![]() |
N. B. La deposizione del signor Mohamed Said, pronunziata in lingua araba, è stata tradotta a cura di un interprete libanese.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'esame testimoniale, rinviato nella seduta di ieri, del signor Mohamed Said Ali Mahfouz, che ringraziamo per tutto il materiale che ha messo a nostra disposizione - delle cui parti più importanti è nostro interesse procedere alla traduzione - ed al quale facciamo presente che, avendo avuto conoscenza che per ragioni personali rimarrà a Roma per alcuni giorni ancora, ci riserviamo di ascoltarlo eventualmente ancora la prossima settimana - gli faremo conoscere giorno ed ora - sulla base dei rilievi che la Commissione avrà fatto leggendo il materiale che le ha fornito ieri sera.
MOHAMED SAID. Do la mia piena disponibilità a collaborare al massimo con la vostra Commissione.
PRESIDENTE. Benissimo. Riprendendo il nostro esame, vorrei tornare sulla questione del testimone che ha negato che la persona fotografata fosse Gelle ed ha dichiarato, invece, di riconoscersi in quella foto, precisandole solo adesso una circostanza: noi abbiamo ascoltato quel testimone in questa sede, gli abbiamo mostrato gli stessi reperti che abbiamo mostrato a lei ieri e quel signore, che lei ha riconosciuto anche nella foto che le abbiamo sottoposto e che risponde al nome di Osobow, ha dichiarato invece di non essere quella persona, quindi ha smentito il contenuto dell'affermazione che aveva fatto a lei nel corso dell'intervista. Detto questo, vorrei che nuovamente si individuasse il reperto.
Nel frattempo, le chiedo se conosceva il giornalista Scardova.
PRESIDENTE. Non l'ha mai conosciuto, un giornalista del TG3, rosso di capelli?
PRESIDENTE. Ora può vedere proiettata la foto. Lei ieri ha dichiarato che questa foto le è stata mostrata dall'intervistato ed ha anche precisato che questi l'aveva in tasca e l'ha estratta per mostrargliela. Per favorire il suo ricordo, le ho rammentato che l'intervistato, invece, ha dichiarato alla Commissione che la foto gli è stata mostrata da lei. Noi non riusciamo a vedere nel filmato se non il
frammento ora davanti ai nostri occhi, nel quale compare una mano - o, meglio, la parte di una mano - che mostra la foto, ma non vi è un riferimento tale che consenta di dire che quella sia la mano della persona che lei stava intervistando. Le chiedo se per caso non sia possibile quanto dichiarato dall'intervistato, cioè che la foto gli sia stata mostrata da lei.
MOHAMED SAID. No, non sono stato io ad esibire questa foto, né ho ottenuto la foto. L'ho ottenuta solo tramite questa persona.
PRESIDENTE. Noi abbiamo individuato da dove viene questa foto: appartiene agli atti del processo penale pendente a Roma.
MOHAMED SAID. È la prima volta che vengo a conoscenza di questo fatto.
PRESIDENTE. A lei cosa hanno detto di questa foto? Da dove veniva? Anzi, ripercorriamo la strada: lei è venuto a Roma, e a Roma ha intervistato, prima di tutto, Hashi Omar Hassan, o sbaglio?
PRESIDENTE. Poi con chi ha parlato? Questa intervista lei l'ha fatta dopo aver parlato con Hashi Omar Hassan, giusto?
MOHAMED SAID. Certamente. A Mogadiscio.
PRESIDENTE. A Mogadiscio, va bene. Ma potrebbe averla fatta prima, invece l'ha fatta dopo.
MOHAMED SAID. Sono stato a Mogadiscio dopo essere stato a Roma.
PRESIDENTE. Perfetto. Quindi, da Hashi Omar Hassan lei apprende quello che ha detto ieri, cioè che lui era stato accusato da un testimone di nome Gelle. È Hashi Omar Hassan che le parla di Gelle come testimone d'accusa, esatto?
PRESIDENTE. Con le altre persone che ha incontrato a Roma, cioè con i genitori di Ilaria Alpi, con l'onorevole Mariangela Gritta Grainer, con l'avvocato D'Amati, ha parlato primo o dopo essere andato ad intervistare Hashi Omar Hassan?
MOHAMED SAID. I genitori di Ilaria Alpi li ho incontrati il 30 novembre, prima di aver incontrato Hashi.
PRESIDENTE. E Mariangela Gritta Grainer?
MOHAMED SAID. Cerco tra le mie carte... Mariangela l'ho incontrata giovedì 6 dicembre 2001.
PRESIDENTE. E D'Amati quando l'ha intervistato?
MOHAMED SAID. Il 1o dicembre 2001.
PRESIDENTE. E Hashi Omar Hassan quando?
MOHAMED SAID. Martedì 4 dicembre 2001.
PRESIDENTE. E l'avvocato Duale quando lo ha incontrato per la prima volta a Roma?
MOHAMED SAID. L'ho incontrato una sola volta, mercoledì 5 dicembre 2001.
PRESIDENTE. Di questo Yahya, che, come le ho detto, è stato assassinato la settimana scorsa, le ha parlato Duale? Yahya Amir.
MOHAMED SAID. È stato Yusuf Hassan, il corrispondente della BBC in Somalia, che mi ha fatto il suo nome, al mio arrivo a Mogadiscio.
PRESIDENTE. Esclude che Duale le abbia parlato di Yahya come persona utile per fare le indagini?
PRESIDENTE. Solo Yusuf Hassan gliene ha parlato?
MOHAMED SAID. Yusuf Hassan è stato l'unico a farmi il nome di Yahya. Avevo chiesto a Douglas il nome di alcune persone da poter incontrare a Mogadiscio: mi fece solo il nome del padre di Hashi.
PRESIDENTE. Com'è che nella didascalia che abbiamo visto ieri, contrariamente all'affermazione che fa Osobow, cioè «non è Gelle, sono io», non risulta il nome di Gelle? Perché non risulta il nome di Gelle?
MOHAMED SAID. Perché avevo perso il nome di Gelle, mi fu impossibile contattare di nuovo Yahya per aver i nomi con certezza, perciò mi sono accontentato di scrivere «testimone oculare».
PRESIDENTE. La domanda è un'altra. Il testimone oculare dice che la persona inquadrata non è Gelle, ma è lui: si riconosce come la persona fotografata e facendo la sua dichiarazione cita il nome di Gelle. Come mai nella didascalia viene scritto soltanto «sono io» e non «sono io, non è Gelle»?
MOHAMED SAID. Questo è un problema di traduzione; ho già detto ieri che ero insoddisfatto della qualità della traduzione.
PRESIDENTE. Sta bene. Senta, io le devo fare una contestazione precisa, precisando che per «contestazione» si intende che ci sono agli atti della Commissione delle risultanze che non si conciliano con le dichiarazioni che lei sta facendo. Naturalmente, diamo atto che si tratta di cose di molti anni fa e, quindi, può sicuramente esserci un cattivo ricordo; però noi vorremmo cercare di ravvivare questo ricordo.
Dunque, la fotografia che le è stata mostrata è la parte finale di una foto che stava solo nel fascicolo del tribunale. Siccome a noi sembra un po' difficile che Osobow abbia potuto prendere queste carte dal tribunale, dobbiamo capire cosa sia successo. Chi poteva avere queste carte? Le domando: esclude che l'avvocato Duale le abbia consegnato questo documento?
MOHAMED SAID. Ripeto tre volte quanto ho detto prima. Questa foto l'ho vista una sola volta, nelle mani di questa persona. Per farvi risparmiare il vostro tempo, posso dire che non ho nulla da aggiungere. Non ho mai visto questa foto dopo quella volta. Forse è stato Yahya a ottenere questa foto, non lo so.
PRESIDENTE. Questa è un'ipotesi. Io, però, le domande gliele faccio: esclude che i coniugi Alpi le abbiano mai consegnato questo foto?
MOHAMED SAID. Devo ripetere: questa foto nessuno me l'ha data. L'ho vista solo in mano a questa persona.
PRESIDENTE. Ed io devo ripetere la domanda: esclude che questa foto le sia stata consegnata dall'allora onorevole Mariangela Gritta Grainer?
MOHAMED SAID. Non mi è stata consegnata.
PRESIDENTE. Quando lei ha parlato con i coniugi Alpi, cosa le hanno detto a proposito della condanna all'ergastolo che era stata applicata da Hashi Omar Hassan? Che cosa le hanno detto che pensavano di quella sentenza?
MOHAMED SAID. Il padre di Ilaria Alpi, signor Giorgio, mi ha detto quanto segue: «Se vogliamo parlare dell'uccisione di Ilaria, gli esecutori materiali sono certamente somali, ma l'importante è sapere chi era il mandante, chi li ha mandati. Questa è la cosa importante. Questo non è chiaro per i magistrati, non è chiaro chi è stato il mandante. Il motivo è che Ilaria si occupava del traffico di rifiuti tossici e del traffico di armi...»
