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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame testimoniale di Giuliana Sgrena.
Le facciamo presente che è ascoltata con le forme della testimonianza e quindi, senza bisogno che io lo sottolinei, con l'obbligo dire la verità e di rispondere alle domande del presidente e dei commissari. Può declinarci le sue generalità?
GIULIANA SGRENA. Sono Giuliana Sgrena, nata a Masera, in provincia di Verbania, il 20 dicembre 1948, residente in Roma.
PRESIDENTE. A questo punto propongo di procedere in seduta segreta. Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito - La Commissione procede in seduta segreta)
PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica.
Ci parli della sua frequentazione della Somalia. Quando è cominciata? E per quali ragioni?
GIULIANA SGRENA. I tempi sono molto lontani, per cui dirò quello che ricordo. Mi sembra di esservi andata, la prima volta, nel dicembre 1992, quand'è iniziato l'intervento internazionale, ma in particolare quello italiano, e poi fino al 1994 vi sono andata diverse volte, anche se non ricordo quante. L'ultima volta fu nel 1994.
GIULIANA SGRENA. A dicembre, era la fine del 1992.
PRESIDENTE. Si è fermata per molto, oppure è stata poco tempo?
GIULIANA SGRENA. Non ricordo esattamente, però saranno state tre settimane,
fino a fine anno... era durante il mese di dicembre, saranno state tre settimane, più o meno. Mi sono fermata lì per seguire la situazione.
PRESIDENTE. Il contingente si istallava allora?
GIULIANA SGRENA. Sì, arrivò a dicembre.
PRESIDENTE. E l'anno successivo si recò in Somalia? E se sì, quando?
GIULIANA SGRENA. Quando, adesso non saprei dire esattamente.
PRESIDENTE. Comunque, vi è stata nel 1993?
GIULIANA SGRENA. Sì, vi sono stata.
PRESIDENTE. Per completare il quadro cronologico: nel 1994 è stata in Somalia?
GIULIANA SGRENA. Sicuramente, vi sono stata dopo la morte...
PRESIDENTE. È stato l'ultimo anno che lei è andata in Somalia?
GIULIANA SGRENA. No, vi sono tornata nel 1998 a fare un servizio, anche se non sono stata a Mogadiscio ma a Baidoa, a Bosaso e ad Argheisa. Poi, sono tornata nel febbraio 2002 a Mogadiscio.
PRESIDENTE. E nel 1994, che è l'anno che a noi interessa in modo particolare?
GIULIANA SGRENA. Nel 1994 sono andata subito dopo aver saputo dell'uccisione di Ilaria Alpi.
PRESIDENTE. In precedenza, nel 1994, vi era andata?
GIULIANA SGRENA. Non penso, perché era marzo, però non ne sono sicura.
PRESIDENTE. E perché è andata in Somalia dopo l'uccisione di Ilaria Alpi?
GIULIANA SGRENA. Perché con Ilaria avevamo previsto di andare insieme, durante questo periodo, che era il periodo in cui v'era il ritiro del contingente italiano. In quel periodo, i militari italiani ci davano un passaggio sugli aerei militari. Perciò, avevamo chiesto loro se c'era posto (naturalmente, ci davano la disponibilità in base ai posti), ma essi ci dissero che avrebbero dato un passaggio alle televisioni ma non alla carta stampata, alla quale io appartenevo.
Contemporaneamente, si stava organizzando un viaggio in Mozambico (anche lì c'era il disarmo, quindi c'era un altro processo in atto), ed io avevo dato la mia adesione per partecipare a questo gruppo che andava in Mozambico.
Alla fine, invece, poco prima della partenza del gruppo che andava in Somalia, i militari mi dissero che eventualmente ci sarebbe stato un posto anche per me. Però, il gruppo per il Mozambico era già stato organizzato e se io non fossi andata sarebbe venuto meno il numero indispensabile per formare questo gruppo. Decisi allora di andare in Mozambico e poi, successivamente, di andare in Somalia, ritornando dal Mozambico.
PRESIDENTE. Quando avviene tutto ciò?
GIULIANA SGRENA. Nel 1994. Proprio in quel periodo.
PRESIDENTE. E quando avevate raggiunto quest'intesa con Ilaria Alpi per andare insieme?
GIULIANA SGRENA. Sempre nel 1994. Sarà stato un mese prima. Avevamo parlato di questa cosa. Ricordo che lei stava in Jugoslavia, a Belgrado, quando ne parlavamo. Poi, sono andata in Mozambico, ed ho pensato che, risalendo dal Mozambico, mi sarei fermata a Nairobi per
andare in Somalia, per vedere che cosa sarebbe successo dopo il ritiro delle truppe.
PRESIDENTE. Dunque, questa decisione di andare in Mozambico, da parte sua, è una decisione che l'autonomizza rispetto all'intesa che aveva raggiunto con Ilaria?
GIULIANA SGRENA. Sì, perché non c'era il passaggio, allora avevo detto ad Ilaria: io non ho il passaggio. Vai tu, e poi ti raggiungerò.
PRESIDENTE. Quindi, è proprio il viaggio che poi ha fatto Ilaria.
GIULIANA SGRENA. Sì, è il viaggio che Ilaria ha fatto, mentre io sono andata in Mozambico con altri colleghi. Ho saputo dell'uccisione di Ilaria mentre ero in Mozambico, a Beira.
PRESIDENTE. Lei aveva una frequentazione anche precedente, da quello che capisco, o no? O fu soltanto questa l'occasione dell'incontro?
GIULIANA SGRENA. No, eravamo state insieme altre volte in Somalia. Ci eravamo conosciute proprio grazie alla Somalia, ad amici comuni. Poi, ci vedevamo anche a Roma, a volte.
PRESIDENTE. Avete mai avuto modo di parlare dei vostri reciproci interessi, dal punto di vista professionale, naturalmente con riferimento alla Somalia, e magari con riguardo a quelle che potevano essere le interdipendenze con l'Italia?
GIULIANA SGRENA. Sì, naturalmente si parlava anche di questo. Se ne parlava anche con altri colleghi.
PRESIDENTE. Che interessi aveva manifestato Ilaria per la Somalia, e per i rapporti della Somalia con l'Italia? Questa è una domanda un po' più generale.
GIULIANA SGRENA. Erano interessi che avevamo un po' tutti, sui rapporti con la cooperazione, sul traffico di armi, che si sapeva che c'era. Si parlava in generale. Non conosco dettagli particolari.
PRESIDENTE. Ma Ilaria che cosa le diceva? C'è una concomitanza temporale: la presenza del contingente italiano in Somalia. E questa è anche la ragione ufficiale per la quale Ilaria Alpi vi si reca, almeno per quello che noi abbiamo accertato.
GIULIANA SGRENA. Tutti noi eravamo un po' legati a questa presenza italiana.
PRESIDENTE. Come RAI, la ragione della partenza di quest'ultimo viaggio è stata quella addirittura del ritorno del contingente italiano. Ma questa situazione occasionale poteva ben legarsi con altro tipo di interessi che un giornalista può e deve coltivare. Allora, le chiedo: Ilaria Alpi le ha mai fatto riferimento, quando avete parlato dell'eventualità di andare insieme in Somalia, ad obiettivi specifici, particolari, di interesse giornalistico-investigativo?
GIULIANA SGRENA. Non in quest'occasione, anche perché avevamo discusso del nostro viaggio mentre io stavo a Roma e lei stava a Belgrado, poi, in genere, non è che si parlasse di queste cose al telefono, magari.
PRESIDENTE. Poi, però, vi siete viste, a Roma?
GIULIANA SGRENA. Prima di quella partenza non ci siamo viste, perché io sono partita prima per il Mozambico.
PRESIDENTE. E tutto questo interesse per la cooperazione? Quando parliamo di cooperazione parliamo di malacooperazione, e quando parliamo di rifiuti o di armi, parliamo di traffico illecito di questi materiali. Quanto tempo prima, rispetto a
questo intento di intesa, poi non raggiunta, ne ha parlato con Ilaria Alpi? L'anno precedente? Poco tempo prima?
GIULIANA SGRENA. Se ne parlava spesso, perché era un argomento di conversazione tra noi giornalisti.
PRESIDENTE. Le ha mai detto qualcosa di specifico?
GIULIANA SGRENA. Non mi ha parlato di un progetto specifico.
PRESIDENTE. Per esempio, le ha mai parlato di alcuni dati dei quali lei, Ilaria, era in possesso, a proposito della malaspendita dei soldi della cooperazione italiana?
GIULIANA SGRENA. Di cose sue, specifiche, non mi ha parlato.
PRESIDENTE. Abbiamo rintracciato un appunto nel quale Ilaria annota un particolare specifico, che le mostreremo. Quando parliamo di Somalia, parliamo sempre di Mogadiscio, per quello che la riguarda?
GIULIANA SGRENA. No. Adesso è complicato ricostruire tutte le volte che sono andata. Avrei dovuto avere più tempo.
PRESIDENTE. Lei è stato solo a Mogadiscio, in Somalia?
GIULIANA SGRENA. No, non sono stata solo a Mogadiscio. In quel periodo andavamo anche in altre zone. Sono stata a Baidoa, sono stata a Merca.
PRESIDENTE. È andata a Bosaso?
GIULIANA SGRENA. Non in quel periodo. Ci sono andata nel 1998.
PRESIDENTE. Invece, nel 1994, quando sareste dovute andare insieme, sareste dovute andare a Mogadiscio?
PRESIDENTE. L'accordo era per Mogadiscio.
GIULIANA SGRENA. Come prima tappa si andava sempre a Mogadiscio, poi da lì si vedeva se si riuscivano a fare altre cose. In quel periodo era molto complicato.
PRESIDENTE. In questi colloqui, Ilaria Alpi le ha detto se aveva interesse o intenzione di andare in determinate o specifiche località, al di là di Mogadiscio, come punto di arrivo, come piattaforma, rispetto ad eventuali altre destinazioni?
GIULIANA SGRENA. In questo caso non ne abbiamo proprio discusso, perché non era neanche abitudine discuterne per telefono. Di solito, se ne parlava quando eravamo sul posto.
PRESIDENTE. Quando lei è stata a Mogadiscio, ha assunto delle cautele per la tutela della sua sicurezza? Ricorda se c'erano delle modalità?
GIULIANA SGRENA. Eravamo più o meno scortate, quando si usciva.
PRESIDENTE. Chi pensava a queste scorte? Chi ve le procurava?
GIULIANA SGRENA. Avevamo delle conoscenze sul posto, e quindi in base all'autista che si prendeva ci si procurava una scorta. Io avevo una scorta minima. Di solito avevo un'autista più un'altra persona. Essendo della carta stampata, per me non era complicato come per le televisioni, che avevano fotografi e telecamere. Per loro era molto più complicato andare in giro. Io potevo mimetizzarmi molto più facilmente.
PRESIDENTE. Chi erano le persone alle quali facevate riferimento per l'individuazione del personale di scorta?
GIULIANA SGRENA. All'inizio, la prima volta che siamo andati a Mogadiscio, eravamo tutti ospitati nella sede della cooperazione italiana perché non c'erano posti accessibili, quindi eravamo tutti accampati lì. Poi, sono arrivati i militari, e pure i militari si sono messi lì (una parte dei militari). Lì c'erano dei loro conoscenti che poi ci procuravano sia le macchine che le relative scorte.
PRESIDENTE. Non ricorda qualche nome? Ha conosciuto Giancarlo Marocchino?
GIULIANA SGRENA. L'ho conosciuto perché anche lui bazzicava la sede della cooperazione in quel periodo. Non l'ho mai frequentato, ma sapevo chi era.
PRESIDENTE. Quando l'ha conosciuto, qualcuno gliel'ha presentato?
GIULIANA SGRENA. No, non me l'hanno presentato.
PRESIDENTE. Quindi, lei non ha mai trattato Giancarlo Maorcchino?
