X COMMISSIONE
ATTIVITÀ PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 19 marzo 2002


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La seduta comincia alle 14,55.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità del lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Esame del documento conclusivo.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla industria chimica in Italia, l'esame della proposta di documento conclusivo. Rammento che, nella seduta del 14 marzo scorso, ne ho illustrato il contenuto, che riassume le finalità dell'indagine, evidenziando le principali problematiche emerse nel corso delle audizioni. Il seguito dell'esame è stato, quindi, rinviato per consentire la formulazione di osservazioni e di rilievi. Sulla base dei suggerimenti pervenuti dai diversi gruppi ho predisposto una riformulazione della proposta di documento conclusivo (vedi allegato).
Ricordo che abbiamo proceduto all'audizione di vari soggetti: il 13 febbraio 2002, i rappresentanti di Federchimica; il 21 febbraio 2002, i rappresentanti delle associazioni sindacali CGIL, CISL, UILCEM e UGL; l'8 marzo 2002, il ministro delle attività produttive, Antonio Marzano; l'11 marzo 2002, i rappresentanti dell'ENI. Dai nostri interlocutori abbiamo raccolto una serie di dati ed elementi che hanno consentito di redigere il documento conclusivo, che è alla vostra attenzione e di cui desidero sintetizzare le conclusioni.
Nel corso dell'indagine, la Commissione ha innanzitutto potuto approfondire le prospettive della grande industria petrolchimica ed in particolare dell'Enichem, che attraversa una fase di forti difficoltà anche in conseguenza di una congiuntura internazionale sfavorevole. Abbiamo constatato che è in atto una trattativa tra ENI e SABIC, che dovrà essere seguita con grande attenzione. Essa è stata confermata anche nel corso di una recente visita in Arabia Saudita del Presidente del Consiglio dei ministri, accompagnato dal ministro Marzano. È necessario seguire con attenzione tale trattativa data l'esistenza di due precedenti negativi relativi ad altrettanti impianti rilevati dall'americana Dow Chemical. Lo stabilimento di Brindisi, infatti, è stato chiuso dopo solo sei mesi dall'acquisizione e nello stabilimento di Porto Marghera non è stato ancora realizzato un impianto pilota per la sostituzione del fosgene con il dimetilbicarbonato. L'ipotesi di accordo con la Sabic evidenzia inoltre le potenzialità di una politica industriale che opti con decisione per produzioni fini ed innovative da attuarsi sulla base di intese con i maggiori paesi produttori di materie prime.
Nel documento abbiamo poi introdotto una serie di elementi cautelativi, pur sapendo che l'ENI è società quotata in borsa e che le decisioni da assumere competono al suo consiglio di amministrazione. Tuttavia, abbiamo evidenziato come non risultino sufficientemente chiare le prospettive degli stabilimenti che rimarranno in capo all'Enichem e la strategia industriale che in relazione a tali impianti si intende


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perseguire. Il quadro appare, infatti, eccessivamente frammentato e di difficile gestione.
Con riferimento all'ambito dei poli chimici di Porto Marghera e di Priolo, ci siamo occupati del futuro di impianti quali quelli per la produzione di clorosoda e di caprolattame, che rimarranno in capo all 'Enichem ed il cui mantenimento richiede un significativo investimento.
Ci siamo domandati anche quale sarà la sorte dei servizi comuni alle aree industriali, i quali svolgono un ruolo fondamentale nel garantire la sicurezza dei lavoratori e delle popolazioni locali. Proprio in quanto destinati a divenire proprietà di più soggetti, bisognerà garantire alcune interconnessioni. In questo quadro, la Commissione ha ritenuto opportuno invitare il Governo a vigilare, anche attraverso lo strumento dell'Osservatorio nazionale, sulle prospettive e sulle strategie industriali della chimica in Italia, operando affinché quest'ultimo sia rafforzato e con esso gli osservatori periferici.
Nel documento sono state altresì introdotte alcune riflessioni relative al ruolo delle piccole e medie imprese, la cui salvaguardia è essenziale per garantire loro l'accesso alle informazioni sulle materie prime di cui dispongono i produttori. A tal fine, la necessità di riconoscere a questi ultimi un «compenso equo e proporzionato», come prevede il Libro bianco dell'Unione europea sulle sostanze chimiche, non si è rivelata una soluzione adeguata. Alle imprese formulatrici di prodotti fitosanitari e biocidi deve essere assicurato, invece, l'accesso agli studi già effettuati da alcune multinazionali, necessari per dimostrare che le sostanze prodotte dalle imprese stesse rispondono ai requisiti di tutela ambientale e sanitaria richiesti dalle direttive comunitarie.
Inoltre, abbiamo avvertito la necessità di una riflessione sul futuro del settore delle fibre e del nylon che sono in corso di dismissione da parte del gruppo SNIA.
Successivamente, ci siamo soffermati sugli osservatori, più sopra richiamati, avvertendo che i positivi risultati conseguiti a livello centrale è necessario si estendano anche alle realtà locali. A tal fine, abbiamo sottolineato la necessità di rafforzare il coordinamento, in particolare per quanto riguarda il Mezzogiorno, tra l'attività dell'Osservatorio a livello centrale e quella svolta nelle singole realtà locali, esaminando in che modo questo possa e debba essere realizzato.
Il documento evidenzia anche la necessità che il Governo svolga una funzione di coordinamento e di stimolo finalizzata a rendere le autorità locali protagoniste del loro sviluppo. Su questo versante anche il Parlamento può svolgere un ruolo, impegnandosi ad incrementare i rapporti con le istituzioni locali ed i soggetti sociali al fine di pervenire a scelte ampiamente condivise. La Commissione ritiene che solo all'interno di un simile quadro di relazioni istituzionali sarà possibile avviare, a livello centrale e locale, iniziative di rilievo in favore della chimica.
Inoltre, vi è un ulteriore riferimento a Porto Marghera.
Da ultimo, si rileva come la crescita del settore chimico sia legata alla competitività complessiva del sistema paese.
Questo è il senso del documento conclusivo. Invito ora i colleghi a formulare le loro osservazioni.

