Resoconto stenografico
AUDIZIONE
La seduta comincia alle 14,30.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, del ministro dell'economia e delle finanze, Domenico Siniscalco, sulle problematiche relative all'offerta di scambio volontaria sulle obbligazioni argentine per le quali è stato dichiarato il default.
Ringrazio il ministro per aver prontamente aderito alla richiesta della Commissione di poterlo ascoltare sulla vicenda dei bond argentini, anche per l'urgenza della materia, visto che l'offerta del Governo argentino partirà nella giornata di domani. Ieri mattina abbiamo sentito il dottor Stock ed incidentalmente la Consob, che era presente per altre ragioni, sugli aspetti relativi all'autorizzazione ed al prospetto che la stessa aveva consegnato nei giorni precedenti.
Faccio presente che il ministro ha l'influenza e più tardi avrà anche un incontro con le parti sociali: quindi, pregherei i colleghi di formulare sintetiche domande.
Ringrazio nuovamente il ministro per la sua disponibilità e gli do subito la parola.
DOMENICO SINISCALCO, Ministro dell'economia e delle finanze. Signor presidente, onorevoli deputati, grazie molte per l'invito e per l'occasione di potervi illustrare le diverse problematiche connesse al default del debito argentino, anche in relazione a quanto sta accadendo nel nostro paese. Tratterò gli argomenti piuttosto rapidamente e, poi, consegnerò al presidente La Malfa una relazione scritta ricca di allegati - si riferiscono ai vari passaggi di questa vicenda, dal 2001 ad oggi, in ambito governativo - che possono costituire utilmente parte integrante della documentazione ma che non si prestano ad una lettura.
La questione inizia nel dicembre del 2001, quando il presidente argentino Rodriguez dichiarò la sospensione dei pagamenti connessi agli 80 miliardi di dollari di debito estero argentino: quindi, è una classica vicenda di default sul debito estero di un paese sovrano. A quell'epoca il debito estero argentino era composto di 152 emissioni obbligazionarie, emesse principalmente nel corso degli anni novanta, in 7 diverse valute e sottoposte ad otto distinte giurisdizioni. Al momento dell'emissione, le obbligazioni avevano un rating pari o inferiore alla BB, come emerge dall'allegato: quindi, si tratta di un rating basso, che calava nel tempo man mano che andavano deteriorandosi le condizioni delle finanza pubblica e dell'economia argentina. Queste obbligazioni sono state acquistate nel tempo da risparmiatori,
investitori istituzionali e banche in tre continenti; quindi, sono diffuse in tutto il mondo.
Nel dicembre 2001, contestualmente alla dichiarazione di cui prima di sospendere i pagamenti sul debito estero, l'Argentina sospese anche i pagamenti verso i creditori sovrani, cioè verso gli Stati, tra cui quello italiano. L'ammontare complessivo di questi crediti era di circa 8 miliardi di dollari, di cui 800 milioni di dollari verso l'Italia. Invece, il debito verso le istituzioni finanziarie internazionali (Fondo monetario, Banca mondiale e via dicendo) era pari a 37 miliardi di dollari e, finora, è stato rifinanziato da queste ultime (man mano che il debito andava in scadenza queste ultime hanno riprestato gli stessi soldi per rifinanziare lo stesso debito).
Dopo la dichiarazione di insolvenza, i rapporti tra l'Argentina e le istituzioni finanziarie internazionali si sono innanzitutto interrotti, nel senso che gli argentini non parlavano con il Fondo e il Fondo non parlava con gli argentini né mandava missioni. Quindi, c'è stato un lungo periodo di congelamento di tali rapporti, anche perché in quel periodo di crisi economica argentina molto difficile e turbolenta il paese non era in grado di assumere impegni né con le istituzioni né con i creditori né con i mercati.
I rapporti dell'Argentina con il Fondo monetario internazionale sono stati riavviati soltanto nel 2003. Dopo un lungo negoziato, venne approntato un programma di assistenza finanziaria mirato a far fronte alle esigenze di breve termine, condizionato a misure di risanamento economico e di rilancio dell'attività.
Nel settembre del 2003, nel G7 che si tenne a Dubai, il Fondo monetario concesse all'Argentina un prestito di sostegno triennale al programma di rilancio e riforme pari a circa 13,5 miliardi di dollari. Questo programma si basava, come tutti i prestiti del Fondo di questo tipo, su precisi impegni da parte degli argentini ad effettuare riforme strutturali nel settore fiscale (amministrazione e soprattutto rapporti tra diversi livelli di governo, che, come sapete, erano alla base del default argentino), monetario (indipendenza della Banca centrale, che allora non c'era), bancario e, soprattutto, era soggetto all'impegno di condurre negoziati in buona fede con i creditori per ristrutturare il proprio debito. «Negoziati in buona fede» è un'espressione tecnica che si trova in un voluminoso manuale del Fondo monetario internazionale e che significa con consultazioni, scambi bilaterali, offerte, controfferte e negoziati: quindi, è da intendersi tra virgolette.
In quel momento l'Italia si fa promotrice del consenso che si forma nel Fondo monetario internazionale, ed anche nell'ambito del G7, nei riguardi dell'Argentina, votando favorevolmente su questo programma che prevede diverse contropartite da parte del Governo argentino.
Subito dopo l'accordo con il Fondo, il Governo annunciava, proprio a Dubai, una prima offerta unilaterale, non negoziata con i creditori, che comportava un taglio del debito di circa il 90 per cento del valore netto attualizzato. Si tratta di un taglio «complessivo» e non negoziato in buonafede; pertanto, nel corso della stessa riunione di Dubai, si contravveniva ad uno degli elementi essenziali del programma concordato con il Fondo monetario internazionale.
In novembre, l'Italia, da sola, pone il veto all'accesso del paese nel club di Parigi per la negoziazione dei propri crediti. L'Argentina aveva infatti annunciato la sua disponibilità a concedere ai creditori ufficiali un rimborso ben maggiore di quello invece offerto ai creditori privati. In quell'occasione, come ricordato, il Governo italiano fu il solo ad opporsi a questa soluzione e a chiedere, come condizione preliminare all'apertura di un negoziato con i creditori ufficiali, il buon esito della trattativa con i creditori privati. In pratica, si è detto che occorreva prima concludere la trattativa con i privati, e, raggiunto un esito su questo versante, si sarebbe poi passati a quella con i creditori ufficiali. Questo veto è ancora in vigore al fine,
evidentemente, di arrivare a costituire una «coalizione» di creditori il più possibile unita o non divisa.
Nel gennaio del 2004, l'Italia, insieme ad altri sette paesi, si astiene sulla decisione del consiglio di amministrazione del Fondo monetario internazionale che approva la prima review del programma argentino. L'astensione di un terzo dei membri del consiglio di amministrazione del Fondo monetario internazionale su un programma di un paese è un evento praticamente senza precedenti o con pochissimi precedenti.
Quell'astensione indusse altri paesi, in particolare gli Stati Uniti, a rafforzare la richiesta nei riguardi dell'Argentina di rispettare gli impegni presi nel mese di settembre a Dubai, tra i quali quello del negoziato con i creditori. Al successivo incontro del G7 che si tenne a Boca Raton, in Florida, nel febbraio del 2004, i ministri finanziari richiamarono esplicitamente l'Argentina, con un comunicato congiunto, al rispetto dei propri impegni e a negoziare in buona fede con i creditori. Gli esiti di questi incontri del G7, tenutisi a Dubai e a Boca Raton, sono allegati alla documentazione.
