![]() |
![]() |
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame testimoniale di Luciano Scalettari, che è ascoltato in questa sede con le forme della testimonianza e, quindi, con l'obbligo di dire la verità e di rispondere alle domande del presidente e dei commissari.
Dottor Scalettari, cogliamo l'occasione per ringraziarla dei contributi che ha voluto riservare alla nostra Commissione. Lei sa che queste sono formule di rito, che non hanno alcuna implicazione di carattere sostanziale. Procederemo in modo asettico, con domande e risposte: la prego innanzitutto di fornire le sue generalità, nonché di descrivere la sua attuale attività.
LUCIANO SCALETTARI. Mi chiamo Luciano Scalettari e sono nato il 20 marzo 1961. Risiedo a Milano, in via Francesco Piermarini numero 4. Sono giornalista: inviato speciale per la testata di Famiglia Cristiana.
PRESIDENTE. Lei conosce il giornalista Luigi Grimaldi?
PRESIDENTE. Da quanto tempo lo conosce?
LUCIANO SCALETTARI. Da diversi anni.
PRESIDENTE. Riusciamo a collocare nel tempo tale rapporto?
LUCIANO SCALETTARI. Grosso modo a partire dal 1998, probabilmente nel 1999.
PRESIDENTE. Che rapporti ha avuto con lui?
LUCIANO SCALETTARI. Sostanzialmente di colleganza: lui era un giornalista free lance che collaborava con Famiglia Cristiana ed abbiamo scritto alcuni pezzi insieme.
PRESIDENTE. Questi pezzi che avete scritto insieme quali temi hanno riguardato? Quale settore di approfondimento?
LUCIANO SCALETTARI. Le vicende di Unabomber.
PRESIDENTE. Questo di recente; io parlo del passato.
LUCIANO SCALETTARI. Prima era stato fatto un servizio sulla sanità in Toscana; inizialmente, come primo approccio, il rapporto riguardava il suo libro Traffico d'armi e le vicende giudiziarie delle procure di Venezia e di Udine legate a tale tema. Infine, vi era l'area tematica del caso Ilaria Alpi.
PRESIDENTE. Quando viene fuori il riferimento alla Somalia e all'omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin? Ed in che senso? È esatto dire che nell'ambito di questi vostri interessi sul traffico d'armi vi siete interessati della Somalia e quindi dell'omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin? Oppure questa «filiera», da me ricostruita, non funziona?
LUCIANO SCALETTARI. Il nostro interesse sul traffico d'armi è relativo ad inchieste giornalistiche che Famiglia Cristiana aveva in corso. Iniziamo ad occuparci della vicenda somala a partire dal 1998, ma non sul caso Alpi, bensì in relazione alle presunte violenze dei militari italiani in Somalia. Arriviamo presto al caso Alpi - parlo al plurale perché, come è noto, eravamo in tre a seguire tali vicende: il sottoscritto, Alberto Chiara e Barbara Carazzolo, colleghi di Famiglia Cristiana.
Arriviamo abbastanza presto al caso Alpi perché, come è noto, tra i testimoni che arrivano in Italia per testimoniare sulle presunte violenze subite vi sono anche l'autista di Ilaria Alpi e colui che è ancora in carcere in Italia...
PRESIDENTE. Questo in precedenza. Siamo nel 1997.
LUCIANO SCALETTARI. No, nel gennaio 1998: il 12 gennaio 1998..
PRESIDENTE. La mia domanda è un'altra...
LUCIANO SCALETTARI. A seguire, nel corso del 1998, arriviamo a sapere,...
PRESIDENTE. Dottor Scalettari, le ho fatto un'altra domanda: nel quadro degli interessi che hanno determinato la collaborazione professionale - non so se posso definirla così - tra lei e il dottor Grimaldi...
LUCIANO SCALETTARI. Va definita così.
PRESIDENTE. La collaborazione può essere un fatto continuativo o episodico. Non discutiamo di queste cose. Le sto chiedendo: nell'ambito di questa collaborazione, continuativa od episodica, quand'è che si realizza un compiuto interesse per la vicenda della Somalia e per la vicenda di Ilaria Alpi? Le chiedo inoltre se questo interesse, ove sia sorto, sia stato contemporaneo, rispetto alle due cose, oppure se sia stato qualcosa di diverso. Da chi è partita l'iniziativa di interessarsi della vicenda Alpi? Da lei o da Grimaldi?
LUCIANO SCALETTARI. Lo stavo dicendo: potrei collocare il momento nell'autunno del 1998, forse agli inizi del 1999, allorquando emerge che ad Udine vi è un «pezzo» d'inchiesta e delle testimonianze, per cui nasce questo contatto con Grimaldi.
PRESIDENTE. È dunque questa la ragione del contatto o quest'ultimo esisteva prima?
LUCIANO SCALETTARI. È questa la ragione del contatto.
PRESIDENTE. La ragione del contatto è dunque specifica: la Somalia, e quindi Ilaria Alpi.
LUCIANO SCALETTARI. Dall'indagine delle procure di Udine e Venezia sui traffici d'armi con la Somalia, e all'interno di questo quadro anche...
PRESIDENTE. Lei si era interessato della vicenda della Somalia e di Ilaria Alpi prima che vi fosse questa - chiamiamola così - emergenza giudiziaria?
LUCIANO SCALETTARI. Sì, dal gennaio 1998.
PRESIDENTE. Per fare cosa? Al di fuori dei rapporti con Grimaldi?
LUCIANO SCALETTARI. I pezzi che noi pubblicammo: il primo che ricordo è quello sulla vicenda delle presunte violenze, con i testimoni venuti in Italia; il secondo pezzo riguardava queste connessioni tra la vicenda delle presunte violenze ed il caso Ilaria Alpi. Vi era la coincidenza della presenza dell'autista sullo stesso aereo che viene in Italia, il verbale, il riconoscimento di Hashi Omar Hassan e tutte quelle cose che credo per la Commissione...
PRESIDENTE. Lei come aveva saputo questo?
LUCIANO SCALETTARI. Dai testimoni somali. A Milano, il 12 gennaio, presso il centro culturale di Via Solferino, si tiene questa conferenza stampa e da lì inizia questa nostra indagine.
PRESIDENTE. Non ho capito. Come apprende della presenza dell'autista?
LUCIANO SCALETTARI. Lo apprendo alla conferenza stampa...
PRESIDENTE. Lo apprende alla conferenza stampa del gennaio 1998.
LUCIANO SCALETTARI. Del 12 gennaio 1998.
PRESIDENTE. Prima che lei inizi i suoi rapporti con Grimaldi, cosa fa con riferimento
alla vicenda di Ilaria Alpi? Adesso possiamo entrare nel merito: se per lei era significativo ciò di cui è venuto a conoscenza durante la conferenza stampa, vale a dire la presenza dell'autista di Ilaria Alpi, ha svolto poi delle attività. Cosa ha fatto di preciso?
LUCIANO SCALETTARI. Oddio, cosa ho fatto di preciso, tra il gennaio e il ...
PRESIDENTE. Non ho detto questo: rispetto a questo tema, quale tipo di attività ha svolto? Ha approfondito l'investigazione? Se sì, come ha fatto? Oppure è stata una notizia che ha utilizzato giornalisticamente e che poi è rimasta lì? Oppure ancora lei l'ha utilizzata quando è venuto fuori Grimaldi?
LUCIANO SCALETTARI. No: da quel momento in poi il giornale ha messo me e i miei colleghi a lavorare su questo intreccio di vicende: il caso Ilaria Alpi, le vicende legate alla cooperazione e alla Somalia, nonché le vicende legate ai presunti traffici di armi. Abbiamo sempre portato avanti negli anni...
PRESIDENTE. Benissimo. Che cosa avete fatto? Lei colloca la conoscenza di Grimaldi agli inizi del 1999: vi è quindi un anno nel quale lei lavora senza conoscere Grimaldi. Lei lo conosceva?
LUCIANO SCALETTARI. Soltanto di nome, in ragione dei suoi libri.
PRESIDENTE. Dunque, lei non lo conosceva e non lo trattava. In questo anno, che lo separa dalla conoscenza materiale di Grimaldi, quale attività giornalistica di approfondimento svolge? Può dirci qualcosa?
LUCIANO SCALETTARI. Ci sono parecchie cose. Il tutto culmina nell'ottobre del 1998 con un viaggio in Somalia organizzato insieme ad Alberto Chiara per Famiglia Cristiana e con le troupe televisive della TV svizzera ed italiana (inoltre vi sono due fotografi).
Diciamo che siamo dunque due equipe di tre persone, per poter toccare nel più breve tempo possibile più punti: tutto il lavoro che stiamo svolgendo in quel periodo, che ha dato luogo alla pubblicazione di diversi servizi, facilmente verificabili nello specifico, culmina in questo viaggio, al ritorno dal quale pubblichiamo un ampio reportage.
PRESIDENTE. Dal momento che non ho letto queste cose - ed è meglio, perché ci si potrebbe confondere - vorrei farle una domanda.
Mi sembra di capire che dal 12 gennaio fino al viaggio in Somalia vi sono stati approfondimenti di carattere metodologico sulla vicenda e su quanto emerso fino a quel momento. Non avete tuttavia svolto attività di carattere investigativo-giornalistico sino ad ottobre?
LUCIANO SCALETTARI. Certo, abbiamo svolto anche questo.
PRESIDENTE. Bene, mi interessa tutto quello che è connesso al caso Ilaria Alpi.
LUCIANO SCALETTARI. Sicuramente, nello specifico, sono quasi certo che avevamo tentato di contattare Giancarlo Marocchino.
PRESIDENTE. Ci siete riusciti?
LUCIANO SCALETTARI. Credo di sì.
PRESIDENTE. Avete avuto notizie di un qualche interesse?
LUCIANO SCALETTARI. Sto cercando di ricostruire: noi pubblichiamo la terza intervista, o la seconda, a Giancarlo Marocchino nel giugno del 1999, quando si reca in Italia per deporre nel processo che è in corso. C'è già un'intervista nel 1998, al ritorno dal reportage. La fa Alberto Chiara a Mogadiscio: ciò significa che noi entriamo in contatto con lui e con il suo avvocato precedentemente.
PRESIDENTE. La mia domanda è la seguente: cosa avete tratto, dal punto di vista dell'utilità investigativa per voi, da questo primo passaggio? Mi riferisco al contatto di Marocchino sulla vicenda Ilaria Alpi: se ci sono altri aspetti ne parleremo successivamente.
LUCIANO SCALETTARI. Le cose rilevanti sono quelle pubblicate.
PRESIDENTE. Non le conosco; la prego di dirmele.
LUCIANO SCALETTARI. Avrei potuto portare l'insieme della documentazione, se lo avessi saputo.
PRESIDENTE. Si ricorderà cosa aveva saputo prima di conoscere Grimaldi.
LUCIANO SCALETTARI. Ricordo che Marocchino all'epoca era sotto inchiesta ad Asti. Aveva avuto già l'archiviazione per l'inchiesta - relativa al traffico d'armi - di Roma, legata all'espulsione.
PRESIDENTE. Le ha fornito notizie su Ilaria Alpi, che fossero utili per l'inchiesta?
LUCIANO SCALETTARI. Sì; era la persona che era arrivata per prima sul luogo dell'agguato. Aveva contatti con il contesto somalo...
PRESIDENTE. Vi ha dato una mano? Disponevate già del filmato?
LUCIANO SCALETTARI. Chiunque risponda a delle domande ci dà una mano.
PRESIDENTE. Conoscevate già il filmato con il quale più volte ci siamo confrontati, nel quale è ritratto Marocchino mentre soccorre il corpo della Alpi?
PRESIDENTE. Quindi, quel che Marocchino ha detto a proposito di quanto è accaduto in quella circostanza è a voi assolutamente noto, in quanto addirittura videoregistrato.
PRESIDENTE. Oltre a quanto emerso da questo documento, che costituisce la base di tutte le nostre ricostruzioni e che ogni giorno si rivela sempre più utile, quale altro contributo ha avuto da Marocchino?
LUCIANO SCALETTARI. Non ho incontrato Marocchino. Lo ha incontrato il collega Alberto Chiara.
PRESIDENTE. È dunque una cosa che non la riguarda. Vorrei sapere notizie utili per la ricostruzione dei fatti, al di là di quelle che risultavano al momento...
LUCIANO SCALETTARI. Forse vale una risposta generale: tutto quello che noi riteniamo utile lo scriviamo sui giornali.
PRESIDENTE. Ho capito. Vorrei sapere se lei ha avuto notizie particolari da Marocchino. Lei - direttamente o attraverso Alberto Chiara - ha avuto notizie particolari, utili alla ricostruzione dei fatti?
LUCIANO SCALETTARI. Nel 1998 credo di no. E comunque non io personalmente.
PRESIDENTE. Questa è una cosa. In secondo luogo, sempre prima di conoscere Grimaldi, con chi altri ha trattato la vicenda di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, dal punto di vista delle rilevazioni investigative? Marocchino sarebbe stato importante, ma chi altro e quale altra situazione nel 1998 hanno attratto la sua curiosità, o le ha fornito una ragione di approfondimento?
LUCIANO SCALETTARI. Siamo andati in tutti i luoghi nei quali si stava trattando il caso. Alla procura di Roma, abbiamo parlato con il dottor Ionta; siamo andati a
Torre Annunziata, dove vi era un'indagine in corso che aveva una parte che toccava il caso Alpi e il traffico d'armi. Abbiamo sicuramente cercato di ottenere informazioni da Asti, da Venezia, oltre che da diversi testimoni.
PRESIDENTE. Va bene, parliamo ad esempio del dottor Ionta. Quale utilità ha rivestito il suo contributo, per l'indagine che stavate compiendo?
LUCIANO SCALETTARI. Nessuno dei magistrati dice cose che non può dire per ragioni di segreto istruttorio. Per quanto ricordo, il dottor Ionta ci disse quello che poteva dire in quel momento.
LUCIANO SCALETTARI. Su questo mi avvalgo del segreto professionale.
PRESIDENTE. Ho capito. Le posso soltanto chiedere se avete svolto approfondimenti rispetto alle cose raccolte sino a quel momento.
LUCIANO SCALETTARI. Non ho capito.
PRESIDENTE. Lei si avvale del segreto professionale; tuttavia, lei ha evocato il colloquio con il dottor Ionta. Il segreto professionale riguarda esclusivamente la fonte, come lei sa. È stato lei spontaneamente e personalmente a parlare di questo rapporto, per cui il contenuto di questo colloquio lo deve dire.
LUCIANO SCALETTARI. Ha ragione: Ionta ci riferì semplicemente che aveva l'inchiesta e che ci stava lavorando. Ci ha confermato cose assolutamente note: in particolare, la scomparsa dei taccuini. A distanza di sette anni, posso non ricordare diverse cose.
Fu una chiacchierata cortese piuttosto breve, non un'intervista formale. Ciò che ricavammo dai contatti con gli ambienti giudiziari - mi spiego quindi sull'opposizione del segreto professionale - fu qualcosa di più, ma non posso ovviamente rivelarlo.
PRESIDENTE. Ed io invece devo insistere sulla mia posizione perché - se vuole troviamo la norma - lei ha autonomamente rivelato la fonte e quindi deve dire il contenuto.
LUCIANO SCALETTARI. Per quel che riguarda il colloquio con Ionta, ho riferito.
PRESIDENTE. E allora, di cos'altro parla? Lei ha detto ancora di volersi avvalere del segreto professionale.
LUCIANO SCALETTARI. Mi riferisco a ciò che abbiamo appreso - in riferimento all'inchiesta -dall'ambiente della procura di Roma, e non da Ionta.
PRESIDENTE. Perfetto. Gli ambienti non ci interessano. Il nome di chi ve lo ha detto non ci interessa; anzi, sarebbe in questo caso corretto opporre il segreto professionale. La circostanza invece ci interessa.
PRESIDENTE. Quello che lei ha saputo dagli ambienti intorno alla vicenda della quale ci stiamo interessando. Vorrei che fosse chiaro una volta per tutte: noi non possiamo chiederle chi le ha dato la notizia; possiamo chiedere - e lei ha il dovere di rispondere - che cosa ha appreso.
LUCIANO SCALETTARI. Tranne che per quelle cose che possono consentire di identificare la fonte.
PRESIDENTE. Certo. Se lei rischia l'autoincriminazione...
LUCIANO SCALETTARI. Non è questo il caso, naturalmente.
PRESIDENTE. E per quali cose, allora?
LUCIANO SCALETTARI. Per quelle che permettono di identificare la fonte.
PRESIDENTE. Esatto. Però il tema deve dirlo.
LUCIANO SCALETTARI. Il tema era quello oggetto dell'indagine: ciò che era stato fatto e non fatto nel corso dell'inchiesta allora aperta. In particolare, cercavamo di capire come si era giunti all'individuazione e all'arresto di Hashi Omar Hassan. Era il tema di attualità, dal momento che era stato arrestato il 12 gennaio. È questo il motivo per il quale ricordo precisamente la data. C'erano tutte quelle questioni che, poi, sono diventate anche oggetto di lavoro della Commissione, cioè capire la dinamica dell'agguato, le ragioni o i moventi, cercare di sapere le consapevolezze della procura riguardo...
PRESIDENTE. Per esempio, lei si è confrontato con questi ambienti sul tema molto «cavalcato» dell'uccisione di Ilaria Alpi - non di Miran Hrovatin, perché pare non interessi a nessuno - come attuazione di un'esecuzione con un colpo sparato in testa?
PRESIDENTE. E questi ambienti che cosa le hanno detto?
LUCIANO SCALETTARI. Ovviamente, corro sempre il rischio di sovrapporre cose sapute successivamente con quelle di quel momento perché, come è noto, nel frattempo ci sono state altre perizie ed altre ancora sono state effettuate in Commissione; quindi, spero di non confondermi e di isolare quei momenti e l'inizio della nostra indagine giornalistica.
PRESIDENTE. Parlo di questi pour parler che lei ebbe nel 1998.
LUCIANO SCALETTARI. Anche all'epoca mi ricordo che c'era la questione del colpo sparato a distanza o da vicino, se era di arma corta o di kalashnikov. Ricordo che alcune delle fonti con cui avevamo cercato di parlare si ponevano questi interrogativi: se il colpo fosse stato sparato da vicino avrebbe dovuto avere determinati effetti che sembra non avere avuto; viceversa, se fosse stato sparato da lontano, ci si chiedeva da quale distanza, dato che un kalashnikov ha una potenza di fuoco notevole, per cui, purtroppo, ha un effetto devastante sulla testa. Quindi, all'epoca vi erano questi interrogativi dell'ambiente giudiziario di Roma...
PRESIDENTE. C'era una problematicità sul tema.
LUCIANO SCALETTARI. Sì, senz'altro.
PRESIDENTE. Questo mi pare molto importante.
LUCIANO SCALETTARI. Su quello e su tutte le altre questioni: i giorni di Bosaso, gli spostamenti a Mogadiscio, la presunta telefonata che Ilaria Alpi ha o non ha fatto, arrivata nel suo albergo a Mogadiscio.
PRESIDENTE. Questo è tutto quello che ha saputo da Ionta o dagli ambienti romani?
LUCIANO SCALETTARI. No, io ho detto da fonti di procura.
LUCIANO SCALETTARI. Certamente non da Ionta.
PRESIDENTE. Volevo dire «paragiudiziarie» e invece lei dice «procura».
LUCIANO SCALETTARI. Per procura si intende tutto l'ambiente che lavora con il magistrato.
PRESIDENTE. Quali sono le consapevolezze che lei ha maturato attraverso il rapporto con Torre Annunziata? Con chi ha parlato, a Torre Annunziata? In questo
caso si può avvalere del segreto professionale perché non mi ha fatto il nome ma ha parlato di Torre Annunziata.
Mi parli delle circostanze che hanno arricchito le sue consapevolezze in quel periodo.
LUCIANO SCALETTARI. Ho cercato di capire quali aspetti avessero approfondito a Torre Annunziata e a partire da quali elementi. Abbiamo cercato di sapere soprattutto i nomi di tutti quei testimoni - ed erano parecchi - che avevano parlato della Somalia, chiamati, appunto, dalla procura di Torre Annunziata. Praticamente, cercavamo di trarre il maggior numero di informazioni possibili dall'inchiesta in corso.
PRESIDENTE. Ci siete riusciti?
LUCIANO SCALETTARI. Abbastanza.
PRESIDENTE. Quali sono le notizie importanti, nel mosaico che state costruendo, provenienti da Torre Annunziata?
LUCIANO SCALETTARI. Adesso, a memoria, ricordo alcuni filoni.
PRESIDENTE. Io parlo solo di Ilaria Alpi, il resto non ci interessa.
LUCIANO SCALETTARI. Ma per noi questo lavoro procedeva in maniera parallela.
PRESIDENTE. Se mi permette, questo è stato un errore metodologico.
