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Seduta del 14/7/2005


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Esame testimoniale di Gianni De Podestà.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame testimoniale dell'ispettore Gianni De Podestà, il quale, venendo appunto ascoltato con la forma della testimonianza, ha l'obbligo di dire la verità e di rispondere alle domande che gli saranno rivolte.
Le chiedo, intanto, di indicare le sue generalità, luogo e data di nascita, la residenza attuale e l'attività che svolge.

GIANNI DE PODESTÀ. Gianni De Podestà, nato a Pieve di Cadore, provincia di Belluno, il 2 settembre 1963, residente a Lanzo Torinese, provincia di Torino, in via Colombaro, n. 2. Domiciliato presso il Corpo forestale dello Stato, comando stazione di Lanzo Torinese.

PRESIDENTE. Che qualifica riveste oggi e quale incarico espleta?

GIANNI DE PODESTÀ. Ispettore capo, comandante della stazione di Lanzo Torinese.

PRESIDENTE. Prima dove stava? È molto che svolge quest'attività a Lanzo Torinese?

GIANNI DE PODESTÀ. Dal giugno 2003 sono comandante della stazione predetta. Prima, dal dicembre 1993 al giugno 2003, ufficiale di polizia giudiziaria presso il nucleo investigativo del Corpo forestale dello Stato di Brescia.

PRESIDENTE. A noi interessa Brescia in particolare, perché ci risulta che sono state svolte delle indagini, anche da parte sua ed in collegamento con altre strutture di polizia, sulle quali vogliamo alcune informazioni. A Brescia quali indagini ha svolto in materia di traffico di rifiuti, per quello che è in grado di ricordare? Naturalmente, può consultare gli atti.

GIANNI DE PODESTÀ. Faccio una premessa: io ero già responsabile del comando stazione di Lanzo Torinese praticamente dal 1985 a fine 1993, con una breve parentesi presso la sezione di polizia giudiziaria della procura di Torino.

PRESIDENTE. Quindi è tornato dove stava, praticamente.

GIANNI DE PODESTÀ. Sì. Sostanzialmente, sì, per questioni di carattere familiare. A Brescia, il Corpo forestale dello Stato aveva intenzione di creare un nucleo investigativo a livello ambientale e andava a reclutare, praticamente, degli ispettori o, comunque, degli ufficiali di polizia giudiziaria;


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io ebbi l'occasione di andarci; quindi, diciamo che già prima conducevo indagini sui rifiuti in ambito locale.

PRESIDENTE. Già prima di andare a Brescia?

GIANNI DE PODESTÀ. Prima di andare a Brescia. In ambito locale, presso il settore ambiente della procura di Torino.

PRESIDENTE. È una professionalità che lei si era già creata in precedenza, ho capito.

GIANNI DE PODESTÀ. A Brescia, praticamente, abbiamo solo ampliato il raggio d'azione, servendo le autorità giudiziarie - in particolare Brescia, Milano o quelle, diciamo, della regione Lombardia - per quanto riguarda l'interesse sul traffico dei rifiuto a livello regionale e interregionale.

PRESIDENTE. Ma Brescia era un punto di riferimento...

GIANNI DE PODESTÀ. Era solo un punto di riferimento logistico.

PRESIDENTE. Non aveva una competenza territoriale, cioè non era Brescia, dove voi lavoravate come Forestale, in collegamento con i fatti che si verificavano?

GIANNI DE PODESTÀ. No.

PRESIDENTE. Avevate una competenza nazionale?

GIANNI DE PODESTÀ. Interregionale.

PRESIDENTE. Che significa «interregionale»?

GIANNI DE PODESTÀ. Nel senso che ci si occupava delle indagini legate in particolare a ipotesi di traffico di rifiuti o smaltimento di rifiuti che avvenivano nella regione Lombardia.

PRESIDENTE. Allora, non è interregionale, è regionale.

GIANNI DE PODESTÀ. Però, siccome la tratta di rifiuti non si ferma al confine regionale, seguivamo l'indagine dall'inizio alla fine.

PRESIDENTE. Questo l'ho capito, però era per i traffici di rifiuti che si fossero verificati in Lombardia.

GIANNI DE PODESTÀ. Sì.

PRESIDENTE. Quindi c'era un ambito di competenza territoriale. Poi - come è ovvio - se i collegamenti di quel traffico portavano altrove, li si seguiva.

GIANNI DE PODESTÀ. Sì.

PRESIDENTE. Quali inchieste lei ha fatto, in particolare?

GIANNI DE PODESTÀ. Io ho collaborato con le procure della Repubblica, partendo dal sud, di Reggio Calabria e Matera e, al nord, con Trieste, Venezia, Lodi,...

PRESIDENTE. Udine?

GIANNI DE PODESTÀ. No, Udine no. ...Pordenone, Milano.

PRESIDENTE. Collaborare è logico, perché siccome, come giustamente ha detto lei prima, il traffico dei rifiuti non è che si fermi ai confini della Lombardia, possono esserci contatti con altre autorità, giudiziarie oppure di polizia. Ma la mia domanda era un'altra, cioè: quali sono state le indagini che lei ha fatto in questi dieci anni di permanenza a Brescia, dalle quali poi vedremo quali tipi di contatto sono derivati con altre autorità di polizia o giudiziarie? Quale è stata la prima indagine? Mi pare che lei abbia detto di essere entrato nel 1993.

GIANNI DE PODESTÀ. Sì. La prima è quella sui fanghi svizzeri del depuratore di


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Ginevra, per conto dell'ex pretura circondariale di Milano, nella quale, appunto, è stato trattato un traffico illecito di rifiuti che dalla Svizzera venivano depositati come ammendante organico in Italia; e qui siamo a cavallo tra il '93 e il '94.

PRESIDENTE. Successivamente?

GIANNI DE PODESTÀ. Successivamente, per la procura di Asti, relativamente ai rifiuti prodotti dall'alluvione del novembre '94, in particolare nella città di Asti. Poi, l'inchiesta sulle discariche di La Spezia: inizialmente con Asti e poi con la procura di La Spezia. Successivamente, con Matera e Reggio Calabria, collegata ad alcuni fatti di La Spezia. Poi con la procura di Asti, relativamente ad alcune ipotesi di traffico verso la Somalia. Con la procura di Milano per l'operazione Mozambico, legata a smaltimento rifiuti verso la Somalia e verso il Mozambico. Con Milano per un traffico di rifiuti tra nord e sud dell'Italia.

PRESIDENTE. Sinceramente, non riesco a capire. Nel 1993 c'è l'inchiesta sui fanghi svizzeri, che interessa la Lombardia; nel 1994, l'inchiesta per l'alluvione di Asti: ma come arriva ad Asti, lei?

GIANNI DE PODESTÀ. Perché si presenta da noi un imprenditore lombardo e ci riferisce di una situazione illecita sugli appalti pubblici legati allo smaltimento dei rifiuti prodotti dall'alluvione.

PRESIDENTE. Chi è questo imprenditore?

GIANNI DE PODESTÀ. Non me lo ricordo... c'è un verbale di sommarie informazioni, mi sembra che si chiamasse Carassio Renato, di una società lombarda. Facciamo la notizia di reato alla procura della Repubblica presso il tribunale di Asti, che ci delega l'indagine.

PRESIDENTE. A che titolo la procura di Asti vi delega le indagini, se lei sta a Brescia?

GIANNI DE PODESTÀ. Non lo so. Come organo di polizia nazionale.

PRESIDENTE. Quindi le delega queste indagini...

GIANNI DE PODESTÀ. Non le delega a me personalmente. Le delega all'ufficio, di cui io non ero responsabile. Io non sono mai stato responsabile di quell'ufficio.

PRESIDENTE. Chi è che delega, materialmente? La procura, il procuratore?

GIANNI DE PODESTÀ. L'incarico del fascicolo è al procuratore, dottor Sorbello. Poi lo prende in mano il dottor Tarditi.

PRESIDENTE. Ma la delega ve l'ha data Sorbello o Tarditi?

GIANNI DE PODESTÀ. Tarditi.

PRESIDENTE. Quindi c'è un rapporto di fiducia tra voi e Tarditi, mi pare di capire.

GIANNI DE PODESTÀ. Sì, nasce in quel momento.

PRESIDENTE. Nasce sulla base di atti di indagine, o c'erano state ragioni di incontro precedenti?

GIANNI DE PODESTÀ. No.

PRESIDENTE. Persone che vi avevano messo in contatto?

GIANNI DE PODESTÀ. No, nella maniera più assoluta.

PRESIDENTE. Che vi avevano accreditato in maniera particolare?

GIANNI DE PODESTÀ. No.

PRESIDENTE. Per esempio, giornalisti o qualcosa di questo genere?

GIANNI DE PODESTÀ. No.


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PRESIDENTE. È stata una cosa nata dall'inchiesta.

GIANNI DE PODESTÀ. Nata dalla nostra notizia di reato specifica.

PRESIDENTE. Nata dalla vostra notizia di reato specifica, che portava ad Asti e che, invece, determina la delega a voi.

GIANNI DE PODESTÀ. Sì.

PRESIDENTE. Lei ha detto che avete avuto rapporti anche con la procura di La Spezia, in riferimento ad una inchiesta che era radicata presso la procura di Asti. Esatto?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì. Nel contesto degli accertamenti fatti sui rifiuti prodotti dall'alluvione, è emerso che una parte di questi rifiuti va a finire alla discarica della Sistemi Ambientali, di La Spezia; quindi, quel troncone di esame prosegue verso quella discarica. Inizialmente, prosegue sotto la delega della procura di Asti, quindi vengono svolte attività investigative sotto delega della procura di Asti; successivamente, per competenza territoriale, la procura di Asti cede il passo alla procura di La Spezia.