Queste azioni inducono il Governo argentino a concordare con il Fondo monetario internazionale, nel marzo 2004, una nuova lettera di intenti, nella quale veniva preso l'impegno a negoziare con i creditori, tra i quali il Global Committee of Argentina Bondholders di cui il dottor Nicola Stock, che avete audito, è il presidente.
Questo organismo è nato nel gennaio 2004 dall'unione delle associazioni dei creditori italiani, statunitensi, giapponesi, svizzeri e tedeschi ed ha un rapporto di stretta collaborazione con la più grande associazione argentina di bondholders. Infatti, lo «stop» ai pagamenti sul debito estero argentino riguardava ovviamente anche i creditori argentini che detenevano questi titoli. In particolare, l'associazione italiana TFA, presieduta da Nicola Stock, e costituita sotto l'egida dell'ABI, rappresenta, per delega negoziale, oltre il 90 per cento dei circa 400 mila risparmiatori italiani, che detengono quasi 14,5 miliardi di dollari di debito (in valore nominale).
L'impegno sottoscritto nel marzo 2004 dall'Argentina non è stato rispettato da quel paese; i negoziati con i rappresentanti dei risparmiatori sono stati limitati ad incontri informativi, che non sono conformi quindi ai canoni del negoziato di buona fede, di cui si diceva in precedenza.
Nei mesi di luglio ed agosto 2004, anche su impulso del Governo italiano, il G7 ed il Fondo monetario internazionale hanno chiesto all'Argentina, come condizione per approvare la terza review del prestito - ad ogni review corrisponde quindi una nuova tranche di questo credito: in quel caso la terza tranche dei 13,5 miliardi approvati a Dubai - precisi impegni in termini di condizioni macroeconomiche e di negoziati con i creditori.
In particolare, abbiamo chiesto loro: un avanzo di bilancio primario di almeno il 4 per cento nel 2005; il rafforzamento della legge sulla responsabilità fiscale; l'accordo con le province argentine in materia fiscale; la riforma della normativa fiscale e del settore bancario; infine, un negoziato in buona fede con i privati e la fissazione all'80 per cento della soglia minima di partecipazione all'offerta di ristrutturazione. Come sapete, in ogni offerta di ristrutturazione del debito vi è normalmente una soglia minima di accettazione che, se non viene superata, fa decadere l'intera offerta.
Gli argentini non accettarono tali impegni e da quel momento il programma con il Fondo approvato a Dubai è stato sospeso e, con esso, anche i pagamenti.
Nel settembre 2004, in occasione delle riunioni del G7 e del Fondo, è stato ripetutamente chiesto all'Argentina di accettare le condizioni necessarie per il risanamento dell'economia (le trovate in allegato). Quelle riunioni - lo ricordo perfettamente perché furono le prime alle quali partecipai direttamente come ministro su questo tema - furono caratterizzate da una notevole tensione fra il Governo italiano e quelli di altri paesi, da un lato, e i rappresentanti del governo argentino, dall'altro. La stampa ha riportato
ampiamente i particolari di quegli eventi, evidenziando come soprattutto la questione del negoziato con i creditori stesse a noi primariamente a cuore.
L'offerta di scambio, preannunciata dall'Argentina, è stata formalmente presentata presso le autorità di vigilanza dei paesi coinvolti (Argentina, Stati Uniti, Germania, Giappone, Lussemburgo, Paesi bassi, Spagna e Italia; per quest'ultima l'offerta è stata presentata alla Consob il 9 novembre) ed essa riguarda un ammontare globale di 81,8 miliardi di dollari, di cui 79,7 di capitale non rimborsato e 2,1 miliardi a titolo di interessi maturati e non pagati dal 31 dicembre 2001 ad oggi.
Forse posso dare come scontato il fatto che voi conosciate la struttura dell'offerta. Essa prevede in buona sostanza tre classi di titoli: una classe di titoli «par» (obbligazioni in rapporto di 1 a 1 emesse in dollari, euro o pesos, con un piano di rimborso che termina nel 2038) che prevedono il pagamento della quota capitale a partire dal 2029; una classe di titoli «discount», che invece sono emessi con un tasso di conversione in pratica di 1 a 0,33 (praticamente un terzo del valore); i titoli «quasi par», emessi soltanto in pesos e che riguardano i creditori argentini; infine, una quarta classe di titoli, denominati PIL, nei quali si paga una parte ulteriore di rimborso, se il PIL argentino supera un valore indicato in una tavola allegata al prospetto. Nell'accettarlo si scommette in pratica sulla capacità di crescita dell'Argentina stessa.
Questa offerta ha ricevuto il «via libera» dalle autorità di vigilanza dei vari paesi, a partire dalla SEC negli Stati Uniti fino alla Consob in Italia. Questo parere - è importante ricordarlo - riguarda soltanto la completezza del prospetto informativo, ovvero l'esigenza di trasparenza, non il merito della proposta.
Gli analisti stimano che l'offerta comporti un «taglio» superiore al 70 per cento in termini di valore attualizzato: quindi, fatto 100 il valore nominale del credito, il recupero è di 30 e la perdita, grosso modo, di 70, considerato che si tratta di quattro classi di rimborsi diverse, ancorate a parametri diversi. Si tratta di un «taglio» senza precedenti per ampiezza nelle ristrutturazioni «sovrane». Sul Wall Street Journal di questa mattina vi è un articolo che, oltre a disquisire sul ridotto ammontare di questa offerta, ricorda che negli altri casi di fallimento di debiti sovrani avvenuti nel mondo, la quota che viene ripagata mediamente è del 65 per cento e la quota che viene ristrutturata, in poche parole «persa», si aggira intorno al 35 per cento.
Questo è un valore, come ben capite, simmetrico e, proprio perché riporta in questo senso una media internazionale, offre un termine di paragone sul fatto che questa offerta è evidentemente, come tutti sapete, molto «povera», anche nel confronto internazionale.
Un'offerta più vantaggiosa, peraltro, implicherebbe per i creditori automaticamente un attivo primario del bilancio argentino maggiore di quello previsto negli accordi, da ottenersi attraverso una politica fiscale più restrittiva in Argentina. Secondo le valutazioni del Governo argentino, un surplus primario più elevato del 4 per cento comporterebbe infatti un rischio per la sostenibilità della crescita, per la coesione sociale del paese e, causa le varie retroazioni dell'economia, per la possibilità stessa di pagare una quota più alta di quel debito.
Il Fondo monetario internazionale non ha potuto valutare formalmente questa offerta, ovvero se essa sia esattamente compatibile con quanto sostiene l'Argentina in termini di sostenibilità delle finanze pubbliche, di avanzo primario e di crescita, in quanto il programma è stato sospeso. Non esiste quindi una valutazione formale del Fondo monetario che dica se questa offerta sia o meno sostenibile da un punto di vista macroeconomico.
Seppure non vi sia una soglia minima di accettazione, se l'offerta del Governo argentino non venisse accolta da una sufficiente quota di creditori, si aprirebbe uno scenario senza precedenti: infatti, i casi di default del debito - che noi conosciamo - sono stati tutti oggetto di un negoziato. Al contrario non si è mai verificata
l'ipotesi di un'offerta di scambio unilaterale, non negoziata, rigettata dai creditori. Dunque, si aprirebbe uno scenario legale di enorme complessità per quanto concerne i fori competenti e così via; peraltro, se l'offerta fosse rifiutata, il Governo argentino potrebbe essere indotto a formularne una nuova. Tra l'altro, in precedenza ho ricordato che a Dubai vi era stata l'offerta di rimborsare grosso modo il 10 per cento, anche se quest'ultima venne in seguito ritirata per l'evidente reazione dei creditori.
