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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame testimoniale di Gennaro Romano Cervone. Non ci sono obiezioni di sorta, almeno allo stato, per cui abbiamo attivato il circuito audiovisivo, quindi le sue dichiarazioni vanno direttamente in sala stampa. Laddove lei ritenga di dover fare dichiarazioni che, invece, considera opportuno che non siano divulgate, e che siano segretate, ce lo dica così procederemo in seduta segreta.
Il dottor Gennaro Romano Cervone risulta già qualificato per essere stato sentito per sommarie informazioni in data 21 giugno scorso. Abbiamo letto le dichiarazioni che lei ha reso e le abbiamo ritenute di particolare importanza. Per questa ragione l'abbiamo disturbata nuovamente perché la Commissione possa sapere nella sua completezza, dalla sua viva voce, come stiano le cose e quelle che sono le sue consapevolezze. Quindi, la ringraziamo ancora per questa sua disponibilità. Ho soltanto il dovere di rappresentarle che questa audizione non è informale, ma è una testimonianza, per cui è soggetto a tutte le regole della testimonianza con l'obbligo quindi di dire la verità e di rispondere alle domande del presidente e dei commissari.
Da quello che abbiamo capito, lei è stato in Somalia parecchie volte. In quali periodi? Ce lo può dire sinteticamente?
GENNARO ROMANO CERVONE. La prima volta andai quando ancora era in carica Siad Barre. Successivamente, ci sono andato quasi sempre un paio di volte all'anno. Nel periodo della guerra ci sono andato anche più volte. Non sono stato lì, però, nel momento peggiore della crisi. Infatti avevo l'incarico di capo redattore, per cui andavo in Somalia solo quando avevo degli appuntamenti o delle cose ben precise da fare. Invece, quando sono accadute le cose più grosse, come la presa di Mogadiscio, o altre situazioni, come quella della fuga di Siad Barre, c'erano dei colleghi che io amministravo come capo redattore dalla redazione centrale. Quando c'era una situazione di diverso tipo, in cui ci si poteva organizzare con più tranquillità, io andavo. Così, ci sono andato quando sono arrivati gli italiani e sono tornato quando sono andati via gli italiani.
Potrei dire che mi sono recato in Somalia venti o venticinque volte.
PRESIDENTE. Dunque, dal 1989 al 1995-1996?
PRESIDENTE. Quindi, ha seguito tutta l'evoluzione della vicenda somala?
PRESIDENTE. Ci sono certamente altre cose molto importanti che lei ha detto e sulle quali ci soffermeremo. Vorrei però fare chiarezza su un problema sul quale francamente non mi sembra che ve ne sia. Invece, ho letto le sue informazioni e ritengo opportuno approfondirle con lei. Mi riferisco alla questione dell'integralismo islamico, sul quale abbiamo saputo di tutto e di più. Infatti, c'è chi è venuto a dirci che sono tutte fandonie; chi che si trattava di cose emerse a singhiozzo; c'è chi ci ha detto che, invece, vi era una forte crescita dell'integralismo, che vi erano corpose organizzazioni delle cosiddette corti islamiche, ed altro. Vorremmo ricostruire con esattezza queste cose, se possibile, attraverso la sua testimonianza, al di là della vicenda Alpi che potrebbe non avere alcuna implicazione con quelle. Abbiamo avuto addirittura un balletto di dichiarazioni dell'ambasciatore Scialoja il quale, in Commissione, interrogato sull'esistenza di problematiche dell'integralismo islamico montante o meno, le ha negate, e poi, il giorno dopo, ci ha scritto una lettera dicendo che si era sbagliato. Perciò, questo è lo stato dell'arte.
Naturalmente, lei capisce che noi siamo interessati a tutto, ma soprattutto al 20 marzo 1994. Perciò, sarebbe cosa utile se, insieme alle informazioni che lei riuscirà a
darci, potesse trovare il modo di coordinarle con lo stato dell'arte al marzo 1994.
GENNARO ROMANO CERVONE. Nel marzo 1994 la situazione in Somalia derivava da quello che era successo prima. Infatti, in Somalia vi era stato un disegno ben preciso di introduzione dell'integralismo islamico. Tutti i clan, grosso modo potrebbero essere considerati cinque, ad un certo momento della storia si sono trovati spaccati, con una posizione integralista alcuni e la posizione politica nota a tutti e che poi è stata quella che ha dominato. Nessuno si è occupato di quella islamica perché non c'era ancora questo allarme particolare. L'ho vista nascere dall'inizio in un viaggio a Chisimaio e in un viaggio a Bosaso. Mi sono recato a Chisimaio con il sindaco e a Bosaso con il capo del movimento...
PRESIDENTE. Ci può mettere le date?
GENNARO ROMANO CERVONE. Questo è un po' più difficile, dopo undici anni.
PRESIDENTE. Non date precise, basta l'anno, quanto meno.
GENNARO ROMANO CERVONE. Nel 1991-1992 a Bosaso, e l'anno prima, sicuramente (a ridosso della battaglia di Mogadiscio, nel 1991) a Chisimaio.
A Bosaso sono stato accompagnato dal capo del movimento Ssdf, che era il comandante di tutta le regione.
GENNARO ROMANO CERVONE. No. Bari Bari non c'entra niente, perché era uno che aveva cercato di fare politica, ma questi erano i generali. Bari Bari non era un generale, ma era una persona molto inserita che mi ha aiutato molto in questa situazione.
Noi eravamo con il generale. Ci siamo presentati al porto di Bosaso, dopo una serie di viaggi che avevamo fatto accompagnati da lui, ma quando stavamo per entrare nel porto ci hanno bloccato. C'erano delle persone armate che ci hanno bloccato. Il risultato è stato che è sceso il generale, è andato a parlare e per poco non vengono alle mani. Chiese loro che cosa stava succedendo. Avevano affidato il controllo del porto ad un gruppo di ultra fervidi islamici, che rispondevano solo ai loro capi. Perciò, del generale a loro non interessava nulla. Quindi, gli chiesi: il problema dei fondamentalisti islamici, che avevo visto l'anno avanti - a Chisimaio successe la stessa cosa - non l'avete risolto? Lui mi disse: no.
Dopo una lunga discussione - un'ora - ci fecero entrare. Pretendevano anche che non avessimo una telecamera. Ma allora, che ci saremmo andati a fare?
Poi, sono tornato, sono andato a Mogadiscio e Bari Bari è rimasto su. Dopo un po' di tempo, tre o quattro mesi (lo sentivo ogni tanto per telefono), mi ha raccontato che cos'era successo. Avevano convocato una riunione del gruppo Ssdf, a Gardo. Questi si erano presentati in ottocento, armati.
GENNARO ROMANO CERVONE. Gli integralisti. Allora, a questo punto, hanno catturato tutto lo stato maggiore dell'Ssdf. L'unico che non hanno catturato, perché non lo conoscevano, è stato l'attuale presidente della Somalia, Abdullah Yusuf, che era appena uscito dalle galere di Mengistu, e quindi non lo conoscevano. Lui, per fortuna, di nascosto, dalla sala radio della vecchia caserma di Siad, è riuscito ad organizzare nel giro d'un paio d'ore la riscossa, e da quel momento è nato un conflitto - di cui nessuno ha parlato, nemmeno io - che ha provocato circa ottocento morti da parte degli integralisti e quattrocento dalla parte dei non integralisti, tutti Daaroot.
PRESIDENTE. Questo è avvenuto a Bosaso?
GENNARO ROMANO CERVONE. A Bosaso, nel nordest, più o meno nel 1992.
Successivamente, quando è riuscito a tornare Yusuf, Bari Bari mi ha portato un documento che lui aveva tradotto (c'erano entrambi i documenti, quello che aveva fatto tradurre e quello che era scritto in arabo). In questo documento c'era l'informazione riferita al comando di questo gruppo (allora li chiamavano afghani, e non si parlava di islamici): era il progetto per impadronirsi della Somalia.
PRESIDENTE. Chi ha questo progetto?
GENNARO ROMANO CERVONE. L'ho dato a qualcuno al Ministero degli esteri e ad un amico americano, che non so neanche come si chiamasse.
PRESIDENTE. E lei non l'ha più?
GENNARO ROMANO CERVONE. No, ma ce l'ha Yusuf, sicuramente.
PRESIDENTE. A chi l'ha dato, al Ministero degli esteri?
GENNARO ROMANO CERVONE. Probabilmente, a qualcuno dell'ufficio stampa. Infatti, la cosa mi interessava fino ad un certo punto, e oltretutto non la potevo nemmeno trattare.
PRESIDENTE. Intrattabile? Pericolosa?
GENNARO ROMANO CERVONE. Non era pericolosa. Non era trattabile perché non avevamo riscontri precisi.
PRESIDENTE. Parliamo sempre di Bosaso. Ha seguito poi l'evoluzione della situazione?
GENNARO ROMANO CERVONE. L'ho sempre seguita, ma non sono più tornato a Bosaso. Ho visto poi quelli che venivano da Bosaso: Abdullah Yusuf, Bari Bari e altri.
