Back Forward

Seduta del 13/10/2005


Pag. 2


...
Esame testimoniale di Bonifazio Incisa di Camerana.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame testimoniale del generale Bonifazio Incisa di Camerana, al quale facciamo presente che è ascoltato con le forme della testimonianza e quindi con l'obbligo di dire la verità e di rispondere alle domande che via via gli verranno rivolte.
Intanto, può darci - l'avrà già fatto chissà quante volte, ma purtroppo occorre ripetere - le sue generalità: luogo e data di nascita e attuale attività professionale.

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Sono nato a Novara il 19 febbraio 1934, di professione ufficiale dell'esercito in congedo assoluto. Attualmente svolgo la duplice attività di agricoltore e di amministratore locale.

PRESIDENTE. Beato lei...

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Amministratore locale un po' meno, anche perché sono capo della minoranza.

PRESIDENTE. È vero. La minoranza è sempre un problema...
Generale, sa che ci interessiamo dell'omicidio dei due giornalisti italiani, Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, che siamo alle ultime battute dei nostri lavori, e che il duplice omicidio si colloca esattamente il 20 marzo 1994. Quale ruolo rivestiva lei all'epoca dei fatti?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. All'epoca ero capo di stato maggiore dell'Esercito, essendo stato nominato il 21 ottobre 1992 ed avendo lasciato l'incarico il 19 febbraio 1997.

PRESIDENTE. Si è mai recato in Somalia?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Sono andato in Somalia una volta, quando il comandante del contingente era il generale Loi. Mi sono recato lì al seguito del ministro della difesa.

PRESIDENTE. Per quale motivo era stata compiuta questa visita del ministro della difesa accompagnato dal capo di stato maggiore?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Il contingente italiano era lì su mandato dell'ONU dall'anno precedente, cioè dal 1991. Ogni tanto i superiori vanno a fare dei giri per rendersi conto di come vanno le cose sul posto.
Approfittai del fatto che il ministro della difesa aveva pianificato un viaggio, che attraverso Mogadiscio portava poi a


Pag. 3

Maputo, dove c'era un altro contingente italiano, e lo accompagnai. Ciò avvenne nel periodo del generale Loi. Nel periodo del generale Fiore io non andai, ma andò il sottocapo di stato maggiore dell'esercito.

PRESIDENTE. Dunque, sostanzialmente si trattò di una visita per stabilire come stessero.

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Certo.

PRESIDENTE. Non ci fu una ragione specifica, insomma...?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. No.

PRESIDENTE. ...almeno a suo ricordo. Lei è in grado di ricostruirci la situazione sul piano sia politico-militare sia sociale nei rapporti tra il contingente italiano e la Somalia, in quell'epoca?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Sì.

PRESIDENTE. Prego.

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Il periodo in Somalia si divide in due sottoperiodi. Vi fu una prima risoluzione dell'ONU, del 28 agosto 1992, che stabiliva di incrementare fino a 3.500 unità la forza ONU in Somalia (il nome che le era stato dato allora era Unosom). Ciò avvenne perché continuavano gli scontri tra la popolazione e le violenze sulla popolazione.
Vi fu poi una seconda risoluzione dell'ONU, la n. 794 del 3 dicembre 1992, che riconosceva l'inadeguatezza del contingente Unosom alla situazione somala e ne sospendeva l'incremento, accoglieva l'offerta degli Stati Uniti d'America di mettere a disposizione un proprio contingente militare ed invitava tutti gli Stati membri ad inviare proprie forze. Con questa seconda risoluzione partiva il primo contingente italiano, che agiva quindi su mandato dell'ONU, ma alle dipendenze degli Stati Uniti d'America. Infine, vi fu una terza risoluzione dell'ONU.

PRESIDENTE. Di quand'è la terza?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Non ho la data, ma posso ricordare che gli Stati Uniti, in un bel momento, non avendo ottenuto forse quello che volevano ottenere, praticamente si ritirarono, e allora l'ONU riprese in mano la situazione ed emanò la risoluzione n. 814/1993 con la quale stabilì che le forze che agivano in Somalia erano alle dirette dipendenze dell'ONU. In particolare, vi erano un civile e un generale che, nella fattispecie, per questo primo periodo, fu un turco, il generale Bir. Questa è la seconda parte.
All'inizio inviammo, come parte principale del contingente e comando, la brigata paracadutisti, e quindi il generale Loi. Quando iniziò la seconda fase avvenne un cambiamento (anche perché ogni sei mesi, o ogni quattro mesi, secondo i periodi e secondo l'intensità della missione, si cambiano le truppe), e la brigata paracadutisti, come nucleo centrale, fu sostituita dalla brigata Legnano, il cui comandante era il generale Fiore.
Questa seconda parte, alle dipendenze del generale Bir, vede il contingente comandato dal generale Fiore costituito per la gran parte dalla Legnano più dei rinforzi, in elicotteri e altro.

PRESIDENTE. Quindi, nel 1994, alla data di nostro interesse, il regime è quello derivante dalla seconda risoluzione ONU e dal rapporto diretto tra Unosom e il contingente italiano. È esatto?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. È esatto.

PRESIDENTE. Proprio su questo vorrei per un attimo capire come stessero le cose. Qual era il rapporto organico, funzionale, tra il contingente italiano e Unosom - naturalmente parliamo di capi - e soprattutto quali erano i rispettivi compiti?


Pag. 4


BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Per quanto riguarda la prima parte della domanda si tratta di quello che noi chiamiamo organizzazione di comando e controllo, cioè qual è la catena di comando e come si svolgono le cose. Chi comanda? Comanda l'ONU. L'ONU comanda essenzialmente dal punto di vista politico. Per il nostro contingente - e penso che gli altri contingenti fossero più o meno nella stessa situazione - la catena di comando era la seguente: allo stato maggiore della difesa italiano il coordinamento generale di tutti gli interventi (infatti, c'è l'esercito, ma anche la marina e l'aeronautica), e al capo di stato maggiore dell'esercito il comando pieno del contingente italiano, avendo però delegato al generale Bir, comandante dell'ONU, quello che noi chiamiamo il controllo operativo. Se volete, posso leggervi le definizioni ufficiali che dicono che cosa sono queste strane cose.