Secondo le regole ed i principi prevalenti sui mercati internazionali la decisione di aderire o meno all'offerta di scambio del Governo argentino spetta liberamente ai singoli risparmiatori rappresentati nelle varie associazioni, tenendo conto del rendimento offerto e del rischio. In questa fase, e finché il periodo di scambio non scadrà (fine febbraio), una modifica dei termini dell'offerta richiederebbe la riapertura di tutta la procedura con un nuovo prospetto da sottoporre alle autorità di vigilanza.
Il Governo italiano e le amministrazioni hanno agito, fin dall'inizio, con l'obbiettivo di assicurare il rispetto delle regole prevalenti sui mercati internazionali e, soprattutto, la parità di trattamento tra le diverse categorie di creditori. In particolare, si è cercato di garantire almeno la parità di trattamento tra i nostri creditori ed i creditori di altri paesi. Mentre la parità di trattamento - che all'inizio rappresentava una sincera preoccupazione - è stata senz'altro raggiunta grazie allo sforzo multilaterale portato avanti, appare evidente che non vi è stata una vera e propria «negoziazione in buona fede». Dunque, spetterà alla comunità internazionale dare una valutazione definitiva su questo aspetto.
L'azione del Governo si è svolta in modo determinato sia bilateralmente sia nelle sedi multilaterali (G7, FMI, Club di Parigi) e si è spinta fino ai confini dettati dal rispetto della sovranità di un altro paese. Questa azione è stata apprezzata dai nostri partner e ha avuto un ampio seguito nelle istituzioni internazionali. Poche volte un Governo italiano ha agito in passato in modo così fermo nelle varie sedi internazionali.
L'azione del Governo italiano è stata ampiamente apprezzata - anche con dichiarazioni pubbliche - dai rappresentanti dei creditori italiani. È stata invece oggetto di forti critiche e di rimostranze pubbliche in Argentina. Peraltro, questa linea di forte pressione, caratterizzata da contatti bilaterali e multilaterali, continuerà ad essere perseguita in futuro. Inoltre, in queste vicende è altresì importante mantenere aperto e rafforzare il canale bilaterale con le autorità argentine.
Il ruolo delle autorità deve comunque essere coerente con il libero funzionamento dei mercati e non può interferire con le scelte di investimento dei singoli, o di gruppi di singoli. Il ruolo delle autorità di vigilanza è quello di assicurare che il mercato possa contare sulla trasparenza e su tutte le informazioni utili a valutare le offerte di strumenti finanziari. Su questo credo che ieri vi sia stata una battuta del rappresentante dei bond holders che ha parlato di una grande stangata perfettamente trasparente. L'autorità non può, però, entrare nel merito delle offerte stesse, giudicandone l'appetibilità e, in caso negativo, bloccandole. Il blocco di un'eventuale offerta pubblica di scambio si può verificare per motivi formali di mancata trasparenza e non perché si è generosi o ingenerosi nei confronti dei risparmiatori. Tutto quello che ho detto non riguarda naturalmente solo la Consob, ma anche la SEC e le altre autorità che hanno svolto il loro ruolo, tanto che l'offerta è stata in seguito lanciata su tutti i mercati.
In questa fase altri interventi pubblici diretti sarebbero contrari alle regole e ai principi internazionali di buon funzionamento dei mercati e ridurrebbero quella spinta ad apprezzare i rischi che è necessaria in chi investe.
In particolare, il disegno di legge giacente in Parlamento (risultato dell'unione dei progetti di legge presentati dall'onorevole Guido Giuseppe Rossi ed altri e dall'onorevole Benvenuto ed altri), che prevede il pagamento di circa il 70 per
cento ai risparmiatori da parte delle banche collocatrici in Italia, solleva questioni di legittimità costituzionale in relazione alla lesione dell'iniziativa privata, alla copertura contabile e alle prerogative della magistratura e delle autorità di vigilanza. Se, ad esempio, le autorità italiane di vigilanza o la magistratura ravvisassero conflitti di interesse per ciò che concerne il collocamento, questi ultimi verrebbero perseguiti così da poter ottenere anche dei risarcimenti.
Altre iniziative che interferissero con il funzionamento del mercato potrebbero essere usate dalla controparte come scusa per non onorare i contratti proposti nell'offerta e per addossare la responsabilità di una insufficiente adesione al Governo italiano. In questo modo, si perderebbe l'influenza che il Governo italiano è riuscito ad ottenere nella comunità e nelle istituzioni internazionali e il sostegno degli altri paesi, fondamentale per massimizzare i nostri interessi e quelli dei nostri risparmiatori. In particolare, se l'offerta di scambio argentina non raccogliesse sufficiente consenso, sarebbe essenziale che questo venisse percepito dai mercati e dalle istituzioni come il risultato di una libera scelta dei creditori, senza alcuna ingerenza da parte delle autorità di Governo.
In conclusione, il Governo continuerà a svolgere la propria azione di sostegno ai cittadini risparmiatori in tutte le sedi competenti e con tutti gli strumenti a disposizione. Questo ruolo è stato finora ampiamente riconosciuto e apprezzato dai creditori stessi, dalle istituzioni internazionali e dai nostri principali partner.
PRESIDENTE. Ringrazio il ministro per la sua relazione estremamente lucida e precisa. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire.
GIORGIO BENVENUTO. In primo luogo, ringrazio il signor ministro. Vorrei ricordare la anomalia che la situazione italiana presenta: le sottoscrizioni dei bond argentini sono, per più del 98 per cento, di risparmiatori individuali, piccoli risparmiatori; il sistema delle banche detiene soltanto 500 milioni di euro su quello che è l'intero default. Si tratta, quindi, di una situazione che ha un peso enorme nel nostro paese, poiché riguarda 450 mila risparmiatori, in grande prevalenza piccoli risparmiatori, persone anziane e persone presenti soprattutto nelle aree del nord. Lo ricordo perché si tratta di una caratteristica che è anche alla base di questa particolare sensibilità che il Parlamento ha dimostrato riguardo a questo argomento (so che si terranno degli incontri, in particolare lunedì ve ne sarà uno con il sottosegretario per le finanze argentino).
La proposta, così come è stata formulata e spiegata ieri dal responsabile della task force argentina, è irricevibile. Si tratta di un giudizio politico, perché ci sono aspetti tecnici, ma ci sono anche aspetti di carattere politico. Ho qui il testo di tale proposta di offerta - che, come ho detto, ritengo assolutamente irricevibile - testo che, secondo quanto ci è stato detto dalla Consob, deve essere ancora completato, come ha chiesto l'autorità di controllo lussemburghese, con una relazione dettagliata sull'andamento economico dell'Argentina.
Voglio ricordare al ministro che tra le varie ipotesi si prevede che queste obbligazioni scadano nel 2038, nel 2045, nel 2033 e nel 2035. Per sottoscrittori che per la grande prevalenza hanno più di 60-65 anni, si tratta di una ipotesi beffarda e non corrisponde a nessuna di quelle regole di trasparenza che devono essere rispettate. Quindi, da questo punto di vista, io condivido l'atteggiamento che ha assunto il dottor Stock in qualità di rappresentante della task force argentina.