PRESIDENTE. E che cosa ha saputo su Bosaso, sull'evoluzione della vicenda che aveva portato ad ottocento morti dalla parte degli islamici e quattrocento dall'altra?
GENNARO ROMANO CERVONE. Che, praticamente, gli altri hanno vinto la guerra.
GENNARO ROMANO CERVONE. L'Ssdf, i non integralisti.
PRESIDENTE. Quindi gli integralisti a Bosaso hanno perso.
PRESIDENTE. Quando perdono gli integralisti a Bosaso, grosso modo?
GENNARO ROMANO CERVONE. Tra il 1992 e il 1993. Mi pare che questa guerra sia durata otto mesi.
PRESIDENTE. E la perdita della guerra da parte degli integralisti, che cosa ha comportato? La ritirata, o...?
GENNARO ROMANO CERVONE. Sono scomparsi, si sono disorganizzati. Sicuramente, si sono nascosti da qualche parte. Lì avevano fatto la scelta militare. E la scelta militare era scritta in quel foglio.
Poi, la Jihad ha cambiato indirizzo, e quello l'ho visto a Mogadiscio.
PRESIDENTE. Aspetti. Poi andiamo a Mogadiscio.
Il fatto della disorganizzazione militare, a Bosaso, fa permanere comunque la cappa dell'integralismo?
GENNARO ROMANO CERVONE. Sì, ma si trattava di zone insicure.
PRESIDENTE. A Mogadiscio, invece, qual era la situazione?
GENNARO ROMANO CERVONE. Un po' più tardi, nel 1993 - probabilmente - ricordo di aver parlato con quello che mi
forniva le macchine, di nome Yusuf Hariri, esponente della comunità shakal, che loro chiamano la tribù religiosa (sono religiosi ma non integralisti). Lui si occupava di questo commercio, come già suo padre. Era il fornitore di vetture di rappresentanza dell'ambasciata italiana (e tutta una serie di impicci di questo genere).
Mi raccontò che sotto ogni scuola islamica (erano nate molte scuole islamiche a Mogadiscio, nel 1992-1993, quando la città era occupata ed era molto divisa), c'era di tutto. Infatti, il sistema degli integralisti era quello di usare la scuola coranica, visto che le scuole erano chiuse. I bambini venivano mandati alla scuola coranica perché potevano mangiare, stavano tranquilli, ed erano abbastanza difesi, essendo chiusi nei compound. In cambio volevano che le bambine portassero il velo, i bambini fossero educati in un certo modo. E piano piano ho visto cambiare Mogadiscio. La prima volta non c'erano veli. Donne velate non c'erano. L'ultima volta, invece, le donne erano tutte velate.
PRESIDENTE. Cosa significa: l'ultima volta?
GENNARO ROMANO CERVONE. Credo nel 1995.
PRESIDENTE. Dunque, c'è stata una progressione?
GENNARO ROMANO CERVONE. Sì. E c'è stata anche ovviamente la corte islamica. Non ho visto tagli di mano, ma ho visto fustigazioni.
GENNARO ROMANO CERVONE. Sì, a Mogadiscio.
PRESIDENTE. Quando le ha viste queste fustigazioni?
GENNARO ROMANO CERVONE. La data precisa non la ricordo, ma credo sia stato una delle ultime volte in cui sono andato.
GENNARO ROMANO CERVONE. Erano molto orgogliosi del fatto di aver trovato una di quelle seghe per tagliare il marmo, per farlo.
PRESIDENTE. Grosso modo, era il 1994 o il 1995?
GENNARO ROMANO CERVONE. Sì, grosso modo.
PRESIDENTE. Il marzo del 1994, lei, per quelle che sono le sue consapevolezze, lo colloca in una situazione di integralismo islamico: inesistente, montante, o presente?
GENNARO ROMANO CERVONE. Presente, ma non si manifestava. Infatti, quando hanno perso a Bosaso, hanno scelto un altro tipo di politica per infiltrarsi, quella cioè di passare attraverso il sostegno economico.
Praticamente il sistema era questo: hai bisogno di soldi? Ti servono cento euro? Ti do cento euro, e non me li devi restituire, ma quando un tuo vicino ha bisogno di cento euro, tu glieli dai. Così hanno creato la rete per tutto. E i somali, che era gente...
PRESIDENTE. Pacifica, tranquilla...
GENNARO ROMANO CERVONE. I somali non sono mai stati tranquilli. L'unico mestiere che sanno fare è la guerra. Li ho visti proprio crescere all'interno, ma non manifestavano, non erano più aggressivi.
PRESIDENTE. Però la sharia si applicava?
GENNARO ROMANO CERVONE. La sharia è stata un episodio abbastanza limitato, soprattutto a Mogadidscio nord (a Mogadiscio sud non c'era).
PRESIDENTE. Quando colloca le corti islamiche?
GENNARO ROMANO CERVONE. Nella mia esperienza sono finali. È una delle ultime cose che ho visto, nel 1995.
PRESIDENTE. L'ha vista operativa, ufficialmente?
GENNARO ROMANO CERVONE. Sì, sono andato ad intervistare uno di questi imam. Era molto orgoglioso del fatto di avere trovato questa sega per tagliare le mani.
PRESIDENTE. Nel 1994, sono accaduti degli episodi che abbiamo già registrato. Ad esempio, abbiamo delle dichiarazioni dalle quali risulterebbe che, sempre con riferimento - e quindi torna correttissima la sua precisazione - a Mogadiscio nord e non con riferimento a Mogadiscio sud, la formalizzazione delle corti islamiche, e non solo di una, avviene nell'ottobre del 1994. Questa è l'indicazione che a noi proviene.
GENNARO ROMANO CERVONE. Dopo undici anni, ho qualche problema sulle date.
PRESIDENTE. La domanda che voglio farle è questa: prima che queste corti islamiche assumessero delle forme ufficiali, per così dire, ostentate, che a lei risulti, c'era comunque un'operatività di organismi di fatto, piuttosto che di organismi giuridicamente presenti?
GENNARO ROMANO CERVONE. No. La corte islamica a Mogadiscio nord è nata perché il potere stava sfuggendo dalle mani di Ali Mahdi, ed egli l'ha concessa. Credo sia un episodio limitato, perché le corti islamiche sono durate poco.
GENNARO ROMANO CERVONE. È stato un tentativo di recuperare potere.
PRESIDENTE. Esatto. Nel periodo che lei ci ha descritto, di questo infiltrarsi sotterraneo dell'integralismo islamico o comunque della religione islamica...
GENNARO ROMANO CERVONE. Se adesso dovessi usare un termine, direi Al Qaeda.
PRESIDENTE. Nel momento in cui avviene questa infiltrazione...
GENNARO ROMANO CERVONE. Però ha avuto inizio...
PRESIDENTE. Ho capito perfettamente. Oggi, con il senno di poi, si ricostruisce.
GENNARO ROMANO CERVONE. Le dico un'altra cosa: ho saputo che nel nord-est arrivavano degli aiuti da Gibuti che venivano amministrati da un colonnello dei Servizi segreti sauditi. Allora tutti erano convinti che dietro questa storia ci fosse l'Iran, non l'Arabia Saudita (poi è venuto fuori altro). È possibile mai? Hanno detto: si chiama così, sta lì, fa quello e fa quell'altro.
PRESIDENTE. Lei ha precisato ancora meglio: secondo quanto oggi possiamo dire, era un'infiltrazione progressiva di quella che poi abbiamo chiamato Al Qaeda dentro la società somala; questo dal 1993 in poi e sicuramente nel 1994. Le corti islamiche poi hanno preso la loro conformazione. Nel breve periodo che lei sta descrivendo, prescindendo dal momento in cui si sono formate le corti islamiche in maniera ufficiale, dal punto di vista dell'ordine pubblico - diremmo noi occidentali - come si atteggiava questa crescita dell'integralismo dentro la società somala?
GENNARO ROMANO CERVONE. Non me ne sono mai interessato.
PRESIDENTE. Per esempio, cosa succedeva se qualcuno faceva qualcosa che contrastava con la religione islamica?
GENNARO ROMANO CERVONE. Da questo punto di vista è sempre stato il potere politico ad amministrare, e per questo le ho detto che Ali Mahdi ha permesso le corti islamiche; però alle corti
islamiche sono stati deferiti soltanto ladruncoli, assassini, ma niente di più. A livello di rilevanza politica le corti islamiche non ne...
PRESIDENTE. Non parlo né di rilevanza politica né di corti islamiche. L'integralismo islamico, tanto per parlarci in termini semplici, c'è sicuramente nel 1993 e va avanti nel 1994-1995; tra il 1993 ed il 1994 chi provvedeva ad intervenire laddove vi fossero stati atteggiamenti in contrasto...
GENNARO ROMANO CERVONE. I clan, se conveniva, altrimenti nessuno.
PRESIDENTE. E i clan come intervenivano?
GENNARO ROMANO CERVONE. Pesantemente.
PRESIDENTE. Le risulta che l'intervento pesante dei clan si sia realizzato e si realizzasse con la disponibilità di squadre di commando di aggressione?
GENNARO ROMANO CERVONE. Ne avevano quante ne volevano.
PRESIDENTE. Quindi le risulta.