PRESIDENTE. Io non voglio sapere questo. Lei ha parlato con i coniugi Alpi dopo la sentenza di condanna all'ergastolo pronunciata contro il signor Hashi Omar Hassan; le domando: a proposito di questa sentenza i coniugi Alpi che cosa le hanno detto? Lei sa che i coniugi Alpi si erano ritirati dal processo come accusatori nei confronti di Hashi Omar Hassan o non lo sa?
MOHAMED SAID. Non sapevo questo. Però mi ha detto un'altra cosa riguardo a Hashi: «Io e mia moglie non siamo né innocentisti, né colpevolisti, ma diciamo una sola cosa. Quel che possiamo dire è che, in base ai dati disponibili, alle informazioni che abbiamo, non ci sono prove che Hashi faceva parte di questo gruppo. Non è sceso dalla macchina, né ha sparato. Dovrei ricordare anche che l'ipotesi della sua presenza sul luogo è basata solo sulla testimonianza di un testimone che non è venuto mai al processo. Questo testimone più tardi è sparito, e questo solleva dei dubbi».
PRESIDENTE. Le è stato fatto il nome di questo testimone?
MOHAMED SAID. Il signor Giorgio e la signora Luciana Alpi parlavano italiano, la signora Fatima faceva la traduzione, ma non è una professionista, perciò non mi sono soffermato su nessun aspetto, sapendo che dopo avrei fatto fare una traduzione scritta professionale.
PRESIDENTE. Ma quando ha fatto fare la traduzione scritta professionale si è accorto se i coniugi Alpi le avevano fatto il nome di questo testimone che non era nemmeno stato presente al processo?
PRESIDENTE. Della sentenza di condanna di Hashi Omar Hassan all'ergastolo ha parlato anche con l'avvocato D'Amati? E cosa ne pensava l'avvocato D'Amati?
MOHAMED SAID. «È mio convincimento personale che Ilaria è stata uccisa perché era diventata una persona...
PRESIDENTE. Questo non ci interessa.
MOHAMED SAID. La prego di fare attenzione alla seconda parte della frase. Ripeto: «È mio convincimento personale che Ilaria è stata uccisa perché provocava delle preoccupazioni a causa di quello che ha scoperto durante le sue indagini giornalistiche. Questo non è solo un mio convincimento personale, ma è anche la conclusione il convincimento della corte di assise di Roma che ha emanato la sentenza definitiva della questione di Hashi Omar Hassan, perché risultava che le motivazioni dell'uccisione di Ilaria Alpi potevano celarsi dietro la sua attività giornalistica».
PRESIDENTE. Ma io le ho fatto un'altra domanda. I coniugi Alpi le hanno detto quello che lei ci ha riferito, che cosa le ha detto l'avvocato D'Amati intorno alla condanna di Hashi Omar Hassan all'ergastolo? Secondo l'avvocato D'Amati, per quel che le ha detto, era una condanna fondata o non fondata?
MOHAMED SAID. Purtroppo qui ho una risposta, ma senza la domanda, e non posso dire a chi si stesse riferendo. La risposta è la seguente: «La corte ha detto che ha testimoniato dicendo il vero. Chiaramente non è possibile sentire la sua testimonianza personale, perché non era presente», però non si sa a chi si riferisce.
PRESIDENTE. Ma l'abbiamo capito, comunque. Cos'altro ha detto a proposito della sentenza?
MOHAMED SAID. Non ho altro sulla sentenza.
PRESIDENTE. L'avvocato Duale cosa le ha detto della sentenza? Era una sentenza giusta, non giusta?
MOHAMED SAID. Nessuna delle persone intervistate ha fatto commenti per dire che le sentenza era ingiusta o iniqua. Il motivo è che nel mio programma non volevo assolutamente che ci fossero dei commenti sulle sentenze.
PRESIDENTE. Adesso lei ha riferito delle dichiarazioni che le hanno fatto i coniugi Alpi, i quali hanno detto che non era assolutamente possibile che Hashi Omar Hassan fosse il colpevole; quindi le domande ci sono state e le risposte pure. D'altra parte, lei ha incominciato ad interessarsi del caso proprio perché ha letto quell'articolo da cui risulta la condanna all'ergastolo della corte d'assise d'appello di Roma, come abbiamo visto ieri, e ha voluto capire cosa ci fosse sotto. Quindi mi pare logico che lei abbia chiesto: potrebbero aver risposto come non aver risposto.
MOHAMED SAID. Io ho svolto questa inchiesta giornalistica per sapere chi era dietro, chi era il mandante, non l'esecutore, perché l'esecutore era solo un esecutore materiale.
PRESIDENTE. Anche l'esecutore materiale è un assassino, non è che sia una creatura nobile. Comunque, senza fare polemiche, vorrei sapere se l'avvocato Duale le abbia espresso valutazioni sulla sentenza di condanna, se ritenesse che fosse giusta o che era stata pronunciata nei confronti di qualcuno che, invece, poteva essere innocente, come hanno detto i coniugi Alpi.
MOHAMED SAID. L'avvocato mi ha detto: «Hashi faceva parte di un gruppo di persone che si trovavano in Somalia prima di lasciare il paese e si suppone che siano stati oggetto di violenze da parte delle forze italiane. Quello che abbiamo saputo dopo è che Hashi è stato portato in Italia affinché fosse arrestato. Tutto questo è stato organizzato dall'ambasciatore Cassini e da un cittadino somalo con passaporto tedesco. Hanno organizzato tutta questa messa in scena per trovare un capro espiatorio; hanno presentato Hashi alle autorità italiane come uno degli elementi armati che si suppone abbiano sparato sui giornalisti».
PRESIDENTE. Vede che aveva espresso delle valutazioni?
MOHAMED SAID. Ma questo non è stato utilizzato nel programma.
PRESIDENTE. Appunto. Le fece il nome di Gelle l'avvocato Duale?
MOHAMED SAID. Sì. Mi ha detto: «Non credo che Gelle abbia ingannato la polizia, ma sono d'accordo con te: egli ha ingannato i giudici. Perché Gelle è venuto in Italia con un promessa di danaro, di un biglietto aereo e di un'opportunità di lavoro. Ha ottenuto tutte queste promesse, ha riconosciuto Hashi, che era stato arrestato il 12 giugno 1998, dopo di che Gelle è scomparso».
PRESIDENTE. Come vede, riflettendo, le cose vengono fuori. Lei, un attimo fa, alla mia domanda ha risposto che nessuno le ha parlato della sentenza perché non era suo interesse sapere qualche cosa degli esecutori, in quanto stava cercando i mandanti. Come vede, invece, i documenti che lei conserva, con grande professionalità, della quale le diamo atto, dicono cose importanti e che ravvivano meglio il suo ricordo.
Mariangela Gritta Grainer cosa le ha detto della sentenza?
MOHAMED SAID. Mariangela mi ha detto: «Non sono un magistrato, però ho seguito tutte le udienze di questo processo e una cosa è sicura: non esistono delle prove inconfutabili per condannarlo; io credo che la magistratura dovrà fornire delle prove per questa condanna. A parte che Hashi era stato dichiarato innocente nel processo di primo grado, mentre nel secondo grado la corte di appello lo ha condannato; poi, alla fine, la terza sentenza ha confuso ulteriormente le cose, pertanto non posso dire se fosse innocente o colpevole, ma è sicuro che non esistono
delle prove a suo carico per condannarlo. Anche il modo con cui è stato portato in Italia suscita molti interrogativi. Il modo con cui è stato portato in Italia suscita dei dubbi che fosse stato scelto come capro espiatorio per presentarlo a coloro che svolgono l'inchiesta come il colpevole. Siamo insoddisfatti; noi vogliamo che giustizia venga fatta con Hashi Omar Hassan. Se colpevole, deve essere punito, deve fare i nomi dei suoi complici e anche dei mandanti; ma se è innocente, è vergognoso che venga condannato, è vergognoso che accada un fatto simile nel nostro paese, cioè che venga condannato un innocente. Pertanto, noi speriamo che si possa rivedere la questione di Hashi, affinché possiamo scoprire la verità. Noi speriamo, dunque, che si possa rivedere tutta la questione e che arriviamo alla verità. È importante più di qualunque altra cosa riuscire ad individuare gli esecutori somali di questo delitto, ma è importante anche vedere chi lo ha organizzato, i mandanti. È importante capire chi sono i mandanti, chi ha deciso che Ilaria doveva morire; chi sono questi, che siano persone influenti o meno, che siano italiani, somali, europei. Questo è molto importante».
PRESIDENTE. Di Gelle le ha parlato?
PRESIDENTE. Vorrei capire: tra le carte che ci ha consegnato abbiamo trovato la sentenza della corte d'assise d'appello di Roma con la quale, in data 24 novembre 2000, Hashi Omar Hassan viene condannato all'ergastolo ed il verbale di fermo. In relazione all'arresto di Hashi Omar Hassan abbiamo trovato anche un verbale del 12 gennaio 1998 relativo all'audizione dell'ambasciatore Cassini, che lei prima ha ricordato. Chi le ha dato queste carte?