Condivido anche l'opinione che il Governo, in questi rapporti bilaterali, non dovrebbe far passare sotto silenzio la pesante interferenza che ha ostacolato le negoziazioni. Infatti, per altri bond emessi per la Telecom Argentina dallo Stato del Rio de la Plata - il dottor Stock lo ha ricordato - è stato possibile portare avanti delle negoziazioni convincenti e non delle offerte ricattatorie come quella che è stata presentata. Quindi un atteggiamento flessibile
da parte del negoziatore avrebbe potuto condurre a dei risultati se non ci fossero state interferenze da parte del Governo argentino.
Sono state rilasciate anche dichiarazioni molto gravi da parte del dottor Stock, il quale ha riferito che in Argentina né le associazioni dei consumatori né i sottoscrittori sono liberi di esprimere la propria opinione. Si tratta di un problema delicato che riguarda la democrazia e il rispetto del risparmiatore. Io sono un sostenitore del mercato, ma il mercato richiede trasparenza e che siano rispettati i diritti di tutti.
Si tratta quindi di un problema politico, giacché abbiamo la netta impressione che il Governo non svolga un ruolo sotto questo profilo al fine di tutelare i risparmiatori italiani e chiediamo quindi che si attivi in tal senso. L'azione che viene condotta a tutela dei risparmiatori italiani, ma anche degli altri risparmiatori, deve essere accompagnata da un'azione politica robusta ed intelligente. Quali iniziative, che non siano la rassegnazione rispetto alle regole del mercato, il Governo intende adottare? Infatti io non nego - come ricordava anche il ministro - che in alcuni momenti l'atteggiamento del Governo italiano abbia portato delle modifiche rispetto alle posizioni iniziali.
La seconda questione si riferisce alla delicatezza della situazione italiana. Ringrazio il ministro per il rapporto costruttivo che ha con questo Parlamento, ma poiché ci troviamo in una situazione particolarmente delicata, vorremmo ricevere dal ministro delle risposte.
La Consob ha svolto delle indagini e noi non sappiamo - ieri abbiamo ricevuto delle indicazioni - come siano stati collocati i titoli argentini da parte di alcune banche nel nostro paese. La Consob ci ha detto che è stata avviata una procedura - secondo le vecchie regole è previsto che sia il ministro dell'economia ad irrogare le sanzioni - perché la collocazione di alcuni titoli è avvenuta senza rispettare le regole che comunemente ci siamo dati. Chiedo quindi al ministro di fornirci maggiori ragguagli al riguardo.
Noto che per la prima volta nel nostro paese il Parlamento riceve con ritardo il parere del ministro dell'economia sull'azione della Consob. Generalmente, infatti, ciò avviene con regolarità e questo è il primo anno - anno pieno di difficoltà e di problemi - in cui la relazione sull'attività della Consob non viene inoltrata e la Consob si trova ad operare senza che sia stata completata nei suoi organismi e con un taglio forte delle proprie risorse. Pertanto vorremmo avere delle rassicurazioni sull'attività della Consob e delle notizie riguardo alle indagini svolte.
Per quanto riguarda la proposta che abbiamo formulato, essa ha subito delle modifiche durante il dibattito svolto in Aula. Tuttavia noi attendiamo ancora di conoscere il parere del ministero su tale proposta. Noi abbiamo presentato anche un emendamento che prevede tre opzioni per i risparmiatori italiani. Una prima opzione prevede che le banche si sostituiscano ai risparmiatori giacché esse sono in grado, più dei piccoli risparmiatori, di far valere i propri diritti. Del resto, non viene riconosciuta la class action, non sono previsti altri strumenti e, soprattutto, la legge ha i tempi che ha.
Le banche che hanno costituito la task force argentina e che hanno le deleghe possono avere un peso politico maggiore di quello che può avere un piccolissimo risparmiatore. In secondo luogo, si prevede che le banche possano offrire degli strumenti alternativi ai piccoli risparmiatori (e noi lo diciamo da sempre). In terzo luogo, proponiamo di favorire un istituto di conciliazione. Come è possibile non riconoscere che molte di queste azioni argentine sono state presentate senza fornire indicazioni? Cosa fa il Governo? Come intende dare una risposta, non retorica ma concreta, a questi problemi, che si trascinano ormai da oltre tre anni e che riguardano una platea enorme di risparmiatori?
GIAN PAOLO LANDI di CHIAVENNA. Signor ministro, ho registrato la coerente linea che ha mantenuto il Governo in tutta la lunga, complessa e faticosa gestione
della vicenda, dal punto di vista delle negoziazioni multilaterali e bilaterali. Resta tuttavia il fatto che moltissimi piccoli risparmiatori italiani si aspettano, da oggi, qualche chiarimento; in altri termini, attendono - questa è l'aspettativa forte - di sapere quali prospettive potrà avere il recupero del loro credito.
Dal quadro che lei ha coerentemente descritto mi sembra, però, che la possibilità di recuperare, da parte di costoro, in tutto o in parte il rispettivo capitale, sia estremamente esigua, per più ordini di considerazioni. Qualora dovessero accettare le proposte avanzate in forma unilaterale dalla Repubblica argentina, come lei giustamente ha voluto sottolineare, il recupero avverrebbe in tempi biblici. Giustamente, il collega Benvenuto è intervenuto dicendo che molti risparmiatori dovrebbero lasciare nell'asse ereditario questa parte di capitale.
L'altra ipotesi che non accetto, apre invece uno scenario possibile - ma non certo - di una eventuale nuova proposta da parte del Governo argentino: i risparmiatori si troverebbero comunque nell'incertezza, dovendo rinunciare alla prima proposta nella speranza - che potrebbe però restare disattesa - di una nuova proposta maggiormente soddisfacente. Lei ha ricordato la precedente proposta del 10 per cento, poi migliorata al 30 per cento, giustamente segnalando che il quadro macro economico argentino forse non consente miglioramenti, salvo innescare processi futuri di nuovo indebitamento.
Vi sarebbe in realtà anche una terza strada da percorrere, signor ministro, che non è stata richiamata: mi riferisco all'ipotesi che esista ancora un mercato ove poter negoziare questi titoli, un mercato che oggi, almeno sulla carta, prevede la possibilità di cederli per 29, 28, 30 delle vecchie lire. Lei sa perfettamente, però, signor ministro, che è proprio il mercato a stabilire il prezzo. È chiaro che di fronte ad un progressivo cedimento da parte delle istituzioni internazionali, dinanzi alla quasi certezza di non pervenire ad alcunché di concreto, pare ben difficile ipotizzare investitori effettivamente disposti ad acquistare per una cifra pari a 29 lire. Da parte mia, se fossi io un risparmiatore, piuttosto che aderire alla proposta di vendere a 30 lire, cederei i titoli sul mercato a 29, avendo però la certezza di incassare domani quella somma, piuttosto che dover attendere il 2030 prima di ottenere le 30 lire con un tasso di interesse sopra l'uno per cento (oppure sopra il 7 per cento, a partire dal 2013).
Dovremmo certo riflettere seriamente sul problema. Sul punto, del resto, a suo tempo avanzai una proposta che esaminò il ministro Tremonti: mi fu risposto che quanto veniva ipotizzato era equivalente ad una piccola finanziaria. Non sono d'accordo con quella valutazione, sono convinto piuttosto che sul punto il Governo avrebbe potuto e dovrebbe ancora riflettere maggiormente, perché potrebbe esercitare un forte potere contrattuale in qualità di cessionario (anche considerata la rilevanza dell'istituzione italiana nella negoziazione politica).