GENNARO ROMANO CERVONE. Era solo una decisione politica dei clan, che magari potevano essere influenzati dagli integralisti; ufficialmente però gli integralisti non esistevano. Noi li abbiamo scoperti quando abbiamo fatto dei collegamenti in quelle occasioni che le ho detto e sicuramente quando poi è venuto fuori tutto «l'impiccio». La cosa più visibile di tutte era l'uso del velo, che aumentava ogni giorno, i bambini che erano sempre più coinvolti, le chiacchiere sul fatto che sotto le scuole islamiche c'erano armi e via dicendo. Consideri che Mogadiscio era divisa, come è ancora adesso.
PRESIDENTE. Le corti islamiche avevano delle squadre?
PRESIDENTE. E dove le prendevano?
GENNARO ROMANO CERVONE. Sempre dai clan.
PRESIDENTE. Quindi, prima che ci fossero le corti islamiche i clan avevano i commando che gestivano, talvolta per conto proprio e talvolta anche in accordo con gli integralisti islamici.
GENNARO ROMANO CERVONE. Gli integralisti islamici erano infiltrati dappertutto.
PRESIDENTE. Quando ci sono state le corti islamiche, queste avevano i loro...
GENNARO ROMANO CERVONE. Le corti islamiche non hanno mai funzionato come un vero e proprio tribunale.
PRESIDENTE. In alcuni casi abbiamo le sentenze.
GENNARO ROMANO CERVONE. Sì, sicuramente, ma da un certo punto di vista non erano nella struttura del paese.
PRESIDENTE. Ho capito perfettamente. Vediamo se è corretto quanto dico: fino a quando non ci sono state le corti islamiche gli interventi erano fatti da squadre agli ordini dei clan, i quali davano gli ordini per i fatti loro ma potevano darli anche in relazione ad accordi o ad indicazioni provenienti dagli integralisti islamici.
GENNARO ROMANO CERVONE. Sicuramente.
PRESIDENTE. Successivamente, nel breve periodo in cui le corti si sono formalizzate, i commando c'erano e dipendevano direttamente dalle corti islamiche, ma sempre d'intesa con i clan.
GENNARO ROMANO CERVONE. Ma le corti islamiche sono nate perché la
popolazione si sentiva insicura e ha chiesto al potere politico dei clan di avere delle garanzie. Quelli che sono stati uccisi erano tutti ladruncoli.
PRESIDENTE. Adesso torniamo ai rapporti tra clan ed integralismo: lei ha detto che ci sono state alterne vicende, perché la conclusione dovrebbe essere stata che, non volendo i clan stipulare alcun patto con l'integralismo islamico, alla fine, almeno per certi periodi, il patto è stato fatto. Ci spieghi bene questo punto.
GENNARO ROMANO CERVONE. L'unico scontro diretto è avvenuto nel nord-est. Altrove, quando gli islamici hanno capito che dal punto di vista militare non sarebbero mai arrivati da nessuna parte, sono diventati altra cosa; c'erano, ma erano altra cosa. Potevano essere oppositori di Ali Mahdi oppure del sindaco di Chisimaio; l'unica situazione chiara, che è sempre stata chiara, perché era nata così... Lei sa che durante l'operazione Restore hope due regioni non sono state mai toccate dagli occidentali: il nord-est e l'ex Somaliland. Tutto il resto era un macello totale. C'era la guerra. Questo è stato il problema. Avendo perso militarmente, avendo capito che militarmente non sarebbero arrivati da nessuna parte, si sono infiltrati dappertutto; magari non li conosco tutti, ma sicuramente alcuni nomi erano di rappresentanti degli islamici. Per esempio Aidid non è mai stato un islamico puro, però aveva intorno a sé della gente che parlava benissimo con gli islamici.
GENNARO ROMANO CERVONE. Ali Mahdi era un po' diverso, nasceva proprio diversamente: innanzitutto era radicato a Mogadiscio, mentre gli habr gedir erano del nord-est; sono arrivati ed hanno occupato la città. Ali Mahdi se li è trovati; quando però la popolazione ha cominciato a protestare perché si ammazzavano tra di loro - non si poteva neanche uscire - sono nate le corti islamiche e Ali Mahdi le ha gestite così; all'interno aveva una grossa fronda (non mi ricordo come si chiama l'avvocato). Ciascuno gestiva le cose del clan in modo da poterne trovare...
PRESIDENTE. Facciamo una zoomata - come si dice in termini televisivi, dato che lei è un grande giornalista televisivo - sul marzo 1994 rispetto al problema del quale stiamo parlando, vale a dire gli intrecci, diciamo così. Come descriverebbe la situazione? Lei era lì, perché è partito il venerdì. Stava a Nairobi.
GENNARO ROMANO CERVONE. Le do le esperienze dirette: innanzitutto, ci avevano avvertiti...
PRESIDENTE. Scusi, poi passiamo ai particolari, che già conosciamo e che vanno soltanto approfonditi. Rispetto al problema che le ho sottoposto...
GENNARO ROMANO CERVONE. Era una situazione sicuramente non tranquilla; per attraversare la linea verde bisognava...
PRESIDENTE. Quali erano i rapporti tra l'integralismo e i clan? Era il momento del conflitto o dell'intesa e della collusione? Noi sappiamo che Ilaria Alpi e Miran Hrovatin sono stati uccisi da un commando: vorremmo capire se questo commando possa essere messo dentro un cerchietto per capire bene che cosa...
GENNARO ROMANO CERVONE. Io le posso dire solo le mie impressioni e le mie esperienze.
PRESIDENTE. Io voglio sapere del contesto, sulla base delle sue consapevolezze; il 18 marzo lei era ancora a Mogadiscio, per cui nessuno meglio di lei - devo dire la verità, fino a questo momento i contributi, anche da parte dei suoi colleghi, non sono stati certamente esaltanti - può descrivere la situazione a quella data.
GENNARO ROMANO CERVONE. La sera eravamo stati invitati tutti da Carmen Lasorella a cena - io non ci andai perché
avevo avuto delle discussioni - e all'una di notte è tornato il mio operatore, Maurizi, che mi ha detto: «Rino, sai, mentre stavamo lì è arrivato qualcuno a chiamare Marocchino, ma non so chi fosse. Marocchino è uscito ed è tornato dopo un'ora e ci ha detto di stare in campana perché vogliono rapire un giornalista italiano». Questo è quanto so direttamente. Devo dire che noi giravamo abbastanza tranquilli; nel momento in cui ci hanno detto questo siamo stati un po' meno tranquilli, ma abbiamo continuato a girare, perché gli unici episodi di rilevanza guerrigliera sono stati quelli che hanno coinvolto gli uomini del Sismi a Mogadiscio (ne sono morti due o tre, durante il periodo della guerra, e non si capisce chi li abbia uccisi).
PRESIDENTE. Chi erano questi uomini del Sismi?
GENNARO ROMANO CERVONE. Erano tre uomini dell'esercito che stavano lì e che sono stati uccisi dall'esterno del compound. Queste sono state le uniche cose poco chiare, per il resto si è trattato solo di scontri.
PRESIDENTE. Quando è avvenuta l'uccisione dei tre uomini del Sismi?
GENNARO ROMANO CERVONE. Non mi chieda delle date precise, perché si tratta di undici anni fa!
PRESIDENTE. Rispetto all'uccisione di Ilaria Alpi?
GENNARO ROMANO CERVONE. Forse un anno prima. Questo è ciò che so. Tutte le altre situazioni in cui erano stati coinvolti gli occidentali, a parte lo scontro in cui erano morti i sette elicotteristi americani, erano riconducibili più che alla guerriglia a storie di ordinaria guerriglia ma criminale; era già stato rapito un italiano...
GENNARO ROMANO CERVONE. Circa un anno prima. C'era stato l'episodio dell'uccisione della crocerossina. Erano episodi abbastanza sporadici, perché finché ci sono stati i militari la situazione è stata piuttosto tranquilla; dopo, credo che sia accaduto di tutto, ma nessuno ne ha più avuto rilevanza.
PRESIDENTE. Lasciando da parte l'informazione che vi è stata data da Marocchino, di cui lei ci ha detto e su cui torneremo; a mia volta torno sulla domanda che le ho posto prima: sul piano dell'ordine pubblico, intendendo con questo termine clan e controclan islamici e via dicendo, al marzo del 1994...
GENNARO ROMANO CERVONE. Non ne avevamo una grande rilevanza.
GENNARO ROMANO CERVONE. Non sentivamo cose particolari; infatti quando ci hanno detto questa cosa siamo rimasti abbastanza sorpresi, in quanto in quel momento era in atto un tentativo di rattoppare un po' le cose. Difatti noi avevamo un appuntamento e ci siamo recati a Nairobi perché i capi dei clan si riunivano lì. Non era un momento particolarmente critico.. a Mogadiscio tutto era critico e niente era critico.
PRESIDENTE. Ma qual era la situazione? Come si atteggiava l'integralismo islamico nel marzo 1994? I rapporti di questo integralismo...
GENNARO ROMANO CERVONE. Sempre sotterraneo.