MOHAMED SAID. Il dottor Yahya o l'avvocato D'Amati. Ho ottenuto da loro una certa quantità di documenti. Penso di aver preso questo materiale dal dottor D'Amati, ma non l'ho utilizzato, come peraltro la maggior parte dei documenti, perché per essere usati dovevano essere prima tradotti. Vedo che questo documento risale a qualche anno fa; suppongo che sia stato il dottor Yahya a darmelo, perché mi ha dato un pacco di documenti risalenti a molti anni fa.
PRESIDENTE. Esclude che le abbia dato anche questa?
MOHAMED SAID. La foto è uscita solo dalla tasca del testimone che abbiamo visto. Yahya non mi ha dato alcuna foto riguardante questo caso.
PRESIDENTE. Qui c'è una scritta in arabo: che cosa dice?
MOHAMED SAID. Polizia di Roma. Allegato sulle informazioni. Questore di Roma. Riassunto delle informazioni ottenute da Cassini, sul fatto di aver visto Gelle e sul presunto coinvolgimento di Hashi nel delitto.
PRESIDENTE. Questo è il verbale di audizione di Cassini.
Facciamo scorrere le immagini. Qui in alto c'è scritto qualcosa?
MOHAMED SAID. Prima si vedeva una camicia a quadretti.
PRESIDENTE. In attesa di vedere altro materiale fotografico, le chiedo: lei ieri ci ha detto una cosa molto importante, vale a dire che la ragione dell'inchiesta giornalistica che lei ha fatto sarebbe stata rappresentata dall'interesse - vedremo poi di chi - di raccogliere queste informazioni per darle alla magistratura. Chi ha espresso questa intenzione?
MOHAMED SAID. Il motivo del mio interesse non era di far pervenire le informazioni alla magistratura; io ho già svolto indagini su altri quattro o cinque casi simili a quello di Ilaria Alpi in varie parti del mondo ed ho altri quattro o cinque casi di persone che, come Ilaria Alpi, sono state uccise per vari motivi.
L'idea di far pervenire delle prove alla magistratura italiana è stata di Yahya, quando l'ho incontrato a Mogadiscio, mentre giravo questo reportage.
PRESIDENTE. Yahya ha espresso l'intenzione che si raccogliessero queste prove perché potessero essere mandate alla magistratura. Lei poi le ha raccolte? Dato che lei è un professionista di altissimo livello e, prima di tutto, una persona molto intelligente, non può non aver capito che le prove che lei ha raccolto erano molto importanti. Il fatto che il personaggio di cui abbiamo parlato fino a questo momento neghi che quella persona fosse Gelle e dica di essere lui significa eliminare la principale prova di accusa nei confronti di Hashi Omar Hassan, cosa della quale, come adesso abbiamo visto, avevano parlato i coniugi Alpi, l'avvocato Duale e l'onorevole Mariangela Gritta Grainer. Perché lei non ha mandato questo materiale alla magistratura italiana?
MOHAMED SAID. Ma io l'ho mandato alla magistratura italiana, trasmettendo il mio reportage.
PRESIDENTE. A chi l'ha mandato?
MOHAMED SAID. Sono molto fiero del risultato conseguito, perché in questo modo ho contribuito a rivedere tutta la questione.
PRESIDENTE. Scusi, la magistratura italiana, però, non ha ricevuto mai niente!
MOHAMED SAID. L'ho mandato alla magistratura trasmettendo il programma; è un messaggio...
PRESIDENTE. Precisiamo: ai magistrati non l'ha mandato.
MOHAMED SAID. Io non posso informare la magistratura ogni volta che ho delle informazioni da utilizzare in una trasmissione. Sono un giornalista, presento alla televisione il materiale di cui sono venuto in possesso; questo materiale può arrivare alla magistratura e può non arrivarci. Io devo badare alle mie trasmissioni, che sono programmate una dopo l'altra.
PRESIDENTE. Quindi, non l'ha mandato.
PRESIDENTE. Per un professionista della sua portata, a noi risulta una cosa strana. Con tutto il rispetto per la televisione per la quale lei lavorava, anche se il satellite già era in uso, le devo dire che noi non andiamo tutti i giorni a guardare i servizi della sua emittente. Pertanto, che arrivasse alla magistratura attraverso il satellite era un po' improbabile. Non le è sembrato il caso, di fronte all'importanza dei dati che aveva raccolto, di far pervenire alla magistratura (o a qualcuno che potesse arrivarvi) il documentario che lei aveva montato?
MOHAMED SAID. Innanzitutto, il canale di Abu Dhabi si vede nei cinque continenti su tre o quattro satelliti. In secondo luogo, in ogni Stato c'è un'ambasciata che deve badare agli interessi del proprio paese; anche ad Abu Dhabi c'è un'ambasciata italiana che, in teoria, dovrebbe seguire le questioni che interessano l'Italia, tra cui questa. A quel punto il mio ruolo finisce. È successo varie volte che, quando abbiamo trasmesso un programma - poniamo - sul Marocco, l'ambasciata di questo paese negli Emirati abbia visto il programma, che è stato inviato alle autorità, ricevendo più tardi una risposta dal Ministero dell'informazione del Marocco. Se qualcuno è venuto meno ai suoi doveri forse è l'ambasciata italiana, che sicuramente ha del personale che conosce l'arabo, che non ha individuato il materiale e non ha fatto quello che avrebbe potuto fare.
PRESIDENTE. Grazie per questo complimento!
MOHAMED SAID. Questa è una critica!
PRESIDENTE. L'avevo capito. Le diciamo una cosa: la Commissione parlamentare d'inchiesta, che lavora da un anno e mezzo su questa vicenda, non ha mai saputo dell'esistenza dell'inchiesta da lei svolta; l'esistenza c'è stata svelata dal testimone Osobow, cioè dalla persona di cui abbiamo visto ora le immagini, che è venuta qui e ci ha detto le cose che le ho già riferito.
Tra le varie persone delle quali abbiamo parlato - i genitori di Ilaria Alpi, Mariangela Gritta Grainer, l'avvocato D'Amati, l'avvocato Duale, la sua amica giornalista Fatma Al Kordi - ce n'è qualcuna cui ha dato una copia della videocassetta con la registrazione o con la quale si è messo d'accordo per consegnarla in qualche modo?
MOHAMED SAID. Per la verità, tutti hanno chiesto e sollecitato una copia di questa registrazione, ma io non posso promettere né posso far fare una copia del reportage che faccio per ogni persona intervistata. In sette anni ho intervistato più di cinquemila persone e di certo non posso fare cinquemila copia dei reportage che ho fatto, altrimenti dovrei smettere di lavorare.
PRESIDENTE. Almeno ai genitori di Ilaria Alpi...
MOHAMED SAID. Credo che effettivamente questo doveva essere fatto; Fatima mi ha chiamato più di una volta esprimendomi il desiderio dei genitori di avere una copia del reportage, ma questa è responsabilità delle televisioni. Si tratta di un piccolo canale, dove c'è un po' di confusione; ora ricordo di aver chiesto ufficialmente alla TV Abu Dhabi di far predisporre un doppiaggio oppure una traduzione italiana di questo reportage da inviare alla RAI, convinto com'ero che la RAI sarebbe stata interessata e l'avrebbe trasmesso. Uno dei dirigenti della televisione di Abu Dhabi si è molto interessato ed entusiasmato all'idea, ma nel frattempo è cambiato il consiglio di amministrazione e la cosa è finita lì.
PRESIDENTE. A noi risulta che questo servizio sia andato in onda molte volte, almeno quattro o cinque, da quanto ricordo dalla lettura degli atti: ha avuto occasione di comunicare alle persone che ho indicato prima, a cominciare dai genitori di Ilaria Alpi, che il servizio sarebbe andato in onda, in modo che potessero guardarlo?
MOHAMED SAID. Devo ribadire ancora che la televisione di Abu Dhabi dall'inizio del 2000 attraversa un periodo tempestoso, e proprio per questo motivo ho deciso di lasciarla; sono intervenuti cambiamenti nella direzione e la trasmissione di questo programma è stata rinviata per un lungo periodo. Poi il programma è stato trasmesso a sorpresa.
PRESIDENTE. Le ha avvertite o no?
MOHAMED SAID. No, non era possibile, forse perché ero all'estero quando è stato trasmesso.
PRESIDENTE. Un'ultima domanda sul punto: il testimone oculare ha preso dalla tasca la fotografia e gliel'ha mostrata. Poi che cosa ne ha fatto il testimone oculare di quella fotografia?
PRESIDENTE. Lei comunque non l'ha presa.
PRESIDENTE. Ricorda se l'abbia presa Yahya?
PRESIDENTE. Quindi - salvo a voler dire che non ricorda neanche questo - tra le varie ipotesi c'è quella che l'abbia tenuta lui, il testimone.
MOHAMED SAID. Non lo so, perché quando finisce l'intervista sono impegnato con la mia troupe per le riprese e non penso ad altro.
PRESIDENTE. Ha ragione. Però noi abbiamo la fotografia. Questa che vede è la foto che ci ha consegnato il 18 maggio scorso la persona che lei ha intervistato e che noi chiamiamo Osobow, perché così l'abbiamo identificato. Si tratta della foto, per quel che lui ci ha detto, che ha mostrato a lei, o meglio, che secondo le dichiarazioni dell'intervistato lei avrebbe mostrato a lui, ma che stando alle sue dichiarazioni lui avrebbe mostrato a lei.