GIUSEPPE GIANNI. Signor presidente, la ringrazio per avermi consentito di partecipare ai lavori di questa Commissione della quale, come lei sa, non faccio parte.
Soltanto un'ora fa ho preso visione del documento conclusivo relativo all'indagine conoscitiva sulla industria chimica in Italia e mi è tornata in mente la mia estrazione, la mia qualità di «addetto ai lavori», essendo stato per sette anni sindaco di Priolo e conoscendo bene, quasi al pari dell'amministratore delegato di ENI, Vittorio Mincato, le problematiche che egli ha richiamato. Mi hanno molto preoccupato una serie di incongruenze e contraddizioni tra quanto rilevato dalla Commissione e quanto affermato dallo stesso dottor Mincato. Pur comprendendo la necessità e l'importanza di uno sviluppo diverso - definito «epocale» dall'amministratore delegato di ENI - della chimica, non


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riesco a capire per quale motivo egli abbia utilizzato una serie di marchingegni per conferire asset produttivi importanti, come i business olefine, aromatici, fenolo, cumene ed altri, all'Enichem per procedere poi alla vendita a favore di SABIC (Saudi basic Industries Corporation). Non ci sarebbe nulla di nuovo se non fosse che tutto questo condurrà ad avere, nella zona industriale dotata, come lei sa, del più importante insediamento produttivo d'Europa, soltanto gli impianti di clorosoda che, certamente, sono obsoleti e, pertanto, non prevedendosi alcun investimento per il loro ammodernamento, destinati a chiudere.
Non è tanto per il fatto che da oltre quarant'anni il polo industriale di Priolo presente nel siracusano ha distrutto l'ambiente, ma che al danno si aggiunga anche la beffa provoca in noi una reazione molto forte.
Non sono convinto che per il paese la nazionalità delle attività abbia maggiore importanza di quella del capitale. Concedere ad altri la possibilità di assumere un ruolo centrale nel settore chimico, senza i necessari chiarimenti strategici del Governo, rappresenta un punto essenziale dell'intera questione; altrettanto essenziali sono le affermazioni di Vittorio Mincato e l'atteggiamento dei sindacati, che insieme evidenziano la linea «frastagliata», debole e poco attenta del Governo.
Chiedo, perciò, alla Commissione che il ministro Marzano, come rappresentante del Governo, sia invitato non solo a vigilare, ma anche a riferire, puntualmente, sulla trattativa in corso con la SABIC, per capire che cosa si vende e quali risultati si determineranno.
Non credo opportuno che sul territorio siciliano siano abbandonate inutili «cattedrali nel deserto»; è ovvio, quindi, che bisognerà avviare un processo di concertazione con il governo siciliano, con gli enti locali e con i sindacati per rivedere, complessivamente, l'accordo, allo scopo di garantire occupazione e sviluppo nel meridione.

PRESIDENTE. Preciso che la nostra è un'indagine conoscitiva che ha permesso di acquisire importanti elementi, e che, comunque, a nessuno è vietato di utilizzarli, al di là del testo prodotto, per proporre atti di indirizzo o risoluzioni.

BRUNO CAZZARO. La parte espositiva del documento, riassuntiva delle audizioni, risulta essere condivisibile, ben fatta ed esauriente. Appare, invece, insoddisfacente, o quanto meno poco meditata, la parte propositiva delle cosiddette considerazioni finali.
La Commissione conclude la sua indagine conoscitiva con un documento contenente determinati indirizzi, senza aver potuto compiere una riflessione generale. La stesura del documento, che ha visto la partecipazione concorde dell'intera Commissione, è stata raggiunta in condizioni disagevoli e senza il tempo di sviluppare una discussione adeguata all'importanza del tema trattato; temo, perciò, che il lavoro prodotto possa essere di poca utilità e non conosco quali potranno essere le forme per rimediare.
Dalle audizioni emergono delle incongruenze e sarebbe opportuno, quindi, un approfondimento di alcuni punti. Nel documento, a proposito dell'audizione di Vittorio Mincato, amministratore delegato di ENI Spa, si afferma che il futuro della chimica è tracciato, ma non si indica in modo sufficientemente chiaro quale debba essere.
Il rischio che si corre, probabilmente, è di non avere definito un'effettiva politica industriale e, quindi, di cedere parti importanti della chimica italiana, lasciando ad Enichem un settore che non permette di svolgere alcun ruolo strategico. A Porto Torres, ad esempio, si produce il fenolo, a Mantova il ciclo di zanone ed a Porto Marghera il caprolattame: si tratta, insomma, di un percorso produttivo industriale completo. Tuttavia, con la cessione degli impianti di Mantova, Porto Marghera sarà costretto ad acquistare a prezzi di mercato il prodotto ottenuto, precedentemente, all'interno di quella produzione completa, determinandosi con ciò una serie


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di forti contraddizioni. Non si comprende, quindi, ciò che rimarrà al nostro paese e come faremo a mantenerlo.
Si afferma che gli impianti competitivi saranno mantenuti in funzione, mentre altri saranno chiusi, ma, purtroppo, dal documento non se ne desume il numero né le conseguenze economiche ed occupazionali.
Sono condivisibili l'intesa con i paesi produttori di materie prime e la collaborazione con la SABIC per produrre nel nostro paese prodotti fini ed innovativi, ma altrettanto necessario è controllare con attenzione lo svolgimento di tali processi, pensando anche di inserire nel documento la necessità di vigilare sugli accordi; ciò anche a seguito della vicenda Dow Chemical, che rilevò alcuni impianti e, successivamente, senza rispettare gli accordi, li chiuse. Mi chiedo, quindi, quali potrebbero essere gli strumenti utili per attuare un controllo dei processi e far rispettare i patti.
La frammentazione della proprietà mina alcuni elementi fondamentali nella produzione: negli impianti petrolchimici i servizi strategici rappresentano l'aspetto fondamentale per la manutenzione dei siti e la sicurezza dei lavoratori e dei territori coinvolti. Eliminando tutto ciò, come sarà possibile continuare a garantire il delicato andamento di tali procedure? Da parte di Enichem non sono pervenuti chiarimenti o dichiarazioni condivisibili ed, anzi, c'è motivo di essere preoccupati.
Nel documento è citato il metodo degli accordi di programma e come esempio si indica Porto Marghera, che, peraltro, ancora deve vedere l'applicazione di tale strumento. Sarebbe auspicabile una maggiore coerenza dei soggetti coinvolti: da 18 mesi, infatti, il Ministero dell'ambiente non fornisce i permessi riguardanti gli impianti coinvolti negli accordi di programma. Dal documento, inoltre, non emergono risposte a quesiti che ritengo fondamentali, come la fine dell'impianto di Porto Marghera, gli investimenti per la produzione di clorosoda e la chiusura di impianti obsoleti. Non esiste, purtroppo, un quadro chiaro della situazione ed occorre una politica industriale più netta.
Un'altra questione, non ben definita, riguarda poi la bonifica dei siti industriali.
Sono accaduti vari disastri in Italia, in tutti questi anni. Su questo punto si sta svolgendo una discussione in altra sede, la Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici, in merito al cosiddetto «collegato ambientale». Un punto è certo: le risorse non soltanto per mettere in sicurezza ma anche per bonificare questi siti non sono state individuate. Questo è un problema fondamentale perché o noi risaniamo questi siti, li reindustrializziamo in altro modo, riequilibriamo la situazione ambientale oppure la chimica non potrà avere futuro perché sarà rifiutata. Si tratta di un aspetto che non emerge: ci si limita a segnalare, nel documento, questa carenza e la necessità di individuare le risorse per tali bonifiche. L'Avvocatura dello Stato, in occasione del processo di Marghera, ha quantificato i fondi necessari, soltanto per quel sito, in circa 71 mila miliardi. Ritengo che sia una enormità, forse ne sono sufficienti 30 o 40 mila, ma certamente, ci troviamo di fronte ad una questione importante, che deve essere trattata in modo più adeguato e devono essere chiamati maggiormente in causa i soggetti che hanno prodotto l'inquinamento.
Il documento, per come si configura e per il lavoro condotto dalla Commissione, merita anche un voto favorevole. Tuttavia, non ho avuto modo di prendere visione, a causa della ristrettezza dei tempi, della sua riformulazione. Avevo esaminato una precedente stesura rispetto alla quale ci sono cambiamenti che non ho ancora potuto valutare. Perciò, sono disponibile a votare a favore del testo nella redazione di cui sono a conoscenza ma non so quali modificazioni siano state apportate. Durante il seguito della discussione cercherò di capire se vi siano elementi che, magari, non condivido, dal momento che la stesura che abbiamo costruito insieme è condivisibile e ci consente di votare favorevolmente, anche se in un quadro di giudizio insufficiente.