GIULIANA SGRENA. Sono andata una volta sola a casa sua, quando sono tornata dopo l'uccisione di Ilaria Alpi, non sono mai andata prima. Molti lo frequentavano. Abitavano anche a casa sua, a volte, quando non c'era posto da altre parti, ma io non sono mai andata, forse perché le mie disponibilità erano più limitate rispetto ad altri giornalisti.
PRESIDENTE. Perché? Per andare da Marocchino ci volevano delle particolari disponibilità?
GIULIANA SGRENA. No, ma per esempio lui era uno che ti poteva anticipare dei soldi e cose di questo genere, ma erano cose che io non facevo, oppure ti poteva procurare delle cose particolari, insomma... che erano degli optional a Mogadiscio.
PRESIDENTE. E sa se Ilaria Alpi frequentasse l'abitazione di Marocchino o, comunque, Marocchino?
GIULIANA SGRENA. Non so se lo frequentò in modo particolare, ma ricordo che una volta ha abitato da lui.
PRESIDENTE. Perché lo ricorda?
GIULIANA SGRENA. Non c'era molto a Mogadiscio...
PRESIDENTE. Chi gliel'ha detto? L'ha visto lei o gliel'ha detto qualcuno?
GIULIANA SGRENA. Lo sapevo perché eravamo a Mogadiscio nello stesso periodo.
PRESIDENTE. Parliamo del 1993.
GIULIANA SGRENA. Sì, doveva essere il 1993. Ero ospitata da Benni, dell'Ansa.
GIULIANA SGRENA. No, lui aveva affittato una casa.
PRESIDENTE. Dov'era questa casa?
GIULIANA SGRENA. Non era molto lontano dalla sede della cooperazione, dove eravamo stati prima, però non saprei darle un indirizzo esatto. Comunque, era a Mogadiscio sud.
PRESIDENTE. Ricorda di essersi recata in Somalia con Ilaria Alpi nel maggio 1993?
GIULIANA SGRENA. Adesso non ricordo, ma può essere, perché abbiamo fatto dei viaggi insieme. Sì, alcune volte siamo partite insieme.
PRESIDENTE. Lei ha detto: alloggiava. Che significa alloggiare nella casa di Marocchino?
GIULIANA SGRENA. Significa abitare.
GIULIANA SGRENA. Sì, lui affittava delle camere.
PRESIDENTE. Può essere stata una presenza occasionale, quella che le risulta?
GIULIANA SGRENA. Sì, perché ogni tanto si arrivava lì, si cercava un posto dove stare, si chiedeva chi aveva delle stanze disponibili - può darsi che non ce ne fossero altre in alcuni momenti - e lui aveva delle stanze che affittava.
PRESIDENTE. Alloggiare quindi significa...
GIULIANA SGRENA. Affittare una camera. Almeno io lo intendo in questo modo. Molti stavano da lui.
PRESIDENTE. Lo sappiamo. È una sua consapevolezza personale, diretta, oppure gliel'ha raccontato qualcuno, che Ilaria Alpi alloggiasse nelle pertinenze di Marocchino?
GIULIANA SGRENA. No, una volta lei mi ha detto che siccome non c'era posto dove stavo io, che aveva trovato una camera lì... ma non c'era niente di strano, succedeva a molti che quando non c'era posto da una parte si cercasse posto da un'altra parte.
PRESIDENTE. A lei, però, non è mai capitato.
PRESIDENTE. Le mostro questo documento manoscritto di Ilaria (Mostra un documento), tornando alla domanda che le ho fatto prima. Leggo: «1.400 miliardi di lire. Dov'è finita questa impressionante mole di denaro? Alcune opere come la conceria o il nuovo mattatoio di Mogadiscio sono semplicemente inattivi. I coinvolgimenti con la Somalia di Barre, prima, e poi...» - e ancora - «Adesso le accuse non sono finite.».
Di questo particolare, dei 1.400 miliardi di lire che sarebbero stati - diciamo così - rapinati, nell'ambito dei contributi di cooperazione italiana, le ha mai parlato Ilaria Alpi?
GIULIANA SGRENA. Questo fatto specifico non lo ricordo. Si parlava però, in quel periodo, dello scandalo della cooperazione. Non mi ha parlato, però, di dati specifici.
PRESIDENTE. E di queste opere, della conceria e del mattatoio, le ha mai parlato?
GIULIANA SGRENA. Del mattatoio si sapeva che era uno scandalo. Tra l'altro aveva provocato l'arrivo degli squali a Mogadiscio, perché il mattatoio era stato fatto in piena città. Infatti, mentre prima gli squali non si avvicinavano alla sponda, il mattatoio che versava direttamente il sangue nel mare aveva fatto avvicinare gli squali. In quel periodo, quindi, la costa era invasa dagli squali. Il mattatoio era stato chiuso, ma nel frattempo gli squali si erano abituati a venire lì a cercare il sangue o pezzi di carne, per cui continuavano a venire. Spesso, qualcuno che frequentava la spiaggia di Mogadiscio ci rimetteva la pelle.
PRESIDENTE. Quindi, era un fatto noto.
GIULIANA SGRENA. Sì, molto noto.
PRESIDENTE. E della conceria ci può dare qualche dato ulteriore?
GIULIANA SGRENA. No. Però queste erano tutte cose notorie. Peraltro furono chiusi.
Ora, di quella cifra non ho mai parlato con lei, comunque non ricordo quali fossero le cifre che giravano in quel tempo, perché è passato molto tempo.
PRESIDENTE. Annotazioni di questo genere appartenevano alle normali cognizioni di un giornalista d'inchiesta, oppure rappresentavano un risultato?
GIULIANA SGRENA. La cifra francamente non so se fosse stata scoperta da lei. Del resto si parlava.
PRESIDENTE. Non erano scoperte, insomma.
GIULIANA SGRENA. Queste cose, purtroppo, si sapevano.
PRESIDENTE. Lei arriva a Nairobi, per quello che ne sappiamo, il 26 marzo 1994. Il 20 marzo muore Ilaria Alpi. Lei dov'era il 20 marzo?
PRESIDENTE. Lì ha saputo dell'uccisione di Ilaria Alpi?
GIULIANA SGRENA. Sì. Era domenica. Facevo parte di un gruppo di giornalisti ospiti di una società italiana di cui non ricordo il nome. Siccome in quel periodo non c'erano cellulari e satellitari, avevano lasciato aperta la porta di un ufficio nel caso ci fosse qualche emergenza o necessità di un telefono. Ad un certo punto, di pomeriggio, sono passata avanti a quella stanza, ho sentito squillare il telefono, e ho risposto. Era il mio capo servizio che mi diceva che a Mogadiscio avevano ucciso Ilaria Alpi.
PRESIDENTE. Quindi, se le dico che poi il 26 marzo lei raggiunge Nairobi, è una data possibile?
GIULIANA SGRENA. Sì, è possibile. Anche perché questa cosa aveva colpito moltissimo me ed un collega, che eravamo amici di Ilaria.
PRESIDENTE. Andò sola a Nairobi?
GIULIANA SGRENA. Dissi subito che volevo andare a Mogadiscio, e un collega de Il Sole-24 Ore...
PRESIDENTE. Perché volevate andare a Mogadiscio?
GIULIANA SGRENA. Volevamo sapere. Fu un fatto emotivo. Il fatto ci aveva preso molto, ci aveva sconvolto. Perciò abbiamo detto: andiamo a Mogadiscio.
Non era facile partire da Beira e andare a Mogadiscio. Con un collega de Il Sole-24 Ore, la mattina dopo abbiamo trovato per caso un volo che da Beira andava a Maputo. Da Maputo siamo andati a Johannesburg. A Johannesburg non abbiano trovato la coincidenza, per cui abbiamo dormito lì. Poi, siamo andati a Nairobi.
A Nairobi bisognava trovare un passaggio, perché non c'erano i voli per Mogadiscio, e quindi siamo riusciti a trovare un passaggio su un volo (non so se fosse dell'ONU), previsto per due giorni dopo. Nel frattempo, a Nairobi, si tenevano delle riunioni dei vari leader somali. Dopo aver trovato questo passaggio, la sera prima della partenza (la mattina dovevamo partire molto presto, e ci eravamo organizzati in modo che ci venissero a prendere all'aeroporto di Mogadiscio), alle due di notte, questo collega mi disse che il suo giornale gli aveva vietato di andare a Mogadiscio perché era troppo pericoloso.
A quel punto, siccome sapevo che voleva partire per Mogadiscio anche Remigio Benni, dell'ANSA, non sono più partita da sola (effettivamente era molto pericoloso), l'ho aspettato, e sono partita due giorni dopo con lui e con Vladimiro Odinzov, di Repubblica.
PRESIDENTE. E Casamenti dove l'avete incontrato?
PRESIDENTE. Anche lui è venuto?
GIULIANA SGRENA. No. Lui stava tornando da Bosaso.
PRESIDENTE. Che cosa ha riferito Casamenti a voi, o a lei (non so se c'era anche Odinzov presente a questi colloqui), a proposito dell'uccisione di Ilaria Alpi?
GIULIANA SGRENA. Mi ha detto che erano stati insieme. Sia io che Ilaria eravamo amiche di Valentino Casamenti. Più volte avevamo pensato di andare a Bosaso. Lui lavorava per la cooperazione, e ci aveva dato una mano quando eravamo arrivate a Mogadiscio, la prima volta. Poi, era andato a Bosaso, e ci aveva detto che se volevamo andare lì potevamo farlo.
Quando l'ho incontrato, mi ha detto che era stato molto contento che Ilaria fosse stata lì, a Bosaso, e che erano stati una giornata al mare.
PRESIDENTE. Casamenti riferì a lei che Ilaria era andata a Bosaso?
GIULIANA SGRENA. Perché erano stati insieme a Bosaso.
PRESIDENTE. Dunque, Casamenti Ilaria Alpi e Miran Hrovatin si erano incontrati a Bosaso?
GIULIANA SGRENA. Sì. Ed era stata sua ospite. Casamenti mi ha detto che quando Ilaria è arrivata a Bosaso, lui non c'era. Poi, per fortuna, lui è arrivato il giorno dopo quindi - così mi ha detto - hanno potuto passare una giornata insieme al mare, in quanto tale giornata coincideva con uno sciopero della RAI; così mi sembra di ricordare.
PRESIDENTE. Casamenti le ha detto che cosa ha fatto Ilaria Alpi a Bosaso? Le ha detto se Ilaria gli riferì la ragione per la quale si era recata a Bosaso o che cosa avesse fatto in quella città?
GIULIANA SGRENA. Non in particolare. Ricordo che quel giorno in cui sono stati insieme, sono andati al mare, approfittando appunto di questa situazione. Non mi ha detto qualcosa in particolare su quel che hanno fatto. Avevano parlato di quel che lei aveva fatto, ma non ricordo nello specifico che cosa lei gli avesse detto al riguardo.
PRESIDENTE. Non ricorda o non le è stato detto?
GIULIANA SGRENA. Non so, sono passati tanti anni. Quando me lo hanno chiesto la prima volta, forse, ricordavo di più. Poi, siccome in questi giorni non sto andando al giornale, non sono stata a tirar fuori tutte le cose...
PRESIDENTE. Casamenti le parlò di un'intervista fatta dalla Alpi al cosiddetto sultano di Bosaso?
GIULIANA SGRENA. Non ricordo. Poi quest'intervista l'abbiamo vista tutti, quindi potrei dire che me lo ha detto, invece magari non è così.
GIULIANA SGRENA. Non mi ricordo. Sinceramente adesso non saprei se...
ELETTRA DEIANA. Può darsi che i suoi ricordi si sovrappongano.
GIULIANA SGRENA. Appunto, si sovrappongono. Se fosse stata una cosa non vista... non me lo ricordo.
PRESIDENTE. Casamenti le parlò anche di un volo che Ilaria Alpi e Miran Hrovatin avevano perso?
PRESIDENTE. Lo ricorda con precisione?
GIULIANA SGRENA. Questo sì, perché mi aveva detto che, grazie al fatto che lei aveva perso l'aereo, avevano potuto incontrarsi. Lui era arrivato con l'aereo che Ilaria aveva perso.