MOHAMED SAID. Non ho mai avuto questa foto, non l'ho mai conservata nemmeno un attimo, non sono stato io ad esibirla.
PRESIDENTE. Non sto dicendo questo. Era una domanda preliminare per la seconda, che è questa: se lei, che è un osservatore, essendo un giornalista, vede questa foto e quella che è lì riportata, nota delle differenze. Mi può dire quali sono?
MOHAMED SAID. Sì, vedo che ci sono delle pieghe che lì non risultano.
PRESIDENTE. Diamo atto che il teste ha sottolineato che nella foto che gli viene esibita dalla Commissione manca la rigatura trasversale verso destra rispetto a quella centrale.
MOHAMED SAID. E la riga orizzontale.
PRESIDENTE. Le due righe orizzontali. Che cosa le viene in mente osservando queste differenze?
MOHAMED SAID. Non ho alcun commento da fare. Vedo delle differenze e basta.
PRESIDENTE. Allora la deduzione la faccio io: se questa è la foto di cui era in possesso il testimone oculare e che ha consegnato alla Commissione, e se ha differenze come quelle che lei ha individuato rispetto a quella riprodotta nel televisore, quella che si vede nel televisore potrebbe non essere stata esibita dall'intervistato e quindi potrebbe essere un'altra copia.
MOHAMED SAID. Non credo che ci possa essere un giornalista che conservi veramente tutto in un modo così organizzato.
PRESIDENTE. Scusi, io non contesto la conservazione. Anzitutto, non le sto contestando niente; stiamo cercando di ragionare insieme.
MOHAMED SAID. Infatti voglio contribuire e vi ho voluto aiutare anche selezionando i documenti per evitare di farvi perdere tempo su carte inutili. Se avessi avuto questa foto l'avrei conservata in una busta di plastica, l'avrei schedata scrivendo data ed informazioni in merito. Non ho nulla da nascondere.
PRESIDENTE. Per carità. L'ultima cosa che penseremmo è che lei abbia qualcosa da nascondere. Stiamo cercando soltanto di ricordare meglio le cose, perché c'è un dato pacifico: se questa fosse la foto utilizzata nel corso di quell'intervista - risultando assolutamente diversa, per le ragioni che abbiamo detto, da quella che si vede nel televisore - credo che sarebbe difficile dire che abbia la stessa provenienza.
MOHAMED SAID. Evidentemente ci sono due foto.
PRESIDENTE. Va bene. Allora diamo atto che il teste ha preso in comparazione la foto di cui al documento 275.0 con protocollo 19 maggio 2005, 2782, comparandola con quella riportata al time code 43,14 del filmato «Servizio esecuzione».
Do ora la parola all'onorevole Deiana.
ELETTRA DEIANA. Dottor Said, finita l'inchiesta - probabilmente mi sfuggono i tempi e forse ne avete già parlato...
PRESIDENTE. L'inchiesta inizia a novembre 2001 e termina a febbraio 2002.
ELETTRA DEIANA. Lei ha detto che non ha avuto modo di far conoscere ai suoi interlocutori italiani la data della trasmissione, ma voglio capire se lei abbia potuto parlare con i genitori di Ilaria Alpi - oppure con qualcun altro di questi interlocutori italiani - degli esiti della sua inchiesta, cioè se abbia spiegato loro gli elementi acquisiti con queste interviste.
ELETTRA DEIANA. I genitori di Ilaria Alpi hanno cercato di contattarla per avere queste informazioni, per sapere come era andata questa sua iniziativa?
MOHAMED SAID. Sì, attraverso Fatima Al Kordi. Fatima mi ha contattato al telefono, l'ho sentita quattro o cinque volte, probabilmente, mi ha scritto anche delle e-mail in cui mi diceva che i genitori di Ilaria Alpi insistevano e volevano avere una copia della registrazione. Però ribadisco che non sono riuscito a soddisfare la loro richiesta a causa della confusione che alla TV Abu Dhabi, perché non sono autorizzato a fare una copia VHS di questa registrazione senza il permesso della televisione; è una cosa molto più complicata di quanto possa sembrare.
ELETTRA DEIANA. Questo lo capisco, ma dato che c'erano stati dei rapporti, degli scambi di notizie tra lei e questi interlocutori italiani, vorrei sapere se lei abbia mandato anche per iscritto delle informazioni. Mi è sembrato di capire che il punto centrale delle preoccupazioni di chi si è occupato di questo fatto in Italia, vale a dire i coniugi Alpi, l'avvocato D'Amati, fosse la mancanza di prove a carico di Hashi Omar Hassan e quindi le perplessità sulla sentenza; a questo proposito anche lei ha parlato della necessità di fare giustizia e di contribuire ad una chiarificazione. Su questo punto ci sono state sollecitazioni da parte dei genitori: lei non si è sentito in qualche modo in dovere di collaborare, visto che mi sembra dalle sue parole che condividesse questa necessità?
MOHAMED SAID. Io sento di aver fatto il mio dovere, per quanto riguarda questo caso, facendo l'inchiesta e trasmettendo il programma nella TV Abu Dhabi. La mia coscienza è a posto. Quando la trasmissione è stata rinviata nel tempo ero molto preoccupato ed insistevo sistematicamente con la televisione affinché questo reportage venisse trasmesso, in modo che il messaggio potesse arrivare alle persone interessate ed alla magistratura, al fine di fare giustizia.
ELETTRA DEIANA. Lei ha pensato di avvertire l'ambasciatore italiano ad Abu Dhabi che sarebbe stato trasmesso questo programma?
PRESIDENTE. Posso intervenire?
ELETTRA DEIANA. Veramente vorrei sapere la risposta, in quanto non conosco l'arabo. Mi piace moltissimo, ma non lo conosco.
MOHAMED SAID. Mi hanno sempre messo a disagio le richieste delle ambasciate per sapere che cosa intendo trasmettere e quando intendo trasmettere qualcosa sul loro paese. La mia risposta è sempre stata questa: avete degli esperti, degli specialisti; seguite e vedrete. Il mio compito termina quando finisce la trasmissione, anzi quando finisco di fare il montaggio del pezzo e lo consegno alla televisione.
ELETTRA DEIANA. Lei è abilissimo a «rovesciare la frittata», come diciamo in Italia. Io non le ho chiesto come lei risponde alle richieste delle varie ambasciate (è giusto quello che ha detto), ma le ho chiesto se, visto il grande peso che dava a questa inchiesta, abbia sentito la necessità di avvertire lei l'ambasciata italiana. È giustissimo che le ambasciate dei vari paesi stranieri devono seguire quello che succede nel paese che li ospita, però io
non so a che ora hanno trasmesso il reportage. Non credo che la televisione di Abu Dhabi abbia dato uno spazio centrale tale per cui sicuramente l'ambasciata italiana poteva averne conoscenza. Le chiedo semplicemente se lei abbia avvertito l'ambasciata italiana: se risponde di no, è un punto.
MOHAMED SAID. No. Non ho sentito la necessità di informare l'ambasciata. Il programma è stato trasmesso in prima serata, nell'ora di maggiore ascolto, e c'è stato un battage pubblicitario durato due settimane per informare che sarebbe stato trasmesso; credo si tratti di un tempo sufficiente per l'ambasciata per saperlo e per organizzarsi di conseguenza.
Vi assicura che non giro intorno alle domande; cerco di rispondere in modo preciso e netto. Voglio collaborare al massimo con voi con le mie risposte e voglio realmente aiutarvi.
ELETTRA DEIANA. Vorrei sapere un'ultima cosa: lei è stato in Italia altre volte prima di questa inchiesta?
MOHAMED SAID. No, è stata la mia prima visita in Italia.
PRESIDENTE. C'è un fatto che si ricollega alle domande poste dall'onorevole Deiana: come le ho già detto, noi non abbiamo mai saputo dell'esistenza di questo filmato, risultato del suo lavoro. Quando lo abbiamo saputo, e le ho detto come, attraverso la testimonianza di Osobow il 18 maggio di quest'anno, ci siamo rivolti alla sua amica Fatima Al Kordi, la quale era in possesso del filmato. Chi glielo ha dato?
MOHAMED SAID. Lo ha ricevuto, forse pochi mesi fa, attraverso uno dei nostri amici.
PRESIDENTE. Quindi lei lo sapeva.
MOHAMED SAID. Sono stato io a farlo recapitare a Fatima tramite un amico che stava venendo in Italia, dietro la sua insistenza.
PRESIDENTE. Io prima le ho chiesto, quando abbiamo parlato della magistratura, se avesse fatto pervenire il filmato a qualcuno: anche se un po' in ritardo, il filmato era arrivato. Fatima Al Kordi in due giorni ha fatto avere il filmato ai coniugi Alpi, che poi, attraverso Mariangela Gritta Grainer, l'hanno fatto pervenire alla Commissione. Come si spiega questo percorso un po' travagliato? Sempre che lei sappia dell'esistenza di una spiegazione, altrimenti ci pensiamo da soli.