PRESIDENTE. Da chi dipendeva Fiore?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Fiore dipendeva, per il comando pieno, da me.

PRESIDENTE. Scusi, generale, per capire: che cosa significa il comando pieno? Era quello a cui spettava il coordinamento di tutte le forze sia Unosom che...

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. No.

PRESIDENTE. Insomma, il comando da cui dipendeva il generale Fiore, cioè il capo di stato maggiore, era il momento di coordinamento di tutte le forze che operavano in Somalia, italiane e somale?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. No.

PRESIDENTE. E italiane e ONU?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. No. In genere nelle operazioni ONU la formula è quasi sempre questa: ogni nazione che manda un contingente mantiene il comando pieno (in questo caso il capo dello SME), e delega ai comandanti ONU in loco, quindi il generale Bir, il controllo operativo. E possiamo leggere che cos'è il controllo operativo, in modo che sia chiaro.
Leggo: «Il controllo operativo» - queste sono le definizioni ufficiali - «corrisponde all'autorità delegata ad un comandante» - che, nella fattispecie, io avevo delegato al generale Bir e negli ultimi giorni ad un generale malese (infatti, proprio negli ultimi giorni cambiò il comandante, che non era più un generale turco, ma malese) con un nome impronunciabile, come Abnus Alm - «di impiegare le forze assegnategli per l'assolvimento di specifiche missioni o compiti che sono normalmente limitati nelle funzioni, nel tempo e nello spazio.».
Quindi, il contingente ha un compito. Il compito viene fissato in maniera generale dall'ONU, in maniera particolare attraverso un documento che si chiama «ordine di operazioni», dallo stato maggiore dell'esercito, in cui si dice quali sono i compiti. Lui, quindi, può impiegare le forze per un periodo limitato, per fare assolvere quei compiti che sono stati fissati da noi. Ha la possibilità e la responsabilità di schierare le forze. Può dire «sì, questo battaglione va bene qui», o, «no, questo battaglione lo spostate là», perché lui è il responsabile di questo compito. Poi, può mantenere o delegare il cosiddetto controllo tattico. Il controllo tattico è una cosa situata più in basso, che si può dare, ma che non credo sia stato dato. Il controllo operativo, quindi, non include l'autorità di attribuire alle forze incarichi diversi da quelli per i quali esse gli sono state assegnate. Perciò, lui non può dire: ho questo contingente italiano che deve fare questo e quest'altro e invece decido di fargli fare un'altra cosa. Questo non lo può fare, perché lo fa chi ha il comando pieno. E non implica di per sé - e infatti non lo implicava - «il controllo in campo logistico e amministrativo», che rimaneva nella responsabilità nazionale.


Pag. 5


PRESIDENTE. In generale, ho capito.
Adesso vorrei capire una cosa molto più concreta e molto più calibrata sulle nostre esigenze. Facciamo il caso che ci interessa. Il 20 marzo 1994, due cittadini italiani vengono uccisi in una via di Mogadiscio, tra l'altro nei pressi dell'ex ambasciata italiana e, per quanto possa rinfrescare il suo ricordo, nei pressi di un hotel che si chiamava Hamana.
Noi abbiamo cercato di capire chi dovesse interessarsi di questo accadimento, dal punto di vista dell'ordine pubblico in genere (posto che la Somalia non esisteva, come governo, come paese, come istituzioni, come polizia). Poiché Mogadiscio nord, all'epoca, era in mano ad uno dei signori della guerra, Ali Mahdi, mentre Mogadiscio sud era in mano ad un altro signore della guerra, Aidid, posto quindi che sulla Somalia - almeno salvo il fatto che lei ci faccia qualche puntualizzazione - non si sarebbe dovuto e potuto fare alcun affidamento, al verificarsi di un fatto di questo genere, secondo le disposizioni delle quali lei in generale ha parlato, ma eventualmente facendo anche richiamo ad alcune più specifiche, chi si sarebbe dovuto interessare dell'accadimento, quindi della raccolta di elementi, dell'individuazione di eventuali responsabili, delle azioni conseguenti a questa individuazione e via dicendo?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Innanzitutto, è chiaro che chi se ne deve occupare è la gente sul posto. Certo è che si tratta di una cosa che richiede una decisione di uno, due, tre, o quattro minuti: vado o non vado? Mando subito i carabinieri o non li mando? Faccio portare le due persone sul molo? Non è che lo possa decidere l'ONU, perché qui a Roma è arrivato un messaggio un'ora dopo, dove era scritto: oggi sono stati uccisi la giornalista Ilaria Alpi e il suo operatore. E nient'altro, senza nessun particolare. Quindi, sul posto. Ora, però, dire a chi competeva è più difficile.

PRESIDENTE. A chi spettava il compito o la funzione - uso un termine tecnico che forse può essere inappropriato anche se nel nostro paese è adeguato - di polizia giudiziaria? Mi sembra una parola che suona quasi come una campana spaccata!

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Abbiamo un documento (Mostra un documento) che dice quali sono i compiti del nostro contingente; qui è scritto praticamente tutto.
Lo leggo: «La missione ha i seguenti compiti: verificare che tutte le fazioni continuino a rispettare la cessazione delle ostilità e tutti gli accordi sottoscritti, in particolare quelli di Addis Abeba del gennaio 1993; prevenire qualsiasi ripresa della violenza e se necessario intraprendere adeguate azioni nei confronti della fazione che violi o minacci di violare la cessazione delle ostilità; mantenere il controllo degli armamenti pesanti appartenenti ai gruppi organizzati che saranno stati posti sotto controllo internazionale, in attesa della loro eventuale distruzione o del trasferimento al futuro esercito nazionale somalo; requisire le armi leggere di tutti gli elementi armati non autorizzati e contribuire alla loro registrazione e conservazione; garantire la disponibilità o la sicurezza di tutti i porti, aeroporti e linee di comunicazione necessarie per la distribuzione degli aiuti umanitari; proteggere, in funzione delle necessità, il personale, le installazioni e gli equipaggiamenti appartenenti alle Nazioni Unite e alle sue agenzie, al Comitato internazionale della Croce rossa e alle organizzazioni non governative, ivi incluso l'uso della forza, al fine di neutralizzare gli elementi armati che dovessero attaccare o minacciare di attaccare tali strutture o il personale in esse operante, in attesa che venga ricostituita la nuova polizia somala, eccetera; fornire assistenza al popolo somalo nello sviluppo di un programma coerente e integrato per la rimozione delle mine; fornire assistenza ai rifugiati e ai profughi; continuare a mantenere un efficace embargo sulle armi alla Somalia; favorire la costituzione della


Pag. 6

polizia somala; espletare qualsiasi altra azione che sia autorizzata dal Consiglio di sicurezza».