PRESIDENTE. Quali erano i rapporti tra integralismo ed Ali Mahdi?
GENNARO ROMANO CERVONE. Non lo so. L'unica cosa pubblica che Ali Mahdi abbia fatto è stato di istituire le corti islamiche, perché aveva avuto una pressione da parte della popolazione.
GENNARO ROMANO CERVONE. Sì, circa un anno dopo.
PRESIDENTE. Questi commando esistevano, erano presenti?
GENNARO ROMANO CERVONE. I commando ci sono sempre stati.
PRESIDENTE. Parlo di Mogadiscio nord.
GENNARO ROMANO CERVONE. Che fossero direttamente dei clan o infiltrati dagli integralisti non sono in grado di dirlo.
PRESIDENTE. Questa è la situazione...
GENNARO ROMANO CERVONE. Caotica. Del resto, non è mai cambiata. Le uniche situazioni chiare, confuse ma chiare, erano a Chisimaio e a Bosaso. Le altre erano una tragica cosa in cui tutti erano contro tutti.
PRESIDENTE. In quale albergo alloggiava lei nel marzo 1994? All'hotel Hamana?
GENNARO ROMANO CERVONE. Sì, avevo una scorta, ma minima. Credo di avere avuto un uomo in più rispetto all'«antifurto».
PRESIDENTE. Che cos'è l'antifurto?
GENNARO ROMANO CERVONE. Le auto che prendevamo in affitto erano l'unico bene che girava, a parte i bianchi, gli europei; erano denaro, e quindi venivano portate via; se arrivava una persona con il fucile che ti diceva di scendere perché gli serviva la macchina, tu ne andavi e la macchina era passata di mano, senza bisogno di atti notarili. A questo punto, per avere una scorta maggiore - perché se ci spostavamo dalla macchina nessuno ci veniva dietro e se entravamo in una casa la persona che era in dotazione alla macchina non si muoveva - dovevamo chiamare un'altra persona o altre due (dipendeva dove andavamo). Al mercato di Mukhabarat ci sono stato, ma con quattro persone. L'ultima volta in cui sono andato, quando è morto Palmisano, io avevo organizzato per tutti e poi mi sono ritrovato da solo con la radio, se non ricordo male: avevo due squadre di tecnici e altre due macchine. Ci eravamo rifatti a quello che faceva la CNN. Era cambiata la situazione.
PRESIDENTE. Ora le mostro le foto dell'auto. Lei ha mai utilizzato questa macchina?
GENNARO ROMANO CERVONE. Questa di preciso, non lo so, ma ho usato quasi sempre una macchina simile.
PRESIDENTE. Questa la macchina in cui è stata uccisa Ilaria Alpi.
GENNARO ROMANO CERVONE. Io ne avevo una simile anche allora.
PRESIDENTE. Non può dire se sia questa?
GENNARO ROMANO CERVONE. Sicuramente non lo era.
PRESIDENTE. Ma era una sorta di taxi?
GENNARO ROMANO CERVONE. Di queste auto ne hanno vendute...
PRESIDENTE. Con la striscia rossa?
GENNARO ROMANO CERVONE. Sì. Tra l'altro non so da dove venivano.
PRESIDENTE. Mostrata al teste l'auto di cui alla foto n. 1 del fascicolo B, dichiara che l'auto di cui si serviva non era quella fotografata ma di un modello uguale, anche come colore della carrozzeria.
GENNARO ROMANO CERVONE. Erano più o meno tutte uguali, beige, ma non so perché ci fosse sempre quella striscia rossa. Anche le macchine del governo l'avevano.
PRESIDENTE. Vicino o nei pressi dell'hotel Hamana, per quelle che sono le osservazioni che ha fatto - lei solitamente alloggiava in tale albergo - stazionavano automobili con persone a bordo? Era usuale?
PRESIDENTE. Le pongo questa domanda - lei lo ha capito perfettamente - perché il commando che ha ucciso Ilaria Alpi si trovava nei pressi dell'hotel e l'uccisione è avvenuta quando la giornalista è uscita dallo stesso hotel in cui era questo gruppo che poi ha seguito la macchina, l'ha fermata e via dicendo: era usuale che nei pressi dell'albergo ci fossero raggruppamenti di questo genere?
GENNARO ROMANO CERVONE. C'era sempre qualcuno. Si trattava della strada dove c'era l'ex ambasciata italiana e quindi c'erano anche altri motivi; poco più su c'era anche il compound di Marocchino e molte altre cose, per esempio dei mercatini.
PRESIDENTE. Quindi la presenza di un gruppo di persone armate nei pressi dell'hotel Hamana era una cosa usuale?
GENNARO ROMANO CERVONE. Usualissima.
PRESIDENTE. Lei sa se Ilaria Alpi si servisse delle attrezzature o comunque dell'ufficio di Remigio Benni che si trovava presso l'hotel Hamana per fare i suoi servizi?
GENNARO ROMANO CERVONE. Non lo so, ma Remigio non ha mai negato a nessuno di fare una telefonata o di inviare un fax. Per il resto, non so se lo facesse usualmente.
PRESIDENTE. Le risulta che Ilaria Alpi e Remigio Benni si frequentassero?
GENNARO ROMANO CERVONE. Non lo so.
PRESIDENTE. Lei ha conosciuto Ilaria Alpi?
GENNARO ROMANO CERVONE. Sì, ha lavorato anche per me...
GENNARO ROMANO CERVONE. No. Ad un certo momento la RAI decise che doveva andare un solo collega per tutte e tre le reti...
PRESIDENTE. Che non sarebbe male, sarebbe un bel risparmio.
GENNARO ROMANO CERVONE. Ma allora è inutile mantenere tre telegiornali!
PRESIDENTE. Infatti. Io dico che ci vorrebbe un solo telegiornale nel quale più voci si potessero...
GENNARO ROMANO CERVONE. Non ci addentriamo in questo argomento, perché abbiamo delle opinioni diverse!
PRESIDENTE. Pagare tre telegiornali mi pare una cosa...
GENNARO ROMANO CERVONE. Lasciamo stare questa strada, che ci porta lontano!
PRESIDENTE. No, ma potremmo parlare anche di spese, perché all'epoca di Ilaria Alpi...
GENNARO ROMANO CERVONE. Non solo di spese, anche di politica!
PRESIDENTE. All'epoca di Ilaria Alpi si parlava anche delle spese.
GENNARO ROMANO CERVONE. Il problema delle spese è un altro tipo di discorso; poi glielo spiegherò, se lo riterrà.
PRESIDENTE. Ha incontrato Ilaria Alpi nel marzo 1994?
GENNARO ROMANO CERVONE. L'ho vista da lontano e non mi ci sono neanche avvicinato. Dato che dovevano partire i soldati, siamo andati a verificare se era arrivata l'Eurovisione, che di solito metteva la stazione satellitare dove abitava Ilaria Alpi. Non c'era, però erano arrivati Ilaria Alpi e Miran Hrovatin; poiché Maurizi era molto amico di Hrovatin, è andato su, ed io l'ho aspettato, ho visto Ilaria da lontano e siamo andati via. Non sapevo assolutamente che cosa dovesse fare.
PRESIDENTE. Quindi, non ci ha parlato, non sapeva che cosa dovesse fare: al di là di questa circostanza, in altre occasioni l'ha incontrata in Somalia?
GENNARO ROMANO CERVONE. In Somalia mai.
GENNARO ROMANO CERVONE. Una o due volte.
PRESIDENTE. Le ha mai parlato dei suoi interessi professionali rispetto alla Somalia, o comunque, più in generale, dei suoi interessi culturali?
GENNARO ROMANO CERVONE. So che ne aveva perché aveva studiato al Cairo, era una buona arabista.
PRESIDENTE. Però non sa assolutamente nulla.
PRESIDENTE. Né sa che cosa facesse, a parte la ragione ufficiale della partenza del contingente italiano? Non sa se coltivasse obiettivi specifici?
GENNARO ROMANO CERVONE. Le ripeto: l'appuntamento era a Nairobi, perché si stavano organizzando; non interessava a nessuno, perché tutti sapevano che il tentativo sarebbe fallito miseramente, come è avvenuto, per cui ognuno cercava di amministrare quello che aveva; se non aveva delle cose, ne andava a cercare. Questo è stato il motivo per cui io sono andato a Bosaso anni prima passando da Gibuti, come sono andato a Chisimaio passando da Nairobi e via dicendo. Sinceramente, credo che abbia fatto la stessa cosa anche lei: è andata giù e voleva produrre qualcosa; dato che a Mogadiscio occorreva aspettare, penso che sia andata a cercare qualcosa di diverso.
PRESIDENTE. Però non sa nulla di preciso.
PRESIDENTE. Ilaria Alpi è stata lì tutta la settimana, da lunedì fino al giorno in cui è stata uccisa; lei ha avuto mai notizia di cosa avesse fatto, di dove si trovasse?
PRESIDENTE. Ha mai saputo che si trovava a Bosaso?
GENNARO ROMANO CERVONE. Ho saputo tutto dopo.
PRESIDENTE. E da chi l'ha saputo questo?