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Data l'importanza del tema, signor presidente, sarebbe stato forse più opportuno, in conclusione di questo lavoro, concedersi due o tre settimane di tempo in più - nulla sarebbe cambiato - per riflettere e redigere un documento capace di fornire un indirizzo migliore al Governo. Forse, avremmo fatto un lavoro più utile. Capisco che questo significherebbe chiedere una proroga alla Presidenza della Camera, ma non mi sembra che sarebbe stato un grande guaio, tutto sommato, concedersi qualche settimana in più di lavoro e di riflessione su un tema come questo.

PRESIDENTE. Un chiarimento è dovuto, in quanto non mi trovo a rivestire il ruolo del guardiano o del cerbero. Capisco il rilievo sulla ristrettezza dei tempi, ma questa Commissione si sta occupando anche di altri temi. Considerato, tra l'altro, che entro la fine del mese, se ho ben compreso, probabilmente saranno concluse alcune trattative, in tal modo resterà traccia di un documento che comunque segnala alcuni problemi. Se avessimo proseguito ancora per un altro mese, saremmo giunti, come si suol dire, quando i buoi erano già fuori dalla stalla. Con questo, non si impedisce nulla; ma un'indagine conoscitiva è cosa diversa da un atto di indirizzo. Il nostro lavoro si potrà sempre tradurre in una risoluzione qualora i gruppi interessati a indicare una linea di orientamento riterranno di partire dal documento per compiere un ulteriore passo. Questo è quanto è stato realizzato: disponiamo di una fotografia della realtà, come era stato richiesto. Il documento conclusivo è un lavoro realizzato a più mani e, pertanto, non mi sembra ci sia altro da fare che porlo in votazione.

MASSIMO POLLEDRI. Presidente, intervengo per dichiarazione di voto per dire che concordo con l'impianto generale del documento e credo che la Commissione abbia svolto un buon lavoro. Concordo anche su alcune perplessità e sulla necessità di esercitare una vigilanza nei confronti della cessione dell'Enichem alla SABIC, sulla quale il nostro gruppo parlamentare esprime una fondata preoccupazione. Pertanto, ritengo opportuno inserire nel documento l'obbligo, oltreché della vigilanza, di riferire in Parlamento su quanto eventualmente accadrà.
Per inciso, le aggiunte al documento proposte dal gruppo di cui sono rappresentante in questa Commissione tendono ad evidenziare la realtà della piccola e media impresa italiana, estremamente tipica rispetto a quella europea, dal momento che il 50 per cento della struttura occupazionale e la metà del fatturato sono garantiti da imprese di questo tipo. Perciò è stata aggiunta la considerazione sull'importanza di favorire la crescita dimensionale di tali imprese e, soprattutto, di garantire anche ad esse l'accesso alle informazioni. In caso contrario l'industria nazionale uscirebbe dal circuito in quanto i produttori, attualmente grandi multinazionali, a nostro giudizio devono poter offrire ai fruitori anche tutti gli elementi informativi relativi alla produzione richiesti dalla normativa europea. Mi sembra assurdo che ogni piccola impresa debba ripetere tutte le valutazioni ambientali e sanitarie quando esse già sono a disposizione di una grande impresa.

PRESIDENTE. Preciso che le conclusioni del documento sono il risultato del lavoro di tutti e costituiscono la sintesi dell'attività di indagine svolta dall'intera Commissione.
Pongo in votazione la proposta di documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sulla industria chimica in Italia, nel testo riformulato.

(È approvata).

La seduta termina alle 15,25.


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ALLEGATO

Indagine conoscitiva sull'industria chimica in Italia
Documento conclusivo approvato dalla Commissione

1. Contenuto e finalità dell'indagine conoscitiva.

L'indagine conoscitiva sull'Industria chimica in Italia è stata deliberata dalla Commissione Attività produttive della Camera il 15 gennaio 2002 e ha preso avvio il 13 febbraio 2002. Obiettivo dell'indagine, da svolgersi in tempi brevi ed attraverso un numero contenuto di audizioni, era l'approfondimento delle condizioni di difficoltà in cui versa la chimica italiana al fine di individuare le condizioni per una ripresa del settore e le iniziative che in tale ambito potevano essere assunte dal Governo e dal Parlamento. A tal fine si riteneva necessario evidenziare i fattori che influenzano il grado di competitività dell'industria chimica e verificare l'idoneità del comparto a svolgere una funzione di stimolo dell'innovazione e della ricerca nonché ad attrarre nuovi investimenti esteri.
Nel corso dell'indagine sono state affrontate le principali tematiche attinenti alla situazione ed alle prospettive del settore industriale chimico italiano. La Commissione ha proceduto alle seguenti audizioni:
il 13 febbraio 2002, audizione di rappresentanti di Federchimica, nella persona di Giorgio SQUINZI, presidente Federchimica, Narciso SALVO, direttore centrale rapporti istituzionali Federchimica, Claudio BENEDETTI, direttore generale Federchimica e Vittorio MAGLIA, direttore centrale studi ed analisi economiche Federchimica;
il 21 febbraio 2002, audizione di rappresentanti delle associazioni sindacali CGIL, CISL, UILCEM e UGL, Eduardo GUARINO, segretario generale Filcea CGIL nazionale, Alfredo BELLI, funzionario UIL, Augusto PASCUCCI, segretario nazionale UILCEM, Marco FABRIZIO, dirigente nazionale UGL e Maurizio CRISANTI, rappresentante FEMCA-CISL;
l'8 marzo 2002, audizione del Ministro delle Attività produttive, Antonio MARZANO;
l'11 marzo 2002, audizione di Gian Maria GROS-PIETRO, Presidente di ENI Spa e Vittorio MINCATO, Amministratore delegato di ENI Spa.