PRESIDENTE. Ebbene, mi sembra che il controllo al quale si fa riferimento in particolare nella prima parte del documento - relativo all'esigenza di prevenire violazioni dell'accordo e azioni di aggressione in via generale, quindi non soltanto con riferimento ai rapporti tra militari (se regolari o irregolari non ha importanza) - comprenda sicuramente il problema che ci occupa. Infatti, per quelle che sono state anche le immediate rappresentazioni del fatto, l'aggressione è stata effettuata in danno di due cittadini italiani da parte sicuramente di una banda armata, per cui certamente si è nell'ambito di quella prima prescrizione.
Una volta accertato ciò, in che modo si sarebbe dovuto intervenire sul piano operativo, da parte del contingente italiano, e con quali articolazioni interne del contingente? Poi passiamo ai compiti di Unosom.

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Credo sia un po' difficile dare una risposta esauriente. Vorrei solo dire che, nel giorno in cui è successo il fatto di cui parliamo, era già stato emesso un altro ordine di operazioni, riguardante il rientro del contingente. Sappiamo che il giorno successivo al fatto tutto il contingente è partito, ma già da una decina di giorni si stava caricando il materiale, e così via.
Per esempio, vorrei leggere - perché penso che possa essere utile - un paragrafo che si riferisce alla situazione locale: è il comandante che fa questo ordine, poi lo stato maggiore lo approva...

PRESIDENTE. Il comandante sarebbe Fiore, in questo caso?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Sì, Fiore. Egli dice - si tratta di documenti ufficiali - quanto segue: «La situazione conflittuale in Somalia, che vede contrapposte numerose fazioni locali, è caratterizzata da un progressivo evidente deterioramento, in particolare nelle aree sotto la responsabilità di Unosom, con conseguente generale accentuazione dei rischi per il contingente Ibis 2, in concomitanza con lo sviluppo delle operazioni di rimpatrio. Tale situazione discende principalmente dai seguenti fattori: continuo rafforzamento delle varie milizie locali ed incremento delle relative capacità tattiche; crescente attivismo antioccidentale e anticristiano da parte degli integralisti islamici e sempre più intensa attività di bande armate irregolari; incompleto controllo del territorio da parte di Unosom 2 e della polizia somala, con conseguente proliferazione di episodi di delinquenza comune a danno sia dei cittadini sia delle organizzazioni non governative; crescente insofferenza della popolazione ai controlli cui viene sottoposta da parte di Unosom 2; insorgere presso la popolazione locale di qualche risentimento nei confronti del contingente italiano, che è stato il solo a proseguire nei tempi più recenti la prevista attività di requisizione delle armi; possibile ulteriore malumore della popolazione nei confronti dell'Italia, da cui viene attesa una cessione del materiale portato in Somalia dal contingente Ibis 2»...

PRESIDENTE. Per materiale cosa si intende? Armi?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. No, armi mai. Non so, ad esempio, quando il nostro contingente è stato in Libano, ha lasciato la cucina da campo; addirittura, mi pare che abbia lasciato l'ospedale da campo completo; si tratta di cose del genere, insomma. Armi mai.
Continuo a leggere: «Progressiva riduzione della capacità operativa di Unosom 2 per effetto del ritiro del contingente occidentale»: siccome era incominciato il ritiro, nell'area di Unosom 2 c'erano meno soldati e si poteva controllare meno bene.
«Minor sicurezza offerta dalle forze ONU subentrate, che risultano complessivamente meno affidabili dal punto di vista operativo e che sono in gran parte invisi alla popolazione somala»: erano cambiati


Pag. 7

i contingenti nazionali; a mano a mano che andavano via i contingenti nazionali, ad una nazione ne subentrava un'altra. Allora, arrivavano contingenti o di nazioni che non avevano grandi tradizioni di esercito (nazioni del terzo mondo, che si stavano organizzando) o addirittura di nazioni che avevano qualche problema in generale con la Somalia. «Accertata disponibilità locale di armi a tiro lungo - mortai - con crescente rischio in particolare per la sicurezza dell'aeroporto di Mogadiscio». Ecco questa era la situazione, insospettabile, nel febbraio 1994.

PRESIDENTE. Quindi, questo è il quadro in cui si collocano i nostri avvenimenti.

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. In più, da quel che mi risulta dalle relazioni - l'ho letto da qualche parte -, quando è successo il fatto il contingente era già tutto imbarcato o era nel porto, salvo, mi sembra, dodici carabinieri che erano ancora in ambasciata per la protezione dell'ambasciatore Scialoja. Questa è la situazione.

PRESIDENTE. Generale, in una situazione come questa, mi pare di capire che la legittimazione - anzi la doverosità - dell'intervento era nelle disposizioni che lei ha ricordato. In una situazione così calda, come quella descritta nella relazione pervenuta al capo di stato maggiore da parte del generale comandante del contingente, chi del contingente avrebbe avuto il dovere di intervenire per capire che cosa fosse successo e raccogliere elementi che consentissero di fare approfondimenti anche di carattere investigativo? Chi si sarebbe dovuto interessare, per capire quali fossero gli autori di questo episodio?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. A monte o a valle del fatto specifico? Prima a monte e poi a valle o viceversa?