MOHAMED SAID. La spiegazione è questa: la direzione della televisione è responsabile dell'invio di copie dei reportage che vengono trasmessi a coloro che le richiedono; non è una mia responsabilità personale, e se lo faccio è a titolo personale. Io ho molti altri impegni e non ho nessuno per aiutarmi a farlo. Inviare la copia a Fatima è stato un fatto eccezionale, perché aveva insistito tantissimo per molto tempo, e non ricordo neppure quando l'ho inviato. Fatima mi diceva di volere questa copia...
PRESIDENTE. Quest'anno o lo scorso anno?
MOHAMED SAID. Forse l'anno scorso. Non ricordo quando l'ho inviato e poi non so chi lo stesse chiedendo; Fatima mi diceva che erano i genitori di Ilaria Alpi, ma non ho approfondito e gliel'ho mandato. Era un'eccezione, una cosa veramente eccezionale, che di solito non faccio.
PRESIDENTE. Benissimo. Allora le dico che fino al 18 maggio, finché non è venuto Osobow in Commissione, noi dell'esistenza del filmato nelle mani di Fatima Al Kordi non abbiamo avuto alcuna conoscenza.
Abusiamo ancor un poco della sua cortesia e veniamo al suo incontro con il
sultano di Bosaso, che poi sultano non era - perché, da quello che ho capito, sultano era il fratello, non lui - anche se può darsi che lo diventi presto, dal momento che il vero sultano è in coma. Ci spieghi bene tutto quello che è avvenuto con il cosiddetto sultano di Bosaso e, prima di tutto, ci dica come è arrivato a lui, chi glielo ha indicato, chi gliene ha sottolineato l'importanza, chi glielo ha presentato, come c'è andato e dove è andato.
MOHAMED SAID. Sono arrivato a King Kong attraverso il mio accompagnatore, cui sono stato affidato dal ministero dell'informazione somalo, che si chiama Awes. Dico che è stato lui a portarmi perché è stato lui ad accompagnarmi materialmente da King Kong, però, probabilmente c'erano stati dei contatti precedenti tra il ministero dell'informazione e King Kong.
PRESIDENTE. Questo Awes lei come lo ha conosciuto?
MOHAMED SAID. Quando ho deciso di occuparmi del caso, ho contattato l'ambasciata somala per ottenere il visto. Mi hanno chiesto il motivo della visita; gli ho detto il motivo e, allora, si sono prestati subito ad aiutarmi. E ho chiesto all'ambasciata di informare il ministero dell'informazione somalo del mio arrivo all'aeroporto perché all'aeroporto c'è una grande confusione ed è bene che quando uno arriva ci siano una macchina ed una persona che lo aspettano.
Quando sono arrivato all'aeroporto, non c'era nessuno del ministero dell'informazione, allora mi sono fatto accompagnare da una persona che lavora nella compagnia aerea, che mi ha portato con la sua macchina privata all'hotel. Credo fosse l'hotel Ramadam...
PRESIDENTE. Hotel Hamana, per caso?
MOHAMED SAID. No, quello dove sono andato è l'hotel dove alloggiano i membri del governo o che viene considerato sede del governo. Non era l'hotel dove sono stato dopo.
PRESIDENTE. Dopo è stato all'Hamana?
MOHAMED SAID. No. So che l'Hamana era l'albergo dove alloggiava Ilaria.
PRESIDENTE. Perfetto. L'albergo era a Mogadiscio nord o Mogadiscio sud?
MOHAMED SAID. Non so dove si trova esattamente l'albergo dove alloggiavano i membri del governo a Mogadiscio. Quando sono arrivato all'hotel, mi aspettava il ministro dell'informazione del governo provvisorio dell'epoca, che si chiamava Zacaria Hagg Mahmud; lo avevo già conosciuto in una mia precedente visita in Somalia e gli ho spiegato la natura della mia trasferta. Mi ha detto che non poteva fare molto per me: quello che poteva fare era solo organizzare degli appuntamenti con alcune persone. Gli chiesi di King Kong e allora mi disse «va bene, cercheremo di organizzare».
PRESIDENTE. E perché gli chiese di King Kong?
MOHAMED SAID. Perché King Kong era un nome ricorrente in tutte le carte che leggevo riguardo all'assassinio di Ilaria Alpi. Poi, mi sembrava che rappresentasse un elemento importante in quest'affare. Però il ministro non mi ha promesso di poter organizzare effettivamente l'incontro con King Kong, perché non sapeva se si trovava a Mogadiscio o a Bosaso. Comunque, mi ha assegnato un funzionario del ministero, che si chiama Awes, e mi ha detto che sarebbe stato il mio accompagnatore.
PRESIDENTE. Awes è la persona di cui le sto mostrando la foto?
MOHAMED SAID. Era calvo. Ha dei tratti che rassomigliano, ma non posso affermare che è lui.
MOHAMED SAID. Non posso dire. In genere, l'altezza, i lineamenti potrebbero essere i suoi, ma non posso confermare al 100 per cento. Ad ogni modo, Awes non mi ha mai detto che si trovava sul luogo del delitto.
PRESIDENTE. Infatti non ci stava. Ma le ha detto di avere dei rapporti con l'hotel Hamana, da dove uscì Ilaria quando fu uccisa? Se fosse lo stesso Awes, a noi risulta che fosse il capo della sicurezza dell'hotel Hamana. Lei ha il nome completo di questo Awes?
MOHAMED SAID. No, purtroppo no.
PRESIDENTE. Allora: mostrato al teste il documento fotografico ABC 0113, numerato 7, e chiestogli se la persona fotografata per prima a sinistra, nel riquadro dello sportello, possa rispondere al nome di Awes, dichiara che alcune delle caratteristiche fisiche corrispondono ma non può con certezza affermare che si tratti di Awes. Precisa che Awes era calvo e che, all'epoca, rivestiva la qualifica di...
MOHAMED SAID. Era funzionario del ministero dell'informazione somala.
PRESIDENTE. ...di funzionario del ministero dell'informazione somala.
MOHAMED SAID. È stato scelto dal ministro in persona per accompagnarmi.
PRESIDENTE. Ho capito. Andiamo avanti.
MOHAMED SAID. Era stato scelto dal ministro stesso affinché potesse garantirmi la protezione e fornirmi le informazioni di cui avevo bisogno. Dopo due giorni - è stata una visita breve, credo sia andato lunedì e tornato giovedì - comunque, martedì o mercoledì Awes mi ha detto che aveva arrangiato l'incontro con King Kong.
PRESIDENTE. Lei sapeva che King Kong era già stato intervistato da Ilaria Alpi, da Torrealta ed era stato sentito dalla magistratura italiana?
MOHAMED SAID. Sapevo questo attraverso le letture, ma l'ho saputo anche da Maurizio Torrealta, quando l'ho incontrato alla RAI.
Ho ottenuto dalla RAI una copia dell'intervista di Ilaria Alpi a King Kong; però non ho utilizzato quell'intervista nella puntata sull'uccisione di Ilaria Alpi perché andava tradotto prima. L'ho utilizzata più tardi, nelle puntate sui rifiuti tossici o sulle violazioni ONU in Somalia.
PRESIDENTE. E l'intervista di Torrealta?
MOHAMED SAID. Anche l'intervista di Torrealta si trovava sullo stesso nastro, sulla stessa cassetta, e l'ho utilizzata quando ho trattato la questione dei rifiuti tossici. Ho utilizzato giusto un piccolissimo pezzo, molto breve, perché la qualità era pessima.
PRESIDENTE. Il verbale d'interrogatorio del sultano di Bosaso fatto dalla magistratura italiana nello Yemen lo aveva o, comunque, lo conosceva?
PRESIDENTE. Per stabilire cosa fare, dal punto di vista dell'investigazione giornalistica, a lei è risultata utile la lettura del libro L'esecuzione, di cui abbiamo parlato ieri?
MOHAMED SAID. Ogni lettura torna utile ai fini di un'inchiesta giornalistica, ma, purtroppo, il libro è molto lungo e la traduzione avrebbe richiesto troppo tempo. Allora avevo chiesto ad un'amica di Abu Dhabi, che parla bene l'italiano, di fare una traduzione almeno delle parti più importanti; ma lei non ha trovato il tempo necessario per farlo e, alla fine, ho rinunciato.
PRESIDENTE. La selezione ha riguardato anche il ruolo, la posizione del sultano di Bosaso?
MOHAMED SAID. Devo dire che io ho letto a proposito del libro, ma il libro non l'ho letto.
PRESIDENTE. D'accordo, andiamo avanti. Come si è proceduto per arrivare a King Kong?
MOHAMED SAID. Questa è la parte più interessante di tutta la faccenda. Prima di andare da King Kong, Awes, su mio suggerimento, aveva fatto intendere a King Kong che il tema della nostra intervista era le minacce americane contro la Somalia, perché si parlava allora di un eventuale attacco americano alla Somalia, dopo l'Afganistan. Ho cercato così di di raggirarlo, perché sapevo che avrebbe rifiutato l'incontro se avesse saputo che ero intenzionato a parlare di Ilaria Alpi. Siamo stati alla villa dove abita King Kong...
