santa Cecilia;
l'interrogante nutre ulteriori perplessità riferite alle seguenti circostanze:
a) a seguito di convenzioni e accordi, stipulati con un'università privata di Seul, per impartire delle lezioni, gli allievi coreani acquisivano il titolo per svolgere l'esame di compimento inferiore di Canto presso il Santa Cecilia, eventualità che risulterebbe in contrasto con il divieto esplicito per il personale ispettivo o direttivo di svolgere lezioni private a candidati ad esami in istituti presso i quali si svolge il compito di direzione o di vigilanza (articolo 508 c. 6 del Decreto legislativo n. 297 del 16 aprile 1994);
b) infine, dal 2000 ad oggi, sono state mosse una serie di contestazioni di addebito e sono stati assunti provvedimenti disciplinari (oltre 20 su un corpo docente medio di 120/150 persone rispetto ai 4 provvedimenti presi nei precedenti 30 anni) nei confronti di docenti e membri del personale amministrativo che avevano manifestato perplessità sulla gestione;
c) per lo più, tali atti sono stati respinti o annullati dalle istanze superiori, non mancando tuttavia, secondo l'interrogante, di contribuire a creare un clima di forte tensione e di difficile collaborazione tra gli operatori e nel corpo docente, con inevitabili ripercussioni sulla qualità della didattica e sulla stessa continuità della gestione amministrativa in uffici centrali per il funzionamento corretto del Conservatorio;
nonostante tutto quanto sopra esposto anzi a prescindere dalla situazione creatasi, nessuna iniziativa ispettiva o di verifica è stata assunta da parte del Dipartimento Alta formazione artistica, musicale e coreutica del ministero -:
in che modo il Ministro dell'istruzione, università e ricerca intenda intervenire per fare luce sulle incongruenze esposte relativamente alla gestione del Santa Cecilia al fine di verificare l'operato dell'attuale direzione del Conservatorio.
(4-11062)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, con cui l'interrogante, dopo aver esposto alcune incongruenze rilevate nella gestione del Conservatorio di Santa Cecilia di Roma, chiede come il Ministero intenda intervenire per verificare l'operato dell'attuai e Direzione del Conservatorio, si rappresenta quanto segue.
In relazione alle perplessità espresse in merito alla circostanza per cui, a seguito di convenzioni ed accordi, stipulati con l'Università privata di Seoul, allievi coreani abbiano acquisito il titolo per svolgere l'esame per compimento inferiore di canto, contravvenendo al divieto previsto dall'articolo 508, comma 6, del decreto legislativo n. 297 del 1994 si precisa che né il Conservatorio di musica Santa Cecilia di Roma né il suo direttore hanno posto in essere


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alcuna convenzione o accordo con Università private o pubbliche di Seoul; la fattispecie descritta dall'interrogante rientra tra i Master e le Lectures in musicologia che costituiscono una legittima attività professionale, svolta a Seoul, Tapei, Detroit, Hannover, S. Pietroburgo ed altrove, dal direttore del Conservatorio suddetto, musicologo le cui pubblicazioni sono reperibili in tutte le biblioteche del settore, presenti nel mondo.
L'istituzione privata di Seoul, cui si fa riferimento nell'atto di sindacato ispettivo, inoltre è la Myongjy
University che, come risulta da documentazione già trasmessa al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, non ha mai inviato, né iscritto alcun allievo ai corsi del Conservatorio.
In merito alla seconda circostanza riferita dall'interrogante relativa all'elevato numero di provvedimenti disciplinari, assunti dal 2000 ad oggi, si precisa che, in realtà, quelli che vengono definiti provvedimenti disciplinari sono solo richiami rivolti al personale per il rispetto delle norme procedurali e per l'osservanza di un comportamento conforme alla dignità dell'Istituzione.
I provvedimenti disciplinari effettivamente adottati sono stati, invece, solo tre, di cui due al medesimo docente, peraltro per atti costituenti oggetto di un esposto alla procura della Repubblica.
Infine, in ordine al «clima di forte tensione», descritto dall'interrogante come presente nel Conservatorio, che avrebbe «ripercussioni nella qualità della didattica» e sul «funzionamento corretto dell'istituzione», questo appare fortemente in contrasto con il monitoraggio effettuato sulle sue attività da parte della Direzione generale per l'alta formazione artistica e musicale del Ministero, risulta, infatti, che le domande di trasferimento al Conservatorio di S. Cecilia, prodotte dai docenti di ruolo in servizio nei conservatori di musica italiani, assommano a n. 518, esse costituiscono, perciò, il 10 per cento dell'intero numero nazionale; mentre, le domande di ammissione degli aspiranti allievi al Conservatorio di musica di S. Cecilia sono passate dalle 780, dello scorso anno, alle oltre 1200 dell'anno in corso.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Letizia Moratti.

GIULIO CONTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in data 9 agosto 2000 il prefetto di Roma, dottor Mosino, ha emesso un Decreto (il n. 34/2000) mediante il quale, in deroga alla normativa vigente e per motivi di urgenza, disponeva l'alienazione, mediante rottamazione, dei veicoli sottoposti a sequestro amministrativo giacenti da oltre due anni nei depositi amministrativi di Roma e provincia;
per l'esecuzione di tale provvedimento il Prefetto di Roma, nello stesso decreto, ha incaricato dell'esecuzione di quanto da lui disposto la Eurocomputer S.p.A. che si era offerta a titolo gratuito e che, fra gli altri compiti, aveva anche quello relativo alla radiazione dal PRA delle targhe di circolazione dei veicoli individuati dal Decreto n. 34/2000;
a fronte di tale incarico e a garanzia degli adempimenti connessi, la Eurocomputer S.p.A avrebbe dovuto stipulare una polizza fidejussoria dell'importo di lire 6.000.000.000;
i Custodi Amministrativi di Roma e provincia hanno perfettamente adempiuto, come si può evincere dalla documentazione da essi depositata presso l'ufficio Territoriale del Governo di Roma, sia alla custodia dei veicoli per il periodo di sequestro sia a tutto quanto loro richiesto nel D.P. 34/2000, in particolare riconsegnando alla Prefettura di Roma, per il tramite dell'Eurocomputer S.p.A. e dei suoi incaricati, i veicoli completi delle relative targhe di circolazione;
a conferma della regolarità di tutti gli adempimenti svolti, i Custodi Amministrativi di Roma e provincia hanno ricevuto


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dall'ufficio Territoriale del Governo di Roma (ex Prefettura di Roma) in data 29 marzo 2002 la liquidazione di un acconto delle somme a loro dovute per la custodia dei veicoli individuati per l'alienazione dal D.P. 34/2000;
attualmente l'ufficio Territoriale del Governo di Roma rifiuta, a gran parte dei Custodi Amministrativi di Roma e provincia, la liquidazione del saldo delle somme ad essi dovute per la custodia dei veicoli alienati per mezzo del D.P. 34/2000 subordinando il pagamento di detto saldo all'avvenuta produzione, da parte dei Custodi stessi, dei documenti comprovanti la radiazione dal PRA di detti veicoli e dichiarando contestualmente che ciò «costituisce una misura di conservazione della garanzia dell'adempimento stesso...», nonostante di tale adempimento risulta essere chiaramente incaricato un terzo ovvero, nella fattispecie concreta, la società Eurocomputers S.p.A.;
appare chiara l'illegittimità delle pretese e del comportamento dell'ufficio Territoriale del Governo di Roma sia perché il compito di radiare dal PRA le targhe di circolazione dei veicoli ritirati per la rottamazione ex D.P. 34/2000 è stato demandato dal Prefetto di Roma alla società Eurocomputers S.p.A., la quale non vi ha mai provveduto, sia perché i Custodi Amministrativi di Roma e provincia non potrebbero comunque provvedere a tale compito in quanto soggetti non abilitati a norma del Decreto Legislativo 22/97 (Decreto Ronchi), sia per il fatto che essi non sono più in possesso di dette targhe di circolazione in quanto le hanno consegnate, in adempimento di quanto disposto proprio dal D.P. 34/2000, agli incaricati indicati dal Prefetto di Roma;
le targhe di circolazione di cui alla presente vicenda non riconsegnate dalla Eurocomputer S.p.A. al PRA per la radiazione ammontano alla considerevole cifra di oltre 6.000 delle quali sono sconosciuti ad oggi sia i detentori, sia la destinazione che hanno subito, sia l'eventuale uso che ne viene fatto;
tali targhe di circolazione potrebbero essere utilizzate a fini illegittimi con grave pregiudizio per la pubblica sicurezza;
tra le altre cose, come dichiarato dal Prefetto di Roma, dottor Emilio Del Mese, è emerso che in vece della Eurocomputers S.p.a. ha agito, per l'esecuzione del D.P. 34/2000, tale signor Angelo Cacciotti, titolare della SISTRA S.p.A., che non era munito dei poteri necessari di rappresentanza e che quindi ha svolto tutte le attività inerenti l'esecuzione del D.P. 34/2000 in nome e per conto della Prefettura di Roma senza alcun titolo e senza alcuna ratifica da parte della Eurocomputers S.p.A.;
la questione inerente la legittimazione del signor Angelo Cacciotti e della SISTRA S.p.A. ad eseguire il D.P. 34/2000, comunque, non è attinente né all'attività di custodia svolta dai Custodi Amministrativi di Roma e provincia né alla liquidazione del saldo delle somme ad essi spettanti;
l'ufficio Territoriale del Governo di Roma ha provveduto a liquidare somme a saldo solo a favore dei Custodi Amministrativi che si sono sottomessi sia alla richiesta illegittima di produrre i documenti comprovanti l'effettiva radiazione al PRA delle targhe di circolazione dei veicoli interessati dal D.P. 34/2000, sia ad un atto di transazione, elaborato unilateralmente dalla Dirigente dell'Area Sanzioni Amministrative dell'ufficio Territoriale del Governo di Roma, a fronte del quale i Custodi firmatari, per incassare il saldo a loro dovuto, hanno dovuto accettare, non essendoci altra alternativa se non quella di non ricevere le somme spettanti, la decurtazione di una consistente percentuale di denaro nonché responsabilità vessatorie e non proprie -:
come è stata selezionata la società Eurocomputers S.p.A. per l'affidamento dell'incarico di eseguire gli adempimenti inerenti l'applicazione del D.P. 34/2000 e quali garanzie abbia dovuto presentare tale società per ottenere tale incarico dalla Prefettura di Roma;


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se la Eurocomputer S.p.A. ha mai stipulato, come previsto dal D.P. 34/2000, una polizza fidejussoria, a garanzia degli adempimenti a lei delegati dal Prefetto di Roma, del valore di lire 6.000.000.000;
i motivi per i quali i Dirigenti preposti della Prefettura di Roma non abbiano vigilato sulla corretta esecuzione di quanto disposto dal Prefetto di Roma nel D.P. 34/2000 ed, in particolare, i motivi per i quali non hanno verificato la legittimità ad agire, in nome e per conto della Eurocomputer S.p.A., della SISTRA Sp.A. e del signor Angelo Cacciotti, ed i motivi per i quali non hanno accertato in tempo utile la negligenza di tali soggetti nel radiare dal PRA le targhe di circolazione già citate;
quali iniziative giudiziarie abbia intrapreso la Prefettura di Roma nei confronti della SISTRA S.p.A. e del signor Angelo Cacciotti per aver effettuato tutte le operazioni inerenti l'esecuzione del D.P. 34/2000, demandate dal prefetto di Roma alla Eurocomputer S.p.A., senza averne avuto i necessari poteri né deleghe di alcun tipo;
se risulta vero che la SISTRA S.p.A. ed una società da lei indicata, CAR SERVICE S.r.l. con sede in Maddaloni (CE), abbiano incassato delle ingenti somme di denaro, dai demolitori incaricati dalla SISTRA S.p.A. stessa del ritiro dei veicoli presso i depositi amministrativi di Roma e provincia e/o dai custodi amministrativi stessi, a titolo di rimborso spese per la radiazione dal PRA delle targhe di circolazione dei veicoli sottoposti al D.P. 34/2000 senza che poi di fatto vi abbiano mai provveduto;
se appare legittimo ed accettabile che la Prefettura di Roma, ora Ufficio Territoriale del Governo di Roma, rifiuti a gran parte dei Custodi Amministrativi di Roma e provincia, la liquidazione del saldo delle somme ad essi dovute per la custodia dei veicoli alienati per mezzo del D.P. 34/2000 subordinando il pagamento di detto saldo all'avvenuta produzione, da parte dei Custodi stessi, dei documenti comprovanti la radiazione dal PRA di detti veicoli ovvero subordinando detto pagamento ad un adempimento di cui risulta chiaramente incaricato un terzo e, nella fattispecie concreta, la Società Eurocomputers S.p.A., che non ha nessun attinenza con la custodia dei veicoli sottoposti a sequestro amministrativo per la quale dette somme a saldo devono essere pagate;
se appare legittimo che il Dirigente preposto dell'ufficio Territoriale del Governo di Roma subordini il pagamento delle somme dovute per la custodia dei veicoli di cui al D.P. 34/2000 alla firma di un atto di transazione per mezzo del quale ai Custodi Amministrativi vengono decurtate delle somme di denaro dal totale ad essi spettante nonché vengano addossate delle responsabilità non proprie;
quali provvedimenti intenda adottare il Ministro dell'Interno affinché venga perseguiti, per le loro negligenze, per gli abusi e per le omissioni commesse i soggetti incaricati dal Prefetto di Roma dell'esecuzione del D.P. 34/2000 ed i soggetti che di fatto, senza neanche averne i poteri necessari, hanno eseguito gli adempimenti previsti nel D.P. 34/2000;
quali provvedimenti intenda adottare il Ministro dell'Interno affinché vengano prontamente liquidate ai Custodi Amministrativi di Roma e provincia le somme a loro spettanti a saldo delle custodie inerenti i veicoli sequestrati indicati dal D.P. 34/2000 tenuto conto, come da premesse, che essi hanno perfettamente concluso, e documentato ogni adempimento di loro competenza come da normativa vigente;
quali provvedimenti intenda adottare il Ministro dell'Interno affinché vengano prontamente recuperate le targhe di circolazione, dei veicoli demoliti per mezzo del D.P. 34/2000, ancora non riconsegnate dalla Eurocomputer S.p.A. e al PRA per la radiazione, anche allo scopo di evitarne l'utilizzo a fini illegittimi con grave pregiudizio per la pubblica sicurezza;
se alla luce di quanto fino ad ora emerso il Ministro dell'Economia e delle


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Finanze intenda revocare alla Eurocomputers S.p.A., ora Eliosnet S.p.A., ogni concessione o incarico inerente lo smaltimento dei veicoli confiscati a seguito di sequestri amministrativi.
(4-08205)

Risposta. - Il provvedimento prefettizio oggetto dell'interrogazione parlamentare, si è reso necessario in ragione del considerevole numero di veicoli «da rottamare», del progressivo aumento delle spese di custodia, spesso anticipate dall'amministrazione cui appartengono gli organi accertatori, nonché del difficoltoso, successivo recupero delle stesse spese.
Si ricorda che, ai sensi del decreto legislativo n. 22 del 1997, i veicoli a motore fuori uso si configurano come rifiuti speciali e, in quanto tali, eliminabili con procedure più celeri di quelle previste, in via ordinaria, dal codice della strada.
Col citato decreto si stabiliva che la rottamazione dei veicoli e la loro cancellazione dal P.R.A., fosse affidata alla società Eurocomputers s.p.a. Tale società aveva infatti stipulato con il ministero dell'economia e delle finanze una convenzione, registrata dalla Corte dei conti, che affidava alla medesima ditta tutti i compiti successivi all'ordinaria procedura di confisca.
Si ricorda peraltro che nel bando di gara della convenzione era stato espressamente previsto che l'aggiudicazione potesse avvenire «anche in presenza di una sola offerta valida» e che, sia nel medesimo bando che nella convenzione, il cui schema è stato approvato dal Consiglio di Stato, non viene menzionato alcun divieto di subappalto, né di svolgimento di lavori da parte di personale di altre ditte.
Tuttavia, dalla ricostruzione dei passaggi istruttori che hanno preceduto l'adozione del decreto prefettizio 34/2000, è emerso che la società Eurocomputers, per questioni interne, non aveva compiutamente formalizzato la sua disponibilità a compiere le operazioni di raccolta, demolizione e alienazione o radiazione dei veicoli avviati a rottamazione, ai sensi del medesimo decreto prefettizio.
In nome e per conto di tale società agiva infatti un procuratore, titolare della ditta Sistra, che, come ha poi precisato l'Eurocomputers, era investito del più limitato compito di sottoscrivere i contratti di deposito necessari a realizzare la rete dei centri di raccolta.
È a tale società «Sistra», tuttavia, che taluni titolari delle depositerie amministrative hanno demandato il compito di chiedere la radiazione dei veicoli rottamati dal P.R.A. Tale adempimento però poteva essere svolto solo dall'Eurocomputers in base alla menzionata convenzione stipulata con il Ministero dell'economia e delle finanze.
Per superare, dunque, tale disguido e per garantire, a tutela della sicurezza pubblica, che i veicoli demoliti fossero anche giuridicamente eliminati, si rendeva necessario stabilire che i titolari delle depositerie provvedessero direttamente all'adempimento. Il fatto che la prefettura di Roma abbia subordinato il pagamento del saldo delle spese di custodia all'avvenuta produzione dei documenti comprovanti la richiesta di radiazione, era, ed è, dettato dalla necessità di disporre una misura di conservazione della garanzia.
Tuttavia, non tutte le depositerie hanno provveduto; alcune di esse, infatti, nonostante un formale provvedimento di intimazione e diffida a provvedere entro novanta giorni hanno insistito in un atteggiamento di non collaborazione.
Si è quindi avviato il procedimento per il recupero delle somme anticipate, la cui entità è stata determinata in seguito ad un computo, i cui parametri di riferimento sono stati concordemente definiti in accordo con i rappresentanti della categoria dei depositari.
Allo stesso modo è stata anche concordata la procedura della transazione fra la prefettura e il titolare della depositeria, ai fini della definizione dei rapporti di credito-debito.
Considerato infine che il recupero delle targhe, oltre a rappresentare un ineliminabile passaggio procedimentale per gli adempimenti finalizzati alla radiazione dei veicoli dal P.R.A., costituisce un'insopprimibile esigenza di tutela della sicurezza pubblica, con nota del 25 agosto 2003 la prefettura di