LUCIANO SCALETTARI. Glielo permetto perché è una sua opinione.
PRESIDENTE. Sì, è una mia opinione. Noi scindiamo, perché vogliamo sapere solo di Ilaria Alpi. Quali sono state le consapevolezze e i contributi che lei ha tratto, dal punto di vista della costruzione del mosaico per individuare le caratteristiche dell'omicidio in danno di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, dal contatto con la procura o con gli ambienti giudiziari di Torre Annunziata?
LUCIANO SCALETTARI. Si tratta di tornare indietro e di specifico sul caso; francamente non lo ricordo, rischierei di confondermi.
PRESIDENTE. Di specifico niente?
LUCIANO SCALETTARI. No, non ricordo.
PRESIDENTE. Non ricorda. Di generico, invece, che cosa ricorda, diciamo come capitoli?
LUCIANO SCALETTARI. Ricordo che tutta una serie di testimonianze riguardavano gli indizi e gli elementi di traffico d'armi con la Somalia; c'erano una serie di testimonianze e di testimoni che, poi, siamo andati a rintracciare (Zaganelli, Luciano Porcari, Anghessa). Probabilmente, in quel contesto venne fuori per la prima volta anche il nome di Garelli o l'indicazione del Progetto Urano, ma non sono sicuro, non ricordo esattamente quale delle due.
PRESIDENTE. Di che altro è un pochino più sicuro? Sul traffico di armi è sicuro che raccoglieste notizie?
LUCIANO SCALETTARI. Ricordo che gli elementi di Torre Annunziata sono più sul versante del traffico d'armi che su quello dei rifiuti. Sicuramente c'era qualche accenno a traffici di scorie radioattive, ma secondo l'accezione di «materiale sensibile» e quindi di natura bellica.
PRESIDENTE. Dai contatti con gli ambienti giudiziari di Torre Annunziata su questi temi (traffico di armi, forse uranio, forse scorie, presumibilmente radioattive), quali sono stati gli elementi specifici venuti a sua conoscenza, tali da potere ricollegare l'uccisione di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin a tali traffici?
LUCIANO SCALETTARI. Da Torre Annunziata?
LUCIANO SCALETTARI. Il collegamento diretto non lo ricordo.
LUCIANO SCALETTARI. Indiretto non ha particolare valore.
PRESIDENTE. Vediamo in che senso potrebbe essere stato indiretto. Quali sono le circostanze di fatto che le fanno dire che di diretto non ha acquisito nulla ma di indiretto sì?
LUCIANO SCALETTARI. Lei mi ha chiesto diretto; e diretto direi di no.
LUCIANO SCALETTARI. Che cosa significa «indiretto»?
PRESIDENTE. Circostanze di fatto. I dati indiretti sono quelli che non mirano direttamente all'obiettivo ma che possono portare all'obiettivo - che è causale dell'uccisione di Ilaria Alpi - nel quadro del traffico di armi, di uranio e di scorie radioattive.
LUCIANO SCALETTARI. Non credo che ci siano degli elementi che conducono a ciò; e non eravamo a Torre Annunziata principalmente con questo scopo.
PRESIDENTE. Dai suoi contatti con gli ambienti giudiziari e paragiudiziari di Torre Annunziata, è emersa qualche circostanza concreta sulla vicenda dell'uccisione di Ilaria Alpi che vi ha arricchito di conoscenza?
LUCIANO SCALETTARI. Francamente non ricordo collegamenti. Forse ci sarà stato qualche passaggio dove si nominava Ilaria Alpi ma, siccome non li ricordo, immagino che non fossero particolarmente diretti. Infatti, mi pare che la trasmissione degli atti a Roma sia finita con il congiungersi al fascicolo sul traffico di armi - che era in mano al dottor Ionta - e non al fascicolo sul caso di Ilaria Alpi, il che confermerebbe i miei ricordi.
PRESIDENTE. Lei sa che sul problema del fascicolo ci sono parecchie correnti di pensiero.
LUCIANO SCALETTARI. Questo è quello che sapevamo all'epoca, nel momento in cui fu trasmesso, anche perché fu smembrato.
PRESIDENTE. Passiamo ad Asti, l'altro ambiente giudiziario che lei ha indicato tra quelli contattati nel quadro delle indagini che stavate svolgendo nel 1998, prima che conoscesse Grimaldi.
LUCIANO SCALETTARI. Ad Asti era in corso un'inchiesta che riguardava traffico internazionale dei rifiuti e sottrazione di documenti di interesse dello Stato. Tale inchiesta era in mano al dottor Tarditi, mentre il capo della procura era Sorbello, e noi cercammo di saperne di più. Venimmo a sapere le persone che erano coinvolte e quale relazione c'era con la Somalia, con i paesi e i luoghi dove si stimava e si presumeva fossero stati inviati e seppelliti carichi di rifiuti tossici.
PRESIDENTE. Ha maturato conoscenze presso gli ambienti giudiziari astigiani sulla vicenda di Ilaria Alpi?
LUCIANO SCALETTARI. Sicuramente non nel 1998, perché credo sia in epoca successiva; venimmo a sapere delle intercettazioni, che sono ormai note perché addirittura pubblicate.
PRESIDENTE. Concentriamo l'attenzione e il ricordo sul 1998. Mi rendo conto che lei sta facendo uno sforzo incredibile ma, purtroppo, è meglio prendere quello che di buono possiamo avere, dato che più passa il tempo e meno ricordiamo.
Quali sono le notizie e le consapevolezze di cui si è arricchito in merito alla vicenda dell'uccisione di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin nei suoi rapporti nel 1998 con la procura o con gli ambienti giudiziari di Asti? Non voglio sapere i nomi.
LUCIANO SCALETTARI. L'aspetto più aderente alla vicenda di Ilaria Alpi, praticamente, è il fax intercettato, che andava da Giancarlo Marocchino al suo socio Claudio Roghi.
PRESIDENTE. Lei venne a sapere di questa circostanza?
PRESIDENTE. Dunque, venne a sapere che esisteva un fax intercorso tra Giancarlo Marocchino e Claudio Roghi: all'epoca Marocchino era indagato?
LUCIANO SCALETTARI. Credo proprio di sì.
PRESIDENTE. Tale fax che cosa riguardava?
LUCIANO SCALETTARI. Era un fax in cui lui, praticamente, mandava un indice di un volume che proponeva - ricordo che stava cercando un editore - e il titolo di uno dei capitoli era «La verità sul caso Alpi» o qualcosa del genere.
PRESIDENTE. Ebbe modo di avere questo fax o, comunque, di conoscerne i contenuti?
LUCIANO SCALETTARI. Credo che riuscimmo anche ad avere il fax, però non ricordo quando (sarà stato il 1998 o il 1999).
PRESIDENTE. Che cosa diceva questo fax a proposito di Ilaria Alpi?
LUCIANO SCALETTARI. Era il titolo «La verità sul caso Alpi» e non c'era nient'altro, c'erano soltanto i titoli dei capitoli.
PRESIDENTE. Anche con riferimento allo scarico di rifiuti in Somalia, lei apprese ad Asti, nel 1998, elementi e circostanze, concrete e di fatto, capaci di collegare direttamente o indirettamente questi traffici con l'uccisione dei due giornalisti?
LUCIANO SCALETTARI. Il problema è isolare Asti rispetto al resto. In quel periodo lavoravamo con un ritmo abbastanza intenso e magari capitava di fare tre o quattro incontri nel giro di una settimana e di apprendere cose diverse: quindi, con i miei appunti probabilmente sarei in grado di essere estremamente preciso. A memoria ricordo sicuramente che emergevano come temi la strada Garoe-Bosaso e la flotta Shifco.
PRESIDENTE. Dove emergevano questi temi? In che senso emergevano? Come causali - per effetto di consapevolezze maturate da Ilaria Alpi - che ne hanno determinato la morte?
LUCIANO SCALETTARI. Questa è una domanda diversa. Lei mi chiedeva se ho trovato elementi che avessero una relazione o che potessero essere...
PRESIDENTE. La relazione è un fatto successivo.
LUCIANO SCALETTARI. La Shifco e la strada Garoe-Bosaso sono stati oggetto di interesse di Ilaria Alpi.
PRESIDENTE. Dai contatti con la procura di Asti, lei ha avuto consapevolezze intorno alla flotta Shifco e a alla strada Garoe-Bosaso?
LUCIANO SCALETTARI. Sì, sicuramente c'erano degli elementi.
PRESIDENTE. Quali sono gli elementi che lei ha appreso sulla strada Garoe-Bosaso e sulla flotta Shifco?
LUCIANO SCALETTARI. Per quel che riguarda la Shifco, credo che si parlasse di
presunto traffico d'armi; per quanto riguarda la Garoe-Bosaso, di mala cooperazione, di sperperi e di seppellimento di rifiuti.
PRESIDENTE. Da parte di chi se ne parlava? Da parte dei suoi informatori? O si trattava di cose che erano oggetto di attenzione giudiziaria ad Asti? Per noi, dire che se ne parlava è come dire che non si trattava di nulla: ciò emerse parlando con i suoi interlocutori degli ambienti giudiziari oppure no?
LUCIANO SCALETTARI. Sicuramente emerse anche dai colloqui fatti.
PRESIDENTE. Quali furono gli elementi di fatto, concreti e specifici, di cui lei venne a conoscenza ed acquisì nel viaggio ad Asti che, direttamente o indirettamente, portarono ad affermare, quanto meno a livello di impostazione investigativa, che determinate conseguenze furono l'effetto di conoscenze maturate da Ilaria Alpi sulla strada Garoe-Bosaso e sulla Shifco (rispettivamente per l'interramento di rifiuti o per il traffico di armi, il tutto nel quadro della cooperazione)?
LUCIANO SCALETTARI. Concreti e diretti no: l'indagine di Asti non verteva sul caso Alpi.
PRESIDENTE. Quindi, le conoscenze che lei ha acquisito ad Asti riguardano la Garoe-Bosaso, la Shifco e la cooperazione.
LUCIANO SCALETTARI. No, non ho detto questo.
LUCIANO SCALETTARI. Ho detto che c'era un'inchiesta che riguardava il traffico internazionale di rifiuti e sottrazione di documenti di interesse dello Stato e, nell'ambito delle indagini, avevamo raccolto anche elementi. Sicuramente si parlava della Garoe-Bosaso; ho qualche dubbio in più ma credo che ci fosse - sicuramente c'era a Torre Annunziata - ampio riferimento alla Shifco.
PRESIDENTE. Lei aveva saputo che ad Asti erano oggetto di indagine la Garoe-Bosaso e le navi Shifco? Oppure, aveva raccolto notizie che potesse esservi un interesse su questi due temi da parte dell'autorità giudiziaria astigiana?
LUCIANO SCALETTARI. Credo che nell'inchiesta di Asti ci fosse un riferimento alla Garoe-Bosaso, mentre la Shifco sia emersa soprattutto a Torre Annunziata.
PRESIDENTE. Quindi, la Garoe-Bosaso era trattata soprattutto ad Asti.
LUCIANO SCALETTARI. Veniva anche nominata ad Asti.
PRESIDENTE. Lei sa che era oggetto di investigazione da parte dell'autorità giudiziaria.
LUCIANO SCALETTARI. Sicuramente emergeva il riferimento alla Shifco dalle testimonianze di Franco Oliva e, quindi, parliamo di Torre Annunziata. Non ricordo se Oliva sia stato sentito anche ad Asti.
PRESIDENTE. Mentre ad Asti lei pensa sicuramente di avere appreso notizie sulla Garoe-Bosaso.
LUCIANO SCALETTARI. Ad Asti c'erano riferimenti alla Garoe-Bosaso.
PRESIDENTE. Che significa riferimenti alla Garoe-Bosaso? In che senso lei ha appreso l'esistenza di riferimenti e che contenuto avevano questi riferimenti?
LUCIANO SCALETTARI. Ricordo - ma sicuramente ciò è carente perché non completo - che Asti aveva delle fonti, almeno due, che riferivano di seppellimenti di rifiuti nei dintorni della Garoe-Bosaso e nell'area di Bosaso, indicando
anche in modo approssimativo - nel senso che non erano mappe dettagliate - anche delle località.
PRESIDENTE. Perfetto. Naturalmente, le sue informazioni non avevano nulla da spartire con le consapevolezze che avrebbe avuto Ilaria Alpi su questa materia (consapevolezze che avrebbero determinato la sua uccisione)?
LUCIANO SCALETTARI. Nel 1998 le consapevolezze che avevamo sulla Alpi erano quelle che....
PRESIDENTE. Mi scusi, ma lei deve rispondere alla mia domanda poi potrà rispondere alle domande successive, completando il suo pensiero. Io sto parlando di Asti, del 1998 e della Garoe-Bosaso. Mi riferisco alla sua dichiarazione secondo la quale gli ambienti le avrebbero rivelato che si stava indagando sulla Garoe-Bosaso, che poteva essere stata sede di interramento di rifiuti.
La mia domanda - gliela ripeto - è la seguente: in quel contesto, lei apprese notizie certe relativamente al fatto che Ilaria Alpi venne a conoscenza della esistenza di questi interramenti e che per questa ragione era stata uccisa?
LUCIANO SCALETTARI. Credo che avessero avuto delle risultanze da intercettazioni telefoniche. Gli interlocutori di queste intercettazioni facevano riferimento agli insabbiamenti di rifiuti lungo la Garoe-Bosaso come ragione della uccisione della Alpi.
PRESIDENTE. Intercettazioni telefoniche agli atti del processo a carico di Marocchino?
LUCIANO SCALETTARI. Intercettazioni telefoniche che probabilmente sono agli atti dell'inchiesta di Asti.
PRESIDENTE. Quindi, nel 1998 lei viene a conoscenza dei contenuti delle intercettazioni telefoniche. Benissimo! Ne facciamo quindici di processi, qui!
Sospendo brevemente la seduta e convoco l'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi.
La seduta, sospesa alle 16,30 è ripresa alle 16,45.
PRESIDENTE. Torniamo ancora sulla questione Grimaldi. Parliamo di Venezia, che però mi pare non rivesta poi tutta questa importanza.
LUCIANO SCALETTARI. No, aveva una rilevanza in relazione alle indagini sui traffici di armi in Somalia e, quindi, al trasferimento di materiale strategico.
PRESIDENTE. Comunque nulla per quel che riguarda la questione specifica di Ilaria Alpi.
LUCIANO SCALETTARI. Non direttamente sul caso Alpi. Aggiungo che i primi passi li abbiamo mossi nel corso del 1998 - giustamente, non devo dare per scontate le cose - con lunghi colloqui con Luciana e Giorgio Alpi, procedendo alla ricostruzione - non solo della memoria storica - di tutto quello che si sapeva fino a quel momento, con Mariangela Gritta Grainer, nonché con altri membri della Commissione; in quel momento, infatti, era ancora in corso la Commissione sulla mala cooperazione, che aveva un filone di indagine sul caso Alpi.
PRESIDENTE. Ma lei non era consulente di quella Commissione.
LUCIANO SCALETTARI. No, non ero consulente.
PRESIDENTE. Quindi, parlava con questi deputati a titolo personale, come giornalista.
LUCIANO SCALETTARI. Certo, come giornalista.
PRESIDENTE. La Commissione conclude i suoi lavori nel 1996. Nel 1998 non esiste più.
LUCIANO SCALETTARI. La Commissione nel 1998 non c'era più, però ovviamente esisteva il lavoro da essa svolto. Mi ero occupato del viaggio della Commissione in Somalia nel 1997. Mi sembra risalisse al 1997, forse all'inizio, quando il senatore Fiorello Provera, la stessa Mariangela Grainer ed altri si sono recati a Mogadiscio.
PRESIDENTE. Nel 1996 la Commissione ha cessato di esistere, quindi sarà stato prima.
LUCIANO SCALETTARI. Ricordo che ho scritto un pezzo sull'esito del viaggio.
PRESIDENTE. La Commissione non esisteva più, quindi non poteva essere un viaggio della Commissione, che ha concluso i suoi lavori nel 1996!
LUCIANO SCALETTARI. Guardi, almeno due volte ho incontrato il senatore Provera per vedere atti della Commissione...
PRESIDENTE. Non lo discuto, ma certamente ciò non può essere avvenuto nel 1998 e nemmeno nel 1997.
PRESIDENTE. No, perché nel 1998 la Commissione non esisteva più.
LUCIANO SCALETTARI. Sì, perché ho chiesto l'accesso agli atti della Commissione, che non erano secretati.
PRESIDENTE. L'accesso agli atti è un altro discorso.
Torniamo a Grimaldi. Lei ha appena fatto riferimento ai coniugi Alpi, come fonte di ulteriori notizie per la ricostruzione che lei stava portando avanti. Mi sembra che abbiamo esaurito il campo delle fonti dalle quali lei ha tratto informazioni. Parlo sempre del 1998, prima del contatto diretto con Grimaldi.
LUCIANO SCALETTARI. Sì, se consideriamo anche che ogni area che abbiamo nominato dava luogo poi ad un lavoro di rintraccio di testimoni e fonti ulteriori; è chiaro che ogni area racchiude una serie di altre fonti che abbiamo sentito e contattato.
PRESIDENTE. Che cosa rappresenta Grimaldi nell'inchiesta che lei stava svolgendo nel 1998? Che cosa ha comportato l'impatto con Grimaldi? È lui che si offre o è lei che si presenta?
LUCIANO SCALETTARI. Questo non lo ricordo con esattezza, però ricordo bene che chiesi a Grimaldi di ricostruire una vicenda che lui aveva seguito da giornalista, ossia l'inchiesta che si era svolta tra Venezia, Udine e Trieste riguardo al traffico di armi; tanto è vero che, se non vado errato, mi fornì anche una cosa che era ormai introvabile, cioè un libro bianco di tutti gli articoli usciti sui giornali locali e nazionali con riferimento a quella vicenda. Visto che si trovava in quel territorio e seguiva quei fatti, gli chiedemmo di darci una mano per capire che cosa fosse accaduto lì.
PRESIDENTE. Poi torniamo su questo argomento. Con Udine non avevate nulla da spartire, nel 1998?
LUCIANO SCALETTARI. Nel 1998, sicuramente sì. Udine è uno degli elementi del caso Alpi che sono rimasti quasi costantemente all'attenzione, nel senso che tra i giornalisti si sapeva che c'erano queste indagini in corso. Il contenuto esatto emergerà soltanto al processo, quando vengono depositate le carte.
PRESIDENTE. Io però vorrei conoscere i suoi contatti con Udine! Nel 1998, quali contatti aveva con Udine? Con chi aveva contatti?
LUCIANO SCALETTARI. Cercai di avere contatti con la Digos, con i tre agenti della Digos, Motta Donadio, Pitussi e Ladislao.
PRESIDENTE. Come arrivò al contatto con queste persone?
LUCIANO SCALETTARI. Credo che la prima persona a cui chiesi fosse proprio l'onorevole Mariangela Gritta Grainer.
PRESIDENTE. È stata lei ad avviarla alla questura di Udine?
LUCIANO SCALETTARI. Mi disse quello che lei sapeva, perché aveva un contatto con Udine. Mi disse di provarci.
PRESIDENTE. Le presentò qualcuno della questura di Udine?
LUCIANO SCALETTARI. No, ci andai io personalmente.
PRESIDENTE. Che notizie riuscì ad ottenere?
PRESIDENTE. Nemmeno che stavano procedendo?
LUCIANO SCALETTARI. Quello che si poteva sapere ed era noto sì, ma nulla di più.
PRESIDENTE. Attualmente lei ha rapporti con Grimaldi?
PRESIDENTE. Che tipo di rapporti avete? Sono ancora professionali?
LUCIANO SCALETTARI. L'ultima telefonata credo me l'abbia fatta questa mattina in riferimento alla vicenda di Unabomber.
PRESIDENTE. E sulla vicenda che riguarda invece la nostra Commissione?
LUCIANO SCALETTARI. Capita che magari ne parliamo esprimendo impressioni da esterni. Evitavo ovviamente di avere contatti che avessero per oggetto qualsiasi elemento inerente alla Commissione nel periodo in cui ero consulente; però, una volta uscito, senza poter ovviamente rivelare nulla del lavoro svolto in questa sede...
PRESIDENTE. E in questi ultimi colloqui - dopo che lei ha lasciato la Commissione, nel febbraio scorso -, Grimaldi le ha dato qualche altra notizia, sotto il profilo sia delle causali sia delle modalità di svolgimento del fatto?
LUCIANO SCALETTARI. Direi di no, ci si scambia al telefono opinioni e idee, ma nulla di rilevante.
PRESIDENTE. Chi le ha presentato Pitussi?
LUCIANO SCALETTARI. Mi risulta difficile ricostruirlo perché, come primo tentativo - inutile - , sono andato direttamente dalla dottoressa Motta Donadio, sfruttando quello che ritenevo fosse un vantaggio (parlo al singolare perché ci andai io personalmente): sapevo che la Motta Donadio aveva scelto di diventare agente di polizia in seguito ad una lettera che era apparsa su Famiglia Cristiana. Quindi, c'era il legame con una lettrice affezionata. Purtroppo, questo elemento non mi aiutò.