2. L'industria chimica e gli altri settori produttivi nazionali.

La chimica italiana conta, secondo le stime fornite dal Ministro delle attività produttive e da Federchimica, circa 190 mila addetti


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diretti (cifra che deve essere più che raddoppiata se si considerano anche i lavoratori indiretti), con un fatturato che nel 2000 è risultato pari a 54 miliardi di euro.
I soggetti sentiti dalla Commissione hanno messo in rilievo il ruolo svolto nel settore chimico dalle piccole e medie imprese. Un'alta percentuale della produzione chimica italiana proviene, oggi, dalle piccole e medie aziende con focus specialistici in vari settori e un export molto elevato.
In particolare, secondo quanto risulta dai dati forniti dal Ministro Marzano, in Italia il numero di PMI (20 - 199 addetti) presenti nella chimica è molto elevato e contribuisce all'occupazione del settore con una quota pari a ben il 32%. Il peso delle PMI chimiche è aumentato negli ultimi 20 anni in termini di numero di imprese, passando dal 50% nel 1980 all'84% nel 2000. La percentuale di imprese innovative nelle PMI chimiche è pari a più del doppio della percentuale relativa all'industria nel suo complesso. Inoltre, facendo un raffronto per classi dimensionali tra imprese esportatrici, chimiche e non, si trova che le piccole chimiche sono più esportatrici delle piccole manifatturiere non chimiche. Secondo i dati forniti da Federchimica, per quanto riguarda l'Italia, le PMI sono diventate gli attori principali del settore, determinando più del 50% della produzione e dell'occupazione della chimica italiana. Il ruolo delle PMI nel settore chimico è stato anche evidenziato nella nota FULC depositata presso la commissione attività produttive dai rappresentanti delle associazioni sindacali.
Le altre due componenti di rilievo del comparto sono le grandi industrie petrolchimiche, peraltro in via di forte ridimensionamento, e le multinazionali con produzioni in Italia . Secondo dati dell'Osservatorio per il settore chimico costituito presso il Ministero delle attività produttive, l'apporto di tali componenti alla produzione chimica nazionale è pari rispettivamente al 16 ed al 32 per cento.
Il settore chimico viene concordemente configurato come il fattore dal quale dipende la capacità di altri settori produttivi nazionali (il cosiddetto »made in Italy» e i distretti industriali) di competere sul mercato globale.
Nel corso delle audizioni è stato più volte richiamato il deficit della bilancia commerciale chimica italiana, essenzialmente determinato dalla chimica di base. Secondo il documento depositato dal Ministro Marzano in commissione nel corso della sua audizione, nel corso del 2000, il saldo commerciale complessivo del settore chimico ha presentato un deficit di 9.523 mln di euro, di cui 8.273 (l'87 %) nella chimica di base. Secondo Federchimica, il deficit commerciale nel 2000 si è attestato su 8 miliardi di euro; il tasso di copertura dell'export sull'import (o il saldo normalizzato) è in significativo miglioramento e, tra i settori industriali, quello chimico è quello che ha registrato la maggiore crescita tra il 1997-2000, e dunque, nonostante i vincoli imposti dal cambio fisso, non ha visto erodere le sue quote di mercato nel commercio internazionale dei Paesi europei.
In tale situazione, permane comunque un export molto elevato dato dalla chimica delle specialità e delle formulazioni. Secondo i dati forniti dal Ministro Marzano, i settori con un saldo commerciale positivo sono la farmaceutica, i saponi e i detergenti.


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3. Chimica e ambiente.

La problematica delle compatibilità ambientali è stata ripetutamente affrontata dai soggetti sentiti nel corso delle audizioni. Il Ministro delle attività produttive, dopo aver richiamato l'importanza dei problemi legati alle lavorazioni inquinanti, ha osservato come, ad oggi, vi sia un maggiore consapevolezza riguardo alla necessità di «fare impresa» nel rispetto dell'ambiente. Il Ministro ha in particolare evidenziato l'affermarsi tra le imprese di una certa sensibilità ambientale, dimostrata dalle opere di ristrutturazione sistematica degli impianti, di innovazione dei processi produttivi, di adozione di tecnologie pulite e di prevenzione. Ha altresì segnalato l'innovazione e la ricerca quale strada da seguire per coniugare chimica, ambiente e competitività delle imprese, anche facendo uno specifico riferimento al bisogno di sviluppo delle innovazioni in house delle PMI del settore. Il Ministro ha altresì garantito l'impegno del suo dicastero, attraverso l'Osservatorio per il settore chimico, di supporto alle PMI del comparto, con prestazioni di assistenza tecnica e consulenza alle imprese, anche al fine di promuovere l'adesione volontaria da parte delle stesse alla certificazione ambientale e di favorire la realizzazione di progetti di innovazione e ricerca. Il Ministro ha infine segnalato che è in fase di realizzazione un progetto finalizzato alla creazione di una rete tra centri di ricerca pubblica, privata e universitaria, che permetta tra l'altro alle imprese di individuare l'interlocutore cui rivolgersi per la soluzione di diversi problemi.
Anche Federchimica ha evidenziato, nel paper depositato nel corso dell'audizione, il ruolo svolto dalla prevenzione ambientale nello sviluppo dell'industria chimica negli ultimi anni, sia in termini di impegno organizzativo che economico. A tal proposito sono stati forniti dei dati: gli investimenti e spese ambientali nel settore chimico sono ammontati nel 2000 a 800 milioni di euro, pari all'1.6 % del fatturato dell'industria chimica italiana. Da parte delle imprese è cresciuta l'adozione di sistemi di gestione ambientale avanzati e sempre più spesso certificati, EMAS e, in particolare, ISO 14001, l'impegno nella ricerca (cosiddetta green chemistry) per processi e prodotti puliti e lo sviluppo di politiche di marketing a fronte di una crescente domanda di prodotti environmentally friendly. Federchimica ha altresì fornito taluni dati del Rapporto «Responsible Care 2000». Il rapporto suddetto viene redatto annualmente nell'ambito del progetto internazionale «responsible care» avviatosi in Canada ed estesosi nella maggior parte dei paesi industrializzati al fine di avere un'attività imprenditoriale responsabile nei confronti dell'ambiente e dell'uomo. Da tale rapporto emerge una sensibile riduzione delle emissioni e dei forti miglioramenti nella sicurezza.
Altro problema evidenziato da Federchimica è quello relativo alle bonifiche dei siti. A tale proposito, è stata sottolineata la necessità di passare da un approccio tabellare (che considera sullo stesso piano i distributori di benzina con i grandi siti chimici o petrolchimici) al più flessibile strumento della valutazione di rischio, operando una distinzione tra le contaminazioni verificatesi prima dell'entrata in vigore della legge sulle bonifiche da quelle successive, effettuando un trattamento differenziato tra siti dismessi e quelli in cui è ancora in essere la produzione, attivando la messa in sicurezza con piani di