PRESIDENTE. Quale volo era stato perso da Ilaria?
GIULIANA SGRENA. Ilaria aveva perso un aereo per Mogadiscio; e Valentino, che non era a Bosaso il giorno in cui è arrivata Ilaria, è arrivato il giorno dopo, evidentemente con quell'aereo. Infatti - questo me lo ricordo - mi ha detto: grazie al fatto che lei ha perso l'aereo, ci siamo potuti vedere a Bosaso.
PRESIDENTE. Dopo aver perso l'aereo, che cosa ha fatto Ilaria? È rimasta a Bosaso?
PRESIDENTE. Glielo ha riferito il Casamenti?
GIULIANA SGRENA. Sempre Casamenti, sì. D'altra parte, non c'erano molti altri mezzi, se si perdeva l'aereo.
PRESIDENTE. Da Casamenti ha saputo di particolari interessi di Ilaria Alpi per determinati oggetti d'indagine? Le ha parlato di attività svolte dalla giornalista a Bosaso, con riferimento a particolari oggetti d'indagine?
GIULIANA SGRENA. No, non mi ricordo.
PRESIDENTE. Ricorda se Casamenti le disse come passarono Ilaria Alpi e Miran Hrovatin quelle giornate, dopo aver perso l'aereo a Bosaso?
GIULIANA SGRENA. Sì, ricordo che quel giorno l'hanno passato non lavorando bensì andando al mare. Lei ha detto di essere molto contenta, perché finalmente aveva un giorno libero, grazie allo sciopero della RAI. Visto che la RAI era in sciopero, lei quel giorno non doveva mandare un servizio, quindi poteva permettersi un giorno libero. E visto che c'era Valentino, che era un nostro amico, quella era un'occasione per stare insieme.
PRESIDENTE. Le risulta, per averglielo detto Casamenti, che Ilaria Alpi fosse preoccupata perché doveva mandare un servizio alla RAI?
PRESIDENTE. Come si intreccia questo sciopero con le consapevolezze che le ha trasferito Casamenti?
GIULIANA SGRENA. Non capisco la domanda.
PRESIDENTE. Lei ha detto che Casamenti le riferì che Ilaria Alpi rimase a Bosaso, anche in relazione al fatto che c'era uno sciopero della RAI.
GIULIANA SGRENA. Ilaria è rimasta a Bosaso perché aveva perso l'aereo. Dopo di che, questa giornata era coincisa col fatto che alla RAI c'era uno sciopero - adesso non ricordo esattamente - e allora lei disse: «Sono contenta, approfitto della giornata, visto che non ho urgenze per la RAI, così possiamo passare un giorno insieme, al mare»...
PRESIDENTE. Quindi, lo sciopero è la causa della non urgenza.
GIULIANA SGRENA. Lo sciopero è la causa della non urgenza di fare delle cose, però Valentino mi ha detto di aver avuto la sensazione che lei non fosse preoccupata per qualcosa. Lei non gli ha comunicato una preoccupazione.
PRESIDENTE. Né gli ha comunicato - per quel che le ha detto Casamenti - una sua preoccupazione perché sarebbe dovuto andare in onda un servizio?
PRESIDENTE. Secondo le nostre risultanze, il viaggio che lei ha fatto a cominciare dal 26 marzo, partendo da Nairobi e giungendo a Mogadiscio, fu utilizzato per svolgere alcuni accertamenti. Chi fece tali accertamenti, oltre lei?
GIULIANA SGRENA. Io, Benni e Odinzov.
PRESIDENTE. In che cosa consistettero tali accertamenti?
GIULIANA SGRENA. Chiamiamoli «accertamenti», comunque siamo andati lì, abbiamo cercato di sapere che cosa era successo, parlando con persone che conoscevamo.
PRESIDENTE. La prima persona da voi incontrata è stato il proprietario della macchina?
GIULIANA SGRENA. Ci sto pensando, non so...
PRESIDENTE. Va bene, non ha importanza. Come siete arrivati al proprietario dell'auto?
GIULIANA SGRENA. Lo conoscevamo molto bene perché di solito usavo quella macchina con quell'autista, in quanto era una macchina piccola, un piccolo pick-up; di solito lo usavo io, con quell'autista. Quindi, conoscevamo il proprietario, che peraltro aveva molte altre macchine e che in quel momento, siccome gli avevano sparato da un elicottero, stava a casa, infermo, con una gamba spappolata.
PRESIDENTE. Era a casa sua o era ospite altrove?
GIULIANA SGRENA. Non lo so, perché io non ero mai andata a casa sua, prima.
PRESIDENTE. Lei dove andava, per prendere la macchina?
GIULIANA SGRENA. Era lui a venire da noi; di solito, frequentava la cooperazione oppure i posti dove noi stavamo. Loro erano soliti venire da noi, non capitava mai che fossimo noi ad andare a cercare loro, in quanto sapevano benissimo dove stavamo: o in albergo, oppure...
PRESIDENTE. Eravate tutti e tre?
PRESIDENTE. Ci parlaste e vi confermò che quella era l'auto?
GIULIANA SGRENA. Sì, e ci ha detto anche dove potevamo vederla.
PRESIDENTE. Ricorda dove ha visto la macchina?
GIULIANA SGRENA. L'ho vista in un posto; dicevano che doveva essere il posto di un meccanico.
PRESIDENTE. A Mogadiscio nord o a Mogadiscio sud?
GIULIANA SGRENA. Non me lo ricordo.
PRESIDENTE. Localizziamo il nord e il sud in questo modo: l'hotel Hamana è a nord, il Sahafi è a sud.
GIULIANA SGRENA. Oltre a questo, il problema è che c'era una linea verde.
PRESIDENTE. E rispetto alla linea verde?
GIULIANA SGRENA. Non me lo ricordo, sinceramente.
PRESIDENTE. Era un'autorimessa? Un garage?
GIULIANA SGRENA. Sì, l'abbiamo vista in un cortile.
PRESIDENTE. Nel cortile di un caseggiato?
GIULIANA SGRENA. Sì, doveva essere...
GIULIANA SGRENA. No, non era una villa. Doveva essere, in effetti, una specie di garage, però la macchina era fuori, quindi noi non siamo entrati nell'edificio.
PRESIDENTE. La macchina, comunque, l'avete vista con i vostri occhi?
PRESIDENTE. Era accantonata, nascosta o altro? Che impressione ne avete tratto?
GIULIANA SGRENA. Non era nascosta, era nel cortile di quella che doveva essere una specie di officina, però noi non siamo entrati; io non sono entrata, quindi non so se dentro veramente fosse un'officina...
PRESIDENTE. Comunque, immagino che la macchina non fosse stata più utilizzata dal giorno in cui si erano svolti i fatti.
GIULIANA SGRENA. Non era stata più utilizzata ed era crivellata di colpi.
PRESIDENTE. Ha pensato che quella potesse essere una forma di occultamento?
GIULIANA SGRENA. Della macchina? No, se avessero voluto occultarla l'avrebbero messa dentro, invece era all'aperto. Se si passava nella strada vicino, la si poteva vedere.
PRESIDENTE. Ce la può descrivere? Adesso le saranno mostrate alcune fotografie.
GIULIANA SGRENA. Purtroppo, è passato molto tempo.
PRESIDENTE. Non si preoccupi, ricostruiamo le cose anche attraverso le dichiarazioni che lei ha già fatto. Ci servono solo alcune precisazioni. Le mostro (Mostra alcune fotografie) alcune fotografie in modo tale che lei, nei limiti del possibile, ci possa dire qualcosa.
GIULIANA SGRENA. Ecco, questo è il cofano. Mi ricordo che c'erano dei colpi anche qui sopra.
PRESIDENTE. L'ufficio dà atto che viene mostrato alla teste il dossier «B», filmato TV Svizzera del 20 marzo 1994.
L'auto riprodotta nella foto in alto, a pagina 1, è quella da lei usata in diverse circostanze nonché quella da lei visionata nei locali in precedenza descritti?
GIULIANA SGRENA. Mi sembra di sì. Ricordo alcune cose, in particolare. Ricordo questo colpo.
PRESIDENTE. Si dà atto che la teste risponde affermativamente, indicando anche alcuni punti da cui emerge la presenza di possibili fori di proiettile.
Questo è l'interno. Quando lei vide la macchina la trovò ancora con il parabrezza infranto oppure ricorda se fosse stata già sistemata?
GIULIANA SGRENA. No, non era stata sistemata.
PRESIDENTE. Le parti interne le ha visionate?
GIULIANA SGRENA. Non con particolare...
PRESIDENTE. E, se sì, le foto numero 3, 4 e 5 le indicano una corrispondenza?
GIULIANA SGRENA. Qui non trovo niente di particolare, quindi non mi ricordo. Se non c'è niente di particolare, non ricordo. Non ricordo, francamente, se ci fossero ancora i vetri. Ci eravamo concentrati soprattutto sui proiettili, sui fori dei proiettili.
PRESIDENTE. Va bene, vediamo le foto relative ai fori dei proiettili. Le mostro una serie di fotografie. Ricorda di aver visto i fori dei proiettili che sono visibili in queste fotografie?
GIULIANA SGRENA. Questi li ricordo, sì.
PRESIDENTE. Si dà atto che, mostrate alla teste le fotografie nn. 10 e 11, nelle quali è fotografato in particolare un foro longitudinale rispetto al cofano, questa dichiara di aver personalmente constatato tale particolare in occasione della visione dell'auto.
Mostratale la foto numero 13 e chiesto se abbia potuto constatare all'interno dell'auto, sulla copertina dei sedili, i fori che sono indicati nelle foto stesse, dichiara di aver personalmente constatato la presenza di tali fori.
Mostratale la foto numero 14 - in cui è riprodotto il foro sul lunotto posteriore -, riconosce di averlo personalmente constatato.
Con riferimento alla fotografia numero 18 - nella quale è fotografato un foro all'altezza della porta anteriore destra del veicolo -, chiesto se abbia preso visione di tale foro in occasione del sopralluogo, risponde affermativamente.
Con riferimento alla fotografia numero 20 - ove è riprodotto il foro sulla parte alta del tetto dell'auto - e chiesto se abbia preso visione di tale particolare, risponde affermativamente.
Mostratale la fotografia numero 23 - con riferimento al foro al di sopra del tettuccio e sul tubo segnalato da vari colori - dichiara di averlo personalmente visionato nell'occasione già indicata.
Torniamo al colloquio con il proprietario dell'auto. Che cosa le disse costui, in termini di consapevolezze attorno a quel che poteva essere accaduto in occasione dell'uccisione dei due giornalisti italiani? Le ricordo che il proprietario si chiamava Yusuf.
GIULIANA SGRENA. Yusuf, esatto. A parte aver espresso il suo dispiacere e le condoglianze, l'unica frase che mi ricordo e che mi ha colpito è questa: «Io gliel'ho sempre detto di non sparare, perché è più pericoloso se la scorta spara e se ti trovi di fronte a qualcuno che ti vuol sparare». Dal che io ho dedotto che anche la scorta avesse sparato. Questa è l'unica cosa che mi ricordo, che mi è rimasta impressa.
PRESIDENTE. Signora, in una dichiarazione resa precedentemente alla Commissione parlamentare d'inchiesta sulla cooperazione e in un documento - che le leggeremo, per chiederle conferma che provenga da lei -, lei ha affermato che Yusuf avrebbe detto a lei, a Benni e ad Odinzov: «Io dico sempre ai ragazzi di scorta: non sparate per primi». Conferma questa dichiarazione?
PRESIDENTE. In quale contesto viene fatta questa affermazione da parte di Yusuf?
GIULIANA SGRENA. Stavamo parlando, stavamo cercando di capire che cosa fosse successo, e lui ci ha detto questa cosa. Però, ha detto di non sapere esattamente cosa fosse successo e che neanche lui era riuscito a spiegarselo.
PRESIDENTE. A chi lo ha detto?
GIULIANA SGRENA. A noi. Ha detto che raccomandava sempre ai suoi autisti e alle relative scorte, comunque, di non sparare mai per primi, in quanto era rischioso.