Credo che, dopo la Motta Donadio, cercai un contatto con Pitussi, mentre non incontrai mai, se non da consulente - nel senso che lo vidi -, Ladislao.
PRESIDENTE. Pitussi ha detto che fu Grimaldi a mettervi in contatto: «Grimaldi mi ha fatto conoscere Scalettari, che poi mi telefonava». È una dichiarazione di Pitussi rilasciata il 16 febbraio 2005.
LUCIANO SCALETTARI. Non lo escludo, può darsi che abbia anche chiesto a lui.
PRESIDENTE. E quando vi ha messo in contatto?
LUCIANO SCALETTARI. Sicuramente ho sentito Grimaldi la prima volta nel gennaio 1999 - lo collego ad altri fatti, quindi lo colloco in quel periodo; quindi, sarà stato nella primavera o verso l'estate; qualche mese dopo, suppongo.
PRESIDENTE. Fu lei a chiedere a Grimaldi di incontrare Pitussi?
LUCIANO SCALETTARI. Io stavo cercando il contatto con gli agenti della Digos, quindi è abbastanza verosimile che abbia chiesto a Luigi Grimaldi di mettermi in contatto con Pitussi. Non lo ricordo, ma è verosimile.
PRESIDENTE. Lei è in grado di ricordare la ragione?
LUCIANO SCALETTARI. Volevo sapere che cosa stavano facendo.
PRESIDENTE. C'è qualche elemento di maggiore specificità, per cui voleva avere un contatto con Pitussi?
LUCIANO SCALETTARI. L'interesse giornalistico in quel momento era capire che cosa stava dicendo la fonte - poi si scoprì essere più di una - di Udine. Tutte le informative di Udine traevano origine da queste fonti, quindi è chiaro che l'interesse verteva sul contenuto di queste informative.
PRESIDENTE. Quindi, era un momento nel quale la fonte era in contatto...
LUCIANO SCALETTARI. Credo di no.
PRESIDENTE. Allora quando? Prima o dopo?
LUCIANO SCALETTARI. Questo lo posso dire solo con il senno di poi, nel senso che sappiamo che le informative - che poi abbiano avuto - finiscono proprio con i primi periodi di carcerazione di Hashi Hassan, quindi all'inizio del 1998.
PRESIDENTE. Quando lei chiese di essere messo in contatto con Pitussi per la ragione che ha adesso indicato - ovvero, perché si sapeva che c'era una fonte che stava collaborando - , che cosa sapeva di questa collaborazione?
LUCIANO SCALETTARI. Si sapeva che le fonti avevano indicato le circostanze dell'omicidio e i mandanti.
PRESIDENTE. Lo avevano indicato da molto tempo? Era passato del tempo?
LUCIANO SCALETTARI. Adesso è difficile isolare la consapevolezza del 1998 da quello che successe nel 1999.
PRESIDENTE. Le faccio una domanda più precisa. Facciamo l'ipotesi che lei abbia chiesto a Grimaldi di presentarle Pitussi, dato che esisteva questo problema della fonte; ricorda se la fonte stesse collaborando o se avesse già svolto la sua collaborazione?
LUCIANO SCALETTARI. Ovviamente non sapevo nulla, se non che vi erano delle questioni che meritavano di essere conosciute. Vi erano delle informative che erano state prodotte da Udine - che non era la procura naturalmente competente - e si sapeva che avevano un canale di informazione che stava fornendo notizie, che sembravano interessanti; come giornalista che si stava occupando del caso, era chiaro che cercassi di conoscerle.
PRESIDENTE. Sa se questa fonte avesse collaborato già da tempo?
LUCIANO SCALETTARI. In quel momento non lo sapevo, mentre oggi lo so. L'ho saputo anche ben presto, perché dal 1999 si è saputo praticamente tutto quello che c'è scritto nei verbali (sono stati depositati nel processo).
PRESIDENTE. Sa a quale epoca risalisse la collaborazione con questa fonte?
LUCIANO SCALETTARI. La prima fonte compare a ridosso dell'omicidio, se ricordo bene nel maggio del 1994; poi c'è un vuoto, uno stop, durante il quale si percepisce che è cambiata la fonte e che ne entra in campo un'altra. Questa seconda fonte, invece, dà una serie di informative nel tempo abbastanza lunga e corposa, considerato che poi è arrivata a dare qualche informazione anche su Hashi Hassan. Ovviamente, all'epoca - ma non vorrei entrare in questioni che sono state oggetto del lavoro della Commissione - , si sapeva che si trattava di due fonti somale.
PRESIDENTE. Quindi, lei esclude di avere avuto rapporti con Pitussi prima, rispetto a quanto fece conoscere la prima fonte alla questura di Udine?
LUCIANO SCALETTARI. Prima della prima fonte vuol dire nel 1994, quindi assolutamente no! Ho cominciato ad occuparmi della questione Somalia e di Ilaria Alpi il 12 gennaio del 1998. Assolutamente non prima, se non - mi è venuto in mente adesso - per quel pezzo che mi hanno chiesto di scrivere (nel senso che l'ho scritto per telefono) il senatore Provera e l'onorevole Grainer sul loro viaggio in Somalia e su questo aspetto riguardante il caso Alpi.
PRESIDENTE. Grimaldi le ha mai detto di avere incontrato e intervistato questa fonte?
PRESIDENTE. Non gliel'ha mai detto? Le svelò la fonte?
LUCIANO SCALETTARI. Grimaldi mi disse che lui non sapeva nulla della fonte, che anzi avrebbe ben voluto individuarla e conoscerla; non sapeva chi fosse la fonte. Credo sapesse che le fonti erano due e che a un certo momento la prima era scomparsa.
PRESIDENTE. Lei sa che questo non è vero, perché Grimaldi invece conosceva la fonte e aveva chiesto di intervistarla.
LUCIANO SCALETTARI. Lei mi sta chiedendo quello che io conoscevo all'epoca.
PRESIDENTE. Quindi, lei all'epoca non sapeva - Grimaldi non le ha trasferito questa conoscenza - che lo stesso Grimaldi aveva avuto un contatto con una fonte, alla quale addirittura aveva fatto una intervista che non sarebbe mai peraltro andata in onda? Si tratta di una cosa assolutamente non a sua conoscenza, nel 1998?
LUCIANO SCALETTARI. Non era a mia conoscenza, né nel 1999 né nel 2000! Neanche dopo....
PRESIDENTE. Per ciò che riguarda il periodo successivo valuteremo in seguito. A maggior ragione, non le fece il nome di questa fonte...
LUCIANO SCALETTARI. Non lo conosco nemmeno oggi, il nome della fonte!
PRESIDENTE. Poiché la ragione del contatto con Pitussi era quella di conoscere ciò che aveva rivelato la fonte, al di là di chi essa fosse, nell'occasione Grimaldi cosa le disse? Grimaldi le disse niente sui contenuti che la fonte aveva riversato in atti della Digos? Oppure, fu Pitussi che le disse qualcosa del genere?
LUCIANO SCALETTARI. Ciò che ricordo è un'immagine fotografica di un incontro: è probabilmente quella l'occasione nella quale vengo condotto per la prima volta da Pitussi. Una tarda sera di pioggia, nella quale ci rechiamo dinanzi all'abitazione di una persona che è Pitussi, il quale, con estrema diffidenza, e rimanendo in macchina per pochi minuti, afferma di essere lui l'agente. Non può aggiungere altro: mi dice di lasciarlo in pace. È un contatto che non porta a nulla.
PRESIDENTE. Se vogliamo sintetizzare, Grimaldi la mette in contatto con Pitussi. La ragione del contatto sarebbe stata di sapere qualcosa di quel che diceva la fonte, la quale sosteneva di collaborare, o comunque di aver collaborato; il risultato, tuttavia, è stato zero!
PRESIDENTE. Le ribadisco la domanda: Grimaldi non le ha mai detto di aver conosciuto questa fonte e di averla addirittura intervistata, ancor prima che venisse sentita?
LUCIANO SCALETTARI. Non ho un ricordo nitido. Non credo avesse molto senso che lo chiedessimo a lui. In quel momento chi poteva avere maggiori informazioni su Udine...
LUCIANO SCALETTARI. Senz'altro la cosa più sensata era andare direttamente dall'agente. Ma comunque l'onorevole Gritta Grainer, che stava seguendo il caso, e che stava seguendo in particolar modo..
PRESIDENTE. L'onorevole Gritta Grainer non vi disse niente di questa fonte?
LUCIANO SCALETTARI. Non so collocare temporalmente tale momento. Probabilmente noi veniamo in possesso delle informative soltanto nel 1999, non prima. Probabilmente sapevamo qualcosa, ma era sicuramente inutilizzabile.
PRESIDENTE. In quell'epoca, ma sicuramente dopo, Grimaldi le riferì che era stato lui a portare questa fonte presso la Digos di Udine?
LUCIANO SCALETTARI. No, non ho mai saputo di questa circostanza. Nemmeno in seguito mi venne detto come la seconda fonte di Udine fosse arrivata lì. Qualcosa avevo saputo con riferimento alla prima, ma non ricordo bene da chi.
Vado a memoria: si trattava di una pratica burocratica da svolgere, forse di un permesso di soggiorno. Qualcuno si presenta ed inizia questa collaborazione con la prima fonte. Tuttavia, della seconda fonte non ho mai saputo come fosse arrivava ad Udine.
PRESIDENTE. Quindi, Grimaldi non ha mai saputo.
LUCIANO SCALETTARI. Non ha mai saputo.
PRESIDENTE. Lei ha mai saputo dell'intervista fatta a questa fonte da Grimaldi, come abbiamo detto, e da Maurizio Torrealta?
LUCIANO SCALETTARI. Assolutamente no; quel che sapevo è che Maurizio Torrealta si occupava quasi dall'inizio del caso Alpi, tant'è che nel 1999 pubblicherà il libro con i genitori di Ilaria Alpi e con Mariangela Gritta Grainer, e che Grimaldi aveva seguito il caso quando era collaboratore della trasmissione Chi l'ha visto?
PRESIDENTE. Non le risulta quindi che siano mai state fatte interviste, al di là se avessero come oggetto la vicenda Alpi?
LUCIANO SCALETTARI. Se lo avessi saputo, avrei insistito molto per avere un canale di accesso alla fonte.
PRESIDENTE. Conosce Maurizio Torrealta?
PRESIDENTE. Da quanto tempo lo conosce?
LUCIANO SCALETTARI. Credo dal 1998.
PRESIDENTE. Anche lui da quella data: è il periodo degli incontri!
LUCIANO SCALETTARI. Certo; in quell'anno ci dedicavamo a questa vicenda con molta intensità.
PRESIDENTE. Che tipo di rapporti ha con lui, anche di carattere professionale?
LUCIANO SCALETTARI. Spero si tratti di rapporti di stima reciproca (da parte mia di sicuro); spero anche si possa trattare di rapporti di amicizia.
PRESIDENTE. Però non le disse che aveva intervistato la fonte?
LUCIANO SCALETTARI. Certamente no, sarebbe strano il contrario. Maurizio Torrealta ci avvisava quando usciva qualcosa che aveva scritto, non prima (e viceversa): è una regola, non scritta, di comportamento fra giornalisti, quando si sta lavorando su qualcosa.
PRESIDENTE. Anche questa è una particolarità: così come Grimaldi non mandò in onda l'intervista, anche Maurizio Torrealta non mandò in onda l'intervista fatta a questa fonte. Nell'uno e nell'altro caso i temi oggetto dell'intervista non avevano uno specifico riferimento alla vicenda di Ilaria Alpi. In ogni caso, avevano qualche campo di approfondimento che avrebbe potuto in qualche modo essere utile a comprendere meglio.
LUCIANO SCALETTARI. Ci sono tante cose che anche noi non pubblichiamo, perché non abbiamo altri elementi a supporto.
PRESIDENTE. Mariangela Gritta Grainer le ha mai detto di aver incontrato questa fonte?
LUCIANO SCALETTARI. Sì, ma non ricordo quando. Probabilmente nel 1999, o forse nel 2000; seppi molto tempo dopo che vi era stato un incontro.
PRESIDENTE. La nostra consulente le disse a quando risaliva questo incontro?
LUCIANO SCALETTARI. In quel momento sicuramente; adesso non ricordo.
PRESIDENTE. Non riesce a ricostruire meglio?
PRESIDENTE. Prima di porre la prossima domanda, propongo di procedere in seduta segreta.
(Così rimane stabilito).
Dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo.
(La Commissione procede in seduta segreta).
PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo interno.
Dottor Scalettari, non so se lei ne sia a conoscenza, ma come premessa alle domande le rappresento che - fin dal primo momento in cui, da parte dell'onorevole Bulgarelli e poi da parte vostra, vi fu la richiesta di un incontro riservato con me - non mancai, da buon «infame» (come direbbero oggi in certi settori), di avvertire passo per passo l'ufficio di presidenza e di ottenere l'autorizzazione a contattarvi. Non solo, ma vorrei anche puntualizzare che in quella occasione da parte vostra si disse che quella persona proveniente da Udine non intendeva essere svelata nelle sue generalità e nella sua posizione, per cui naturalmente rassegnai all'ufficio di presidenza anche questa circostanza.
Nella primavera del 2004, lei e l'onorevole Bulgarelli - che oggi non sappiamo in quale posizione giuridica si trovi rispetto alla Commissione, dato che dichiara alla stampa di essersi autosospeso sebbene in realtà qui non sia arrivato mai nulla che accenni ad una posizione giuridica, tra l'altro inesistente, come quella che è evocata in continuità - presentaste al presidente della Commissione, cioè a me, colui che poi avrei saputo essere il sovrintendente Pitussi. Può dirmi come nasce questa
iniziativa? Chi la propone? Come viene fuori dai vostri discorsi e dibattiti?
Ovviamente, penso che lei si conoscesse con Bulgarelli fin da prima. È così?
LUCIANO SCALETTARI. No. Avevo avuto un contatto telefonico forse un anno prima, ma non lo conoscevo di persona; ci siamo conosciuti qui.
La cosa nasce dal fatto che io non avevo - e nemmeno i colleghi Carazzolo e Chiara -possibilità di raggiungere la fonte. Peraltro, sapevamo che la Digos di Udine aveva vissuto alcune traversie, per cui c'era una certa difficoltà di approccio con le istituzioni romane. Tuttavia, ritenevamo importante - vale per me e Carazzolo, che eravamo consulenti - che la fonte diventasse presto patrimonio della Commissione e che quest'ultima venisse a conoscenza diretta della fonte. Sapevamo che l'unico modo era la Digos di Udine - o, meglio, ritenevamo, visto che la Commissione presumo ci sia arrivata comunque, se la persona è la fonte -, quindi abbiamo ritenuto di trovare una modalità perché quanto prima questa fonte fosse...
PRESIDENTE. Quale sistema avevate ideato? Da chi è venuta questa idea?
LUCIANO SCALETTARI. Credo da me e Carazzolo.
PRESIDENTE. Non da Bulgarelli?
LUCIANO SCALETTARI. No, ho chiesto io a Bulgarelli - come l'ho chiesto a lei, presidente - di fare questo incontro.
PRESIDENTE. Quale sarebbe stato il meccanismo?
LUCIANO SCALETTARI. Favorire questo incontro semplicemente per dare l'idea all'agente Pitussi di una buona disposizione della Commissione e di un interesse ad acquisire le consapevolezze della fonte per arrivare a qualche elemento di verità in più sul caso.
PRESIDENTE. Che cosa avrebbe dovuto fare Pitussi?
LUCIANO SCALETTARI. Quello che, se ricorda, dicevamo in quell'incontro, cioè che ci portasse in qualche modo alla fonte. In quell'occasione, a tavola, si discuteva sul fatto che, inizialmente, come metodo di lavoro, forse poteva essere utile che la fonte rimanesse riservata e coperta, fatto salvo che, prima o poi, sarebbe anche comparsa davanti alla Commissione.
PRESIDENTE. Ricorda se si parlò anche della possibilità di farlo nominare consulente della Commissione?
LUCIANO SCALETTARI. No. Io certamente non lo dissi. Ricordo che lei, presidente, disse che avrebbe valutato l'ipotesi che lui stesse a Roma come elemento di collegamento con gli altri due della Digos, i quali, comunque, andavano informati dell'iniziativa.
PRESIDENTE. Però, quando ci siamo incontrati, lei aveva già conosciuto la fonte.
LUCIANO SCALETTARI. Nel novembre 2003.
PRESIDENTE. Lei aveva detto all'onorevole Bulgarelli di aver già incontrato la fonte?
LUCIANO SCALETTARI. Non lo ricordo.
PRESIDENTE. Parliamo duella fonte per la quale si fece l'incontro con Pitussi perché quest'ultimo si facesse portatore della fonte stessa in Commissione. Lei l'aveva già contattata, ci aveva già parlato; ha fatto il consulente della Commissione per un anno e non ci ha mai riferito niente!
LUCIANO SCALETTARI. No, per un anno direi proprio di no.
PRESIDENTE. Sì, da febbraio 2004 a febbraio 2005.
LUCIANO SCALETTARI. Scusi, ma io divento consulente nel marzo 2004.
PRESIDENTE. Va bene, ho sbagliato di un mese.
LUCIANO SCALETTARI. No, di un anno; e nell'aprile del 2004 facciamo l'incontro.
PRESIDENTE. No, lei ha capito bene, sto dicendo un'altra cosa. Sto dicendo che lei è stato consulente della Commissione per un anno: in un anno lei non si è preoccupato di far conoscere alla Commissione - che cercava disperatamente la fonte - e che lei l'aveva già incontrata! Per la verità, in questo non è solo ma in buona compagnia.
Tuttavia, nella lettera di dimissioni lei fa questa puntualizzazione: «Non possiamo non rilevare che il nostro intervento, che dette luogo all'incontro riservato tra il presidente, l'onorevole Bulgarelli, Scalettari e Pitussi, come risulta agli atti...
CARMEN MOTTA. Siamo in seduta pubblica o segreta?
PRESIDENTE. Siamo in seduta pubblica, l'ha voluta lei.
PRESIDENTE. ...era stato proposto e realizzato precisamente allo scopo di ottenere l'immediato contatto con la seconda fonte somala, che Pitussi si era impegnato a ricontattare. Per cui, rifiutando la proposta di collaborazione da parte di Pitussi, questa Commissione avrebbe inutilmente reso più complessa e assai tardiva l'identificazione della fonte», di cui ancora una volta non viene formalizzata la vostra pregressa conoscenza.
Noi siamo riusciti - spendendo soldi dello Stato, dei cittadini e con un dispendio di attività incredibile - ad individuare la fonte, pur avendo a disposizione i consulenti in Commissione, uno dei quali, ma non è il solo, aveva incontrato la fonte.
Allora, una volta caduta la possibilità che Pitussi potesse essere utilizzato (capisco perfettamente che avere come tramite Pitussi significa risolvere il problema ed oggettivamente mettersi a posto con la coscienza) e non essendovi stato il contatto con la Commissione per le ragioni che tutti conosciamo - che si sarebbero concluse con la trasmissione degli atti alla procura della Repubblica a causa delle irregolarità, per usare un linguaggio felpato, verificatesi a Udine -, perché lei, che non è più un giornalista ma un consulente ed un pubblico ufficiale della Commissione, non si è fatto carico e non ha sentito l'esigenza di dire alla Commissione che aveva incontrato la fonte?
LUCIANO SCALETTARI. Per una serie di motivi molto semplici: non potevo esibire un contatto diretto, non avevo un modo per raggiungerla, non avevo un nome vero, non avevo un numero di telefono, non avevo alcuna possibilità, se non cercare di ripassare attraverso uno dei canali possibili che potessero arrivare alla fonte. Il canale possibile che in quel momento avevamo ritenuto il più percorribile era l'agente Pitussi.
PRESIDENTE. Però, se lei avesse detto alla Commissione che l'incontro si era verificato nel novembre del 2003, in quella tale località, con quelle determinate persone e via dicendo, probabilmente avremmo avuto una pista investigativa di un certo interesse: questa non è nemmeno una contestazione, perché le contestazioni non servono a niente, bensì una presa d'atto che da parte sua c'è stata una posizione che adesso abbiamo «incartato».
LUCIANO SCALETTARI. È capitato anche in un'altra occasione che noi accennassimo ad una pista che stavamo seguendo, che non è maturata e che non abbiamo messo a disposizione della Commissione.
PRESIDENTE. Non è vero che non è maturata; poi è maturata.
LUCIANO SCALETTARI. Per noi non è maturata.
PRESIDENTE. È maturata, eccome! Certamente per voi non è maturata, perché è stata maturata da altri.
LUCIANO SCALETTARI. Questo non lo so e non mi interessa. Per noi non è maturata perché c'erano dei motivi per non farla maturare.
