membri del Consiglio d'Europa di partecipare concretamente a che qualsiasi individuo sia esposto al rischio della pena capitale o ad altre violazioni della Convenzione;
sostenere nei confronti del nuovo governo iracheno la contrarietà italiana ed europea all'uso della pena di morte, anche nei confronti di Saddam Hussein, e il favore al mantenimento in Iraq di una moratoria delle esecuzioni nella prospettiva dell'abolizione della pena di morte dalla nuova costituzione;
ad assumere ogni utile iniziativa tesa a tutelare gli investitori italiani coinvolti, in particolar modo i piccoli risparmiatori, anche intervenendo presso il Fondo Monetario Internazionale, per favorire l'approvazione della terza revisione dell'accordo triennale di ristrutturazione del debito della Repubblica argentina.
premesso che:
in base ai dati del Rapporto 2004 di Nessuno tocchi Caino sulla pena di morte nel mondo, in Iraq vi sono state nei primi mesi del 2003 almeno 113 esecuzioni, la maggior parte delle quali effettuate a seguito di processi sommari, il che colloca l'Iraq al terzo posto nella graduatoria dei paesi che più hanno praticato la pena di morte nel 2003;
solo dopo la fine della dittatura di Saddam Hussein, si sono avute stime più vicine alla realtà sulla entità della repressione del regime iracheno: l'Autorità Provvisoria della Coalizione in Iraq ha detto che almeno 300.000 persone sono state sepolte in fosse comuni, funzionari di organizzazioni per i diritti umani parlano di 500.000 persone mentre alcuni partiti politici iracheni stimano che siano più di 1 milione le persone giustiziate e sepolte in luogo segreto;
esecuzioni di oppositori politici e «cospiratori» militari si sono verificate in Iraq fino al giorno della caduta del regime di Saddam Hussein, il 9 aprile 2003;
l'applicazione della pena di morte in Iraq è stata sospesa dall'Autorità Provvisoria della Coalizione con il Decreto numero 7 del 10 giugno 2003, mentre la costituzione provvisoria (Transitional administrative law) dell'8 marzo 2004 non vi fa alcun riferimento ed essa potrà essere modificata soltanto dal governo transitorio che verrà eletto il prossimo anno;
il 6 giugno 2004, il neo ministro della giustizia iracheno, Malek Dohan al Hassan, ha affermato che dopo il passaggio di poteri agli iracheni il suo paese avrebbe ripristinato la pena di morte e che l'ex presidente Saddam Hussein potrebbe esserne passibile;
il governo di Iyyad Allawi che si è insediato il 28 giugno ha subito preso la decisione di ripristinare la pena di morte e ha avviato le procedure per processare Saddam Hussein, al quale il 1o luglio 2004 il tribunale speciale iracheno ha formalmente notificato sette capi d'imputazione, tra cui crimini di guerra e contro l'umanità;
i Tribunali istituiti dalle Nazioni Unite per giudicare i crimini commessi nella ex Iugoslavia, in Ruanda e nella Sierra Leone escludono tutti il ricorso alla pena di morte, la quale è esclusa anche dalla Corte Penale Internazionale, che ha giurisdizione universale e persegue i crimini di guerra e contro l'umanità;
la Commissione dell'Onu per i Diritti Umani, dal 1997 su iniziativa italiana e dal 1999 su iniziativa dell'UE, approva ogni anno una risoluzione che considera l'abolizione della pena di morte un contributo allo sviluppo della dignità umana e al progresso dei diritti umani e invita tutti gli Stati membri che ancora la mantengano ad abolirla completamente e nel frattempo ad adottare una moratoria delle esecuzioni;
dopo l'approvazione della suddetta risoluzione per otto anni consecutivi e, di anno in anno, con un sempre crescente numero di paesi co-sponsor, la questione della pena di morte attiene pienamente alla sfera dei diritti umani, rispetto alla quale non può valere o essere rivendicato il principio della sovranità nazionale;
l'ultima risoluzione della Commissione diritti umani approvata il 21 aprile scorso è stata sottoscritta per la prima volta anche dall'Iraq;
l'articolo 2 (diritto alla vita) e l'articolo 3 (proibizione della tortura e dei trattamenti inumani o degradanti) della Convezione europea dei diritti umani, nonché i protocolli n. 6 e n. 13 della stessa Convenzione che prevedono l'abolizione della pena di morte rispettivamente in tempo di pace e in tutte le circostanze, non consentono ai paesi
la Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione europea adottata nel 2000 afferma che «nessuno può essere trasferito, espulso o estradato in uno Stato nel quale vi sia un grave rischio di essere sottoposto alla pena di morte, a tortura o ad altri trattamenti o punizioni inumani o degradanti»;
l'articolo 11 della Convenzione europea sull'estradizione stabilisce che: «Se il fatto, per il quale l'estradizione è domandata, è punito con la pena capitale nella legge della Parte richiedente e se, per esso, tale pena non è prevista nella legislazione della Parte richiesta o non vi è generalmente eseguita, l'estradizione potrà essere consentita solo alla condizione che la Parte richiedente dia garanzie, ritenute sufficienti dalla Parte richiesta, che la pena capitale non sarà eseguita»;
la sentenza della Corte costituzionale del 25 giugno 1996 sul caso di Pietro Venezia, nel dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'articolo 698, comma 2, del codice di procedura penale e dell'articolo IX del trattato di estradizione con gli Stati Uniti, ha stabilito il principio per il quale «il concorso, da parte dello Stato italiano, all'esecuzione di pene che in nessuna ipotesi e per nessun tipo di reato potrebbero essere inflitte in Italia nel tempo di pace, è di per sé lesivo della Costituzione»;
autorevoli rappresentanti di istituzioni e governi europei hanno più volte ribadito la posizione dell'Unione che è di ferma opposizione alla pena di morte e, coerentemente, di chiedere ai paesi mantenitori assicurazioni che la condanna capitale non sarà applicata nel caso che un sospetto terrorista sia lì estradato;
il 15 dicembre 2003, il Segretario Generale dell'Onu Kofi Annan ha detto che non appoggerà l'eventuale decisione di affidare il giudizio su Saddam Hussein a un tribunale che possa emettere la condanna a morte,
riaffermare la coerente opposizione del nostro paese e dell'Unione europea alla condanna capitale escludendo di facilitare, consentire, accettare o partecipare in qualunque maniera alla consegna fisica o giuridica di qualsiasi persona alle autorità irachene finché esse non forniscano assicurazioni adeguate che la persona non sarà sottoposta alla pena di morte.
