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Seduta del 28/4/2005


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Esame testimoniale di Alessandra Bozza.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame testimoniale di Alessandra Bozza, alla quale faccio presente che, essendo qui ascoltata come testimone, dovrà rispondere alle domande del presidente e dei commissari, ovviamente dicendo la verità.
Chiedo alla teste, innanzitutto, di declinare le proprie generalità.

ALESSANDRA BOZZA. Mi chiamo Alessandra Bozza e sono nata a Merano il 18 marzo 1946. Attualmente sono residente in Somalia, con base a Nairobi, in quanto è l'ambasciata di riferimento...

PRESIDENTE. Comunque, la sua residenza è in Somalia. Dove, a Mogadiscio?

ALESSANDRA BOZZA. No. Attualmente sono a Boroma, nel nord della Somalia.

PRESIDENTE. Che attività svolge?

ALESSANDRA BOZZA. Sono consulente sanitario, in particolare mi occupo di training per tecnici di laboratorio negli ospedali e lavoro come consulente per organizzazioni umanitarie.


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PRESIDENTE. Attualmente lavora in Somalia?

ALESSANDRA BOZZA. Sì, lavoro a Boroma: ho un lavoro di sei mesi presso l'ospedale regionale di Boroma - è l'ospedale di Annalena Tonelli - dove tengo dei corsi di formazione per il persone tecnico.

PRESIDENTE. Da quel che abbiamo capito, lei è coniugata con un cittadino somalo.

ALESSANDRA BOZZA. Sì.

PRESIDENTE. Suo marito è di Mogadiscio?

ALESSANDRA BOZZA. Sì, è di Mogadiscio.

PRESIDENTE. Ha un clan di appartenenza?

ALESSANDRA BOZZA. Come tutti i somali. È un hawyie.

PRESIDENTE. In Italia, una domanda del genere, su un clan di appartenenza, sarebbe indiscreta. Invece, in Somalia è normale.

ALESSANDRA BOZZA. Sì. Mio marito è un hawyie, in particolare del clan wesle.

PRESIDENTE. Ha un ascendente ulteriore?

ALESSANDRA BOZZA. No, hawyie è la grossa famiglia.

PRESIDENTE. Ali Mahdi dove è collocabile? Dalla parte di suo marito o da un'altra parte?

ALESSANDRA BOZZA. Ali Mahdi adesso non conta più niente.

PRESIDENTE. Sì, lo sappiamo. Però, nel nostro immaginario dei primi anni novanta lo collochiamo...

ALESSANDRA BOZZA. Era dalla parte di mio marito, sì.

PRESIDENTE. Ecco, abbiamo definito l'area di appartenenza, come diremmo noi politici.
Da quanto tempo svolge quest'attività di consulente sanitario nel settore delle organizzazioni umanitarie?

ALESSANDRA BOZZA. Ho iniziato a lavorare nella cooperazione, prima per periodi brevi - vivevo e lavoravo in Italia e...

PRESIDENTE. In che anno siamo, signora?

ALESSANDRA BOZZA. Ho iniziato nel 1989; dapprima andavo in Kenya per brevi periodi, in aspettativa, poi tornavo in Italia. Successivamente, nel 1994, ho fatto la scelta di stare in Africa e di svolgervi il lavoro in modo continuativo.

PRESIDENTE. In quale periodo del 1994?

ALESSANDRA BOZZA. Alla fine del 1994.

PRESIDENTE. Come sa, ci interessiamo dei fatti relativi all'uccisione dei due giornalisti italiani Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, avvenuta nel marzo 1994.

ALESSANDRA BOZZA. Non ero presente.

PRESIDENTE. Non era stata presente nemmeno occasionalmente, in Somalia?

ALESSANDRA BOZZA. No.

PRESIDENTE. Quindi, comincia a starci nel 1994.

ALESSANDRA BOZZA. Alla fine del 1994.

PRESIDENTE. Dove lavorava? A Mogadiscio?


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ALESSANDRA BOZZA. No, a Johar. Si trova a novanta chilometri da Mogadiscio. Per molti motivi dovevo andare a Mogadiscio; allora ero capo progetto dell'ospedale di Johar.