PRESIDENTE. Io direi ad episodio verificatosi, perché mi pare di capire che sul quadro nel quale dobbiamo inserire doveri e diritti siamo d'accordo. È un episodio sul quale avrebbero dovuto prestare attenzione le autorità del contingente italiano.

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Cioè, ci riferiamo al fatto - per quanto ho letto (la relazione del generale Fiore), perché molti fatti su cui la Commissione ha tenuto audizioni li ho seguiti solo sulla rassegna stampa, avendo lasciato il servizio ormai da otto anni - che questo signor Marocchino, che interviene perché è lì sul posto, viene avvisato da un suo collaboratore, contatta una nostra nave e riferisce che sono state colpite due persone di cui una viene data sicuramente come morta, mentre per l'altra si dice: forse, non si sa, sembra, ma non è chiaro. Parla con la nostra nave, e l'ufficiale gli dice (vado un po' a braccio): «Non possiamo far venire i carabinieri, portate i corpi delle due persone al molo».

PRESIDENTE. Al porto vecchio.

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. E gli dice che avrebbero fatto arrivare lì un elicottero per trasportarli sulla nave.

PRESIDENTE. Si fermi, generale. Lei ha detto: «Non possiamo far venire i carabinieri». Perché non potevano far venire i carabinieri? Capisco che lei, per quanto riguarda la ricostruzione dei fatti, non può che ripetere quanto le hanno detto gli altri.

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Ma io mi sono fatto anche una mia idea.

PRESIDENTE. E poi ce la dirà. E poi il generale Fiore ci dirà che cosa è accaduto concretamente. Per adesso a me interessa capire, sfruttando l'altezza della sua funzione di allora e l'esperienza che oggi, qui, riversa in Commissione, dal punto di vista dell'organizzazione, chi dovesse intervenire e come. Intanto, vi era un nucleo di carabinieri all'interno del contingente.


Pag. 8


BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Dell'ambasciata.

PRESIDENTE. Ma del contingente italiano, comunque?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Sì, ma che erano proprio addetti alla persona dell'ambasciatore. Quindi, quelli se li manovrava l'ambasciatore. Non potevamo portarglieli via, anche se uno avrebbe potuto telefonare all'ambasciatore per dirgli che c'era un'emergenza e che si sarebbero presi quattro dei suoi carabinieri.

PRESIDENTE. Che cosa si sarebbe dovuto fare?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Questo è molto difficile da dire perché in una situazione come quella, che è una situazione di guerra, ci sono delle decisioni da prendere in pochi secondi. Per esempio, l'ufficiale (il tenente colonnello Canastra, o qualcosa del genere), che ha risposto e che ha detto: no, non vi mandiamo l'elicottero lì dove è successa la sparatoria, ma portateci voi i corpi, avrebbe anche potuto dire, teoricamente: vi mandiamo l'elicottero.
C'è un fatto però. I comandanti, a tutti i livelli - i comandanti con la 'C' maiuscola - osservano una regola, che non è italiana ma mondiale: primo, il compito va assolto; secondo, bisogno far uccidere il minor numero possibile dei nostri soldati. Questa è una regola generale. Gli americani, addirittura, prima di muoversi fanno piazza pulita. Da noi, purtroppo, non è stato mai così. Il comandante deve valutare, a volte in attimi - ecco la difficoltà del comandante -, mentre riceve una telefonata, se inviare o non inviare un elicottero, se serve o non serve, se vi è il rischio di far morire cinque persone, per l'abbattimento dell'elicottero. Questi sono tutti gli elementi su cui il comandante deve basare la sua decisione. E poi, il comandante è solo e fa quello che ritiene opportuno, ed è estremamente difficile, perché bisogna decidere in pochi secondi. Ma gli elementi sono questi: primo, serve? Può darsi che avesse capito che erano morti entrambi, e allora l'urgenza non serviva.

PRESIDENTE. A parte le sue ipotesi, che sono tutte rispettabili come qualsiasi altra, lei dice: sono morti o non sono morti? Innanzitutto, c'era una notizia non ufficiale - per così dire - che tra l'altro dava possibilmente in vita uno dei due aggrediti, e quindi l'urgenza di intervenire c'era sicuramente. Poi, siccome i compiti erano quelli di prevenire, come abbiamo detto prima, di capire e di intervenire per bloccare spirali di violenza ed altro, si poteva intervenire per capire chi fosse stato, come fosse successo e da quale parte provenisse l'attacco, da quale parte dei contendenti principali, Aidid o Ali Mahdi ad esempio, o altre cose. Questo vorrei capire.

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Questa è la decisione del comandante, il quale potrebbe anche aver pensato - è una possibilità - in un momento di così grande confusione, con un sacco di somali che parlano italiano, ad una falsa segnalazione.

PRESIDENTE. Ma avrebbe dovuto intervenire o non avrebbe dovuto intervenire?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Non sta scritto da nessuna parte, secondo me. È una responsabilità del comandante.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Deiana.

ELETTRA DEIANA. Generale, nel leggerci prima l'ordine di operazione numero 4 ha dimenticato, oppure - non so - è stato interrotto nella sua elencazione, che uno dei compiti era anche «la salvaguardia dell'incolumità dei giornalisti accreditati, al fine di evitare possibilità di rappresaglia, rapimenti o comunque qualsiasi azione sfruttabili ai fini propagandistici da parte delle fazioni somale».


Pag. 9


BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Sì, in effetti, credo che sia vero, perché io ho letto il numero 3.

ELETTRA DEIANA. A noi risulta il numero 4.

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Il numero 4 è proprio quello dello sgombero, che è questo.
È vero. Io riferisco la relazione del generale Fiore, perché non ho altri elementi, il quale dice, nella sua relazione che è qui...

ELETTRA DEIANA. Scusi generale, a conclusione del documento c'è una serie di raccomandazioni proprio relative alla gestione della sicurezza dei giornalisti e dei loro collaboratori.