PRESIDENTE. Ci arriviamo subito.
LUCIANO SCALETTARI. Quindi, dove non potevamo fornire - parlo in generale ma anche nello specifico di questi casi - indicazioni...
PRESIDENTE. Ma lei pensa che da pubblico ufficiale si sia comportato come la legge prescrive, nel non rivelare alla Commissione che lei aveva incontrato la fonte e il contesto nel quale l'aveva incontrata, posto che questa indicazione avrebbe consentito di potervi giungere più agevolmente?
LUCIANO SCALETTARI. Io credo di essermi comportato, da uomo, come persona corretta.
PRESIDENTE. Gliel'ho chiesto da pubblico ufficiale, non da uomo.
LUCIANO SCALETTARI. Prima del pubblico ufficiale c'è l'uomo, ed io ho garantito il segreto a questa persona.
PRESIDENTE. No, in questo caso c'è prima il pubblico ufficiale.
LUCIANO SCALETTARI. La mia deontologia mi imponeva di rispettare quel segreto: io non so quale sia la sua deontologia...
PRESIDENTE. Innanzitutto, lei sia sereno e tranquillo, poi non si permetta di fare certe osservazioni.
PRESIDENTE. Le sto dicendo che lei non è qui come giornalista, quindi la sua deontologia di giornalista la fa valere quando svolge tale professione. Quando fa parte di una Commissione come consulente e pubblico ufficiale, tutto il resto va a spartirsi per altri lidi.
Comunque, ormai, la cosa è fatta: grazie a Dio, il Padreterno ci ha messo una mano e siamo riusciti ad arrivare ugualmente al risultato che avremmo potuto raggiungere con due battute, senza perdere un anno!
LUCIANO SCALETTARI. Il risultato si sarebbe raggiunto se avessimo tentato di proseguire sulla strada che avevo proposto.
PRESIDENTE. Con Pitussi e con la Digos di Udine, che è incriminata per gli atti che ha compiuto?
LUCIANO SCALETTARI. Lo scopo era di raggiungere l'operato della fonte.
PRESIDENTE. Ma in questi casi e nelle inchieste giudiziarie nelle quali si devono osservare le leggi, il fine non giustifica i mezzi.
LUCIANO SCALETTARI. Le leggi le ho sempre rispettate.
PRESIDENTE. Noi la legge la rispettiamo, ma lei, opponendo il segreto professionale quando non lo può opporre, certamente non rispetta la legge e risponderà per le decisioni che ha assunto liberamente; l'importante è che noi facciamo il nostro dovere.
Veniamo alla missione in Somalia. Può dirci quando è andato in Somalia?
LUCIANO SCALETTARI. In quale occasione?
PRESIDENTE. Ultimamente. Quando vi è stato?
LUCIANO SCALETTARI. Il 28 luglio, e rientro dal primo viaggio il 9 agosto; sono ripartito il 30 agosto e sono rientrato il 7 settembre.
PRESIDENTE. A chi è venuta l'idea di questa trasferta? Com'è nata l'iniziativa?
LUCIANO SCALETTARI. È maturata nel tempo, nel senso che con Francesco Cavalli si parlava di un viaggio in Somalia già in occasione del decennale della morte di Ilaria e Miran. Avevamo fatto qualche tentativo per vedere se ciò fosse realizzabile, ma non lo era in quel momento; abbiamo ricominciato a lavorarci nella primavera di quest'anno...
PRESIDENTE. Non le faccio domande sulla preparazione del viaggio e via dicendo, perché i suoi colleghi ci hanno già detto tutto quanto, quindi non abbiamo ragione di approfondire.
Chi ha pagato il viaggio e le spese a tutti coloro che hanno fatto parte della missione?
LUCIANO SCALETTARI. Dipende; Famiglia Cristiana ha pagato il proprio giornalista e ci siamo divisi alcune spese con la troupe televisiva.
PRESIDENTE. E per quanto riguarda le attrezzature?
LUCIANO SCALETTARI. Per le attrezzature abbiamo diviso alcuni costi.
PRESIDENTE. Chi ha pagato il cameraman?
LUCIANO SCALETTARI. Il cameraman era a carico di Bottega Video, cioè di chi, poi, ha realizzato il filmato.
PRESIDENTE. Cos'è Bottega Video?
LUCIANO SCALETTARI. Chi ha realizzato i filmati, la società che mandava Francesco Cavalli.
PRESIDENTE. Quindi, c'era già un accordo in questo senso?
LUCIANO SCALETTARI. In che senso?
PRESIDENTE. Bottega Video è di Cavalli?
PRESIDENTE. Ma Cavalli non era il presidente...
LUCIANO SCALETTARI. Bottega Video fa parte di quella serie di realtà che a Riccione sono intorno...
PRESIDENTE. Non è il presidente del premio «Ilaria Alpi»?
LUCIANO SCALETTARI. È il fondatore.
PRESIDENTE. Ed ha Bottega Video. Che cos'è Bottega Video?
LUCIANO SCALETTARI. La casa di produzione.
PRESIDENTE. Avevate già dei contatti e delle intese con emittenti televisive, pubbliche o private, locali o nazionali? Le risulta o non le risulta? Perché, appena siete arrivati, il filmato è andato in onda.
LUCIANO SCALETTARI. Penso che prima di partire avessero preso dei contatti perché di solito si fa così.
PRESIDENTE. Sapeva che sarebbe stato Torrealta con la sua Rai News a mandare in onda il servizio?
LUCIANO SCALETTARI. Per quel che sapevo, c'erano stati dei contatti con due o tre emittenti. Ovviamente, in quel momento erano un po' a scatola chiusa, nel senso che non si sapeva che cosa avremmo
trovato e come sarebbe andato il viaggio. Quindi, fino al ritorno credo che non ci fosse alcun accordo specifico.
PRESIDENTE. Lei sa a quanto è stato venduto il servizio a Rai News?
LUCIANO SCALETTARI. Non lo so.
PRESIDENTE. Le faccio tre o quattro domande precise. Prima domanda: voi disponevate di un rilevatore, che si chiama...
LUCIANO SCALETTARI. Magnetometro.
PRESIDENTE. No, mi riferisco ad un contatore Geiger. Lo avevate quando siete andati in Somalia, non so se la prima o la seconda volta.
LUCIANO SCALETTARI. Il contatore Geiger entrambe le volte.
PRESIDENTE. Avete utilizzato il contatore Geiger?
LUCIANO SCALETTARI. In alcune circostanze, sì.
PRESIDENTE. A cosa serve il contatore Geiger?
LUCIANO SCALETTARI. A rilevare presenza radioattiva. O meglio, il nostro strumento rilevava l'impatto sulla persona delle radiazioni eventualmente emesse dall'ambiente.
PRESIDENTE. Perfetto. Avete fatto rilevazioni relative alla presenza di rifiuti radioattivi?
LUCIANO SCALETTARI. Laddove facevamo dei rilevamenti di solito guardavamo anche se c'erano risposte da parte del rilevatore.
PRESIDENTE. La risposta è stata negativa o positiva?
LUCIANO SCALETTARI. Non c'è mai stata, in quei casi, alcuna risposta positiva.
PRESIDENTE. Avete fatto questo sia la prima che la seconda volta? Sia a luglio che ad agosto?
LUCIANO SCALETTARI. È una cosa che si fa, pur sapendo che è abbastanza improbabile che dia una risposta, perché basta che gli eventuali contenitori siano piombati...
PRESIDENTE. Dunque, allo stato degli atti, lei non ha trovato alcuna risposta positiva (come del resto hanno detto i suoi compagni di viaggio).
CARMEN MOTTA. Presidente, vorrei fare una domanda.
CARMEN MOTTA. Il dottor Scalettari ha appena detto che lo strumento non rileva la sostanza radioattiva se i bidoni sono piombati; che significa?
LUCIANO SCALETTARI. Anche se ci avessero portato in un punto, indicandoci in quel luogo la presenza di sostanze radioattive, e avessimo effettuato le misurazioni, non necessariamente avremmo avuto una risposta positiva, perché è sufficiente il piombo per impedirla. Si sperava di trovare qualcosa e di avere comunque una risposta, magari perché non erano contenuti bene...
CARMEN MOTTA. Cioè sperando che i rifiuti non fossero stati compattati.
LUCIANO SCALETTARI. Perché il piombo isola, essendo sottoterra.
PRESIDENTE. Il professor Marchetti, che abbiamo ascoltato, ci ha spiegato come funziona questo contatore.
LUCIANO SCALETTARI. No, vi avrà spiegato del magnetometro.
PRESIDENTE. Ci ha spiegato il funzionamento di tutti e due gli strumenti, invece. La cogliamo in fallo! Ci ha dato conto - come del resto i suoi colleghi di viaggio - che da questo punto di vista il risultato è stato, al di là delle causali, negativo.
È vero o no che con il magnetometro avete effettuato accertamenti al chilometro 37,700, partendo da Garoe, e al chilometro 37,700, partendo da Bosaso, per accertare se sotto la strada Garoe-Bosaso fossero interrati contenitori o comunque rifiuti di qualsiasi genere, sulla base di indicazioni provenienti da una informazione?
LUCIANO SCALETTARI. L'informazione era stata pubblicata su L'Espresso. Non era riservata.
PRESIDENTE. Sì, ma era riservata la fonte.
LUCIANO SCALETTARI. De L'Espresso.
LUCIANO SCALETTARI. Sull'asfalto della strada non abbiamo fatto mai rilevazioni...
PRESIDENTE. Al chilometro 37,700 le avete fatte, sì o no?
LUCIANO SCALETTARI. Se mi fa spiegare, glielo lo dico. Sulla strada non aveva senso farle, perché non sapevamo se in quel punto della strada ci fosse o meno del cemento armato (avremmo potuto ottenere una risposta sulla presenza metallica e ferromagnetica). Quindi, non le facevamo. Né abbiamo fatto trapanazioni, come è stato dichiarato...
PRESIDENTE. La trapanazione ci è stato indicata da una persona che abbiamo ascoltato.
LUCIANO SCALETTARI. Guardi, di trapanazioni non ne abbiamo fatte, mai!
PRESIDENTE. Le ho fatto una domanda precisa: avete utilizzato il magnetometro al chilometro 37,700 da Garoe e al chilometro 37,700 da Bosaso, sul nastro stradale?
LUCIANO SCALETTARI. Sul nastro stradale no, l'abbiamo utilizzato a destra della strada, partendo da Bosaso, dove si vedevano i resti di un vecchio campo italiano.
LUCIANO SCALETTARI. Ma lei non mi fa spiegare...
PRESIDENTE. Le ho fatto una domanda! Vorrei che rispondesse! Al chilometro 37,700...
LUCIANO SCALETTARI. E io le sto rispondendo!
PRESIDENTE. Prima deve rispondere e poi spiegare. Al chilometro 37,700, da Garoe, e al 37,700, da Bosaso, con il magnetometro, avete fatto rilevazioni? E qual è stato il risultato?
LUCIANO SCALETTARI. Abbiamo fatto dei rilevamenti...
PRESIDENTE. E quali sono stati i risultati?
LUCIANO SCALETTARI. Per quanto riguarda il lato di Bosaso, li abbiamo fatti solo da una parte, perché dall'altra parte c'era il villaggio, e abbiamo avuto risultati negativi (sulla base del parziale della macchina e delle pietre miliari).
PRESIDENTE. E dall'altro lato?
LUCIANO SCALETTARI. Dall'altra parte, dove la misurazione poteva essere meno precisa, a causa dell'assenza delle pietre miliari, li abbiamo fatti da tutti e due i lati, e l'esito è stato negativo.
PRESIDENTE. Dove altro avete effettuato - in quali località, se è in grado di riferirlo - le rilevazioni con il magnetometro? Ci sono stati risultati diversi rispetto a quelli avuti nei luoghi fino a questo momento indicati?
LUCIANO SCALETTARI. Abbiamo fatto otto rilevazioni, per le quali, se la Commissione richiede di essere interessata, posso fornire i punti GPS.
PRESIDENTE. Già ce li hanno confermati.
LUCIANO SCALETTARI. Le abbiamo indicate con dei nomi convenzionali. I punti GPS riguardano anche il primo viaggio, ma veniamo alla questione delle rilevazioni, che rappresentano l'oggetto della sua domanda. Abbiamo fatto un'altra rilevazione, sempre dal lato di Garoe, che ha dato un esito positivo (parlo di rilevazioni del magnetometro) e abbiamo fatto due rilevazioni in altrettanti ex frantoi: in uno dei due casi c'è stato un esito positivo anche di un certo rilievo (parlo di anomalia magnetica).
Infine, abbiamo fatto rilevazioni in due uadi, che dal punto di vista giornalistico sono di maggiore interesse, in quanto sono i punti relativi alle testimonianze dei due camionisti di cui parlo nell'articolo: in uno dei due abbiamo riscontrato un esito positivo di un certo rilievo.
PRESIDENTE. Cosa significa «esito positivo»? Noi siamo più bravi di lei, perché il professor Marchetti ci ha detto tutto. Sa cosa ci ha detto il professor Marchetti a proposito della zona dei frantoi? Che la rilevazione, la quale ha dato esito positivo - senza che questo significhi nulla, per carità! - , può essere in collegamento con la pregressa esistenza dei frantoi.
Comunque, al di là di questo, che cosa intende per positività?
LUCIANO SCALETTARI. Si tratta di una variazione, che credo il dottor Marchetti chiami «anomalia magnetica», in più o in meno rispetto al livello naturale del magnetismo di quella zona.
PRESIDENTE. Per usare un linguaggio semplice? La gente ci sta ad ascoltare e vuole capire.
LUCIANO SCALETTARI. Presenza di materiale ferromagnetico.
PRESIDENTE. Cosa significa dal punto di vista della identificazione della qualità del giacimento rilevato?
LUCIANO SCALETTARI. Non ho capito la domanda.
PRESIDENTE. Mi riferisco alla rilevazione fatta dal magnetometro.
LUCIANO SCALETTARI. Significa che c'è del metallo.
PRESIDENTE. Dal punto di vista della qualità del materiale, può dire solo che si tratta di metallo?
PRESIDENTE. Avete fatto accertamenti, per capire? Il professor Marchetti ci ha detto che sarebbe bastato usare una pala.
LUCIANO SCALETTARI. No, una pala no!
PRESIDENTE. Lo ha detto il professor Marchetti, non io. Ha detto che per almeno due di quei posti sarebbe bastata una pala per capire se la segnalazione avesse una consistenza utile alle indagini che stavate compiendo! Sulla base di quella rilevazione, in quei luoghi può essere affermata l'esistenza di rifiuti tossici nocivi o di quant'altro?
LUCIANO SCALETTARI. Noi andiamo in quel punto perché ci viene indicato da due testimoni...
PRESIDENTE. Adesso lasci stare la prova specifica.
LUCIANO SCALETTARI. Se fosse mancata la testimonianza, non saremmo andati lì!
PRESIDENTE. Della testimonianza parleremo dopo.
LUCIANO SCALETTARI. Senza la testimonianza non saremmo andati in quel punto...
PRESIDENTE. La mia domanda è un'altra.
LUCIANO SCALETTARI. Potremmo dire che c'è del metallo.
PRESIDENTE. Il che non ha nulla da spartire con i rifiuti! Può darsi, ma non è detto...
LUCIANO SCALETTARI. Certo, può darsi, ma non è detto, bisogna andare a scavare.
PRESIDENTE. E perché non avete scavato?
LUCIANO SCALETTARI. Perché non potevamo.
PRESIDENTE. Ma come! Con i soldi che avete speso! Siete andati a fare una trasferta di quel genere e non avete scavato? Il professor Marchetti, che ne sa molto più di me, ha detto che sarebbe bastata una pala!
LUCIANO SCALETTARI. Guardi, lei via stampa ci ha già dato degli impostori, però, in questa sede, vorrei essere messo nelle condizioni di parlare...
PRESIDENTE. Le posso leggere la dichiarazione del professor Marchetti?
LUCIANO SCALETTARI. Guardi, il dottor Marchetti...
PRESIDENTE. Vi ha preparato lui la missione!
LUCIANO SCALETTARI. Ci ha detto come operare e gli abbiamo dato i risultati per l'interpretazione: figuriamoci se temo quello che ha detto il dottor Marchetti, qui!
PRESIDENTE. Ci spieghi, comunque.
LUCIANO SCALETTARI. Quello era il greto di un uadi (se parliamo di quella che è per noi la rilevazione più importante, perché collegata ad una testimonianza); in quel caso occorreva perlomeno uno scavatore, una ruspa. Consideri anche che eravamo a 45-50 gradi, in una zona caldissima, e che ci muovevamo in una situazione comunque delicata: ci muovevamo con una scorta armata e con una serie di...
PRESIDENTE. Per capire, bisogna farlo.
LUCIANO SCALETTARI. So che alla Commissione d'inchiesta sui rifiuti il rappresentante del Governo somalo ha dato tutta la disponibilità perché si possa scavare in quel punto. Credo che liquidare la questione con un'espressione del tipo «basta scavare» sia irridente...
PRESIDENTE. Che altro bisogna fare, secondo lei, oltre a scavare?
LUCIANO SCALETTARI. Che bastasse usare una pala, credo che sia...
PRESIDENTE. Questo l'ha detto il dottor Marchetti!
LUCIANO SCALETTARI. Probabilmente sarà solo un'espressione...
PRESIDENTE. Marchetti dice che il terreno era friabile, facile da scavare, che bastava una pala o un piccolo escavatore e che non sarebbe costato molto.
LUCIANO SCALETTARI. Forse il problema era più che altro come arrivare lì, perché sono diverse migliaia di chilometri di distanza.
PRESIDENTE. Adesso le leggo quattro dichiarazioni, che sono state rese in Commissione rifiuti. Si tratta di persone che voi avete contattato. Ali Samantar (interprete), dal 16 al 20 marzo: «Erano due ragazzi giovani, felici, che volevano vedere forse la Somalia; nel lungo giro al mercato di Bosaso, Ilaria faceva domande - per suo tramite - ai commercianti, e indicava le varie tappe a 60 chilometri e poi a 100 chilometri da Bosaso». Mohamed Nur Sahid (guardia del corpo), dal 16 al 20 marzo: «Mi ricordo che ad un certo punto sono scesi dalla macchina e hanno ripreso delle piante sul ciglio della strada; hanno intervistato il capitano del porto e King Kong ed hanno fatto una tappa a Ufein, con un italiano». Said Nur Aden (autista), dal 16 al 20 marzo: «Era impegnata a scrivere e riordinare i suoi appunti; usciva più spesso il cameraman». Poi c'è Mukhtar Abukar (interprete e coordinatore del personale somalo di Africa 70), contattato solo da lei con una telefonate registrata, che è andato a prendere i due giornalisti all'aeroporto con un italiano, forse Casamenti.
Sono dichiarazioni da lei rilasciate a proposito di quello che le è stato detto dalle persone che ho indicato.
LUCIANO SCALETTARI. Sono estrapolate. Sono stralci della sbobinatura, non cose che ho indicato io...
PRESIDENTE. A parte Mukhtar Abukar, che lei ha sentito soltanto telefonicamente, le altre persone - Ali Samantar, Mohamed Nur Said, Said Nur Aden - le ha incontrate personalmente, in questo viaggio?
LUCIANO SCALETTARI. Tutti noi lo abbiamo fatto. Mi riferisco ai quattro partecipanti al viaggio...
PRESIDENTE. Le ho letto quelle le parti della sua deposizione che ci interessano in questa sede, con riferimento alle dichiarazioni fatte da queste persone; deve aggiungere altro a queste dichiarazioni?
LUCIANO SCALETTARI. Ho prodotto alla Commissione sui rifiuti l'intera sbobinatura.
PRESIDENTE. Lei conosce perfettamente la ragione della mia domanda.
LUCIANO SCALETTARI. No, non l'ho capita.
PRESIDENTE. Allora gliela dico subito. A proposito di ciò che avvenne nella notte tra il 14 e il 15 marzo del 1994, nella zona dove si trovavano Ilaria Alpi e Miran Hrovatin - elemento in ordine al quale ci interessa capire se ci sia qualcosa che sfugge alle consapevolezze della Commissione -, le persone che hanno rilasciato queste ed altre dichiarazioni - sulle quali poi torneremo - le hanno fornito elementi, dati precisi, con i quali poter operare una ricostruzione?
LUCIANO SCALETTARI. Come ho cercato anche di raccontare nel pezzo uscito su Famiglia Cristiana, proprio in quei due giorni - almeno per le nostre consapevolezze (non so per quelle della Commissione) - c'è un buco.
PRESIDENTE. Lei risponda alle mie domande! Noi abbiamo la presunzione di ritenere di aver ricostruito tutti gli altri passaggi riguardanti la permanenza di Ilaria Alpi fuori da Mogadiscio; non abbiamo bisogno di rimettere in pista argomenti che abbiamo digerito e già ampiamente metabolizzato.