PRESIDENTE. E quindi frequentava Mogadiscio.

ALESSANDRA BOZZA. Sì.

PRESIDENTE. Fino a quando si è protratta questa situazione?

ALESSANDRA BOZZA. Fino al 1996.

PRESIDENTE. Dopo, che cosa è successo?

ALESSANDRA BOZZA. Ho terminato quel lavoro a Johar e ho iniziato un'attività come libera professionista in Somalia, come freelance, facendo consulenze e tenendo corsi, non più come dipendente di organizzazioni bensì con contratti presso le organizzazioni. Allora ho passato un periodo a Mogadiscio, continuativamente per circa sei mesi, più o meno.

PRESIDENTE. In che anno?

ALESSANDRA BOZZA. Nel 1996. Poi, ho iniziato ad esercitare questo tipo di consulenze all'interno della Somalia e passavo i periodi di riposo a Mogadiscio, fino al 1998. Quando non vi erano più condizioni di sicurezza a Mogadiscio e quando i costi per la sicurezza sono divenuti eccessivi ho fissato la base a Nairobi, per i periodi di riposo, mentre continuavo a lavorare nelle varie parti della Somalia.

PRESIDENTE. Dal 1998 in poi, che tipo di contatti ha avuto con Mogadiscio?

ALESSANDRA BOZZA. Saltuari.

PRESIDENTE. Fino alla data odierna?

ALESSANDRA BOZZA. Sono due anni che non vado a Mogadiscio, fisicamente.

PRESIDENTE. Per quale motivo?

ALESSANDRA BOZZA. Per essere sicuri che non succeda niente di grave bisogna avvalersi di guardie di sicurezza, di guardiani armati; per ogni zona in cui ci si sposta bisogna cambiare il clan di appartenenza dei guardiani, per cui i costi diventano eccessivi.
Le faccio un esempio. Nel 1998, quando abbiamo deciso che era meglio che avessi la base a Nairobi, gli aerei - normalmente io uso aerei della cooperazione, e dunque Ecoflight - avevano smesso di atterrare a Mogadiscio; allora, per spostarmi di cinquanta chilometri, per arrivare a Mogadiscio da un posto situato a metà strada tra Merca e Mogadiscio, dovevo cambiare tre macchine con tre scorte; e ogni scorta era composta da almeno sei miliziani! Insomma, i costi stavano diventando eccessivi. Inoltre, a Mogadiscio dovevo stare in casa.

PRESIDENTE. Per ascoltare da lei una voce al di sopra delle parti, le chiedo come si viva nella situazione attuale, che vede un tentativo di ricostituzione delle istituzioni somale, del Governo, del Parlamento, e così via.
La preoccupazione che la accompagna, a causa della quale non si reca da ben due anni a Mogadiscio, si è in qualche modo attenuata all'esito della costituzione delle istituzioni somale?

ALESSANDRA BOZZA. Per quanto riguarda Mogadiscio, ancora no. Ho delle opinioni piuttosto personali su questa situazione, che non dico siano generali, ma sicuramente abbastanza diffuse tra i somali.
La situazione a Mogadiscio è molto fluida, adesso. Il Governo, come sapete, non è ancora sceso in Somalia e la popolazione spera di avere un esecutivo che le ridia la tranquillità e la sicurezza; tuttavia, non ha fiducia che questo Governo, formato da warlords, sia in grado di farlo.

PRESIDENTE. Signora, come è arrivata qui da noi, in Commissione?


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ALESSANDRA BOZZA. Il signor Antonio Di Marco mi ha contattato a Nairobi. Quando quest'ultimo è arrivato in città, io e mio marito eravamo lì per pochi giorni e abbiamo avuto con lui una conversazione nella quale sono venuti fuori molti aspetti della vita somala. Penso che la richiesta di venire a parlare a questa Commissione sia proprio in questa veste: dopo molti anni vissuti in Somalia - non al di fuori, ma andandovi continuamente - forse ne ho una visione abbastanza generale.

PRESIDENTE. Oltre al commissario Di Marco - nostro valido consulente -, chi era presente a quella riunione? Era presente qualcun altro?

ALESSANDRA BOZZA. Eravamo io, mio marito e Giancarlo Marocchino, il quale è una mia vecchia amicizia dei tempi di Mogadiscio.