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Roma ha trasmesso gli atti alla locale Questura per gli accertamenti di competenza.
Si fa altresì presente che la società Eurocomputers spa - ora Eliosnet spa - ha presentato un ricorso al T.A.R. del Lazio per ottenere la risoluzione della convenzione inerente lo smaltimento dei veicoli confiscati.
Il procedimento è ancora in corso.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il tribunale di Salerno, giudice del lavoro, nell'ambito del procedimento n. 356/03 R.G. ha accolto il ricorso presentato da un funzionario doganale, dichiarando illegittimo il provvedimento di conferimento ad un livellato di un incarico dirigenziale adottato senza interpello;
il tribunale di Salerno ha ordinato all'agenzia delle dogane convenuta in giudizio di procedere ad interpello per la copertura temporanea del posto di dirigente, dichiarando indispensabile il requisito del possesso del diploma di laurea;
il giudicante, dopo aver condannato l'agenzia alla rifusione delle spese processuali nella misura di euro 3.500.00, oltre ad Iva e Cpa, ha disposto la trasmissione degli atti alla procura della Repubblica, evidentemente potendosi a suo giudizio configurare la consumazione di un reato;
se pure è doveroso attendere la definitività della sentenza (essendo ovviamente proponibile il ricorso in appello), tuttavia la vicenda si inquadra nell'ambito di un clima di disagio più volte denunciato, anche dalle organizzazioni sindacali, nell'ambito delle agenzie fiscali, accusate di aver mantenuto un apparato burocratico autoreferenziale che gestisce un potere spesso incontrollato -:
quali siano stati gli argomenti in diritto che hanno indotto la competente agenzia delle dogane a resistere in giudizio nell'ambito del procedimento n. 356/03 del tribunale di Salerno;
quali siano gli argomenti posti dal giudicante a fondamento della richiesta di trasmissione degli atti alla competente procura della Repubblica;
se non si ritenga «temeraria» la lite coltivata dalla convenuta agenzia delle dogane;
se non si ritenga di dover disporre una ispezione per la verifica complessiva della situazione, anche in relazione alle più volte denunciate doglianze delle organizzazioni sindacali.
(4-07934)

Risposta. - In ordine alla problematica prospettata con l'interrogazione cui si risponde, l'interrogante ha rilevato, in via preliminare, che, con la sentenza n. 356 del 17 ottobre 2003, il tribunale di Salerno ha dichiarato indispensabile il possesso del diploma di laurea - titolo richiesto, in via generale, per l'accesso alla carriera dirigenziale -, al fine di ottenere il conferimento di incarichi temporanei di funzioni dirigenziali, ed ha ordinato all'Agenzia delle dogane, convenuta in giudizio, di procedere ad interpello per la copertura temporanea del posto di dirigente, inizialmente conferito ad un livellato.
Al riguardo, l'Agenzia delle dogane ha osservato che il requisito della laurea, previsto per il conferimento delle funzioni dirigenziali, ai sensi dell'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è imposto solo per i cosiddetti conferimenti esterni, non per l'attribuzione di incarichi interni di temporanea reggenza che, diversamente, sono regolati dall'articolo 3, comma 129, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e dall'articolo 12, comma 3, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79 (convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140).
In tale contesto normativo si colloca l'articolo 26 del Regolamento di Amministrazione della stessa Agenzia che, nel prevedere l'attribuzione di reggenze a propri


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funzionari, non fa alcuno specifico riferimento al possesso del diploma di laurea.
L'Agenzia delle dogane ha precisato, inoltre, che la procedura d'interpello per la copertura temporanea del posto di dirigente è stata avviata, in sede locale, il 30 settembre 2003, in anticipo sia rispetto all'ordinanza cautelare del 3 ottobre 2003, sia rispetto alla sentenza n. 356 del 17 ottobre 2003, con le quali il tribunale di Salerno ha ordinato l'esecuzione di detta procedura.
Tuttavia, verificandosi la necessità di conferire altri incarichi dirigenziali, oltre quello di Salerno, e di attuare il principio di rotazione, l'Agenzia delle dogane, con propria determinazione del 15 dicembre 2003, ha ritenuto di svolgere un unico interpello nazionale.
Ad avviso della medesima Agenzia, una volta eseguito l'ordine sostanziale del giudice di procedere all'interpello, le relative modalità di attuazione attengono alla competenza esclusiva dell'amministrazione che, nell'ambito della propria potestà organizzativa, ha ampia facoltà e discrezionalità di adottare i provvedimenti ritenuti maggiormente idonei per il raggiungimento dei propri fini istituzionali.
Inoltre, circa l'asserita temerarietà della lite posta in essere dalla convenuta Agenzia delle dogane, rappresentata dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Salerno che ha considerato il provvedimento in questione difendibile nel primo grado di giudizio ed anche in appello, la stessa Agenzia ha osservato che vi è temerarietà quando si propongono appelli in presenza di sistematica soccombenza giudiziale nella fattispecie oggetto di giudizio, ovvero nel caso in cui si trascurino indirizzi giurisprudenziali assolutamente univoci sulla specifica questione oggetto di lite o, ancora, quando si ignorino norme regolamentari di inequivoco significato.
Inoltre, l'Agenzia delle dogane ha comunicato di aver chiesto all'Avvocatura generale dello Stato di proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d'Appello di Salerno che, data 30 giugno 2004, ha rigettato l'appello proposto avverso la sentenza del tribunale di Salerno.
Infine, in ordine all'opportunità di disporre una ispezione per la verifica della situazione di cui trattasi, è stato informato l'Ufficio Audit interno dell'Agenzia delle dogane, per le valutazioni di competenza.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Manlio Contento.

DILIBERTO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 23 luglio è stato deliberato dal Consiglio dei ministri lo scioglimento del consiglio comunale del comune di Marano di Napoli;
il sindaco di Marano, Mauro Bertini si è battuto e si batte, spesso isolatamente, a rischio dell'incolumità propria e della propria famiglia, come hanno dimostrato recenti sentenze del tribunale di Napoli, contro la malavita organizzata largamente presente nel territorio di Marano di Napoli -:
in base a quali informazioni, su proposta del ministro dell'interno, il Consiglio dei ministri abbia assunto tale gravissima decisione.
(4-10587)

Risposta. - Com'è noto, con provvedimento dell'8 aprile 2003, il prefetto di Napoli, su delega del Ministro dell'interno, ha disposto l'accesso agli uffici dell'Amministrazione comunale di Marano di Napoli (Napoli), incaricando un'apposita Commissione.
Sulla base della relazione predisposta dalla commissione, il consiglio comunale di Marano di Napoli è stato sciolto con decreto del Presidente della Repubblica in data 28 luglio 2004, pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale n. 186 del 10 agosto 2004, ai sensi dell'articolo 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000, per condizionamenti ed infiltrazioni della criminalità organizzata.
In particolare, veniva avanzata l'ipotesi della «sussistenza di fattori di inquinamento dell'azione amministrativa dell'ente


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nei settori dell'edilizia e dell'urbanistica, del commercio e degli appalti riconducibili al sodalizio criminale egemone fortemente radicato nel territorio».
Tuttavia, il provvedimento di scioglimento è stato oggetto di impugnativa da parte del sindaco di Marano di Napoli e dei consiglieri comunali dinanzi al T.A.R. per la Campania che, in data 15 novembre scorso, ha accolto il relativo ricorso, reintegrando gli organi elettivi nelle loro funzioni.
In ordine alla decisione di primo grado è stata interessata l'Avvocatura generale dello Stato ai fini della proposizione dell'appello.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

FOLENA e MELANDRI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro degli affari esteri, al Ministro per le politiche comunitarie. - Per sapere - premesso che:
a quanto si apprende dagli organi di informazione, l'Unione europea - a livello di funzionari della Commissione - avrebbe dato il proprio assenso alla trasmissione, da parte delle linee aeree dell'Unione, dei dati sensibili dei passeggeri che si recano negli Stati Uniti verso l'agenzia per l'immigrazione degli Stati Uniti, in base alla normativa americana denominata Aviation and Transportation Security Act;
il presidente dell'autorità italiana di garanzia sulla privacy, professor Stefano Rodotà, anche a nome dei suoi omologhi europei, ha scritto una lettera al presidente della Commissione, al Presidente di turno dell'Unione europea e al Presidente del Parlamento europeo in cui si denunciano i pericoli per la riservatezza dei dati personali derivanti da tale decisione;
tra questi pericoli, a quanto si apprende sempre dalla stampa, vi sarebbe quello di trasmettere dati riguardanti carte di credito, le preferenze alimentari e quindi la religione e gli spostamenti in aereo dei passeggeri europei che si recano negli USA -:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
se il Governo condivida o meno l'allarme lanciato dalle autorità europee garanti della privacy;
se le compagnie aeree italiane abbiano già predisposto o stiano predisponendo o abbiano già attuato quanto previsto dall'Aviation and Transportation Security Act;
quali misure intenda attuare il Governo per salvaguardare la riservatezza dei dati sensibili dei cittadini italiani e in particolare se il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti intenda disporre, per la compagnia di bandiera e le altre compagnie aeree nazionali, il divieto di trasmettere i dati suddetti al Governo degli USA;
quale atteggiamento e quali atti intenda assumere il Governo, in sede comunitaria e nel rapporto tra Governo italiano e Commissione europea, al fine di impedire i succitati pericoli per la privacy dei cittadini italiani.
(4-11716)

Risposta. - Il 28 maggio 2004 la Commissione europea e gli Stati Uniti d'America hanno firmato un Accordo per il trattamento dei dati personali dei passeggeri diretti o in transito verso gli USA (PNR, «Passenger Name Record»). Tale Accordo prevede le disposizioni necessarie a consentire agli USA l'accesso ai dati del PNR, in un quadro giuridicamente organizzato ed in conformità con la direttiva europea n. 46/95 sui trattamento dei dati personali.
Da rilevare che collegata all'Accordo la Commissione europea a fronte degli impegni assunti dagli Stati Uniti, ha adottato, ai sensi dell'articolo 25.6 della direttiva 46/95, la decisione di «adeguatezza» riguardante il livello di protezione dei dati personali trasferiti dai vettori europei, in relazione ai voli da e per gli Stati Uniti.


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La Commissione europea, nel negoziato con gli Stati Uniti che ha preceduto la sottoscrizione dell'Accordo, ha ottenuto i seguenti risultati:
«
a) i dati sensibili (che riguardano, ad esempio, religione, credo politico e religioso, salute) non sono più inclusi nella lista di quelli trasmissibili;
b) la lista dei dati trasmissibili è stata ridotta da 39 a 34 elementi;
c) il periodo di conservazione dei dati è stato ridotto da 50 anni a 3 anni e mezzo;
d) è prevista una revisione annuale dell'applicazione degli impegni assunti dalle autorità statunitensi;
e) sia l'accertamento di «adeguatezza», che l'Accordo UE-USA dovranno essere riesaminati entro tre anni e mezzo;
f) è espressamente previsto che si possa passare da un sistema fondato sull'accesso alle banche dati delle compagnie aeree (pull) ad un sistema di invio da parte delle compagnie aeree (push), che evidentemente fornirebbe maggiori garanzie di protezione della riservatezza nel trattamento dei dati.

Durante l'iter istruttorio seguito per giungere al predetto Accordo, il Parlamento europeo, non essendo rimasto pienamente soddisfatto dei risultati del negoziato, in data 21 aprile 2004, ha richiesto a maggioranza, ai sensi dell'articolo 300 - paragrafo - del Trattato sull'Unione Europea, un parere della Corte di Giustizia sulla compatibilità dell'Accordo con la normativa UE. La successiva firma dell'Accordo ha, però, comportato l'estinzione di tale giudizio preliminare di compatibilità.
Anche il Garante italiano per la protezione dei dati personali e il Gruppo dei Garanti europei, nel corso del citato iter, hanno espresso il proprio parere negativo ed hanno avanzato numerose richieste di chiarimento riguardo ad alcuni qualificati aspetti dell'accordo in questione: la durata di conservazione dei dati, la natura, non del tutto giuridicamente vincolante, degli impegni assunti dagli USA, alla luce della propria normativa interna (tali impegni sono allegati alla decisione della Commissione europea, che riconosce l'adeguatezza della normativa USA rispetto alla Direttiva UE del 1995, ma non sono parte dell'Accordo).
Il Consiglio europeo, tuttavia, in data 17 maggio 2004, sulla base dell'articolo 300 paragrafo 3 - del Trattato, che espressamente consente di deliberare in assenza del parere richiesto al Parlamento ha adottato la decisione che approva la conclusione dell'Accordo, a seguito dell'adozione, in data 14 maggio 2004, da parte della Commissione europea della summenzionata decisione di «adeguatezza» della normativa USA rispetto alla direttiva europea.
L'Accordo, come già detto, è stato quindi firmato il 28 maggio 2004; pochi giorni dopo l'approvazione da parte del Consiglio europeo. Per il Parlamento europeo è rimasta aperta la possibilità del ricorso, ai sensi dell'articolo 230 del Trattato.
Lo scorso 25 giugno il Parlamento europeo ha, in effetti, presentato ricorso alla Corte di Giustizia, sia per l'annullamento della decisione del Consiglio europeo relativa alla conclusione dell'Accordo, sia contro la decisione sull'accertamento di adeguatezza della Commissione europea.
Al riguardo, la Presidenza della Corte di Giustizia ha stabilito che non è necessaria una procedura di urgenza e che, pertanto, si pronuncerà mediante una procedura ordinaria, la quale richiede qualche anno. Nel frattempo, l'Accordo resta in vigore.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Carlo Giovanardi.

GIACHETTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
in un articolo del Corriere della Sera di oggi, a firma Gian Antonio Stella, si apprende che l'artefice di un gravissimo abuso edilizio nel centro storico di Roma risponderebbe al nome di Renzo Mingolla;
quest'ultimo sarebbe stato individuato dai Vigili del Comune di Roma come


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l'inquilino che doveva ristrutturare un piccolo edificio di proprietà di un centro per Ciechi, mentre, al contrario, lo stesso avrebbe abbattuto la predetta casa per edificarne una tre volte più grande con tanto di giardino di palme e macchia mediterranea;
tale edificio sorgerebbe nei pressi di via Margutta, a ridosso di Trinità dei Monti, in un'area in cui vige il divieto di edificabilità assoluta in ottemperanza a tutti i vincoli paesaggistici e ambientali previsti per una zona delle zone più di pregio di tutta la città;
nell'articolo viene riportata una affermazione che lo stesso Mingolla avrebbe rivolto ai vigili urbani, ovvero di essere il «responsabile tecnico dell'immagine» del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, e si fa altresì riferimento all'attribuzione che ne darebbe il sito dell'Ordine dei Giornalisti di Milano, in cui lo stesso Mingolla sarebbe stato definito, nel gennaio 2004, «portavoce del ministro Tremonti e consulente, a Palazzo Chigi, di Silvio Berlusconi»;
parrebbe all'interrogante molto grave - nel caso in cui trovasse conferma la notizia dell'appartenenza del Mingolla allo staff del Presidente del Consiglio, come lui stesso sembrerebbe rivendicare secondo il contenuto dell'articolo - constatare che il «responsabile tecnico dell'immagine» del presidente del Consiglio si sarebbe reso protagonista della costruzione di una casa nuova di zecca in una zona che gode dell'inedificabilità assoluta -:
se corrisponda al vero la notizia, diffusa dal Corriere della sera, secondo cui l'autore di un clamoroso abuso edilizio in via Margutta, al centro di Roma, sarebbe un consulente dell'attuale Governo;
nel caso in cui tale notizia venisse confermata, se non ritenga opportuno, alla luce di un episodio tanto grave, riconsiderare il ruolo di Mingolla nello staff della Presidenza del Consiglio e del Governo in generale.
(4-11878)

Risposta. - Si fa presente che l'Ufficio del Segretario Generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha comunicato che, secondo quanto risulta agli atti, il Sig. Renzo Mingolla non ha mai avuto alcun incarico presso l'Ufficio del Presidente, né presso altre strutture della Presidenza del Consiglio.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Carlo Giovanardi.