GENNARO ROMANO CERVONE. Sicuramente la sera dopo l'arrivo a Nairobi di Giovanni Porzio e Graziella Simoni, che mi hanno raccontato come erano stati coinvolti e tutta una serie di cose. Io so soltanto cose riportate; sono stati loro a dirmi che era stata lì, ma credo che ancora non avessero svolto indagini più approfondite.
PRESIDENTE. Dunque lei il 20 marzo, il giorno dell'omicidio, era a Nairobi.
GENNARO ROMANO CERVONE. Sì. Stavo intervistando il generale Morgan.
PRESIDENTE. Era con il signore della guerra.
GENNARO ROMANO CERVONE. Con uno dei signori della guerra.
PRESIDENTE. E quando era partito?
GENNARO ROMANO CERVONE. Il giorno prima, il 19.
PRESIDENTE. La ragione per la quale è partito è da mettere in collegamento con l'indicazione che le avevano dato?
GENNARO ROMANO CERVONE. No. Ricordo che allora ciò che mi interessava era di andare a seguire la conferenza; certo, quei due giorni che sono rimasto lì sono stato un po' meno tranquillo, poi i colleghi erano andati via...
PRESIDENTE. C'è stata un'informativa proveniente da Marocchino, della quale ha parlato prima, cioè che volevano rapire un giornalista italiano e quindi un'allerta.
GENNARO ROMANO CERVONE. State attenti, «in campana»...
PRESIDENTE. Lo stare attenti in che cosa si è tradotto, dal punto di vista concreto, per i giornalisti? Che cosa hanno fatto?
GENNARO ROMANO CERVONE. Sono usciti un po' meno.
PRESIDENTE. Ma sono rimasti a Mogadiscio?
GENNARO ROMANO CERVONE. Un giorno alla volta sono partiti tutti quanti. Dopo di me credo sia partita solo la radio.
GENNARO ROMANO CERVONE. Ugolini. Non ricordo mai se ci fosse lui per la radio.
PRESIDENTE. Quindi tutti gli altri giornalisti...
GENNARO ROMANO CERVONE. Man mano sono andati tutti a Nairobi a seguire la conferenza.
PRESIDENTE. ... dopo la comunicazione di Marocchino se ne sono andati a Nairobi.
GENNARO ROMANO CERVONE. Sì, ma nessuno si è preoccupato di...
GENNARO ROMANO CERVONE. No! Nessuno si è preoccupato dell'avvertimento.
PRESIDENTE. Quindi è stata una cosa che si è verificata...
GENNARO ROMANO CERVONE. Se fossimo dovuti restare a Mogadiscio...
GENNARO ROMANO CERVONE. Sì. Non siamo scappati.
PRESIDENTE. Questo volevo capire. La partenza è avvenuta perché c'era già l'impegno di andare a Nairobi.
GENNARO ROMANO CERVONE. Sì. Ovviamente, quando ci hanno detto questo ci siamo guardati un po' meglio intorno.
PRESIDENTE. E ci siete andati più volentieri.
GENNARO ROMANO CERVONE. Probabilmente sì.
PRESIDENTE. Questo è il ragionamento. Ho capito. Tutti, meno Ugolini della radio, almeno per quello che lei ricorda.
GENNARO ROMANO CERVONE. Credo che sia partito comunque anche lui il giorno...
PRESIDENTE. Il giorno che è partito lei gli altri erano già partiti? Lei è stato l'ultimo?
GENNARO ROMANO CERVONE. Sicuramente due erano già partiti.
GENNARO ROMANO CERVONE. Benni e Odinzov, se non ricordo male, erano già partiti.
PRESIDENTE. Benni e Odinzov erano con lei all'Hamana?
GENNARO ROMANO CERVONE. Sì, eravamo tutti all'Hamana, perché era l'unico posto dove si poteva mangiare un po', dove la sera si poteva prendere un po' di fresco, mentre l'altro albergo, il Sahafi, era affossato, al quarto chilometro, e non ci andava più nessuno. Io ci sono andato una volta sola e ho detto basta.
PRESIDENTE. Lei dunque fu l'ultimo dei giornalisti televisivi ad andare via?
GENNARO ROMANO CERVONE. Non lo so. Di giornalista televisivo c'ero solo io.
PRESIDENTE. Già, Remigio Benni era dell'ANSA. Degli altri giornalisti italiani, quando lei è andato via...
GENNARO ROMANO CERVONE. Non ricordo se la radio sia partita con noi, ma più o meno...
PRESIDENTE. Quando siete partiti voi, non c'è rimasto nessuno.
GENNARO ROMANO CERVONE. Sì. C'erano rimasti gli altri, ma non sapevamo neanche che esistessero, almeno per quanto mi riguarda; mi riferisco a Simoni e Porzio. Fino a quando Porzio non è tornato a Nairobi non sapevo che stesse a Mogadiscio.
PRESIDENTE. A proposito della comunicazione di Marocchino circa il pericolo che un giornalista italiano potesse essere rapito, lei ha fatto qualche approfondimento o ha appreso la notizia per come le è stata data? Chi gliel'ha data?
GENNARO ROMANO CERVONE. Maurizi.
PRESIDENTE. Per averla appresa a casa di Marocchino, dove si trovavano Carmen Lasorella e tutti gli altri. È esatto?
GENNARO ROMANO CERVONE. Carmen Lasorella ci risiedeva, gli altri erano stati invitati.
PRESIDENTE. Lei ha avuto modo di sapere successivamente chi aveva dato l'informazione a Marocchino e la ragione per cui volevano rapire un giornalista italiano?
GENNARO ROMANO CERVONE. No. Una mia congettura è che più di un giornalista si trattasse di un italiano.
PRESIDENTE. Però Marocchino aveva parlato di un giornalista.
GENNARO ROMANO CERVONE. C'era stata già un'operazione di successo, in quanto il Governo aveva pagato e quindi probabilmente rompevano le scatole...
PRESIDENTE. Quando aveva pagato il Governo italiano? L'anno precedente?
PRESIDENTE. Questa è una notizia; non lo sapevo.
GENNARO ROMANO CERVONE. Lo sapevano tutti.
PRESIDENTE. Che pagano, lo so!
GENNARO ROMANO CERVONE. No, non che pagano, ma quello che era avvenuto. C'era stati due fatti importanti: in primo luogo l'uccisione della crocerossina...
PRESIDENTE. E in quel caso non ha preso i soldi nessuno.
GENNARO ROMANO CERVONE. In secondo luogo il sequestro di un tecnico italiano, che dopo qualche giorno...
PRESIDENTE. Per il quale è stato pagato un riscatto.
GENNARO ROMANO CERVONE. Nessuno l'ha detto.
PRESIDENTE. Però c'era questa forte opinione.
Senta, lei ha subito mai aggressioni, tentativi di sequestro, minacce?
PRESIDENTE. Benni ha dichiarato alla Commissione che poteva darsi che Ilaria Alpi si fosse recata all'Hamana perché doveva incontrare lei. Le risulta?
GENNARO ROMANO CERVONE. No. Forse Hrovatin doveva incontrare Maurizi. Io non avevo alcun appuntamento.
PRESIDENTE. Lei come e da chi ha saputo dell'omicidio di Ilaria Alpi?
GENNARO ROMANO CERVONE. Le ho detto che stavo intervistando il generale Morgan; lui guardava la televisione, io ero di spalle. Il televisore ovviamente era spento, in quanto lui parlava con me; ad un certo momento mi ha detto di aspettare, ha alzato il volume, si parlava della Somalia, ma la notizia della persona che era stata uccisa era già passata. Dieci minuti dopo sono tornato in albergo e i miei colleghi mi hanno detto quanto era successo, che Ilaria era morta; dopo di ciò ho cominciato ad occuparmi della questione. Ricordo di essere andato ad intervistare i leader che erano lì per chiedere dell'assassinio, ma mi hanno risposto che erano dispiaciuti, che nessuno era responsabile, che questi criminali andavano puniti.
PRESIDENTE. E lei ha ricollegato il fatto con la notizia di Marocchino?
PRESIDENTE. Ha cercato di capire? Vi siete confrontati tra voi giornalisti?
GENNARO ROMANO CERVONE. Eravamo non tanto preoccupati quanto molto dispiaciuti.
PRESIDENTE. Dato che Marocchino aveva dato un'indicazione precisa circa un giornalista che doveva essere sequestrato... Sequestrato o ucciso?
GENNARO ROMANO CERVONE. No, figurarsi! Sequestrato. Disse «vogliono rapire».
PRESIDENTE. Avete fatto un collegamento? Ne avete parlato tra di voi a Nairobi?
GENNARO ROMANO CERVONE. Ognuno faceva il suo mestiere.
PRESIDENTE. Ho capito, ma era morta una collega! Lei ha svolto indagini personali o inchieste giornalistiche?
GENNARO ROMANO CERVONE. Non ce n'era bisogno, perché venivano a raccontarci tutto quello che sapevano.
GENNARO ROMANO CERVONE. Io ho avuto almeno cinque volte offerte del tipo «ti dico io chi...»
PRESIDENTE. Offerte di chi? Volevano soldi? Erano somali?