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monitoraggio a lungo termine e valorizzando gli accordi volontari a livello di imprese ed aree industriali.
Le rappresentanze sindacali hanno messo in evidenza il loro ruolo nella contrattazione e nella definizione di importanti accordi per investimenti ed innovazione con l'obiettivo della salvaguardia ambientale e dello sviluppo compatibile della chimica italiana. Esse hanno sottolineato l'opportunità che tale strada continui ad essere perseguita. È stato in particolare auspicato un maggiore coordinamento in materia tra Ministero delle attività produttive e Ministero dell'ambiente.
Per quanto concerne i rapporti tra normativa nazionale e normativa comunitaria in materia, il Ministro ha osservato l'opportunità di seguire l'attuazione del Libro bianco della Commissione sulle sostanze chimiche, considerando che esso si inserisce nel più ampio contesto delle politiche comunitarie per uno sviluppo sostenibile. Federchimica ha dal canto suo paventato, facendo riferimento al maggiore impegno normativo a livello comunitario e dei singoli Stati sulla materia, il pericolo di dumping ambientale derivante dalle normative meno vincolanti presenti in altre aree del mondo.
Nella nota FULC, depositata in Commissione nel corso dell'audizione delle rappresentanze sindacali, si propone, in particolare, che il rispetto rigoroso delle normative nazionali e comunitarie in tema di sostenibilità ambientale non comporti procedure complesse e tortuose nonché conflitti di competenza tra enti pubblici di difficile soluzione ed incidenti proprio sugli interventi finalizzati alla riduzione dell'impatto ambientale. Si propone che la normativa in materia sia sempre più ispirata a criteri di semplicità, trasparenza e responsabilità e si auspica un impegno coerente sugli accordi di programma conclusi in materia.
È stata inoltre avanzata l'opportunità, da parte del rappresentante FILCEA CGIL, alla luce delle vicende di Gela e Porto Marghera, di una iniziativa legislativa che affronti il nodo della depenalizzazione dei reati sul fronte delle politiche ambientali.
A livello delle rappresentanze sindacali è stato infine proposto, da parte del segretario nazionale UILCEM, di avviare una riflessione circa l'eventuale introduzione di misure comportanti maggiori oneri a carico delle imprese che, per motivi di ristrutturazione del mercato, prendano decisioni sulla cessazione degli impianti, e che, in tal modo, determinino gravi disagi sul territorio.

4. La fase di trasformazione dell'industria chimica italiana. La vicenda dell'Enichem.

Alla Commissione è stata rappresentata la fase di trasformazione che l'industria chimica italiana sta attraversando da più di un decennio a questa parte. Protagoniste di tale fase sono le tre maggiori imprese chimiche italiane, che hanno proceduto ad un progressivo disimpegno nel settore. In particolare, il Gruppo SNIA e il Gruppo Montedison hanno effettuato sin dagli anni '90 delle scelte strategiche aziendali dirette alla specializzazione, rispettivamente, nel biomedicale e nell'energia. L'Enichem ha invece avviato un deciso ridimensionamento delle sue attività chimiche, con l'obiettivo del risanamento


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economico e finanziario, ed il Ministro per le attività produttive ha definito come quasi imminente il completamento di tale processo di abbandono della chimica.
È stato inoltre messa in rilievo la presenza in Italia di imprese estere, che, secondo i dati ministeriali, è aumentata nell'ultimo quinquennio del 30% in termini di produzione. I dati forniti da Federchimica nel documento depositato in commissione nel corso dell'audizione, parlano del 40% di produzione chimica in Italia ormai realizzata da impianti di imprese estere. Secondo questa fonte, la presenza delle imprese estere è cresciuta non solo grazie alle acquisizioni, ma anche a seguito di un crescente orientamento all'estero delle produzioni realizzate in Italia.
Sono stati altresì illustrati alla Commissione alcuni dati del settore a livello internazionale. Il Ministro Marzano ha affermato che, nel 1992, tra le prime 10 multinazionali della chimica, 8 erano di base, 2 di chimica fine e della salute. Nel 1999, il rapporto era di 5 a 5.
In particolare, le imprese mondiali, nel corso dell'ultimo decennio, hanno complessivamente seguito una strategia di separazione della chimica di base dalla chimica fine e della salute, di sviluppo nei due settori da ultimo citati, di concentrazione delle strutture della chimica di base (alleanze e operazioni azionarie), e di uscita dalla stessa chimica di base.
Secondo i dati forniti da Federchimica, l'industria chimica in tutto il mondo sta vivendo una fase di forti cambiamenti per rispondere ai mutamenti in atto nella domanda e per continuare ad avere un ruolo dinamico.
Sul tema delle strategie industriali possibili alla luce dei nuovi scenari internazionali, ha svolto alcune considerazioni il Presidente dell'ENI. A suo avviso, la nuova svolta epocale è rappresentata dall'ingresso nelle prime produzioni dei paesi produttori di materie prime (petrolio e soprattutto gas), che determina un fortissimo incremento della scala degli impianti e costi molto più bassi. Di fronte a tale fenomeno vi sarebbero tre tipi di reazioni. La prima reazione, propria sostanzialmente di alcune imprese petrolchimiche americane che dispongono di un enorme mercato interno e di una forte produzione locale è quella di seguire la stessa strategia. Una seconda reazione, tipicamente europea, è quella di ritirarsi su produzioni più a valle, più raffinate (chimica per l'industria, prodotti intermedi, prodotti specialistici e farmaceutici). Una terza reazione possibile è l'alleanza con i nuovi paesi produttori al fine di consentirgli di sviluppare a valle, in realtà come l'Italia, delle produzioni competitive di chimica più raffinata.
Al fine di approfondire la situazione di Enichem, ove si concentra la industria petrolchimica nazionale dedicata alla produzione di grandi masse, la Commissione ha svolto l'audizione dei vertici dell'ENI. L'Amministratore delegato, dott. Mincato, ha osservato come la situazione di Enichem presenti una congiuntura chimica molto depressa ed i margini siano al minimo del 1980. I prezzi, inoltre, agli inizi del 2000 si sono ulteriormente ridotti rispetto agli anni 1992-1993 quando sussisteva una situazione di grave crisi. Tra i fattori della crisi il dott. Mincato ha ricordato l'andamento del PIL, che negli ultimi mesi ha rallentato la sua crescita ed al cui andamento è legata