GRANDI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per conoscere - premesso che:
il Governo ha gravemente sottovalutato per oltre due anni l'aumento dei prezzi che in Italia è stato maggiore della media europea di circa 1 punto, con la conseguente perdita di competitività per le imprese e di potere d'acquisto per i cittadini;
l'entrata in vigore dell'Euro nel resto dei paesi europei non ha dato luogo ai fenomeni inflazionistici che si sono verificati in Italia rendendo così chiare le responsabilità del Governo italiano in materia di aumento dei prezzi. Aumento dei prezzi verso il quale non è stato esercitato un controllo ed anzi l'aumento è stato incoraggiato da un'insensata politica tariffaria;
le dichiarazioni fatte dal Governo ammettono di fatto gli errori commessi in questi due anni e preannunciano ora l'uso della Guardia di Finanza per combattere l'aumento dei prezzi;
la confusione istituzionale insita in queste dichiarazioni è evidente ed emerge il loro carattere propagandistico -:
quale sia il merito delle istruzioni diramate dal Comando Generale per le indagini della Guardia di Finanza fino ad ora svolte e, inoltre, se il Ministro sia a conoscenza che il decreto che disponeva questi rilevamenti poneva come termine ultimo per la revisione degli Studi di Settore il 31 dicembre 2003, rendendo di


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conseguenza incongruo l'impegno attuale in questo servizio di vigilanza sui prezzi da parte della Guardia di Finanza considerato, che la circolare del Comando Generale dispone che i rilevamenti siano effettuati solo per le seguenti attività: ortofrutta, pescherie, bar, ristoranti e pizzerie mentre, come è noto, anche altre attività economiche sono state interessate da aumenti dei prezzi (es. abbigliamento);
ricorda inoltre che i rilevamenti della Guardia di Finanza si basano principalmente sulle dichiarazioni rilasciate sul momento dall'esercente interessato. Mentre i Vigili Urbani in questi anni avevano già provveduto, come è loro compito da decenni, al rilevamento dei prezzi. Quindi l'utilizzo della Guardia di Finanza, ad avviso dell'interrogante, è solo propaganda mentre i Finanzieri dovrebbero essere utilizzati per i compiti d'istituto a partire dalla lotta all'evasione di vigilanza sui prezzi da parte della Guardia di Finanza senza disperdere risorse di personale che sono già scarse.
(4-09045)

Risposta. - Relativamente alla problematica posta dall'interrogante si fa presente che con le specifiche misure introdotte dall'articolo 23 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, è stato dato avvio all'attività di controllo della Guardia di finanza volta a rilevare i prezzi al consumo in quei settori dove si sono manifestati aumenti ingiustificati e per i quali si rende necessario operare una revisione di taluni studi di settore.
Sempre nell'ottica della lotta al carovita è stato, inoltre, previsto il finanziamento delle iniziative attivate dai comuni e dalle camere di commercio per promuovere l'offerta a prezzi convenienti di prodotti di generale e largo consumo.
In particolare, il coinvolgimento della Guardia di finanza corrisponde, da una parte, alla necessità di garantire il corretto andamento del mercato e, dall'altra, all'esigenza di verificare se gli aumenti dei prezzi registrati abbiano poi determinato un corrispondente incremento della base imponibile e quindi del gettito tributario, attività di controllo, quest'ultima, peculiare della polizia tributaria.
Al riguardo, il comando generale della Guardia di Finanza ha impartito ai reparti, anche per l'anno 2004, specifiche direttive, svolgendo, sulla base dei dati comunicati dal mistero delle attività produttive, una capillare azione di monitoraggio dei prezzi al consumo nei settori del commercio al dettaglio di frutta, verdura, pesce, ristorazione, bar e gelaterie.
Per quanto concerne le modalità di esecuzione delle attività di cui trattasi, il comando generale ha fatto presente che i militari, al momento dell'intervento, rilevano i prezzi di vendita dei beni dai listini e dai cartelli esposti, mentre i costi di acquisto vengono rilevati sulla base delle ultime fatture ricevute dall'esercente.
Detta operazione per i soggetti «non trasformatori» non presenta alcuna difficoltà, diversamente, per quelli che offrono prodotti trasformati (ristorazione, bar, gelaterie), al fine di verificare se l'aumento dei prezzi sia da attribuire ad altri soggetti posti più a monte della filiera produttiva e distributiva, è stato previsto che il personale incaricato proceda all'individuazione e successiva rilevazione dei prezzi di acquisto delle materie prime prevalenti impiegate per la realizzazione del prodotto finale, nonché delle relative quantità utilizzate.
Solo nel caso in cui l'acquisizione in parola presupponga l'esigenza di un prolungamento del monitoraggio, sia per l'impegno di risorse da dedicare che per le difficoltà causate dal soggetto economico, le informazioni
de quibus sono richieste mediante apposito questionario notificato ai sensi dell'articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, da restituire al competente Reparto del Corpo, accludendo copia della documentazione giustificativa.
Il Comando generale della guardia di finanza ha, infine, fatto presente che nel periodo dal 10 novembre 2003 al 2 marzo 2004 sono stati effettuati 14.981 interventi della specie, nel corso dei quali sono state contestate violazioni alla normativa concernente la pubblicità dei prezzi.


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Per quanto attiene, poi, alla revisione degli Studi di Settore, l'Agenzia delle entrate ha comunicato che, in collaborazione con i tecnici della Società per gli studi di Settore spa, si stanno valutando le informazioni raccolte attraverso le rilevazioni operate dalla Guardia di finanza.
In particolare, la valutazione riguarda le concrete modalità di utilizzo dei dati in questione, sia per la determinazione delle funzioni di ricavo ai fini della congruità, sia per l'individuazione delle soglie di coerenza degli indicatori economici necessari per l'applicazione dei relativi studi di settore in versione evoluta.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Maria Teresa Armosino.

LO PRESTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'ufficio delle Entrate di Palermo 3 è stato chiuso a fine gennaio di quest'anno per motivi di inagibilità attestati dalla relazione di uno studio tecnico privato di Palermo cui è stato affidato, da parte dell'agenzia del demanio, proprietaria dell'immobile, l'incarico di periziare l'immobile stesso;
nella predetta relazione viene evidenziata la pericolosità della copertura del fabbricato in alcuni locali del 3 piano a causa dell'infestazione da parte di insetti delle travi lignee di sostegno e delle infiltrazioni di acqua piovana, con il rischio di crolli a catena fino al sottostante 1 piano;
copia di detta relazione è stata consegnata alla rappresentanza sindacale unitaria dell'ufficio ed alle organizzazioni sindacali provinciali e regionali nel corso di una riunione tenutasi alla direzione regionale delle entrate della Sicilia alla presenza del direttore regionale dottor Aldino Bruno Mazzarelli, del capo del personale dottor Sergio Pantè, del direttore dell'ufficio di Palermo 3 dottoressa Laura Capra, e di altri dirigenti della direzione regionale;
successivamente, su richiesta di una sigla sindacale di Palermo, è stato effettuato in data 7 febbraio 2004 un sopralluogo da parte del comando provinciale dei Vigili del fuoco di Palermo in cui si afferma che: «...in presenza del professionista incaricato si verificavano le condizioni di grave degrado delle capriate portanti la copertura del fabbricato e dei solai di copertura del 2 piano su cui dovrebbero gravare le opere provvisionali previste per porre in sicurezza le coperture... Si prende atto che risulta necessario portare a compimento le verifiche di stabilità e le opere provvisionali in progetto per mettere in sicurezza l'immobile, prima che lo stesso possa essere riutilizzato...»;
è preliminarmente doveroso sottolineare la grandissima importanza dell'ufficio di Palermo 3. Come si può facilmente evincere dall'elenco di cui infra, l'ufficio di Palermo 3 è situato in una zona nevralgica e centralissima della città e soddisfa una vastissima fascia di utenza che va dai comuni limitrofi (Bolognetta, Misilmeri, Villabate, Ficarazzi, Monreale) ai quartieri Sperone, Settecannoli, Acqua dei Corsari, Romagnolo, Oreto-Stazione, Palazzo Reale-Monte di Pietà, Cuba-Calatafimi, Tribunali-Castellammare, Foro Italico, via Roma e corso Vittorio Emanuele;
gravi sono le conseguenze che la decisione di chiudere gli uffici di Palermo 3 arreca alla vastissima utenza che per l'espletamento di vari adempimenti di natura fiscale, è costretta a recarsi all'altro capo della città, presso gli uffici di Palermo 1 e Palermo 2, peraltro abbastanza vicini l'uno all'altro;
ciò costituisce un gravissimo disagio per l'utenza, in palese contraddizione con quanto promesso dal Ministero dell'economia e delle finanze al momento della nascita delle agenzie fiscali con le quali il fisco avrebbe dovuto snellire l'iter burocratico ed agevolare al massimo la fornitura di servizi ai cittadini con una presenza capillare nel territorio e con una più efficace organizzazione volta ad eliminare o ridurre al minimo i disagi e i disservizi esistenti;


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in una grande città come Palermo, è evidente che la presenza di 3 diversi uffici, a fronte dell'estensione territoriale del sito urbano, garantisce l'erogazione di migliori e più puntuali servizi all'utenza e non si può pensare che l'accorpamento di Palermo 3 con Palermo 1 e Palermo 2 possa ugualmente garantire la funzionalità dei servizi erogati, dato che l'ubicazione decentrata degli altri due uffici, in particolare Palermo 1, penalizza notevolmente numerosissimi utenti costretti a spostamenti lunghi e faticosi e, di contro, favorisce un numero nettamente inferiore di cittadini visto che la zona di competenza dell'ufficio di Palermo 1 non è tanto densamente popolata quanto quella servita dall'ufficio di Palermo 3;
bisogna anche aggiungere il notevole disagio dei lavoratori dell'Ufficio, costretti a sobbarcarsi un altro trasferimento dopo quello subìto a gennaio 2001 con l'istituzione degli uffici locali. I dipendenti di Palermo 3 avevano impostato il loro modus vivendi sulla certezza di continuare a prestare servizio presso l'ufficio di corso Vittorio Emanuele;
coloro i quali abitavano nelle vicinanze dell'Ufficio e avevano iscritto i propri figli nelle scuole della zona conformando, in sostanza, il loro stile di vita alle esigenze rappresentate dall'ubicazione della sede di servizio, si trovano ora in una situazione di grave penalizzazione in particolare nei confronti dei colleghi di Palermo 1 e Palermo 2 che, all'atto della nascita degli uffici locali (gennaio 2001), hanno ottenuto e continuano a mantenere la sede richiesta;
ove non fosse possibile la riapertura in tempi brevi degli uffici in corso Vittorio Emanuele, v'è la possibilità di prendere in locazione altri locali in zone limitrofe che possono soddisfare le esigenze dei dipendenti e dell'utenza, a tale proposito va segnalata la disponibilità dei locali dell'ex ufficio imposte dirette di via Malaspina, ristrutturati e adeguati alla legge 626/90, forniti di climatizzazione, di parcheggio e di ampi spazi (circa 1500 mq.) da destinare al ricevimento del pubblico, nonché di cantinati da adibire ad archivi -:
quali concrete iniziative intenda adottare il ministro interrogato affinché l'ufficio di Palermo 3 venga riaperto nella sua sede di corso Vittorio Emanuele, con le eventuali limitazioni derivanti dalla pericolosità di alcune strutture o, in subordine, di affittare i locali di via Malaspina; ciò perché un'importante realtà lavorativa come quella di Palermo 3 non può perdere la propria identità nella commistione con gli altri due uffici di Palermo.
(4-08927)

Risposta. - Con l'interrogazione cui si risponde l'interrogante nel lamentare che la chiusura dell'Ufficio delle entrate di Palermo 3 causa notevoli disagi ai cittadini e agli impiegati, chiede che l'Ufficio venga urgentemente riaperto nella stessa sede o, in alternativa, nei locali dell'ex ufficio imposte dirette di via Malaspina.
Al riguardo, l'Agenzia delle entrate evidenzia, in via preliminare, che l'Ufficio di cui trattasi non è stato chiuso, bensì temporaneamente trasferito presso altri immobili, l'area servizi è stata, infatti, trasferita presso i locali che ospitano l'ufficio di Palermo 2, mentre l'area controllo presso quelli che ospitano la Direzione Regionale della Sicilia.
Il trasferimento si è reso necessario in quanto, come rileva l'interrogante, i locali precedentemente occupati dall'Ufficio di Palermo 3 in corso Vittorio Emanuele sono stati dichiarati inagibili dai Vigili del fuoco a causa del grave stato di degrado dei solai.
Detta soluzione, come precisato dall'Agenzia delle entrate, ha carattere provvisorio. Peraltro, poiché la relazione dei Vigili del Fuoco lascia intendere che non è ipotizzabile, nel breve periodo, riutilizzare l'immobile di corso Vittorio Emanuele, la Direzione Regionale della Sicilia ha avviato, da tempo, le ricerche di locali che abbiano le caratteristiche idonee ad ospitare l'Ufficio.
L'indagine ha riguardato anche l'immobile di via Malaspina, proposto dall'interrogante. Questa ipotesi è stata però esclusa in quanto le dimensioni dell'immobile non


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sono sufficienti ad ospitare l'intero Ufficio di Palermo 3 ed inoltre l'accesso ai locali, ubicato nella zona posteriore di un complesso immobiliare, non è adeguatamente visibile dall'esterno.
La direzione regionale delle entrate della Sicilia, dopo aver verificato e valutato decine di offerte aveva individuato un immobile da acquisire in locazione, situato in zona centrale (angolo tra via Orsini e via Albanese), non lontano da quello precedentemente occupato. La proprietà, però, ha unilateralmente interrotto le trattative per la stipula del contratto di locazione. Pertanto la stessa Direzione Regionale ha assicurato di aver immediatamente avviato una nuova indagine di mercato.
In considerazione di ciò l'Agenzia delle entrate non esclude, al momento, soluzioni alternative nel quadro di una più generale ricognizione della distribuzione territoriale degli Uffici di Palermo. L'Agenzia ha precisato che tra queste soluzioni potrebbe esservi -
extrema ratio - anche la definitiva riduzione degli uffici da tre a due.
Naturalmente, qualora tale ultima ipotesi dovesse rivelarsi l'unica effettivamente percorribile, l'Agenzia assicura che verranno presi tutti gli accorgimenti necessari ad evitare che l'utenza venga penalizzata: a tal fine, nell'ambito dell'attuale circoscrizione territoriale di Palermo 3 verrebbero istituiti sportelli decentrati di informazione e assistenza, che consentirebbero di mantenere invariato il numero e il livello dei servizi forniti. Le uniche attività che verrebbero concentrate in due uffici sarebbero quelle relative al controllo delle posizioni fiscali che, peraltro, interessano un numero più ristretto di contribuenti.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Maria Teresa Armosino.