PRESIDENTE. E La Spezia vi conferma la delega?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì.

PRESIDENTE. Che cosa riguardava questa indagine che Asti manda a La Spezia?

GIANNI DE PODESTÀ. Gestione illecita di rifiuti, reati contro l'ambiente e reati di corruttela.

PRESIDENTE. In quale settore?

GIANNI DE PODESTÀ. Nel settore ambientale.

PRESIDENTE. Ma fisicamente dove?

GIANNI DE PODESTÀ. Nell'area dello spezzino in particolare, perché si trattava di eseguire...

PRESIDENTE. Come arriva ad Asti questa cosa?

GIANNI DE PODESTÀ. È Asti che la porta a La Spezia.

PRESIDENTE. Ho capito, però è di La Spezia, perché si parla di un imprenditore spezzino. Le chiedo come arriva ad Asti. Perché parte da Asti?

GIANNI DE PODESTÀ. Parte da Asti perché un troncone dell'indagine sui rifiuti dell'alluvione riguarda, come destinazione, la discarica di La Spezia.

PRESIDENTE. Appunto. Perché va ad Asti?

GIANNI DE PODESTÀ. Non so. Perché era già partita da lì. Io non so perché va ad Asti.
Nel procedimento penale legato ai rifiuti dell'alluvione...

PRESIDENTE. L'alluvione, benissimo.

GIANNI DE PODESTÀ. ...si crea, praticamente, uno stralcio del fascicolo per una tranche di rifiuti che illegalmente vengono smaltiti alla discarica della Sistemi Ambientali di La Spezia.

PRESIDENTE. Benissimo. Quindi a chi spetta la competenza?

GIANNI DE PODESTÀ. Successivamente la competenza...

PRESIDENTE. Non dico successivamente; naturalmente stiamo ragionando, non sto facendo delle domande. Siccome la discarica stava a La Spezia, la competenza territoriale avrebbe dovuto essere di La Spezia.

GIANNI DE PODESTÀ. Sì.


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PRESIDENTE. La domanda, allora, è questa: per quello che ricorda o per quello che lei sa, come è possibile che, nonostante una così evidente competenza di La Spezia, l'inchiesta cominci a Asti?

GIANNI DE PODESTÀ. Non glielo so dire. Bisognerebbe chiedere al sostituto procuratore.

PRESIDENTE. Intanto lo chiedo a lei. Lei la delega l'ha avuta da Asti anche in questo caso?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì, sì.

PRESIDENTE. Ma non con riferimento all'altro procedimento, bensì con riferimento a questo spezzone ulteriore.

GIANNI DE PODESTÀ. Sì.

PRESIDENTE. Si apre un procedimento diverso.

GIANNI DE PODESTÀ. Sì. Si apre un procedimento diverso perché ad Asti, praticamente, c'era una ditta individuale che operava falsificazione documentale su movimentazione di rifiuti verso La Spezia e da La Spezia verso Torino. Questa è la nascita di quel procedimento penale. Successivamente, a seguito delle attività investigative svolte su quella ditta, viene incentrata l'indagine sulla destinazione illegale dei rifiuti, che riguarda la gestione della discarica di La Spezia. Quindi, una volta istruito il fascicolo specifico legato alla società di Asti per truffa ai danni del consorzio di La Spezia, tutto passa di competenza di La Spezia.

PRESIDENTE. Benissimo. Poi lei ha parlato di Matera e Reggio Calabria. Come arriva a Matera e Reggio Calabria?

GIANNI DE PODESTÀ. Il sostituto procuratore di allora, il dottor Francesco Neri, si era informato, attraverso La Spezia, su quale fosse l'organo investigativo che si occupava delle inchieste sul traffico dei rifiuti ed era stato segnalato l'ex responsabile del mio ufficio, che era il dottor Rino Martini, e quindi il nucleo investigativo di Brescia. Fummo contattati direttamente dal dottor Neri e io e il funzionario scendemmo a Reggio Calabria, e poi successivamente a Matera, dal dottor Pace.

PRESIDENTE. Mi spieghi bene questo passaggio. Qui non c'è alcuna competenza, Brescia non c'entra assolutamente nulla.

GIANNI DE PODESTÀ. No, noi non avevamo fatto nessun atto.

PRESIDENTE. Questa è proprio una delega...

GIANNI DE PODESTÀ. Una richieste d'incontro per capire...

PRESIDENTE. Avete fatto indagini, poi?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì, sì.

PRESIDENTE. Quindi, avete avuto deleghe d'indagine?

GIANNI DE PODESTÀ. Abbiamo avuto deleghe d'indagine.

PRESIDENTE. Questo è un caso nel quale la competenza di Brescia non esisteva affatto; invece, una volta il dottor Neri, di Reggio Calabria, un'altra volta il dottor Pace, di Matera, convocano il suo ufficio... Chi convocano: lei personalmente o il capo del suo ufficio?

GIANNI DE PODESTÀ. Convocano il capo del mio ufficio e io lo accompagno.

PRESIDENTE. Vi convocano e vi danno la delega. Cosa riguardava?

GIANNI DE PODESTÀ. Una delega congiunta a riferire su quelle che erano le conoscenze sul traffico dei rifiuti a quell'epoca.

PRESIDENTE. Che delega è questa?


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GIANNI DE PODESTÀ. Questa è la delega. Tant'è che informammo anche la Direzione nazionale antimafia, nella persona del dottor Maritati.

PRESIDENTE. Ecco, il quadro si chiude. Che indagine avete fatto per conto di Matera e di Reggio Calabria?

GIANNI DE PODESTÀ. Qui le forze in campo, diciamo, non erano solo il nucleo di Brescia, ma era stata creata sia a Reggio Calabria che a Matera un squadra di lavoro con il reparto operativo dei carabinieri, sia di Reggio Calabria che di Matera. Noi collaboravamo con il dottor Neri o il dottor Pace quando questi salivano a Roma o al nord per sentire delle persone informate sui fatti relativamente ad ipotesi di traffico di rifiuti radioattivi.

PRESIDENTE. Quindi, voi avete avuto delle deleghe specifiche, non una delega generale: una delega a determinati atti.

GIANNI DE PODESTÀ. Sì, sì.

PRESIDENTE. Che cosa riguardava questa inchiesta? Innanzitutto, mi scusi: Matera e Reggio Calabria perché sono collegate tra loro? Sono due cose diverse oppure avete collaborato con Neri e con Pace tutti insieme?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì, erano...

PRESIDENTE. Un pool.

GIANNI DE PODESTÀ. Sì, erano insieme.

PRESIDENTE. Su cosa indagavano?

GIANNI DE PODESTÀ. Il dottor Pace, della procura di Matera, indagava sulla gestione delle centrali nucleari di Rotondella.

PRESIDENTE. E Reggio Calabria con Rotondella che c'entrava?

GIANNI DE PODESTÀ. Non lo so.

PRESIDENTE. Invece Reggio Calabria su cosa indagava?

GIANNI DE PODESTÀ. Indagava su un esposto di Legambiente, riferito al territorio della Calabria, in merito ad ipotesi di smaltimento illecito di rifiuti pericolosi ed anche radioattivi.

PRESIDENTE. Provenienti da Matera?

GIANNI DE PODESTÀ. Non glielo so dire.

PRESIDENTE. Non riesco a capire, ancora una volta, il collegamento tra le due indagini: Matera e Rotondella sono una cosa, Reggio Calabria è un'altra cosa. Se ci sono collegamenti, ne prendiamo atto; ma non capisco il tipo di coordinamento. Esiste una norma delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale che prevede, appunto, i coordinamenti fra le varie procure appartenenti a distretti diversi, d'accordo, in quanto vi siano dei collegamenti investigativi, ma prevede un altro tipo di procedura. Per quello che lei sa, quando vi viene richiesto di conoscere quale fosse lo stato dell'arte dal punto di vista delle inchieste sul traffico di rifiuti, Rotondella con Reggio Calabria che c'entrava? Lei lo ha appreso?

GIANNI DE PODESTÀ. Noi non segnalavamo niente di specifico, perché la conoscenza nostra...

PRESIDENTE. Era un pool sociologico, diciamo. Un pool parte da Brescia e arriva ad Asti, anche in situazioni rispetto alle quali non troviamo alcuna ragione di competenza, tanto è vero che gli atti vengono trasmessi a La Spezia; poi, senza una ragione di collegamento, si passa a rapporti con Matera e con Reggio Calabria. Di questi rapporti non si sa nulla: non si sa nulla in ordine a quello che unisce Matera e Reggio Calabria, ma, soprattutto, non c'è nulla rispetto a competenze che possono riguardare Brescia o, comunque, la Lombardia. Questo è il quadro di riferimento.


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I magistrati interessati sono, per quello che lei ha detto fino a questo momento, Tarditi, Neri e Pace. Esatto?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì, e il dottor Franz a la Spezia.

PRESIDENTE. Ma poi Franz è andato via da La Spezia.

GIANNI DE PODESTÀ. Sì ed è subentrato un altro magistrato, di cui adesso non ricordo il nome.

PRESIDENTE. Va bene, questa è la situazione. Poi, viene fuori la storia della Somalia - Asti, Somalia - e a questo riguardo dobbiamo essere un po' più precisi, perché mentre il quadro generale di riferimento - un po' devastante, un po' sconcertante - ci interessa per capire in quale ambito ci muoviamo, a questo riguardo, invece, vogliamo sapere le cose con assoluta precisione (nei limiti del suo ricordo, naturalmente).

GIANNI DE PODESTÀ. Certo.

PRESIDENTE. Lei ha detto che c'è stata un'inchiesta, della quale siete stati officiati, radicatasi presso la procura di Asti e che riguardava il traffico di rifiuti verso la Somalia.