PRESIDENTE. Quindi, eravate in quattro: Marocchino, lei, suo marito e il commissario Di Marco. Esatto?

ALESSANDRA BOZZA. Sì.

PRESIDENTE. Non c'erano altre persone?

ALESSANDRA BOZZA. No.

PRESIDENTE. Nel locale dove vi trovavate, non c'erano altre persone?

ALESSANDRA BOZZA. Sì, certo, era un ristorante, per cui c'erano molte persone.

PRESIDENTE. Ricorda se vi fosse qualcun altro di sua conoscenza?

ALESSANDRA BOZZA. Sì; mentre stavamo terminando il pranzo, sono entrati alcuni somali che si sono seduti ad un tavolo non troppo lontano dal nostro; questi somali erano di mia conoscenza.

PRESIDENTE. Chi erano?

ALESSANDRA BOZZA. Uno è chiamato Washington e adesso lavora per la Comunità europea ad Hargeisa, per cui ci incontriamo, a volte, anche ad Hargeisa; inoltre, c'era un giornalista, che si chiama Ali Moussa, e con loro c'era il sindaco attuale...

PRESIDENTE. Lei conosce il giornalista Ali Moussa?

ALESSANDRA BOZZA. Sì, l'avevo conosciuto, non approfonditamente. Infine, c'era il nuovo sindaco di Mogadiscio, che non avevo mai visto.

PRESIDENTE. Come si chiama il sindaco?

ALESSANDRA BOZZA. Non me lo chieda, non lo so.

PRESIDENTE. Il sindaco sta a Mogadiscio o a Nairobi?

ALESSANDRA BOZZA. È stato nominato, ma come tutti i somali di Mogadiscio sta più a Nairobi che a Mogadiscio. Poi, c'era un altro giovane del quale non ricordo neanche il nome.

PRESIDENTE. Il suo rapporto con il sindaco di Mogadiscio è un rapporto di conoscenza?

ALESSANDRA BOZZA. Era la prima volta che lo vedevo.

PRESIDENTE. Ho capito; quindi, il suo rapporto più forte mi par di capire che sia con Washington.

ALESSANDRA BOZZA. Sì, è la persona che conosco da più tempo.

PRESIDENTE. Con Washington ha mai avuto occasione di parlare, magari su iniziativa dello stesso Washington, della vicenda che interessa questa Commissione, ovvero dell'uccisione dei due giornalisti italiani?


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ALESSANDRA BOZZA. No; direttamente con lui, mai.

PRESIDENTE. Torniamo un attimo a Giancarlo Marocchino. Quando lo ha conosciuto?

ALESSANDRA BOZZA. Nel periodo in cui lavoravo a Johar andavo regolarmente a Mogadiscio.

PRESIDENTE. Il periodo sarebbe il 1994?

ALESSANDRA BOZZA. Sì, dalla fine del 1994 fino al 1996.

PRESIDENTE. Lo ha conosciuto a Mogadiscio?

ALESSANDRA BOZZA. Sì.

PRESIDENTE. Ci può descrivere che cosa facesse? Lei ha detto di essere amica di Giancarlo Marocchino, quindi - augurandoci che non le faccia velo l'amicizia - le chiediamo come lo ha conosciuto e che tipo di consapevolezze ha intorno a questo signore, del quale si dicono molte cose, non tutte buone (alcune buone, altre meno buone); insomma, dobbiamo capire bene chi è.

ALESSANDRA BOZZA. Devo un attimo inquadrare come si lavorava e si viveva in quel periodo.

PRESIDENTE. Era periodo di cooperazione, vero?

ALESSANDRA BOZZA. Sì. Lavoravo per l'organizzazione Intersos, che ha sede a Roma, ed ero capo progetto nell'ospedale regionale di Johar. Sono arrivata nel momento in cui i militari italiani lasciavano: i medicinali, le attrezzature, l'ospedale, e così via. In quel periodo - per far capire meglio la situazione - l'ospedale era presidiato, ovvero era controllato da circa trecento miliziani.

PRESIDENTE. Di chi erano questi miliziani?