MARINELLO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nello svincolo tra la statale 115 (sud occidentale sicula) con la strada provinciale n. 36 (bivio per S. Anna, Caltabellotta, Burgio, Villafranca Sicula, Lucca Sicula, in provincia di Agrigento) sussiste una perenne condizione di pericolo;
numerosi e gravi incidenti stradali si susseguono con notevole danno alle persone e ai mezzi;
il suddetto tratto di strada è caratterizzato da intenso traffico che sarà destinato ad incrementare anche in funzione degli insediamenti turistici che stanno per sorgere nella valle del fiume Verdura -:
quali iniziative tra quelle di propria competenza si intendano realizzare, nell'immediatezza, per diminuire le condizioni di pericolo;
quali siano i tempi di realizzazione degli interventi strutturali necessari a rimuovere definitivamente la suddetta problematica.
(4-11270)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare cui si risponde, l'ANAS spa, interessata al riguardo, ha comunicato di aver già provveduto alla redazione del progetto relativo alla sistemazione dell'incrocio a raso al chilometro 134+100 della strada statale 115 «Sud Occidentale Sicula» per un importo complessivo di 1 milione 450 mila euro.
Tale intervento sarà appaltato compatibilmente con le disponibilità finanziarie che si renderanno disponibili.
Infine, l'ANAS assicura le buone condizione della segnaletica indicante l'incrocio in parola e ne garantisce la costante manutenzione in attesa dell'intervento definitivo inserito nei previsti Piani di sicurezza.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

MASCIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
un'esercitazione per testare il piano di difesa civile adottato dalla prefettura di


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Genova si è svolta giovedì 8 luglio 2004 alle 21,15, tra palazzo san Giorgio e piazza Caricamento, dove oltre 300 rappresentanti delle istituzioni, coordinati dal prefetto di Genova Giuseppe Romano, hanno simulato un attacco alla metropolitana con il gas Sarin;
l'esercitazione si è svolta con l'ausilio di mezzi e personale delle strutture sanitarie, di protezione civile e di ordine pubblico;
risulta all'interrogante che la prefettura avrebbe spiegato l'operatività dell'iniziativa, rimarcando il carattere dimostrativo e di coordinamento della operazione, fatta eccezione per i blocchi stradali ai margini della città, che non erano affatto dimostrativi, ma, facenti parte di un vero piano antiterrorismo scattato in occasione del finto attentato -:
se sia lecita una operazione di ordine pubblico e l'applicazione di un piano antiterrorismo in occasione di una dimostrazione-esercitazione;
quante persone siano state controllate ed eventualmente fermate;
quanti dei fermati fossero extracomunitari o quanti nell'occasione non fossero in regola con i permessi di soggiorno;
quante di queste persone rischiano l'espulsione;
quanti di questi siano «accusati» di terrorismo;
quanti sequestri di materiale sospetto siano da mettere in relazione ad indagini in corso;
quale sia il costo di tale operazione e, in particolare, la parte di ordine pubblico a fronte di una eventuale inconsistenza di fermi e sequestri.
(4-10702)

Risposta. - La prefettura di Genova, nel corso dei primi mesi del corrente anno, ha elaborato un Piano provinciale di difesa civile al quale hanno dato un significativo apporto, attraverso la redazione dei piani particolareggiati, tutte le componenti istituzionali interessate nella gestione di una situazione di emergenza derivante da un attacco N.B.C.R. (nucleare-batteriologico-chimico-radioattivo).
Al fine di verificare la funzionalità di detto Piano e di quelli particolareggiati dallo stesso discendenti, lo scorso 8 luglio, a conclusione di un attento e minuzioso esame degli scenari ipotizzabili, è stato programmato lo svolgimento di una esercitazione che simulasse un attacco terroristico non convenzionale presso una stazione della metropolitana del capoluogo ligure.
L'obiettivo dell'esercitazione era quello di testare la capacità di risposta, in termini di competenza e rapidità di intervento, di tutte le componenti istituzionali chiamate a dare il loro apporto (vigili del fuoco, strutture sanitarie, enti locali, Forze di polizia, volontari, eccetera).
Né andava trascurata, ovviamente, l'esigenza di registrare, per gli eventuali correttivi da apportare, il quadro di coordinamento tra le diverse componenti nella definizione di un sistema complesso, in grado di fornire risposte efficaci e tempestive alle aspettative delle persone e della popolazione coinvolte.
In coincidenza con l'esercitazione e nell'intento di ottimizzare le risorse impiegate, è stato convenuto che venissero effettuati da parte delle forze dell'ordine impiegate di supporto, mirati servizi di controllo del territorio, in attuazione del Piano provinciale antiterrorismo.
Durante tali servizi, pertanto, sono stati controllati 27 veicoli e 83 persone. Nessuna di queste era extracomunitario, nessuna ha rischiato quindi l'espulsione e tanto meno di essere accusata di terrorismo, né è stato sequestrato materiale sospetto.
Va rilevato, infine, che l'iniziativa ha riportato il plauso dei media ed il consenso dell'opinione pubblica e non ha comportato nessun costo se non quello del normale impiego delle risorse umane e strumentali, utilizzate per 4-5 ore.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Maurizio Balocchi.


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MAURANDI, CABRAS, CARBONI, TONINO LODDO, LADU, SORO e RUZZANTE. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il maresciallo M.D, già in servizio presso il 2 reggimento «Granatieri di Sardegna», ha contratto l'infermità di carcinoma intestinale con metastasi epatiche, dopo essere stato impiegato in varie missioni militari italiane all'estero;
per tale infermità, nel gennaio 2001 veniva collocato in congedo perché permanentemente inabile al servizio militare;
nel giugno 2002 il ministero della difesa, su parere del Comitato di verifica per le cause di servizio, respingeva la domanda di pensione privilegiata per cause di servizio e di danno biologico, nonostante i pareri favorevoli di due commissioni mediche ospedaliere, una di Perugia nel 1999 e una di Cagliari nel 2000;
dietro ricorso dell'interessato la Corte dei conti accoglieva la richiesta di pensione privilegiata ora in corso di liquidazione;
il ministero della difesa non ha mai assunto iniziative per contrastare il parere del comitato di verifica, accogliendone, secondo l'interrogante supinamente, il responso;
le condizioni di M.D. si sono aggravate. Ora avrebbe bisogno di cure e interventi molto costosi per terapie avanzate, praticate a quanto sembra in Olanda e negli Stati Uniti;
l'accoglimento delle ragioni di M.D. sulle cause di servizio chiama in causa il problema del danno biologico, il cui riconoscimento d'altra parte consentirebbe a M.D. di affrontare le spese per le nuove cure di cui ha bisogno -:
se non ritenga che la sentenza della Corte dei Conti, che riconosce le cause di servizio, debba comportare anche il riconoscimento del danno biologico.
(4-11078)

Risposta. - Nei confronti del maresciallo Diana l'amministrazione ha posto in essere ogni azione di natura assistenziale e previdenziale prevista dalle normative vigenti, mantenendo, inoltre, costanti contatti con il sottufficiale, a cui non è mai mancato il sostegno morale e l'attenzione della Difesa e di tutte le Forze Armate, come l'interessato stesso ha avuto modo di ribadire in numerose interviste a vari organi di stampa.
Per quanto concerne il trattamento di quiescenza, sia la Commissione Medico Ospedaliera militare di Perugia che l'Ospedale Militare di Cagliari avevano già giudicato l'infermità dipendente da causa di servizio ed ascrivibile alla 1a Categoria della tabella «A» annessa al Decreto del Presidente della Repubblica n. 834/81 relativa alle infermità.
La sentenza della Corte dei conti - che ha accolto il ricorso del maresciallo Diana avverso il diniego del trattamento pensionistico privilegiato, formulato sulla base del parere del comitato di verifica per le cause di servizio - in sostanza ha confermato quanto deliberato dai predetti organi sanitari militari.
Dall'esame delle motivazioni della sentenza stessa si evince che il servizio svolto dal militare, a contatto diretto per lunghi anni con le esalazioni di benzina, oli minerali e solventi vari ha costituito «quantomeno la concausa efficiente e determinante dell'insorgenza» della grave patologia.
In esecuzione della citata sentenza è stata concessa, a favore del Diana, la pensione privilegiata di 1a Categoria a vita a decorrere dal 14 novembre 2000. Gli è stato altresì, concesso l'equo indennizzo nella misura massima.
Con specifico riferimento alla questione del «mancato riconoscimento del danno biologico», a seguito della sentenza della Corte dei conti, la Difesa ha richiesto alla competente Avvocatura Distrettuale uno specifico parere in merito, poiché l'attuale normativa non prevede una simile determinazione da parte della stessa amministrazione.
A tal riguardo, è stata posta in essere ogni possibile azione per acquisire al più presto il relativo parere.


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Per quanto concerne, invece, gli aspetti di natura assistenziale, la Difesa, in applicazione delle disposizioni vigenti, ha provveduto a concedere al giovane ogni prevista elargizione e sussidio per rimborso spese. Inoltre, è stata offerta la possibilità di concedere a titolo gratuito - a cura della Difesa - gli integratori alimentari di cui il maresciallo Diana fa uso.
A tale scopo è stato già richiesto all'interessato l'elenco degli integratori in questione.
In merito, poi, all'esigenza di un possibile ricovero all'estero presso centri specializzati, nonostante siano state intraprese le azioni necessarie per il sollecito avvio di tale procedura, l'interessato, informato a riguardo, ha deciso di proseguire le cure in Italia.
In ogni caso resta ferma, comunque, la disponibilità ad attivarsi, qualora lo stesso lo decida, per consentire di ricevere cure all'estero.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

MIGLIORI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nella giornata del 29 ottobre 2004 gravi eventi calamitosi hanno colpito la provincia di Grosseto ed in particolare, oltre il capoluogo, i Comuni di Roccastrada e Castiglion della Pescaia;
molteplici abitazioni, aziende ed aree coltivate sono state invase dalle acque con danni di notevoli proporzioni -:
quali iniziative urgenti di sostegno alle aree colpite si intendano assumere.
(4-11513)

Risposta. - Nella giornata del 29 ottobre 2004, nella provincia di Grosseto, si sono verificate sporadiche precipitazioni che nel pomeriggio si sono intensificate causando un nubifragio che, nell'arco di sei ore, ha cumulato 60-80 mm di pioggia, con picchi di oltre 120 mm, mentre in località Roccastrada, se ne sono registrati 215 mm.
L'Ufficio Veglia Meteo del Dipartimento della protezione civile, già nella giornata del 28 ottobre, aveva diramato un avviso di avverse condizioni meteorologiche, a partire dal pomeriggio dello stesso giorno e per le successive 24-36 ore, che prevedeva precipitazioni diffuse nelle regioni Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Liguria, Friuli-Venezia Giulia e nella provincia autonoma di Trento.
L'evento alluvionale ha provocato allagamenti nelle zone pianeggianti del tratto terminale del fiume Ombrone, interessando anche alcuni centri abitati; l'innalzamento, oltre la soglia di allarme, dei livelli idrometrici del reticolo idrografico secondario e piccoli smottamenti e frane nelle aree collinari, causando anche danni alle infrastrutture, al sistema produttivo ed al patrimonio edilizio privato.
Le zone più colpite sono state la piana di Grosseto, il settore litorale in prossimità di Castiglion della Pescaia ed i contrafforti meridionali delle Colline metallifere (zona di Roccastrada).
Al fine di procedere alla realizzazione dei primi interventi, finalizzati al soccorso della popolazione ed alla rimozione delle situazioni di pericolo, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 novembre 2004, è stato dichiarato lo stato di emergenza ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della citata n. 225/1992, relativo ai territori nella provincia di Grosseto, di Arezzo e di Siena.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Carlo Giovanardi.

MINNITI, PISA, PINOTTI, RUZZANTE, ANGIONI, LUONGO, LUMIA, ROTUNDO e DE BRASI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
un'inchiesta giornalistica condotta dal Sunday Times i cui contenuti sono stati ripresi anche dalla stampa nazionale rivela l'esistenza di rapimenti di cittadini di varie nazionalità sospettati di terrorismo, che sarebbero state condotte fin dal dicembre 2001 ad opera dei servizi segreti americani;


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sempre per quanto riportato dalla stampa a tal fine, agenti della CIA e del Dipartimento della Difesa utilizzerebbero due aerei, di cui vengono riportate finanche le sigle di identificazione, per trasportare i sospettati in paesi che ne consentirebbero la detenzione e addirittura la tortura al di fuori di tutte le convenzioni internazionali;
il meccanismo descritto dall'inchiesta del Sunday Times coinciderebbe, come sostengono anche testate giornalistiche italiane, con i primi risultati di un'inchiesta avviata dalla Procura di Milano sulla scomparsa dell'imam egiziano Abu Omar, sospettato di legami con Al Qaeda, che è stato bloccato il 17 febbraio 2003 da sconosciuti sotto la sua abitazione a Milano;
le indagini svolte dalla magistratura hanno convinto il pubblico ministero e gli organi di polizia a ipotizzare un sequestro di persona organizzato da agenti segreti;
le intercettazioni in possesso degli inquirenti ipotizzano che dopo due giorni di detenzione illegale in una base militare italiana il sospettato sarebbe stato trasferito con un aereo della CIA in Egitto e in quel paese sottoposto a torture -:
se il Governo sia a conoscenza della vicenda, se vi sia un coinvolgimento diretto o indiretto delle strutture di sicurezza del nostro Paese;
se su quanto riportato dalla stampa sono stati avviati da parte delle istituzioni competenti indagini volte a cercare elementi di riscontro;
se i piani di volo dei velivoli che verrebbero utilizzati per compiere questi azioni illegali consentano di ricostruire il loro traffico nello spazio aereo nazionale, i loro spostamenti, e con quali finalità essi furono giustificati;
quali valutazioni il Governo dia a questa vicenda che agli interroganti appare agghiacciante e quali ulteriori informazioni si intendano fornire affinché sia fatta chiarezza su notizie inquietanti che non possono passare sotto silenzio.
(4-11655)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo cui si risponde, si fa presente che, sia il Ministero degli affari esteri, sia il Sismi ed il Sisde, appositamente interpellati dal Comitato esecutivo per i servizi di informazione e di sicurezza - CESIS -, hanno comunicato di non disporre di elementi di riscontro su quanto riferito dall'articolo apparso sul Sunday Times e ripreso dalla stampa nazionale.
Si fa, comunque, presente, al di là degli articoli di stampa, che il Governo italiano si è sempre fatto promotore, sia attualmente, sia in passato, della difesa e del rispetto dei diritti umani in tutti i consessi internazionali.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Carlo Giovanardi.

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'operazione «Dinasty», effettuata nell'ottobre del 2003, e che ha visto coinvolti sessantadue indagati, per i quali è stato chiesto il rinvio a giudizio per associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione e traffico di droga, ha, per la prima volta, assestato un duro colpo alle cosche dei Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia), tra le maggiori e più pericolose della 'ndrangheta calabrese;
il processo giudiziario legato alla citata operazione «Dinasty» ha avuto inizio nei giorni scorsi presso l'aula bunker di Catanzaro;
il giorno dopo la prima udienza preliminare è apparsa la notizia relativa alla posizione assunta da alcuni avvocati difensori che hanno presentato una raffica di eccezioni sulla costituzione di parte civile nel processo dei Comuni di Vibo Valentia e Tropea (Vibo Valentia);


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primo fra tutti i difensori è stato l'avvocato Giovanni Vecchio, il quale da qualche mese è anche assessore provinciale a Vibo Valentia e consigliere comunale di minoranza a Tropea;
la giunta comunale di Tropea, con delibera n. 112 del 3 agosto 2004 si è costituita parte civile nel procedimento penale dell'operazione «Dinasty»;
l'Amministrazione Provinciale non ha ancora pubblicato alcuna delibera di costituzione di parte civile nello stesso processo, anche se da notizie di stampa si apprende che la Giunta provinciale, della quale fa parte l'avvocato Vecchio e con l'unico voto di astensione da parte dello stesso, avrebbe già deliberato in tal senso;
l'assessore provinciale, avvocato Vecchio, è il difensore di personaggi di primo piano coinvolti nel processo «Dinasty», quali Luigi Mancuso, Pantaleone Mancuso, Antonio Mancuso e Salvatore Cuturello;
l'interrogante, anche alla luce di numerose indagini investigative che stanno facendo emergere in Calabria le collusioni tra amministratori locali e 'ndrangheta, ritiene davvero grave che un difensore di boss di grosso calibro possa mantenere importanti incarichi politici, quale quello di assessore provinciale, peraltro nello stesso territorio dove impera la cosca della 'ndrangheta in questione -:
se non ritenga necessario ed urgente far avviare le procedure di rimozione dell'avvocato Vecchio da assessore provinciale di Vibo Valentia.
(4-11047)

Risposta. - La questione sollevata dall'interrogante è da ritenersi superata con le dimissioni presentate, in data 12 novembre scorso, sia dall'assessore della provincia di Vibo Valentia, avvocato Giovanni Vecchio, sia dal presidente del Consiglio provinciale, signor Pietro Giamborino.
Va, peraltro, precisato che l'assessore avvocato Vecchio aveva, nel frattempo, rinunciato al mandato conferitogli dalle persone coinvolte nel processo giudiziario citato dall'interrogante.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

OSVALDO NAPOLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
sull'autostrada A-32 Torino-Bardonecchia si stanno verificando in questo periodo notevoli disagi per gli utenti a causa dei frequenti ingorghi e dei rallentamenti del traffico, determinati dalla presenza di numerosi cantieri di lavoro; la situazione in questa autostrada, prevalentemente di montagna, è appesantita dal traffico turistico, tipico del periodo estivo -:
se, al di là dei provvedimenti generali preannunciati a livello ministeriale relativi alla sospensione di molti cantieri di lavoro nel periodo estivo in tutta la rete autostradale, non si ravvisi l'opportunità di attivarsi affinché sia informata l'utenza in maniera più capillare in merito ai cantieri esistenti, alla programmazione dei lavori e ai tempi di approntamento delle opere;
se non si ritenga necessario intervenire affinché siano potenziati sull'A-32 gli strumenti di informazione istantanea sul traffico per gli automobilisti, anche incrementando il numero degli appositi pannelli e razionalizzandone l'uso, in modo da poter comunicare in tempo reale lo stato della circolazione stradale e dare l'opportunità agli utenti di scegliere, in caso di ingorghi, strade alternative;
se non si ritenga opportuno sensibilizzare la Società concessionaria dell'A-32, SITAF, affinché sia favorito l'afflusso ordinato del pubblico al grande concerto previsto per il 1 agosto 2004 ad Exilles (Torino).
(4-10537)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare cui si risponde, l'ANAS spa, interessata al riguardo, ha comunicato che da informazioni fornite dalla Società