MOHAMED SAID. No, a Mogadiscio. Per fortuna si trovava a Mogadiscio. Siamo stati in questa villa, o palazzo, e siamo rimasti nel giardino, non siamo entrati dentro; abbiamo fatto l'intervista fuori. Era subito apparso evidente che si tratta di una persona arrogante, aggressiva e che incute paura. Ho cominciato parlando con lui della Somalia in genere; abbiamo parlato delle minacce statunitensi contro il terrorismo prima di passare a Ilaria Alpi. Ho cominciato dicendo che lui era uno dei leader più in vista, più importanti della Somalia e gli ho chiesto di fare un commento sul terrorismo, e il discorso è andato avanti su questo tema.
PRESIDENTE. Ma si è qualificato come sultano di Bosaso?
MOHAMED SAID. No, non si è presentato. È così pieno di sé che gli sembrava evidente che tutti sapessero chi fosse.
PRESIDENTE. Però non era lui il sultano di Bosaso.
MOHAMED SAID. Questa era l'informazione secondo i dati in mio possesso. Adesso lei mi dice che è il fratello del vero sultano. Forse ho equivocato, però, dalle carte che avevo letto, mi pareva che fosse lui il sultano.
PRESIDENTE. Infatti adesso abbiamo chiarito che il vero sultano di Bosaso è il fratello. Lei lo aveva identificato come sultano di Bosaso sulla base delle notizie che aveva raccolto leggendo Internet o i giornali?
PRESIDENTE. Però il problema della qualificazione, durante l'intervista, non si è posto e mostrava di essere una persona potente. Vediamo cosa le dice.
Lei sa che era ministro della difesa? Come fa ad intervistarlo su Ilaria, che era poi il suo obiettivo?
MOHAMED SAID. Si, lo sapevo. I primi venticinque minuti ho parlato di varie questioni collaterali; dopo venticinque minuti sono passato alla questione di Ilaria. Ha esordito dicendo «Io evito di parlare della questione perché non ne so nulla». Poi, è iniziato il dialogo, per cui, se volete, posso leggere.
PRESIDENTE. Prego. Però la traduzione deve esser precisa.
MOHAMED SAID. «Evito di parlare di questa questione perché non so nulla al riguardo. Ha fatto con me una brevissima intervista, che toccava le due questioni della pesca e del blocco di una delle navi in quel periodo. Dopo un breve periodo, ho saputo che è rimasta qui quattro mesi, e questo attraverso la stampa. Al momento della sua uccisione non ero presente qui, ma mi trovavo a Bosaso e non era possibile che io mi trovassi qui in quel momento». Era Awes che faceva da interprete, gli ho fatto una domanda sull'interrogatorio,
e la sua risposta è stata: «Mi ha visitato a San'a il vice procuratore generale in compagnia di uomini della polizia italiana. Hanno fatto una indagine molto lunga, che è durata sette giorni; dopo di che hanno emesso una sentenza che attesta la mia innocenza, perché quando (Ilaria) è stata uccisa mi trovavo a Bosaso e non sapevo nulla al riguardo. Ho saputo, dalla stampa, che lei era rimasta qui quattro mesi».
Ad un certo momento ha cominciato a spazientirsi, perché vedeva che eravamo andati fuori dall'argomento concordato per l'intervista, e mi ha detto «Ma cosa sono tutte queste domande a ripetizione su Ilaria Alpi? Ilaria non mi interessa. Non mi interessa nulla di questa qui. Io penso che tu sei figlio di Torrealta - naturalmente me lo diceva con tono provocatorio -, non escludo che tu possa essere figlio di Torrealta, italiano nato da una madre egiziana, perché ripeti le stesse domande che mi ha fatto lui. Tu sei il figlio di Torrealta». Ripetevo le domande e alla fine si è stufato e mi ha detto: «Io rispondo a questa tua domanda con una domanda. Tu sei venuto forse da Abu Dhabi per farmi queste domande, per fare domande ad una persona di Bosaso come se si fosse trovata a Mogadiscio?». Gli ho chiesto: «Ma tu lo sai che c'è stata una condanna in questo caso?». Mi ha risposto: «Non lo so, dovrai guardare le carte»; poi lo hanno chiamato al telefono. Abbiamo ripreso e mi ha detto: «Mi devi fare una cortesia: va e leggi le decisioni del procuratore generale. Poi - non risulta qui la domanda, ma ho solo la risposta - dice: «Ho capito. Io sono molto seccato da quanto hanno fatto queste persone.» - ma non ho riferimenti per capire di chi si tratta - «Sono molto seccato del comportamento di queste persone; ad ogni modo, tu segui le orme di altri» - forse intendeva Torrealta - «e cammini su una strada dove altri ti hanno preceduto. Ad ogni modo, io ho presentato querela, ho incaricato il mio avvocato personale di seguire questa faccenda, lo sai?». Gli ho chiesto di Giancarlo Marocchino e mi ha risposto: «Quest'uomo non l'ho mai visto in vita mia e non è del mio livello sociale, affinché io lo possa conoscere. Personalmente ho lavorato come magistrato, come membro dell'alta corte, dopo di che sono in pensione. Sono stato rinviato dal servizio e sono stato incarcerato nel '75». Gli ho chiesto più particolari sulla sua biografia: «Non voglio stare a raccontarti i miei fatti. Sono stato nominato membro dell'alta corte, poi sono stato mandato in pensione, sono stato incarcerato nel '75 e riguardo al delitto di cui tu mi parli, io so come individuare l'assassino, però non sarei in grado di nasconderlo, di non dire chi è».
PRESIDENTE. Cioè, sa come cercarlo, però non è in grado di dire chi è? «Mi metterei a disposizione per cercarlo e se lo trovassi non lo nasconderei»: è questo che significa?
MOHAMED SAID. Secondo me si vantava delle sue capacità a livello della sicurezza. Voleva dire: «Se volessi trovarlo, lo troverei e se lo trovassi, non nasconderei il fatto di averlo trovato».
PRESIDENTE. Benissimo, andiamo avanti.
MOHAMED SAID. Quando gli ho chiesto perché era in pensione, mi ha risposto: «Perché mi hanno mandato via». Alla domanda se era al corrente di particolari sull'uccisione di Ilaria Alpi, mi ha risposto: «A Mogadiscio sono state uccise un milione di persone, tra cui dei parenti miei. Come posso avere dei particolari dell'uccisione di ognuno di loro? Non sono un angelo. Come è possibile che io possa sapere questo ad una distanza di 1.500 chilometri da qui? Ci sono molte cose illogiche che accadono». Ho continuato a girare intorno alla questione e a insistere, e mi ha detto: «Se, mentre esci ora da casa mia, incontri qualcuno che ti uccide alla soglia di casa mia e trovano con te la registrazione di questa intervista con me, questo vorrà forse dire che sono stato io ad ucciderti? Potrei essere accusato io di averti ucciso?». In un'altra risposta ha
detto: «Dovresti essere tu in grado di ragionare e di fare delle tue valutazioni e notare le differenze e le contraddizioni».
PRESIDENTE. Questa affermazione che ha letto adesso, secondo la quale King Kong dice: «Se esci da qui con la mia intervista e ti uccidono, sono stato io ad ucciderti?» è quella da cui lei ha tratto la convinzione che il sultano di Bosaso, alias King Kong, la volesse uccidere?
MOHAMED SAID. Non solo da questa risposta, perché ci sono altre risposte.
PRESIDENTE. Ma questa risposta l'ha presa come un messaggio?
MOHAMED SAID. Sì, questo discorso più altre risposte e più i fatti accaduti l'indomani.
PRESIDENTE. Benissimo, andiamo avanti.
MOHAMED SAID. Gli ho chiesto: ma non potresti essere tu il mandante dell'uccisione di Ilaria per impossessarti della cassetta della tua intervista e per farla sparire? Mi ha risposto: certamente no. Tu hai visto questa intervista; hai sentito qualche parola che ho detto di cui dovrei pentirmi? Gli ho detto: sei tu che devi dire se c'era qualcosa che non dovevi dire e di cui pentirti. Ha risposto: potrei aver detto qualcosa che poteva portarmi successivamente ad uccidere qualcuno? Gli ho chiesto: di che cosa avete parlato in questa intervista? Ha risposto: mi ha chiesto chi fossero i proprietari delle navi e non ho voluto dire che erano della Somalia, perché non esisteva un governo somalo. Ho replicato: ma allora perché non hai parlato dei proprietari delle navi? La risposta è stata: non voglio danneggiare delle persone perché le navi facevano i loro interessi. Poi non esisteva un governo in Somalia e queste persone guadagnano milioni al mese. Sono sei navi. Era una cosa che non potevo accettare. Gli ho detto: perché non hai avuto il coraggio di diffondere questa notizia? Mi ha obiettato: io non posso accusare una persona senza avere delle prove materiali credibili. Ho solo sentito dire che queste navi lavorano per gli interessi di alcuni clan, però non ho trovato delle prove materiali.