ALESSANDRA BOZZA. Erano pagati da noi - dal progetto - per la protezione dell'ospedale e appartenevano a vari clan. La mia scelta - era una scelta, poi, dell'organizzazione - era stata quella di non appoggiarsi esclusivamente ad un clan, ma di bilanciare, avere miliziani dei vari clan per garantirsi una maggiore sicurezza. Un ospedale presidiato da trecento miliziani penso che renda chiaramente quale fosse la situazione!

PRESIDENTE. Certo, una situazione drammatica.

ALESSANDRA BOZZA. Dunque, per gli approvvigionamenti o per incontrare alcune autorità - allora c'era Ali Mahdi - dovevo per forza andare a Mogadiscio regolarmente.

PRESIDENTE. Che significa che c'era Ali Mahdi?

ALESSANDRA BOZZA. Ali Mahdi controllava la zona nord di Mogadiscio.

PRESIDENTE. La controllava veramente o non la controllava?

ALESSANDRA BOZZA. La controllava...

PRESIDENTE. La controllava bene, la controllava male? Al riguardo, abbiamo voci contraddittorie. Vediamo un po' se finalmente riusciamo ad avere un quadro di chiarezza.

ALESSANDRA BOZZA. Che significa «bene»? Non capisco.

PRESIDENTE. Signora, le raccomando veramente di avvicinarsi all'imparzialità - certo, è una parola grossa - perché per noi è importante. Siccome ne abbiamo sentite di tutti i colori, ormai siamo ben consapevoli che dobbiamo stare molto attenti.


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A fine 1994 lei arriva a Johar, però va spesso a Mogadiscio; allora, per quelle che sono le sue consapevolezze, le chiedo se Ali Mahdi controllava o non controllava il territorio e che significato aveva, sul piano operativo, il controllo sul territorio.

ALESSANDRA BOZZA. Ali Mahdi controllava la sua parte della città, la parte nord, e basta; non controllava altro, a Mogadiscio. E in quella parte della città, con i suoi miliziani, con le sue truppe, garantiva una certa sicurezza - ma solo con le sue truppe - all'interno di quella zona.

PRESIDENTE. Come garantiva la sicurezza?

ALESSANDRA BOZZA. Tramite posti di blocco: nessuno poteva entrare se non apparteneva a quel clan; in questo modo, insomma.

PRESIDENTE. Nemmeno gli stranieri potevano entrare?

ALESSANDRA BOZZA. Solo con le guardie di sicurezza di quel clan.

PRESIDENTE. Del clan di Ali Mahdi?

ALESSANDRA BOZZA. Sì.

PRESIDENTE. Qual era la reazione? Quali erano le iniziative che si mettevano in atto laddove non venissero osservate determinate regole, come quelle alle quali lei sta facendo riferimento?
Comprenderà che questo discorso riveste per noi un certo interesse, considerato che - come lei sa - Ilaria Alpi stava in albergo dall'altra parte di Mogadiscio, a sud, e con la sua auto e la sua scorta aveva raggiunto la zona nord, esattamente quella vicina all'hotel Hamana. Insomma, la giornalista si trovava con una scorta che non si sa che cosa fosse, provenendo certamente da sud verso nord e in una situazione di quelle che lei sta ipotizzando come oggetto del controllo da parte di Ali Mahdi.
Che cosa succedeva quando le regole non venivano osservate?

ALESSANDRA BOZZA. Poteva succedere di tutto; si poteva venire sequestrati, uccisi o attaccati, ma non è detto per forza dagli uomini di Ali Mahdi, bensì anche da banditi comuni. Allora, ad esempio - parlo del 1995 - c'era stato un certo cambiamento e si erano create bande costituite da persone di clan diversi, che utilizzavano l'appartenenza ai vari clan per rifugiarsi e trovare sicurezza nelle diverse zone. Pertanto, queste bande erano fuori del controllo di ognuno (questo era uno dei rischi).
Per quanto mi riguarda, era normale che dovessi passare dalla zona nord alla zona sud e tornare indietro, ad esempio perché in quella zona vi erano delle organizzazioni - non tutte le organizzazioni, infatti, stavano a nord - con le quali mi dovevo incontrare; anche l'Organizzazione mondiale della sanità era situata a sud. Di conseguenza, gli incontri spesso avvenivano nell'altra zona, per cui adottavamo questa misura di sicurezza: arrivati al check-point, cambiavamo macchina e scorta.