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la chimica di base; l'alto costo del greggio, che non è stato possibile trasferire sui prezzi a causa del ricordato andamento del PIL; la diminuzione, pari al 70%, dei risultati dell'industria petrolchimica mondiale.
Nel 2001, l'Enichem ha registrato un risultato operativo negativo di 332 milioni di euro, a fronte di un utile di 4 milioni di euro nel 2000. A fronte di un utile operativo dell'ENI di 10 miliardi di euro, il risultato operativo della chimica ENI, compresa la Polimeri Europa, oggi interamente di proprietà dell'ENI, è risultato negativo per 425 milioni di euro.
Sulla situazione di Enichem sono state fornite informazioni e valutazioni anche parte del Ministro delle attività produttive. Questi ha evidenziato come la situazione economico finanziaria di Enichem si sia deteriorata alla fine degli anni '80, durante la recessione nel mercato dei prodotti chimici, è migliorata nel 1996, a seguito di un rigido piano di risanamento, ed è nuovamente peggiorata nel 1997-2000. In particolare, secondo i dati forniti nel documento presentato dal Ministro Marzano, oltre alla chiusura di numerosissimi impianti produttivi, tra il 1992 e fine 2000, l'occupazione è scesa dalle 29.742 unità alle 12.920. L'Enichem ha ceduto di più di tutta l'industria chimica nazionale. Il risultato del risanamento è stato dunque definito dal Ministro «non stabile, non ancora definitivo, non strutturale».
L'Amministratore delegato dell'Eni, Vittorio Minacato, ha fornito alla Commissione dati molto simili, affermando che si è passati da 30.640 addetti nel 1993 a 12.800 addetti circa nel 2001. Ha tuttavia precisato che occorre considerare come, nell'ambito delle riduzioni, sono computate 9.760 persone tuttora occupate presso stabilimenti ed impianti ceduti dall'Eni e che, pertanto, l'effettiva riduzione di personale avvenuta nel periodo ricordato è pari a circa 8.080 unità.
I dati ora ricordati hanno indotto l'ENI a considerare la necessità di un intervento radicale sul portafoglio della chimica. All'inizio del 2002, sono stati concentrati nella nuova Polimeri Europa tutti gli impianti e gli stabilimenti che hanno una ragion d'essere in funzione della strategia perseguita, dell'ubicazione e dei prodotti che realizzano. Tali stabilimenti si trovano a Porto Marghera, Mantova, Settimo Milanese, Ferrara, Ravenna, Brindisi, Priolo, Gela, Ragusa e Sarroch , operano in tre aree di business e sono concentrati negli elastomeri (gomme), nei polimeri (polietilene e polistirolo in particolare) e nella chimica di base (sostanzialmente i prodotti che stanno a monte dei polimeri e degli elastomeri).
Da gennaio 2002 Enichem ha quindi una nuova configurazione societaria. L'azienda ha conferito a Polimeri Europa gli asset e le risorse relativi ai business olefine, aromatici, fenolo, cumene, dimetilcarbonato, stirenici ed elastomeri, nonché i servizi industriali ad essi collegati. In Polimeri Europa sono inoltre confluiti tutti gli stabilimenti esteri di Enichem, la maggior parte degli impianti italiani e i servizi industriali collegati a questi. Nel nuovo assetto societario, Enichem gestirà le produzioni di propria competenza, erogherà servizi a Polimeri Europa e alle altre società presenti negli stabilimenti, ottimizzerà l'assetto risultante in termini di business e di servizi e assicurerà la gestione delle problematiche ambientali. In tale contesto,


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si inserisce la trattativa in corso dell'ENI S.p.a con la SABIC (Saudi Basic Industries Corporation, di proprietà saudita) per la cessione del pacchetto di maggioranza posseduto in Polimeri Europa.
L'Amministratore delegato, con riferimento alla trattativa in corso con la Sabic, ha fatto presente che, all'indomani di un'alleanza parziale o di una vendita totale della stessa, all'ENI rimarrà la chimica del cloro che vanta taluni impianti moderni in grado di procedere nell'attività. Gli impianti di cloro sono situati a Porto Marghera, Cirò Marina, Priolo, Assemini, Porto Torres. All'Eni rimarranno inoltre gli impianti di caprolattame, di ossido di propilene e di acrilonitrinile. Gli impianti di caprolattame e di ossido di propilene sono ubicati rispettivamente a Porto Marghera ed a Priolo. Gli impianti di acrilonitrinile si trovano a Gela e ad Assemini e continueranno ad essere gestiti in una prospettiva di vendita.
Il Ministro delle attività produttive ha evidenziato l'opportunità di valutare gli effetti che l'accordo con la Sabic può avere sui siti produttivi delle imprese, e in particolare l'opportunità di analizzare il piano industriale della Sabic per valutarne gli effetti nel medio/lungo periodo sugli assetti produttivi e i livelli occupazionali. Nel documento depositato dal Ministro in Commissione nel corso della sua audizione, è altresì evidenziato il problema delle aree chimiche. Enichem si occuperà delle bonifiche, non della infrastrutturazione, della promozione e della reindustrializzazione delle aree. Inoltre, il ridimensionamento subito da Enichem, determinando un eccesso dell'offerta rispetto alla domanda, continuerà a creare, almeno nel breve periodo, problemi anche legati alla gestione dei servizi comuni. Gli ingenti costi da sostenere e i tempi necessari per infrastrutturare e attrezzare le aree rappresentano attualmente un ulteriore grave ostacolo all'insediamento di nuove imprese e all'avvio di processi di reindustrializzazione.

5. Le politiche per il settore chimico.

Nel corso delle audizioni è stata rappresentata l'opportunità di perseguire talune politiche industriali, finalizzate al rilancio del settore chimico.
In particolare, il Ministro delle attività produttive ha messo in rilievo l'opportunità di una politica rivolta alle PMI. A tale riguardo ha affermato che occorrerà utilizzare meglio i programmi europei e gli strumenti di supporto per le PMI (anche attraverso il potenziamento del sistema di accesso ai dati e alle informazioni), per permettere alle stesse di affrontare oneri tecnici e organizzativi e di avere un accesso preferenziale all'interno del sesto programma quadro. La politica industriale prospettata dal Ministro dovrebbe in particolare avere lo scopo di:
contemperare l'esigenza di salvaguardare l'ambiente, da un lato, e quella di fornire un quadro normativo certo e chiaro di riferimento;
sostenere l'interazione tra la ricerca sviluppata da enti (privati e pubblici) e l'Università, da un lato, e l'attività innovativa delle PMI, dall'altro;


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sostenere l'interazione tra le PMI chimiche e i distretti industriali.