Le chiedo se, con riferimento alla notte tra il 14 e il 15 marzo, questi signori - o chiunque altro - le abbiano consegnato consapevolezze, fatte di dati ed elementi, attraverso le quali poter ricostruire quello che può essere successo, laddove sia successo, tra il 14 e il 15 marzo ai due giornalisti uccisi.
LUCIANO SCALETTARI. Queste sono estrapolazioni molto parziali. Ali Samantar non ha a che fare con i due giornalisti il 14 e il 15 marzo; Mohamed Nur Said colloca l'intervista a King Kong in quella data - c'è nella sbobinatura completa - e poi, a seguito di ulteriori domande, ricorda e chiarisce che sta procedendo per logica, per buon senso (perché l'abitazione era lì e quindi ci passavano davanti), e non era sicuro di questo!
LUCIANO SCALETTARI. Ma allora mi dica cosa vuole che le risponda! Vuole che risponda con un sì o con un no? Allora, mi faccia una domanda a cui io possa rispondere «sì» o «no»!
PRESIDENTE. Prima mi risponde «sì» o «no» e poi mi spiega! La domanda è questa: lei può fornire alla Commissione elementi...
LUCIANO SCALETTARI. Ho pubblicato un pezzo...
PRESIDENTE. Mi faccia finire. Non mi interessa! I suoi pezzi non li leggo!
LUCIANO SCALETTARI. Mi dispiace!
PRESIDENTE. Non sta scritto da nessuna parte che un presidente di Commissione debba leggere i suoi pezzi! Lei deve riferire alla Commissione!
LUCIANO SCALETTARI. Se mi chiamano...
PRESIDENTE. La domanda è questa...
LUCIANO SCALETTARI. Lei non ha letto i pezzi, ma alla stampa dice che siamo degli impositori!
PRESIDENTE. Lei se la veda con la stampa! Faccia le sue querele, faccia tutto quello che crede!
LUCIANO SCALETTARI. Senza aver letto il pezzo!
PRESIDENTE. Leggo ben altro, non i pezzi dei giornalisti! Leggo ben altro, che qualche volta può essere più fondato di quel che scrivete voi da 11 anni!
A me interessa sapere se lei è a conoscenza di circostanze, fatti precisi, concreti, tali da consentire alla Commissione di ricostruire i movimenti di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin nella località dove si trovavano, nella notte tra il 14 e il 15 marzo,
LUCIANO SCALETTARI. Credo che da queste testimonianze emerga che era certamente a Gardo...
PRESIDENTE. Da queste testimonianze risulta questo, ma le chiedo se lei sia a conoscenza di circostanze o fatti. Che facciamo, non ci capiamo adesso?
LUCIANO SCALETTARI. Ho cercato di fare un lavoro di ricostruzione...
PRESIDENTE. Ma io le sto chiedendo altro! Noi non lavoriamo con le informazioni giornalistiche, ma con gli elementi di prova, che è cosa ben diversa! Capisco che siamo ad un livello difficile da comprendere per un giornalista...
LUCIANO SCALETTARI. No, guardi, non credo!
PRESIDENTE. Mi dica le circostanze concrete e precise, in virtù delle quali la Commissione sia in grado di poter ricostruire i movimenti di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin nella notte tra il 14 e il 15 marzo.
LUCIANO SCALETTARI. Provo a rispondere di nuovo.
PRESIDENTE. Mi scusi, lei li ha o no?
PRESIDENTE. Gli elementi concreti e precisi di prova. È in grado di poter dire cosa è successo nella notte tra il 14 ed il 15?
LUCIANO SCALETTARI. Sono in grado di dire che non ero a Bosaso; ero a Gardo.
PRESIDENTE. Cos'altro ha da aggiungere?
LUCIANO SCALETTARI. Niente. In termini di certezza, nulla.
PRESIDENTE. Nella notte tra il 15 ed il 16?
LUCIANO SCALETTARI. Sicuramente ero a Gardo.
PRESIDENTE. Nella notte tra il 14 ed il 15?
LUCIANO SCALETTARI. Credo vi siano elementi che valeva la pena di approfondire sulle presenze..
PRESIDENTE. Sicuramente. A Gardo lei ci sta tra il 15 ed il 16; abbiamo appreso che tra il 14 e il 15 vi era una grande ressa, in termini di interesse, per le novità relative a quanto accaduto in quella notte: ho il dovere istituzionale di chiederle se lei è in grado di indicarci questi elementi di novità.
LUCIANO SCALETTARI. L'elemento di novità che riteniamo interessante è che due persone dicono che sono andate a prenderli all'aeroporto il 14; il fatto che l'intervista al sultano venga fatta come prima cosa, fa presupporre che fosse ancora a Bosaso.
PRESIDENTE. Cosa significa presupporre? Siete andati a prendere all'aeroporto due persone. Allora?
LUCIANO SCALETTARI. Due somali di Africa 70.
PRESIDENTE. Cosa ha caratterizzato in maniera così inquietante tale giornata, da scrivere...
LUCIANO SCALETTARI. Sfortunatamente, non ho parlato con due persone che sono state in grado di spiegarmi dal primo all'ultimo minuto...
PRESIDENTE. Va bene, prendiamo atto che non lo sapete.
LUCIANO SCALETTARI. Stiamo cercando, come abbiamo sempre fatto, di dare un contributo, portando dei testimoni...
PRESIDENTE. Non è un contributo, questo! È un contributo di confusione.
LUCIANO SCALETTARI. Questa è una sua opinione, spero non condivisa dagli altri componenti della Commissione.
PRESIDENTE. I componenti della Commissione le faranno le domande successivamente. Noi abbiamo accertato che tra il 15 ed il 16 lei era a Gardo. Lei sostiene che era lì tra il 14 ed il 15: preso atto che si tratta del 15 e del 16, lei dice che si tratta del 15 e del 16!
LUCIANO SCALETTARI. Lei sta usando soltanto una tecnica da avvocato per confondere le cose.
PRESIDENTE. Lei stia al suo posto! Io sono il presidente di una Commissione di inchiesta e lei si deve comportare adeguatamente.
LUCIANO SCALETTARI. Le chiedo rispetto.
PRESIDENTE. Non parliamo di rispetto: lei è stato qui un anno e sa bene come si deve comportare.
ROBERTA PINOTTI. Presidente, chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Prego, onorevole Pinotti.
ROBERTA PINOTTI. Presidente, alle 18,30 dobbiamo essere in aula per votare. Probabilmente, rispetto a quest'ultima parte, che vorrei occupasse pochi minuti, si sta alimentando una concitazione che non è utile.
Preso atto che si è trattato della notte fra il 15 ed i 16 e non di quella tra il 14 ed il 15, sentiamo cosa il teste ha recepito rispetto a queste cose, senza compiere valutazioni che svilupperemo successivamente.
PRESIDENTE. Quello che può essere stato percepito non è di interesse della Commissione: il dottor Scalettari ci deve dire quello che ha visto e quello che gli risulta dalle circostanze.
ROBERTA PINOTTI. Oppure quello che i testimoni gli hanno detto; e noi possiamo ascoltare questo.
PRESIDENTE. Certo, onorevole Pinotti.
LUCIANO SCALETTARI. Credo che i testimoni siano raggiungibili in qualsiasi momento.
PRESIDENTE. Non ci interessa che siano raggiungibili; ci interessa quello che hanno detto. Dai resoconti della Commissione d'inchiesta sui rifiuti ci risulta che non è stato detto assolutamente niente. Le persone che abbiamo ascoltato in questa sede - adesso glielo contesto - hanno detto di non sapere assolutamente nulla, a cominciare da Cavalli.
PRESIDENTE. Sulle cose sulle quali la sto interrogando. Va detto che nessuno ci ha detto niente: e rispetto alla notte fra il 14 ed il 15 non abbiamo saputo niente.
LUCIANO SCALETTARI. Io non ho detto qualcosa di diverso.
PRESIDENTE. Va bene, il discorso è chiuso.
LUCIANO SCALETTARI. Purtroppo non lo sappiamo; speriamo che la Commissione ci arrivi.
PRESIDENTE. Sono auspici che accogliamo con grande partecipazione.
LUCIANO SCALETTARI. Venendo in audizione, pensavo di fornire, visto che lei non legge il nostro giornale, elementi che mi sembrava...
PRESIDENTE. Un contributo può darcelo subito: chi è questo Alexander von Braunmuehl?
LUCIANO SCALETTARI. Si tratta di un cooperante tedesco che all'epoca lavorava per la cooperazione tedesca ed era di base a Gardo. L'organizzazione non governativa tedesca aveva poi l'ufficio a Gibuti. Lui stava a Gardo e si spostava spesso a Bosaso per prendere l'aereo per Gibuti.
LUCIANO SCALETTARI. Quello che ricordava: vale a dire, che aveva pranzato con Ilaria e Miran il 19, il giorno prima della loro partenza, e che in quell'occasione lei aveva fatto riferimento al fatto che era stata a Gardo nei giorni precedenti.
Ho insistito, dal momento che si trattava di una mia intervista telefonica, su tutto quello che poteva ricordare, soprattutto con riferimento alla visita a Gardo. Da lui non era andata e quindi non ha riferito nulla più che quello fatto nella giornata o in quelle ore.
Mi ha poi richiamato gentilmente, dopo l'uscita dell'articolo, indicando alcuni nomi di persone che nel frattempo aveva cercato di ricordare e che erano i nomi di persone presenti a Gardo. Quindi si può trattare di luoghi dove, se Ilaria e Miran hanno dormito lì, possono averli ospitati. Se vuole, le dico chi sono.
PRESIDENTE. Le do lettura di una dichiarazione dell'ambasciatore Cassini in una lettera scritta ai coniugi Alpi il 12
dicembre 1996: testimonianza raccolta a Nairobi presso Alex von Braumuehl, cooperante tedesco all'epoca in servizio a Bosaso presso una organizzazione non governativa italiana.
LUCIANO SCALETTARI. Non ha riferito...
PRESIDENTE. «Ilaria fu ospite nella nostra casa per i pochi giorni nei quali soggiornò a Bosaso. Raccontò di essere venuta lì perché a Mogadiscio non vi erano particolari avvenimenti da seguire e perché voleva verificare la notizia circa una epidemia di colera, che si diceva essere scoppiata a Bosaso. Avendo molto tempo libero, accettò il nostro invito ad accompagnarci a Gardo per visitare un progetto della nostra organizzazione non governativa in corso d'opera».
LUCIANO SCALETTARI. È stata chiesta a Cassini qualche spiegazione ulteriore? Credo che probabilmente valga la pena di ascoltare von Braumuehl. Tutto questo a me non l'ha detto.
PRESIDENTE. Intervistato per il servizio di Cavalli e Rocca, andato in onda su La 7 il 18 ottobre, ovvero ieri, lei dichiara che il servizio realizzato dalla Alpi sulla strada Garoe-Bosaso non suscitava alcun timore in Somalia..
LUCIANO SCALETTARI. Non ho capito.
PRESIDENTE. Si trattava di un servizio che non suscitava alcun timore in Somalia. «Presumibilmente il timore era che quel servizio comparisse in Italia»: questa è una sua dichiarazione di ieri.
LUCIANO SCALETTARI. Dell'aprile scorso.
PRESIDENTE. Noi l'abbiamo da ieri.
LUCIANO SCALETTARI. È stata trasmessa ieri...
PRESIDENTE. Ci spieghi bene la questione: qual era il servizio? Quali ne erano i contenuti? Vi sono dati oggettivi, in base ai quali lei afferma che in Italia qualcuno ha - o ha avuto - il timore che il servizio fatto da Ilaria Alpi comparisse nel nostro paese?
LUCIANO SCALETTARI. Penso che tale affermazione, non contestualizzata, possa significare semplicemente questo: se quel servizio, che lei stessa aveva definito un buon servizio...
PRESIDENTE. Non sappiamo quale sia.
LUCIANO SCALETTARI. ... fosse giunto in Italia e trasmesso, certamente non avrebbe suscitato particolari problemi laddove era in corso una guerra civile, ma in Italia dove vi era un sistema giudiziario. Il senso di quell'affermazione è semplicemente questo: i problemi erano qui, non lì.
PRESIDENTE. È bene che lei chiarisca questa affermazione. Io le ho attribuito un altro significato, probabilmente per causa mia. Innanzitutto, le chiedo: lei sa di quale servizio si tratta?
LUCIANO SCALETTARI. No, come non lo sa lei.
PRESIDENTE. Sa se Ilaria Alpi ha fatto questo servizio o no?
LUCIANO SCALETTARI. Questo lo disse lei nell'ultima telefonata, in base alle testimonianze rese dai suoi superiori.
PRESIDENTE. Non ci fu però una specificazione su tale servizio e sul fatto che fosse collegato con la Garoe-Bosaso.
LUCIANO SCALETTARI. No, mi scusi: io non so come sia stata montata l'intervista di ieri e se sia stata affiancata alle affermazioni relative alla Garoe-Bosaso.
PRESIDENTE. Questi sono fatti oggettivi.
LUCIANO SCALETTARI. Quell'intervista è stata fatta nell'aprile scorso ed il nostro viaggio è di quest'estate.
PRESIDENTE. Lei non può dire se il servizio sulla Garoe-Bosaso sia stato girato?
LUCIANO SCALETTARI. Che siano state girate delle immagini sulla Garoe-Bosaso, sì.
PRESIDENTE. Quando parliamo della Garoe - Bosaso, parliamo delle cose che ci interessano. Che il servizio potesse avere determinati contenuti piuttosto che altri è una cosa sulla quale non si può pronunciare. Sulla persona o sulle persone...
ROBERTA PINOTTI. Tempo, presidente!
PRESIDENTE. Sono le sei e dieci, onorevole Pinotti.
ROBERTA PINOTTI. Sono le sei e un quarto, presidente.
PRESIDENTE. Dottor Scalettari, quali sono gli elementi oggettivi in base ai quali lei afferma che esiste qualcuno che, presumibilmente, avrebbe avuto il timore che quel servizio comparisse in Italia?
LUCIANO SCALETTARI. Non ho detto questo. Non c'è scritta una persona. Possono essere strutture, istituzioni..
PRESIDENTE. Sono le persone ad avere paura: il timore è un sentimento umano, non è proprio delle strutture.
LUCIANO SCALETTARI. Diciamo un gruppo di persone, che sono organicamente dentro una struttura.
LUCIANO SCALETTARI. Non ho indicato nulla di tutto questo.
PRESIDENTE. Dal punto di vista giuridico, »presumibilmente« significa che può darsi che una cosa abbia una parvenza di verità. Si basa sul dato oggettivo.
LUCIANO SCALETTARI. Intendevo dire che l'Italia ha un sistema di giustizia che funziona.
LUCIANO SCALETTARI. Significa che qui potevano essere perseguite delle persone. Questo non vale per i signori della guerra in Somalia.
PRESIDENTE. Quali sono le persone che possono avere questo tipo di timore?
LUCIANO SCALETTARI. Non facevo riferimento ad alcun tipo di persona, in particolare.
PRESIDENTE. Allora si tratta di un'affermazione goliardica.
LUCIANO SCALETTARI. Lei mi pone una domanda su una frase che è decontestualizzata. Cosa vuole che le dica?
PRESIDENTE. Non è decontestualizzata. Si parla di persone che presumibilmente avevano il timore che quel servizio comparisse in Italia. Questo significa che il servizio viene trasmesso alla televisione o al cinema: non so se vi siano persone che, guardandolo, per questo nutrano dei timori.
LUCIANO SCALETTARI. L'ho già spiegato.
PRESIDENTE. La sua non è una spiegazione: giustamente lei ha detto che non si tratta di strutture, bensì di persone che sono all'interno delle strutture. Quali sono queste persone?
LUCIANO SCALETTARI. Non posso rispondere ad una domanda fondata sul presupposto che io avessi in mente una
cosa, nel dare quella risposta, che non avevo in mente. Mi chieda qualcos'altro.
PRESIDENTE. Lei è liberissimo di dire quello che vuole, ma deve essere logico nelle sue risposte. Lei ha scritto: »Presumibilmente il timore è ora che quel servizio«...
LUCIANO SCALETTARI. Qual è la domanda che mi è stata posta?
PRESIDENTE. Io le sto chiedendo: qual è la persona - o il gruppo di persone, come lei l'ha chiamato - che avrebbe avuto presumibilmente il timore che quel servizio comparisse in Italia? È questo che le chiedo!
LUCIANO SCALETTARI. Io le ho dato quella risposta, anche se non so a quale domanda corrisponda. Se viene presa una frase, ed estrapolata, è chiaro che non capisco di cosa stiamo parlando.
Da quelle parole non capisco: non avevo in mente un gruppo. Stavo spiegando una situazione oggettiva, ovvero che la Somalia era un paese...
PRESIDENTE. Questa non è un'affermazione oggettiva, è un'altra cosa.
LUCIANO SCALETTARI. Mi faccia parlare e non mi faccia dire quello che non sto dicendo.
PRESIDENTE. Lei non sta dicendo nulla.
LUCIANO SCALETTARI. Questo lo dice lei! In Somalia esisteva una situazione di guerra civile...
LUCIANO SCALETTARI. ...nella quale....
PRESIDENTE. Lei parlava dell'Italia, non della Somalia.
LUCIANO SCALETTARI. Se mi consente di finire, parlerò della Somalia e dell'Italia. Nella prima vi era una guerra civile, tra i signori della guerra, che non temevano sicuramente il servizio di Ilaria Alpi. Il problema, se vi fosse stato qualcosa di rilevante, sarebbe stato presumibilmente in Italia, dove vi era un sistema giudiziario.
PRESIDENTE. È esattamente quello che le sto chiedendo io. Lei ritiene di non poter dare concretezza a tale affermazione.
Le rivolgo ancora tre brevissime domande: lei conosce Ali Moussa?
LUCIANO SCALETTARI. Non mi sembra.
PRESIDENTE. Conosce Yahya Amir?
LUCIANO SCALETTARI. L'ho conosciuto il 12 gennaio 1998, nell'unica occasione in cui ci ho parlato. Credevo fosse un collaboratore di Ali Mahdi.
PRESIDENTE. So che lei è, invece, molto amico di Beri Beri.
PRESIDENTE. Ha letto le dichiarazioni da lui rilasciate in questi giorni, a proposito della sua conferenza stampa? Le condivide?
LUCIANO SCALETTARI. Concordano pienamente, in quanto i rilevamenti li abbiamo fatti insieme. Al chilometro 37,700 non c'era nulla.
PRESIDENTE. Veramente si è lamentato, perché - così dice - state facendo sembrare la Somalia una pattumiera. E dice di non essere d'accordo con questo.
LUCIANO SCALETTARI. Guardi, capisco che da parte sua vi sia questo problema..
PRESIDENTE. Non da parte mia ma da parte di Beri Beri.
LUCIANO SCALETTARI. Intendevo dire da parte di Bari Bari.
PRESIDENTE. Va bene. A questo punto, per concomitanti votazioni in Assemblea, sospendo la seduta. Riprenderemo al termine dei lavori dell'Assemblea.
La seduta, sospesa alle 18,20, è ripresa alle 20,50.
PRESIDENTE. Riprendiamo i lavori con il prosieguo dell'audizione del dottor Luciano Scalettari.
Stavamo parlando della sua conoscenza con Yusuf Mohamed Ismail detto Bari Bari o Beri Beri.
LUCIANO SCALETTARI. Bari Bari.
PRESIDENTE. Quando ha conosciuto questa persona?
PRESIDENTE. Nel 1998 anche lui?
PRESIDENTE. Secondo le vostre cognizioni, di chi si trattava?
LUCIANO SCALETTARI. Mi fu presentato, anzi mi fu indicato da Raffaele Masto, un collega che lavora presso Radio Popolare a Milano. Mi è stato detto che si trattava di un rappresentante dell'SSDF in Italia e che, quindi, poteva rappresentare una fonte utile, eventualmente, anche per organizzare un viaggio. Lo incontrai per la prima volta il giorno prima di partire per il viaggio del 1998 in Somalia.
PRESIDENTE. È venuto giù con voi nell'ultima...
LUCIANO SCALETTARI. Questa volta sì. Quest'anno si è deciso di partire nel momento in cui Yusuf Bari Bari ha detto che la cosa si poteva fare, nel senso che, oramai, avevamo la consapevolezza del fatto che senza una presenza, un appoggio del Governo somalo attuale non sarebbe stato possibile...
PRESIDENTE. Chi vi ha dato l'appoggio del Governo somalo? Che intende per Governo somalo?
LUCIANO SCALETTARI. Il presidente del governo di transizione: Abdullahi Yusuf.
PRESIDENTE. Del governo o della Somalia?
LUCIANO SCALETTARI. Il presidente della Somalia che si trova a Johar e il primo ministro Ali Mohamed Ghedi.