PRESIDENTE. Questa puntualizzazione nasceva da un discorso nel quale si parlava della possibilità che fosse stato l'uno o l'altro a sparare per primo?
GIULIANA SGRENA. No, lui non ha fatto questo riferimento.
GIULIANA SGRENA. Io ho pensato che potesse essere riferito anche...
PRESIDENTE. Lei lo ha pensato ma io le chiedo se, nel colloquio che avete avuto, questa frase sia stata - diciamo così - una voce dal sen fuggita oppure se fosse inquadrata in vostre domande per sapere, ad esempio, chi avesse sparato per primo.
GIULIANA SGRENA. Lui non ci ha detto esplicitamente che...
PRESIDENTE. Ma le domande da parte vostra c'erano?
GIULIANA SGRENA. Le domande da parte nostra c'erano, però lui ha detto di non sapere niente di preciso, poi ha aggiunto questa cosa.
PRESIDENTE. Le ho fatto questa domanda perché l'affermazione di Yusuf, per quel che ho capito, non ha trovato conferma negli approfondimenti che voi avete fatto successivamente.
Successivamente, avete parlato anche con l'autista e con l'uomo di scorta di Ilaria Alpi?
GIULIANA SGRENA. Io non ho parlato direttamente con l'uomo della scorta.
PRESIDENTE. Con chi ha parlato?
GIULIANA SGRENA. Ho parlato con amiche di Ilaria, eccetera. Con questi hanno parlato di più Benni e Odinzov.
PRESIDENTE. Con le amiche di Ilaria, lei ha parlato di queste cose?
GIULIANA SGRENA. Con un'amica di Ilaria, soprattutto, che era anche amica mia.
GIULIANA SGRENA. Starlin, quella che poi è stata uccisa.
PRESIDENTE. E che cosa le disse la Starlin?
GIULIANA SGRENA. Aveva cercato, anche lei, di sentire in giro e di sapere quali potessero essere le motivazioni, cosa potesse essere successo. E mi ha raccontato che in quei giorni c'era molta ostilità nei confronti degli italiani per voci varie che erano circolate...
GIULIANA SGRENA. Sul comportamento degli italiani. C'erano state anche rivelazioni di casi di stupri, eccetera, nonché di maltrattamenti di prigionieri. Lei aveva sentito queste voci. Anche lei cercava di capire che cosa potesse essere successo; essendo amica di Ilaria, la cosa l'aveva sconvolta. Noi andavamo spesso a casa sua.
PRESIDENTE. I suoi due colleghi Benni e Odinzov, come lei ha detto, parlarono con l'uomo della scorta e con l'autista. Lei non ha parlato con queste due persone?
GIULIANA SGRENA. Io non ci ho parlato direttamente.
PRESIDENTE. E cosa le hanno riferito Odinzov e Benni?
GIULIANA SGRENA. Non mi hanno riferito esattamente il colloquio. Mi hanno detto di averci parlato, ma non ricordo esattamente.
PRESIDENTE. Nelle dichiarazioni rese davanti alla Commissione d'inchiesta sulla cooperazione e nel documento che in seguito le leggerò, lei riferisce quanto le sarebbe stato detto dai giornalisti Benni e Odinzov: «Il ragazzo di scorta era terrorizzato; ambedue affermarono che gli assalitori avevano sparato per primi; due di loro scesero dalla Land Rover blu e cominciarono
a sparare, mentre altri spararono dalla macchina. Uno degli assalitori aveva la divisa da poliziotto, ma quelle si trovavano facilmente».
Questo sarebbe quanto a lei riferito da Odinzov e da Benni. Ne ha ricordo, in questo momento?
GIULIANA SGRENA. Grosso modo sì, però adesso non ricordo esattamente le parole che mi hanno detto.
PRESIDENTE. Quindi, che a sparare per primi sarebbero stati gli uomini della scorta di Ilaria non è stato un suo pensiero.
GIULIANA SGRENA. Il mio pensiero era una deduzione da quel che aveva detto il padrone della macchina. Il fatto che lui avesse ritenuto, in quel momento, di doverci dire che aveva sempre detto di non sparare per primi forse derivava da un suo timore che loro avessero potuto sparare, presi dalla paura.
Dopo di che, l'autista e soprattutto la scorta... sì, mi ricordo che ha detto che lui non aveva sparato per primo. E che gli altri fossero sei o sette, peraltro, lo raccontavano anche altri, all'hotel Hamana. Ora non ricordo se me lo hanno detto i giornalisti, i quali avevano parlato con la scorta, oppure se c'erano altre persone all'Hamana che avevano raccontato queste cose.
PRESIDENTE. Stavamo parlando delle possibili causali che le sarebbero state indicate da Starlin. Lei ha parlato solo con Starlin o anche con altri, a proposito delle possibili ragioni dell'uccisione dei due giornalisti? Se sì, con chi? E che cosa le è stato detto?
GIULIANA SGRENA. Adesso non ricordo con chi. Probabilmente, ne ho parlato anche con altri, dato che stando lì alcuni giorni si parlava molto di questa cosa, però non saprei. In particolare, ricordo di aver parlato con lei, perché sono stata più volte a casa sua.
PRESIDENTE. Sempre in quei giorni?
PRESIDENTE. Quanto tempo siete stati a Mogadiscio? Una settimana?
GIULIANA SGRENA. Sicuramente non di più, in quanto era molto rischioso stare lì. Al giornale erano preoccupati...
PRESIDENTE. E che le disse Starlin?
GIULIANA SGRENA. Starlin mi disse che aveva cercato di raccogliere le voci, di sapere. Avevano delle persone che lavoravano per loro e c'erano voci che correvano. All'Hamana correvano voci anche di interessi della stessa proprietaria dell'hotel Hamana, di scontri di clan familiari.
PRESIDENTE. In che senso si parla di «interessi della proprietaria dell'hotel Hamana»?
GIULIANA SGRENA. Non lo so, ma ricordo che c'erano degli interessi con dei suoi familiari, degli sgarbi, cose del genere. Adesso non ricordo esattamente, però era venuto fuori che ciò potesse essere accaduto per colpire l'hotel Hamana. Infatti noi italiani, tranne Ilaria - la quale non stava mai all'hotel Hamana - stavamo spesso in quell'hotel, dal momento che Benni non aveva più la casa.
PRESIDENTE. Quindi, l'idea era di un attacco agli italiani, di una ritorsione.
GIULIANA SGRENA. Era quella che a me sembrava prevalente in quel momento, in base alle cose che mi avevano raccontato; ma naturalmente, non ne escludo nessun altra, in quanto la mia inchiesta (lo dico tra virgolette) era molto limitata e in condizioni assolutamente difficili.
Tra l'altro, siamo potuti stare soltanto a Mogadiscio e in quel momento vi era l'impressione che vi fosse comunque un forte risentimento nei confronti degli italiani che, a volte, avevano assunto dei comportamenti poco apprezzati. Quindi,
nel momento in cui gli italiani se ne stavano andando, poteva darsi che si fosse voluto fare un gesto dimostrativo.
PRESIDENTE. Nel momento in cui se ne stava andando il contingente?
GIULIANA SGRENA. Sì. Comunque, non posso ritenere che la mia fosse un'inchiesta; era assolutamente un'impressione.
PRESIDENTE. La Somalia - per quello che lei ha potuto raccogliere, a livello di informazioni - voleva che il contingente se ne andasse oppure no?
GIULIANA SGRENA. È contraddittorio. Naturalmente, non volevano la presenza di truppe straniere, però - come sempre succede in questi casi - ritenevano disdicevole il disastro che era stato lasciato, senza aver ottenuto niente in cambio. L'intervento provoca comunque degli effetti nella situazione della popolazione; pertanto, da parte della gente - l'ho visto anche in altri casi - c'è un forte risentimento. Questo non c'entra con l'inchiesta ma, tornando anni dopo, si vede che il paese ha subito un disastro.
PRESIDENTE. Le faccio una domanda alquanto suggestiva: tra le informazioni che lei ha raccolto, ce n'è stata qualcuna che ha motivato questo duplice omicidio come un fatto premeditato o preparato?
GIULIANA SGRENA. Dunque, ci sono due possibilità. La prima è che quella macchina, quella jeep stesse lì ad aspettare, quindi che in qualche modo vi fosse qualcosa di preparato, dato che non è arrivata improvvisamente. E questo mi sembra un fatto abbastanza constatato. Il problema è se fosse un'azione preparata contro Ilaria e Miran oppure no, magari contro qualcuno ma non specificatamente contro loro. E questo è un altro quesito.
PRESIDENTE. Su questo quesito lei ha raccolto informazioni?
GIULIANA SGRENA. Informazioni no, perché non lo sapevano. Il fatto è che si tratta di un albergo dove stavano gli italiani.
PRESIDENTE. C'è un'altra possibilità, ovvero che si trattasse di un'operazione per uccidere. Ha raccolto informazioni al riguardo?
GIULIANA SGRENA. Informazioni no; pareri, più che altro.
PRESIDENTE. Che pareri ha raccolto?
GIULIANA SGRENA. Lì circolavano voci di tutti i tipi: che potesse essere stato il tentativo di uccidere proprio loro oppure che volessero uccidere degli italiani per il risentimento che c'era nei loro confronti, dato che quello era un luogo frequentato da italiani; in quel momento, all'hotel Hamana non ce n'erano più, ma prima c'erano solo giornalisti italiani. Oppure, che vi fossero altri motivi.
GIULIANA SGRENA. Si è detto che potesse essere per un sequestro, ma allora sembrava abbastanza inverosimile. Dopo ci sarebbero stati dei sequestri, ma fino ad allora non mi sembra che ce ne fossero stati, in Somalia.
PRESIDENTE. In verità, ce ne sono stati, sia prima sia dopo. Ma questo non ha importanza.
GIULIANA SGRENA. Dopo, sicuramente.
GIULIANA SGRENA. Per quanto riguarda il prima, non ricordo. Comunque, mi riferisco a dei somali.
PRESIDENTE. Che intende per «somali»? Delinquenza comune o di altro genere?
GIULIANA SGRENA. Non parlo di delinquenza comune. Può darsi che io parlassi con delinquenti, ma non sapevo se lo fossero o meno.
PRESIDENTE. Mi riferivo alla preparazione e all'organizzazione di questa azione.
GIULIANA SGRENA. Lì i limiti tra la delinquenza comune e l'utilizzo della manovalanza da parte dei vari clan erano molto labili, quindi è difficile capire.
PRESIDENTE. Ha raccolto informazioni in base alle quali l'agguato ai due giornalisti sarebbe stato motivato dal fatto che Ilaria Alpi - come si dice nella letteratura giornalistica di questi anni - avesse quanto meno messo le mani in qualcosa che non era gradita?
GIULIANA SGRENA. Personalmente, no.
PRESIDENTE. Le ho fatto una domanda a proposito della radice criminale - o clanistica che dir si voglia - dell'agguato, dato che avete fatto un'indagine, almeno per quello che ci risulta, addirittura prendendo contatto con una persona che, a sua volta, sarebbe stata in contatto o comunque in condizione di conoscere uno di coloro che in quell'occasione spararono.
GIULIANA SGRENA. Questo ci è stato riferito da Starlin; era una delle sue guardie che aveva preso questo contatto.
PRESIDENTE. Con chi aveva preso contatto? Con uno degli assalitori?
GIULIANA SGRENA. Sì, così ci aveva raccontato. Adesso, se fosse vero o no, non saprei.
PRESIDENTE. Le fu riferito per quale ragione - esplicitata dall'aggressore - i due giornalisti italiani sarebbero stati uccisi?
GIULIANA SGRENA. Se ricordo bene, era per risentimento nei confronti degli italiani
PRESIDENTE. Si ricorda se le fu riferito qualcosa a proposito di un risentimento particolare?
GIULIANA SGRENA. Mi sembra - però si tratta di molto tempo fa - per maltrattamenti di prigionieri.