(1-00385) «Biondi, Boato, Giachetti, Collè, Buemi, Germanà, Rosato, Marras, Filippo Mancuso, Camo, Cennamo, Vigni, Mariotti, Grillini, Intini, Naro, Cima, Adduce, Innocenti, Milanese, Raisi, Squeglia, Frigerio, Anna Maria Leone, Grignaffini, Acquarone, Grotto, Palumbo, Nan, Mascia, Onnis, Banti, Sterpa, Stagno d'Alcontres, Lucchese, Piglionica, Crisci, Galvagno, Vernetti, Piscitello, Calzolaio, Lettieri, Cento, Moretti, Giovanni Bianchi, Sanza, Duilio, Carra, Sandi, Carboni, Blasi, Rodeghiero, Lupi, Trantino, Fragalà, Mormino, Rivolta, Olivieri, Bondi, Milanato, Ricciuti, Cannella, Pisapia, Pennacchi, Villetti, Morgando, Zama, Bonito, Frigato, Rossiello, Selva, Alberta De Simone, Cazzaro, Saro, Zacchera, Mauro, Trupia, Licastro Scardino, Sereni, Paola Mariani, Cuccu, Chiaromonte, Collavini, Zanotti, Antonio Russo, Campa, Chiti, Benvenuto, Di Teodoro, Ruzzante, Cossa, Ramponi, Angioni, Costa, Azzolini, Nigra, Raffaella Mariani, Pinotti, Lucidi, Cordoni, Ottone, Diana, Kessler, Sardelli, Rocchi, Battaglia, Massidda, Mazzoni, Fontana, Lion, Ostillio, Ranieli, Patria, Tocci, Realacci, Albertini».
premesso che:
nei prossimi giorni avrà luogo presso il Fondo Monetario Internazionale la terza revisione dell'accordo triennale di ristrutturazione del debito della Repubblica argentina;
occorre pertanto definire la posizione che dovrà assumere l'Italia nelle relative votazioni;
sono note le polemiche che hanno accompagnato in analoghe precedenti occasioni la decisione assunta dall'attuale Governo di astenersi, considerato che in tale sede l'astensione di paesi che sono grandi contributori del FMI, come l'Italia, rischia di portare al fallimento degli accordi;
indipendentemente ed al di là di ogni valutazione di merito sul comportamento della Repubblica argentina, la posizione dell'Italia si presenta particolarmente delicata per quanto riguarda il debito argentino verso i privati, essendo notorio che il 15,6 per cento di esso, per un controvalore di ben 13,3 miliardi di euro, è stato piazzato sotto forma di bond presso 450 mila famiglie italiane (situazione che non trova neppure lontano riscontro in alcun altro paese fuori dell'Argentina) e che dal 1o gennaio 2002 a queste ultime non vengono né pagati gli interessi né rimborsato il capitale scaduto;
sono attualmente in corso iniziative parlamentari, tanto per varare misure risarcitorie a sollievo degli obbligazionisti privati italiani a carico degli intermediari cui devono essere addebitati comportamenti irregolari e omissivi, quanto per fare luce su meccanismi e responsabilità dell'abnorme diffusione a pioggia dei bond argentini nel periodo precedente il default e fino alla vera e propria vigilia dello stesso;
una bocciatura in sede FMI dell'accordo di ristrutturazione del debito argentino, oltre a rappresentare un caso senza precedenti, calerebbe la pietra tombale su qualunque speranza e prospettiva di recupero degli ingenti investimenti privati italiani in bond argentini, con gravi ripercussioni di ordine economico e sociale su 450 mila famiglie italiane;
(7-00452) «Benvenuto, Olivieri».