Alla luce di queste premesse, le formulo la mia domanda, signor ministro: possiamo, come Governo, sostenere il mercato in modo tale da creare una certa aspettativa al suo interno e spingerlo a reagire positivamente, acquistando le obbligazioni che i piccoli risparmiatori cercassero di negoziare direttamente, per consentire a costoro di incassare importi immediati e concreti (almeno 25, 26 lire), piuttosto che 30 lire nel 2030? Esistono questi strumenti e, qualora la risposta sia positiva, sussiste una reale volontà di attivarli?
FILIPPO MANCUSO. Signor presidente, signor ministro, ciò che sto per dire occasionalmente si ricollega alle osservazioni dell'onorevole che mi ha preceduto e quindi, pur con la delicatezza che pongo per non essere né un competente della materia né un componente di questa Commissione, mi azzardo ad avanzare alcuni dubbi, perché, come forse esageratamente affermò il processualista francese, «lassù vi è il firmamento e qui vi è il giurista». Lei ha manifestato la sua fiducia, o comunque la sua non completa sfiducia nella
trattativa, fondata sull'asserzione che l'Argentina avrebbe operato in mala fede, così da far scattare tutte le conseguenze di penalizzazione correlate. Ciò costituirebbe, in linea con le premesse, un dato affidabile per la trattativa.
Se questo fosse realmente l'assunto, allora, signor ministro, il concetto di mala fede potrebbe forse apparirmi male applicato, anche in termini di diritto internazionale, atteso che la mala fede non corrisponde ad una impossibilità o difficoltà di adempimento, cui lei sembra invece essersi riferito. Se ho bene compreso, l'assunto da cui lei muove, signor ministro, è che la scarsezza dell'offerta certifichi l'assenza di buona fede, intendendo la buona fede innanzitutto in senso soggettivo (non oggettivo), presumendo una consapevolezza da parte del Governo argentino di mettere sul tavolo qualcosa di scorretto.
Ebbene, mi chiedo come si possa fondare - in una trattativa più o meno multilaterale - la propria posizione attiva di credito su concetti di questo genere. Mi pare che si parta, se così è, se non commetto errori interpretativi, da una posizione sistematica di debolezza.
Ancora un'altra mia obiezione si muove nello stesso senso. Signor ministro, lei deve tener conto del fatto che non mi permetto di proporre consigli, ma di esternare qualche dubbio che mi può provenire da campi di conoscenza che non sono meramente quelli della VI Commissione e del nostro odierno incontro.
Detto questo le domando: quale organo - riferendomi ancora ad una sua affermazione - di giurisdizione internazionale potrebbe sanzionare la condotta di uno Stato autonomo, indipendente e sovrano? Se non ricordo male, nell'ambito delle strutture di tutela internazionale, in generale ed in particolare, non sussiste un organo a cui rivolgersi e dal quale ottenere la ragione o il torto. Se così è, ci muoviamo su due premesse che si dicono affidabili, anche problematicamente, ma sono obiettivamente insussistenti. Allora, ancor più forte diviene la ragione che mi spinge a porle la domanda che mi ha condotto in questa sede, e che le ho già anticipato: qualora la posizione di cattivo debitore dell'Argentina sia effettivamente comprovabile, avrebbe lo Stato italiano gli strumenti, l'autorità, la forza, di influire sul Fondo internazionale - a sua volta creditore dell'Argentina -, ottenendo, sotto la spinta di questa posizione particolare (che sarebbe, ripeto, quella del buon creditore), un trattamento diverso, senza dover avanzare, come si fa nei condomini, promesse di querele o di ricorso al giudice, in presenza di buone ragioni alternative su cui fondare le proprie posizioni? E a proposito del giudice, signor ministro, è sicuro quando afferma che, in ipotesi di incompatibilità, nell'intermediazione bancaria, dei titoli esteri verso il mercato italiano, soltanto la magistratura possa intervenire (naturalmente allargo l'allusione anche ad altre consimili vicende interne al territorio italiano, a tutti note)? Perché sempre demandare al giudice le questioni, salvo poi criticarlo o disattenderlo? Se esiste una competenza concorrente dello Stato, una dell'amministrazione, un'altra della magistratura, esse debbono svolgersi ciascuna nei rispettivi ambiti. Non basta dire che sarà la magistratura ad occuparsi di un problema, come non basta che la magistratura dica che sarà il Governo a farlo. Mi scuso della laicità di questi dubbi e la ringrazio, signor ministro.
MARIO LETTIERI. Desidero ringraziare il ministro per la sua puntuale relazione con la quale, purtroppo, si conferma quanto già sappiamo da tempo. Mi rendo conto che la questione è estremamente complessa posto che ne risultano incrinati anche i rapporti internazionali con un paese amico quale l'Argentina (sappiamo, infatti, che la popolazione argentina è costituita per gran parte da cittadini italiani o oriundi e questo dato non va assolutamente sottovalutato).
Quindi, va bene la trattativa multilaterale, però noi italiani siamo quelli più fortemente colpiti. La stangata, trasparente o meno, è stata maggiore per i risparmiatori italiani (circa 450 mila). Dal
punto di vista economico finanziario si tratta di una stangata da 28 mila miliardi di vecchie lire, cioè, 14 miliardi di euro: è la portata di una finanziaria! Quindi ci sono degli effetti anche sull'economia italiana: questo non dobbiamo dimenticarlo!
Ecco perché l'impegno del Governo deve essere ancora più forte rispetto ai fatti di cui abbiamo preso volentieri atto.
Qui ci troviamo dinanzi ad un atteggiamento arrogante e prepotente del Governo argentino il quale è venuto meno alle regole più elementari, non avendo, questi, rispettato né le procedure, né il vincolo del negoziato in buona fede.
Il ministro ci ha detto che si tratta di un caso senza precedenti che si può verificare, però, oggettivamente; egli non si è espresso in modo chiaro sul da farsi, anche alla luce della proposta del dottor Stock, il quale ha suggerito di non aderire.
C'è un elemento di trasparenza e il prospetto è stato approvato anche da altri istituti di vigilanza; tuttavia, quale risparmiatore può leggere un malloppo di questa portata? Chi ci capisce niente, anche fra noi parlamentari? Lei pensa veramente, signor ministro, che un pensionato risparmiatore possa leggere e comprendere una tale mole di informazioni? Ritengo assolutamente di no.
Faccio queste considerazioni oggi ma avrei voluto farle ieri quando le banche hanno venduto al 98 per cento dei 450 mila risparmiatori quel prodotto finanziario. Ho letto di persone settantenni che hanno acquistato i bond argentini.
Signor ministro, la invito a fare un'operazione di chiarezza: qui non c'è riservatezza. La Consob ci ha detto che lei ha proposto una sanzione contro un gruppo bancario importante: ci dica qual è perché è giusto che i cittadini lo sappiano!
La Consob ha avviato le procedure di contestazione nei confronti di un altro istituto bancario ma, in questo caso, non le chiedo di rivelarne il nome perché può darsi che non venga sanzionato. Nel caso, invece, dell'istituto sanzionato, è bene che i cittadini lo sappiano!
Infine, signor ministro, noi riteniamo che la proposta avanzata, che porta anche la firma del sottoscritto oltre a quella degli onorevoli Benvenuto ed Olivieri, in sede di esame della normativa sul risparmio possa essere una soluzione. Lei, politicamente, a nome del Governo, potrebbe svolgere nei confronti dell'ABI e del sistema bancario una sorta di moral suasion - anche se, in effetti, dovrebbe trattarsi di qualche cosa di più - affinché il sistema bancario si riprenda questi bond argentini in quanto meglio attrezzato per far fronte a questa situazione di contenzioso e trattativa rispetto al singolo risparmiatore il quale è, invece, debole e nudo di fronte a simili eventi.