PRESIDENTE. Le leggo una dichiarazione fatta da lei: «Tramite una associazione di donne somale detta IDA, siamo entrati in contatto con una persona che conosceva qualcuno del gruppo di fuoco, ma non ci è stato possibile incontrare direttamente nessuno di quelli che hanno sparato. Per conto nostro, ci è andato un somalo». Ricorda chi fosse questo somalo?
GIULIANA SGRENA. Penso che fosse, a quei tempi, una guardia...
PRESIDENTE. Ha visto in faccia questo personaggio che andò, per conto vostro, a parlare? Glielo chiedo proprio perché ci risulta che voi siate entrati proprio nello specifico e dato che questo elemento è di grandissimo interesse per la nostra Commissione. Lei ha visto in faccia questo personaggio?
PRESIDENTE. Pensa di averlo visto in faccia?
GIULIANA SGRENA. Sì, quello che è andato a parlare.
PRESIDENTE. Poi le faremo vedere alcune fotografie.
Vado avanti a leggere le sue dichiarazioni: «Io, comunque, sono dovuta partire e solo più tardi ho appreso il contenuto
dell'incontro. Secondo questa interpretazione, si è trattato di una vendetta per il trattamento riservato ad alcuni somali catturati, uno dei quali rimase paralitico. Certo, che gli italiani andassero per le spicce in Somalia è stato anche documentato fotograficamente».
Si riconosce in questa dichiarazione?
PRESIDENTE. Questo particolare del paralitico le fa venire in mente qualche altro elemento del racconto?
GIULIANA SGRENA. No. Ricordavo solo che c'erano stati maltrattamenti, ma non mi ricordavo del paralitico; può essere.
PRESIDENTE. Voi avete parlato con l'ambasciatore Scialoja?
PRESIDENTE. Di che cosa avete parlato con l'ambasciatore Scialoja?
GIULIANA SGRENA. Non ricordo più cosa mi ha detto.
PRESIDENTE. Parlaste delle indagini che si sarebbero dovuto fare, perché in realtà non sono state fatte, dall'Unosom?
GIULIANA SGRENA. Era proprio l'inizio, era appena successo.
PRESIDENTE. Ricorda che versione dette l'ambasciatore Scialoja dell'uccisione dei due giornalisti, che poi qui avrebbe negato e poi riconfermato?
GIULIANA SGRENA. Non sono sicura. Ci stavo pensando stamattina, ma non sono sicura.
PRESIDENTE. Ricorda che Scialoja parlò di un attacco da parte di un gruppo di integralisti islamici?
GIULIANA SGRENA. Mi sembra che fosse più Fiore che parlò di integralisti.
PRESIDENTE. Fiore fece addirittura un comunicato stampa: su questo non c'è dubbio.
GIULIANA SGRENA. Per quanto riguarda Scialoja, non ricordo più se abbia detto questa cosa.
PRESIDENTE. A proposito delle indagini Unosom, lei ricorda se cercaste di capire se fossero state fatte? Le dico subito che non è stato fatto niente, perché lo abbiamo accertato noi. Ma, al di là di questo, le chiedo cosa è successo nelle occorrenze immediate: siamo nel periodo tra il 26 marzo ed i primissimi giorni di aprile, 1o o 2 aprile e non oltre; questo è il periodo in cui lei sta insieme a Benni e Odinzov in Somalia.
GIULIANA SGRENA. Non ricordo se siamo andati a vedere anche l'Unosom.
PRESIDENTE. Lei ha avuto anche dei rapporti e dei colloqui con i genitori di Ilaria Alpi. Ricorda quando ha avuto questi colloqui, se prima o dopo la partenza e in occasione di quale circostanza?
GIULIANA SGRENA. Sicuramente dopo, perché prima non li avevo conosciuti.
PRESIDENTE. Molto tempo dopo rispetto al suo ritorno dalla trasferta somala, in occasione della quale fece questo tipo di approfondimenti, sia pure da inchiesta giornalistica?
GIULIANA SGRENA. No, non tantissimo, però non ricordo.
PRESIDENTE. Si confrontò con i genitori di Ilaria Alpi sulle possibili ricostruzioni dei fatti, sulle possibili cause della tragedia?
PRESIDENTE. Ci può riferire qual era la posizione sua e quella dei genitori di Ilaria Alpi?
GIULIANA SGRENA. I genitori di Ilaria Alpi si basavano su altri elementi, su alcuni elementi particolari della vicenda di Ilaria. Il fatto che fossero scomparsi i taccuini li portava a dedurre che la morte di Ilaria Alpi fosse dovuta al fatto che a Bosaso aveva scoperto qualcosa di molto importante e per questo era stata uccisa. Io non escludo niente, soltanto portavo altri elementi che avevo raccolto a Mogadiscio e che per i genitori di Ilaria Alpi non sembravano abbastanza convincenti, però veramente io non posso escludere nessuna ipotesi.
PRESIDENTE. Ma io non le ho fatto questa domanda. Io voglio soltanto registrare per la Commissione se c'era una diversità di impostazione - non dico di opinioni - tra le convinzioni che lei aveva tratto in esito al viaggio di cui abbiamo parlato fino a questo momento e le convinzioni dei genitori di Ilaria Alpi. C'era una diversità di impostazione o non c'era?
GIULIANA SGRENA. Sì, c'era una diversità di impostazione, perché partivamo...
PRESIDENTE. Da cognizioni diverse.
GIULIANA SGRENA. Sì, possiamo dire così.
PRESIDENTE. Fu una diversità di impostazione che rimase senza seguito, nel senso che comunque continuaste a confrontarvi e a parlarne?
GIULIANA SGRENA. Sì, per un po', anche perché io ovviamente avevo una visione che era comunque molto parziale e questo non mi impediva di prendere in considerazione altre ipotesi. Ad esempio, quando sono stata lì non conoscevo ancora la questione dei bloc-notes che erano spariti, ma l'ho saputo dopo, quando sono tornata in Italia, perché c'erano alcune parti che, arrivata lì subito dopo l'uccisione, non potevo neanche sapere. Poi ho seguito la vicenda attraverso libri e spettacoli che sono stati fatti su Ilaria per un po'.
PRESIDENTE. È vero che lei interruppe i suoi rapporti con i coniugi Alpi?
PRESIDENTE. Non andò più a visitarli, per usare il suo linguaggio?
GIULIANA SGRENA. Li ho incontrati soprattutto in iniziative pubbliche e in conferenze stampa. Non mi è capitato più di andare a casa loro.
PRESIDENTE. Conferma o no che poi, in relazione a queste diversità di opinione, lei non andò più a visitare i coniugi Alpi?
GIULIANA SGRENA. Non è dovuto a questo.
PRESIDENTE. La sua mancata partecipazione ad una trasmissione del Maurizio Costanzo Show, in cui si sarebbe dovuto parlare di questo e alla quale avrebbero dovuto partecipare i coniugi Alpi, fu dovuta anch'essa ad altre ragioni e non ad una diversità di impostazione?
GIULIANA SGRENA. Io non ho mai partecipato ad una trasmissione del Maurizio Costanzo Show, perché penso siano trasmissioni che non permettono un approfondimento e, quindi, avrebbero potuto travisare.
PRESIDENTE. Quindi, questa è la ragione per la quale non ha partecipato?
GIULIANA SGRENA. Sì, perché in due parole è difficile spiegare la complessità di una posizione.
PRESIDENTE. Anche la nostra audizione non è durata moltissimo.
Le vorrei leggere una cosa che lei ha scritto sul manifesto facendo una recensione al libro Ilaria Alpi: un omicidio al crocevia dei traffici. La recensione è del 2002 e lei scrive: «Una passione coinvolgente ha guidato Barbara Carazzolo, Alberto Chiara e Luciana Scalettari, tre giornalisti di Famiglia cristiana, nel dissipare le cortine di fumo, l'omertà e le reticenze che hanno avvolto l'omicidio della giornalista del TG3, Ilaria Alpi, dell'operatore Miran Hrovatin, ma anche di altri italiani che hanno trovato la morte in Somalia: la crocerossina Maria Cristina Luinetti, l'operatore della RAI Marcello Palmisano, l'agente del SISMI Vincenzo Li Causi. La scoperta di traffici di armi e rifiuti tossici avrebbe segnato la sorte di Ilaria e Miran. Ma in questo libro, dal tono incalzante e suggestivo, non privo tuttavia di ingenuità o approssimazioni azzardate, soprattutto per chi ha frequentato la Somalia negli anni di cui si parla, le prove che legano il movente ai presunti autori, esecutori o mandanti restano inafferrabili, anche perché altrimenti il caso sarebbe risolto e gli inquirenti non potrebbero più temporeggiare. Così l'inchiesta si allarga a macchia d'olio mettendo insieme fatti tristemente noti e rivelazioni inedite, tanto che, come scrivono gli autori, non è stata più soltanto la ricerca doverosa e ineludibile della verità sull'esecuzione dei due nostri colleghi. È diventata anche il tentativo di chiarire un pezzo oscuro e maleodorante della storia del nostro Paese, un segreto custodito a costo di testarde omertà, reiterate omissioni, colpevoli silenzi, vili depistaggi, gli stessi che hanno circondato la vicenda di Ustica. Resta l'amarezza, soprattutto per i genitori di Ilaria Alpi: 'è una crudele beffa dover leggere i nomi dei presunti assassini di nostra figlia e non poter far nulla', ripetono sconsolati Luciana e Giorgio».
Le chiedo se può esplicitare meglio il suo pensiero a proposito di queste indicazioni che lei dà, di queste valutazioni: «Ma in questo libro dal tono incalzante e suggestivo, non privo di ingenuità ed approssimazioni azzardate, soprattutto per chi ha frequentato la Somalia negli anni di cui si parla». La sua affermazione è del 2002: dico questo perché un attimo fa mi ha detto che non era in possesso di alcune notizie, ad esempio relativamente ai taccuini di Ilaria Alpi che sarebbero scomparsi. Certamente nel 2002 lei sapeva perfettamente che i taccuini erano scomparsi perché lo ha citato come dato proveniente dalle indicazioni a loro volta provenute dai signori Alpi. Lei parla di ingenuità e approssimazioni azzardate e prove inafferrabili a proposito di mandanti, esecutori e movente: ci può dire che cosa significa?
GIULIANA SGRENA. Adesso non ho sottomano il libro e non ricordo esattamente. Quando ho scritto questa cosa la sensazione era che si sostenesse una tesi che però non era suffragata da prove convincenti.
PRESIDENTE. Inafferrabili, per la verità.
GIULIANA SGRENA. Comunque io ho letto attentamente quel libro. Adesso non lo ricordo più perché poi nel frattempo sono successe tante cose.
PRESIDENTE. Lei parla di «ingenuità e approssimazioni azzardate».
GIULIANA SGRENA. Sì, perché spesso c'è un approccio a questi fatti che, se è fatto da chi non ha mai frequentato la Somalia, può essere di un certo tipo. Se uno li colloca nel contesto somalo di quegli anni o anche attuale, dà delle valutazioni diverse. A questo mi riferisco in particolare, soprattutto perché si sosteneva una tesi, ma non c'erano le prove. Andando a cercare nel libro la prova non l'ho trovata.
PRESIDENTE. Sono passati tre anni dal 2002. Rispetto alle ragioni per le quali lei è stata indotta a tacciare di ingenuità, di approssimazione azzardata e di inafferrabilità probatoria i contenuti di questo libro che lei ha recensito, ad oggi ha elementi per modificare questa sua valutazione?
GIULIANA SGRENA. Io non mi sono più occupata di quella questione e di quel libro da allora, mi sono occupata di altre cose. Adesso dovrei andare a rileggere il libro e a rivedere quali novità ci sono, ad oggi, per vedere se ci sono dei motivi per cambiare opinione, però non mi sono più occupata di Somalia da allora.