GENNARO ROMANO CERVONE. Sono partiti da 50 mila dollari e sono arrivati a 5 mila.
PRESIDENTE. E perché non glieli ha dati, così ce lo diceva?
GENNARO ROMANO CERVONE. Poi li ha cercati la magistratura italiana e quello glielo ha detto.
PRESIDENTE. Che cosa gli ha detto? Lasciamo perdere. Somali di chi genere? Chi si proponeva?
GENNARO ROMANO CERVONE. Della gente che aveva un'arma, che aveva un contatto, veniva e ti raccontava: «Sai, sicuramente è stato quello a fare...», cose assolutamente irrilevanti.
PRESIDENTE. E fra le persone che lei...
GENNARO ROMANO CERVONE. No, era gente che non ho mai registrato come persone...
PRESIDENTE. Che riferimenti hanno fatto quando le hanno chiesto se voleva sapere qualcosa? Le è stato indicato l'ambiente? Le è stata indicata la possibile fonte dei mandanti?
GENNARO ROMANO CERVONE. Si è trattato soprattutto di chiacchiere a livello di informatori dei giornalisti, niente di più. Di concreto, di indagini serie...
PRESIDENTE. Qualche nome è stato fatto? È stato fatto mai il nome di Ali Mahdi?
GENNARO ROMANO CERVONE. Che le posso dire? Rumori, tanti.
PRESIDENTE. Dato che l'omicidio è avvenuto...
GENNARO ROMANO CERVONE. Di congetture ne abbiamo fatte tante anche noi, ma è inutile...
PRESIDENTE. No, congetture no, però - diciamo così - riflessioni che avessero un aggancio reale per persone come i giornalisti come voi, che avete vissuto quel periodo...
GENNARO ROMANO CERVONE. In quella zona poteva operare soltanto Ali Mahdi. La moglie di Marocchino credo sia parente di Ali Mahdi. In quel momento Ali Mahdi, rispetto agli habr gedir, era in sofferenza. C'era tutta una serie di cose...
PRESIDENTE. Che significa che era in sofferenza?
GENNARO ROMANO CERVONE. Che comandava Aidid.
PRESIDENTE. Comandava Aidid anche a Mogadiscio nord?
GENNARO ROMANO CERVONE. No, ma Ali Mahdi non contava più niente. Aveva perso probabilmente di smalto. Sono tutte cose che...
PRESIDENTE. Questo che significava?
GENNARO ROMANO CERVONE. Niente!
GENNARO ROMANO CERVONE. Non posso assolutamente dire che Ali Mahdi sia stato coinvolto, perché non lo so.
PRESIDENTE. Non voglio dire questo, le voglio dire un'altra cosa: vi risulta che, per questa ripartizione tra Mogadiscio nord e Mogadiscio sud, comunque ognuno controllava il proprio territorio...
GENNARO ROMANO CERVONE. Sicuramente.
PRESIDENTE. ... e quindi Ali Mahdi non poteva andare ad uccidere dove stava Aidid e viceversa?
GENNARO ROMANO CERVONE. Se avevano proprio un'intenzione precisa di mirare ad una persona è chiaro che organizzavano un commando e lo facevano. Dato però che questo clima non c'era, da parte mia posso dire di non avere notizia sulla materia, ma non era impossibile che si potesse fare qualche cosa.
PRESIDENTE. Non era impossibile. Se Aidid avesse voluto fare...
GENNARO ROMANO CERVONE. Se avesse voluto fare uno sgarbo ad Ali Mahdi glielo poteva fare.
PRESIDENTE. Poniamo che la notizia data da Marocchino, che si voleva rapire un giornalista, avesse una sua plausibilità.
GENNARO ROMANO CERVONE. Noi l'abbiamo considerata plausibile.
PRESIDENTE. Il rapimento, essendo avvenuto nel territorio di Ali Mahdi, si sarebbe potuto effettuare da parte di un commando sia di Ali Mahdi sia di Aidid. Sta dicendo questo?
GENNARO ROMANO CERVONE. Teoricamente sì, ma doveva avere una motivazione ben diversa.
PRESIDENTE. A parte le motivazioni, tecnicamente era possibile.
GENNARO ROMANO CERVONE. Sì. Organizzare un commando solo in spregio all'autorità di Ali Mahdi, non lo avrebbero fatto; dovevano arrivare in forze, e non è successo.
PRESIDENTE. E questo non è il caso. Dunque non si è trattato di un commando che è arrivato in forze, ma di un commando che stava lì, secondo una ricostruzione che abbiamo fatto, addirittura dal giorno prima. Questo coincide: se giovedì Marocchino ha dato la notizia che doveva essere rapito un giornalista, un frammento di prova che noi abbiamo raccolto, secondo il quale gli assalitori erano lì presenti dal giorno prima, fa pensare che la cosa abbia una sua logicità; infatti il giorno dopo...
GENNARO ROMANO CERVONE. Oltretutto la macchina era identica a quella che usavano i colleghi; mi pare che Odinzov avesse una macchina simile a quella, una fuoristrada azzurra.
PRESIDENTE. Dato che, come giustamente lei ha osservato, si è trattato di un commando non dico raccogliticcio ma abbastanza ordinario, non di un'operazione in forze come sarebbe stato necessario laddove Aidid sul territorio di Ali Mahdi avesse voluto consumare un'operazione di questo genere, tutto fa ritenere che si ricada nell'orbita di Mogadiscio nord (parliamo così, in generale).
GENNARO ROMANO CERVONE. Sicuramente.
PRESIDENTE. Fatte queste puntualizzazioni, che altro può dire?
GENNARO ROMANO CERVONE. Di più non le posso dire, perché sono tutte cose che ho sentito e risentito più volte, ma da tante persone; non ricordo chi le abbia dette e le potrei qualificare più che altro come rumori.
PRESIDENTE. Sentiamo quali possono essere questi rumori.
GENNARO ROMANO CERVONE. Le ripeto: volevano rapire un italiano per prendere soldi, e questo avrebbe creato dei rapporti difficili tra Ali Mahdi e le autorità italiane, in quanto Aidid non ne ha mai avuti buoni, di rapporti, mentre Ali Mahdi ne aveva. Si tratta di tutta una serie di cose, ma sono congetture di giornalisti che fanno solo questo.
PRESIDENTE. Questa è una congettura che non porterebbe...
GENNARO ROMANO CERVONE. Da nessuna parte.
PRESIDENTE. No, non porterebbe ad Ali Mahdi, perché, se si voleva creare malumore tra Ali Mahdi e gli italiani, certamente non poteva essere Ali Mahdi a fare questa operazione.
GENNARO ROMANO CERVONE. C'è tutta una serie di cose... a Mogadiscio...
PRESIDENTE. Lei si è mai confrontato con qualcuno - voglio cercare di mantenere la domanda nell'ambito della testimonianza - che abbia ricollegato il rapimento, o la volontà del rapimento, al fatto che c'era stata una polemica rispetto alla disponibilità di armi a vantaggio di Aidid e a svantaggio di Ali Mahdi, e che questo vantaggio fosse attribuito agli italiani?
GENNARO ROMANO CERVONE. Io le riferisco quanto mi ha detto il generale Morgan mentre lo intervistavo: «Noi abbiamo trovato nelle mani di Aidid le munizioni dell'esercito italiano». L'ha detto lui e forse è anche registrato da qualche parte. Le munizioni non si catturano.
PRESIDENTE. Le munizioni si danno.
GENNARO ROMANO CERVONE. Questo è quanto ha detto lui.
PRESIDENTE. Poi, se è vero, non lo sa.
GENNARO ROMANO CERVONE. Non lo so.
PRESIDENTE. Questo glielo ha detto lui.
PRESIDENTE. E perché? Glielo ha detto quando avete avuto la notizia della morte di Ilaria?
GENNARO ROMANO CERVONE. No, prima, quando abbiamo fatto l'intervista. Io gli ho dato un po' «in testa» per sapere perché le cose fossero andate in un certo modo. A me era simpatico, perché era un personaggio molto folcloristico; l'avevo già incontrato a Garoe e mi aveva detto «ci vediamo a Nairobi, le do appuntamento in albergo e facciamo l'intervista». Quindi ero andato lì e gli avevo chiesto come andavano le cose. In quel momento, se non ricordo male, aveva dei problemi a Chisimaio e, sulla base delle informazioni che avevo. gli ho posto queste domande: voi non trovate un accordo? I vostri rapporti con gli italiani come sono? A Chisimaio avevano pochi rapporti, e mi disse che uno dei motivi era il fatto che gli italiani non si comportavano molto bene. Mi ha detto questo, ma di più non so.
PRESIDENTE. Questo il 20 marzo?
GENNARO ROMANO CERVONE. Quando l'ho intervistato, quindi il 20 marzo.
PRESIDENTE. Lei ce l'ha questa intervista?
GENNARO ROMANO CERVONE. No, io il materiale, come era mio obbligo, lo conferivo alla RAI, ma la RAI conservava solo il montato e questa come la mettevo dentro?
GENNARO ROMANO CERVONE. Chi me la faceva passare?
PRESIDENTE. Però è importante questa cosa, molto importante.