LUIGI OLIVIERI. Signor ministro, noi siamo tutti d'accordo che la proposta di swap fatta dall'Argentina sia irricevibile; però, penso che, se sono vere, così come riteniamo, le esternazioni svolte ieri dal dottor Stock, probabilmente, al 33 per cento, aggiungeremmo qualche punto percentuale ma non di più. In questa sede, infatti, il dottor Stock ci ha detto che un'offerta di swap al 50 per cento è da ritenersi accettabile. Quindi, cambiano sicuramente i termini ma non si va molto più lontano.
PRESIDENTE. Non è proprio così.
LUIGI OLIVIERI. Così riportano i giornali!
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Olivieri, noi eravamo presenti.
LUIGI OLIVIERI. Il Sole 24 ORE riporta questo dato. C'è un lancio di agenzia secondo cui il dottor Stock avrebbe affermato in questa sede che una proposta di swap al 40-50 per cento di perdita - quindi, con un 50 per cento di rimborso del capitale - nei termini formulati dalla proposta unilaterale dell'Argentina sarebbe accettabile.
Se questa proposta è vera, vuol dire che noi dobbiamo essere un po' più concreti (sempre che quanto riportato dalle agenzie
sia veramente la volontà del rappresentante italiano). Quindi, la questione si sposta ma non di molto.
Infatti, tutto il lavoro svolto da quella rappresentanza è importante, però porta in sé un conflitto di interessi perché si tratta della rappresentanza del mondo bancario. Ormai, tutti noi che ci siamo interessati - e che da anni ci interessiamo - della questione siamo assolutamente certi che l'intermediazione avvenuta per il 99 per cento tramite il sistema bancario è stata svolta in modo non corretto. L'unico strumento di cui disponeva questo Parlamento per accertare ciò era una Commissione di inchiesta: la Camera ne ha approvato l'istituzione, il Senato l'ha affossata. Così come anche per la class action: la Camera ha approvato il relativo provvedimento, il Senato non la porta avanti.
Ho la sensazione - voglio essere molto schietto - che ci sia una forma di collateralismo tra il Governo e il sistema bancario che, in questo momento, invece, ha delle responsabilità. Non è casuale che ieri il rappresentante della Consob, ad una domanda specifica del nostro presidente, abbia dato le stesse risposte già ascoltate sei mesi fa in un'altra audizione.
Come mai dopo sei mesi non abbiamo ancora questi decreti di sanzionamento? Tali sanzioni, sempre a quanto ci riporta Il Sole 24 ORE, dovrebbero riguardare l'inidoneità delle procedure, gli aspetti concernenti l'adeguatezza informativa alla clientela e - cosa ancora più importante - la conoscenza dei prodotti da parte di chi li propone.
In realtà, questo è ciò che è avvenuto in Italia! Chi ha intermediato per quei titoli non sapeva che cosa intermediava ed è altrettanto evidente che, probabilmente, chi li ha acquistati non sapeva ciò che acquistava, sia stato esso un grande, medio o piccolo risparmiatore: questa è la realtà, signor ministro!
Quindi, oggi, signor ministro, lei non se la può cavare affermando, come Ponzio Pilato, di non volersi intromettere perché altrimenti si andrebbero ad immettere elementi negativi sul mercato internazionale. Questa non è una risposta! I piccoli risparmiatori devono sapere che cosa succederebbe nel caso in cui essi accettassero l'offerta dell'Argentina e che cosa rimarrebbe loro in mano, rispetto a coloro che hanno venduto in malo modo quei titoli! Questa è la risposta di cui hanno bisogno oggi i risparmiatori per poter fare delle scelte chiare nei prossimi giorni!
PRESIDENTE. Mi corre l'obbligo di precisare che ieri, alla domanda di un collega al dottor Stock sul livello al quale l'associazione da lui rappresentata avrebbe considerato accettabile - mai positiva, vista la perdita - un'offerta, egli non ha risposto.
A mio avviso, giustamente non ha risposto perché egli partiva dalla richiesta del 100 per cento del valore nominale ed un negoziato è tale solo nel caso in cui non si stabilisca a priori qual è l'obiettivo. È chiaro che se il rappresentante degli obbligazionisti affermasse che il 50 per cento sarebbe un buon risultato, il risultato finale non potrebbe che essere inferiore. Non so se questa dichiarazione, resa, comunque, al di fuori delle aule parlamentari, sia stata riferita correttamente o meno. Mi interessa rilevare che nella sede parlamentare il rappresentante degli obbligazionisti ha affermato che il loro obiettivo è quello di raggiungere il 100 per cento ideale, cioè il rispetto pieno del contratto iniziale. Questo ho il dovere di affermare.
Inoltre, dobbiamo fare attenzione a non cambiare il tema della nostra audizione. La ragione per la quale ho proposto alla Commissione questa audizione era quella di ascoltare il ministro Siniscalco in merito alla situazione del rapporto con l'Argentina. Da molto tempo discutiamo sulla responsabilità e i motivi per cui gli italiani, siano privati cittadini o fondi di investimento, detengono questi titoli e sui comportamenti corretti o scorretti nel loro collocamento. Di questa materia discutiamo da molto tempo e discutiamo anche di un disegno di legge sulla tutela del risparmio. Penso, invece, che un rimpallo di responsabilità riguardo al motivo per cui quei titoli si trovano in alcune mani e
non in altre abbia un effetto negativo. L'aspetto rilevante è che c'è un debitore che aveva assunto un impegno e lo ha violato e questo debitore è uno Stato sovrano. Su questo dobbiamo concentrarci in questo momento in cui c'è una offerta alternativa.
Il Governo affermi pure quello che crede, ma la mia opinione è che una discussione, peraltro giusta, dei temi sollevati dall'onorevole Lettieri e dall'onorevole Olivieri non abbia luogo in questo momento nel quale noi stiamo esaminando il problema di come giudicare, sia dal punto di vista dei rapporti multilaterali e bilaterali sia dal punto di vista dei singoli risparmiatori, una offerta effettuata con procedure che il signor ministro ha dettagliatamente esposto. Se spostiamo l'interesse da questo argomento ad una questione interna, in un certo senso noi riconosciamo che il comportamento dell'Argentina in qualche modo sia giustificabile.
FILIPPO MANCUSO. Il ministro ha parlato di giurisdizione interna.
PRESIDENTE. Onorevole Mancuso, io ho ascoltato la sua questione ma mi sembra che il tema oggi all'ordine del giorno sia diverso. Questa è la ragione per la quale ho affermato che, se lo riterremo opportuno, a seguito delle dichiarazioni del ministro e delle risposte che egli ci fornirà, potremo affrontare il problema sotto il profilo di una risoluzione. In tal caso si considererà anche il tema della legge, sollevato dall'onorevole Benvenuto. Sono tutte materie che mi sembrano scollegate rispetto alla circostanza che ci troviamo ad affrontare in questo momento.
SERGIO ROSSI. Signor presidente, le confesso che anch'io, ieri, dopo la audizione informale del dottor Stock sono rimasto stupito. Infatti, la domanda l'avevo formulata proprio io ed ero rimasto deluso dalla mancata risposta. Poi, intorno alle 14, sono state pubblicate le agenzie di stampa che riportavano le dichiarazioni rilasciate dal medesimo dottor Stock ai giornalisti, riferite quest'oggi dalla stampa e tuttora non smentite.