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Aggiungo che questo fu fatto proprio nel numero 4 perché era il momento di massima confusione e quindi era giusto anche proteggere i nostri giornalisti...

ELETTRA DEIANA. Lo credo.

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Ma che il generale consigliò, perché non poteva dare ordini (questo lo dice lui). Infatti, il generale Fiore consigliò a tutti i giornalisti, in quegli ultimi due giorni, di non allontanarsi e di stabilirsi nell'ambito delle truppe che si erano ritirate. E sembra che tutti abbiano seguito questo consiglio, meno due. Vero o non vero, riferisco ciò che afferma il generale Fiore.
Io non ero là, non ho fatto indagini particolari, perché non mi competevano.
Se questo è vero, mentre sembra che questi due - giornalista e operatore - siano addirittura andati in una città per svolgere il loro compito, e non credo che avrebbe potuto prendere due o quattro carabinieri... Tanto è vero che i giornalisti, in genere, giravano con scorte che si pagavano loro.

PRESIDENTE. Sì, infatti questo è pacifico. Però, io vorrei tornare sul punto. Vorrei capire quali obblighi scattavano nel momento in cui al capo del contingente italiano viene comunicato che due giornalisti italiani sono stati aggrediti e che forse uno è morto - anzi, sicuramente è morto - ma l'altro può essere vivo.

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Secondo me, obblighi in senso lato non ce ne sono. È una valutazione: giusta, sbagliata? Ci sono altri elementi da valutare.

PRESIDENTE. Insomma, lei dice che le previsioni non implicavano questo tipo di obbligo. Ma, per la verità, da quelle indicazioni...

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Erano per quelli che erano rimasti, non per quelli che erano andati a spasso per i fatti loro. Questa, almeno, è l'interpretazione che è stata data dal comandante sul posto.

PRESIDENTE. Va bene.

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. È un'interpretazione. È una sua responsabilità.

ELETTRA DEIANA. I giornalisti il 20 marzo erano a Mogadiscio.

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Già, ma da due giorni non li trovavano.

ELETTRA DEIANA. Le domande che le sono state rivolte, credo, dal presidente, non hanno come scopo quello di stabilire se ci dovesse essere un obbligo di protezione preventiva di chi non fosse stato raggiunto dalle disposizioni del generale Fiore, ma di capire se ci fosse un obbligo di intervento nel momento in cui i due sono stati colpiti. Noi non pretendiamo di sapere se c'era una disposizione di prevenzione, ma di intervento non solo tempestivo, ma obbligato, dal momento che due cittadini...

PRESIDENTE. Onorevole Deiana, è esattamente ciò che ho chiesto io.


Pag. 10


ELETTRA DEIANA. Va bene, repetita iuvant.

PRESIDENTE. Mi auguro che il suo intervento non sia giusto per farlo intervenire, perché vorrebbe significare proprio che siamo al lumicino. Prego, generale.

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. La mia conclusione finale è questa: un comandante ha degli obblighi, ha dei compiti ma vive una determinata situazione e deve valutare se l'esecuzione del compito sia fattibile o non fattibile.
Ricordiamoci che, negli ultimi dieci, venti anni, secondo il regolamento di disciplina un militare può rifiutarsi di eseguire un ordine; poi ne risponde, naturalmente. Prima non era così: il militare di qualsiasi grado, dinanzi ad un ordine del suo superiore, doveva eseguirlo.

PRESIDENTE. Facciamo un'ipotesi diversa. Facciamo l'ipotesi che la comunicazione fosse stata la seguente: «Due persone sono state aggredite e gravemente ferite». Che cosa sarebbe accaduto?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Posso dire quel che avrei fatto io, se fossi stato in quella situazione.

PRESIDENTE. No, vorrei sapere se vi siano delle disposizioni al riguardo.

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Non ci sono. Si tratta sempre di una valutazione del comandante, che deve valutare quel che deve fare, sulla base della notizia che è arrivata. Se la notizia è del tipo «ci sono due persone ferite, venite subito a salvarle», deve valutare se andando lì si rischierebbe di perdere altre persone. È una valutazione, ripeto. Non dico che poi non lo debba fare. È una valutazione. Questa è la tragedia del comandante, che è solo e deve decidere.

ELETTRA DEIANA. Non capisco, proprio da un punto di vista della logica militare, se vogliamo. Non capisco il famoso uso della forza, il famoso controllo del territorio come si sarebbe potuto esplicare in quel momento. Non riesco a capire, sinceramente.

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Il controllo del territorio non c'era più.

ELETTRA DEIANA. D'accordo. Ma fino a quando erano lì, avevano degli obblighi. Se invece di accadere il 20, l'episodio fosse accaduto il 18, quando ancora la smobilitazione dei militari non era in fase finale, quale sarebbe dovuto essere l'ambito discrezionale del comandante? Lei ci sta presentando una discrezionalità assoluta del comandante!

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Certo.

ELETTRA DEIANA. Ma una discrezionalità così ampia era giustificata dallo stato di smobilitazione dell'esercito italiano oppure sussiste in generale? Se il fatto fosse avvenuto il 18 marzo - quando la smobilitazione non era ancora a quel livello - quale sarebbe dovuto essere l'atteggiamento del comandante? Così ampiamente discrezionale, oppure no?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Il comandante ha sempre la discrezionalità. Sempre. Perché deve prendere decisioni immediate, che riguardano la vita e la morte dei suoi uomini. Naturalmente, se sbaglia poi pagherà.

PRESIDENTE. In questo caso ha sbagliato o non ha sbagliato?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Questo è molto difficile da dire. Avremmo dovuto essere là noi, in base alla situazione, in base al tipo di comunicazione che ha avuto...

PRESIDENTE. Ho capito, generale...

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. È così, presidente, purtroppo.


Pag. 11


PRESIDENTE. D'accordo, allora adesso le chiedo un'expertise. Dunque, la situazione è chiara, il contingente sta smobilitando...

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Non c'era più, proprio.