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SITAF spa, concessionaria della autostrada A32 Torino Bardonecchia e del Traforo del Frejus, è emerso che i rallentamenti del traffico verificatisi nella passata estate hanno determinato un aumento dei tempi di percorrenza dell'ordine massimo di dieci minuti, prevalentemente agli imbocchi della galleria Prapontin ed in limitate specifiche occasioni, peraltro legate alla stagionalità dei flussi di traffico collegati alle località turistiche servite dall'autostrada medesima.
Tale concentrazione di mezzi non risulta agevolmente smaltibile nelle tempistiche normali specie in presenza dei necessari restringimenti dovuti ai lavori finalizzati al miglioramento della sicurezza stradale, alla manutenzione ordinaria della struttura ed alla realizzazione di una quarta corsia nel tratto da Savoulx a Bardonecchia con annesso svincolo di accesso da questa località.
La società stradale riferisce che la SITAF, in occasione di una conferenza stampa tenutasi il 10 febbraio 2004, ha illustrato gli impegni programmatici ed il cronoprogramma dei lavori indilazionabili che intendeva assumere in vista dell'importante appuntamento olimpico «Torino 2006», con una precisa esposizione dei periodi interessati dai lavori nonché delle sospensioni programmate degli stessi, ove tecnicamente possibile, nei periodi di maggiore afflusso del traffico.
I dati consuntivi dei primi sei mesi del 2004 hanno evidenziato una modesta penalizzazione dei tempi di percorrenza dell'A32 pur in presenza di massicci e necessari interventi.
Inoltre, a seguito della riapertura del traforo del Monte Bianco è stata constatata una riduzione del traffico totale, nel periodo 2002/2004, di oltre il 20 per cento.
Peraltro, la SITAF, per l'apertura della stagione invernale, ha programmato un ulteriore incontro con gli operatori della valle e gli organi di informazione al fine di pianificare, sulla base dell'esperienza estiva e dei suggerimenti raccolti, ogni ulteriore utile iniziativa tesa al miglioramento del servizio.
L'ANAS informa, infine, che per quanto attiene al concerto tenutosi lo scorso 10 agosto ai piedi del Forte Exilles, prospiciente la strada statale n. 4 del Monginevro, la Prefettura di Torino, per evitare interferenze con i rumori prodotti dal transito, ha inibito la circolazione sul tratto Susa-Oulx della statale stessa. Il traffico è stato dirottato sull'autostrada A32 percorsa gratuitamente per l'occasione.
Per quanto riguarda i sistemi di informazione all'utenza lungo l'autostrada A32 Torino-Bardonecchia, l'ANAS fa presente che nella tratta di circa 73 chilometri in concessione alla società SITAF risultano installati lungo il percorso 12 pannelli a messaggio variabile a fronte dei 15 previsti.
Detti ulteriori 3 pannelli saranno installati nel tratto finale dell'autostrada tra Oulx e Bardonecchia, entro la fine del 2005, un volta ultimati i lavori di realizzazione della quarta corsia attualmente in corso.
Inoltre, sono stati installati 15 pannelli a messaggio variabile lungo i raccordi di adduzione agli svincoli autostradali in ingresso.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

NICOLOSI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con provvedimento direttoriale del 27 gennaio 2004 è stata disposta la chiusura temporanea dell'ufficio di Palermo 3 al fine di completare le indagini necessarie per meglio valutare gli interventi di manutenzione straordinaria da realizzare nell'immobile. La chiusura segue la conclusione dell'indagine conoscitiva con la quale viene certificata l'inagibilità dell'immobile da uno studio tecnico privato di Palermo cui è stato affidato, da parte dell'Agenzia del demanio, proprietaria dell'immobile, l'incarico di periziare l'immobile stesso;
nella predetta indagine viene evidenziata la pericolosità della copertura del fabbricato in alcuni locali del 3 piano a causa dell'infestazione da parte di insetti delle travi lignee di sostegno e delle infiltrazioni


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di acqua piovana, con il rischio di crolli a catena fino al sottostante 1 piano;
copia di detta relazione è stata consegnata alla rappresentanza sindacale unitaria dell'Ufficio ed alle organizzazioni sindacali provinciali e regionali nel corso di una riunione tenutasi alla Direzione regionale delle entrate della Sicilia alla presenza del Direttore regionale dottor Aldino Bruno Mazzarelli, del capo del personale dottor Sergio Pantè, del direttore dell'Ufficio di Palermo 3 dottoressa Laura Capra, e di altri dirigenti della direzione regionale;
in data 7 febbraio 2004, su richiesta di una sigla sindacale di Palermo, è stato effettuato un sopralluogo da parte del comando provinciale dei Vigili del fuoco di Palermo in cui si afferma che: «...in presenza del professionista incaricato si verificavano le condizioni di grave degrado delle capriate portanti la copertura del fabbricato e dei solai di copertura del 2 piano su cui dovrebbero gravare le opere provvisionali previste per porre in sicurezza le coperture... Si prende atto che risulta necessario portare a compimento le verifiche di stabilità e le opere provvisionali in progetto per mettere in sicurezza l'immobile, prima che lo stesso possa essere riutilizzato...»;
è preliminarmente doveroso sottolineare la grandissima importanza dell'Ufficio di Palermo 3. Come si può facilmente evincere dall'elenco di cui infra, l'Ufficio di Palermo 3 è situato in una zona nevralgica e centralissima della città e soddisfa una vastissima fascia di utenza che va dai comuni esterni (Bolognetta, Misilmeri, Villafrati, Godrano, Cefalà Diana, Mezzojiuso, Campofelice di Fitalia, Baucina, Ciminna, Ventimiglia di Sicilia, Villabate, Belmonte Mezzagno, Ficarazzi, Monreale, Piana degli Albanesi, Santa Cristina Gela, Ustica) ai quartieri Sperone, Settecannoli, Acqua dei Corsari, Romagnolo, Oreto-Stazione, Palazzo Reale-Monte di Pietà, Cuba-Calatafimi, Tribunali-Castellammare, Foro Italico, via Roma e corso Vittorio Emanuele;
l'Area Servizi di Palermo 3 è stata riattivata presso i locali di via Toscana, ove ha sede l'ufficio di Palermo 2 mentre l'Area Controllo, nonché l'unità di direzione e segreteria dell'ufficio in questione sono state riattivate presso i locali di via Roentghen ove hanno sede gli Uffici di Palermo 1 e la Direzione Regionale della Sicilia;
gravi sono le conseguenze che la decisione di chiudere gli uffici di Palermo 3 arreca alla vastissima utenza che per l'espletamento di vari adempimenti di natura fiscale, è costretta a recarsi all'altro capo della città, presso gli uffici di Palermo 1 e Palermo 2, peraltro abbastanza vicini l'uno all'altro;
ciò costituisce un gravissimo disagio per l'utenza, in palese contraddizione con quanto promesso dal Ministero dell'economia e delle finanze al momento della nascita delle agenzie fiscali con le quali il fisco avrebbe dovuto snellire l'iter burocratico ed agevolare al massimo la fornitura di servizi ai cittadini con una presenza capillare nel territorio e con una più efficace organizzazione volta ad eliminare o ridurre al minimo i disagi e i disservizi esistenti;
non v'è dubbio che la chiusura comporta la perdita di identità dell'Ufficio di Palermo 3, dato che i due rami in cui è suddiviso l'Ufficio di fatto sono divenuti distinti e distanti fra loro e non facenti più parte di un unico corpo di fabbrica. Un rimedio tecnico quello adottato che sembra faccia difetto qualcosa di essenziale: qualcosa capace di toccare il cuore del problema, qualcosa che sfugge e crea un diffuso senso di malessere;
in una grande città come Palermo, è evidente che la presenza di 3 diversi uffici, a fronte dell'estensione territoriale del sito urbano, garantisce l'erogazione di migliori e più puntuali servizi all'utenza e non si può pensare che l'accorpamento di Palermo 3 con Palermo 1 e Palermo 2 possa ugualmente garantire la funzionalità dei servizi erogati, dato che l'ubicazione decentrata degli altri due uffici, in particolare Palermo 1, penalizza notevolmente


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numerosissimi utenti costretti a spostamenti lunghi e faticosi e, di contro, favorisce un numero nettamente inferiore di cittadini visto che la zona di competenza dell'ufficio di Palermo 1 non è tanto densamente popolata quanto quella servita dall'ufficio di Palermo 3;
bisogna anche aggiungere il notevole disagio dei lavoratori dell'Ufficio, costretti a sobbarcarsi un altro trasferimento dopo quello subito a gennaio 2001 con l'istituzione degli uffici locali. I dipendenti di Palermo 3 avevano impostato il loro modus vivendi sulla certezza di continuare a prestare servizio presso l'ufficio di corso Vittorio Emanuele;
coloro i quali abitavano nelle vicinanze dell'Ufficio e avevano iscritto i propri figli nelle scuole della zona conformando, in sostanza, il loro stile di vita alle esigenze rappresentate dall'ubicazione della sede di servizio, si trovano ora in una situazione di grave penalizzazione in particolare nei confronti dei colleghi di Palermo 1 e Palermo 2 che, all'atto della nascita degli uffici locali (gennaio 2001), hanno ottenuto e continuano a mantenere la sede richiesta;
ove non fosse possibile la riapertura in tempi brevi degli uffici in corso Vittorio Emanuele, v'è la possibilità di prendere in locazione altri locali in zone limitrofe che possono soddisfare le esigenze dei dipendenti e dell'utenza, a tale proposito vanno segnalati i locali dell'ex UPIM di via Roma, adeguati alla legge 626/90, forniti di climatizzazione, di parcheggio e di ampi spazi da destinare al ricevimento del pubblico (front office), all'area Controllo (back office) e all'archivio ed i locali (ex SIP) in viale Giulio Cesare -:
quali concrete iniziative intenda adottare il Ministro interrogato affinché l'ufficio di Palermo 3 venga riaperto nella sua sede di corso Vittorio Emanuele, con le eventuali limitazioni derivanti dalla pericolosità di alcune strutture o, in subordine, di affittare i locali di via Roma (ex UPIM); non è umano che un utente, per esempio di Bolognetta o peggio ancora di Ciminna o Ventimiglia di Sicilia, per risolvere un problema fiscale debba percorrere cento chilometri tra il percorso per raggiungere l'Area Servizi di Palermo 3 ed il ritorno a casa (sempre che non venga dirottato presso l'Area Servizi di viale Campania) e non è nemmeno morale cancellare con un «si chiude per inagibilità» la memoria storica di una struttura quale il «Palazzo» cosiddetto «delle finanze» i cui lavoratori occupati e gli utenti animavano e rivalutavano il centro storico della città normanna, oggi divenuto un deserto.
(4-09949)

Risposta. - Con l'interrogazione cui si risponde l'interrogante nel lamentare che la chiusura dell'Ufficio delle entrate di Palermo 3 causa notevoli disagi ai cittadini e agli impiegati, chiede che l'Ufficio venga urgentemente riaperto nella stessa sede o, che, in alternativa, vengano presi in locazione i locali dell'ex UPIM di via Roma e dell'ex SIP in viale Giulio Cesare.
Al riguardo, l'Agenzia delle entrate evidenzia, in via preliminare, che l'Ufficio di cui trattasi non è stato chiuso, bensì temporaneamente trasferito presso altri immobili, l'area servizi è stata, infatti, trasferita presso i locali che ospitano l'ufficio di Palermo 2, mentre l'area controllo presso quelli che ospitano la Direzione Regionale della Sicilia.
Il trasferimento si è reso necessario in quanto, come rileva l'interrogante, i locali precedentemente occupati dall'Ufficio di Palermo 3 in corso Vittorio Emanuele sono stati dichiarati inagibili dai Vigili del Fuoco a causa del grave stato di degrado dei solai.
Detta soluzione, come precisato dall'Agenzia delle entrate, ha carattere provvisorio. Peraltro, poiché la relazione dei Vigili del fuoco lascia intendere che non è ipotizzabile, nel breve periodo, riutilizzare l'immobile di corso Vittorio Emanuele, la Direzione Regionale della Sicilia ha avviato, da tempo, le ricerche di locali che abbiano le caratteristiche idonee ad ospitare l'Ufficio.
L'indagine ha riguardato anche le soluzioni immobiliari suggerite dall'interrogante, che però non si sono rilevate praticabili.


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In particolare, i locali ex UPIM di via Roma potrebbero essere utilizzati solo limitatamente al piano terreno, come front office in quanto i piani superiori appaiono di difficile riorganizzazione ad uso ufficio a causa delle scarse o inadeguate aperture all'esterno. Relativamente, invece, alla proposta di utilizzare i locali ex SIP in viale Giulio Cesare, la Direzione Regionale ha accertato che non vi è alcuna disponibilità in tal senso.
La Direzione Regionale delle entrate della Sicilia, dopo aver verificato e valutato decine di offerte aveva individuato un immobile da acquisire in locazione, situato in zona centrale (angolo tra via Orsini e via Albanese), non lontano da quello precedentemente occupato. La proprietà, però, ha unilateralmente interrotto le trattative per la stipula del contratto di locazione. Pertanto la stessa Direzione Regionale ha assicurato di aver immediatamente avviato una nuova indagine di mercato.
In considerazione di ciò l'Agenzia delle entrate non esclude, al momento, soluzioni alternative nel quadro di una più generale ricognizione della distribuzione territoriale degli Uffici di Palermo. L'Agenzia ha precisato che tra queste soluzioni potrebbe esservi -
extrema ratio - anche la definitiva riduzione degli uffici da tre a due.
Naturalmente, qualora tale ultima ipotesi dovesse rivelarsi l'unica effettivamente percorribile, l'Agenzia assicura che verranno presi tutti gli accorgimenti necessari ad evitare che l'utenza venga penalizzata: a tal fine, nell'ambito dell'attuale circoscrizione territoriale di Palermo 3 verrebbero istituiti sportelli decentrati di informazione e assistenza, che consentirebbero di mantenere invariato il numero e il livello dei servizi forniti. Le uniche attività che verrebbero concentrate in due uffici sarebbero quelle relative al controllo delle posizioni fiscali, che peraltro, interessano un numero più ristretto di contribuenti.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Maria Teresa Armosino.

NUVOLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il sistema viario del nord Sardegna versa in condizioni che appaiono all'interrogante vergognose, con particolare riferimento alle strade Sassari-Olbia, Sassari-Alghero e a tutta la viabilità delle zone interne;
su queste strade sconnesse, a due corsie e con altissima densità di traffico si consumano innumerevoli tragedie -:
con quali tempi ritiene di attivarsi affinché siano finalmente destinati fondi sufficienti alle predette strade per renderle più scorrevoli e sicure.
(4-11192)

Risposta. - L'itinerario della strada statale n. 597 «del Logudoro», la quale collega Olbia a Sassari, è composta dai seguenti tratti:
1o tratto:
dalla strada statale 131 a Su Campu - Il tratto ha un'estesa di Km. 5, attraversa il territorio di Logudoro con un andamento planimetrico che prevede curve di medio raggio e presenta una situazione stabile del piano viabile. Per quanto riguarda i lavori di manutenzione, la società stradale informa che il Compartimento ANAS di Cagliari impegna circa 150 mila euro annui per la manutenzione ordinaria. Nell'ultimo anno sono stati eseguiti interventi di manutenzione straordinaria per l'installazione di barriere metalliche per un importo di 1 milione 600 mila euro.
2o tratto:
da Su Campu allo svincolo di Monti - Il tratto ha un'estesa di circa km. 25 e costituisce variante al vecchio tracciato delle strade statali n. 199 e n. 597. Tale tronco è stato aperto al traffico nell'aprile 1995 e consegnato nel 1996 all'ANAS su sollecitazione anche della Prefettura di Sassari, in attesa della classificazione a statale della strada e del collaudo definitivo dei lavori, a tutt'oggi ancora non completato per difficoltà di ordine tecnico sollevate dalla Commissione di collaudo sull'esecuzione dei lavori principali.


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Contestualmente alla presa in consegna, nelle more della formale statizzazione, la Direzione lavori dell'ANAS ha invitato il suddetto Compartimento di Cagliari ad effettuare immediatamente, a mezzo di risorse finanziarie in propria disponibilità, le lavorazioni urgenti per la messa in sicurezza dell'arteria stessa nonché a procedere alla redazione di apposite perizie di intervento finalizzate all'esecuzione di quanto necessario per la corretta funzionalità della strada che potesse effettuarsi senza inficiare le operazioni di collaudo.
Sono stati eseguiti interventi di manutenzione straordinaria di 1 milione 130 mila euro per risanamenti della sovrastruttura stradale e di 720 mila euro per la stesa di conglomerato bituminoso tipo
bynder. Sono in corso di ultimazione due interventi di fresatura con successiva posa in opera di una nuova sovrastruttura composta dagli strati di base, bynder e tappeto d'usura, per un importo complessivo di 6 milioni 700 mila euro. Detti lavori hanno interessato l'intera estesa dell'arteria per un totale di Km. 25+590.
3o tratto:
da Monti ad Olbia - Il tratto, di un'estesa di circa Km. 24 costruito negli anni '80 dall'Amministrazione provinciale di Sassari, è stato regolarmente statizzato e presenta una situazione stabile del piano viabile.
Ad oggi è in appalto per tutto il tratto un intervento che prevede la stesa del tappeto drenante per un importo di 2 milioni 430 mila euro, mentre sono in esecuzione i lavori per la posa in opera di nuove barriere per 2 milioni di euro.