PRESIDENTE. Era una cautela?

ALESSANDRA BOZZA. Era un obbligo che ci veniva imposto da parte delle organizzazioni internazionali; abbiamo regole ben precise al riguardo.

PRESIDENTE. Che cosa sarebbe successo se non si fosse fatto così?

ALESSANDRA BOZZA. Era a proprio rischio.

PRESIDENTE. Immagino che vi sarebbero state - come lei ha detto - reazioni di tutti i generi.

ALESSANDRA BOZZA. Esatto.

PRESIDENTE. Per riassumere, potremmo dire che la reazione sarebbe potuta provenire dai miliziani del clan che controllava il territorio...


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ALESSANDRA BOZZA. Sì, contro la scorta che non veniva accettata dall'altra parte.

PRESIDENTE. ...e quindi, in questo caso - trovandosi a Mogadiscio nord - dai miliziani di Ali Mahdi. Oppure, come lei ha detto, la reazione sarebbe potuta provenire da bande comuni, che potevano essere costituite da persone appartenenti a diversi clan.

ALESSANDRA BOZZA. Sì, questa era proprio una novità degli ultimi tempi.

PRESIDENTE. Ciò mi fa pensare che, sul territorio del capo clan, i miliziani fossero tutti appartenenti al clan. C'erano, invece, delle bande la cui composizione sarebbe stata mista e che, grazie alla presenza di componenti appartenenti al clan del luogo in cui si operava, ottenevano ugualmente protezione. È esatto?

ALESSANDRA BOZZA. Sì.

PRESIDENTE. Signora, lei ha fatto riferimento al 1995 ed ha affermato che la situazione si era un po' modificata; si era modificata rispetto alle sue consapevolezze relative al 1994?

ALESSANDRA BOZZA. No, non direttamente per mia conoscenza ma semplicemente, quando ho cominciato a muovermi tra Johar e Mogadiscio, mi hanno informato che questa era la situazione.

PRESIDENTE. Nel 1994 o nel 1995?

ALESSANDRA BOZZA. All'inizio del 1995.

PRESIDENTE. Quindi, per quanto riguarda il 1994, personalmente non sa nulla.

ALESSANDRA BOZZA. No.

PRESIDENTE. Allora, poteva esservi una situazione mista di bande e miliziani oppure povevano esservi soltanto miliziani.

ALESSANDRA BOZZA. Questo non sono in grado di dirlo.

PRESIDENTE. Le bande irregolari - cioè non costituite da miliziani del clan che governava il territorio di Mogadiscio nord - a che titolo potevano svolgere la loro attività delinquenziali? Infatti, non si può non parlare di attività delinquenziali; si sarà pur trattato di controllo del territorio e vi sarà pur stata una parvenza di legalità o di legittimità per chi fosse stato miliziano ma a mio giudizio, tenuto conto del tipo di reazioni (non si limitavano a fermare le persone bensì le uccidevano) mi sembra abbastanza scontato che si tratti di cose inaccettabili.
Le bande irregolari agivano sul territorio di Mogadiscio nord perché Ali Mahdi lo consentiva o lo facevano contro Ali Mahdi?

ALESSANDRA BOZZA. Lo facevano senza l'appoggio, l'approvazione di Ali Mahdi. Posso citare ad esempio un fatto che mi è accaduto, per spiegare come andavano le cose. Quando ci si spostava, ovviamente bisognava comunicarlo agli autisti: bisognava spostarsi almeno con due macchine; gli autisti lo sapevano e così anche la scorta armata.
In genere, se si parte al mattino presto lo si annuncia alla sera, in quanto si devono preparare le automobili. Tutti chiacchierano moltissimo, per cui è molto facile che la sera, nei posti dove si beve il tè, le scorte armate o gli autisti raccontino del viaggio che si dovrà fare al mattino successivo. Per l'appunto, mi trovavo nel quartiere di Karan, a Mogadiscio, e sarei dovuta partire la mattina dopo.

PRESIDENTE. Karan è a Mogadiscio nord o a Mogadiscio sud?