PRESIDENTE. ...anzi sta addirittura sulla Garibaldi. Poi, viene data comunicazione di un'aggressione armata ai danni di due persone a Mogadiscio nord. Viene comunicato che una delle due persone è morta e che l'altra forse è ancora in vita.
In una situazione del genere - dato che la discrezionalità non è arbitrio ma deve avere una motivazione - posto che accertiamo che viene mandato l'elicottero per trasportare i due corpi, giunti al porto vecchio con una macchina...

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Dove c'erano i nostri.

PRESIDENTE. Esatto, dove c'erano i vostri. Allora, le chiedo: in un contesto come questo, la decisione del generale Fiore - quella, praticamente, di non intervenire - è una decisione che si apprezza positivamente o lascia un margine di dubbio?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Domanda da far tremare le vene ai polsi, alla quale io potrei dare una risposta se fossi stato lì.
Ripeto, le esigenze sono due: da una parte salvare personale italiano, che poteva non essere ancora morto - lui non lo poteva sapere o perlomeno ha ricevuto quella strana comunicazione -, dall'altra sacrificare possibilmente altro personale. È una valutazione. Lui ha fatto una certa valutazione ed io non mi sento di dire che ha sbagliato. Non voglio dire, se fossi stato là, che cosa avrei fatto io, perché avrei dovuto valutare la situazione. Essendo una persona ottimista, io magari potrei valutare la situazione meno grave di come possa valutarla un comandante più pessimista.

PRESIDENTE. Nelle linee di condotta allegate all'ordine di operazione numero 1 - quello che lei ha letto - si dice tra l'altro: «Le circostanze e le limitazioni sotto le quali le forze nazionali agiranno nei confronti delle forze ostili sono di seguito specificate. Autodifesa dell'unità. Un comandante di unità agirà come richiesto nella autodifesa, per difendere la propria unità o altre persone nella sua area di responsabilità contro ogni atto o intenzione ostile, secondo i criteri di seguito riportati. Tentativo di controllo senza l'uso della forza. L'uso della forza è considerato come ultima misura. Quando il tempo e le particolari condizioni lo consentono dovrà essere avvertita la forza ostile e garantita alla stessa la possibilità di ritirarsi o cessare azioni minacciose. Impiego della forza minima per controllare la situazione. Quando l'uso della forza si renda necessario per autodifesa, la natura, l'intensità, la durata e l'estensione dell'ingaggio non dovranno eccedere quanto ritenuto indispensabile o proporzionato all'entità della minaccia. Questa misura è particolarmente importante in presenza di forza ostile di limitata entità. È autorizzato all'attacco per neutralizzare o distruggere forze ostili quando appare evidente che l'azione intrapresa è il solo mezzo per prevenire o far cessare l'atto ostile».
Come vede, il riferimento - quando si parla dell'autodifesa dell'unità - è non soltanto ai componenti della propria organizzazione ma anche ad altre persone che si trovino nella sua area di responsabilità.
Leggo poi: «L'atto commesso da reparti armati o unità terroristiche che attaccano o che comunque impiegano la forza contro forze italiane, i connazionali, ovvero altro personale preposto alle operazioni umanitarie, ovvero impieghino la forza per contrastare la missione compito delle forze nazionali», eccetera. Insomma, mi pare che vi siano tutti i presupposti...

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Meno uno, presidente.

PRESIDENTE. Quale? Lo dica.


Pag. 12


BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Quello che è detto nella prima frase da lei letta. Si intende «laddove è l'unità». Quando si parla di autodifesa dell'unità, si intende che l'unità, in tal caso, deve avere il controllo sul terreno.

PRESIDENTE. Lei praticamente sostiene che...

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Che lui non aveva più il controllo sul terreno.

PRESIDENTE. Scusate colleghi, capisco che avete altre cose di cui parlare, però vi ricordo che stiamo ascoltando il generale Incisa di Camerana.

CARMEN MOTTA. Chiediamo scusa, presidente, ma stiamo parlando di un accordo che potrebbe aiutare successivamente i nostri lavori.

PRESIDENTE. È difficile che ci possa essere un aiuto. Il generale Incisa di Camerana sta dicendo, a conclusione di una serie di domande, a fronte di una contestazione da noi formulata - mentre voi eravate intenti ad altro ma sicuramente in grado di sentire anche quel che succedeva qui -, che per «atto ostile» si intende l'atto commesso da reparti armati o unità terroristiche che attacchino o comunque impieghino la forza contro forze italiane, connazionali o altro personale preposto alle operazioni umanitarie, ovvero impieghino la forza per contrastare la missione o compiti della forza nazionale. La conclusione è che, pur di fronte a questa rilevazione, il fatto che il contingente fosse ormai fuori di Mogadiscio è la ragione fondamentale del comportamento del generale Fiore.

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. O quanto meno una delle valutazioni che hanno portato il generale Fiore a prendere quella decisione.

PRESIDENTE. Va bene, ma a me l'introspezione psicologica del generale Fiore non interessa.
La parola all'onorevole Deiana.

ELETTRA DEIANA. Generale, lei dice che il 18 marzo il generale Fiore avrebbe dovuto avere un comportamento diverso.

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Se manteneva ancora il controllo del territorio, certamente. Però, non lo aveva più.

PRESIDENTE. Dunque, il fatto determinante è che non aveva il controllo del territorio.

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Certamente.

PRESIDENTE. Generale, che ci sa dire riguardo ad Unosom? Quali erano i rapporti fra voi ed Unosom?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Questo credo che potrà raccontarvelo meglio di me il generale Buscemi, il quale so che è stato invitato a venire qui, in quanto all'epoca era il sottocapo del comando americano. Comunque, all'epoca del comando americano - la prima parte della missione - i rapporti con gli americani sono stati negativi, abbastanza negativi. Invece, per quanto riguarda l'ultima parte non mi risulta che i rapporti siano stati negativi. Ho anche ricevuto il generale Bir, gli ho parlato e si è complimentato per quel che faceva il contingente italiano. E non mi risulta che vi siano stati rapporti negativi.