GIANNI DE PODESTÀ. Sì.

PRESIDENTE. Ha fatto riferimento anche ad altri traffici riferiti alla Somalia, ma intanto parliamo di questo, che ci interessa specificamente. Come nasce questa vicenda? Se lo ricordi bene, perché questa non nasce dalla procura: nasce da voi.

GIANNI DE PODESTÀ. Sì.

PRESIDENTE. Lei conosce Evangelista?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì, lo conosco.

PRESIDENTE. È stato suo collaboratore?

GIANNI DE PODESTÀ. Lui era responsabile della sezione di PG della Polizia di Stato presso la procura del tribunale di Asti.

PRESIDENTE. All'epoca in cui avete svolto questa attività?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì, sì.

PRESIDENTE. Lo ha incontrato di recente?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì, sì.

PRESIDENTE. L'ultima volta che lo ha incontrato quando è stata?

GIANNI DE PODESTÀ. L'ho incontrato questa mattina al treno.

PRESIDENTE. Vi siete visti questa mattina?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì, certo.

PRESIDENTE. Avete parlato di queste cose?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì, ma nel senso che...

PRESIDENTE. Avevate un appuntamento?

GIANNI DE PODESTÀ. No. Lui prendeva il treno questa mattina e io scendevo dal treno.

PRESIDENTE. Perché, è lo stesso treno che arriva e parte?

GIANNI DE PODESTÀ. No, io sono arrivato con la cuccetta da Milano, ci siamo trovati al posto di polizia per i visti e lui prendeva il treno alle 7,30.

PRESIDENTE. Quindi vi siete dati un appuntamento.


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GIANNI DE PODESTÀ. Ci siamo sentiti.

PRESIDENTE. Io le ho chiesto se vi siete dati un appuntamento.

GIANNI DE PODESTÀ. Sì, ci siamo sentiti e ci siamo dati un appuntamento.

PRESIDENTE. Come mai vi siete dati appuntamento voi che siete ufficiali di polizia giudiziaria, essendosi tenuta una testimonianza ieri e dovendosi tenere la testimonianza sua oggi?

GIANNI DE PODESTÀ. Cioè...

PRESIDENTE. A lei pare una cosa corretta questa? A me non pare una cosa corretta. Alla Commissione non pare una cosa corretta che un ufficiale di polizia giudiziaria che ha reso testimonianza fino alle due di notte si incontri, alle 7,30, con l'altro ufficiale di polizia giudiziaria che deve essere sentito dalla Commissione parlamentare di inchiesta sull'operato della struttura rispetto a questioni così delicate. Se a lei sembra normale, ne prendiamo atto; ci comporteremo di conseguenza. Di che cosa avete parlato?

GIANNI DE PODESTÀ. Questa mattina?

PRESIDENTE. Sì.

GIANNI DE PODESTÀ. Di niente. Ci siamo solo salutati. Lui mi ha detto che è stato qua ieri sera e io che dovevo venire questa mattina. Punto e basta.

PRESIDENTE. Allora perché vi siete dati appuntamento? Un appuntamento serve a qualche cosa, non è che ci si dà appuntamento per salutarsi. Ci si può salutare in altro modo, in un altro contesto, in un altro momento. Un appuntamento alle 7,30 di mattina significa qualcosa di preciso.

GIANNI DE PODESTÀ. No, niente di particolare.

PRESIDENTE. Tanto non potremo provarlo, per cui qualsiasi cosa lei ci dica la dobbiamo prendere per quello che è.
Torniamo alla nostra inchiesta: ci dica bene come è nata, chi se ne è interessato per primo, se lei o altri, e via dicendo.

GIANNI DE PODESTÀ. Nasce dalle informazioni di un imprenditore della zona di Latisana, un certo Bellotto, che viene a riferirci che ha incontrato un certo diplomatico cecoslovacco - Kop, mi sembra - che a sua volta aveva avuto proposte da un ex console onorario della Somalia, Scaglione, per ipotesi di spedizione di rifiuti.

PRESIDENTE. Quindi: Bellotto, Kop, Scaglione.

GIANNI DE PODESTÀ. Sì.

PRESIDENTE. Da chi aveva avuto proposte di traffico di rifiuti Scaglione?

GIANNI DE PODESTÀ. No, Scaglione - a dire dell'imprenditore - stava cercando dei produttori di rifiuti per proporre delle spedizioni di rifiuti verso la Somalia, dove lui riferiva di essere autorizzato alla costruzione di un forno inceneritore.

PRESIDENTE. Che tipo di rifiuti?

GIANNI DE PODESTÀ. Rifiuti sia tossici... in senso generale. Poi dai documenti che abbiamo sequestrato è risultato che c'erano delle morchie di verniciatura, c'erano rifiuti industriali in senso generale.

PRESIDENTE. Chi è Bellotto?

GIANNI DE PODESTÀ. Per gli accertamenti che abbiamo fatto, è un imprenditore della zona di Latisana che lavora nella gestione dei rifiuti e che gestiva una discarica della zona di Gorizia.

PRESIDENTE. Voi lo conoscevate già da prima?


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GIANNI DE PODESTÀ. No.

PRESIDENTE. Si è presentato lui per la prima volta a Brescia?

GIANNI DE PODESTÀ. No, è venuto tramite un certo Brembilla Tiziano, che era un intermediario di rifiuti della zona del bergamasco che conosceva direttamente il mio allora capo ufficio.

PRESIDENTE. Chi era il suo capo ufficio?

GIANNI DE PODESTÀ. Il dottor Rino Martini.

PRESIDENTE. Quindi Brembilla, conoscente dei suo capo, dottor Rino Martini...

GIANNI DE PODESTÀ. Ma già conoscente anche mio, perché era lui che aveva collaborato anche nella prima inchiesta sui rifiuti della Svizzera verso l'Italia.

PRESIDENTE. Che significa che aveva collaborato: aveva fatto il confidente?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì.

PRESIDENTE. Quindi, Brembilla è il confidente di base.

GIANNI DE PODESTÀ. Sì, è l'imprenditore che dà le informazioni.

PRESIDENTE. Comunque, è confidente. Brembilla porta l'informazione a chi?

GIANNI DE PODESTÀ. A Brescia.

PRESIDENTE. Brescia è una città. A chi?

GIANNI DE PODESTÀ. Al nostro ufficio.

PRESIDENTE. A lei o a Martini?

GIANNI DE PODESTÀ. A me.

PRESIDENTE. Dunque, Brembilla parla con De Podestà: e fa riferimento a Bellotto?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì, dice che l'imprenditore Bellotto ha avuto questo incontro, che tramite questo console della zona di Asti e Alessandria gli avevano proposto questa possibilità...

PRESIDENTE. Quindi voi risalite a Bellotto per effetto di questa soffiata di Brembilla?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì. Noi facciamo delle verifiche per sapere chi è Bellotto e quale attività svolge e poi cerchiamo di programmare un incontro nella zona di Alessandria o di Asti, attraverso un imprenditore della zona, che è il signor Gambaruto, della Cofir di Asti.

PRESIDENTE. Quindi, prendete contatto con Bellotto...

GIANNI DE PODESTÀ. No, non prendiamo contatto: facciamo solo delle investigazioni a livello informativo, giusto per capire chi fosse il personaggio.

PRESIDENTE. E dopo?

GIANNI DE PODESTÀ. Dopo chiediamo a Brembilla...

PRESIDENTE. E il risultato di questa informativa su Bellotto qual era?

GIANNI DE PODESTÀ. Che era un gestore di rifiuti, tant'è che era titolare di una discarica, quindi era uno interessato alla produzione e, eventualmente, alla esportazione di rifiuti.

PRESIDENTE. Aveva la potenzialità richiesta.

GIANNI DE PODESTÀ. Sì, di conferire rifiuti.

PRESIDENTE. E quindi?


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GIANNI DE PODESTÀ. Quindi cerchiamo di creare il contatto.

PRESIDENTE. Tra chi?

GIANNI DE PODESTÀ. Tra il Bellotto, il Brembilla, un altro produttore di rifiuti che è nella zona di Asti o Alessandria, perché lo Scaglione era della zona di Alessandria, e viene individuata la sede di una ditta che è anch'essa produttrice di rifiuti, che è la Cofir di Asti.

PRESIDENTE. Di proprietà di?

GIANNI DE PODESTÀ. Gambaruto.

PRESIDENTE. Non ho capito a che serve questo passaggio. Voi avete un confidente - questo Brembilla - il quale vi porta al nome di Bellotto e di Scaglione: a cosa serve il collegamento con Gambaruto? Perché?

GIANNI DE PODESTÀ. Perché Brembilla preferiva non esporsi e, quindi, trovare una sede più vicina all'area dove operava lo Scaglione.

PRESIDENTE. Che significa che preferiva non esporsi? Preferiva non prendere contatto con Scaglione? È uno che fa il confidente!

GIANNI DE PODESTÀ. Lo so. Però aveva un'attività imprenditoriale e preferiva non esporsi.

PRESIDENTE. Che significa «non esporsi»?

GIANNI DE PODESTÀ. Non avere rapporti legati alle persone che andavano a proporre queste attività di smaltimento.

PRESIDENTE. Quindi l'idea che vi viene è quella di trovare una terza persona.

GIANNI DE PODESTÀ. Sì.

PRESIDENTE. Anche questa era persona che voi già conoscevate?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì.

PRESIDENTE. Sempre per l'inchiesta precedente?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì, per altre inchieste precedenti.

PRESIDENTE. Insomma, un altro confidente vostro.

GIANNI DE PODESTÀ. Sì, un produttore di rifiuti.