Vorrei ringraziare a mia volta il ministro Siniscalco per la sua soddisfacente relazione e anche per l'ottima azione di pressione condotta, fino ad oggi, nei confronti del governo dello Stato argentino. Tuttavia, vorrei spendere due parole sulla situazione interna, considerando che lo stesso ministro, nel suo intervento, ha fatto riferimento ad iniziative legislative riguardo alle quali il suo parere non sarebbe favorevole. Partirei dai dati contenuti nell'offerta pubblica di scambio della Argentina, raffrontandoli con gli obiettivi minimali annunciati dal dottor Stock. L'offerta dello Stato argentino per le obbligazioni par è di 10 miliardi di dollari, elevabili a 15 miliardi. Quindi, se già si parla di 15 miliardi, vuol dire che l'Argentina sarebbe in grado di offrirli. Per le obbligazioni discount è di 20 miliardi di dollari e per le quasi par di 350 mila. In totale, siamo nell'ordine di 35,35 miliardi di dollari, su un debito complessivo estero della Stato argentino di 80 miliardi di dollari. Ciò vuol dire che, complessivamente, l'offerta da parte di quest'ultimo si aggira intorno al 44 per cento, riunendo tutte queste offerte. Siccome l'obiettivo minimale del dottor Stock è quello di arrivare, almeno, al 50 per cento, la distanza non mi sembra eccessiva e mi sembra che l'obiettivo sia facilmente raggiungibile. Inoltre, c'è una differenza nei termini dell'offerta perché lo Stato argentino la suddivide partendo dai 25 anni fino ai 35 anni mentre il dottor Stock ritiene come accettabile un termine di 15 anni.
Noi sosteniamo che non si possono tenere i risparmiatori italiani - che detengono 14 miliardi di dollari sugli 80 miliardi complessivi del debito estero argentino - in attesa di una conclusione positiva che non si sa quando arriverà e con quali condizioni. Noi abbiamo presentato una proposta di legge che prevede il riacquisto da parte delle banche di questi titoli argentini e chiediamo al Governo di proporsi in modo positivo riguardo a questa iniziativa parlamentare. Auspicheremmo,
cioè, da parte del Governo una azione costruttiva. Bisogna partire dalla relazione che la Consob ci consegnò in occasione dell'audizione del 27 aprile 2004, nella quale si evidenziava quanto numerose fossero state le segnalazioni da parte degli investitori, che avevano riferito di mancata o errata informativa in ordine ai rischi connessi agli investimenti in titoli argentini, di mancata informativa sulla evoluzione della crisi argentina, della inesistenza di operazioni in titoli della stessa specie non adeguati rispetto al profilo di rischio di investimento degli investitori e, infine, dell'esistenza di possibili conflitti di interesse. In effetti, le banche detenevano in portafoglio questi titoli e li hanno rivenduti ai risparmiatori senza informarli del conflitto di interesse. Le banche, infatti, non possono vendere i titoli che detengono in portafoglio direttamente ai risparmiatori senza far sottoscrivere loro un documento nel quale si dichiari che la banca, in quella operazione, si trova in palese conflitto di interesse. Partendo da questa situazione, che è stata evidenziata dai risparmiatori e rilevata dalla Consob, secondo noi si deve costruire questa proposta di legge e indurre le banche ad anticipare il rimborso del denaro ai risparmiatori italiani, a prendere in carico questi titoli e sostituirsi ad essi nella trattativa con lo Stato argentino. A nostro avviso, non dovrebbero esserci profili di incostituzionalità se si costruisce una proposta di legge in questi termini. Però, si tratta di collaborare, signor ministro.
Un altro problema, in effetti, ad oggi ha bloccato questa proposta di legge ed è il problema della copertura finanziaria. In effetti, la differenza tra la nostra proposta e quella del centrosinistra sta proprio nella copertura finanziaria. Il centrosinistra propone la deducibilità delle minusvalenze che le banche conseguirebbero e, quindi, per il Governo ci sarebbe il problema di trovare la copertura. Noi non condividiamo la proposta del centrosinistra perché prevede di introdurre una nuova tassa. Invece, proponiamo la non deducibilità di eventuali minusvalenze conseguite dalle banche. Parlo di minusvalenze eventuali perché la nostra proposta prevede il riacquisto del 70 per cento del valore di vendita dei titoli e prevede un intervento da parte della Banca d'Italia con un indennizzo a queste banche, utilizzando, in parte, gli utili e, in parte, quei fondi di garanzia che esistono presso l'Istituto. Quindi, potrebbero esserci minusvalenze ma non è detto che ci siano. Noi dichiariamo, nel nostro testo, che le eventuali minusvalenze sarebbero indeducibili e non ci sarebbero problemi di copertura finanziaria.
Se il Governo ci aiutasse nel portare a termine questo concreto aiuto ai risparmiatori italiani, facendo in modo che la trattativa con l'Argentina sia condotta in primis dalle banche, secondo noi compirebbe un'opera positiva.
BRUNO TABACCI. Volevo semplicemente osservare come il problema del mercato internazionale dei bond sia una questione tutt'oggi aperta; infatti, ieri sono state emesse obbligazioni turche al 15 per cento. Penso che su questi temi ci debba essere la capacità delle istituzioni internazionali di rispondere, perché diversamente si rovina lo strumento con il quale intervenire a sostegno di paesi le cui economie hanno bisogno di investimenti e finanziamenti.
Sulla vicenda Argentina si ha l'impressione che la proposta fatta sia del tutto incongrua; infatti, il recupero di quell'obiettivo proposto da Stock al 50 per cento può essere legato ad una nuova iniziativa del Governo italiano che, coinvolgendo le istituzioni internazionali come il Fondo monetario e la Banca mondiale e d'accordo con il Governo argentino, arrivi a formulare una proposta che consenta di recuperare una quantità di risorse maggiori. Questa è - secondo me - una iniziativa che è aperta e che può avere una sua disponibilità, ma solo il ministro dell'economia può essere nelle condizioni di valutare la sua fattibilità.
Diversa è la questione che riguarda quello che è accaduto in Italia; infatti, questo è un punto sul quale bisognerà tornare perché non è vero che tutti erano
sullo stesso piano e non solo per il fumus che emerge dalle indagini che sono in corso. Ad esempio, questi titoli che stavano nel portafoglio delle banche a quanto sono stati comprati sul mercato mondiale? Un conto è se si è acquistato un titolo a 95 e lo si è collocato, un altro è se lo si è comprato a 70.
Noi questo non lo sappiamo. Anzi, probabilmente in tutto questo arco di tempo non l'abbiamo voluto sapere perché è evidente che attorno a questa situazione non c'era solo la debolezza dell'economia argentina, ma anche qualcuno che ha fatto bilancio. Questo è un punto che non può essere posto a carico dei risparmiatori ed è quello sul quale bisogna intervenire con grande determinazione, perché se le banche hanno comprato a 95-96 possono avere anche collocato a 100, ma se hanno acquistato a 70 il contesto in cui questo collocamento avveniva è del tutto diverso; quindi, questo è il punto che deve essere approfondito.
È chiaro che se hanno comprato a 70 si devono ricomprare tutto, non solo per la loro capacità di negoziazione che è più forte, ma anche perché c'è una esigenza di giustizia; infatti, diversamente il peggio di un'operazione già di per sé negativa, graverebbe sulle spalle dei più deboli.
Questo, quindi, è un punto sul quale, Consob o non Consob, bisogna scavare in profondità e fare quello che si deve fare perché non è pensabile che non si dia risposta a questo quesito.