PRESIDENTE. Dal punto di vista della questione che ci occupa, Unosom aveva dei compiti da espletare? Mi riferisco ad un possibile intervento, una volta avuta la consapevolezza dell'aggressione perpetrata nei confronti dei due giornalisti. Mi riferisco all'accertamento dei responsabili e al loro eventuale arresto. Lei è in grado di riferire alla Commissione su questi aspetti?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Ritengo che in quell'ultimo giorno la confusione fosse tale che tutto ciò non si sarebbe potuto fare.

PRESIDENTE. Nell'ex ambasciata - che stava a circa cinquanta metri da dove si sono svolti i fatti, praticamente davanti all'hotel Hamana - c'era un testimone (si


Pag. 13

fa per dire) da noi ascoltato: mi riferisco al capitano Salvati di Unosom, che si trovava nell'ex ambasciata insieme ad alcuni soldati pachistani. Egli ci ha riferito sull'unica cosa che praticamente è stata fatta in quella circostanza: avendo sentito la raffica esplodere a brevissima distanza, avrebbe mandato non so se un somalo o comunque una persona che si trovava in ambasciata (non c'è andato lui, tanto per intenderci) per accertare che cosa fosse accaduto. Abbiamo inteso - forse ci siamo sbagliati - che in questa azione (o non azione) di intervento vi sia stata una certa superficialità. Le chiedo: le risulta che Unosom avesse il preciso compito di intervenire, anche come polizia, in accadimenti del genere?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Nei compiti rientravano la cattura di prigionieri somali, il sequestro di armi, eccetera; quindi quelle erano certamente operazioni di polizia: di polizia militare, ma comunque di polizia.

PRESIDENTE. E per i civili?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Non lo so, non sono in grado di dirlo. Io non ero a conoscenza di questo episodio riferito dal capitano Salvati, che evidentemente deve essere venuto fuori nel corso di qualche audizione da voi svolta. Nei documenti ufficiali in mio possesso non se ne parla.

PRESIDENTE. Lo abbiamo accertato noi.

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Appunto, lo avete accertato voi; la cosa mi coglie un po' di sorpresa. Certo che in situazioni normali sarebbero intervenuti i nostri carabinieri, così come credo abbiano fatto quando vi fu l'episodio del check-point Pasta - con sette morti - o quando fu uccisa la religiosa Luisetti. Certamente sono intervenuti i carabinieri, che sono polizia locale, probabilmente in cooperazione con quella specie di fantoccio che era la polizia somala.

PRESIDENTE. Si può parlare di obbligo di intervento oppure è esagerato?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. In condizioni di controllo del territorio, è nei compiti.

PRESIDENTE. Che cosa può riferire alla Commissione in merito all'episodio del check-point Pasta? Quali furono le causali? Soprattutto, ci interessa un punto: se sia vero o meno che vi fu una sorta di trattativa per ricomporre il contrasto che si era profilato.

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Devo dire che di voci me ne sono giunte tante, comprese quelle scritte sulla stampa, e non so dare una risposta. Notizie ufficiali non ne ho mai avute. Oltretutto, non mi sono preparato al riguardo, perché pensavo che questa audizione fosse legata all'episodio specifico. Quell'altro episodio, invece, accadeva un anno prima.

PRESIDENTE. Va bene, passiamo ad un'altra domanda. In precedenza lei ha detto di essere venuto a conoscenza dell'omicidio dei due giornalisti italiani a distanza di un'ora dagli accadimenti.

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Anche dopo, forse.

PRESIDENTE. Quali sono stati gli approfondimenti che ha potuto fare, le notizie e le cognizioni che ha potuto acquisire dall'alto della sua carica e nei rapporti con gli ufficiali alle sue dipendenze?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Per quanto riguarda le segnalazioni che ci sono arrivate, questa è la prima (Mostra un documento) ed è molto scarna.

PRESIDENTE. Leggo: «21 marzo, ore 7». E la prima segnalazione che vi è arrivata?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Sì, la prima.

PRESIDENTE. Quindi, avete appreso la notizia il giorno dopo?


Pag. 14


BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Purtroppo allora i collegamenti non funzionavano come funzionano adesso. Erano un po' più artigianali.

PRESIDENTE. Leggo: «Italfor Ibis ha comunicato che alle ore 6 locali del 21 marzo 1994 sono riprese le operazioni di imbarco sulla nave mercantile»...

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. No, aspetti, mi sono sbagliato. Ce n'è un'altra, che è precedente.

PRESIDENTE. «Lo stesso comando ha reso noto che alle ore 9.30 locali del 21 marzo 1994 giungerà in aeroporto di Mogadiscio, proveniente da Mombasa, un aereo G222 per trasportare a Luxor le salme dei due giornalisti».

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Ce n'è un'altra, presidente. Ecco, questa è la prima comunicazione.

PRESIDENTE. Leggo: «Il comando Italfor ha comunicato che alle ore 15.30 locali (13.30 italiane) del 20 marzo, nei pressi dell'hotel Hamana di Mogadiscio, alcuni somali a bordo di un Land Rover aprivano il fuoco senza preavviso contro l'autovettura sulla quale viaggiavano la giornalista italiana Ilaria Alpi e il cineoperatore Miran Hrovatin, che rimanevano uccisi sul colpo. L'autovettura degli aggressori proseguiva», eccetera.
L'orario qui indicato è 15.30.
Leggo ancora: «Il signor Giancarlo Marocchino, cittadino italiano residente a Mogadiscio, avvertito del fatto caricava i corpi sulla propria autovettura e li trasportava nella zona del porto vecchio, dove venivano raccolti da due elicotteri del contingente Italfor Ibis, che li trasportavano sulla Garibaldi, alla fonda al largo della capitale somala».

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Presidente (Mostra un documento), questo è il diario storico che ogni unità compila, tanto in pace quanto in guerra; e questo è quanto risulta dal diario storico, cioè niente.

PRESIDENTE. Leggo: «Alcuni somali hanno ucciso con colpi di arma da fuoco la giornalista Ilaria Alpi ed il cineoperatore Miran Hrovatin nei pressi dell'hotel Hamana, di fronte all'ex ambasciata italiana. Le salme dei due giornalisti deceduti sono ste successivamente trasferite in elicottero su nave Garibaldi e saranno trasportate in Italia il 21 marzo 1994».