Il Ministro ha poi illustrato, nel documento depositato in Commissione, le iniziative del Ministero a sostegno dell'attività imprenditoriale, quali la nuova disciplina di tutela delle invenzioni, il Piano d'azione per la società dell'informazione, gli incentivi fiscali per promuovere il commercio elettronico. Quest'azione si integra con quella finalizzata alla semplificazione delle procedure amministrative, esigenza sottolineata anche da Federchimica. In questo ambito si inserisce lo sportello unico per le attività produttive, il registro elettronico degli adempimenti per le nuove imprese ed il PIA innovazione. Il Ministro ha inoltre affermato che sono in corso di attuazione interventi di tutoraggio verso le imprese, al fine di assecondarne l'espansione e lo sviluppo. Ha altresì annunciato la creazione nel Paese di un sistema di sportelli unici regionali che forniscano una assistenza integrata alle imprese sulle opportunità di mercato e di investimento all'estero, come pure agli investitori stranieri per le loro attività in Italia. A tale sistema dovrebbe collegarsi una nuova struttura a rete, «lo sportello Italia», con il compito di promuovere e fornire assistenza agli operatori esteri e alle imprese italiane operanti nel settore. Questa «autostrada dell'internazionalizzazione» viene considerata lo strumento per raggiungere un migliore coordinamento delle attività di enti, quali la SACE, la SIMEST, la FINEST.
Il Ministro ha affermato che saranno valorizzati e messi in rete «tavoli di coordinamento» tra i diversi operatori pubblici e privati (regioni, camere di commercio, associazioni di categoria) per lo sviluppo di iniziative mirate a singoli settori, temi ed aree geografiche. Ha altresì auspicato un maggiore dialogo con le regioni.
Viene altresì vista con favore la sottoscrizione di nuovi accordi di programma (è in corso l'elaborazione di tali accordi per la qualificazione del polo chimico brindisino e per quella di tutti i siti chimici presenti in Sardegna), sulla base dell'esperienza di Porto Marghera, Cengio e Ferrara, ove, nell'attuazione degli stessi, il Ministero, assieme all'Osservatorio in esso operante, sta assumendo un importante ruolo di indirizzo e coordinamento. L'Osservatorio per il settore chimico, per il ruolo svolto ed i compiti assegnatigli, viene individuato come l'istituzione in grado non soltanto di favorire gli adempimenti concreti degli impegni contenuti negli accordi, ma anche di veicolare tali esperienze in altre realtà territoriali.
Un apprezzamento positivo nei confronti dell'attività dell'Osservatorio è stato altresì espresso da Federchimica, che ne ha sottolineato la funzionalità in termini di coordinamento del lavoro delle istituzioni centrali e locali. Nell'ambito di tali accordi di programma, Federchimica ha auspicato un maggior coinvolgimento delle organizzazioni delle imprese e delle parti sociali. Anche le rappresentanze sindacali hanno espresso un positivo apprezzamento sullo strumento degli accordi di programma e sul ruolo dell'Osservatorio per il settore chimico.


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Va sottolineato che, a fianco dell'Osservatorio nazionale, sono stati previsti alcuni osservatori locali, dodici dei quali già istituiti, mentre altri sono in via di costituzione
Analogamente al Ministro, Federchimica e le rappresentanze sindacali hanno proposto il perseguimento di una politica di sostegno alle piccole e medie imprese. L'associazione degli industriali chimici ha prospettato la necessità di forme semplificate di accesso alle agevolazioni e agli incentivi previsti e di una semplificazione delle procedure per gli operatori del settore.
Le rappresentanze sindacali vedono, in particolare, positivamente future strategie industriali finalizzate a potenziare settori specifici della chimica. Anche il Ministro ha definito tali strategie come un'evoluzione quasi ineluttabile dell'industria chimica italiana.
Federchimica e le rappresentanze sindacali hanno anche affrontato il tema dell'innovazione, considerando fondamentale, per la competitività della chimica italiana, sostenere l'impegno nella ricerca e nello sviluppo. Entrambi vedono con favore il coordinamento sinergico tra ricerca universitaria e ricerca degli enti pubblici e privati. La nota FULC sottolinea altresì l'opportunità di un intervento pubblico maggiore nel sostegno all'attività di ricerca e di innovazione delle imprese del settore.
Altro problema sollevato da tutti i soggetti interpellati è quello del costo e della disponibilità di energia. Il settore chimico è infatti caratterizzato da un elevato utilizzo di energia. A tal riguardo, il Ministro ha affermato che è stata resa più agevole l'acquisizione dell'energia importata da parte delle imprese energivore e la volontà di semplificare le procedure per la realizzazione delle centrali.
Federchimica propone che le imprese abbiano accesso all'energia a costi competitivi nel contesto europeo; inoltre - attraverso un'opera di semplificazione di tutti i meccanismi di acquisto all'estero, sia di energia basata sul gas sia di energia elettrica - esse dovrebbero essere messe in condizione di poter contare su quantità adeguate. Sono dunque auspicate modifiche legislative, specie per quanto riguarda l'approvazione di una legge quadro sul GPL.
Altra questione sollevata da Federchimica è quella dell'efficienza delle infrastrutture per i trasporti, specie quelli su gomma. Anche le rappresentanze sindacali hanno evidenziato, tra gli elementi che rischiano di mettere maggiormente in discussione la competitività delle imprese chimiche italiane nei confronti dei concorrenti esteri, la rete infrastrutturale e il costo dell'energia. Tali aspetti, secondo la valutazione effettuata nella nota FULC, risulterebbero particolarmente gravi soprattutto nelle aree territoriali meridionali ed insulari.
Per quanto concerne le politiche del lavoro nell'industria chimica, le rappresentanze sindacali hanno evidenziato l'opportunità di procedere alla valorizzazione delle risorse umane, attraverso la formazione e la riqualificazione dei lavoratori. È stato altresì evidenziato che una buona percentuale degli addetti all'industria chimica italiana è costituita da lavoratori che svolgono la propria attività a ciclo continuo. Tale condizione, che viene affrontata a livello sindacale con politiche salariali differenziate e di riduzione di orario, dovrebbe essere sostenuta attraverso l'individuazione di maggiori incentivi.


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6. Osservazioni conclusive.

Nel corso dell'indagine la Commissione ha innanzitutto potuto approfondire le prospettive della grande industria petrolchimica ed in particolare dell'Enichem, che attraversa una fase di forti difficoltà anche in conseguenza di una congiuntura internazionale sfavorevole.
Il futuro dell'Enichem appare ormai tracciato. Continuerà a fare capo all'Eni una quota ridotta di imprese impegnate nella produzione di grandi masse. Alcune di tali imprese risultano competitive altre sembrano destinate a cessare l'attività. Andrà seguito con estrema attenzione lo sviluppo delle trattative tra l'Eni e la Sabic e dovranno essere adeguatamente approfonditi i termini dell'intesa alla quale si dovesse addivenire. Esistono in materia precedenti negativi relativi a due impianti rilevati dall'americana Dow Chemical. Lo stabilimento MDI di Brindisi è stato infatti chiuso dopo solo sei mesi dall'acquisizione e nello stabilimento TDI di Porto Marghera non è stato ancora realizzato un impianto pilota per la sostituzione del fosgene con il dimetilbicarbonato. In relazione ai rapporti in corso tra l'ENI e la Sabic va in ogni caso ricordato come per il Paese sia essenziale non la nazionalità del capitale ma la nazionalità delle attività. Le imprese che l'Eni intende trasferire dovranno continuare a concorrere al mantenimento ed allo sviluppo della base produttiva e dell'occupazione e sul loro futuro occorre pertanto vigilare. L'Italia è tra l'altro oggi in Europa all'ultimo posto per quanto riguarda la presenza produttiva di aziende estere nei settori della chimica di base e della chimica fine e va quindi incrementata la capacità di acquisire la fiducia degli operatori internazionali, di attrarre investimenti e di radicare le imprese di proprietà estera sul territorio nazionale. L'ipotesi di accordo con la Sabic evidenza inoltre le potenzialità di una politica industriale che opti con decisione per produzioni fini ed innovative da attuarsi sulla base di intese con i maggiori paesi produttori di materie prime.
La Commissione deve peraltro rilevare come non risultino sufficientemente chiare le prospettive degli stabilimenti che rimarranno in capo all'Enichem e la strategia industriale che in relazione a tali impianti si intende perseguire. Il quadro appare infatti eccessivamente frammentato e di difficile gestione. Va in particolare segnalato come non appaia assolutamente chiaro, nell'ambito dei poli chimici di Porto Marghera e di Priolo, il futuro di impianti quali quelli per la produzione di clorosoda e di caprolattame che rimarranno in capo all'Enichem ed il cui mantenimento richiede un significativo investimento. Occorre altresì domandarsi quale sarà la sorte dei servizi comuni alle aree industriali i quali svolgono un ruolo fondamentale nel garantire la sicurezza dei lavoratori e delle popolazioni locali e che sono destinati a divenire proprietà di più soggetti. In questo quadro la Commissione ritiene opportuno invitare il Governo a vigilare, anche attraverso lo strumento dell'Osservatorio, sulle prospettive e sulle strategie industriali della chimica in Italia.
Con riguardo al settore della chimica è confermato l'assunto, valido per l'intero sistema produttivo, della centralità delle piccole e medie imprese. Sussistono dei problemi, anche questi di più vasta incidenza, legati alla crescita dimensionale delle imprese necessaria ad affrontare la competizione internazionale. Ma esistono anche delle peculiarità