DOMENICO SINISCALCO, Ministro dell'economia e delle finanze. Come il presidente La Malfa ha notato nel suo intervento, in questa sede sono stati affrontati sostanzialmente due ordini di problemi: uno interno che attiene principalmente alla tutela del risparmio e alle sue istituzioni nazionali, posto dall'onorevole Rossi piuttosto che dall'onorevole Tabacci; l'altro che riguarda i rapporti con uno Stato sovrano che fa un default sul proprio debito pubblico.
Adesso, però, ritengo importante affrontare il tema di come comportarsi nei confronti di uno Stato sovrano, l'Argentina, che opera un default sul proprio debito, non soltanto pubblico, perché è stato ricordato poc'anzi il caso di altre classi di titoli che hanno avuto diverse sorti nei concambi, ma che comunque sul debito pubblico si è comportato in questo modo.
Non intendo nascondere sotto il tappeto la questione dei rapporti tra banche e clienti nell'esperienza italiana, tema che stiamo approfondendo nel disegno di legge sul risparmio e che evidentemente dobbiamo portare ad una conclusione, ma diverso rispetto a quello dei rapporti con il governo argentino.
Il primo punto che vorrei ribadire è che i rapporti debito-credito quando sono tra Stati e sono di questa entità hanno natura tutta affatto diversa rispetto ai rapporti debito-credito tra privati per crediti e debiti di dimensione normale esigibili, e ciò per due motivi di fondo. Il primo è macroeconomico, in quanto un debito di 80 miliardi di dollari, evidentemente insostenibile quando è stato emesso, non può essere ripagato perché un tribunale ti condanna, perché il Fondo monetario ti fa una reprimenda o per un intervento della Corte di New York, così come è accaduto in alcuni casi internazionali; è una dimensione talmente ampia rispetto al prodotto lordo dell'Argentina, e non solo dell'Argentina, che richiede una soluzione di tipo macroeconomico concordato, tanto che per ripagarlo o non ripagarlo si parla di avanzi primari del 4 per cento. Inoltre, ci sono rapporti tra creditori privati o pubblici e un creditore che è uno Stato sovrano che vengono regolati a livello internazionale con accordi di tipo volontario.
Per di più, se per ipotesi vi fosse un'autorità superiore che avesse il potere di ingiungere all'Argentina di ripagare il cento per cento del proprio debito alla scadenza, nemmeno questa conseguirebbe il risultato; quindi, si tratta di negoziare le condizioni macroeconomiche del rientro.
La seconda questione è del tutto politica; infatti, il presidente Kirchner ha un forte consenso elettorale interno per aver tenuto questa linea dura, e per noi del
tutto insoddisfacente sul suo debito, evidentemente; viceversa se un Governo riuscisse a portare a casa il cento per cento del debito dei propri cittadini avrebbe la situazione opposta; quindi, si intersecano questioni di carattere politico internazionale e quelle di carattere macroeconomico che trovano la loro sede di trattazione a diversi livelli: quello internazionale nelle istituzioni finanziarie internazionali; quello nazionale rivolgendosi a determinati tribunali ritenuti competenti o all'autorità di vigilanza.
Ritengo che la nostra scelta di perseguire innanzitutto una linea di trattativa multilaterale con il governo argentino sia la strada migliore; questa, infatti, ci consente di ottenere maggiori risultati e più forza rispetto ad una trattativa unilaterale che rappresenti solo l'Italia e i debitori italiani perché sia il G7 sia il Fondo monetario sono in grado di esercitare una pressione completamente diversa da quella che siamo in grado di esercitare noi unilateralmente.
A tal proposito ritengo anche che questa maggior forza abbia già prodotto alcuni risultati, seppur del tutto insoddisfacenti, come quello del trattamento paritario; infatti, sarebbe stato bizzarro che i debitori italiani prendessero il 30, mentre quelli tedeschi il 40 o quelli americani il 50, almeno la forza della trattativa è uguale e una pressione di tutti quanti sul governo argentino è stata fatta.
Siamo, quindi, nel mezzo di una partita molto complessa che si può definire in vari modi (partita, braccio di ferro), ma bisogna vedere come questa partita evolverà; invece, quello che io posso garantire è che il Governo italiano è intenzionato a continuare a fare tutto quello che può sul piano multilaterale e su quello bilaterale per ottenere il massimo possibile - e insisto sulla parola «possibile» - dalle autorità argentine.
Il problema della tutela dei nostri risparmiatori sul mercato domestico si presenta diverso. Possiamo dire ai risparmiatori «accetta o non accetta»? Sicuramente no, perché sarebbe il primo grosso errore che si può fare in una trattativa internazionale di questo tipo; infatti, a questo punto, il governo argentino potrebbe dire: «l'offerta è andata a vuoto perché voi gli avete detto che è andata a vuoto» facendo decadere tutto l'aspetto legale privatistico conseguente.
Quindi, sicuramente non lo possiamo fare. Così come esiste un mercato secondario del debito argentino che tratta intorno a 30, la Borsa ci dice che esiste un mercato secondario del debito argentino convertito. Quindi, il fatto che un soggetto abbia in portafoglio un titolo con scadenza nel 2038 non significa che questi soldi li prenderà nel 2038 perché esiste un mercato secondario e lo può liquidare alle condizioni che allora prevarranno. Non è un caso che oggi il debito argentino tratti intorno a 30 quando l'offerta è vicino a tale cifra perché, poi, i mercati si equilibrano.
Il negoziato di buona fede è una procedura e il suo contrario non è la malafede ma l'assenza della procedura. Esiste un manuale di centinaia di pagine che spiega quali sono i requisiti per un negoziato di buona fede su un caso di questo genere: il fatto che il Governo argentino abbia mancato a questo significa che si è semplicemente rifiutato di accettare contro-offerte, di entrare in dettaglio e via dicendo. Noi riteniamo che un'offerta di questo genere possa essere migliorata soltanto con un negoziato di buona fede, tema su cui abbiamo insistito molto e su cui continueremo a discutere (Commenti dell'onorevole Mancuso). È tutto inglese, basta dire good faith agreement. Onorevole, non è un linguaggio corrente ma un riferimento al manuale del Fondo e non si è negoziato in base allo stesso.
Inoltre, si è detto che i risparmiatori italiani sarebbero molto meglio rappresentati se lo Stato italiano subentrasse nel debito e negoziasse direttamente, come pure le banche in seconda battuta.
Quanto alle banche, il negoziato è sicuramente dello stesso livello: avviene da parte di un comitato di creditori - per giunta internazionale e, quindi, più forte che se fosse italiano perché comprende anche gli italiani -, sotto l'egida dell'ABI ed è affidato esattamente allo stesso tipo
di professionisti che le banche italiane prenderebbero.
Quanto all'ipotesi dello Stato, visto che non si tratta di un'entità astratta ma del denaro dei cittadini, significherebbe spalmare su tutti i contribuenti la perdita di quelli che hanno deciso di fare questo investimento, tema che mi lascerebbe ugualmente perplesso.
In conclusione, posso garantire che, sin dall'inizio della settimana prossima, continueremo a seguire questa partita con il massimo impegno, per indurre tutto il possibile in sede bilaterale e multilaterale, e su questa strada cercheremo di ottenere il massimo risultato possibile.
PRESIDENTE. Colleghi, l'ufficio di presidenza valuterà l'opportunità di dedicare una seduta all'esame di eventuali documenti e le specifiche questioni internazionali a cui ha fatto riferimento il ministro o i riflessi di carattere interno evidenziati negli interventi di molti colleghi.
Ringrazio il ministro per la sua partecipazione e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15,55.