ALESSANDRA BOZZA. A nord. A metà, veramente, perché adesso è controllato da Ali Mahdi; comunque, verso nord.


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Come stavo dicendo, ho comunicato la mia prossima partenza al personale; la mattina dopo, sul presto, è venuto a casa il poliziotto del quartiere e mi ha detto che sarebbe stato meglio se avessi rimandato la partenza, in quanto al mercato aveva sentito che parlavano molto di questo spostamento e che si parlava di un sequestro.
Deve sapere che i somali sono divisi in clan ma possono girare da un posto all'altro, non hanno l'etichetta...

PRESIDENTE. Siamo nel 1995, vero?

ALESSANDRA BOZZA. Sì, nel 1995. Come dicevo, i somali non hanno un'etichetta con su scritto «io sono hawyie» oppure «io sono habr ghidir», di conseguenza possono muoversi con maggiore libertà. Dopo quell'avviso non sono più partita, ma è partita una delle due macchine, perché comunque si doveva portare del materiale all'ospedale. Ebbene, lungo la strada, al di fuori di Mogadiscio ma in una zona ancora controllata formalmente da Ali Mahdi, anche se non concretamente, quella macchina è stata fermata: mi cercavano per sequestrarmi! Questo è quel che poteva succedere.

PRESIDENTE. A che scopo, il sequestro?

ALESSANDRA BOZZA. Per soldi.

PRESIDENTE. Per ottenere un riscatto?

ALESSANDRA BOZZA. Sì.

PRESIDENTE. Signora, le ho fatto una domanda un po' più precisa, anche se le puntualizzazioni che lei ha fatto sono molto importanti. Gliela formulo diversamente: mentre le bande regolari partono dal presupposto che, essendo espressioni di Ali Mahdi, facevano quel che Ali Mahdi diceva, le bande irregolari, se facevano, era qualcosa che facevano contro Ali Mahdi o che era tollerato da Ali Mahdi?

ALESSANDRA BOZZA. Penso che Ali Mahdi non potesse avere il controllo di queste azioni.

PRESIDENTE. Aveva perso il controllo del territorio oppure lasciava fare? Lei è partita da un'affermazione, ovvero che Ali Mahdi controllava Mogadiscio nord. Siccome lei parla per scienza personale dal 1995 in poi, le ho chiesto come stessero le cose nel 1994 e lei mi ha risposto che vi era il controllo di Ali Mahdi. Poi, ci ha detto che la situazione si è modificata nel 1995. Adesso parliamo del 1995, in modo tale da avere un punto di riferimento basato sulla sua testimonianza oculare.
Le domando: le bande irregolari che agivano nel 1995 in che rapporti erano con Ali Mahdi? Erano irrilevanti per lui? Le lasciava fare? Oppure le consta che Ali Mahdi nel 1995 avesse perso il controllo della situazione e si fosse alquanto depotenziato?

ALESSANDRA BOZZA. Presidente, anche nel territorio nord, comunque, vi sono i clan e i sottoclan. Perciò, ogni piccola zona di territorio, di quartiere è controllata, magari da una famiglia. La mia impressione era che Ali Mahdi non avesse la capacità di controllare tutto.

PRESIDENTE. Quelle dei sottoclan lei le considera bande regolari o irregolari?

ALESSANDRA BOZZA. Irregolari.

PRESIDENTE. Nel caso in cui - grazie a Dio non è successo - avessero sequestrato lei, quale sarebbe stata la reazione di Ali Mahdi (che mi pare di capire fosse dotato di una milizia che controllava tutto il territorio, mentre i sottoclan ne controllavano solo un pezzetto) di fronte ai comportamenti delle bande irregolari?

ALESSANDRA BOZZA. Di indifferenza.

PRESIDENTE. Torniamo a Giancarlo Marocchino. Lei ci stava parlando dei medicinali e dell'ospedale circondato da trecento miliziani - assoldati per garantire


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la sicurezza - appartenenti ad una pluralità di clan in modo tale che la sicurezza fosse ancor più rilevante. Ci dica, poi, che cosa è successo.