PRESIDENTE. Produttore ma che vi portava le notizie, vi dava le informazioni giuste.

GIANNI DE PODESTÀ. Sì. E che ritenevamo persona di fiducia.

PRESIDENTE. Quindi avete fatto questa operazione: lo avete microfonato e lo avete messo in contatto con Scaglione. Esatto?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì, perfetto.

PRESIDENTE. Di lì tutto quello che viene fuori. Tutto questo accade quando e dove?

GIANNI DE PODESTÀ. Quando: siamo nel 1996, verso l'estate. Dove: nella sede della ditta di Gambaruto, che è nella zona industriale di Asti.

PRESIDENTE. Voglio capire una cosa: Brembilla istituisce direttamente il contatto con lei e poi c'è la trafila che abbiamo, fino ad un attimo fa, ridisegnato; tutto questo dove avviene?

GIANNI DE PODESTÀ. Brembilla viene nei nostri uffici di Brescia e ci racconta questi fatti. Quindi noi gli chiediamo se è possibile programmare un incontro, senza insospettire lo Scaglione, presso una ditta


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di una persona di fiducia e viene individuata la persona del signor Gambaruto Giusto, come ditta la Cofir di Asti.

PRESIDENTE. L'autorità giudiziaria di Asti in questo cosa c'entra?

GIANNI DE PODESTÀ. È stata informata.

PRESIDENTE. Subito?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì, subito.

PRESIDENTE. Quindi, queste attività le avete fatte per delega dell'autorità giudiziaria?

GIANNI DE PODESTÀ. Certo. Abbiamo fatto l'informativa e...

PRESIDENTE. Dopo l'avete fatta, l'informativa.

GIANNI DE PODESTÀ. No, no, abbiamo fatto subito l'informativa.

PRESIDENTE. Dopo l'incontro Gambaruto-Scaglione?

GIANNI DE PODESTÀ. Nel contesto dell'incontro. Adesso non ricordo di preciso la data.

PRESIDENTE. Diciamo che l'incontro Gambaruto-Scaglione è un incontro che avete gestito voi, Brescia. All'esito di questo incontro avete avvertito l'autorità giudiziaria di Asti. Esatto?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì. Se non ricordo male, anche la sezione di polizia giudiziaria, l'ispettore Evangelista, aveva partecipato all'incontro, nel senso che eravamo a conoscenza di quest'attività.

PRESIDENTE. Insomma, un'operazione di polizia, tanto per intenderci. Un'operazione di polizia rispetto alla quale - mi corregga se sbaglio - l'autorità giudiziaria ufficialmente ancora non c'entra.

GIANNI DE PODESTÀ. No, l'autorità giudiziaria era stata informata di questo incontro, che poi è stato monitorato.

PRESIDENTE. Di questo incontro era stata informata?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì, sì. Tant'è che, da quello che mi ricordo, non partecipammo né io né l'ispettore Evangelista, ma partecipò, mi sembra, il maresciallo Nava, della sezione di polizia giudiziaria del tribunale di Asti.

PRESIDENTE. Senta - noi questo l'abbiamo accertato, non so se glielo ha riferito Evangelista....

GIANNI DE PODESTÀ. Non abbiamo parlato in merito all'audizione.

PRESIDENTE. Noi pensiamo sempre male e prendiamo in considerazione tutte quante le ipotesi, naturalmente anche quella della buona fede, alla quale lei sta facendo riferimento. Al di fuori di questa trafila che abbiamo analizzato, in precedenza, voi avete avuto contatti con giornalisti?

GIANNI DE PODESTÀ. No. Io, personalmente, no.

PRESIDENTE. Sa se contatti con i giornalisti ne avesse avuti Evangelista?

GIANNI DE PODESTÀ. Non mi è dato di conoscere queste situazioni.

PRESIDENTE. Lei ha conosciuto giornalisti, ha trattato con giornalisti in relazione alla vicenda di cui stiamo parlando?

GIANNI DE PODESTÀ. Ho conosciuto presso gli uffici della procura, successivamente alla chiusura dell'inchiesta, diversi giornalisti. Mi ricordo quelli di Famiglia Cristiana perché dopo sono stato teste al processo ad Alba.

PRESIDENTE. Chi erano questi giornalisti?


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GIANNI DE PODESTÀ. Alberto Chiara, Luciano Scalettari e una donna...

PRESIDENTE. Barbara Carazzolo.

GIANNI DE PODESTÀ. Barbara Carazzolo.

PRESIDENTE. Quando le ha conosciute queste tre persone?

GIANNI DE PODESTÀ. Le ho conosciute quando sono venute a palazzo di giustizia.

PRESIDENTE. Ma io non c'ero! Rispetto a questa operazione, quanto tempo era passato? Innanzitutto, prima o dopo?

GIANNI DE PODESTÀ. No, sicuramente dopo.

PRESIDENTE. Molto dopo?

GIANNI DE PODESTÀ. Molto dopo.

PRESIDENTE. Per quel che la riguarda.

GIANNI DE PODESTÀ. Per quel che mi riguarda.

PRESIDENTE. Li ha incontrati a palazzo di giustizia in quale occasione?

GIANNI DE PODESTÀ. Erano venuti - penso - a chiedere informazioni; erano a colloquio con il dottor Tarditi, non con me o con il dottor Evangelista.

PRESIDENTE. Quali altri giornalisti che si sono interessati a questa vicenda ha conosciuto? Ha conosciuto un certo Grimaldi?

GIANNI DE PODESTÀ. No.

PRESIDENTE. Poli?

GIANNI DE PODESTÀ. No.

PRESIDENTE. Ha mai sentito nominare Roberto Di Nunzio?

GIANNI DE PODESTÀ. Mi pare che Di Nunzio si fosse presentato appena dopo l'inchiesta di Pitelli.

PRESIDENTE. Che cos'è l'inchiesta di Pitelli?

GIANNI DE PODESTÀ. È l'inchiesta sulle discariche di La Spezia. Si è presentato presso l'ufficio dell'ispettore Evangelista.

PRESIDENTE. Bravo. Ci siamo.

GIANNI DE PODESTÀ. Mi pare che avesse portato un memoriale.

PRESIDENTE. Quando ancora non c'era questa vicenda.

GIANNI DE PODESTÀ. No, non c'era. Mi sembra dopo l'inchiesta. Gli arresti di La Spezia avvengono nell'ottobre 1996 e quindi si tratta della fine del 1996 o dell'inizio del 1997. Erano già state adottate le misure cautelari.

PRESIDENTE. Dell'altro processo.

GIANNI DE PODESTÀ. Sì, del procedimento legato alle discariche di La Spezia. Più o meno si tratta di quel periodo.

PRESIDENTE. Però si era rivolto ad Evangelista e non a lei. Evangelista la informò di questo?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì. Io ero ad Asti per attività istruttoria legata a quel procedimento e fui presente ad un colloquio in cui vi era Di Nunzio che aveva portato dei memoriali, delle carte.

PRESIDENTE. Lei ha ricordato molto bene: ha detto di avere assistito ad un colloquio e non ad un verbale.

GIANNI DE PODESTÀ. Ora non ricordo se fu redattto un verbale. Ritengo di


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sì, perché poi dopo la questione fu seguita direttamente dalla sezione di polizia giudiziaria.

PRESIDENTE. Lei partecipò solo al colloquio e non al verbale?

GIANNI DE PODESTÀ. Se è stato fatto un verbale, sicuramente l'ho sottoscritto.

PRESIDENTE. Lei ha detto che sicuramente fu fatto un verbale.

GIANNI DE PODESTÀ. No. Ricordo la persona, ricordo che ha portato un memoriale, ma non ricordo se ho firmato o meno un verbale. La persona è stata trattata direttamente dalla sezione di polizia giudiziaria.

PRESIDENTE. Ha conosciuto Di Nunzio in quell'occasione?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì. A quanto so, si era presentato perché aveva letto dell'inchiesta sui giornali.

PRESIDENTE. È esattamente così. Si presentò ad Asti, al commissario Evangelista.

GIANNI DE PODESTÀ. Sì.

PRESIDENTE. Il commissario Evangelista che fece in quella circostanza: la chiamò? La convocò?

GIANNI DE PODESTÀ. No.

PRESIDENTE. È stato un incontro occasionale?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì.

PRESIDENTE. Lavoravate insieme?

GIANNI DE PODESTÀ. A parte il fatto che lavoravamo insieme, quasi quotidianamente svolgevamo gli accertamenti sulle altre indagini, come quelle sull'alluvione. Quindi, io mi sono trovato ad Asti in un'occasione in cui era presente anche Di Nunzio.

PRESIDENTE. Però lei non sapeva che Di Nunzio sarebbe stato presente quel giorno.

GIANNI DE PODESTÀ. No.

PRESIDENTE. È stato, per quanto la riguarda, un fatto occasionale?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì.

PRESIDENTE. E in quella circostanza ha conosciuto Di Nunzio per la prima volta?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì.

PRESIDENTE. Lo conosceva prima come giornalista?

GIANNI DE PODESTÀ. No.

PRESIDENTE. Quindi, lo ha visto per la prima volta e, in quella circostanza, Di Nunzio scarica una serie di atti, di informative giornalistiche.

GIANNI DE PODESTÀ. Ricordo solo un pacco di roba.

PRESIDENTE. Un pacco di roba che viene consegnato non a lei ma ad Evangelista.

GIANNI DE PODESTÀ. Esatto.

PRESIDENTE. Di che cosa avete parlato? Ha partecipato al colloquio? In caso di risposta affermativa, di che cosa si è parlato in quella circostanza?

GIANNI DE PODESTÀ. Mi pare della sua situazione in senso generale, del fatto che era fuori Italia...

PRESIDENTE. E del pacco di roba?