PRESIDENTE. Voi non siete potuti andare a Mogadiscio?
PRESIDENTE. Vi è stato sconsigliato?
LUCIANO SCALETTARI. C'è stato vivamente sconsigliato. Ne andava della nostra sicurezza e c'era il rischio di sequestri o peggio.
PRESIDENTE. Per la scorta, la tutela?
LUCIANO SCALETTARI. L'ha messa a disposizione il Governo. Quindi, per la prima parte del viaggio - comprendente Johar e la costa - ho potuto contare su una scorta che, addirittura, mi è sembrata un po' troppo visibile ed eccessiva poiché era composta da 40 persone. Per la seconda parte del viaggio, che ha interessato il Puntland (zona molto più tranquilla), avevamo due uomini, e quattro per il ritorno.
PRESIDENTE. Questo Bari Bari, in alcune interviste rilasciate in questi giorni - a cominciare, penso, da un intervento nell'ambito di una conferenza stampa -, ha reso delle dichiarazioni - chissà se
riusciremo a recuperarle - sulle quali noi abbiamo svolto qualche riflessione. Il soggetto non ci è proprio sembrato particolarmente entusiasta (in realtà, ci siamo poi resi conto che, al di là dell'enfasi mediatica, per la parte di nostra competenza si sono ottenuti risultati abbastanza modesti, per non dire nulli) anche se, comunque, è stata portata avanti un'attività, specialmente con riferimento al settore del possibile traffico di rifiuti e così via: ciò va a vostro merito, non c'è ombra di dubbio.
Bari Bari ha dichiarato che sono da considerarsi inaccettabili e di cattivo gusto le rivelazioni che la fonte ha rilasciato a L'Espresso. Successivamente, il soggetto in questione è stato individuato ed ascoltato anche da noi, così da poterne apprezzare tutta la falsità in fatto di dichiarazioni. Egli è venuto in Commissione e ci ha dato conto di nomi e cognomi di persone con le quali aveva trattato - sempre secondo le sue dichiarazioni - per quanto riguarda la questione dell'interramento dei fusti provenienti da Rotondella. Noi abbiamo provveduto a mischiare tra i nostri consulenti esattamente le persone con le quali egli aveva detto di essersi messo in contatto, trattato e via dicendo. Egli, non solo non le ha riconosciute, ma ha individuato in alcuni nostri consulenti le persone con le quali si sarebbe confrontato: praticamente, si è trattato di una totale frana.
LUCIANO SCALETTARI. Poi, semmai, parliamo del perché.
PRESIDENTE. Il perché credo di averlo capito, ma grazie a Dio non ce ne dobbiamo interessare, in caso contrario non finiremmo più. Abbiamo ricostruito tutti i passaggi e sentito Riccardo Bocca, il quale ci ha raccontato alcune cose per le quali è stato deferito - anche lui - all'autorità giudiziaria. Quindi, si tratta di tutta una serie di tasselli che abbiamo messo assieme e che ci hanno fatto capire come stanno le cose.
LUCIANO SCALETTARI. Penso che abbiate acquisito la mia audizione presso l'altra Commissione, quindi sapete già cosa ho detto nella parte secretata.
PRESIDENTE. Esatto! Per quale ragione Bari Bari ha assunto questa posizione, diciamo, di contrarietà rispetto all'atteggiamento emergente dall'articolo de L'Espresso? Più in generale, a proposito - per esempio - della rilevazione negativa riguardante il chilometro 37,700 sulla strada Bosaso-Garoe, il soggetto si è espresso con una certa soddisfazione. Ecco, ci può dare una spiegazione?
LUCIANO SCALETTARI. Suppongo sia per il fatto che veniva chiamato in causa il presidente del Governo somalo di transizione Abdullahi Yusuf, che veniva indicato dalla fonte de L'Espresso come destinatario di denaro concesso in cambio della possibilità di scaricare quei rifiuti al chilometro 37,700 e in un altro punto dell'area di Bosaso. Quindi, debbo presupporre che nel momento in cui ci hanno permesso di andare liberamente in quel luogo ad operare le misurazioni erano abbastanza consapevoli del fatto che non avremmo trovato nulla.
PRESIDENTE. Ma lui che rapporto ha con questo nuovo governo?
LUCIANO SCALETTARI. Da settembre è inviato speciale presso l'Unione europea, mentre quando viaggiava con noi era ancora il portavoce del presidente. Credo che in questi giorni debba prendere possesso della sede di Bruxelles.
PRESIDENTE. Ho capito. Per ciò che vi è parso di comprendere, sapete se vi è una sua disponibilità a collaborare con le autorità italiane oltre che sul tema dei rifiuti anche su altre questioni come, ad esempio, quella che ci interessa ?
LUCIANO SCALETTARI. Riguardo a ciò che gli abbiamo chiesto noi, ci ha dato la sua assoluta disponibilità aiutandoci, ad esempio, a muoverci con molta libertà all'interno del territorio. So che ha un ottimo rapporto e abbastanza continuativo con l'onorevole Mario Raffaelli, inviato speciale del Governo italiano per la Somalia. So che nell'ambito della Commissione
presieduta dall'onorevole Russo ha affermato che sarebbe benvenuta una missione in Somalia, quindi suppongo che abbia anche la stessa disponibilità verso...
PRESIDENTE. Raffaelli vi ha aiutato nella missione che avete compiuto?
LUCIANO SCALETTARI. Con Raffaelli ci siamo incontrati il primo giorno a Nairobi perché stava partendo da lì.
LUCIANO SCALETTARI. Direi casualmente, nel senso che, purtroppo, non sapevamo che stesse partendo. Sapevamo che era lì e speravamo ci stesse ancora per poter fare una chiacchierata più approfondita. Lui è partito e poi ci siamo rivisti tra il primo ed il secondo viaggio a Trento - dove lui abita - e lì abbiamo raccolto un'intervista.
PRESIDENTE. Ho capito.
Avete avuto occasione di rivederlo successivamente qui a Roma?
LUCIANO SCALETTARI. Successivamente, no,...
LUCIANO SCALETTARI. ...anche perché poi lui è tornato a Nairobi.
PRESIDENTE. Sì, è tornato qualche giorno fa.
Parliamo di Guido Garelli.
LUCIANO SCALETTARI. Ah, al proposito vi è un problema. Noi abbiamo avuto notizia di aver subito una querela da Guido Garelli.
PRESIDENTE. Ah, allora siete persone offese?
LUCIANO SCALETTARI. Siamo persone querelate, anche se non sappiamo nulla di questa querela. Sappiamo solo che è stato da poco aperto un procedimento a Roma.
PRESIDENTE. Vuole dire che su questa cosa può avvalersi della facoltà di non rispondere?
LUCIANO SCALETTARI. No, voglio dire che non so nemmeno di che cosa... comunque proviamo.
PRESIDENTE. Noi vogliamo soltanto sapere come ha conosciuto Guido Garelli e che rapporti ha intrattenuto con lui.
LUCIANO SCALETTARI. Siamo venuti a sapere - credo da fonti di stampa, da agenzie - che era stato arrestato in Croazia tale Guido Garelli. La notizia - se ricordo bene - si ebbe quando il soggetto fu estradato in Italia - dopo l'estate del 1998 -; successivamente, se ricordo bene, Guido Garelli venne portato a Rebibbia. Di conseguenza, abbiamo chiesto di poter colloquiare con lui perché avevamo notizia che Guido Garelli rivestiva un ruolo di primo piano all'interno di questo fantomatico progetto Urano. Si tratta di cose che, addirittura, risalivano agli approcci che avevamo avuto da parte di Anghessa, il quale ci chiamò sempre, mentre non è vero il contrario.
PRESIDENTE. Senta, mi deve togliere una curiosità in maniera, mi permetta di dirlo, quasi amichevole. Io considero i giornalisti spesso un po' troppo sopra le righe, però li ritengo dei professionisti estremamente importanti. Quindi, personaggi come Anghessa che interesse possono rivestire quando si sa che sono - diciamo così - inseguiti da una vita dalla giustizia? Che interesse lei ha potuto avere nei confronti di Anghessa? Le stavo per rivolgere la stessa domanda nei confronti di Garelli, ma poi lei mi ha fatto il nome di Anghessa. Garelli noi lo abbiamo conosciuto e, francamente, per carità, debbo dire che è un buon uomo e tutto quello che si vuole ma, insomma, credo che se si
facesse un accertamento approfondito sotto certi profili emergerebbe qual è la situazione, o no?
Di Anghessa so un po' tutto sia perché stiamo parlando di fatti noti a livello giornalistico sia perché, per motivi professionali, ho avuto modo di approfondire il tema. Sono personaggi verso i quali un cittadino dotato di raziocinio nemmeno volge uno sguardo. Ecco, da Garelli che pensavate di poter ottenere?
LUCIANO SCALETTARI. Guardi, in linea generale abbiamo sempre ascoltato tutti.
PRESIDENTE. Ho capito, ma lei non ha ascoltato soltanto Garelli: lei è andato in carcere, ci...
LUCIANO SCALETTARI. Sì! Ma Garelli è un discorso a parte. Adesso rispondo su Anghessa.
LUCIANO SCALETTARI. Per quanto riguarda Anghessa intanto è stato lui a farsi vivo, quindi era lui interessato a noi e non viceversa: semplicemente gli abbiamo dato ascolto. Nonostante tutto, una cosa di buono l'avevamo ricavata; infatti, egli ci ha fornito delle foto e un pezzo di documento ONU. Il documento ONU era incompleto, quindi noi non lo utilizziamo perché temiamo...
LUCIANO SCALETTARI. Appunto. Quando, nel 1998, ci siamo recati in Somalia - ovviamente, siamo passati in continuazione per Nairobi - abbiamo tentato di recuperare questo documento e siamo riusciti ad averlo completo. Avuta la conferma che era corredato da foto, siamo riusciti a mettere insieme foto e documento e abbiamo pubblicato qualche stralcio del documento e alcune di quelle foto: si tratta dell'unica cosa che abbiamo portato a casa.
PRESIDENTE. Perché il resto era tutto cattivo?
LUCIANO SCALETTARI. Diciamo che si trattava della «rifrittura» di cose vecchie, e un tentativo di imbarcarci, di coinvolgerci, in una fantomatica missione in Somalia.
PRESIDENTE. Che cosa ritraeva questa foto?
LUCIANO SCALETTARI. La foto ritraeva una cisterna.
PRESIDENTE. E dove? L'avete ritrovata questa cisterna? Sa... i fotomontaggi.
LUCIANO SCALETTARI. Quando? Adesso?
PRESIDENTE. Di che zona della Somalia si tratta?
LUCIANO SCALETTARI. Era sulla costa tra Igo e Maregh, non lontano da dove siamo andati anche adesso.
PRESIDENTE. Era lontano da Mogadiscio?
LUCIANO SCALETTARI. Sì, parliamo di 300 chilometri a nord. Nel rapporto ONU si dava spiegazione di questa cisterna trovata, assieme ad altre cose di cui si da conto, grazie ad un'ispezione svolta lungo la costa dall'Organizzazione delle Nazioni Unite.
PRESIDENTE. È come le schede ONU a proposito dei terroristi. La povera Forleo - il giudice di Milano - è stata massacrata perché ha avuto il torto di ritenere che l'iscrizione di un soggetto nella scheda dei terroristi redatta dall'ONU non bastasse giudiziariamente per essere ritenuti terroristi. Quindi, le schede ONU hanno la
particolarità di dover essere assoggettate ad un accertamento un po' più approfondito.
Invece, per quanto riguarda Garelli?
LUCIANO SCALETTARI. Seguendo un po' la questione del progetto Urano - un tema di interesse - siamo venuti a sapere dell'estradizione di Garelli ed anche di questo documento del 1992 firmato da Scaglione, Garelli e Marocchino, riguardante lo sviluppo del progetto nel Corno d'Africa. A questo punto, abbiamo chiesto di poter visitare il soggetto, ma la nostra richiesta, nell'autunno del 1998, non fu accettata. Ci venne spiegato che, poiché doveva essere ascoltato dai magistrati, il Garelli non poteva ricevere visite da parte dei giornalisti. A distanza di qualche mese, dopo che il soggetto ci aveva scritto a seguito della lettura del reportage sul giornale, ci abbiamo riprovato facendo presente al DAP che si trattava di una sua volontà. Nel frattempo, poiché i magistrati non lo sentivano più, ci viene dato il benestare a fargli visita per la prima volta. A quella prima visita ne sono seguite diverse altre, a parte tutto il carteggio che lui ha continuato ad inviarci.
PRESIDENTE. Lei non si è accorto nella prima visita che il soggetto aveva qualche rotella...
LUCIANO SCALETTARI. È abbastanza difficile capire se ci è o ci fa, come si suol dire. Penso che ci faccia, più che ci sia.
PRESIDENTE. La storia del servizio internazionale, francamente...
LUCIANO SCALETTARI. La sede di Gibilterra esiste e io l'ho scoperta, per puro caso, grazie agli appunti di un missionario che il Garelli sosteneva di aver incontrato a Milano in un ufficio che ci ha anche descritto. Per caso, mi reco ad intervistare questo missionario per parlare di Tanzania - poiché, nel frattempo, ivi si era recato - ed egli mi dice - non mi ricordo nemmeno come siamo andati a parlare di Garelli - che era in possesso del suo indirizzo di Gibilterra, comprensivo dei numeri di telefono. Dopo averci dato tutto ci fornisce anche una descrizione. Tutto ciò, per dire che questi uffici di Gibilterra, probabilmente, esistono, anche se io non ho potuto effettuare delle verifiche.
PRESIDENTE. Delle cose che Garelli le ha detto, quale di esse ha avuto una proiezione?
LUCIANO SCALETTARI. Garelli aveva un grosso problema consistente in una condanna inflittagli a Roma per mendacio, quindi utilizzare qualsiasi cosa proveniente da lui era un problema. Noi ci siamo serviti solo delle cose che Garelli ha scritto - non soltanto detto -, su cui avevamo altri elementi di sostegno. Questo ci ha permesso di basarci non solo su quello che lui ci diceva.
PRESIDENTE. E vi è andata bene? Avete cioè avuto modo di costruire qualcosa?
LUCIANO SCALETTARI. Sia dal libro sia da un paio di pezzi abbiamo preso alcuni spunti; ad esempio, sul famoso cubo di Obbia - che egli ci descrive fornendocene le coordinate - potevamo contare su altre testimonianze che parlavano di stoccaggi nella zona di Obbia.
PRESIDENTE. In che senso altri elementi? Altre persone che avevano rilasciato dichiarazioni?
LUCIANO SCALETTARI. Avevamo la mappa di una fonte etiope che, tra l'altro, era anche stata consegnata all'autorità giudiziaria e, poi, potevamo contare sulle affermazioni del pilota. Infatti, quando abbiamo chiesto di poterci recare in questo posto il pilota si è rifiutato di farci da guida, ma noi siamo riusciti a registrare la conversazione. Le diverse notizie che noi avevamo indicavano quel luogo come
un sito di stoccaggio. Purtroppo, come ripeto, abbiamo tentato di andarci, ma non è stato possibile.
PRESIDENTE. Quindi, il riscontro non è stato possibile?
LUCIANO SCALETTARI. Non per quello che speravamo.
PRESIDENTE. Abbiamo cercato di riscontrare diverse cose in riferimento alle dichiarazioni di Garelli, ma non siamo riusciti a trovare riscontro alcuno, quindi siamo stati più sfortunati di voi. Nella sua lettera di dimissioni lei ha dato una definizione piuttosto precisa di Giampiero Sebri, che adesso sottopongo alla sua attenzione: »L'audizione del pentito, ex trafficante di rifiuti, Giampiero Sebri, è stata preparata quasi esclusivamente sulla base delle carte consegnate dallo stesso Menicacci, senza considerare che il suddetto, in quanto legale di Marocchino, aveva un interesse diretto a screditare Sebri, in quanto vi sono due procedimenti in corso, che vedono Marocchino e Sebri come controparti«. Nella lettera sono elencate le accuse, che lei rivolge alla Commissione.
LUCIANO SCALETTARI. Questa è una sua interpretazione, non si tratta di accuse.
PRESIDENTE. Si tratta di accuse di incapacità e di mancato approfondimento. Comunque, non ha importanza perché noi siamo abituati a tutto. Questo è il momento in cui può fornirci la ragione degli errori che, secondo lei, avremmo commesso. In riferimento a Giampiero Sebri, ci sono due qualificazioni: pentito ed ex trafficante di rifiuti. Perché utilizza queste due qualificazioni?
LUCIANO SCALETTARI. Ex trafficante di rifiuti in quanto a Milano egli si autoaccusa e viene pertanto iscritto nel registro degli indagati come trafficante di rifiuti. Egli sostiene di avere viaggiato con l'obiettivo di organizzare più spedizioni di rifiuti presso Haiti, la Repubblica Dominicana e Portorico.
PRESIDENTE. Quindi, al di là della dichiarazione nella quale Sebri si autodefinisce trafficante di rifiuti non ha altri elementi, tenendo poi presente che tutto quanto egli ha raccontato a Romanelli è stato buttato nel cestino perché non ha trovato alcun riscontro?
LUCIANO SCALETTARI. A me non risulta.
PRESIDENTE. È stato archiviato tutto.
LUCIANO SCALETTARI. Archiviare è una cosa, buttare nel cestino un'altra. Un'archiviazione si può sempre riaprire.
PRESIDENTE. Certo, ma in questo caso fino ad ora non è stata riaperta. La chiusura è dell'ottobre di cinque anni fa e finora non ha riaperto niente nessuno. Ciò può far pensare, e lo stesso Romanelli punta l'attenzione sull'attendibilità di Sebri, che la sua definizione di trafficante di rifiuti, dedotta dalle dichiarazioni di Sebri, non sia poi così solida.
LUCIANO SCALETTARI. Mi scusi, ma a completamento va detto che sia Romanelli sia il giudice di Alba che ci ha assolto dalle accuse dei tre parlano di molti punti sui quali vi è stato un riscontro positivo alle dichiarazioni di Giampiero Sebri.
PRESIDENTE. Io comunque mi riferisco in particolare alla qualità di trafficante di rifiuti. Siccome Sebri non è stato perseguito da alcuno in quanto trafficante di rifiuti e le sue dichiarazioni sono poi state archiviate, la mia domanda è questa: al di là del fatto che egli si sia autodichiarato trafficante di rifiuti, possedeva o possiede oggi elementi che lo bollino con questa qualificazione?
LUCIANO SCALETTARI. L'inchiesta che è stata svolta a Milano.
PRESIDENTE. Abbiamo visto prima il risultato di questa inchiesta.
LUCIANO SCALETTARI. In quel caso era iscritto come trafficante di rifiuti.
PRESIDENTE. Chiunque può essere iscritto nel registro degli indagati, ma ciò non significa che si sia colpevoli. Significa soltanto essere un soggetto indagato in un'indagine finalizzata a capire se effettivamente è un trafficante di rifiuti, un calunniatore, un truffatore o altro. Se ogni iscrizione nel registro degli indagati stesse a significare che uno è condannato per un qualsiasi reato, lei, da uomo libero, sarebbe il primo a ribellarsi.
PRESIDENTE. Quindi, da quanto ho capito lei non possiede altre notizie su Sebri oltre a quelle provenienti dalla sua situazione giudiziaria?
LUCIANO SCALETTARI. Sì, vi erano le sua autoaccuse, riferite sia a noi che al magistrato.
PRESIDENTE. E sulla sua qualità di pentito?
LUCIANO SCALETTARI. Si tratta di un termine usato impropriamente, in quanto tecnicamente non è mai stato un pentito o, meglio, un collaboratore di giustizia.
PRESIDENTE. Quindi, tale definizione ha un carattere prettamente giornalistico. Abbiamo parlato di Garelli e abbiamo parlato di Sebri. Ad un certo punto, avviene l'incontro di questi due »grandi" cervelli. Lei sa qualcosa delle ragioni per cui questi signori si mettono in contatto tra loro, attraverso un rapporto epistolare?
LUCIANO SCALETTARI. Non ne conosco le ragioni, ma so che ad un certo punto comincia un rapporto tra loro, perché Sebri mi consegna una busta chiusa che io consegno a Garelli.
PRESIDENTE. Il contatto tra Sebri e Garelli nasce nel periodo in cui lei era ancora in contatto con Garelli, come nasce questo ruolo di mediatore o di tramite, che lei si è ritagliato in qualche modo? Avvenne durante una visita in carcere a Garelli?
LUCIANO SCALETTARI. Sì. Prese la busta, senza tra l'altro leggerla in mia presenza. Non ricordo cosa mi disse in quell'occasione.
PRESIDENTE. Prese la busta di Sebri che lei gli portò?
LUCIANO SCALETTARI. Sì, certo.
PRESIDENTE. E lei Sebri lo aveva visto fuori?
LUCIANO SCALETTARI. Sì, era uscita da un paio mesi l'intervista di Sebri.