ALESSANDRA BOZZA. Quando andavo a Mogadiscio nord, l'unico italiano presente era, praticamente, Giancarlo; questi aveva lì la sua attività e la sua casa ed era aperto nei confronti di tutti coloro che gli si rivolgevano, e dava ospitalità a tutti. Era molto più sicuro stare a casa di Giancarlo che non in un albergo.

PRESIDENTE. Perché?

ALESSANDRA BOZZA. Perché la famiglia della moglie di Giancarlo - che era comunque collegata ad Ali Mahdi - aveva il controllo di quella zona, di quel quartiere. Di conseguenza, in casa di Giancarlo e nelle strade vicine eravamo sicuri.

PRESIDENTE. Che faceva Giancarlo Marocchino? Che attività svolgeva? Che tipo di rapporto ha avuto lei, con Giancarlo Marocchino? «È mio amico», lei ha detto: il vostro è dunque un rapporto forte?

ALESSANDRA BOZZA. Anche se molto saltuariamente - c'è stato un periodo in cui, come ho detto, ci andavo soltanto una volta al mese - e con altri appartenenti alla mia organizzazione, quando andavamo a Mogadiscio, eravamo ospiti di Giancarlo. Poi, nel periodo in cui ho cominciato a lavorare come indipendente, e giungevo a Mogadiscio dai territori centrali, andavo direttamente a casa di Giancarlo e sono sempre stata sua ospite. Nell'arco di un paio di anni ci siamo frequentati abbastanza regolarmente, poi i rapporti sono divenuti meno frequenti: magari, una volta all'anno, arrivava una telefonata.

PRESIDENTE. Che cosa ha saputo, parlando direttamente con Marocchino o con altre persone? Di che attività si interessava? Che commerci faceva? Qualcuno parla anche di commerci illeciti. Lei che cosa ha saputo intorno alle attività commerciali e imprenditoriali di Marocchino? Le è per caso venuta all'orecchio la possibilità che egli svolgesse attività di carattere illecito?

ALESSANDRA BOZZA. A quell'epoca i suoi affari non andavano particolarmente bene. Aveva preso l'iniziativa di costruire il porto a nord di Mogadiscio, nella località El Maan, e lavorava praticamente su questo. Era un lavoro senza enormi mezzi a disposizione, per cui incominciava a mettere un pontone o a costruire una parte del porto, poi magari arrivava una mareggiata. Insomma, era una vita dura.
Una volta che le strutture del porto sono state accessibili ed utilizzabili, allora hanno cominciato a scaricare merci in quel porto e so che lui operava direttamente nel commercio. Non so se solo nel trasporto e nella custodia...

PRESIDENTE. Arrivavano navi?

ALESSANDRA BOZZA. Arrivavano navi, che comunque stavano al largo, poi il materiale veniva trasportato a terra.

PRESIDENTE. Che materiale trasportavano?

ALESSANDRA BOZZA. C'erano viveri, in genere: farina, riso, zucchero...

PRESIDENTE. Merci della nostra cooperazione?

ALESSANDRA BOZZA. No, merci che arrivavano da Dubai, per i somali che le facevano arrivare. So che prima - anche nel 1995, mi sembra - Marocchino aveva fatto scarico di merci del WFP a Mogadiscio.

PRESIDENTE. Sa se si sia mai interessato di medicinali?

ALESSANDRA BOZZA. Negli ultimi anni, sì. Però io non l'ho mai vista, da allora, la cosa che ha costruito. C'è una


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società per la fabbricazione di medicinali e farmaci a Mogadiscio, in una proprietà...

PRESIDENTE. Di Marocchino?

ALESSANDRA BOZZA. L'ha presa in affitto. Comunque, è vicina alla sua casa.

PRESIDENTE. È lui ad esercitare quest'attività imprenditoriale?

ALESSANDRA BOZZA. No, non direttamente. Non mi sembra.

PRESIDENTE. Partecipa economicamente a questa attività?

ALESSANDRA BOZZA. Per lo meno per il fatto che ha dato il suo contributo...

PRESIDENTE. In che senso? Per la distribuzione o per la fabbricazione?

ALESSANDRA BOZZA. Credo per la messa a disposizione dello stabile, delle strutture, questo è quello che so; per la logistica.