Nuova direttrice Sassari-Olbia (SS 597 e SS 199)
Per quanto concerne l'intervento di adeguamento a quattro corsie dell'arteria, lo stesso è inserito nell'Accordo di Programma Quadro, stipulato nel luglio 2003, con la previsione di spesa, per il tratto Ploaghe-Olbia, dell'importo di 330 milioni di euro. Inoltre, lo stesso intervento è stato interamente recepito nella proposta del Piano Pluriennale della Viabilità 2003-2012 redatto dalla società stradale.
Attualmente la proposta di Piano Decennale è all'esame della Conferenza Stato-Regione, ai fini dell'iter approvativo.
La società stradale rende noto che è stata recentemente sottoscritta una convenzione tra la regione Sardegna e l'ANAS per la redazione da parte del Compartimento della viabilità per la Sardegna di uno studio di funzionalità propedeutico al bando di gara per la progettazione preliminare dell'intervento.
Tale bando di gara per la redazione del progetto preliminare della nuova direttrice Sassari-Olbia è stato pubblicato dalla regione Sardegna e se ne prevede l'aggiudicazione entro il prossimo mese di maggio.

Nuova strada statale 291
In base a quanto previsto dagli accordi tra la regione Sardegna e l'ANAS i progetti definitivi relativi alla costruzione della nuova strada statale 291 per il collegamento tra Sassari, Alghero e l'aeroporto sono stati redatti su incarico della regione medesima e recentemente consegnati all'ANAS, dopo essere stati adeguati recependo le prescrizioni dettate dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio nel decreto di compatibilità ambientale di approvazione degli stessi progetti.
I progetti definitivi sono in corso di istruttoria tecnica presso l'ANAS per l'approvazione e la conseguente pubblicazione del bando di gara per la realizzazione delle opere che si prevede possa avvenire entro la fine dell'anno 2005.
Il costo attualmente stimato per la realizzazione di tali opere è pari a circa 210 milioni di euro.
Per quanto riguarda l'itinerario Sassari-Alghero, l'ANAS riferisce che esso interessa le seguenti statali:
Strada statale 291 «della Nurra»: inizia a Sassari con una strada a scorrimento veloce a quattro corsie per circa 14+800 (bivio di Olmedo) e poi si riduce a due corsie fino al successivo innesto con la statale 127-bis. Il primo tratto a quattro corsie è stato oggetto di lavori di sistemazione del piano viabile e di rifacimento della segnaletica orizzontale ed integrazione di quella verticale.


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Strada statale 127-bis «settentrionale sarda»: si inserisce nel territorio di Alghero nei pressi della casa cantoniera di Rudas al chilometro 23+400 e dal chilometro 32+400 al chilometro 41+850 diventa traversa interna per terminare in località Porto Conte al chilometro 48+588. Fino al chilometro 26+000 la statale è stata oggetto di lavori di sistemazione del piano viabile, della segnaletica fino alla località Porto Conte e sostituzione ed integrazione di quella verticale.
Strada statale variante del Calik: è compresa tra lo svincolo della strada provinciale Porto Torres-Alghero e l'innesto con la strada statale 291 al km. 33+000, con un'estesa pari a chilometri 4+100. L'arteria non presenta ammaloramenti e l'ANAS sta procedendo alla messa in sicurezza dei viadotti sul Calik mediante apposizione di barriere metalliche di sicurezza e reti di protezione.
Strada statale 292 «Nord Occidentale Sarda»: si innesta ad Alghero, in prossimità del chilometro 1+200 e prosegue verso l'abitato di Villanova Monteleone per circa chilometri 10. Tale arteria non presenta situazioni di pericolo in quanto il piano viabile risulta in buone condizioni e, di recente, sono state ripristinate sia la segnaletica orizzontale sia quella verticale.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

PERROTTA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in data 9 agosto 2000 il prefetto di Roma, dottor Mosino, ha emesso un decreto n. 34/2000, mediante il quale, in deroga alla normativa vigente e per motivi di urgenza, disponeva l'alienazione, mediante rottamazione, dei veicoli sottoposti a sequestro amministrativo giacenti da oltre due anni nei depositi amministrativi di Roma e provincia;
per l'esecuzione di tale provvedimento il prefetto di Roma, nello stesso decreto, ha incaricato dell'esecuzione di quanto da lui disposto la Eurocomputer S.p.a., che si era offerta a titolo gratuito, e che fra gli altri compiti aveva anche quello relativo alla radiazione dal PRA delle targhe di circolazione dei veicoli individuati dal decreto 34/2000;
a fronte di tale incarico, ed a garanzia degli adempimenti connessi, la Eurocomputer S.p.a. avrebbe dovuto stipulare una polizza fideiussoria dell'importo di lire 6.000.000.000;
i custodi amministrativi di Roma e provincia hanno perfettamente adempiuto, come si può evincere dalla documentazione da essi depositata presso l'ufficio territoriale del Governo di Roma, sia alla custodia dei veicoli per il periodo di sequestro sia a tutto quanto loro richiesto nel D.P. 34/2000, in particolare riconsegnando alla prefettura di Roma, per il tramite dell'Eurocomputer S.p.a. e dei suoi incaricati, i veicoli completi delle relative targhe di circolazione;
a conferma della regolarità di tutti gli adempimenti svolti, i custodi amministrativi di Roma e provincia hanno ricevuto dall'ufficio territoriale del Governo di Roma (ex Prefettura di Roma) in data 29 marzo 2002 la liquidazione di un acconto delle somme a loro dovute per la custodia dei veicoli individuati per l'alienazione dal D.P. 34/2000;
attualmente l'ufficio territoriale del Governo di Roma rifiuta, a gran parte dei custodi amministrativi di Roma e provincia, la liquidazione del saldo delle somme ad essi dovute per la custodia dei veicoli alienati per mezzo del D.P. 34/2000 subordinando il pagamento di detto saldo all'avvenuta produzione, da parte dei custodi stessi, dei documenti comprovanti la radiazione dal PRA di detti veicoli e dichiarando contestualmente che ciò «costituisce una misura di conservazione della garanzia dell'adempimento stesso.... », nonostante di tale adempimento risulta essere chiaramente incaricato un terzo ovvero,


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nella fattispecie concreta, la società Eurocomputers Spa.;
appare chiara l'illegittimità delle pretese e del comportamento dell'ufficio territoriale del Governo di Roma sia perché il compito di radiare dal PRA le targhe di circolazione dei veicoli ritirati per la rottamazione ex D.P. 34/2000 è stato demandato dal prefetto di Roma alla società Eurocomputers S.p.a., la quale non vi ha mai provveduto, sia perché i custodi amministrativi di Roma e provincia non potrebbero comunque provvedere a tale compito in quanto soggetti non abilitati a norma del decreto legislativo n. 22 del 1997 (decreto Ronchi), sia per il fatto che essi non sono più in possesso di dette targhe di circolazione in quanto le hanno consegnate, in adempimento di quanto disposto proprio dal D.P. 34/2000, agli incaricati indicati dal prefetto di Roma;
le targhe di circolazione di cui alla presente vicenda non riconsegnate dalla Eurocomputers S.p.a. al PRA per la radiazione ammontano alla considerevole cifra di oltre 6.000 delle quali sono sconosciuti ad oggi sia i detentori, sia la destinazione che hanno subito, sia l'eventuale uso che ne viene fatto;
tali targhe di circolazione potrebbero essere utilizzate a fini illegittimi con grave pregiudizio per la pubblica sicurezza;
tra le altre cose, come dichiarato dal Prefetto di Roma dottor Emilio Del Mese, è emerso che invece della Eurocomputers S.p.a. ha agito, per l'esecuzione del D.P. 34/2000, tale signor Angelo Cacciotti, titolare della SISTRA S.p.a., che non era munito dei poteri necessari di rappresentanza e che quindi ha svolto tutte le attività inerenti l'esecuzione del D.P. 34/2000 in nome e per conto della Prefettura di Roma senza alcun titolo e senza alcuna ratifica da parte della Eurocomputers S.p.a.
comunque la questione inerente la legittimazione del signor Angelo Cacciotti e della SISTRA S.p.a. ad eseguire il D.P. 34/2000 non è attinente né all'attività di custodia svolta dai Custodi Amministrativi di Roma e provincia né alla liquidazione del saldo delle somme ad essi spettanti;
l'Ufficio Territoriale del Governo di Roma ha provveduto a liquidare somme a saldo solo a favore dei custodi amministrativi che si sono sottomessi sia alla richiesta illegittima di produrre i documenti comprovanti l'effettiva radiazione al PRA delle targhe di circolazione dei veicoli interessati dal D.P. 34/2000, sia ad un atto di transazione, elaborato unilateralmente dalla dirigente dell'Area Sanzioni Amministrative dell'Ufficio Territoriale del Governo di Roma, a fronte del quale i custodi firmatari, per incassare il saldo a loro dovuto, hanno dovuto accettare, non essendoci altra alternativa se non quella di non ricevere le somme spettanti, la decurtazione di una consistente percentuale di denaro nonché responsabilità vessatorie e non proprie -:
come è stata selezionata la società Eurocomputers S.p.a. per l'affidamento dell'incarico di eseguire gli adempimenti inerenti l'applicazione del D.P. 34/2000 e quali garanzie abbia dovuto presentare tale società per ottenere tale incarico dalla prefettura di Roma;
se la Eurocomputer S.p.a. abbia mai stipulato, come previsto dal D.P. 34/2000, una polizza fideiussoria, a garanzia degli adempimenti ad essa delegati dal prefetto di Roma, del valore di lire 6.000.000.000;
per quali motivi i dirigenti preposti della prefettura di Roma non abbiano vigilato sulla corretta esecuzione di quanto disposto dal prefetto di Roma nel D.P. 34/2000, ed in particolare, per quali motivi non abbiano verificato la legittimità ad agire, in nome e per conto della Eurocomputer S.p.a., della SISTRA S.pa. e del signor Angelo Cacciotti, ed i motivi per i quali non hanno accertato in tempo utile la negligenza di tali soggetti nel radiare dal PRA le targhe di circolazione già citate;
quali iniziative giudiziarie abbia intrapreso la Prefettura di Roma nei confronti della SISTRA S.p.a. e del signor Angelo Cacciotti per aver effettuato tutte


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le operazioni inerenti l'esecuzione del D.P. 34/2000, demandate dal Prefetto di Roma alla Eurocomputer S.p.a., senza averne avuto i necessari poteri né deleghe di alcun tipo;
se risulti vero che la SISTRA S,p.a. ed una società da lei indicata, CAR SERVICE S.r.l. con sede in Maddaloni (CE), abbia incassato delle ingenti somme di denaro dai demolitori incaricati dalla SISTRA S.p.a. stessa del ritiro dei veicoli presso i depositi amministrativi di Roma e provincia e/o dai custodi amministrativi stessi, al titolo di rimborso spese per la radiazione dal PRA delle targhe di circolazione dei veicoli sottoposti al D.P. 34/2000 senza che poi di fatto vi abbiano mai provveduto;
se appaia legittimo ed accettabile che la prefettura di Roma, ora ufficio territoriale del governo di Roma, rifiuti a gran parte dei custodi amministrativi di Roma e provincia, la liquidazione del saldo delle somme ad essi dovute per la custodia dei veicoli alienati per mezzo del D.P. 34/2000, subordinando il pagamento di detto saldo all'avvenuta produzione, da parte dei custodi stessi, dei documenti comprovanti la radiazione dal PRA di detti veicoli, ovvero subordinando detto pagamento ad un adempimento di cui risulta chiaramente incaricato un terzo, e nella fattispecie concreta la società Eurocomputers S.p.a., che non ha nessuna attinenza con la custodia dei veicoli sottoposti a sequestro amministrativo per la quale dette somme a saldo devono essere pagate;
se appaia legittimo che il dirigente preposto dell'ufficio territoriale del governo di Roma subordini il pagamento delle somme dovute per la custodia dei veicoli di cui al D.P. 34/2000 alla firma di un atto di transazione per mezzo del quale ai custodi amministrativi vengono decurtate delle somme di denaro dal totale ad essi spettanti nonché vengono addossate delle responsabilità non proprie;
quali iniziative intendano adottare affinché siano perseguiti, per le loro negligenze e per gli abusi e per le omissioni commesse, i soggetti incaricati dal prefetto di Roma dell'esecuzione del D.P. 34/2000, ed i soggetti che di fatto, senza neanche averne poteri necessari, hanno eseguito gli adempimenti previsti nel D.P. 34/2000;
quali provvedimenti intendano adottare affinché vengano prontamente liquidate ai custodi amministrativi di Roma e provincia le somme a loro spettanti a saldo delle custodie inerenti i veicoli sequestrati indicati dal D.P. 34/2000, tenuto conto, come da premesse, che essi hanno perfettamente concluso, e documentato, ogni adempimento di loro competenza come da normativa vigente;
quali provvedimenti intendano adottare affinché vengano prontamente recuperate le targhe di circolazione dei veicoli demoliti per mezzo del D.P. 34/2000, ancora non riconsegnate dalla Eurocomputer S.p.a. al PRA per la radiazione, anche allo scopo di evitare che tali targhe di circolazione possano essere utilizzate a fini illegittimi con grave pregiudizio per la pubblica sicurezza;
se, alla luce di quanto fino ad ora emerso, non si intenda revocare alla Eurocomputers S.p.a., ora Eliosnet S.p.a., ogni concessione o incarico inerente lo smaltimento dei veicoli confiscati a seguito di sequestri amministrativi.
(4-08207)

Risposta. - Il provvedimento prefettizio oggetto dell'interrogazione parlamentare, si è reso necessario in ragione del considerevole numero di veicoli «da rottamare», del progressivo aumento delle spese di custodia, spesso anticipate dall'amministrazione cui appartengono gli organi accertatori, nonché del difficoltoso, successivo recupero delle stesse spese.
Si ricorda che, ai sensi del decreto legislativo n. 22 del 1997, i veicoli a motore fuori uso si configurano come rifiuti speciali e, in quanto tali, eliminabili con procedure più celeri di quelle previste, in via ordinaria, dal codice della strada.
Col citato decreto si stabiliva che la rottamazione dei veicoli e la loro cancellazione dal P.R.A., fosse affidata alla società


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Eurocomputers spa. Tale società aveva infatti stipulato con il Ministero dell'economia e delle finanze una convenzione, registrata dalla Corte dei conti, che affidava alla medesima ditta tutti i compiti successivi all'ordinaria procedura di confisca.
Si ricorda peraltro che nel bando di gara della convenzione era stato espressamente previsto che l'aggiudicazione potesse avvenire «anche in presenza di una sola offerta valida» e che, sia nel medesimo bando che nella convenzione, il cui schema è stato approvato dal Consiglio di Stato, non viene menzionato alcun divieto di subappalto, né di svolgimento di lavori da parte di personale di altre ditte.
Tuttavia, dalla ricostruzione dei passaggi istruttori che hanno preceduto l'adozione del decreto prefettizio 34/2000, è emerso che la società Eurocomputers, per questioni interne, non aveva compiutamente formalizzato la sua disponibilità a compiere le operazioni di raccolta, demolizione e alienazione o radiazione dei veicoli avviati a rottamazione, ai sensi del medesimo decreto prefettizio.
In nome e per conto di tale società agiva infatti un procuratore, titolare della ditta Sistra, che, come ha poi precisato l'Eurocomputers, era investito del più limitato compito di sottoscrivere i contratti di deposito necessari a realizzare la rete dei centri di raccolta.
È a tale società «Sistra», tuttavia, che taluni titolari delle depositerie amministrative hanno demandato il compito di chiedere la radiazione dei veicoli rottamati dal P.R.A. Tale adempimento però poteva essere svolto solo dall'Eurocomputers in base alla menzionata convenzione stipulata con il Ministero dell'economia e delle finanze.
Per superare, dunque, tale disguido e per garantire, a tutela della sicurezza pubblica, che i veicoli demoliti fossero anche giuridicamente eliminati, si rendeva necessario stabilire che i titolari delle depositerie provvedessero direttamente all'adempimento. Il fatto che la prefettura di Roma abbia subordinato il pagamento del saldo delle spese di custodia all'avvenuta produzione dei documenti comprovanti la richiesta di radiazione, era, ed è, dettato dalla necessità di disporre una misura di conservazione della garanzia.
Tuttavia, non tutte le depositerie hanno provveduto; alcune di esse, infatti, nonostante un formale provvedimento di intimazione e diffida a provvedere entro 90 giorni hanno insistito in un atteggiamento di non collaborazione.
Si è quindi avviato il procedimento per il recupero delle somme anticipate, la cui entità è stata determinata in seguito ad un computo, i cui parametri di riferimento sono stati concordemente definiti in accordo con i rappresentanti della categoria dei depositari.
Allo stesso modo è stata anche concordata la procedura della transazione fra la prefettura e il titolare della depositeria, ai fini della definizione dei rapporti di credito-debito.
Considerato infine che il recupero delle targhe, oltre a rappresentare un ineliminabile passaggio procedimentale per gli adempimenti finalizzati alla radiazione dei veicoli dal P.R.A., costituisce un'insopprimibile esigenza di tutela della sicurezza pubblica, con nota del 25 agosto 2003 la prefettura di Roma ha trasmesso gli atti alla locale questura per gli accertamenti di competenza.
Si fa altresì presente che la società Eurocomputers spa - ora Eliosnet spa - ha presentato un ricorso al T.A.R. del Lazio per ottenere la risoluzione della convenzione inerente lo smaltimento dei veicoli confiscati.
Il procedimento è ancora in corso.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

PERROTTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
come si evince da un articolo sul Corriere della Sera, a firma di Paolo Salom, è stato arrestato il giornalista del Times Zhao Yan che ufficialmente si occupa della letteratura dei quotidiani e dei siti cinesi, dal momento che la legge vieta


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ai cittadini della Repubblica popolare di lavorare come giornalisti per testate straniere;
Zhao è stato arrestato con l'accusa di aver fornito indiscrezioni ad un quotidiano estero;
il giornalista cinese sarebbe sospettato di essere all'origine dell'anticipazione del Times che, per primo, aveva diffuso la notizia delle imminenti dimissioni di Jiang Zemin dalla carica di presidente della potente commissione militare centrale;
la notizia di cui sopra è stata pubblicata il 7 settembre 2004 e la domenica successiva Jiang ha lasciato il suo posto;
il caporedattore del New York Times ha assicurato che il giornalista non ha passato alcun segreto di Stato al giornale -:
se il Ministro intenda intervenire, presso il governo cinese, per ottenere il rilascio del giornalista.
(4-11421)

Risposta. - Si sottolinea che il tema del rispetto dei diritti umani in Cina forma già da tempo oggetto di costante attenzione da parte del Governo italiano e dell'Unione europea.
A tale proposito, si ricorda che sin dal 1997 l'Italia ed i partner europei, dietro richiesta cinese, hanno avviato un dialogo strutturato UE-Cina sui diritti umani su base semestrale, che si svolge alternativamente a Pechino e nella capitale europea che esercita la Presidenza di turno dell'Unione. Le periodiche sessioni di dialogo consentono all'Unione europea tra l'altro di evocare con le Autorità cinesi questioni relative al rispetto dei diritti umani e di segnalare casi individuali di violazione della libertà di opinione, di arresti sospetti, di trattamenti particolarmente inumani e degradanti, sui quali vengono sollecitati interventi di clemenza e/o riparazione.
Nel corso dell'ultima sessione del dialogo, svoltasi a Pechino dal 20 al 24 settembre 2004, la Delegazione UE, pur sottolineando i rilevanti progressi compiuti dalla Cina nei campo dei diritti economici e sociali, ha espresso, tra l'altro, la propria preoccupazione per le perduranti limitazioni imposte all'esercizio della libertà di espressione, intesa sia in termini di libertà di stampa che di utilizzo di internet. La controparte cinese, in risposta alle questioni sottoposte dalla Troika europea, ha evidenziato come le suddette libertà costituiscano dei diritti fondamentali sanciti dalla stessa Costituzione, mentre gli atti di restrizione delle libertà, come l'adozione della legge sull'editoria e sulle telecomunicazioni, si giustificano come misure volte esclusivamente a punire attività illegali quali la frode, la pornografia e il terrorismo, mascherate sotto false spoglie di attività di stampa.
La Presidenza olandese ha di recente intrapreso, d'intesa con gli altri partner europei, un esercizio di valutazione del dialogo, le cui conclusioni sono state approvate dal CAGRE (Consiglio affari generali relazioni esterne) dell'11 ottobre 2004. Il quadro che emerge è fatto di luci ed ombre, ma è prevalsa in sede UE la convinzione che tale esercizio continui a rappresentare un canale di comunicazione importante con i cinesi e debba quindi essere proseguito, pur prevedendo alcune modifiche delle attuali modalità operative finalizzate a renderne i risultati più concreti ed efficaci. Nelle conclusioni adottate l'11 ottobre 2004, il Consiglio dell'UE ha ribadito la sua preoccupazione circa le perduranti limitazioni all'esercizio della libertà di espressione, della libertà di culto, e della libertà di riunione ed associazione, il mancato rispetto dei diritti delle minoranze, (con particolare riferimento alla situazione in Tibet e nella regione dello Xinjiang), il ricorso alla tortura, oltre naturalmente a condannare l'applicazione su vasta scala della pena capitale.
Riguardo al caso specifico segnalato dall'Onorevole interrogante, si fa presente quanto segue.
La notizia dell'arresto del signor Zhao Yan è stata ripresa dalla stampa italiana, internazionale e cinese, la quale sostiene che il signor Zhao Yan, un collaboratore locale del
New York Times, sarebbe stato arrestato in settembre con l'accusa di aver fornito informazioni coperte da segreto di


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stato a stranieri. In ottobre la detenzione di Zhao Yan è stata trasformata in arresto formale e non è stato concesso né alla famiglia né al legale di fiducia di vedere l'arrestato e al momento non è stato chiarito esattamente il capo di imputazione del signor Zhao Yan.
Durante la sua recente visita in Cina, l'allora Segretario di Stato degli Stati Uniti d'America, Powell, aveva sollevato il caso in oggetto, ma da parte cinese - come avviene sempre in queste circostanze - è stato riposto che tale arresto è una questione interna cinese.
Da parte del Governo italiano e dell'Unione europea si continuerà a seguire con estrema attenzione l'evoluzione della situazione dei diritti umani in Cina e non si mancherà di richiamare il Governo cinese al pieno rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali nel Paese, segnalando anche casi individuali come quello riferito nella presente interrogazione parlamentare.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Margherita Boniver.

PERROTTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nel 2002 il maestro Li Hongzhi, fondatore del movimento «Falun Dafa» venne preposto per il Nobel per la pace;
il summenzionato movimento è presente in 60 paesi e diverse migliaia di suoi praticanti sono stati imprigionati, torturati ed addirittura uccisi dal Governo cinese, il quale riteneva la popolarità del movimento una minaccia per il proprio potere -:
se il Ministro intenda accertare i motivi per cui i manifestanti italiani non possano protestare davanti all'ambasciata cinese in Italia;
se il Ministro intenda intervenire, presso il Governo cinese, affinché sia attuata una politica di maggiore tolleranza nei confronti di questi pacifici cultori di discipline alternative e affinché siano liberati tutti coloro che sono reclusi.
(4-11594)

Risposta. - Si sottolinea che il tema del rispetto dei diritti umani in Cina forma già da tempo oggetto di costante attenzione da parte del Governo italiano e dell'Unione europea.
A tale proposito, si ricorda che sin dal 1997 l'Italia ed i partner europei, dietro richiesta cinese, hanno avviato un dialogo strutturato UE-Cina sui diritti umani su base semestrale, che si svolge alternativamente a Pechino e nella capitale europea che esercita la Presidenza di turno dell'Unione. In tale contesto vengono periodicamente affrontate con la controparte cinese questioni particolarmente sensibili tra le quali il rispetto delle libertà fondamentali ed in particolare quella religiosa, le detenzioni arbitrarie, la tortura, i diritti delle minoranze, la pena di morte. Tali consultazioni consentono inoltre all'Unione Europea di segnalare alle Autorità cinesi casi individuali di detenuti per reati di opinione, di condannati a morte, di vittime di trattamenti inumani e degradanti, sui quali vengono sollecitati interventi di clemenza e/o riparazione.
Si ricorda inoltre che la Presidenza olandese ha di recente intrapreso, d'intesa con gli altri partner europei, un esercizio di valutazione del dialogo, le cui conclusioni sono state approvate dal CAGRE (Consiglio Affari Generali Relazioni Esterne) dell'11 ottobre u.s. In queste conclusioni il Consiglio dell'UE ha ribadito la sua preoccupazione circa le perduranti limitazioni all'esercizio della libertà di espressione, della libertà di culto e della libertà di riunione ed associazione, il mancato rispetto dei diritti delle minoranze, il ricorso alla tortura, oltre naturalmente a condannare l'applicazione su vasta scala della pena capitale.
Sebbene la Costituzione cinese preveda la libertà di professare un credo religioso, tale libertà continua ad essere sottoposta ad un rigido controllo da parte delle Autorità di Governo e l'operato delle organizzazioni religiose viene monitorato continuamente.


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La questione della associazione dei
Falun Dafa (o Falun Gong) viene regolarmente sollevata durante le sessioni di dialogo fra l'Unione Europea e la Cina. Nel corso dell'ultima sessione, svoltasi a Pechino dal 20 al 24 settembre 2004, si è riscontrato nelle Autorità cinesi un atteggiamento di forte ostilità nei confronti di tale culto; va rilevato che da parte cinese si è chiesto che esso non goda di alcun tipo di appoggio o credito presso altri Paesi. I Rappresentanti dell'Unione hanno per converso espresso preoccupazione per la confermata repressione nei confronti di quei gruppi che si ispirano al movimento spirituale Falun Gong, bandito nel 1999 come «gruppo eretico» e i cui membri sarebbero stati imprigionati con l'accusa di aver attentato alla sicurezza dello Stato.
Per completezza di informazione si segnalano anche le valutazioni critiche sull'operato cinese di due autorevoli ONG
(Organizzazioni Non Governative) internazionali, Amnesty International e Human Rights Watch. In particolare, il rapporto 2004 di Amnesty International ed il rapporto di Human Rights Watch intitolato «Dangerous Mind», pubblicato nel 2002, hanno sottolineato da parte delle Autorità cinesi le continue violazioni dei diritti basilari dei fedeli del Falung Gong.
Il Governo italiano e l'Unione Europea continueranno a monitorare con estrema attenzione l'evoluzione della situazione dei diritti umani in Cina e non si mancherà di richiamare il Governo cinese al pieno rispetto di essi, con particolare riguardo alla libertà religiosa.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Margherita Boniver.

ROTUNDO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. Per sapere lo stato della pratica n. 2752 del 5 gennaio 2004 riguardante la proposta di istituzione di una rivendita ordinaria di generi di monopolio in Campi Salentino (Lecce) via N. Di Palma, 86 e per sapere se l'ispettorato Monopoli di Stato di Bari non ravvisi, ai sensi delle vigenti disposizioni, la necessità di autorizzare il nuovo impianto.
(4-11757)

Risposta. - Con il documento di sindacato ispettivo in esame l'interrogante chiede talune informazioni circa la richiesta di istituzione di una rivendita ordinaria di generi di monopolio in Campi Salentino (Lecce), via N. Di Palma, 86 e, nel contempo, chiede di conoscere l'avviso, in proposito, dell'ispettorato dei monopoli di Stato di Bari.
Al riguardo, l'amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ha fatto presente che, per la zona segnalata, è già stata completata la prescritta istruttoria, che ha avuto esito favorevole, e che si è già provveduto a definire la zona utile all'impianto del nuovo punto vendita.
La medesima amministrazione ha precisato che il competente ispettorato compartimentale dei monopoli di Stato provvederà, pertanto, appena possibile ed a termini delle vigenti disposizioni, a bandire il prescritto concorso pubblico, per titoli, ai fini dell'assegnazione della relativa gestione.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Manlio Contento.

RUSSO SPENA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il Consiglio dei ministri ha deliberato, nella giornata di venerdì 23 luglio scorso, lo scioglimento del Consiglio Comunale di Marano, in provincia di Napoli;
una decisione, quella del Consiglio dei ministri, a quanto risulta all'interrogante, giudicata incomprensibile da tutti gli osservatori e dall'opinione pubblica, tenendo conto della grande battaglia per la riaffermazione della legalità portata avanti dall'amministrazione comunale di Marano, guidata dal sindaco Mauro Bestini;
negli ultimi anni si è proceduto a diversi scioglimenti di Consigli Comunali in base a presunte forme di ingerenza


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della criminalità, che spesso sono risultate infondate, con gravi conseguenze per l'immagine delle comunità interessate e per la sospensione dell'esercizio democratico;
il sindaco di Marano e la sua Giunta sono stati assolti in tutti i gradi di giudizio in procedimenti che riguardavano l'eventuale coinvolgimento in episodi di condizionamento con organizzazioni malavitose;
sembra che la motivazione alla base dello scioglimento del comune di Marano riguarderebbe il comportamento e/o l'eventuale collusione con la camorra di alcuni ed isolati dipendenti comunali e non la condotta degli amministratori;
secondo l'interrogante, se quanto sopra rispondesse al vero, si tratterebbe di una insopportabile ingiustizia senza che siano colpiti i veri responsabili di eventuali degenerazioni -:
quali siano le valutazioni del Governo riguardo alla vicenda sopra descritta e quali siano i motivi che hanno indotto il Consiglio dei ministri a sciogliere il Consiglio comunale di Marano.
(4-10625)

Risposta. - Com'è noto, con provvedimento dell'8 aprile 2003, il prefetto di Napoli, su delega del Ministro dell'interno, ha disposto l'accesso agli uffici dell'amministrazione comunale di Marano di Napoli (Napoli), incaricando un'apposita Commissione.
Sulla base della relazione predisposta dalla Commissione, il consiglio comunale di Marano di Napoli è stato sciolto con decreto del Presidente della Repubblica in data 28 luglio 2004, pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale n. 186 del 10 agosto 2004, ai sensi dell'articolo 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000, per condizionamenti ed infiltrazioni della criminalità organizzata.
In particolare, veniva avanzata l'ipotesi della «sussistenza di fattori di inquinamento dell'azione amministrativa dell'ente nei settori dell'edilizia e dell'urbanistica, del commercio e degli appalti riconducibili al sodalizio criminale egemone fortemente radicato nel territorio».
Tuttavia, il provvedimento di scioglimento è stato oggetto di impugnativa da parte del sindaco di Marano di Napoli e dei consiglieri comunali dinanzi al T.A.R. per la Campania che, in data 15 novembre scorso, ha accolto il relativo ricorso, reintegrando gli organi elettivi nelle loro funzioni.
In ordine alla decisione di primo grado è stata interessata l'Avvocatura Generale dello Stato ai fini della proposizione dell'appello.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

RUSSO SPENA e DEIANA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 24 maggio 2004 il quotidiano iracheno al Sabah pubblicava la notizia che su un'auto, appartenente al contingente italiano in Iraq, intercettata da funzionari di dogana della provincia di Dhi Qar (quella di Nassiriya) erano stati ritrovati reperti archeologici che stavano per essere trafugati nel vicino Kuwait. La notizia è stata ripresa da un comunicato del «Ponte per Baghdad» e pubblicata, in Italia, dal quotidiano il Manifesto;
il quotidiano al Sabah appartiene all'Iraqi media network sotto diretto controllo della Coalition provisional authority. È difficile, quindi, pensare ad una speculazione di chi è contro l'occupazione;
sempre secondo al Sabah, le forze della coalizione stanno da tempo trafugando reperti da nuovi siti archeologici. Nei giorni scorsi aveva riferito di ripetuti saccheggi perpetrati nel museo di Nassiriya e dell'incendio appiccato alla biblioteca della città, sotto il controllo del contingente italiano, che aveva provocato la distruzione di gran parte dei libri e del materiale archeologico che vi era conservato;
il contingente italiano è incaricato anche della protezione dei siti archeologici della provincia, tra i quali si trova la biblica Ur dei Caldei e numerosi siti sumeri


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e assiro babilonesi, oltre che della formazione delle nuove guardie irachene che devono proteggere questo patrimonio che è già andato in parte disperso durante i grandi saccheggi seguiti alla caduta del regime di Saddam Hussein;
il comunicato del «Ponte di Baghdad» sottolinea il fatto che «non solo si scopre che i militari italiani non proteggono il patrimonio archeologico dai saccheggi ma, come sembra, alcuni di essi contribuiscono a contrabbandare reperti millenari, testimoni della storia più antica della civiltà, che finiranno sul mercato antiquario illegale che non si fa troppe domande sulla provenienza» -:
se il Ministro sia conoscenza di quanto pubblicato dal quotidiano al Sabah;
quali iniziative intenda porre in essere per stroncare l'eventuale attività illecita perpetrata da militari del contingente italiano in Iraq, preposti alla salvaguardia dei siti archeologici nella provincia di Nassiriya;
come intenda, comunque, assicurare l'effettiva salvaguardia, che è funzione specificamente assegnata al contingente italiano.
(4-10198)

Risposta. - Le notizie stampa apparse su vari quotidiani a cui si riferiscono gli interroganti, sono prive di qualsiasi fondamento.
Ciò detto, nell'ambito dell'Italian Joint Task Force Iraq, opera personale specializzato del Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale.
L'attività svolta dal suddetto personale ha consentito di rinvenire e/o sequestrare numerosi reperti di alto valore artistico, che sono stati consegnati alle competenti autorità irachene.
Tale attività, inoltre, ha portato anche alla cattura di alcuni individui ritenuti responsabili di varie ipotesi di reato comune connesse al trafugamento ed al commercio di materiale archeologico.
A testimonianza dell'efficace e significativa opera svolta a tutela del patrimonio archeologico iracheno dal contingente nazionale, riconosciuta anche in ambito internazionale, si deve sottolineare il recupero di un notevole quantitativo di materiale archeologico risalente probabilmente all'epoca sumera (3000 a.C. circa), nell'abitazione di un cittadino iracheno nella provincia di Dhi Qar, avvenuto lo scorso mese di luglio.
È di tutta evidenza come i militari italiani dimostrino anche in tali circostanze il lodevole impegno e il notevole spirito di sacrificio con cui adempiono ai molteplici compiti propri della missione cui partecipano, ivi incluso quello della tutela del patrimonio artistico iracheno.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