PRESIDENTE. Lei non sapeva cosa contenesse quella busta?
LUCIANO SCALETTARI. Mentre preparavamo l'intervista i contatti con Sebri erano frequenti, in quel periodo andammo anche in carcere da Garelli, perché i due parteciparono allo stesso progetto. Nessuno dei due sapeva che eravamo in contatto con l'altro, quindi speravamo in un riscontro o in una smentita reciproci. Una volta uscita l'intervista, a cui seguirono le repliche di Marocchino, Bizzio e delle altre persone chiamate in causa, per noi la partita era chiusa. Il rapporto stretto di quel periodo finalizzato ad avere riscontri, verifiche o conferme da Sebri esaurì la propria ragione. In un certo senso, in quel momento finì anche il nostro rapporto con Garelli. Semplicemente Sebri mi chiese un favore in quanto, avendo scoperto che eravamo in contatto con Garelli ci chiese di portargli una lettera.
PRESIDENTE. Lei conosce il contenuto di questa lettera?
PRESIDENTE. Io svolgo una professione che mi porta molto spesso a frequentare il carcere, cerco, però, di andarci il meno possibile anche perché un giorno o l'altro potrei non uscirne.
LUCIANO SCALETTARI. Speriamo di no, presidente!
PRESIDENTE. Siamo tutti quanti sotto la cappa. Se io, però, mi porto un pezzo di carta dentro al carcere e lo voglio consegnare al detenuto per il furto della mela, io vengo fermato! Come ha fatto lei a portare questa busta dentro al carcere, cosa anche possibile in quanto difficilmente individuabile dai vari sistemi di controllo durante una perquisizione? Durante il suo colloquio con Garelli non era presente il secondino?
LUCIANO SCALETTARI. No, non c'era.
PRESIDENTE. Allora lei era favorito, perché il secondino è presente anche quando i detenuti incontrano il proprio avvocato! Di che carcere si trattava?
LUCIANO SCALETTARI. Del carcere di Ivrea. Noi abbiamo incontrato Garelli sempre in carcere.
PRESIDENTE. L'ha incontrato in cella o in parlatorio?
LUCIANO SCALETTARI. In parlatorio.
PRESIDENTE. In quelle sale in genere sono presenti videocamere o microspie.
LUCIANO SCALETTARI. Non ho notato né videocamere né microspie.
PRESIDENTE. Tra l'altro quando il signor Garelli è tornato in cella sarà stato sicuramente perquisito.
LUCIANO SCALETTARI. Guardi, presidente, che Garelli veniva ai colloqui con dei faldoni molto voluminosi.
PRESIDENTE. Certo, ma dovrebbero essere stati controllati anche quelli, anche se tutto è possibile. Tuttavia, la consegna di una lettera ad un detenuto che non passi per la posta del carcere è una cosa molto complicata, lei mi conferma questo fatto?
LUCIANO SCALETTARI. Certo, forse si è trattato di una gestione un po' allegra del carcere di Ivrea, ma nessuno mi ha chiesto nulla.
PRESIDENTE. In effetti, mi ricordo adesso che il direttore del carcere di Ivrea fu arrestato in seguito.
LUCIANO SCALETTARI. Questo non lo so, so soltanto che è stato sostituito, anche se non so perché.
PRESIDENTE. Esatto, è stato anche processato e, siccome in Italia quando si compiono dei reati si cresce di grado, adesso è in un carcere più importante.
LUCIANO SCALETTARI. In seguito, ho saputo che si è instaurato un carteggio fitto tra Sebri e Garelli.
PRESIDENTE. Ha letto la lettera davanti a lei?
LUCIANO SCALETTARI. No, l'ha portata via con sé.
PRESIDENTE. Vi sono state altre occasioni in cui lei ha fatto da tramite?
LUCIANO SCALETTARI. No, è stata la prima e l'unica volta.
PRESIDENTE. Sa, invece, se poi questo rapporto è continuato?
LUCIANO SCALETTARI. Certo, l'ho saputo ad Alba, perché l'avvocato Menicacci nel corso del nostro processo ha consegnato un fitto carteggio e Garelli è stato anche chiamato a testimoniare.
PRESIDENTE. Veniamo ora alla questione del collaboratore di giustizia che ha consentito la realizzazione del servizio giornalistico de L'Espresso sulla questione rifiuti.
LUCIANO SCALETTARI. Signor presidente, chiedo che il mio intervento prosegua in seduta segreta.
PRESIDENTE. Non essendovi obiezioni, procediamo in seduta segreta. Dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo interno.
(La Commissione procede in seduta segreta).
PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo interno.
Prego, dottor Scalettari.
LUCIANO SCALETTARI. La prima precisazione che volevo fare era questa: nello specifico, in quel momento, non sapevamo realmente come gestire questo doppio ruolo in cui, malauguratamente, ci eravamo trovati. Mi sono recato nel suo ufficio rappresentandole che vi era questa pista nascente. Aggiungo, a questo punto, che siamo arrivati a questa persona - che, nel frattempo era agli arresti domiciliari - nel momento in cui ci stavamo occupando di un'inchiesta di tutt'altro tipo (su chiesa, 'ndrangheta e mafia) per il mensile del nostro gruppo che si chiama Jesus; quindi, ci siamo parlati riferendoci a tutt'altri temi. In quell'ambito, uscirono delle affermazioni su coinvolgimenti in operazioni di traffico di armi, di rifiuti e cosi via che concernevano anche la Somalia oltre che l'Italia. Il periodo è quello che, più o meno, comprende la fine di novembre e gli inizi di dicembre del 2002.
Successivamente, vi sono stati altri incontri nell'ambito dei quali, ad un certo punto, il soggetto ci ha chiesto del denaro per parlare, al che ci siamo alzati e ce ne siamo andati: credo che in quell'occasione erano presenti il sottoscritto e Barbara Carazzolo, mentre in altre era con noi anche Alberto Chiara. I rapporti si interrompono, ma vengono ripresi da lui qualche mese dopo.
PRESIDENTE. Lui, naturalmente, dice che il denaro glielo avete offerto voi, ma questo è un altro discorso.
LUCIANO SCALETTARI. Va bene.
Segue una serie di altri colloqui (due, tre, quattro: adesso non ricordo perché si trattava sempre di sedute abbastanza lunghe ed impegnative) nell'ambito dei quali gli abbiamo chiesto una documentazione di riscontro in riferimento ad alcune operazioni, di cui una - come tutti abbiamo visto - è stata indicata su L'Espresso. Successivamente, il soggetto viene arrestato, ma non so per quali ragioni.
LUCIANO SCALETTARI. Forse per truffa o per qualcos'altro.
LUCIANO SCALETTARI. Credo che per il reato di calunnia sia stato anche precedentemente condannato. Quindi, per noi il soggetto diviene inaccessibile. Egli, comunque, ci scrisse e noi chiedemmo anche di poterlo andare a trovare in carcere, ma la richiesta fu respinta.
Il soggetto venne rilasciato poche settimane dopo l'8 febbraio (sto, quindi, parlando del 20-25 febbraio), in un momento appena successivo alla nostra uscita dalla Commissione. A quel punto (siamo nel 2005), è di nuovo lui a farsi vivo. Si instaura ancora un rapporto che durerà abbastanza poco, nel senso che, a quel punto, ci venne raccontata una serie di fatti che, quasi testualmente, riprodussero ciò che in seguito uscì su L'Espresso.
Di fronte a questo racconto, estremamente particolareggiato rispetto agli accenni fatti prima della carcerazione, si vennero ad evidenziare due problemi. In primo luogo, un racconto del genere doveva essere sostanziato da documenti di supporto - che gli sono stati chiesti -
perché se la persona in questione era l'organizzatore di quella operazione doveva avere una serie di cose. In ipotesi, infatti, avrebbe dovuto noleggiare una nave, dei camion, pagare delle persone e così via: fatti che si possono benissimo immaginare.
L'altro problema, molto più grave, (che, per inciso, abbiamo anche segnalato sul giornale) era rappresentato dal fatto che il soggetto ci disse di essere stato nello stesso carcere - uno dei carceri che aveva visitato in quel periodo - di Garelli dove vi rimase per circa una settimana o, al massimo, otto, nove giorni.
PRESIDENTE. Erano dirimpettai.
LUCIANO SCALETTARI. Sì! È chiaro che, a quel punto, abbiamo avuto un ulteriore problema: ci siamo chiesti, infatti, come mai questa precisione nel racconto dei fatti si era verificata solo in un secondo momento - quello, tra l'altro, in cui vi era stata una compresenza in carcere con Garelli - e non dall'inizio.
PRESIDENTE. Insomma, sembrava Garelli che parlava.
LUCIANO SCALETTARI. Noi abbiamo semplicemente insistito per avere i documenti di supporto non avendo nessuna intenzione di andarcene senza di essi, poiché ci servivano per confermare, riscontrare, le cose che ci erano state raccontate.
L'ultimo incontro avuto con il soggetto - lo ricordo bene perché è abbastanza recente - è del 2 maggio 2005. In quell'occasione, ci venne chiesto di nuovo del denaro in cambio di campioni dei documenti che servivano per farci avere la certezza che li aveva veramente. Noi rifiutammo nuovamente la richiesta e, a quel punto, considerammo terminato il rapporto.
Il 2 giugno - lo ricordo perché era la festa della Repubblica - mi svegliai al mattino e venni informato che L'Espresso conteneva questo lungo reportage, addirittura con tanto di copertina.
PRESIDENTE. Quindi, in sostanza voi non l'avete preso in considerazione per il fatto che non vi era un elemento di proiezione, di riscontro, rispetto alle sue dichiarazioni.
LUCIANO SCALETTARI. No, si trattava di un puro racconto.
PRESIDENTE. Sapevate che la procura di Potenza aveva effettuato gli accertamenti nei luoghi indicati dal signore per stabilire se erano stati, o meno, interrati i rifiuti dell'ENEA e che, in ogni caso, pur avendo cambiato ogni volta posto, i luoghi trivellati avevano dimostrato che non vi era assolutamente niente? Lo sapevate questo?
LUCIANO SCALETTARI. All'epoca, vi erano due versioni dei fatti. Secondo la prima - originata anche dalla nostra raccolta di notizie volta ad investigare sulla faccenda - sapevamo che lui non indicava con precisione il luogo, quindi i sopralluoghi non venivano effettuati con precisione. Viceversa, la versione data dal soggetto era parzialmente divergente; egli, infatti, affermava che non avrebbe indicato il luogo finché non avesse avuto garanzie minime sul fatto che non sarebbe rientrato in carcere. Erano queste le due versioni.
PRESIDENTE. Quindi, vi risultava che i riscontri erano stati negativi?
PRESIDENTE. Lei aveva rapporti con Riccardo Bocca?
LUCIANO SCALETTARI. Guardi, lo ha conosciuto Barbara Carazzolo, nel senso che si sono incontrati ad una conferenza stampa; io non so nemmeno che viso abbia.
PRESIDENTE. Lei sa che in occasione di un tentativo di trapanazione vicino a Rotondella i militari operanti trovarono Riccardo Bocca nei dintorni? Lei, lo sa questo fatto?
LUCIANO SCALETTARI. No, non lo sapevo, ma non mi stupisce.
PRESIDENTE. Perché non la stupisce? Era nello stile della fonte?
LUCIANO SCALETTARI. No, non in questo senso.
PRESIDENTE. Allora era nello stile di Riccardo Bocca?
LUCIANO SCALETTARI. Va bene, fermiamoci a questo punto.
PRESIDENTE. D'accordo, d'accordo.
Lei l'ha vista più la fonte?
LUCIANO SCALETTARI. No. Quando mi trovavo in Etiopia ho ricevuto una sua telefonata registrata nella segreteria del mio cellulare, poiché in quel momento il telefono non prendeva. Nel messaggio egli mi diceva che stava per essere sentito dalla Commissione Alpi e mi pregava di richiamarlo, ma non so per quale motivo. Ovviamente, ho evitato accuratamente di addivenire alla sua richiesta.
PRESIDENTE. Senta, questi numeri telefonici sono i suoi?
LUCIANO SCALETTARI. Sì, quello e questi.
PRESIDENTE. Questo numero lo conosce?
LUCIANO SCALETTARI. Credo sia il suo, se vuole controllo sull'agenda.
PRESIDENTE. Con noi abbiamo la prima telefonata effettuata dal soggetto il 23 febbraio 2005 giorno in cui, secondo le nostre ricostruzioni, lo stesso dovrebbe essere uscito dal carcere; mi riferisco alla telefonata ricevuta da lei. Questo numero è il suo?
LUCIANO SCALETTARI. È il numero del ricevente.
PRESIDENTE. Cioè lei. Poi vi è tutta questa serie di telefonate datate: 10 marzo; 23 marzo; 31 marzo; ancora 31 marzo; 12 maggio; 13 maggio; 14 maggio: Queste telefonate hanno un collegamento con il servizio di Riccardo Bocca?
LUCIANO SCALETTARI. Fino a questo punto si tratta di telefonate fatte, magari, per fissare appuntamenti e così via.
LUCIANO SCALETTARI. Sì, fino al 31 marzo. Noi finimmo il 2 maggio e non lo abbiamo più visto. Io mi sono fatto vivo con lui il 12, ma credo che in mezzo ci siano anche sue telefonate perché in quei giorni, a volte, mi ha chiamato lui.
PRESIDENTE. Il 12, il 13 e il 14.
LUCIANO SCALETTARI. Cioè, non sono stato solo io a chiamare lui.
PRESIDENTE. Comunque, il circuito telefonico finisce alle ore 19,59 del 14 maggio 2005.
LUCIANO SCALETTARI. No, ce ne sono di successive.
LUCIANO SCALETTARI. Almeno una, perché io lo chiamai all'indomani dell'uscita de L'Espresso dicendogli: e allora?
PRESIDENTE. Come dire... Queste erano cose che dovevi dare a me e non a Riccardo Bocca.
LUCIANO SCALETTARI. No, questo chiedeva soldi e ci ha raccontato delle cose: successivamente, un mese dopo lo
vediamo rivolgersi ad un'altra parte. In quel mese ci sono anche stati dei contatti telefonici durante i quali egli affermava di voler andare avanti.
PRESIDENTE. Scusi, però mi pare che lei in precedenza ha affermato che le cose riferite a voce dal soggetto sono le stesse che, sostanzialmente, sono state pubblicate da L'Espresso.
LUCIANO SCALETTARI. Non tutte. Ad esempio, l'indicazione del chilometro 37,700 a noi non l'ha data. Ci ha dato delle indicazioni simili parlando del Basso Scebeli e, genericamente, della strada Garoe-Bosaso.
PRESIDENTE. E della trattativa con Marocchino e Mirco Martini?
LUCIANO SCALETTARI. No, non parla più con noi di Marocchino.
LUCIANO SCALETTARI. Mentre ce ne aveva parlato nei primi incontri precedenti alla sua carcerazione, in un momento successivo di Marocchino non parlò più.
LUCIANO SCALETTARI. Posso andare a verificare, però sono quasi convinto che di Marocchino poi non parlò più.
PRESIDENTE. Chiudiamo il museo delle stranezze: come è entrato, lei, in contatto con Porcari?
LUCIANO SCALETTARI. Siamo entrati noi in contatto con lui quando lo abbiamo trovato fra le persone ascoltate a Torre Annunziata.
PRESIDENTE. A Torre Annunziata risultava una persona attendibile?
LUCIANO SCALETTARI. A Torre Annunziata vi erano solo delle dichiarazioni.
PRESIDENTE. Tutti quelli inattendibili andavate a prenderli voi?
PRESIDENTE. Vi ci imbattevate?
LUCIANO SCALETTARI. Beh, certamente, tra tanti abbiamo anche beccato questi. Purtroppo, si perde molto tempo anche perché per telefono non si dice mai nulla e si deve sempre andare di persona: siamo finiti nei posti più strani dai personaggi più strani. Non mi riferisco solo ad una categoria, vi erano anche poliziotti, agenti e persone per bene anche molto stimabili.
LUCIANO SCALETTARI. Porcari lo abbiamo contattato noi perché trovammo queste dichiarazioni a Torre Annunziata. Lui ci fornì una serie di racconti abbastanza singolari, strani ed un memoriale - consistente in un volume che in seguito ci chiederà di restituirgli - dove era raccontata tutta la sua vita. Lo siamo andati a visitare due o tre volte per farcene una misura. In alcuni casi, invece, fu lui a chiamarci affermando che dovevamo incontrarci urgentemente perché aveva da dirci delle cose. Noi, purtroppo, abbiamo sempre avuto questa brutta mania di continuare ad incontrarlo. Per farvi capire, appena 15-20 giorni fa, Porcari ci ha mandato un'altra lettera...
PRESIDENTE. A me l'ha mandata ieri.
LUCIANO SCALETTARI. ...dove ci fornisce un'altra mirabolante rivelazione secondo cui poteva entrare in possesso delle cassette perdute di Ilaria Alpi.
LUCIANO SCALETTARI. Comunque, c'è un limite a tutto. Quindi, ad un certo punto, abbiamo smesso di rispondere sia a Garelli sia a Porcari.
LUCIANO SCALETTARI. A parte la carità cristiana - diciamo così - data dal fatto che, comunque, si tratta di persone detenute.
PRESIDENTE. Quella sempre poiché i detenuti sono figli di Dio.
Altre due cose e poi, su questa parte, abbiamo finito.
Riguardo ai due omicidi di Li Causi e di Rostagno desidererei che lei, attraverso sintetiche rilevazioni, mi dicesse per quali ragioni e sulla base di quali fatti puntuali e specifici ha messo in collegamento - o ritiene in collegamento - gli omicidi anzidetti con quello di Ilaria Alpi. Lo ripeto: desidererei mi venissero forniti elementi concreti, precisi e puntuali, come abbiamo specificato durante tutto il corso di questo esame testimoniale. Se si dovesse trattare di una ricostruzione giornalistica la prego di dirmelo subito.
LUCIANO SCALETTARI. Secondo me, lei non dovrebbe usare questa espressione in un senso così dispregiativo.
PRESIDENTE. Giornalistica nel senso - per carità - che può rappresentare anche uno stimolo per un approfondimento. Io ho dato sempre atto e continuerò sempre a dare atto - la mia opinione non conta, anche se è trasparita abbastanza durante questi undici anni attorno a quello che è il significato, la trattazione dell'omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin - all'informazione, in particolare alla vostra informazione, di aver tenuto desta l'attenzione su una vicenda che, persino per poter essere ricondotta alle sue reali proporzioni, aveva bisogno di questo riflettore continuamente acceso (per questo, nessuno più di me riconosce il valore della vostra opera). In ogni caso, così come io riconosco la vostra opera, tutti noi dobbiamo inchinarci alla verità senza nessun fraintendimento e preconcetto. Allora, poiché voi avete collegato l'omicidio Li Causi a quello di Ilaria Alpi - e a noi interessano solo i fatti, le circostanze e gli elementi - desidererei sapere qual è l'elemento o quali sono gli elementi concreti, precisi e circostanziati in base ai quali lei afferma che l'omicidio Li Causi e l'omicidio Alpi risultano collegati tra loro.
LUCIANO SCALETTARI. L'interesse alla vicenda Li Causi è nata poiché diverse persone hanno affermato che i due si conoscevano e si parlavano.
PRESIDENTE. Lei l'ha accertata questa circostanza?
LUCIANO SCALETTARI. Vi sono queste testimonianze.
PRESIDENTE. Noi le testimonianze le abbiamo raccolte, ma nessuno ha affermato che le due persone si conoscevano. Le do un'informazione: noi abbiamo sentito tutte le persone competenti del settore, le quali hanno escluso che vi fosse una conoscenza tra Ilaria Alpi e Li Causi. Partendo dal presupposto che vi possa essere stata una conoscenza è chiaro che ciò non vuol dire che l'omicidio dell'uno sia legato all'omicidio dell'altro. Quindi, qual è il fatto che voi avete accertato?
LUCIANO SCALETTARI. Noi non li abbiamo mai collegati. Non abbiamo certezze di nessun tipo che i due omicidi siano legati, per esempio, da uno stesso movente o da stessi esecutori e mandanti. Dal fatto che i due si conoscessero abbiamo cercato di capire di più intorno alla questione Li Causi. È rilevante il fatto che, ancora oggi, vi sono delle versioni assolutamente contrastanti fra chi era con lui: e questo è notorio.
PRESIDENTE. Mi pare che da qui a...
LUCIANO SCALETTARI. Basta, non vi è nessun ulteriore collegamento.
PRESIDENTE. Mi fa piacere che questa sera vi sia questa misura nelle cose. Invece, per Rostagno?
LUCIANO SCALETTARI. Rostagno non l'abbiamo mai accostato all'omicidio Alpi,...
LUCIANO SCALETTARI. ...nel senso che non vi è collegamento tra i due: Rostagno ha una sua vicenda che viene soprattutto raccontata in quel libro di questo suo amico Di Cori.