PRESIDENTE. Adesso le leggo un articolo che è stato pubblicato sul manifesto del 20 febbraio 1996 e le chiedo se lo conferma: «Ho conosciuto Ilaria Alpi attraverso il nostro comune lavoro in Somalia. Abbiamo stabilito un'amicizia basata su una sintonia di rapporti e temi, su un comune amore per la cultura araba. Eravamo le uniche due giornaliste a parlare arabo, anche se Ilaria lo parlava molto meglio di me. La prima volta che sono andata in Somalia è stato nel dicembre del 1992. Siamo andate insieme nel maggio del 1993, lei stava da Marocchino ed io presso l'ufficio ANSA. Nel marzo 1994 dovevamo andare insieme a Mogadiscio, ma Unosom, sui cui aerei si viaggiava per la Somalia, decise di dare priorità ai giornalisti televisivi. Seppi poi che ci sarebbe stato un posto anche per me su un volo Unosom, ma io mi ero già impegnata per il Monzambico. Seppi dell'assassinio di Ilaria Alpi il pomeriggio di domenica 20 marzo mentre mi trovavo a Beira. Mi sono sempre chiesta, sentendomi in colpa, che cosa sarebbe accaduto se fossi partita con Ilaria. Cercai di partire subito, ma solo dopo molte difficoltà riuscii a raggiungere Nairobi il 26 marzo. Lì era in corso l'incontro tra tutte le fazioni somale. Incontrai Valentino Casamenti di Africa 70, era sconvolto. Ilaria e io avevamo conosciuto Valentino a Mogadiscio nel 1993, ci prese in simpatia, stabilimmo un rapporto di amicizia, ci mettemmo d'accordo che appena possibile saremmo andate a visitarlo a Bosaso. A Nairobi Valentino mi ha detto che quando Ilaria arrivò a Bosaso lui era in Kenya, si incontrarono per caso all'aeroporto di Bosaso. Ilaria e Miran avevano perso l'aereo e Ilaria era molto preoccupata per il suo lavoro per il TG3. Riuscirono però a parlare con Roma, da dove la tranquillizzarono. C'era uno sciopero dei giornalisti RAI e quindi si poteva rilassare. Decisero così di passare il venerdì e il sabato al mare, in attesa dell'aereo della domenica».
Adesso che le ho letto questa sua dichiarazione può confermarla, innanzitutto, anche in relazione alle risposte meno precise, dato il tempo trascorso, che in precedenza lei ha dato alle mie domande?
GIULIANA SGRENA. Non c'è niente in contraddizione, c'è più precisione.
PRESIDENTE. Non parlo di contraddizione. C'è soltanto un punto importante: Ilaria e Miran avevano perso l'aereo e Ilaria era molto preoccupata per il suo lavoro.
GIULIANA SGRENA. Perché non sapeva ancora che c'era lo sciopero.
PRESIDENTE. In precedenza abbiamo detto che, siccome c'era lo sciopero, era tranquilla. «Riuscirono però a parlare con Roma, da dove la tranquillizzarono»: quindi, ricorda questo particolare?
GIULIANA SGRENA. Sì, ricordo che poi era tranquilla. Evidentemente avevo già presente la situazione successiva, di quando lei aveva già telefonato, perché da Bosaso non poteva spedire niente.
PRESIDENTE. Quindi, ricorda che si poté rilassare e che decisero quindi di passare il venerdì e il sabato al mare. «Se quanto scoperto da Ilaria fosse stato così impellente forse non avrebbe deciso di andare al mare», scrive lei. «Credo inoltre che Ilaria non avrebbe avuto problemi ad
indicare a Valentino che aveva scoperto qualcosa, anche senza dire cosa. Con lui infatti non c'era quel rapporto di competizione che esiste tra i giornalisti. Lui invece mi disse di non aver intuito assolutamente nulla nonostante il forte rapporto di amicizia, né Ilaria gli sembrò preoccupata di nulla. Secondo me, se Ilaria avesse avuto qualche cosa di scottante, avrebbe almeno fatto un accenno, specialmente in Somalia dove non si sa mai cosa ti possa succedere. A Nairobi il 26 marzo incontrai anche Remigio Benni dell'ANSA e Vladimiro Odinzov di Repubblica. Anche loro erano rimasti sconvolti dalla morte di Ilaria. Io volevo partire subito per Mogadiscio per capirci qualcosa, ma loro mi chiesero di aspettarli un paio di giorni per via dell'incontro delle fazioni somale. Partimmo insieme, credo il 30 marzo. Abbiamo incontrato a Mogadiscio Abdi, l'autista della macchina di Ilaria, e anche Yusuf...».
Quindi, sembrerebbe che lei abbia parlato con Abdi. Con Yusuf lo ha confermato, ma risulterebbe aver parlato anche con Abdi. Può darsi che sia un cattivo ricordo di oggi oppure una imprecisione di ieri.
«... anche Yusuf, il padrone della macchina che di solito affittavamo, anche se questa volta la vettura affittata da Ilaria apparteneva non a lui, ma al fratello. Yusuf era a letto con una gamba spappolata da una pallottola americana. Ilaria e io lo conoscevamo bene: una volta ci accompagnò ad un mercato proibito agli stranieri per comprare un paio di orecchini. Conoscevamo anche le figlie, che studiano in Italia. Yusuf ci fece capire indirettamente che era stata la scorta di Ilaria a sparare per prima. Ci disse infatti: io lo dico sempre ai ragazzi di scorta: non sparate mai per primi. Parlammo anche con l'autista e con il ragazzo di scorta, che era terrorizzato».
Quindi, da qui risulterebbe che lei avrebbe parlato anche con il ragazzo della scorta.
«Ambedue affermarono che gli assalitori avevano sparato per primi. Due di loro scesero dalla Land Rover blu e cominciarono a sparare, mentre altri sparavano dalla macchina. Uno degli assalitori aveva la divisa da poliziotto, ma quelle si trovavano facilmente».
Adesso che le ho letto le sue affermazioni nel documento giornalistico pubblicato sul manifesto il 20 febbraio 1996, ricorda se corrisponda o meno a verità che anche lei - quindi non soltanto Benni e Odinzov - parlò con l'uomo della scorta e con l'autista di Ilaria?
GIULIANA SGRENA. Ricordo di averli visti, ma io non ci ho parlato a lungo. Sicuramente ci hanno parlato più loro di me.
PRESIDENTE. Quindi, in questo senso. «Siamo andati a vedere la macchina. Era stata ripulita del sangue, ma era piena di colpi. Il custode del garage ci disse che prima di noi nessuno, né la polizia né altri, era venuto ad ispezionare la macchina. Una decina di colpi erano piovuti sulla macchina, un colpo o due erano sul loro poggiatesta. Ci convincemmo che Ilaria all'inizio della sparatoria si era abbassata. Cercammo anche di capire chi fosse il gruppo di assalitori. Tramite un'associazione di donne somale siamo entrati in contatto con una persona che conosceva qualcuno del gruppo di fuoco, ma non ci è stato possibile incontrare direttamente nessuno di quelli che hanno sparato. Per conto nostro ci è andato un somalo. Io comunque ero dovuta partire e solo più tardi ho appreso il contenuto di quell'incontro. Secondo questa interpretazione si è trattato di una vendetta per il trattamento riservato ad alcuni somali catturati, uno dei quali era il paralitico. Certo che gli italiani andassero per le spicce in Somalia è stato anche documentato fotograficamente. Abbiamo anche saputo che dopo qualche tempo l'ONU ha presentato un rapporto, che però l'ambasciatore Scialoja rifiutò perché lo ritenne ridicolo. In seguito l'ONU ha fatto un sopralluogo ed un altro rapporto. Neanche in questo caso Scialoja rimase molto (...). Quando gli parlammo Scialoja era sfuggente. Disse che secondo lui si era trattato di un
attacco integralista, ma non era molto convinto. Tornata a Roma sono andata a trovare i genitori di Ilaria. Loro si erano fatti un'idea diversa dalla mia e da quella dei giornalisti italiani che bazzicavano la Somalia. Non mi era facile dire quello che pensavo. Alla fine non sono andata più a trovarli. Sono anche stata chiamata al Maurizio Costanzo Show. Ho detto che la pensavo diversamente, che vedevo la cosa ancora con forte emotività e quando ho saputo che sarebbero stati presenti i genitori di Ilaria ho deciso di non andare».
GIULIANA SGRENA. Questa non è una cosa che ho scritto io.
PRESIDENTE. Sono sue dichiarazioni. Le conferma o no?
GIULIANA SGRENA. No, questa cosa finale francamente non penso di averla detta in questi termini.
PRESIDENTE. Però il documento dice così. Passiamo alle foto. Adesso le mostriamo delle foto di alcune persone alla ricerca della eventualità che lei possa ricordare il somalo che avete mandato a parlare con il commando (Mostra alcune fotografie). Ha mai visto queste persone?
GIULIANA SGRENA. Questo è l'autista e questo potrebbe essere quello della scorta.
PRESIDENTE. Mostrato al teste il dossier filmato ABC, pagina 1, con le foto numero 1 e numero 2, riconosce nella persona fotografata in alto l'autista di Ilaria Alpi e in quella fotografata in basso l'uomo della scorta.
Questo con il mitra lo conosce?
PRESIDENTE. Bisogna fare una precisazione per quanto riguarda quelle sue dichiarazioni.
GIULIANA SGRENA. Sarà stata una trascrizione un po' libera.
PRESIDENTE. No, non è una trascrizione. È la registrazione fatta in Commissione nel corso della sua audizione e, quindi, è precisa.
GIULIANA SGRENA. Io non ho mai fatto un'audizione in Commissione, è venuta una persona da me.
PRESIDENTE. Un certo Camarda l'ha sentita?
GIULIANA SGRENA. Sì, però non ho mai fatto un'audizione, abbiamo fatto una chiacchierata. Non ha mai registrato niente e io non ho firmato niente dopo.
PRESIDENTE. Come non ha firmato niente?
GIULIANA SGRENA. Questa dichiarazione io non l'ho mai riletta e firmata. Come vedrà, non c'è la mia firma. Non è un'audizione come questa, assolutamente.
PRESIDENTE. Ma deve essere firmata. Come fa a non essere firmata?
Conosce questa persona (Mostra alcune fotografie)?
GIULIANA SGRENA. Non sono in grado di dirlo.
PRESIDENTE. Questi due li conosce?
GIULIANA SGRENA. Questo mi sembra di conoscerlo.
PRESIDENTE. È un certo Jalla? Questo era l'autista di Benni.
Mostrato al teste il documento n. 201, riconosce nella persona effigiata a destra, con gli occhiali, una persona che dichiara di aver visto, anche se non ne conosce il nome.
GIULIANA SGRENA. Non mi ricordavo che fosse l'autista di Benni, ma l'avevo visto. Questo è Yusuf, questo è l'operatore della RAI e questo è l'autista.
PRESIDENTE. Mostrato al teste il documento n. 112.2, una foto di gruppo con Ilaria Alpi accanto all'auto con la scritta Corriere della Sera, riconosce nella terza persona a partire dalla sinistra il proprietario dell'auto, Yusuf, la persona con la quale ha parlato successivamente al verificarsi dei fatti, in occasione dell'inchiesta di cui si è parlato nell'audizione odierna.
GIULIO SCHMIDT. È Yusuf o suo fratello?
GIULIANA SGRENA. Sembra più giovane, però è Yusuf. Il fratello non l'ho mai conosciuto, non so se gli assomigli così tanto.
PRESIDENTE. Si dà atto che, esibiti alla teste i documenti di cui ai fascicoli 266.0, 284, 112, 201 e 159, quanto ai documenti fotografici, non effettua positivamente alcun riconoscimento.
Do la parola all'onorevole Schmidt.
GIULIO SCHMIDT. Signora Sgrena, lei ha riferito che quando arrivò a Nairobi, il 27 marzo, erano in corso in quella città riunioni di leader somali. Lei ebbe qualche informazione su questo tipo di riunioni, su che cosa stava accadendo?
GIULIANA SGRENA. Adesso non ricordo esattamente, ma mi sembra ci fosse stato una specie di accordo.