RUSSO SPENA. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
lo stato di crisi latente nel quale versa lo stabilimento della Birra Peroni di Miano a Napoli, storico ed importante insediamento industriale della periferia nord della città, così come si evince da articoli di stampa, sta mettendo a rischio i livelli occupazionali già drasticamente compromessi dai tagli avuti negli anni scorsi, minando così la già fragile economia locale;
la chiusura del suddetto insediamento comporterebbe, tra diretto ed indotto, la perdita di centinaia di posti di lavoro;
lo stabilimento della Birra Peroni rappresenta un simbolo del quartiere di Miano, inscindibilmente legato alla sua storia ed alla sua comunità;
inoltre, la dismissione dell'importante insediamento industriale della periferia nord della città di Napoli potrebbe portare a possibili speculazioni edilizie vista la destinazione


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urbanistica dei numerosi ettari di territorio in cui ricade lo stabilimento -:
se sia conoscenza di quanto esposto in premessa;
quali iniziative intenda porre in essere affinché sia scongiurata la dismissione dell'importante insediamento industriale di Napoli il quale si trova in un'area del sud d'Italia che è continuamente minacciata dalla cancellazione di interi pezzi dell'apparato industriale, soprattutto nel comparto agro-industrio-alimentare.
(4-11522)

Risposta. - Il Comitato per il coordinamento delle iniziative per l'occupazione, presso il Segretariato Generale della Presidenza del Consiglio dei ministri, ha avviato le verifiche relative alla annunciata chiusura dello stabilimento Birra Peroni di Miano-Napoli, a seguito delle numerose sollecitazioni pervenute dalle organizzazioni sindacali e dalla Prefettura di Napoli, particolarmente preoccupata per i risvolti sociali e di ordine pubblico che la chiusura dello stabilimento (attualmente con 152 lavoratori) provocherebbe in un'area già fortemente degradata, caratterizzata da un tasso di disoccupazione molto elevato e con una presenza diffusa di criminalità.
Presso il suddetto Comitato si sono svolti tre incontri: il 29 novembre, il 10 e il 13 dicembre 2004, che hanno visto la presenza di rappresentanti dei ministeri del lavoro e delle attività produttive, della regione Campania, della provincia e del comune di Napoli, della società Birra Peroni e dei sindacati nazionali, di categoria e territoriali.
In questi incontri i rappresentanti della società Birra Peroni, acquistata nel maggio 2003 dalla multinazionale sudafricana «Saub Miller», hanno confermato quanto dichiarato nelle riunioni in sede locale relativamente alla decisione di cessazione dell'attività nello stabilimento napoletano.
Le motivazioni industriali alla base della decisione fanno riferimento alla necessità di ridurre i livelli produttivi del gruppo, coerentemente con le capacità di assorbimento del mercato. La capacità produttiva complessiva del Gruppo Birra Peroni (nei quattro stabilimenti di Padova, Roma, Napoli e Bari) ammonta a circa 6.500.000 ettolitri, con un forte esubero strutturale rispetto ai volumi di vendita pari a circa 4.200.000 ettolitri. La società ha registrato negli ultimi anni un grave trend negativo con la caduta del 4 per cento della quota di mercato, con perdite di bilancio negli anni 2002 e soprattutto 2003, che investono tendenzialmente anche il 2004. La drastica e progressiva riduzione di quote di mercato, accompagnata dalla perdita di importanti commesse, ha comportato l'ulteriore lievitazione dei costi complessivi aziendali, imponendo la necessità di razionalizzare l'assetto produttivo mediante la cessazione dell'attività di uno dei quattro stabilimenti, al fine di assicurare la continuità operativa della società.
In considerazione di quanto sopra esposto, la scelta di chiudere lo stabilimento napoletano è derivata da una serie di valutazioni, che riguardano la posizione logistica, le caratteristiche degli impianti, la tipologia produttiva e la incidenza dei costi di trasporto.
Le amministrazioni locali e le rappresentanze sindacali, che non condividono le motivazioni addotte dall'azienda, rivendicando, al contrario, per lo stabilimento di Napoli caratteristiche di maggior produttività e di migliore qualità del prodotto, contestano, in primo luogo, ai vertici aziendali la decisione di cessazione dell'attività e di apertura della procedura di mobilità in scadenza il prossimo 24 dicembre, senza mettere in atto alcun confronto con il sindacato e soprattutto senza la valutazione di eventuali percorsi alternativi, ad esempio di dismissione graduale o comunque di minor impatto sociale.
Nel corso degli incontri il Governo, che ha pienamente condiviso queste preoccupazioni, si è impegnato ad avviare una serie di verifiche sul piano industriale della Peroni, con specifico riferimento al sito produttivo di Napoli e alle sue possibili prospettive, anche di uso industriale alternativo, raccogliendo la disponibilità dell'azienda per una trattativa che consenta di


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giungere - nei tempi strettamente necessari - ad un accordo che individui soluzioni condivise per il futuro dei lavoratori e per l'utilizzo del sito.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Carlo Giovanardi.

SERENA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in Veneto, in particolare nelle province di Treviso e Vicenza, ad ogni vigilia di campagna elettorale i soliti partiti politici sono soliti tappezzare paesi e città di manifesti e adesivi, affissi molto spesso provocando danni a strutture pubbliche (insegne stradali, cabine telefoniche, eccetera);
l'interrogante ha interpellato in proposito il Prefetto di Treviso che gli ha riferito di aver convocato, prima della consultazione elettorale, i sindaci delle province raccomandando loro una collaborazione nel senso del rispetto delle leggi elettorali e della rimozione dei manifesti abusivi -:
per quale motivo non si sia provveduto a far rispettare le leggi elettorali vigenti rimuovendo i manifesti abusivi e addebitandone i costi ai responsabili, così come prevede la legge.
(4-10262)

Risposta. - La questione sollevata dall'interrogante è stata affrontata, nell'approssimarsi delle consultazioni europee e amministrative del giugno scorso, dalle prefetture di Treviso e di Vicenza durante le riunioni con i rappresentanti delle Forze dell'ordine e dei partiti e movimenti politici locali finalizzate ad individuare le modalità più idonee ad assicurare l'ordinato svolgimento della campagna elettorale.
Quanto convenuto ed evidenziato in tali incontri ha costituito oggetto di apposite circolari diramate dai prefetti ai sindaci delle rispettive province, con cui è stato, tra l'altro, espressamente raccomandato agli stessi di vigilare sulla scrupolosa osservanza della normativa in materia di affissioni di propaganda elettorale.
In particolare, pur non sottovalutando la difficoltà ad individuare gli esecutori materiali di tali tipi di infrazioni, è stata richiamata l'attenzione sull'esigenza di reprimere ogni forma di illecito e di abuso e di procedere, con ogni sollecitudine, alla rimozione del materiale indebitamente affisso.
Secondo quanto riferito dalle Prefetture interessate, non risulta che, nel periodo elettorale, tale fenomeno sia stato oggetto di segnalazioni specifiche ovvero che sia stato rilevato dagli organi di informazione locale.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

SGARBI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la Costituzione tutela il diritto di proprietà privata;
risulta all'interrogante che gli organi del ministero per i beni e le attività culturali, senza aver consultato il Comitato di settore, hanno negato l'autorizzazione per il trasporto per la mostra «Natura e Maniera tra Giorgione e Caravaggio», in Palazzo Te a Mantova, del dipinto «La conversione di Paolo» di Michelangelo Merisi da Caravaggio, di proprietà della principessa Nicoletta Odescalchi, dipinto già in altre occasioni prestato a mostre e conservato in perfette condizioni, non minacciate da un trasporto eseguito con le necessarie cautele;
secondo l'interrogante aver limitato la disponibilità del bene, senza che risultino ragioni legittime, appare un vero e proprio arbitrio, considerato che è necessario assicurare un'attenta vigilanza, non certo una interdizione perpetua all'esposizione e al pubblico godimento;
all'interrogante appare illegittimo e inaccettabile che lo Stato imponga al proprietario di un'opera d'arte una contemplazione


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solitaria, interdicendone l'esposizione in una mostra di indiscutibile rilievo culturale -:
per quali ragioni sia stata negata l'autorizzazione al trasferimento del quadro «La conversione di Paolo».
(4-11083)

Risposta. - In riferimento al quesito posto dall'interrogante, concernente il diniego al trasferimento dell'opera di Caravaggio «La conversione di San Paolo» da Roma a Mantova in occasione della mostra «Natura e maniera tra Tiziano e Caravaggio», si rappresenta quanto segue.
Al riguardo, si rende noto che il dipinto in questione, seppure in buone condizioni di conservazione generale, è di intrinseca fragilità, dovuta sia all'esiguo spessore del supporto che alle dimensioni dello stesso (cm. 237x189).
Occorre, infatti, evidenziare che il supporto è il risultato ottenuto dall'assemblaggio di sei assi di cipresso, poste in senso orizzontale, il cui spessore è solamente di un centimetro e mezzo; tale particolare disposizione, pertanto, rende il dipinto estremamente vulnerabile, in quanto il peso delle assi grava l'una sull'altra e dall'alto verso il basso.
In considerazione degli aspetti sopra riferiti si è ritenuto che uno spostamento, anche se effettuato con le necessarie cautele, non sarebbe stato opportuno per la salvaguardia dell'opera.
Tale decisione, peraltro, è stata presa anche a seguito delle considerazioni espresse dall'Istituto Centrale per il restauro e l'Opificio delle Pietre Dure che, nello scorso giugno, avevano esaminato il dipinto, per valutarne lo spostamento per l'esposizione alla Mostra «Caravaggio. Un genio della Lombardia». In tale occasione, dato il carattere eccezionale della mostra, era stato richiesto anche il parere del Comitato di settore il quale, pur esprimendosi favorevolmente, aveva raccomandato di evitare in futuro lo spostamento di opere di pari importanza.
In via generale, si precisa che l'articolo 48 del decreto legislativo n. 42 del 2004, nel disciplinare il prestito di opere d'arte per mostre ed esposizioni, non prevede l'acquisizione del parere del Comitato di settore, mentre richiede che l'autorizzazione al prestito sia rilasciata «tenendo conto delle esigenze di conservazione dei beni», subordinandola «all'adozione delle misure necessarie per garantirne l'integrità».
Per opportuna informazione, si aggiunge, tra l'altro che, anche ove ci fossero state le condizioni per il trasferimento del dipinto, la richiesta sarebbe stata, comunque, tardiva rispetto alla data dell'inaugurazione della mostra.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.

VASCON e POLLEDRI - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
si è di recente appreso, da notizie pubblicate sulla stampa, (Libero del 15 settembre 2004) che un'insegnante italiana convertita all'Islam fa lezione in classe con il velo; l'insegnante in argomento, che è docente di inglese presso la scuola elementare di Gualtieri (Reggio Emilia), sostiene che «Il velo non è che un simbolo» e che «È tempo che anche i bambini si abituino a vedere i segni delle tradizioni di altri popoli». Al giornale dichiara che «Io farò sempre lezione con il velo»;
l'insegnante è figura importante e incisiva nella crescita dei giovani, punto di riferimento per la formazione degli studenti e modello di educazione comportamentale;
l'insegnante è elemento costitutivo della scuola che svolge la primaria funzione di contribuire allo sviluppo personale e culturale delle nuove generazioni;
l'uso del velo da parte di un'insegnante assume quindi un forte e incisivo valore di stimolo all'emulazione da parte degli studenti, con il significato culturale che tali comportamenti imitativi avrebbero;
la funzione dell'educazione che deve essere svolta dagli insegnanti dovrebbe


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aiutare ogni persona a scegliere criticamente, responsabilmente e argomentativamente il proprio stile, evitando che comportamenti e scelte personali possano condizionare in senso negativo il raggiungimento delle finalità dell'insegnamento e dell'educazione -:
se il Ministro non ritenga che il comportamento dell'insegnante sia censurabile e in contrasto con il codice deontologico che dovrebbe guidare l'operato degli insegnanti medesimi, tanto da vietare l'uso del velo durante l'esercizio dell'insegnamento per tutti i motivi sopra indicati.
(4-10972)

Risposta. - Si risponde alla interrogazione parlamentare presentata con la quale l'interrogante chiede di conoscere l'avviso del ministero in merito all'insegnante di inglese della scuola elementare di Gualtieri, che fa lezione con il velo essendosi convertita all'Islam.
Al riguardo occorre chiarire preliminarmente che il velo islamico è cosa diversa dal burqa; infatti, il velo lascia il volto scoperto, il
burqua, coprendo tutto il volto, rende impossibile l'identificazione della persona.
Come ha riferito il Ministro per i rapporti con il Parlamento che ha recentemente risposto ad una interrogazione riguardante l'utilizzo del burqa, le leggi di pubblica sicurezza, ed in particolare l'articolo 85 del Testo unico, vietano di comparire mascherati in luogo pubblico e prevedono per i contravventori una sanzione amministrativa. Le medesime disposizioni consentono l'uso delle maschere nei teatri e in altri luoghi aperti al pubblico nei periodi di Carnevale e di altre analoghe ricorrenze.
La legge n. 152 del 1975, recante disposizioni a tutela dell'ordine pubblico, e successive modifiche, inoltre, vieta espressamente l'uso dei caschi protettivi e di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona in luogo pubblico o aperto al pubblico senza giustificato motivo.
Tale divieto, secondo quanto affermato dalla Cassazione, sezione penale, con sentenza 13 dicembre 1985, si applica al caso nel quale l'individuo compaia in luogo pubblico o aperto al pubblico in condizioni idonee a dissimulare o nascondere la propria persona e i suoi caratteri esteriori percepibili.
Queste disposizioni non contrastano con il principio di libertà religiosa, sancita dall'articolo 8 della Costituzione, in quanto la medesima norma costituzionale pone come limite imprescindibile l'osservanza dell'ordinamento giuridico italiano.
Per le ragioni di cui sopra, per tutela sociale è vietato l'uso del burqa in luoghi pubblici o aperti al pubblico, ma non del velo che lascia scoperto il volto. Il ministero dell'interno per il rilascio della carta di identità ha dettato disposizioni nel 1995, confermate da circolare del 2000, nel senso di ammettere fotografie che ritraggono la persona con il capo coperto.
Occorre chiarire inoltre che non esistono disposizioni che limitino le insegnanti e gli insegnanti così come le allieve e gli allievi delle scuole statali nell'abbigliamento da indossare; unica regola, dettata dal buon vivere civile, è quella del decoro.
Ciò premesso, si fa presente che la presenza di alunni stranieri nella provincia di Reggio Emilia è il 9,2 per cento della popolazione scolastica complessiva, e registra un forte incremento negli ultimi anni (dal 4,7 per cento al 9,2 per cento). Questo fenomeno già da tempo è oggetto di interesse nella stampa.
La presenza di una insegnante di fede islamica che si è recata a scuola con il velo, ha destato ulteriore interesse nella stampa.
L'insegnante in parola, cittadina italiana, è stata iscritta per la prima volta nella graduatoria permanente dei docenti della scuola primaria della provincia di Reggio Emilia (III fascia) dall'anno scolastico 2004-2005 al posto n. 483 con punti 48.
Nell'anno scolastico 2003-2004, la suddetta ha prestato servizio presso la Direzione Didattica di Procida (Napoli) dal 29 settembre 2003 al 30 giugno 2004.
Il giorno 10 settembre, per effetto della propria posizione in graduatoria, l'insegnante è stata individuata come avente diritto a supplenza fino al termine delle lezioni, con assegnazione presso l'istituto


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comprensivo di Gualtieri, ove ha assunto servizio lunedì 13 settembre, primo giorno di lezione in quell'istituto.
Il giorno dopo, il 14 settembre, l'insegnante risulta assente in quanto in congedo per n. 3 giorni (legge n. 104 del 1992) e successivamente per complicanze nella gestazione.
La vicenda, ripresa successivamente da quotidiani nazionali e da agenzie stampa, non ha destato preoccupazione tra gli alunni le famiglie e la comunità di Gualtieri, che ha accolto l'insegnante senza porre particolari problemi. Anche il sindaco ed il parroco del comune si sono pubblicamente espressi in termini di accoglienza, augurando alla docente un buon lavoro.
I genitori interpellati hanno fatto presente che la valutazione di un insegnante nasce dal corretto comportamento tenuto in classe con gli alunni, con i colleghi e, soprattutto, nel rispetto delle norme vigenti che regolano il funzionamento del servizio scolastico.
Il dirigente scolastico dell'istituto ha preso atto di questo clima sereno ed ha assicurato che sarà sua premura vigilare sul rispetto delle norme vigenti e dei comportamenti.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.