GENNARO ROMANO CERVONE. Poi, se fosse vera o no, sinceramente io non lo so.
PRESIDENTE. Lei non è mai stato sentito da alcuna autorità giudiziaria, vero?
GENNARO ROMANO CERVONE. No, l'unica persona che mi convocò o, meglio, mi telefonò - io avevo già visto una sua trasmissione, avevo visto come avevano trattato Remigio Benni - fu Maurizio Costanzo. Mi chiese «Tu sai niente di quella storia dei residui tossici?». «Io non so assolutamente nulla e se voi vi permettete di tirarmi in ballo in una cosa di questo genere, di cui io non ho parlato e di cui non parlo, perché non ho le prove, ho conoscenza soltanto per riportato, io vi cito ai probiviri dell'ordine». Dopo di che, sono stato lasciato in pace. Hanno capito che al tipo di interesse che avevano loro io non avevo interesse.
PRESIDENTE. Ho capito. Noi non siamo probiviri, ma siamo probi e vorremmo, invece, approfondire i temi che ruotano nell'orbita dell'uccisione di Ilaria Alpi. Non è mistero, perché sono dieci anni che se ne parla, il riferimento a tre possibili settori come causali: armi, rifiuti, cooperazione; tre temi in relazione ai quali noi diamo per assodato che vi fossero situazioni presenti in Somalia. Che si facesse traffico di armi era logico, la mala cooperazione l'ha accertata la magistratura, dei rifiuti tossici...
GENNARO ROMANO CERVONE. Nessuno ha mai avuto una prova.
PRESIDENTE. Ma, partendo dal presupposto che tutto sia fondato, le chiedo quali siano le sue consapevolezze su questi tre temi, con particolare riferimento alla possibilità che uno di essi o tutti e tre insieme possano essere stati oggetto di attenzione da parte di Ilaria Alpi, trasformandosi così in ragioni della sua uccisione.
GENNARO ROMANO CERVONE. Le posso dire che io ero stato a Bosaso più o meno un anno e mezzo prima e di queste cose - non di armi, ma di rifiuti tossici, di petrolio - ne avevo sentito parlare. Non che sia oro colato tutto quello che mi hanno raccontato e, sicuramente, se avevano un problema di rifiuti tossici per tirare della gente a vendersi un pezzo di territorio - consideri che la Somalia in quella zona è più o meno desertica, diventa verde solo quando piove - non lo so. Dopo aver fatto indagini sia con Abdoullahi Yussuf sia con gli altri, non escudo che ci possa essere qualcuno che abbia fatto delle operazioni, ma di rilevanza io non ne ho assolutamente.
PRESIDENTE. Nessuna, su tutti e tre i settori?
GENNARO ROMANO CERVONE. Per quanto riguarda le armi, più che le armi, il problema erano le munizioni, perché le armi che giravano erano tutti kalashnikov, che sono sempre stati amministrati dagli americani e dagli arabi, non dagli italiani.
PRESIDENTE. Il problema erano le munizioni.
GENNARO ROMANO CERVONE. Il problema potevano essere le munizioni.
PRESIDENTE. E infatti Morgan dice quelle cose.
GENNARO ROMANO CERVONE. Per quanto riguarda il resto, sinceramente non ho mai sentito niente. Invece, ho sentito di questa polemica che c'era. Qualcuno diceva che li avevano messi, ma so che qualcun altro c'è andato e non ha trovato assolutamente nulla.
GENNARO ROMANO CERVONE. Nel nord-est. Probabilmente, la zona che dovrebbe essere stata interessata ai rifiuti è quella che va da Itala, che sta più o meno a metà, al Corno d'Africa: diciamo a metà. E lì, sinceramente, non c'è proprio nulla. Mi hanno detto che ci sono stati e che non hanno trovato nulla.
Un altro dei rumours della zona è che c'è il petrolio. Perché non lo tirano fuori? Nessuno ha mai avuto prove che lì c'è il petrolio.
PRESIDENTE. Tra voi giornalisti, allora, successivamente o anche in precedenza, si è mai parlato di interessi o, comunque, di notizie che Ilaria Alpi potesse aver acquisito in uno di questi tre settori o in tutti e tre, in occasione dei suoi viaggi o anche altrove?
GENNARO ROMANO CERVONE. A me l'avevano racconta a Bosaso, quindi potrebbe averla sentita anche lei a Bosaso.
PRESIDENTE. Cosa le hanno raccontato a Bosaso e chi glielo ha raccontato?
GENNARO ROMANO CERVONE. C'è di tutto a Bosaso, anche quello che lei chiama il sultano ma non è il sultano: è il fratello, il sultano è di aspetto molto meno accattivante.
PRESIDENTE. Che cosa le è stato raccontato e da chi?
GENNARO ROMANO CERVONE. Un po' da Bari Bari, un po' da...
PRESIDENTE. Che le ha raccontato?
GENNARO ROMANO CERVONE. Che il sultano non era affidabile. E io ho prova diretta che non era affidabile, perché doveva darmi la migliore vettura per fare il giro del nord-est: mi diede la peggiore e c'è mancato poco che rimanessi impantanato.
PRESIDENTE. Con la storia di Ilaria Alpi che c'entra?
GENNARO ROMANO CERVONE. No, io non l'ho più visto.
PRESIDENTE. Lei ha detto che qualcuno le ha detto qualcosa a Bosaso. Rispetto a Ilaria Alpi?
GENNARO ROMANO CERVONE. Ma prima che morisse.
PRESIDENTE. E che cosa sapeva?
GENNARO ROMANO CERVONE. Sapevo che c'era questa polemica sul petrolio...
PRESIDENTE. Polemica della quale Ilaria era parte?
GENNARO ROMANO CERVONE. Ilaria non la conosceva nessuno a Bosaso! A Bosaso c'è capitata per caso. Se ha scoperto qualche cosa, l'ha scoperta quando è stata lì. Io non avevo parlato con nessuno e l'unico della RAI che era stato a Bosaso ero io.
PRESIDENTE. E che cosa potrebbe aver scoperto a Bosaso, per quello che lei ha saputo?
GENNARO ROMANO CERVONE. Non glielo so dire.
PRESIDENTE. Va bene. Lei prima ha parlato di Al Qaeda: le risulta qualcosa rispetto alla preparazione di campi di addestramento in Somalia da parte di Bin Laden, in quell'epoca? Parlo del 1994.
GENNARO ROMANO CERVONE. In quell'epoca c'erano gli integralisti. Non si chiamavano Al Qaeda e non si chiamavano Bin Laden.
GENNARO ROMANO CERVONE. Si chiamavano afgani e sono quelli che si sono scontrati con...
PRESIDENTE. Le risulta l'istituzione di campi di addestramento in quella zona?
GENNARO ROMANO CERVONE. C'erano dappertutto.
PRESIDENTE. Dove? A Bosaso c'erano?
GENNARO ROMANO CERVONE. Nel nord-est, non a Bosaso.
PRESIDENTE. A Chisimaio c'erano?
GENNARO ROMANO CERVONE. Questo non glielo so dire, ma se c'erano gli integralisti, c'erano pure loro.
GENNARO ROMANO CERVONE. Perché era appena finita la guerra in Afganistan e tutti quelli che erano stati lì, i mujaheddin, li chiamavano afgani. Però quello al quale fu preso il famoso foglio, se non sbaglio, mi dissero che era egiziano.
PRESIDENTE. L'ha già detto, ma vorrei puntualizzare: a proposito dei bloc notes di Ilaria Alpi lei ha mai avuto qualche notizia?
GENNARO ROMANO CERVONE. So solo quello che mi disse, chiacchierando, quando tornammo in redazione, quello che era andato incontro alla salma di Ilaria Alpi a Luxor.
PRESIDENTE. Cosa le disse De Angelis?
GENNARO ROMANO CERVONE. Che era stato lui ad aprire la borsa.
PRESIDENTE. Le disse quanti ne trovò di questi bloc notes?
GENNARO ROMANO CERVONE. No, non me lo ha detto. Sinceramente, non me lo ha detto con precisione.
PRESIDENTE. E dov'è che aprì la borsa? A Luxor?
GENNARO ROMANO CERVONE. Sì. Credo insieme a Pucci Bonavolontà.
PRESIDENTE. E perché aprirono la borsa?
GENNARO ROMANO CERVONE. Perché dovevano fare il servizio. Non sapevano che scrivere e quindi andarono a cercare di cosa si fosse occupata Ilaria Alpi.
PRESIDENTE. È logica questa cosa?
GENNARO ROMANO CERVONE. Penso di sì. Io pure l'avrei fatto. I giornalisti sono persone strane.
PRESIDENTE. Adesso dobbiamo riaprire un capitolo, che forse è anche l'ultimo: quello di Gelle. Benni aveva un autista che si chiamava Jalla: mai sentito?
GENNARO ROMANO CERVONE. Sì, l'ho visto, ma non ho mai... Io, al di là di quelli che conoscevo e che trattavo, perché avevano un certo tipo di livello, non ricordo il nome neanche di uno dei miei autisti, si figuri di quelli di Remigio Benni!