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GIANNI DE PODESTÀ. Non ricordo. Mi sembra che fu fatta un'informativa direttamente da Evangelista al procuratore in riferimento al contenuto dei documenti.

PRESIDENTE. Poi, dopo due giorni, avete intrapreso l'inchiesta.

GIANNI DE PODESTÀ. No.

PRESIDENTE. Sì. Ha capito qual è il discorso?

GIANNI DE PODESTÀ. Sono due cose nettamente differenti, almeno per quello che mi riguarda.

PRESIDENTE. La informo che in quella circostanza non fu redatto alcun verbale, ma furono depositati i reperti giornalistici nei quali si discuteva del traffico di rifiuti verso la Somalia.

GIANNI DE PODESTÀ. Quelli di Scaglione, Brembilla e Gambaruto? Non mi risulta, perché gli atti, anche riferiti alle proposte contrattuali, vennero acquisiti in sede di perquisizione presso Scaglione e gli altri soggetti.

PRESIDENTE. C'è una distanza di due giorni. L'incontro al quale lei ha fatto riferimento tra Scaglione e Brembilla è del 7 novembre 1996. Il 9 novembre, il commissario Evangelista raccoglie le dichiarazioni di Roberto Di Nunzio, nelle quali si fa riferimento alla vicenda di Ilaria Alpi ed al traffico di rifiuti verso la Somalia, attraverso tale Giancarlo Marocchino. Nel verbale del 10 gennaio 1997 si parla di un colloquio che dovrebbe essere quello al quale lei ha partecipato: «Confermo quanto riferito in data 9 novembre a questo ufficio circa il traffico di rifiuti internazionali e riconosco la documentazione da me prodotta a conforto». Quindi, il 9 novembre non fu redatto alcun verbale, ma il dottor Roberto Di Nunzio consegnò a voi la documentazione.

GIANNI DE PODESTÀ. Alla sezione di PG della procura.

PRESIDENTE. C'è quindi questa concomitanza di argomenti, cioè, come risulta dal verbale, quello che ci interessa più da vicino, cioè l'uccisione dei due giornalisti e il traffico di rifiuti con la Somalia, con riferimento a Marocchino, a Rajola del Sismi, nel quadro di un'interlocuzione di Roberto Di Nunzio con il redattore del TG3 Maurizio Torrealta. Lei ha conosciuto Maurizio Torrealta?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì. È venuto ad Asti per fare un'intervista al dottor Tarditi.

PRESIDENTE. Quando? Sempre in questo periodo?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì, nel periodo in cui abbiamo proceduto agli arresti per la discarica di Pitelli.

PRESIDENTE. Quindi, prima della storia di Brembilla, Bellotto, Scaglione e Gambaruto?

GIANNI DE PODESTÀ. In quel periodo, perché la prima tranche degli arresti a La Spezia risalgono alla fine di ottobre 1996, la seconda alla metà di novembre. Io non ero ad Asti, perché ero a La Spezia. Quindi, appena dopo il caso di La Spezia.

PRESIDENTE. Praticamente tra i primi e i secondi arresti?

GIANNI DE PODESTÀ. Non vorrei dire una fesseria, ma direi dopo.

PRESIDENTE. Allora, cito un riferimento temporale. Quando è avvenuto l'incontro del 9 novembre con Roberto Di Nunzio i primi arresti c'erano già stati...

GIANNI DE PODESTÀ. Sì.

PRESIDENTE. ...e i secondi non c'erano ancora stati.


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GIANNI DE PODESTÀ. Mi pare che l'esecuzione risalga all'11 o al 16 novembre.

PRESIDENTE. I primi arresti?

GIANNI DE PODESTÀ. No. I primi arresti sono del 27 e 28 ottobre. I secondi erano legati a due o tre persone solo per questioni di corruzione.

PRESIDENTE. Quindi, il 9 novembre i primi arresti erano già stati fatti.

GIANNI DE PODESTÀ. Erano già stati eseguiti ed era scoppiato lo scandalo.

PRESIDENTE. I secondi arresti invece ancora non erano stati fatti.

GIANNI DE PODESTÀ. Sì.

PRESIDENTE. Questo è il periodo in cui si colloca l'intervista a Tarditi da parte di Torrealta?

GIANNI DE PODESTÀ. Non credo. Penso dopo. Non ricordo il giorno preciso.

PRESIDENTE. Dopo che cosa?

GIANNI DE PODESTÀ. Dopo le seconde misure cautelari di La Spezia.

PRESIDENTE. Perfetto.
Ha mai conosciuto il giornalista Di Stefano?

GIANNI DE PODESTÀ. Andrea Di Stefano? Sì. Era già conosciuto dall'ufficio.

PRESIDENTE. Quali erano i vostri rapporti: giornalista-istituzione pubblica, oppure vi dava qualche notizia, qualche informazione?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì. Lui scriveva per Nuova ecologia dell'area milanese, un giornale che ora è sotto la veste di Legambiente, e si occupava delle situazioni, soprattutto in Lombardia, legate alla gestione anche illecita dei rifiuti.

PRESIDENTE. Quindi, si tratta di un rapporto datato nel tempo. Seguiva i vostri lavori.

GIANNI DE PODESTÀ. Sì.

PRESIDENTE. Di Stefano ha dedicato particolare attenzione alla vicenda dei rifiuti verso la Somalia?

GIANNI DE PODESTÀ. No.

PRESIDENTE. Quindi, siamo di fronte ad un verbale nel quale si parla di tutte queste cose che poi sarebbero state oggetto dell'indagine, a prescindere dall'operazione Gambaruto; abbiamo la conferma che il 9 novembre è stato consegnato il materiale e che il 7 novembre vi era stato l'incontro tra Scaglione e Brembilla ad Asti, secondo l'informativa redatta da Evangelista il 16 novembre 1998: emerge una contestualità documentabile.

GIANNI DE PODESTÀ. Sì. Le carte sono lì.

PRESIDENTE. Che altri rapporti ha avuto con Di Nunzio?

GIANNI DE PODESTÀ. Ricordo solo quell'occasione. Non saprei neanche riconoscerlo fisicamente.

PRESIDENTE. Perché avete aspettato tanto tempo per procedere alle intercettazioni telefoniche sulle utenze di Scaglione? Esse infatti scattano nella primavera-estate 1997.

GIANNI DE PODESTÀ. Noi abbiamo fatto le richieste funzionali con la ricostruzione investigativa. Io all'epoca lavoravo non solo per la procura di Asti ma anche per altre procure, quindi non ero fisicamente sempre ad Asti. Le richieste sono state avanzate e conseguentemente accolte. Ricordo che all'epoca non esisteva l'articolo 53-bis, cioè il delitto specifico di traffico di rifiuti, e quindi era difficile


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giuridicamente impostare l'indagine in maniera specifica. Questo può essere il motivo.

PRESIDENTE. Abbiamo un'informativa complessiva del 3 marzo 1998 da cui risulta l'esito di attività investigative basate su registrazioni di conversazioni tra somali.

GIANNI DE PODESTÀ. Non me ne sono occupato, perché avevamo suddiviso le attività di intercettazione, e quelle dei somali venivano svolte direttamente dalla sezione di polizia giudiziaria del tribunale e le seguita Evangelista con il consulente del tribunale, Guido Accomasso. Altre utenze uscite successivamente, come quelle dello spedizioniere Nesi di Livorno e quella di Roghi, sono state fatte a Brescia.

PRESIDENTE. Quindi, non le ha seguite lei?

GIANNI DE PODESTÀ. No. So che era stato nominato un traduttore di lingua somala che andava in tribunale a fare la traduzione e aveva contatto direttamente con loro.

PRESIDENTE. Ha avuto rapporti o contatti - a parte le intercettazioni - con cittadini somali?

GIANNI DE PODESTÀ. Per quel che ricordo, c'era il traduttore...

PRESIDENTE. Chi era?

GIANNI DE PODESTÀ. Non lo ricordo.

PRESIDENTE. Era di Asti?

GIANNI DE PODESTÀ. Mi sembra che abitasse a Torino.

PRESIDENTE. Era solo un traduttore o era anche un informatore?

GIANNI DE PODESTÀ. A quanto mi risulta, era un traduttore.

PRESIDENTE. Ha conosciuto cittadini somali?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì: Faduma Aidid in sede di accompagnamento del procuratore Tarditi, che la sentiva a sommaria informazione.

PRESIDENTE. Ha conosciuto solo questa persona somala? Ha conosciuto un somalo residente a Padova?

GIANNI DE PODESTÀ. No. Ricordo Faduma Aidid perché fu individuata attraverso l'utenza dello spedizioniere Nesi e fu sentita a verbale prima a Roma e poi ad Asti. Su Padova non abbiamo mai lavorato, nel senso che in questa inchiesta non siamo mai andati a sentire persone a Padova, né persone di quella città sono venute presso il mio ufficio o presso la sezione di PG, per quanto mi ricordi, per essere sentite in merito a questa indagine.

PRESIDENTE. Evangelista le ha mai riferito dei suoi contatti con somali, con fonti confidenziali somale?

GIANNI DE PODESTÀ. No.

PRESIDENTE. Quindi, lei non ha mai sentito parlare di un certo Gargallo?

GIANNI DE PODESTÀ. No. Questo nome non mi dice assolutamente niente.

PRESIDENTE. Ha conosciuto o sentito nominare Omar Dini?

GIANNI DE PODESTÀ. No.

PRESIDENTE. Ahmed Mahad?

GIANNI DE PODESTÀ. No.

PRESIDENTE. Ali Awale?

GIANNI DE PODESTÀ. No.

PRESIDENTE. Lei sa di alcune registrazioni fatte da somali verso somali, a Roma, alla stazione Termini?