PRESIDENTE. Scusi, questo è ciò che King Kong dice di aver detto ad Ilaria?
MOHAMED SAID. Questo è stato il commento che ha fatto quando gli ho chiesto di che cosa avevano parlato.
MOHAMED SAID. Siamo tornati a parlare di terrorismo e della conferenza di Gibuti. Poi di nuovo sono tornato a chiedere di Ilaria. Ho chiesto di Hashi e mi ha detto: «Non conosco personalmente Hashi, ma ho letto di lui sulla stampa». Gli ho chiesto: «Perché Hashi ha ucciso Ilaria Alpi?», e lui mi ha detto: «Ti devo dire un'altra cosa: giuro su Dio l'Altissimo che voglio, desidero, più di chiunque altro, che si possa scoprire chi ha ucciso questa ragazza, perché era molto intelligente, aveva un'intelligenza molto acuta». Gli ho chiesto nuovamente su Hashi e lui mi ha detto: «Non conosco le persone arrestate, cioè Hashi che era agli arresti. L'avvenimento è avvenuto qui a Mogadiscio, mentre io mi trovavo a Bosaso. Ora ti do un esempio: se ti dovessi fare del male, qui, ora, come potrebbero a Bosaso sapere quello che ho fatto?». Questa è un'altro avvertimento. «Ti faccio questa domanda in quanto giornalista». Egli ha poi agiunto: «Mi dispiace dirti che il tuo viaggio da Abu Dhabi a Mogadiscio va nella direzione sbagliata, e mi dispiace dirti che tu segui una pista che non è quella giusta. Il tuo modo di procedere mi conferma che non vai nella direzione giusta: questa è la mia opinione. Altra mia domanda, ed egli risponde: «Non posso saperlo; non posso dirti nulla, perché quanto dico sono considerazioni e non la realtà». Gli ho chiesto circa il suo coinvolgimento nella questione e lui ha detto: «Io? No, no, tu sbagli, tu hai poca esperienza». Gli ho chiesto se fossero italiani i mandanti del crimine, e
lui: «No, non sono gli italiani. Loro sanno che la questione è tra italiani». Poi ha parlato in inglese e in italiano. Qui non ho le sue risposte perché ho solo quelle in arabo. Qui c'è la traduzione delle sue risposte in lingua somala ...
PRESIDENTE. Torniamo sugli italiani: come ha detto con precisione?
MOHAMED SAID. Testualmente: «No, non sono gli italiani. Loro sanno che la faccenda è tra italiani».
PRESIDENTE. Che cosa significa «Loro»?
MOHAMED SAID. È una traduzione fatta sul campo, non letterale, fatta da Awes. Awes voleva concludere presto l'intervista, perché mi faceva notare che perché King Kong stava diventando molto nervoso...
PRESIDENTE. Quindi: «Loro sanno...
MOHAMED SAID. «No, non sono gli italiani. Loro sanno che la questione è tra italiani».
PRESIDENTE. E lei come interpreta queste frasi?
MOHAMED SAID. È una frase poco chiara. Non capisco. Non era chiara e quindi non l'ho potuta utilizzare; non sapevo come impiegarla.
Un'altra risposta poco chiara: «No, non so nulla su di loro. Leggo solo a proposito di loro nei romanzi gialli». Forse parlava degli italiani. Si è parlato dei rifiuti tossici che vengono smaltiti in Somalia; la risposta è stata: «Molte persone hanno seppellito tantissime cose in Somalia, con dei complici somali. Erano gli imprenditori somali a smaltire questi rifiuti tossici; hanno iniziato effettivamente a smaltire queste cose da Capo Gamboni. La Somalia è il quarto paese nel mondo quanto a lunghezza delle coste, dopo la Russia, l'America ed il Canada. Sono le coste più estese in Africa». Ho chiesto: «Hanno effettivamente smaltito anche dei rifiuti tossici?». La risposta è stata: «Sì, hanno seppellito questi materiali secondo alcuni riviste ed ho una copia di Famiglia Cristiana». Intendeva dire che le informazioni di cui dispone provengono solo dalle riviste, dalle pubblicazioni. Gli ho chiesto: «Non hai alcun collegamento con la questione dei rifiuti tossici?». Mi ha risposto: «Tu sei giovane, ancora; queste questioni hanno bisogno di prove. Per esempio, bisogna prendere visione dei contratti firmati affinché tu lo possa parlare, altrimenti sono parole come quelle che tu stai dicendo riguardo ad Ilaria Alpi». (L'interprete fa presente che ora c'è una risposta poco chiara e che il testimone non è nemmeno certo della traduzione; pertanto traduce letteralmente): «No, riguardo allo smaltimento, egli mi ha detto che conosce chi ha fatto questo, chi ha smalito i rifiuti tossici». (L'interprete dice che il soggetto non è chiaro, però è al maschile). «Non posso accusare nessuno senza avere delle prove al riguardo per condannarlo, come il contratto firmato ed altri documenti. Non posso dire che un tale ha fatto questo e quest'altro senza avere le prove, affinché possa sostenere questo in sua presenza». Poi ha chiesto ad Awes come mi chiamo e quindi si è rivolto a me dicendo: «Per esempio, se io dicessi che Mohamed Said ha smaltito questi rifiuti, questa sarebbe un'affermazione errata, però se io dicessi che Mohamed Said ha seppellito dei rifiuti nucleari e dei rifiuti industriali in Egitto esibendo il contratto con la sua firma, questo sì è necessario affinché si possa incolpare una persona». Alla domanda se i servizi di intelligence somali ne erano al corrente, la risposta è stata: «Non c'erano servizi di intelligence, non esistevano». Gli ho forse chiesto di una persona che forse si trovava in Somalia e la traduzione della risposta è stata questa: «Era direttore in quell'epoca?». Altra risposta: «Non finire in galera per delle questioni che non esistono in Somalia. Non ti cacciare nei guai finendo in carcere per questioni inesistenti in Somalia e della cui veridicità non sei certo. Nel 1993 non c'era un governo in Somalia e pertanto quest'uomo
non era il direttore dei servizi di intelligence somali; stai attento». Gli ho chiesto: «Perché lei è così alterato così?».
PRESIDENTE. Chi era quest'uomo? A chi si riferiva?
MOHAMED SAID. Non ricordo. Era uno dei nomi che ho ricavato dai documenti. Potrei trovare i nomi se guardassi i documenti.
MOHAMED SAID. No, un somalo. Sicuro. Cercavo di sincerarmi se in quei tempi fosse stato direttore dei servizi di intelligence. Ho chiesto: «Ma perché si sta alterando? Teme qualcosa?». «No, affatto, solo che voglio correggere le informazioni a tua disposizione. Voglio solo guidarti. Tu sei come un ragazzino che comincia a muovere i primi passi nel giornalismo e vorrei evitarti di cadere in un pozzo profondo». Questa è la terza o la quarta minaccia. «Nessun somalo può dimostrare che era un ufficiale dei servizi di intelligence somali nel 1993, nessuno».
PRESIDENTE. Di chi parlavate? Di Gilao?
MOHAMED SAID. Non mi ricordo. Devo consultare le carte.
Gli ho chiesto il ruolo delle forze somale, ed ha risposto con stupore: «Le forze somale? Ora ti darò un'informazione molto semplice: la stampa italiana si è precipitata sui militari delle forze italiane che erano in servizio in Somalia per ottenere dei documenti, ed è riuscita ad ottenere milioni di fotografie. Perché non vai a consultare queste fotografie, che rifiutano di pubblicare?».
Qui parla dei soldi dati dalle riviste in cambio di fotografie e ha detto: «Si offrivano 15-20 milioni per ogni foto che qualcuno poteva portare. Penso che lì, in quelle foto, troverai il motivo dell'uccisione di questa ragazza». Gli ho chiesto perché deduceva questo, e mi ha risposto: «Non te lo dico, non lo so. Ad ogni modo, tu sei un giornalista; sei tu che devi cercare la verità». A questo punto sembrava veramente stufo e mi ha detto: «Tu sei un agente dei Servizi segreti italiani».
PRESIDENTE. Che cosa riguardavano queste fotografie?
MOHAMED SAID. Veramente parlavamo delle prove e lui ha detto che le foto e le prove ce l'ha la stampa italiana; è lì che occorre cercare. Secondo me non intendeva qualcosa di preciso, ma voleva dire che in generale le prove, le foto sono con la stampa.
Qui mi pare che si sia ricordato della domanda che avevo posto precedentemente su Giancarlo Marocchino e mi ha detto: «Mi hai chiesto di persone somale che sono agenti dei Servizi segreti italiani. Chi mi dice che non sei tu un agente dei Servizi? Come ti puoi difendere da questa accusa?». Poi gli ho domandato il suo parere su Ilaria Alpi e mi ha risposto: «In tutta sincerità, è rimasta qui poco tempo con me, ma ha lasciato una traccia molto forte. Mi auguro di tutto cuore che si possa scoprire l'identità del suo assassino».