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Schmidt. Se noi le diciamo che questa e una persona dell'hotel Hamana, le ricorda qualcosa (Mostra una fotografia al teste)?
GIULIANA SGRENA. Potrebbe essere, non mi sembra una faccia completamente nuova, ma non saprei dire come e dove.
PRESIDENTE. Mostrata alla teste nuovamente la foto n. 18 del dossier B, filmato A e B, e chiesto se riconosca nella persona che indossa una camicia a righe bianca e blu persona appartenente all'hotel Hamana, dichiara che non è un volto nuovo, ma non può riferire nulla di preciso.
Ha mai sentito parlare di un certo Ghelle?
GIULIANA SGRENA. No, il nome proprio non me lo ricordo.
PRESIDENTE. E di Jelle, invece, ha mai sentito parlare?
PRESIDENTE. Prego, onorevole Schmidt.
GIULIO SCHMIDT. Mi stava illustrando il senso di queste riunioni in corso a Nairobi sei giorni dopo la morte di Ilaria.
GIULIANA SGRENA. Adesso non ricordo esattamente quale accordo era stato raggiunto. C'erano delle riunioni, che sono durate giorni, tra i vari leader somali, che poi hanno portato ad un accordo. Non ricordo che tipo di accordo, ma era un accordo ufficiale, che è stato anche festeggiato e che io ho seguito. Si potrebbe recuperare il materiale su che cosa era successo, ma era un cosa ufficiale, ospitata appunto dal Governo keniano, mi sembra. Quindi, erano riunioni delle varie fazioni che si tenevano in alberghi.
GIULIO SCHMIDT. Attraverso vari spunti ho ricavato l'impressione e mi sono fatto l'idea che Ilaria non gradisse molto dipendere da Giancarlo Marocchino, ma volesse essere sempre indipendente nei suoi movimenti. Tra l'altro, non ricordo esattamente da quale fonte, ho tratto l'impressione che non avesse mai voluto soggiornare presso Marocchino, ma preferisse stare in albergo per conto suo. Invece, lei ha precisato che nel maggio dell'anno precedente, mentre lei soggiornava presso l'ANSA - da Benni, sostanzialmente -, Ilaria soggiornava presso Marocchino.
Mi scusi se le faccio una domanda apparentemente da gossip, ma è abbastanza legittimo farla: che idea aveva Ilaria
di Marocchino? Parlando tra colleghe diceva che era un pasticcione, un maneggione, che si dava fare, ma comunque era simpatico? Diceva: devo stare lì, devo dipendere da lui? Quale idea aveva?
GIULIANA SGRENA. Non so quale idea avesse Ilaria di Marocchino.
GIULIO SCHMIDT. Non ne avete mai parlato sostanzialmente?
GIULIANA SGRENA. No, non ne abbiamo mai parlato. A volte stare in un posto piuttosto che in un altro non era una scelta, perché in alcune situazioni magari non si trovava il posto in albergo ed allora si ricorreva per alcuni giorni ad un altro posto. Il fatto che stesse lì non vuol dire niente.
GIULIO SCHMIDT. Dal punto di vista della figura professionale, Ilaria era più una giornalista investigativa o più una giornalista di costume?
GIULIANA SGRENA. Sicuramente era una giornalista che amava approfondire i temi di cui trattava e, quindi, si informava molto, era molto informata e non si fermava alla superficie. Non abbiamo avuto modo di lavorare insieme, anche se a volte siamo anche andate in giro insieme, poiché facevamo parte di due mezzi di informazione diversi: lei doveva fare riprese, mentre io dovevo fare un'altra cosa. Però sicuramente, per la sua conoscenza del mondo arabo, non solo della lingua ma anche della cultura, era una giornalista che ci teneva molto ad approfondire i temi ed anche ad investigare, sicuramente non si fermava alla superficie.
GIULIO SCHMIDT. Era più orientata al sociale o più orientata a risvolti quali il traffico delle armi, lo smaltimento di rifiuti tossici e via dicendo?
GIULIANA SGRENA. Penso che una cosa non escluda l'altra. In una situazione come quella della Somalia anche entrare nel sociale voleva dire mettersi a rischio, andare a fondo delle questioni. Sicuramente faceva entrambe le cose.
GIULIO SCHMIDT. Le risulta che Ilaria fosse ancora viva appena i soccorsi arrivarono sul posto?
GIULIANA SGRENA. Non ho elementi.
GIULIO SCHMIDT. Non lo ha accertato nei giorni successivi?
GIULIANA SGRENA. No, non mi sono soffermata su questo.
GIULIO SCHMIDT. Lei incontrò anche Awes, il poliziotto di guardia dell'hotel Hamana, il 26 e il 27 marzo del 1994? Parlò con lui?
GIULIANA SGRENA. Non sono sicura.
GIULIO SCHMIDT. Lui riferisce che Ilaria era viva, però lei non lo ha incontrato e, quindi non ha parlato con Awes.
GIULIANA SGRENA. Non ricordo, perché è passato molto tempo, sono successe molte cose dopo.
GIULIO SCHMIDT. Sempre Awes disse che Ilaria arrivò all'hotel Hamana cercando di Benni. Questo è un punto che non sono mai riuscito a capire, perché Ilaria sapeva che Benni non era presente.
GIULIANA SGRENA. Perché Ilaria sapeva che non era presente?
GIULIO SCHMIDT. Perché l'autista, in varie testimonianze, disse di avere detto ad Ilaria che era inutile che lei andasse all'hotel Hamana, perché Benni non c'era, era fuori Mogadiscio - penso che fosse a Nairobi - e sembrerebbe, dalle testimonianze dell'autista, che Ilaria nonostante questo decise di andare.
GIULIANA SGRENA. Probabilmente non si fidava dell'autista, perché era molto difficile e pericoloso andare in giro a
Mogadiscio. Quindi, l'autista, siccome non era uno che aveva un cuor di leone, a volte poteva dire anche delle cose per evitare di andare in un posto. Siccome Ilaria Alpi si trovava a Mogadiscio sud e andare a Mogadiscio nord era un problema, poteva essere un modo per evitare di andare a Mogadiscio nord.
GIULIO SCHMIDT. Sostanzialmente Ilaria, che non aveva la fonte diretta e la conoscenza diretta del fatto che Benni non c'era, ma sentendosi dire dall'autista che era inutile andarci perché Benni non c'era potrebbe aver fatto questo ragionamento.
GIULIANA SGRENA. Io avrei potuto farlo, quindi forse poteva farlo anche lei.
GIULIO SCHMIDT. C'è un punto che sembra contraddittorio. Dalla telefonata di Ilaria Alpi al suo capo redattore Loche risulterebbe «ho qualcosa di grosso», e che sembrava abbastanza eccitata. La telefonata è stata fatta da Bosaso.
C'è poi la dichiarazione di Casamenti: non mi ha dato nessuna impressione di particolare eccitazione sul suo soggiorno a Bosaso, anzi sembrava abbastanza delusa, tutto sommato, tanto è vero che decisero di passare il venerdì ed il sabato al mare con assoluta tranquillità.
Quindi, sembrava che Ilaria fosse più preoccupata di assolvere un rapporto lavorativo con la trasmissione dei servizi che giustificavano la sua trasferta piuttosto che non di quello che effettivamente aveva trovato.
Conoscendola, se avesse «imbroccato» una strada forte, sarebbe andata al mare, sarebbe stata così tranquilla o comunque avrebbe dato dei segnali più forti in redazione?
GIULIANA SGRENA. Posso fare solo delle supposizioni. Io penso che in una situazione come quella somala di allora, se c'era qualcosa di grosso, uno tendeva comunque a comunicarlo. Avevo tratto le mie deduzioni dal fatto che, siccome Valentino Casamenti era un nostro amico, ma non era un giornalista, perché ad un giornalista probabilmente non lo avrebbe detto, forse ad un amico lo avrebbe detto, perché non si sa mai cosa può succedere. Questo sarebbe stato il mio atteggiamento e non lo posso trasferire su un'altra persona. Io lo avrei comunicato a Valentino, però non posso trasferire il mio modo di essere e di fare su un'altra persona. Io traggo delle deduzioni, ma mi rendo conto che si basano sul mio comportamento possibile.
GIULIO SCHMIDT. Lei ha fatto quella recensione al libro dei tre giornalisti di Famiglia cristiana. I tre giornalisti la contattarono durante la preparazione del libro per avere informazioni, dettagli e soprattutto per avere alcune spiegazioni? Lei ha detto che non ha sottoscritto quell'affermazione, per cui si sarebbe rifiutata di andare a Canale 5 perché c'erano i genitori e non voleva essere presente. Lei non è mai stata contattata prima?
PRESIDENTE. Prego, onorevole Motta.
CARMEN MOTTA. Innanzitutto, la ringrazio per essere qui con noi a portare il suo contributo alla Commissione. La mia domanda si riferisce al rapporto Unosom sul fatto che riguardò i due giornalisti.
Lei prima ha sentito dal presidente, mentre le leggeva, quella che poi lei ha detto non essere stata una testimonianza da lei controfirmata...
GIULIANA SGRENA. Non mi interessa tanto la controfirma quanto il fatto che sia stata interpretata.
CARMEN MOTTA. Comunque, diciamo che lì c'è un riferimento. Quindi, io le chiedo se lei comunque ha qualche notizia o qualche informazione da rappresentarci rispetto al fatto che l'ONU ha presentato un rapporto che poi l'ambasciatore disse di non prendere in considerazione perché lo riteneva non affidabile o inverosimile (non so che cosa pensava l'ambasciatore Scialoja). Chiedo a lei: ha avuto qualche
notizia in riferimento a questo rapporto Unosom? E perché, secondo lei, l'ambasciatore Scialoja ebbe scarsa considerazione sia della prima che della seconda versione di questo rapporto? Le chiedo una valutazione, le chiedo se ha qualche elemento (ovviamente, per potercelo consegnare).
GIULIANA SGRENA. Purtroppo, non ricordo e non ho alcuna valutazione in merito. In questi giorni non ho avuto tempo di andare a riprendere quelle cose, per ovvi motivi.
CARMEN MOTTA. Ha mai incontrato o conosciuto l'ambasciatore Scialoja? Ha avuto modo di relazionarsi con lui, non solo specificatamente per questo fatto, ma più in generale per la situazione somala, per la situazione che aveva condotto i somali anche ad avere un atteggiamento piuttosto risentito nei confronti degli italiani?
Ha avuto occasione di discutere, di parlare, con l'ambasciatore Scialoja sul quadro di contorno della Somalia sulla presenza italiana? E che impressione ne ha ricavato?
Le premetto che abbiamo audito l'ambasciatore Scialoja a lungo. Ha fatto un quadro di sue valutazioni sulla Somalia, e ha ritenuto di sottolineare un aspetto - quello della presenza dell'integralismo - in modo diversificato, ma insomma ha riconosciuto questo che questo tratto nn poteva essere disconosciuto. E una sua valutazione, dottoressa Sgrena?
GIULIANA SGRENA. Adesso cercavo di ricordare. Mi ricordo di averlo incontrato brevemente in quella occasione. Non ricordo da quanto tempo fosse lì, o se ci fosse qualcun altro prima. Non riesco a ricordare. Però non mi sembra di aver discusso a lungo sulla situazione della Somalia, o sulle questioni della Somalia in altre occasioni.
CARMEN MOTTA. E quindi, tanto meno sul fatto dell'omicidio?
GIULIANA SGRENA. Tanto meno, sì. Infatti, in quel periodo non si discuteva ancora molto della presenza dell'integralismo islamico, che invece sarebbe diventato un grande problema, dopo. Mi sembra che in quel periodo non ci fossero ancora quegli elementi. Forse lui era più sensibile, essendo un convertito.
PRESIDENTE. Prego, onorevole Deiana.
ELETTRA DEIANA. Anch'io non posso che ringraziare per la sua presenza.