PRESIDENTE. La questione dell'associazione in Somalia?
LUCIANO SCALETTARI. Sì, ma questo viene rilevato successivamente durante il periodo Cardella. Per quanto riguarda Rostagno si dice abbia filmato delle armi dirette in Somalia.
PRESIDENTE. Quindi, persino a livello giornalistico questa tesi la possiamo mettere da parte.
Io con le domande al dottor Scalettari, che ringrazio per la disponibilità e per gli approfondimenti che ci ha consentito, avrei finito, quindi metterei il testimone a disposizione della Commissione.
Do ora la parola all'onorevole Schmidt.
GIULIO SCHMIDT. Vorrei porgere una breve domanda al dottor Scalettari poiché mi riservo di intervenire in seguito.
Lei ha sostenuto che delle persone dichiararono che Li Causi e Ilaria Alpi si conoscevano. Se lei ricorda, desidero sapere - trattandosi di fonte non coperta da alcun diritto giornalistico poiché non rivela qualcosa di strano, ma solo che due persone si conoscevano - chi e quante erano le persone (una, due e così via) - sempre che debbano considerarsi attendibili - che le hanno fatto questo riscontro di conoscenza. Essendo lei un giornalista può capire l'importanza di questa domanda, nel senso che la conoscenza presuppone altri motivi di indagine e collegamenti, soprattutto su informazioni che Ilaria Alpi avrebbe potuto acquisire e riguardanti la mala cooperazione e, soprattutto, quei famosi 1.400 miliardi che lei ha annotato su un foglio. Quindi, la prego di comunicare alla Commissione i nomi delle persone che le hanno riferito circa la conoscenza tra Li Causi e Ilaria Alpi: inoltre, eventualmente, vorrei sapere qualcosa riguardo il livello di detta conoscenza.
LUCIANO SCALETTARI. Sto pensando poiché non vorrei mettere in bocca a qualcuno ciò che mi ha detto qualcun altro.
Una cosa la ricordo, perché era scritta. Sicuramente, li mette in connessione il maresciallo Aloi, in maniera forte, in quanto afferma che i due si scambiavano informazioni, una cosa inusuale.
GIULIO SCHMIDT. Questo lo ha soltanto letto o glielo ha riferito personalmente il maresciallo Aloi?
LUCIANO SCALETTARI. Me lo ha detto durante un incontro e l'ho anche letto nel diario che ha consegnato all'autorità giudiziaria. Successivamente il maresciallo si è reso irreperibile e non abbiamo avuto modo di contattarlo nuovamente dopo le polemiche sorte in relazione al suo diario. Nel diario comunque ne parla, peraltro sbagliando anche la data della morte di Li Causi. Inoltre, quasi certamente ce ne hanno parlato anche alcuni dei militari del contingente che abbiamo contattato. Non ricordo se si tratta di una delle cose che mi ha riferito Carlini, perché non sono sicuro se si tratta di uno di quelli. Sono sicuro che Carlini parla del fatto che gli agenti del Sismi presenti avevano tutti contatti quasi quotidiani con Marocchino. Nell'intervista dice che andavano da lui tutti i giorni in quanto lui comandava l'ex ambasciata di Mogadiscio. Credo abbia anche detto che vi sia stata anche una certa conoscenza, ma a memoria non ci giurerei. Su queste cose potrei essere più preciso dopo aver consultato l'archivio. Si tratta di tutte cose che abbiamo ovviamente segnalato.
Una fonte per noi da sempre riservata, un ex appartenente a Gladio, sostiene la conoscenza fra i due, ma in questo caso non posso fornire la sua identità.
Nel primo periodo avevamo contattato diversi militari presenti allora in Somalia, ma i nomi non li ricordo, posso però cercare di recuperarli.
GIULIO SCHMIDT. Voi ne siete venuti casualmente a conoscenza? Stavate cercando riscontro ad un'ipotesi oppure vi è capitato di averne conoscenza per caso?
LUCIANO SCALETTARI. Il punto di partenza iniziale è il diario di Aloi, da lì abbiamo cominciato a cercare di verificare se quella roba ha un fondamento, perché prima di allora nessuno lo aveva mai asserito. Abbiamo cercato di capire se altri sostenevano che i due si fossero conosciuti. Ad esempio, avevamo come riferimento il cameraman che ha viaggiato di più con Ilaria Alpi, il quale riferisce un episodio in cui Ilaria Alpi, appena scesi da un aereo dice: «Hai visto quello che mi era accanto? Quello è uno del Sismi e secondo me stava provando ad abbordarmi». Vado a memoria e posso essere un po' impreciso.
Abbiamo cercato di capire chi potesse essere costui - poteva essere Li Causi oppure uno degli altri cinque o sei uomini del Sismi presenti - ma non siamo mai riusciti ad identificarlo. È chiaro che per un giornalista avere tra le proprie fonti un agente dei servizi è importante in quanto si possono avere informazioni rilevanti, ciò potrebbe anche giustificare il fatto di muoversi in una certa direzione, proprio perché è giunta un'informazione da un ambiente di questo tipo, per cui è chiaro che non si sa mai se questa informazione arriva per indirizzarti verso una certa direzione oppure se si tratta di un'informazione buona.
GIULIO SCHMIDT. Riassumendo, l'idea comunque dell'importanza di un collegamento tra Li Causi e Ilaria Alpi era presenta nella vostra ipotesi di indagine?
LUCIANO SCALETTARI. Certo, ma soltanto a partire dalla segnalazione contenuta nel diario.
GIULIO SCHMIDT. Conoscendo bene la vostra preparazione investigativa, credo che non sia stato soltanto il diario a suggerirvi questa ipotesi, perché mettere insieme Li Causi con Ilaria Alpi rappresentava un motivo di una certa rilevanza.
LUCIANO SCALETTARI. La vicenda Li Causi era già nota da tempo quando cominciammo a lavorare su questo, si sa bene chi era e si sa che la sua figura è stata sminuita, mentre è noto che in realtà ha compiuto molte operazioni coperte. Era una punta di diamante, una figura rilevante già ai tempi del sequestro Dozier, si sa che faceva parte di una struttura che proprio nel 1992, per decisione del Presidente Andreotti, viene resa pubblica, e che da quel momento lui finisce in Somalia.
GIULIO SCHMIDT. Quando dice che si trattava di una figura rilevante lo dice perché la fonte, che lei tutela sotto il diritto di segretezza giornalistico, le ha indicato questa fisionomia di Li Causi?
LUCIANO SCALETTARI. Sicuramente, questo ritratto viene anche dalla mia fonte, ma deriva anche da atti parlamentari della Commissione antimafia che si possono reperire. La prima cosa che mi viene in mente è la relazione dell'onorevole Brutti, che parla della loggia Scontrino e del centro Gladio di Trapani, che viene comandato per un certo periodo da Li Causi, soffermandosi sulla stranezza di questo centro Gladio, che dei cinque è quello più anomalo, su cui si è addirittura paventata l'incostituzionalità. A tutt'oggi, non si sa come siano stati utilizzati i fondi, ed era il periodo in cui Li Causi era il comandante. Si tratta di una figura che anche adesso meriterebbe degli approfondimenti.
PRESIDENTE. Conosceva Grignolo?
PRESIDENTE. Quando lo ha conosciuto?
LUCIANO SCALETTARI. Mi sembra di averlo conosciuto nel 2002 o nel 2003 al massimo.
PRESIDENTE. Quali sono le ragioni per cui lo ha contattato? Per la vicenda Ilaria Alpi?
LUCIANO SCALETTARI. No, principalmente perché lui era stato per molto tempo responsabile del reparto che si occupava proprio di traffici d'armi e di materiale strategico. Finché era in servizio è stato inavvicinabile, una volta andato in pensione siamo riusciti ad avvicinarlo tramite un parlamentare.
PRESIDENTE. Questo avviene nel 2003?
LUCIANO SCALETTARI. Sì, almeno mi pare. Sicuramente, avviene dopo l'uscita del libro.
PRESIDENTE. Vi ha fornito qualche contributo? Noi gli abbiamo sequestrato un suo biglietto da visita, quindi sapevamo della vostra conoscenza.
LUCIANO SCALETTARI. Perfetto, anche in quel caso eravamo tutti e tre, quindi avrebbe dovuto avere anche i biglietti degli altri due.
PRESIDENTE. Quelli è riuscito ad occultarli.
LUCIANO SCALETTARI. Non ci ha detto cose particolari, è stato prezioso per noi per il quadro storico che ci ha rappresentato, perché è stato una figura rilevante all'interno del Sismi; si sapeva, è un fatto storico, che Grignolo e Rajola erano due tra i personaggi più potenti e spesso in contrasto tra loro. Noi, come giornale, avevamo avuto una vecchia disavventura con Grignolo. Egli si presentò dal nostro direttore all'epoca del caso, Buracchia, quando pubblicammo l'intervista del comandante italiano, dove diceva che forse si poteva fare a meno di cominciare la prima guerra del Golfo. Successe un finimondo e Grignolo si presentò al giornale chiedendo la cassetta dell'intervista per chiudere la vicenda. Il vicedirettore di allora, l'attuale direttore, lo mise praticamente alla porta. Andato in pensione, ha tuttavia accettato di incontrarci, anche se non ci ha detto nulla di rilevante. Noi abbiamo anche cercato di capire di più riguardo a questo rapporto fra lui e Rajola, ma è stato inossidabile sotto questo punto di vista. Viceversa, ci ha fornito uno spaccato importante del Sismi, per capire come funzionano certi meccanismi, almeno per quello che riteneva di poterci dire.
PRESIDENTE. Ma lui ammise di essersi occupato della vicenda di Ilaria Alpi? Ha fatto mai riferimento ad un contrasto con Rajola rispetto alla gestione della vicenda somala e della questione di Ilaria Alpi nello specifico?
LUCIANO SCALETTARI. Sulla vicenda somala, certamente, mentre nel caso di Ilaria Alpi non ricordo alcun accenno. Ricordo, invece, che ci confermò il viaggio del 1992 di una missione italiana, dove erano presenti lui, Pucci e l'avvocato Duale, mentre Rajola era già a Nairobi. Sapevamo dall'avvocato Duale, che la sua partecipazione a questa missione era stata caldeggiata da Andreotti come mediatore tra i due signori della guerra.
PRESIDENTE. Che rapporti ha con Duale? Sapeva che si trattava di un informatore dei servizi?
LUCIANO SCALETTARI. Nella mia testa lo avevo anche pensato: uno che ha fatto l'accademia ha rapporti con molti militari, anche dei servizi italiani. Tuttavia, personalmente non me lo ha mai riferito.
PRESIDENTE. Che rapporti ha avuto con Duale?
LUCIANO SCALETTARI. Lo abbiamo conosciuto quando era il difensore di Hassan (già nel gennaio del 1998 andammo nel suo studio per capire cosa stava accadendo).
PRESIDENTE. Vi ha mai fatto qualche rivelazione sulla vicenda di Ilaria Alpi?
LUCIANO SCALETTARI. Ci ha detto alcune cose, senza mai fornirci degli elementi tali da poterle pubblicare. Ricordo che in una conversazione ci disse quanto erano stati pagati i killer di Ilaria Alpi, ma a distanza di un mese ci disse una cifra diversa. Prima parlò di 60 mila dollari e poi di 100 mila. Due informazioni così diverse su un punto così importante ci hanno reso un po' perplessi.
PRESIDENTE. A chi li riferiva questi killer? Ha fatto mai qualche dichiarazione sui clan di appartenenza?
LUCIANO SCALETTARI. No, non ci ha riferito niente su questo.
PRESIDENTE. Considerava indigena l'iniziativa criminale?
LUCIANO SCALETTARI. Parlando di pagamenti di killer, ha parlato anche di un mandante e di un mediatore, senza però indicarli.
PRESIDENTE. Ha parlato di possibili mandanti italiani o somali, in particolare come pagatori?
LUCIANO SCALETTARI. Ha parlato di mandanti somali e, forse, anche di italiani, senza mai specificare. Credo che lui abbia fatto un riferimento generico ad italiani e somali, ma senza fornirci elementi concreti.
PRESIDENTE. Sa a chi appartiene questo numero di telefono: 338-2408516?
LUCIANO SCALETTARI. Ho buona memoria per i numeri, ma questo non lo ricordo proprio.
CARMEN MOTTA. Credo che oggi il presidente abbia esaurito tutti i possibili approfondimenti e le possibili valutazioni per gli elementi che interessano questa Commissione.
LUCIANO SCALETTARI. Quindi, non ci intercetterete più?
CARMEN MOTTA. Credo che il presidente abbia ampiamente esaurito le questioni all'ordine del giorno del suo esame testimoniale. Come sempre accade nel caso di questioni rilevanti, l'esame testimoniale ha avuto momenti di tensione, ma ritengo comunque che esso sia stato positivo sotto tale punto di vista.
CARMEN MOTTA. Andrei piano nel dire utile o inutile, direi piuttosto positivo nel suo complesso. L'esame testimoniale è comunque servito alla Commissione. Indirettamente, può esserci utile per riflettere e vedere se vi sia la necessità di fare ulteriori approfondimenti. Ringrazio il presidente che ha voluto dare seguito a quello che noi avevamo pensato fosse particolarmente utile per la Commissione stessa dopo il viaggio in Somalia dei giornalisti accompagnati anche da un parlamentare. A noi è parso assolutamente doveroso e giusto operare un puntuale riscontro dei dati che questa missione ha raccolto. Ringrazio anche il dottor Scalettari che ha voluto portare il suo contributo di conoscenza e di elementi anche in questa occasione. Anche in questo caso la Commissione tenterà di valutare tutti gli elementi, animati dal fatto che noi stiamo cercando di giungere ad una soluzione positiva che ci aiuti a trovare gli elementi che hanno portato ad un fatto così grave e triste come l'uccisione di questi nostri connazionali. Credo che anche le ultime valutazioni del dottor Scalettari potranno essere elementi di stimolo per le nostre riflessioni. Ritengo, quindi, che la giornata sia stata utile e proficua.
GIULIO SCHMIDT. Signor Scalettari, mi tolga una curiosità. Quando Porcari mise più volte sul tappeto la possibilità di avere e di consegnare a voi i presunti diari mancanti, lei che impressione ha avuto?
LUCIANO SCALETTARI. Eravamo già nella fase in cui lui aveva perso ogni appeal per noi. In quel caso ho detto ai colleghi che avrei risposto con due righe
alla sua ennesima lettera. Gli ho scritto che se ci avesse mandato qualche riga dei presunti diari mancanti di cui era in possesso noi saremmo stati in grado di fare una perizia calligrafica. Gli scrissi poi che qualora da ciò fosse risultato che si trattava della grafia di Ilaria Alpi la cosa ci avrebbe sicuramente interessato. Ma non ci ha mai mandato alcunché.
GIULIO SCHMIDT. Veniamo alle fonti.
Per quale motivo - visto che, comunque, vi è stata un'ampia frequentazione telefonica - la fonte ha mantenuto questo atteggiamento che mirava a considerare il memoriale de L'Espresso una rivelazione straordinaria? Qual è, secondo lei, la ragione che ha spinto la fonte a costruire un'impalcatura di questo genere?
LUCIANO SCALETTARI. Guardi, si tratta di una persona con seri problemi di salute ed una lunga condanna da scontare, quindi mi spiace infierire. Posso dire che all'inizio del 2003 - credo in inverno - ci siamo recati in Valle d'Aosta e abbiamo passato una notte in piedi per aspettare un presunto suo uomo che avrebbe dovuto portarci una cartella di documenti. Siamo persino arrivati a far questo e ciò, ovviamente, non è stato di alcuna utilità, nel senso che non sono mai arrivati né l'uomo né la cartella. Quindi, il nostro atteggiamento è stato sempre quello di sperare che, pur nella contraddittorietà e così via, potessero emergere degli elementi. I documenti poi possono essere verificati nella loro autenticità, però vi debbono essere e questo, nel caso in questione, non è mai avvenuto. Alla fine, non abbiamo ritenuto che si fosse in presenza di una sufficiente attendibilità.
PRESIDENTE. Da Famiglia Cristiana ci si attende una comprensione cristiana.
LUCIANO SCALETTARI. Ci abbiamo provato e riprovato, anche perché la persona in passato era incorsa nell'incidente della calunnia. In ogni caso, precedentemente - in una fase in cui era collaboratore di giustizia -, aveva riferito ai magistrati delle cose che sono state riscontrate e che, in seguito, hanno portato a condanna. Scusi, ma mi sono ricordato quello che intendevo precisare poco fa: attraverso di lui non è stato smantellato il clan Mancuso, ma il clan Romeo.
PRESIDENTE. Quando lei mi ha parlato ha citato il clan Mancuso.
LUCIANO SCALETTARI. Le ho parlato di Mancuso perché noi eravamo a Vibo Valentia a fare un servizio riguardante il clan Mancuso, ma la fonte ci ha parlato del clan Romeo.
PRESIDENTE. Quindi, della Locride?
LUCIANO SCALETTARI. Non sono così esperto da avere a mente la mappa della zona, comunque so che i Romeo all'epoca erano piuttosto importanti.
PRESIDENTE. Si tratta della stessa zona di Fortugno.
LUCIANO SCALETTARI. Quindi, il soggetto aveva un passato caratterizzato da credibilità e delle macchie di non credibilità consistenti in una calunnia verso un magistrato.
È chiaro - voi lo sapete meglio di me - che queste figure, a volte, mescolano il vero ed il falso; vi è stata la speranza che vi fosse del vero in quello che affermava, che si trattasse, effettivamente, di una storia credibile.
LUCIANO SCALETTARI. Se nessuno ha più niente da dire, posso dire una cosa? Nel febbraio scorso avevamo chiesto alla Commissione se era possibile avere copia della documentazione presentata dall'avvocato Menicacci.
PRESIDENTE. No, non è possibile, abbiamo già valutato la questione.
LUCIANO SCALETTARI. Le ho posto questa domanda poiché in riferimento alla richiesta in oggetto non abbiamo mai avuto risposta.
PRESIDENTE. Stiamo aspettando di fare le dissegretazioni degli atti. Tra le varie accuse rivolte alla Commissione - formulate anche da lei nell'atto di dimissioni - vi è anche quella relativa alla segretazione degli atti; noi abbiamo agito in questo modo esclusivamente per motivi di carattere investigativo. Attualmente, stiamo procedendo ad una complessiva analisi di tutti gli atti al fine di dissegretare tutto quello che risulti dissegretabile. Tra gli atti in esame vi sono anche quelli di suo interesse, per cui nell'arco dei prossimi sette o otto giorni lei potrà rivolgersi alla segreteria della Commissione per sapere se e quanto le potrà essere fornito.
LUCIANO SCALETTARI. Noi conosciamo questi atti essendo stati consulenti e debbo dire che contengono affermazioni diffamatorie ed anche calunniose; di conseguenza, dobbiamo difenderci da ciò che si sta seminando in varie aule.
PRESIDENTE. Certamente. A parte il fatto che non abbiamo ancora concluso, poiché dobbiamo ancora procedere a un esame testimoniale e al confronto tra lei e la persona che ascolteremo, mi associo alle osservazioni, alle rilevazioni fatte dall'onorevole Motta. Anch'io, infatti, ritengo che quella odierna sia stata una giornata importante perché molte delle notizie che sono pervenute - a partire da quella conferenza stampa in cui, come al solito, il fango in faccia lo avete buttato a me (ma non fa niente poiché sono abituato) ci siamo sentiti in dovere di riscontrarle raccogliendo una massa convergente...
LUCIANO SCALETTARI. Presidente, su questo vi è stata una certa reciprocità.
PRESIDENTE. No, sempre in reazione. Dicevo che abbiamo raccolto una massa convergente di dichiarazioni che vanno tutte nella medesima direzione. Il risultato, come giustamente è stato detto, sarà poi valutato dalla Commissione nel suo complesso, però credo che abbiamo chiarito ogni punto. Tra l'altro, l'occasione mi è gradita per ringraziare nuovamente lei e la dottoressa Barbara Carazzolo per il lavoro proficuo ed importante che avete riservato alla Commissione nell'anno di vostra consulenza. Le occasioni di carattere strettamente giuridico che ci hanno imposto di privarci del vostro contributo sono tra quelle sempre presenti nella nostra considerazione.
LUCIANO SCALETTARI. A mia volta ringrazio lei, signor presidente, sottolineando, però, che siamo stati noi a dimetterci.
PRESIDENTE. Sì, ma se noi non avessimo accettato le sue dimissioni lei sarebbe ancora qui.
LUCIANO SCALETTARI. No, credo che mi sarei comunque dimesso.
PRESIDENTE. Questo è un altro discorso, poiché se aveste dato delle dimissioni irrevocabili non le avremmo prese, certamente, in considerazione, ma le vostre non lo erano. La ringrazio ancora. Dichiaro concluso l'esame testimoniale.
![]() |
![]() |