Questa è una domanda, a quanto ricordo, su Giancarlo Marocchino, e la risposta è stata: «Lavorava qui, non nella regione nord orientale della Somalia, prima degli anni settanta e negli anni settanta ed ottanta». Secondo me parlava di Marocchino. Nella risposta successiva ha fatto il suo nome: «Giancarlo Marocchino ha lavorato in Somalia, ma non l'ho visto se non sei o sette mesi fa». Ho chiesto più informazioni su Marocchino ed ha risposto: «Non lo so, non lo so, non posso affermare; l'ho incontrato una sola volta per meno di venti minuti in compagnia di un amico, un avvocato italiano». A questo punto abbiamo concluso l'intervista e l'ho ringraziato. Mi ha risposto: «Grazie per tutte queste seccature».
PRESIDENTE. Lei ha detto di aver intervistato Hashi Omar Hassan. Dove? Qui a Roma? A Rebibbia?
PRESIDENTE. C'è andato da solo?
MOHAMED SAID. C'era con me Fatima, il regista, l'operatore e l'interprete somalo. Siamo rimasti in una stanza per circa tre ore.
PRESIDENTE. Chi c'era nella stanza?
MOHAMED SAID. Con noi c'era solo un militare, una guardia, che poi è uscita.
PRESIDENTE. Io le ho fatto precedentemente una domanda, vale a dire se conosceva il giornalista somalo Aden Sabrie, e lei mi ha risposto di no. Conferma questa risposta?
MOHAMED SAID. Ora questo nome non mi dice nulla.
PRESIDENTE. Questo giornalista, invece, anche se sotto la veste di interprete, era con lei da Hashi Omar Hassan. Noi abbiamo il certificato proveniente dal Ministero della giustizia, che dice che lei, in data 6 dicembre 2001, dalle ore 14.15 alle 16.15, con giornalisti della televisione Abu Dhabi, Emirati, e precisamente Sharif Shash...
MOHAMED SAID. Sharif Shash, il fotografo reporter.
PRESIDENTE. Mohamed Said Ali, che è lei, Ahmed Atef...
MOHAMED SAID. Atef Ahmed Abdel-Hamid, il regista.
PRESIDENTE. Fatima Al Kordi, e Mohamed Sabrie Aden, identificato a mezzo carta di identità rilasciata dal comune di Roma, interprete. Questo invece è un giornalista del TG3.
MOHAMED SAID. Ad ogni modo, non ho badato alla sua identità. E poi, da quella data, ho perso traccia di molti numeri telefonici, e non avevo interesse a contattarlo successivamente.
PRESIDENTE. Lo dico perché questo è il giornalista Sabrie, della BBC somala, che intervistò telefonicamente una persona che dichiarò di essere Gelle e che in quell'intervista disse di non essere stato mai sul posto in cui era stata uccisa Ilaria Alpi.
MOHAMED SAID. Ad ogni modo, questo non me lo aveva detto lì per lì. Era la prima volta che lo incontrtavo. E quando ci siamo salutati per congedarci e gli ho detto che andavo in Somalia per incontrare un'altra persona della BBC,Yusuf Hassan, mi ha chiesto di salutarlo da parte sua. Ho dimenticato completamente questa persona.
PRESIDENTE. Procediamo alla visione della parte del filmato relativa al sultano.
(La Commissione procede alla visione del filmato).
Questo chi è?
IL TRADUTTORE SOMALO. L'assassino può essere chiunque: può essere Hashi, può essere un altro.
PRESIDENTE. Queste parti non stanno nelle domande e nelle risposte di cui abbiamo parlato fino ad ora?
MOHAMED SAID. Questa traduzione è della ditta, mentre qui...
PRESIDENTE. Alcune parti non sono riportate.
MOHAMED SAID. I sottotitoli sono fatti da una ditta...
PRESIDENTE. No, un'altra cosa. Per esempio, l'indicazione dei vari personaggi...
ELETTRA DEIANA. Può essere stato chiunque ad averla montata...
PRESIDENTE. Non c'è, è solo lì. Comunque, non cambia niente. Possiamo anche soprassedere.
Do la parola all'onorevole Deiana.
ELETTRA DEIANA. Lei aveva visto la cassetta dell'intervista che Ilaria Alpi aveva fatto a Bogor di Bosaso?
MOHAMED SAID. Sì, l'ho vista, ma molto tempo dopo.
ELETTRA DEIANA. Nelle cose che ci ha letto compare spesso il termine «loro». A me è sembrato che ad un certo punto ritornasse, questo «loro», in una sua domanda. In sostanza le chiedo se lei abbia fatto domande per capire di chi si trattasse.
MOHAMED SAID. Non ho a disposizione i testi delle domande e spero che i nastri siano stati conservati, perché dalle cassette originali si potrebbero avere le domande. Ho fatto tradurre le risposte; ho qui solamente queste. Ora, l'unica fonte possibile per avere accesso alle domande è tornare ai nastri girati che spero siano ancora conservati alla TV Abu Dhabi.
ELETTRA DEIANA. Quelli che ci farà avere se possibile?
MOHAMED SAID. Se riuscirò ad ottenerli.
ELETTRA DEIANA. Le vorrei porre una domanda più generale: questo lavoro di inchiesta da lei svolto è stato finanziato dalla televisione di Abu Dhabi?
ELETTRA DEIANA. Il testimone che abbiamo avuto qui, Ali Hassan Osobow, ha detto cose che secondo lei non sono vere, però ha detto anche che l'inchiesta sarebbe stata finanziata dall'Organizzazione della Conferenza Islamica perché ci sarebbe disapprovazione in quanto un ragazzo musulmano è stato arrestato e condannato ingiustamente. Vorrei che lei mi dicesse qualcosa su questa testimonianza che abbiamo avuto.
MOHAMED SAID. Questa affermazione molto strana desta in me stupore. È una menzogna. L'inchiesta è stata finanziata dalla TV Abu Dhabi. Uno dei documenti che ho lasciato ieri è una fattura credo di 7.000 dollari, pagati dalla TV Abu Dhabi alla Star Media dove lavora Fatima Al Kordi. Comunque, è molto semplice accertare chi ha finanziato l'indagine.
PRESIDENTE. Qualcuno, nel corso delle sue interviste, le ha detto come sono andate le cose dal punto di vista della sparatoria, della dinamica dell'omicidio? Qualcuno le disse chi ha sparato per primo?
MOHAMED SAID. No, non fino a questo dettaglio. C'era una descrizione sui generis da parte degli avvocati, dei genitori di Ilaria, dei testimoni, e anche dalle mie letture su internet.
MOHAMED SAID. A quanto ha detto il testimone erano seduti, hanno visto arrivare gente, poi c'è stata la sparatoria, hanno sentito gli spari e sono scattati fuori dal caffè dove si trovavano, si sono avvicinati alla macchina e così via. Tutto qua.
PRESIDENTE. Qualcuno le ha mai riferito che avrebbero sparato per primi gli uomini della scorta di Ilaria Alpi?
MOHAMED SAID. Sì, credo che in una delle interviste mi è stato detto questo.
MOHAMED SAID. Il padre di Ilaria mi ha detto che Ilaria era uscita con una sola delle due guardie perché l'altra stava pregando. Il padre di Ilaria ha detto: «Il medico legale ha scritto che Ilaria era stata uccisa con un'arma corta, a distanza ravvicinata. Poi, questo rapporto non è
stato più preso in considerazione, o è stato declassificato, perché si era parlato di proiettili sparati da un fucile mitragliatore kalashnikov da una distanza media. Poi, in un altro rapporto fu scritto che era stata uccisa da un proiettile sparato da un revolver, nella nuca o nel collo (in arabo, la stessa parola).
PRESIDENTE. Noi volevamo sapere se avesse qualche notizia su questo dato: se per caso fosse accaduto che per primo avesse sparato l'uomo della scorta di Ilaria. Comunque non importa, perché faremo tradurre tutto.
MOHAMED SAID. Il padre di Ilaria ha detto: «È certo che l'autista è una persona poco affidabile, e questo lo si è visto durante il processo...
PRESIDENTE. La domanda era un'altra, ma non fa niente.
MOHAMED SAID. ...aveva un revolver e era l'unica persona della zona...».
PRESIDENTE. Non è necessario che continui a rispondere. Basta così.
MOHAMED SAID. Ad ogni modo questa è la risposta che toccava un po', anche se alla lontana.
PRESIDENTE. La conosciamo.
Un'ultima cosa. Marocchino lo ha sentito?
MOHAMED SAID. Non ci sono riuscito. Avevo preso i suoi numeri da Mariangela, ma non sono riuscito a contattarlo.
PRESIDENTE. La ringrazio. Concludiamo qui l'esame testimoniale, con l'intesa che nei prossimi giorni procederemo ad un esame veloce delle parti essenziali dei documenti che lei ci ha messo a disposizione e che la ricontatteremo per dirle si abbiamo ulteriore necessità di ascoltarla.
Grazie e buon lavoro.
PRESIDENTE. Dichiaro concluso l'esame testimoniale.
La seduta termina alle 12,30.
![]() |