Vorrei fare una domanda sul seguente aspetto. Il passaggio di Ilaria Alpi dall'hotel Sahafi all'hotel Hamana è uno dei punti più controversi. Intanto, è da capire; poi, potenzialmente, sarebbe un punto funzionale per stabilire meglio la natura dell'agguato. Infatti, è chiaro che, per la tesi dell'agguato premeditato rivolto alle due persone, Alpi e Hrovatin, è un punto essenziale stabilire se Ilaria Alpi sia andata ad un appuntamento programmaticamente per ragioni preordinate, oppure se sia andata casualmente alla ricerca di Benni, per qualsiasi motivo (e quindi che quel passaggio sia stato un po' estemporaneo, all'ultimo momento). Ma è un punto rispetto al quale non siamo riuscire ad acquisire alcun elemento.
Allora, vorrei chiederle se in questa inchiesta che ha fatto per raccogliere dati, della quale ci ha parlato e della quale abbiamo documentazione, abbia pensato anche di fare un'inchiesta all'hotel Sahafi per capire se vi erano elementi tali che potevano far comprendere perché Ilaria Alpi fosse andata all'hotel Hamana, e anche se fosse a conoscenza dell'allarme che era stato dato ai giornalisti italiani nei giorni precedenti. Lei, infatti, era fuori, a Bosaso. Ci consta che i giornalisti italiani erano stati allertati. Addirittura, pare che ci fosse stata una riunione, il giorno prima, il cui risultato era stato che tutti se ne erano andati, e che l'hotel Hamana era stato abbandonato.
Insomma, vorrei sapere se lei avesse raccolto delle informazioni dirette, oppure se abbia avuto modo, successivamente, di
avere elementi di conoscenza rispetto a questa mezz'ora, a quest'ora, in cui Ilaria Alpi è stata all'hotel Sahafi dove decise di fare questo passaggio, oppure se aveva già deciso di andarci per altri motivi.
GIULIANA SGRENA. L'unica cosa che è stata ricostruita è che, prima che lei andasse a Bosaso, poteva supporre che quel giorno Benni fosse ancora a Mogadiscio, e quindi fosse ancora all'hotel Hamana, e che probabilmente fosse uno dei pochi che si potevano ancora trovare lì.
Poi, penso che Remigio abbia deciso di andare via probabilmente per l'allarme che era stato dato. Questo però non lo ricordo bene. Mi sembra che fu per questo.
ELETTRA DEIANA. Lei ha detto: si può supporre che lei, prima di partire per Bosaso, immaginasse che, al ritorno, Benni sarebbe stato ancora là.
GIULIANA SGRENA. Perché probabilmente glielo aveva detto lui.
ELETTRA DEIANA. Questa presenza di Benni rispetto a che cosa era funzionale dal punto di vista professionale? Perché era importante? Perché, comunque, lei la teneva in considerazione, al punto da spostarsi?
GIULIANA SGRENA. Secondo me - è una mia pura interpretazione - quando lei è tornata a Mogadiscio, tutti gli altri colleghi italiani erano partiti, tranne Benni, e probabilmente riteneva comunque importante mettersi in contatto con Benni.
PRESIDENTE. La domanda era: a quale fine si doveva mettere in contatto con Benni?
GIULIANA SGRENA. Se lei era stata a Bosaso, voleva sapere che cosa era accaduto a Mogadiscio, e quindi voleva sapere a che punto era la situazione, e quali erano le indicazioni...
ELETTRA DEIANA. Insomma, per ragioni di relazioni professionali?
GIULIANA SGRENA. Penso di sì. È abbastanza plausibile il fatto che lei abbia deciso di andare a cercare Benni, anche se era pericoloso passare da Mogadiscio sud a nord (era sempre pericoloso il passaggio da sud a nord).
ELETTRA DEIANA. Insomma, lo spostamento potrebbe essere spiegabile tenendo conto di un quadro di riferimento precedentemente acquisito da lei sul fatto che Benni era lì, in ragione del fatto che non sapeva dell'allerta che era stato lanciato ai giornalisti italiani?
GIULIANA SGRENA. Può darsi. Se era fuori, può darsi benissimo che lei non l'avesse saputo, perché le comunicazioni allora esistevano solo via radio, ma via radio non si arrivava da Mogadiscio a Bosaso, probabilmente. Può essere che l'autista lo sapesse, per i contatti con il proprietario delle macchine, ma può essere anche che lei non avesse creduto all'autista.
ELETTRA DEIANA. Che lo ritenesse un allarmismo generico?
GIULIANA SGRENA. Sì, che l'autista gli avesse detto che Benni era andato via perché non voleva andare a Mogadiscio nord (l'autista aveva un po' paura, in genere, come altri, peraltro).
ELETTRA DEIANA. Vorrei sapere, inoltre, se sia in grado di darci qualche ulteriore informazione, relativamente a quello che ha detto prima circa l'esistenza di beghe all'interno della gestione dell'hotel Hamana. Di che tipo erano queste beghe?
GIULIANA SGRENA. Interessi economici.
ELETTRA DEIANA. E non questioni ideologiche legate al fatto che l'hotel Hamana
ospitava italiani? Prima lo ha legato al fatto che erano stati colpiti degli italiani...
GIULIANA SGRENA. No. Vi erano due elementi diversi. Tra le varie ipotesi vi era una questione di interessi economici all'interno della famiglia della signora che gestiva quell'albergo. Poi, vi era un'altra questione, che si riferiva al fatto che quello era considerato l'hotel degli italiani, perché vi stavano quasi sempre tutti italiani.
ELETTRA DEIANA. E quindi era un bersaglio sensibile, con la gente dentro...
GIULIANA SGRENA. Esatto, ed erano italiani. Quindi, se qualcuno avesse voluto colpire gli italiani, quello era sicuramente un luogo privilegiato, visto che ci stavano i giornalisti italiani. Penso che fino a quella mattina ci fossero stati dei giornalisti italiani, che poi erano andati via.
PRESIDENTE. Mi pare di capire che, a parte l'audizione di oggi, e quella di cui abbiamo parlato prima, attraverso il consulente della Commissione, lei non sia mai stata sentita da alcuna autorità giudiziaria, sulla vicenda di Ilaria Alpi.
PRESIDENTE. Avevate raccolto, sia pure non in maniera compiuta, delle informazioni abbastanza interessanti. L'inchiesta era durata quattro o cinque giorni, però avevate visto la macchina, avevate capito che si era trattato effettivamente di un agguato, avevate avuto addirittura la possibilità di un contatto con alcuni aggressori. Non avete pensato che sarebbe stato opportuno avvertire l'autorità giudiziaria sui risultati di questa vostra inchiesta?
GIULIANA SGRENA. Non ho avvertito questo bisogno perché non mi sembrava un'inchiesta così scientifica, tra virgolette.
PRESIDENTE. Insomma... pensi che noi stiamo facendo l'ira di Dio per avere la macchina, e per poterla controllare. S'immagini che importanza abbia!
GIULIANA SGRENA. Sì, in effetti, la macchina era importante. Poi, tra l'altro è venuto anche un giornalista della RAI che l'ha ripresa. Pensavo che avessero quegli elementi. Gli altri colleghi non so... magari sono andati dalla magistratura, ma io non lo so.
PRESIDENTE. Le faccio una domanda impertinente. Odinzov era il giornalista che seguiva questa vicenda per il suo quotidiano, la Repubblica. Scrisse alcuni articoli. Poi, improvvisamente, non ne ha scritti più. Leggo i titoli degli articoli. Quello del 31 marzo del 1994 è il seguente: «Ilaria e Miran uccisi per un pugno di dollari. Vendetta trasversale per punire uno sgarro», di Vladimiro Odinzov. Il 5 aprile scrive il titolista: «Ilaria e Miran uccisi dalla malavita somala. Sequestreremo altri italiani».
Questi sono stati gli ultimi due articoli - non so se sono stati gli unici due - che Odinzov ha scritto su questa vicenda, dopo di che se ne sarebbe interessato un altro giornalista. Domanda: lei ha avuto la possibilità di raccogliere - e non parlo di lamentele - motivi di disappunto, o comunque manifestazioni di sorpresa, da parte di Odinzov, sul fatto che non potette più interessarsi di questa vicenda.
GIULIANA SGRENA. Non ho più visto Odinzov. Era una persona molto riservata, e penso che doveva andare in pensione. Però non posso assolutamente dire se ci sia una coincidenza.
PRESIDENTE. Lei prima ha parlato, anche rispondendo alla domanda dell'onorevole Deiana, dell'allerta che fu lanciato qualche giorno prima dell'uccisione di Ilaria Alpi (siamo a domenica 20). Lei sa chi lanciò quest'allarme? Da chi l'ha saputo?
GIULIANA SGRENA. Non so chi ha lanciato l'allarme. L'ho saputo dopo.
Adesso ne parlavate voi, e ne avevo sentito parlare anche dai colleghi quando sono arrivata a Nairobi. Però non so da chi fu lanciato.
PRESIDENTE. E l'allerta in che cosa consisteva?
GIULIANA SGRENA. Ai giornalisti, perché i giornalisti - penso questa sia stata l'indicazione - avrebbero dovuto lasciare Mogadiscio.
PRESIDENTE. E la ragione di quest'allerta?
GIULIANA SGRENA. La ragione non la conosco. Probabilmente, perché il contingente se ne andava e si riteneva che la situazione non sarebbe stata più quella. Però, sono pure supposizioni e non so il contenuto.
PRESIDENTE. Certo è che lei ha sentito parlare di quest'allerta da suoi colleghi a Nairobi.
PRESIDENTE. Prego, onorevole Motta.
CARMEN MOTTA. Vorrei due velocissime precisazioni.
Nelle indagini o, meglio, raccolta di informazioni e di notizie, lei ha avuto modo di apprendere chi andò ad accogliere Ilaria e Miran all'aeroporto, quando arrivarono da Bosaso?
GIULIANA SGRENA. Penso che andò l'autista, ma non so se è una mia supposizione.
CARMEN MOTTA. Ammesso che sia stato l'autista, lei pensa che possa avere taciuto di quest'allerta, o invece che li avesse messi al corrente? Insomma, il comportamento di queste persone che accompagnavano i giornalisti era puntuale, preciso e accorto nel riferire ciò che succedeva? Oppure, si trattava di un servizio legato solo a ciò che si doveva fare, l'accompagnare, il portare e il prendere?
GIULIANA SGRENA. Ogni tanto ci davano qualche notizia, ma prevalentemente si trattava di autisti, anche se poteva essere altro. Mentre Yusuf ci poteva dare più indicazioni perché era più al corrente delle cose, l'autista no. Ora, in un caso come questo non posso immaginare se lui avesse avuto da Yusuf l'indicazione di informare subito oppure no. È difficile sapere. Poi, non so se lei è andata all'hotel Sahafi. Probabilmente, lo sapevano, perché ci saranno stati altri giornalisti. La situazione era molto fluida.
CARMEN MOTTA. Ancora oggi noi non sappiamo di preciso chi andò. Non ne abbiamo ancora conoscenza.
GIULIANA SGRENA. Se è andato l'autista oppure no...
CARMEN MOTTA. Esatto. E questo è un particolare.
ELETTRA DEIANA. Il problema è capire se è una supposizione professionale (perché sono gli autisti che vanno a prendere) oppure se lei ha elementi per dirci che andò l'autista.
GIULIANA SGRENA. Stavo pensando proprio questo. No, io non ho elementi.
CARMEN MOTTA. Lei non ha elementi per essere sicura.
GIULIANA SGRENA. No. È una pura supposizione.
CARMEN MOTTA. Lei ha parlato di un giornalista RAI che fece riprese...
GIULIANA SGRENA. Pucci Bonavolontà.
GIULIANA SGRENA. No, è arrivato dopo di noi, è stato lì un giorno o due ed è subito ripartito. So che doveva andare a filmare la macchina.
PRESIDENTE. La ringraziamo moltissimo per la disponibilità e per le notizie che ci ha dato.
GIULIANA SGRENA. Non ricordo molto.
PRESIDENTE. Abbiamo ricostruito molte cose e molto bene. Grazie e auguri per tutto quello che la riguarda. Dichiaro concluso l'esame testimoniale in oggetto.
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