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GIANNI DE PODESTÀ. Mi sembra che avessero messo sotto intercettazione l'utenza di una somala a Roma. Mi pare che si chiamasse Ahua o qualcosa del genere. Comunque, era un'attività che curava direttamente la sezione di polizia giudiziaria. Non ne conosco neppure il contenuto, perché le intercettazioni venivano direttamente tradotte dal somalo che era stato individuato da loro.

PRESIDENTE. Avete avuto rapporti con la DIA di Genova?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì.

PRESIDENTE. Di che genere, con riferimento ai fatti che ci interessato?

GIANNI DE PODESTÀ. Premetto che la DIA di Genova entra già nell'inchiesta di Pitelli sulle discariche, della quale si stava interessando perché aveva sentito un confidente che riferiva di attività illecite legate al porto di La Spezia. Loro si presentarono al dottor Tarditi dicendo che avevano delle informazioni ed io mi incontrai a Genova presso gli uffici della DIA con il dottor Borrè, se non ricordo male, e c'era una persona che io non conosco e che venne sentita a livello confidenziale.

PRESIDENTE. Persona italiana o somala?

GIANNI DE PODESTÀ. Italiana, a quanto mi risulta, nel senso che parlava italiano ed aveva fattezze italiane.

PRESIDENTE. Veniva sentita da Borrè confidenzialmente?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì.

PRESIDENTE. Su che cosa?

GIANNI DE PODESTÀ. Mi pare che si trattasse di un documento, che era stato mandato direttamente da loro al dottor Tarditi, riferito ad una situazione geografica del territorio somalo.

PRESIDENTE. Che significa «situazione geografica»?

GIANNI DE PODESTÀ. Legata ad ipotesi di interramento dei rifiuti. Mi pare che ci fossero delle dislocazioni o dei punti che indicavano delle ipotesi di interramento in Somalia.

PRESIDENTE. Lei non sa il nome di questa persona?

GIANNI DE PODESTÀ. No.

PRESIDENTE. Né le è stato mai detto?

GIANNI DE PODESTÀ. No.

PRESIDENTE. Ce la può descrivere? Lei ha assistito alle dichiarazioni?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì.

PRESIDENTE. Perché?

GIANNI DE PODESTÀ. Ero sceso su indicazione del dottor Tarditi ed ero presente.

PRESIDENTE. Quindi, è andato per compiere l'atto?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì. Però questa persona era già presente.

PRESIDENTE. Il dottor Tarditi la delega ad andare alla DIA di Genova per sentire questa persona?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì, per essere presente al colloquio con questa fonte confidenziale.

PRESIDENTE. Ci può descrivere questa persona?

GIANNI DE PODESTÀ. Sui 60 anni, alta un metro e settanta.

PRESIDENTE. Una persona anziana.

GIANNI DE PODESTÀ. Sì, sui 60 anni.


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PRESIDENTE. Grosso, magro?

GIANNI DE PODESTÀ. Di corporatura robusta e con i capelli bianchi.

PRESIDENTE. Detenuto o libero?

GIANNI DE PODESTÀ. Libero. Era venuto con le sue gambe.

PRESIDENTE. Conosce Garelli?

GIANNI DE PODESTÀ. L'ho conosciuto quando con il dottor Tarditi mi sono recato presso il carcere di Rebibbia per procedere ad un interrogatorio. Successivamente è venuto una volta presso la procura di Asti ed una volta presso quella di Milano.

PRESIDENTE. La domanda è quasi superflua, ma la formulo per completezza di verbalizzazione: non era Garelli la persona di cui abbiamo parlato?

GIANNI DE PODESTÀ. No.

PRESIDENTE. Come si qualificava questa persona? A che titolo conosceva queste cose e la mappa? Era un imprenditore?

GIANNI DE PODESTÀ. Non ha detto come si chiamasse o cosa facesse. Ricordo che sosteneva di avere quel foglio e di volerlo mettere a disposizione.

PRESIDENTE. Come lo aveva ottenuto?

GIANNI DE PODESTÀ. Non lo so. Io non glielo ho chiesto.

PRESIDENTE. Borrè glielo ha chiesto?

GIANNI DE PODESTÀ. Non credo.

PRESIDENTE. Uno viene là e porta un foglio...

GIANNI DE PODESTÀ. Quando si tratta di parlare con confidenti si cerca di rispettare il loro ruolo, perché se sono disposti a rendere dichiarazioni si sottoscrivono.

PRESIDENTE. Sono pienamente d'accordo, però non si prendono le «patacche» dal primo venuto. Innanzitutto deve essere valutata l'attendibilità della fonte confidenziale, e l'incarico del dottor Tarditi di ascoltare, con il dottor Borrè, a Genova, il confidente, significa che la persona suscitava una certa attenzione ed era attendibile. Diamo questo punto per scontato, perché non credo che un procuratore della Repubblica mandi un ufficiale di polizia giudiziaria a compiere un'operazione di questo genere se non sa che è importante. In secondo luogo, non è che una persona qualunque si può presentare alla DIA di Genova a consegnare un foglio: intendo dire che dovrà indicare come lo ha rintracciato, come lo ha avuto, che cosa rappresenta, a che titolo...

GIANNI DE PODESTÀ. Ricordo che il foglio fu consegnato così com'era, senza alcuna indicazione della provenienza e di cosa rappresentasse. Era riferito ad ipotesi di punti di interramento in senso generale. A quanto ricordo quella persona non ne era a conoscenza diretta, era il portatore di quel foglio.

PRESIDENTE. A che titolo aveva questo foglio? Lo disse?

GIANNI DE PODESTÀ. No. Io non glielo chiesi.

PRESIDENTE. Lei ha partecipato a tutto il colloquio?

GIANNI DE PODESTÀ. No. Ricordo che arrivai alla DIA e la persona era già presente. Fu acquisito il foglio che fu trasmesso dalla DIA direttamente al procuratore. Niente di più.

PRESIDENTE. So che i confidenti vanno rispettati e che bisogna stare molto attenti, però, di fronte ad una persona che consegna un documento in cui risultano


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cose rilevanti per un'inchiesta, quantomeno occorre stabilire se se lo è fatto da sé. Altrimenti anche lei, ufficiale di polizia giudiziaria delegato, che ci è andato a fare? Tra l'altro il documento è stato spedito a Tarditi e non lo ha portato lei. Mi pare un po' riduttiva la ricostruzione che lei sta facendo di questo incontro, perché non dico che lei possa dare indicazioni sulle qualità di questa persona (imprenditore, operaio, avvocato), ma almeno dovrebbe dare una spiegazione. È stato un dialogo tra sordi: ha presentato un documento e basta.

GIANNI DE PODESTÀ. Per quello che ricordo, io facevo da spettatore e il colloquio avveniva tra questa persona...

PRESIDENTE. E che diceva in questo colloquio?

GIANNI DE PODESTÀ. Parlava della cartina nella quale erano indicati dei siti in cui, a suo dire, c'erano stati interramenti di rifiuti.

PRESIDENTE. In Somalia, nel mondo...

GIANNI DE PODESTÀ. In Somalia.

PRESIDENTE. Le ragioni di collegamento con la vostra inchiesta emergevano sotto questo profilo? L'interesse di Tarditi per questo tipo di notizie contenute nel documento era collegato con le attività...

GIANNI DE PODESTÀ. Si parlava sempre di ipotesi di smaltimento legate al territori somalo da cui era nata l'indagine.

PRESIDENTE. Chi era presente oltre a lei?

GIANNI DE PODESTÀ. Borrè. Inizialmente avevo conosciuto, sempre di quell'ufficio, il dottor Fascia, che però non era presente a quel colloquio.

PRESIDENTE. Dell'omicidio di Ilaria Alpi vi siete interessati?

GIANNI DE PODESTÀ. No.

PRESIDENTE. Collegamenti tra l'inchiesta che è stata svolta e la vicenda dell'omicidio?

GIANNI DE PODESTÀ. Su Asti, degli spunti legati a questo omicidio sono nati dalle intercettazioni dell'utenza di Claudio Roghi, che quindi sono state immediatamente trasmesse all'ufficio del pubblico ministero, che a sua volta le ha trasmesse a Roma, alla procura. Parallelamente io stavo conducendo un'indagine con il dottor Romanelli della distrettuale di Milano e qui ci sono le dichiarazioni del signor Giampiero Sebri che, dopo avere raccontato tutti i suoi...

PRESIDENTE. Lei ha conosciuto Sebri?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì.

PRESIDENTE. Come lo ha conosciuto?

GIANNI DE PODESTÀ. Conosceva da vecchia data il nostro ufficio.

PRESIDENTE. Perché?

GIANNI DE PODESTÀ. Non so, per rapporti con il dottor Martini. In un'occasione ebbe modo di chiamare l'ufficio e, poiché il dottor Martini non c'era più, chiese di parlare con un sostituto procuratore della Repubblica di Milano; io lo presentai al dottor Romanelli - mi sembra nel luglio 1997 - e in quell'ufficio iniziò a fare una serie di dichiarazioni tra le quali, oltre a riferire della sua attività di portaborse dell'ex socialista Luciano Spada, disse che aveva incamerato nella sua carriera anche attività gestionali di traffico dei rifiuti verso Haiti, Santo Domingo e anche in Somalia, dicendo che il capostipite di quell'attività illegale, tale Nicholas Bizzio, cittadino italiano con passaporto americano, residente a Montecarlo, oltre a gestire lo smaltimento di rifiuti verso le zone caraibiche, negli anni passati aveva trattato anche lo smaltimento dei rifiuti


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verso paesi dell'Africa, tra cui la Somalia. In quel contesto fece riferimento all'omicidio della giornalista e so che il procuratore Romanelli trasmise gli atti per competenza alla procura.