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. È chiaro che sulla base di queste due comunicazioni...

PRESIDENTE. Lei successivamente ha potuto approfondire - colloquiando col generale Fiore - quel che egli avrebbe potuto fare, quel che ha fatto, quel che è stato il risultato di eventuali accertamenti effettuati dallo stesso generale o da altri sulle possibili causali o fonti dell'aggressione?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Abbiamo chiesto al generale Fiore una relazione dettagliata. Devo dire che il generale Fiore ne ha fatte due: una prima relazione, in tempi relativamente brevi - è del mese di giugno -, che credo sia già in possesso di questa Commissione; successivamente, nel 1998, ha fatto una relazione conclusiva, dove ha spiegato quel che è successo.

PRESIDENTE. Un'altra domanda specifica. Lei ha parlato di Giancarlo Marocchino, il quale intervenne per trasportare i corpi dal luogo dell'aggressione fino al porto vecchio. Sapeva chi fosse Giancarlo Marocchino? Quella era la prima volta che lo sentiva nominare?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Non era la prima volta che lo sentivo: poiché era stato stipulato un contratto con il signor Marocchino, proprietario di una ditta di trasporti, per trasportare materiali nel deserto, sapevo che esisteva questo


Pag. 15

cittadino italiano che aveva tale ditta. Di tutto quel che si è sentito dopo e si è letto sui giornali, allora non ne sapevo assolutamente niente. E non ne so assolutamente niente neanche adesso. Ho sentito tante voci ma...

PRESIDENTE. Sa di rapporti di Giancarlo Marocchino col Sismi e in particolare con l'articolazione locale?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Sui giornali ho letto delle armi. Si dice in qualche parte, nella relazione ufficiale, che il nostro contingente avesse anche fatto delle perquisizioni nei locali di Marocchino e avesse ritirato delle armi che il Marocchino diceva essere regolarmente in suo possesso.

PRESIDENTE. È stato anche cacciato da Mogadiscio. Ricorda?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Io non l'ho mai visto e non so chi sia.

PRESIDENTE. Lei non lo ha visto né sentito. Tuttavia, le chiedo: si è mai preso la briga di capire, ad esempio, se effettivamente sussistessero rapporti tra Marocchino e il Sismi? Lei ha ricordato adesso notizie di stampa, ma c'è tutta una letteratura su un traffico di armi che farebbe capo a Marocchino per molti versi, sia per operazioni trilaterali sia per operazioni dirette, in collegamento con l'Italia. Ha mai avuto modo di coltivare queste informazioni per capire se avessero una fondatezza? Oppure, sono rimaste al livello di una sua cognizione personale?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Assolutamente a livello di cognizione personale.

PRESIDENTE. E il rapporto con il contingente italiano qual era?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Il rapporto con il contingente italiano era quello a cui ho accennato prima, ovvero erano stati fatti localmente dei contratti d'appalto...

PRESIDENTE. Forniva anche informazioni, che lei sappia?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Ufficialmente no, almeno io non ho mai avuto modo di saperlo. Che poi sottobanco le potessero avere non lo escludo, ma a me non è mai arrivata una notizia del tipo «Il signor Marocchino ha detto che...», eccetera. Forse aveva qualche altro canale. Ho sempre pensato ai canali dei servizi.

PRESIDENTE. Lei ha ricordato una informativa proveniente dal generale Fiore, nella quale si fa riferimento ad una matrice integralista islamica dell'uccisione dei due giornalisti. È in grado di riferire qualcosa di concreto, di specifico?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. No.

PRESIDENTE. Né sul problema generale?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. No. L'unica cosa che posso riferire è quel che abbiamo letto sulla situazione, laddove si parla della lotta tra il cristianesimo e l'islam.

PRESIDENTE. Va bene. Do ora la parola all'onorevole De Brasi.

RAFFAELLO DE BRASI. Grazie, presidente.
Generale, vorrei tornare sull'osservazione da lei fatta poc'anzi su Marocchino. In particolare, lei ha detto di aver sempre pensato che Marocchino avesse rapporti con i servizi. Questo è un pensiero che lei ha strutturato?

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. No, l'ho letto su un giornale. L'ho letto su molti giornali, compresa - mi pare - la rassegna stampa del maggio di quest'anno, dopo l'ultima audizione...

RAFFAELLO DE BRASI. Questo lo sappiamo. Mi sembrava di aver capito, invece, che lei lo avesse pensato.

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. Io posso pensare tante cose. Ho pensato, per esempio, che quando è avvenuta la sparatoria


Pag. 16

era lì presente un agente di Marocchino. E Marocchino era a 500 metri. Sarà un caso. Ma non so neanche trarre, poi, una conclusione. È una coincidenza che mi è venuta in mente leggendo i documenti.

RAFFAELLO DE BRASI. Questa ipotesi sui rapporti tra Marocchino e i servizi nei nostri lavori è venuta fuori moltissime volte.

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. I servizi a me non dicevano mai niente.

RAFFAELLO DE BRASI. Dunque, lei non ha riscontri di nessun genere.

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. No, mi dispiace.

RAFFAELLO DE BRASI. La ringrazio, non ho altro da chiedere.

PRESIDENTE. Se non vi sono altre domande, possiamo concludere l'esame testimoniale. Generale, non ci crederà ma è libero (Si ride).

BONIFAZIO INCISA di CAMERANA. La ringrazio. L'ultima volta che ho testimoniato mi hanno incriminato! Ho dovuto subire un processo e un appello e vincerli tutti e due, naturalmente, ma la cosa è andata avanti cinque anni, per una testimonianza!

PRESIDENTE. Molte volte, per avere la soddisfazione della vittoria bisogna farsi attaccare... Dunque, ringrazio il generale Bonifazio Incisa di Camerana ed i colleghi intervenuti e dichiaro concluso l'esame testimoniale.

Back Forward