PRESIDENTE. Adesso le facciamo vedere le immagini, così può darsi che ricordi. Un certo Gelle lei lo ha mai sentito nominare? Gelle, non Jalla.
PRESIDENTE. Mai sentito nominare. Visioniamo, allora, i documenti e poi il filmato.
Intanto le chiedo se conosce l'hotel Muca Al Macarama, a Mogadiscio.
GENNARO ROMANO CERVONE. Può darsi che ci sia un hotel, non lo so, ma Mecca Al Macarrama è la strada principale di Mogadiscio. Probabilmente c'è anche un albergo, ma non lo conosco. Significa «santa Mecca», praticamente: ci sarà anche un albergo, ma è la strada principale di Mogadiscio, dove c'erano anche i mercatini.
PRESIDENTE. È la denominazione della strada principale di Mogadiscio. Lei non sa se ci sia un albergo che porta lo stesso nome.
Lei è a conoscenza del fatto che il 18 marzo c'era stata una riunione tra l'ambasciatore Scialoja ed agenti del Sismi?
GENNARO ROMANO CERVONE. Non lo so.
GENNARO ROMANO CERVONE. Quando è morto Palmisano, noi andammo a cercare notizie, informazioni e andammo a farlo, ovviamente, nell'unico posto dove c'era una bandiera italiana, dove c'era il Sismi. Non ci fecero entrare. Quando ripassammo, avevano tolto perfino la bandiera. E questo è tutto l'aiuto che abbiamo avuto.
PRESIDENTE. Ho capito. De Angelis dove aprì...
GENNARO ROMANO CERVONE. Mi hanno detto a Luxor, sull'aereo.
PRESIDENTE. Mi suggeriscono di chiederle quale borsa aprì.
GENNARO ROMANO CERVONE. Non lo so.
PRESIDENTE. In effetti, come potrebbe saperlo?
GENNARO ROMANO CERVONE. Non lo so e, sinceramente, non saprei dirle neanche se erano due, tre o quattro. Mi ha detto che, comunque, non erano quanti pensavano, quello sì.
PRESIDENTE. Chiedo, a questo punto, che sia trasmesso il filmato della ABC.
(La Commissione procede alla visione del filmato).
PRESIDENTE. Non sono sicuro che cominci da questo punto. Comunque, fermate l'immagine. Conosce questa persona?
PRESIDENTE. Andiamo avanti. Questo è l'autista di Ilaria Alpi e si chiama Abdi.
PRESIDENTE. Andiamo avanti. Questo che sta parlando lo conosce?
GENNARO ROMANO CERVONE. Non mi pare.
PRESIDENTE. Questo è, invece, Nur, l'uomo della scorta, che è ferito, gronda sangue. Non la conosce questa persona?
PRESIDENTE. Non lo ha mai visto, va bene.
GENNARO ROMANO CERVONE. Probabilmente li ho intravisti, ma non li conosco.
PRESIDENTE. Aver intravisto non conta. Andiamo avanti.
Quella persona con la divisa la conosce?
PRESIDENTE. E quella in fondo, con il cappello, la conosce? Forse la si vedrà meglio dopo.
Questo, invece, lo riconosce: è Marocchino.
GENNARO ROMANO CERVONE. Da quanto mi raccontarono Simoni e Porzio, fu il primo ad arrivare, era vicinissimo. Comunque, in quel punto c'era la sede della polizia somala.
PRESIDENTE. Della polizia di Ali Mahdi?
GENNARO ROMANO CERVONE. No, somala, diciamo.
GENNARO ROMANO CERVONE. Questo lo deve chiedere a chi l'aveva istituita o aiutato a istituire.
PRESIDENTE. Ah! Quella di Unosom, ho capito.
GENNARO ROMANO CERVONE. Perché si erano insediati nell'ambasciata italiana.
PRESIDENTE. Continuiamo a vedere le immagini: questo è Marocchino, questo è Hrovatin...
GENNARO ROMANO CERVONE. Questo è facile che sia un poliziotto somalo.
PRESIDENTE. Fermi qua. Questo lo riconosce? Forse si vede meglio in un'altra inquadratura... no, no.
Abbiamo proseguito nella visione del filmato, ma mi pare che non ci sia più nulla che ci possa interessare. Io volevo mostrare al teste Gelle e per questo avevo espresso il dubbio che il filmato non fosse appena iniziato; mi è stato detto di sì, invece l'immagine che ci interessa era prima. Quindi torniamo all'inizio.
Ecco: conosce quello in fondo a sinistra, con la camicia bianca?
GENNARO ROMANO CERVONE. No, non lo conosco.
PRESIDENTE. Non lo ha mai visto?
GENNARO ROMANO CERVONE. Quello in particolare, no. Ma è un tipo molto comune, con un atteggiamento molto comune.
PRESIDENTE. Mostrato al teste il fotogramma 0045 del filmato della ABC e chiestogli se riconosce nella persona effigiata a sinistra, in fondo, soggetto di sua conoscenza, risponde di non avere alcun ricordo al riguardo.
Le mostro ora delle foto. Conosce questa persona?
GENNARO ROMANO CERVONE. È un viso molto comune. Dalla mise potrebbe essere un habr gedir e comunque un fondamentalista, perché la barba così è tipica. Chi sia, però, non lo so, e non so se sia un habr gedir né un fondamentalista; se lo facesse vedere ad un somalo glielo direbbe subito.
PRESIDENTE. Mostrata al teste la foto di cui alla pagina 7 del fascicolo A e chiestogli se riconosca la persona con la camicia a righe bianche e verdi che imbraccia un kalashnikov, risponde di non conoscerlo e che potrebbe trattarsi di un habr gedir e di un fondamentalista islamico per il tipo di barba.
GENNARO ROMANO CERVONE. Ma questo non significa nulla.
PRESIDENTE. Ma, detto questo, non sa né se sia l'una né se sia l'altra delle persone che ha così qualificato.
Conosce la persona che le indico?
GENNARO ROMANO CERVONE. Non mi è mai stata presentata, ma mi sembra di averla vista.
PRESIDENTE. Chi potrebbe essere?
GENNARO ROMANO CERVONE. Con questa barba è sicuramente un fondamentalista.
PRESIDENTE. Mostrata al teste la foto n. 1 dell'album tratto dai filmati di Ilaria Alpi del 1993, documento 59, allegato 3/B, dichiara di non sapere se questa persona gli sia stata presentata, ma gli pare di averla vista. Può dire che dalla barba è persona da ascrivere sicuramente agli integralisti islamici.
GENNARO ROMANO CERVONE. È uguale alla persona che mi ha fermato a Bosaso; era proprio così.
PRESIDENTE. Il teste dichiara che gli ricorda la persona che a Bosaso si frappose affinché non entrasse nel porto, cosa che poi, dopo lunga trattativa, invece avvenne.
Quando ha fatto riferimento alle persone che le dicevano «se ci dai 50 dollari ti diciamo come sono andate le cose» mi pare che abbia detto che qualcuna di queste poi sia stata sentita dalla magistratura.
GENNARO ROMANO CERVONE. Non lo so. Se qualcuno ha fatto un'indagine avrà avuto altrettante persone che gli hanno offerto la vera verità su Ilaria Alpi. Da me sono partiti da una richiesta di 50 mila dollari per arrivare a 5 mila.
PRESIDENTE. Lei ha conosciuto Ali Mussa?
GENNARO ROMANO CERVONE. Se non ricordo male era un collega della France Press. L'ho trattato sicuramente di più a Nairobi. Era stato cacciato da Mogadiscio e non poteva rientrarvi, però una volta mi ha riaccompagnato a Mogadiscio nord.
PRESIDENTE. Ha mai conosciuto Omar Nune?
GENNARO ROMANO CERVONE. È un nome che ricordo, ma non ricordo la persona.
PRESIDENTE. Ha conosciuto Starlin?
GENNARO ROMANO CERVONE. Sì, molto bene, una persona eccezionale.
PRESIDENTE. Ha conosciuto l'ambasciatore Cassini?
PRESIDENTE. Ha conosciuto un somalo detto Washington?
PRESIDENTE. Ed un altro detto Garibaldi?
GENNARO ROMANO CERVONE. Sinceramente non ricordo. Mi pare di averli sentiti nominare.
PRESIDENTE. Conosce questa persona?
GENNARO ROMANO CERVONE. Non mi pare, non me l'hanno mai presentata.
PRESIDENTE. Si tratta dell'autorità portuale - per dirla all'italiana - di Bosaso.
GENNARO ROMANO CERVONE. Non me l'hanno mai presentato. L'autorità portuale è un discorso, però non si sa da che parte stia.
GENNARO ROMANO CERVONE. Perché noi siamo stati fermati da due agenti più o meno in divisa. Può darsi che questa sia l'autorità portuale ufficiale, ma noi siamo stati fermati dai soldati. I kalashnikov mi sembrano una cosa rispettabile.
PRESIDENTE. Dottor Cervone, la ringraziamo molto perché ci ha detto delle cose veramente importanti e le porgiamo i nostri auguri per il suo lavoro.
GENNARO ROMANO CERVONE. Grazie.
PRESIDENTE. Dichiaro conclusa la seduta.
La seduta termina alle 10.45.
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