PRESIDENTE. Circa il traffico di rifiuti verso la Somalia avete fatto delle comparazioni con i risultati delle vostre indagini, a quell'epoca o anche successivamente?

GIANNI DE PODESTÀ. Sulla questione Somalia non risultò documentalmente niente. Invece, per quello che riguarda gli altri destini, anche con il riscontro del nome delle navi e soprattutto con la documentazione che lui aveva trattenuto negli anni e che è agli atti del procedimento e con i visti nei passaporti, è stata possibile una ricostruzione logica temporale sia della presenza della nave con i rifiuti nella Repubblica Dominicana o ad Haiti, sia della sua presenza lì o in Italia.

PRESIDENTE. Quindi, erano notizie giuste. Per la Somalia invece no.

GIANNI DE PODESTÀ. Per la Somalia non ci fu un riscontro documentale.

PRESIDENTE. Perché siete andati da Romanelli?

GIANNI DE PODESTÀ. Ho portato Sebri da Romanelli perché un po' di tempo prima stavo conducendo un'indagine su sua delega su un trafficante di armi legato al traffico di rifiuti radioattivi.

PRESIDENTE. Non c'era nessun collegamento. Lei sapeva le cose che avrebbe voluto dire Sebri?

GIANNI DE PODESTÀ. No. Non lo conoscevo.

PRESIDENTE. Allora solo perché voleva parlare con un magistrato?

GIANNI DE PODESTÀ. Lui ha chiesto di parlare con un magistrato di fiducia ed io all'epoca non gli ho domandato di cosa si trattasse, ma l'ho portato direttamente dal dottor Romanelli.

PRESIDENTE. Di Stefano le ha mai parlato di Sebri?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì.

PRESIDENTE. Quindi è Di Stefano che accredita Sebri presso di lei?

GIANNI DE PODESTÀ. No; Di Stefano conosceva già il dottor Martini, il responsabile dell'ufficio. Penso che Sebri conoscesse sia il dottor Martini sia Andrea Di Stefano.

PRESIDENTE. Lei non conosceva Sebri?

GIANNI DE PODESTÀ. No.

PRESIDENTE. E che cosa le disse di Sebri?

GIANNI DE PODESTÀ. Di Stefano mi ha parlato di Sebri come di una persona che faceva il portaborse del PSI.

PRESIDENTE. E si interessava di traffico di rifiuti?

GIANNI DE PODESTÀ. Mi disse che, alla fine degli anni ottanta, si era interessato non di traffico di rifiuti, ma di fare il factotum insieme a Bizzio, che si occupava anche di traffico di rifiuti.

PRESIDENTE. Naturalmente in maniera illecita.

GIANNI DE PODESTÀ. Certo.

PRESIDENTE. Quindi, anche Sebri faceva parte...

GIANNI DE PODESTÀ. Sì, tanto che fu sentito subito da Romanelli come indagato.


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PRESIDENTE. L'avvocato Rizzuto l'ha mai sentito nominare?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì, sì.

PRESIDENTE. Chi era?

GIANNI DE PODESTÀ. Allora...

PRESIDENTE. Era un avvocato genovese.

GIANNI DE PODESTÀ. Sì, l'ho conosciuto, sono anche stato presso il suo studio di Genova. Da quello che mi ricordo, anche lui arriva da Asti sulla scorta dell'inchiesta di La Spezia. Parla direttamente con il procuratore o fa un memoriale. Fa un memoriale inizialmente al dottor Taditi, dicendo che aveva delle indicazioni, aveva scritto per una questione legata a dei diritti marittimi che non gli erano stati riconosciuti. Poi, io vado presso il suo studio, a Genova, per ordine del dottor Tarditi, per eventualmente acquisire tutto quello che poteva dare a conforto dell'indagine e, successivamente, fa anche una nota a me, all'ufficio di Brescia, per trasmetterla al procuratore di Brescia. Questa, diciamo, è la sostanza.

PRESIDENTE. Una nota di che cosa?

GIANNI DE PODESTÀ. Mi sembra, un esposto legato al fatto che aveva fatto delle segnalazioni alle varie autorità giudiziarie e non aveva ricevuto risposta.

PRESIDENTE. Ho capito. Come emerge Marocchino nella vostra indagine, parlo dell'indagine di Asti, naturalmente, o anche altrove?

GIANNI DE PODESTÀ. Su Asti nasce dalle intercettazioni telefoniche dell'utenza di Scaglione. Ma già prima, nel riscontro documentale sulle carte del Progetto urano, che stavo facendo per Milano, legato all'indagine su Bizzio e a queste cose qui, presso la procura del tribunale di Roma acquisii dei documenti e poi scrissi... Erano riferite, anche lì, a delle vecchie ricostruzioni contrattuali del '92, dove comparivano Giancarlo Marocchino, Ezio Scaglione e Guido Garelli per attività di esportazione verso la Somalia di materiali vari, tra cui anche materiale bellico.

PRESIDENTE. Avete sviluppato l'investigazione su questi punti?

GIANNI DE PODESTÀ. A livello documentale, sì, nel senso che si è andati anche a cercare in tutti i siti possibili quello che poteva essere ricostruito. Mi recai anche alla vecchia compagnia marittima di Odino Valperga di Genova, perché nelle sue dichiarazioni Sebri indicava come punto di riferimento un tale Perucci, o qualcosa del genere, che si era occupato all'epoca, per conto di Bizzio della gestione delle navi da utilizzare per l'esportazione dei rifiuti.

PRESIDENTE. Il riscontro è stato negativo?

GIANNI DE PODESTÀ. Il riscontro è stato negativo perché l'Odino Valperga non esisteva più. Fummo portati dal curatore presso un grosso magazzino, dove tenevano tutti gli atti, ma, sostanzialmente, non c'era più niente.

PRESIDENTE. Quindi, diciamo che la persona di Marocchino emerge nelle indagini a due titoli. Uno...

GIANNI DE PODESTÀ. Documentale.

PRESIDENTE. Documentale e anche di intercettazione.

GIANNI DE PODESTÀ. Sì, certo.

PRESIDENTE. Uno relativo alla questione Scaglione, tanto per intenderci...

GIANNI DE PODESTÀ. Sì, in particolare quello.

PRESIDENTE. E l'altro con riferimento alle intercettazioni Roghi.


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GIANNI DE PODESTÀ. Sì.

PRESIDENTE. Su questa intercettazione relativa alla vicenda Alpi voi avete svolto attività di investigazione ulteriori?

GIANNI DE PODESTÀ. No.

PRESIDENTE. Avete rimesso gli atti a chi di competenza, certo.

GIANNI DE PODESTÀ. Sì.

PRESIDENTE. Mentre sull'altra avete fatto approfondimenti investigativi, ma gli esisti non sono stati favorevoli.

GIANNI DE PODESTÀ. Perché erano passati ormai tanti anni. In sede di perquisizione presso Roghi e presso Scaglione furono trovati documenti comunque collegabili al ruolo di Marocchino anche sulla spartizione societaria che poteva essere costituita per gli introiti sullo smaltimento verso la Somalia.

PRESIDENTE. Come programma di lavoro?

GIANNI DE PODESTÀ. Sì, come ipotesi legata...

PRESIDENTE. Ma dal punto di vista della concreta attuazione...

GIANNI DE PODESTÀ. No, non abbiamo mai trovato un documento; cioè, gli accordi sì.

PRESIDENTE. Ma di attuazione concreta?

GIANNI DE PODESTÀ. No, nel senso che trovare la fonte di prova sull'attuazione concreta significata trovare, praticamente, il carico o, almeno, un documento in cui fosse palesemente scritto «rifiuti» o comunque fosse indicato materiale che poteva essere collegato a questo.

PRESIDENTE. Ma documenti che potessero essere capaci di coprire?

GIANNI DE PODESTÀ. L'unico documento che io annotai al procuratore Tarditi in sede di perquisizione della Roghi e Melani fu un vecchio fax dove, attraverso delle dichiarazioni di materiale generico, potevano essere indicati rifiuti industriali, tipo morchie di vernice o cose del genere; riguardava, mi sembra, l'86, l'87 o l'88, insomma fine anni ottanta, quindi poteva coincidere con l'attività gestionale di Scaglione in accordo con Marocchino, prima di questa operazione.

PRESIDENTE. Avete fatto approfondimenti su questo punto?

GIANNI DE PODESTÀ. No, perché le società non esistevano più, erano società della Lodigiani, se non ricordo male...

PRESIDENTE. Ma queste fatture...

GIANNI DE PODESTÀ. Era solo un fax sbiadito, trovato in sede di perquisizione da Roghi.

PRESIDENTE. E su questo fax, in cui - lei dice - c'erano delle indicazioni generiche che potevano camuffare qualche altra cosa...

GIANNI DE PODESTÀ. Tipo l'invio di vernici esauste.

PRESIDENTE. Esatto. Allora, avete fatto accertamenti su questo?

GIANNI DE PODESTÀ. No. Cioè, per quel che mi riguarda, io non lo feci.

PRESIDENTE. Torniamo un momento su un tema già affrontato. Lei conosce personale dipendente della questura di Udine?

GIANNI DE PODESTÀ. No.

PRESIDENTE. L'ispettore Pitussi lo conosce? Ladislao l'ha mai sentito nominare?

GIANNI DE PODESTÀ. No. No.


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PRESIDENTE. La dottoressa Motta?

GIANNI DE PODESTÀ. Mi sembra di avere incontrato la dottoressa Motta qui nel corridoio, in occasione di una audizione presso la Commissione bicamerale d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti, però...

PRESIDENTE. D'accordo. Io non ho altre domande. Do, pertanto, la parola ai colleghi.