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estremamente positive quali l'elevata capacità di innovazione ed una marcata propensione all'esportazione. Le piccole e medie imprese del settore chimico, che presentano elementi peculiari in termini di occupazione e di fatturato, forniscono ai settori industriali del made in Italy ed ai distretti industriali un contributo estremamente significativo in termini di specializzazione, innovatività e capacità di adattamento alle esigenze del cliente. È pertanto urgente predisporre, a livello istituzionale, una serie di interventi volta a promuovere la crescita dimensionale delle PMI, anche attraverso l'affermazione di una più forte e qualificata presenta italiana a livello europeo. È, in particolare, auspicabile un ruolo nazionale più incisivo nel processo di formazione del diritto comunitario e delle politiche europee del settore. La salvaguardia del ruolo delle PMI richiede inoltre di garantire loro l'accesso alle informazioni sulle materie prime di cui dispongono i produttori. A tal fine, la necessità di riconoscere a questi ultimi un «compenso equo e proporzionato» come prevede il Libro bianco UE sulle sostanze chimiche, non si è rivelata una soluzione adeguata. Alle imprese formulatrici di prodotti fitosanitari e biocidi deve invece essere assicurato l'accesso agli studi già effettuati da alcune multinazionali necessari per dimostrare che le sostanze prodotte dalle imprese stesse rispondono ai requisiti di tutela ambientale e sanitaria richiesti dalle direttive comunitarie.
Occorrerà probabilmente una riflessione sul futuro del settore delle fibre e del nylon che sono in corso di dismissione da parte del gruppo SNIA.
Nel corso delle audizioni è emersa la centralità del rapporto tra industria chimica ed ambiente, oggetto di campagne di stampa e di vicende giudiziarie che si riflettono negativamente sull'opinione pubblica con grave pregiudizio del settore. La questione ambientale non può essere elusa e va assunta da tutti gli operatori del comparto. Al tempo stesso, va chiarito in tutte le sedi come oggi vi siano gli strumenti per promuovere uno sviluppo della chimica del tutto compatibile con le esigenze di tutela ambientale. Esiste peraltro un problema di dimensioni rilevanti rappresentato dalla necessità di prevedere massicci investimenti per la bonifica di importanti aree industriali.
I rappresentanti dei lavoratori e delle imprese sentiti dalla Commissione hanno espresso un giudizio positivo sull'Osservatorio per il settore chimico costituito presso il Ministero delle attività produttive. L'Osservatorio si è rivelato utile a favorire il confronto tra i soggetti impegnati a vario titolo nel settore, promuovendo analisi ed indicando possibili iniziative. È necessario che i positivi risultati conseguiti a livello centrale dall'Osservatorio, possano estendersi anche alle realtà locali. A tal fine, occorre rafforzare il coordinamento, in particolare per quanto riguarda il Mezzogiorno, tra l'attività dell'Osservatorio a livello centrale e quella svolta nelle singole realtà locali; in questo ambito, potrebbe risultare utile che i dati provenienti dagli osservatori costituitisi in sede locale rifluissero nel sito internet dell'Osservatorio nazionale, in modo tale da consentire di richiamare l'attenzione sui siti industriali da parte degli investitori, in particolare esteri. Va inoltre potenziata la capacità dell'Osservatorio, a livello centrale e locale, di divenire luogo di elaborazione di una strategia di sviluppo


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attraverso il coinvolgimento dei soggetti imprenditoriali, sindacali e, in particolare, delle regioni e degli enti locali, ai quali va attribuito un ruolo preminente. Se, infatti, oggi appaiono superate le impostazioni dirigiste di stampo centralistico, risulterebbe ugualmente un errore, in settori industriali strategici come la chimica, concentrarsi sulla ripartizione delle competenze tra i diversi soggetti istituzionali, trascurando di approfondire i nessi e le interazioni necessari al conseguimento di obiettivi di interesse generale. Occorre in particolare che, in applicazione del principio di leale collaborazione, il Governo svolga una funzione di coordinamento e di stimolo finalizzata a rendere le autorità locali protagoniste del loro sviluppo. Su questo versante anche il Parlamento può svolgere un ruolo, impegnandosi ad incrementare i rapporti con le istituzioni locali ed i soggetti sociali al fine di pervenire a scelte ampiamente condivise. La Commissione ritiene che solo all'interno di un simile quadro di relazioni istituzionali sarà possibile avviare, a livello centrale e locale, iniziative di rilievo in favore della chimica.
Gli accordi di programma rappresentano uno strumento importante purché ne sia garantita e puntualmente verifica l'attuazione. Occorre in proposito ricordare come l'accordo di programma di Porto Marghera non abbia ancora ricevuto applicazione anche a motivo del fatto che il Ministero dell'ambiente non ha rilasciato le autorizzazioni necessarie a realizzare i nuovi impianti.
Da ultimo non può tacersi come la crescita del settore chimico sia legata alla competitività del sistema Paese, un problema questo che interessa tutti i settori produttivi ma che ha una particolare incidenza nel comparto in esame. La semplificazione del sistema normativo, la certezza in ordine alla sua applicazione, il potenziamento delle infrastrutture, l'incentivazione della ricerca svolta a vantaggio delle imprese nelle Università e nelle pubbliche amministrazioni, rappresentano altrettante questioni essenziali per lo sviluppo della chimica.