GIULIO SCHMIDT. Vorrei approfondire la conoscenza ed i riscontri che lei ha a proposito della famiglia Scaglione, padre e figlio; mi scuso per non essere stato presente alla prima parte dell'esame testimoniale, per cui non so se ne abbiate già parlato. Che idea si è fatto, sulla base di informazioni e di riscontri dell'attività? Era il figlio o il padre ad essere maggiormente coinvolto nell'attività di smaltimento?

GIANNI DE PODESTÀ. Premesso che io fisicamente non li conosco, né ho operato intercettazioni su di loro, né ho partecipato alle attività di perquisizione, ho analizzato la documentazione che è stata sequestrata in sede di perquisizione in prima battuta. Avevo già analizzato, sia per la distrettuale antimafia di Milano che per la procura di Asti, la documentazione relativa al cosiddetto Progetto urano, che vedeva coinvolti Garelli, Scaglione, Zaramella e così via. Nella documentazione sequestrata presso l'abitazione dello Scaglione Ezio, che è il figlio, vennero ritrovate tutte quelle bozze contrattuali o, comunque, quegli appunti riferiti all'attività illecita propulsiva per l'ipotesi di inviare rifiuti tossici, o anche di carattere radioattivo o, comunque, in senso generale industriali, verso la Somalia. Riguardavano, praticamente, la figura dello Scaglione Ezio.

GIULIO SCHMIDT. Le risulta che qualcuno abbia fatto nomi, o, comunque, riferimenti, a presunti informatori riservati di Ilaria Alpi sulla questione dei rifiuti tossici?

GIANNI DE PODESTÀ. Che io sappia, no, nel senso che tutti gli informatori che conosco io sono stati, a vario titolo, portati presso l'autorità giudiziaria.

GIULIO SCHMIDT. Non ho altre domande.

CARMEN MOTTA. Le chiedo, presidente - sono arrivata in ritardo e mi scuso - se ha già trattato la parte relativa ai contatti Gambaruto-Brembilla-Bellotto.

PRESIDENTE. Sì, è confermato quanto emerso ieri. Praticamente, il nostro testimone è riuscito a ricostruire che, in effetti, così come ci ha dichiarato ieri Evangelista, c'era stato, sia pure con una presenza soltanto occasionale per parte sua, un pre-incontro con il Roberto Di Nuzio, occasione nella quale fu consegnato questo materiale. Però il teste scinde questo momento dall'avvio dell'indagine che parte da lui personalmente, perché l'imprenditore Brembilla si presenta a lui per fare informazioni confidenziali sulla questione Scaglione, poi, però, non vuole mettersi in mezzo e allora individuano un altro imprenditore, Gambaruto, per fare l'operazione del microfono. Quindi è tutto confermato.

CARMEN MOTTA. Benissimo.

PRESIDENTE. Anche se devo dire che questa mattina, alle 7,30, De Podestà ed Evangelista si sono incontrati alla stazione per salutarsi, per cui valuteremo poi noi cosa questo possa significare, secondo le tecniche usuali e note alla Commissione.

CARMEN MOTTA. Glielo chiedevo, presidente, per capire la dinamica di questi imprenditori che si attivano, che ieri sera non mi era risultata del tutto chiara.

PRESIDENTE. Si è chiarito un altro aspetto: che tutti questi imprenditori erano già noti all'ufficio, in relazione ad una precedente inchiesta sull'alluvione, nella quale erano entrati come informatori della procura.


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CARMEN MOTTA. Benissimo. Chiedo ancora due precisazioni.
Lei ha detto che Sebri è stato portato da Romanelli perché aveva da comunicare importanti notizie su argomenti particolarmente delicati. Una volta avviato questo contatto, lei ha continuato a seguire Sebri, ha avuto occasione di verificare cosa nel tempo, dopo le comunicazioni fatte al dottor Romanelli, abbia continuato a produrre, oppure il suo rapporto con Sebri si è concluso?

GIANNI DE PODESTÀ. Io condussi Sebri da Romanelli la prima volta; poi, ogni volta che ci incontravamo, ciò avveniva nell'ufficio del dottor Romanelli. Il dottor Romanelli creò un gruppo di lavoro con il nucleo investigativo di Brescia del Corpo forestale, di cui io facevo parte, che doveva occuparsi della ricostruzione legata allo smaltimento dei rifiuti; mentre creò un gruppo di lavoro della Digos di Milano legato agli aspetti che Sebri andava raccontano man mano sugli intrecci politico-sociali legati anche ad altri settori, quali, eventualmente, possibili traffici di armi o di stupefacenti. La Digos di Milano fece delle informative specifiche legate a questa situazione, quindi anche alla ricostruzione del passaggio di Sebri nelle militanze politico-sociali, e io feci, per quanto possibile, una ricostruzione storica di tutte le vicende che andava raccontando parallelamente a quelle che erano le attività dichiarate da lui come smaltimento illecito a livello internazionale.

CARMEN MOTTA. Questo diciamo che fa parte di quel periodo che interessava al Sebri relazionare al dottor Romanelli, d'accordo; per cui lei ha svolto quella parte che il dottor Romanelli le ha affidato.

GIANNI DE PODESTÀ. Sì. Poi, dopo, Sebri io non l'ho più visto.

CARMEN MOTTA. Ha continuato ad avere non dico dei rapporti, ma occasioni d contatto con Sebri? Eventuali suoi interessi per continuare a seguire ciò che con Sebri aveva potuto, in qualche modo...

GIANNI DE PODESTÀ. No, no.

PRESIDENTE. Sebri viene accreditato da Di Stefano e De Podestà lo porta da Romanelli. Ha anche precisato che, mentre per quanto riguarda siti diversi dalla Somalia c'è stato un riscontro alle sue dichiarazioni, per la Somalia nulla.

CARMEN MOTTA. A questo riguardo le chiedo come mai lei decide di portare Sebri da Romanelli e non suggerisce anche il dottor Tarditi.

GIANNI DE PODESTÀ. Sebri mi chiese, quando mi contattò, di poter andare a riferire delle situazioni all'autorità giudiziaria di Milano. Io, all'epoca, come persona di fiducia, poiché stavo lavorando su una delega specifica legata ad un trafficante di armi e di droga che si occupava anche di barre di uranio, individuai il sostituto procuratore della distrettuale di Milano in quel momento, il dottor Romalelli, e lo portai da lui.

CARMEN MOTTA. Anche il dottor Tarditi si occupava di rifiuti.

GIANNI DE PODESTÀ. Però Sebri era a Milano e io l'ho potato all'autorità giudiziaria di Milano.

CARMEN MOTTA. Ultimo punto. Può fare una sintesi - se lo ha già fatto mi scuso e rinuncio alla domanda - di tutti gli elementi accertati - ripeto: accertati - di un traffico di rifiuti tra Italia e Somalia?

GIANNI DE PODESTÀ. No.

CARMEN MOTTA. Perché?

GIANNI DE PODESTÀ. Perché, come ho risposto prima al presidente, non c'era alcuna prova documentale che abbia supportato


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le varie dichiarazioni specifiche dei vari testi. Naturalmente per quel che mi risulta.

CARMEN MOTTA. Certo, la domanda era rivolta a lei. La ringrazio.

PRESIDENTE. Anghessa lo conosce?

GIANNI DE PODESTÀ. No. Ne ho sentito parlare, ma non lo conosco.

PRESIDENTE. Ne ha sentito parlare con riferimento alle inchieste che lei faceva?

GIANNI DE PODESTÀ. No, no.

PRESIDENTE. Conosce il maresciallo Vacchiano, capo della stazione dei carabinieri di Vico Equense?

GIANNI DE PODESTÀ. L'ho conosciuto, perché la procura di Torre Annunziata stava trattando, non so se come persona informata sui fatti o come inquisito, un certo Giorgi Franco, che venne sentito da me e dal dottor Tarditi a Roma: c'è il verbale. In quella occasione, io gli chiesi se conosceva anche tale Bizzio, che era il personaggio per cui stavamo indagando su Milano e lui disse di sì, tant'è che io riferii la circostanza al dottor Romanelli. Il dottor Romanelli si consultò con il dottor Nobili, della DDA, che all'epoca stava conducendo un'indagine legata al traffico di armi e altro e che già conosceva questo Franco Giorgi. Quindi venne sentito presso l'ufficio della DDA di Milano in merito a questi rapporti. Questo è quello che mi ricordo.

PRESIDENTE. Lei sa se ci fossero dei rapporti tra Anghessa e il maresciallo Vacchiano?

GIANNI DE PODESTÀ. No.

PRESIDENTE. Romanelli si stava interessando ad un'indagine sull'uranio, se non vado errato.

GIANNI DE PODESTÀ. Sì. Cioè, io entro in un secondo momento.

PRESIDENTE. Ma l'indagato chi era?

GIANNI DE PODESTÀ. Theodor Cranendonk, un soggetto olandese, abitante in Svizzera. Nei documenti sequestrati a questo soggetto, legato ad una nota famiglia mafiosa della 'ndrangheta... Non conosco la vicenda, so che furono sequestrati in Svizzera dei documenti che parlavano della intermediazione di uranio con paesi un po' di tutto il mondo.

PRESIDENTE. Di quando è questo sequestro?

GIANNI DE PODESTÀ. Penso del 1994 o '95. La delega mi sembra che io l'ho ricevuta nel '95. Anche in quel caso per me fu una ricostruzione documentale, riferita a quello che era già stato sequestrato dalla squadra mobile di Milano.

PRESIDENTE. Sta bene. Se non ci sono altre domande da parte dei colleghi, possiamo licenziare il teste. Dichiaro concluso l'esame testimoniale.

La seduta termina alle 11,35.

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