PRESIDENTE. E di traffico di armi fatto da Marocchino lei ha mai sentito niente?

ALESSANDRA BOZZA. No, solo quello che ho letto sui giornali.

PRESIDENTE. Quello che ha letto sui giornali?

ALESSANDRA BOZZA. Sì.

PRESIDENTE. E di altri tipi di traffici, ad esempio nel caso dei rifiuti tossici?

ALESSANDRA BOZZA. Anche questo l'ho letto sui giornali.

PRESIDENTE. Quindi, non personalmente.

ALESSANDRA BOZZA. No.

PRESIDENTE. In questi rapporti abbastanza stretti che ha avuto con Marocchino - deve dire la verità alla Commissione, naturalmente, al di là di qualsiasi altra cosa -, si è mai resa conto se vi fosse qualcosa che non andava o che si interessasse di qualcosa da cui star distanti?
Signora, mi sembra che lei sia una persona estremamente pulita ed estremamente rigorosa, almeno per le impressioni che traggo personalmente da questo incontro, per il quale la ringraziamo. Pertanto, le chiedo: ha tratto qualche elemento da cui dedurre, ritenere o addirittura constatare che effettivamente quello che leggeva sui giornali potesse avere un riscontro oggettivo?

ALESSANDRA BOZZA. Giancarlo per me è un amico; vivendo in Africa, con le persone con cui si hanno rapporti e che sono sempre disponibili ad aiutare si diventa amici, inevitabilmente, anche se magari non sempre si condividono i punti di vista o i modi di vivere, eccetera.
Io non ho mai dato molto credito alle cose che leggevo sui giornali riguardo a Marocchino, per due motivi: innanzitutto, perché ho sempre visto che chiunque arrivava dall'Italia - giornalisti o imprenditori - si rivolgeva a Marocchino ed era suo ospite. Lui dava il massimo, tutto quello che poteva fare. Ci sono stati anche periodi in cui non aveva soldi, assolutamente, però quel che gli era possibile fare per dare una mano, per aiutare gli italiani che arrivavano sul posto, gliel'ho sempre visto fare, anche per me personalmente. In secondo luogo, se fosse stato coinvolto in cose veramente illecite e così fruttuose quali possono essere il traffico d'armi o il traffico di rifiuti tossici, non avrebbe probabilmente avuto tutte le difficoltà economiche che aveva.

PRESIDENTE. Però, nella cooperazione ci stava fino in fondo, o sbaglio?

ALESSANDRA BOZZA. Precedentemente al 1995?

PRESIDENTE. Sì. Che cosa sa lei dei coinvolgimenti di Giancarlo Marocchino


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nella cooperazione che, come lei sa, passa sotto l'etichetta di « mala cooperazione»?

ALESSANDRA BOZZA. So che Marocchino si è sempre occupato dei trasporti e della logistica per l'organizzazione Sos-Kinderdorf a Mogadiscio sud, per cui ha lavorato a stretto contatto con loro. Sos-Kinderdorf ha un ospedale, l'unico che è rimasto aperto a Mogadiscio per tutti gli anni della guerra, gestito dalle suore e da questa organizzazione. So che da queste suore Marocchino è ritenuto quasi un santo, perché le ha sempre aiutate.
L'altro aspetto da considerare, secondo me, è che in una realtà come quella della Somalia - avviene lo stesso con la soglia del dolore - ci si abitua a sentir sparare e non si fa più caso agli spari; io ero a Mogadiscio e durante la guerra fra Ali Mahdi e la sharia, la casa in cui stavo era in mezzo alle due zone: noi stavamo per terra e ci passavano i proiettili sopra la testa, dentro casa. E stavamo lì, non siamo scappati. Ciò significa che la soglia di rischio si alza. Allo stesso modo, se si parla di un sequestro e si fanno battute su di esso, non è perché non consideriamo serio un sequestro, ma fa parte quasi della vita normale. Perciò alcuni atteggiamenti, battute o scherzi che in Italia sembrano assurdi, se fatti in Somalia rappresentano un modo per affrontare la realtà.

PRESIDENTE. Insomma, non le risulta niente.

ALESSANDRA BOZZA. Di illecito no.

PRESIDENTE. Aveva armi a disposizione?

ALESSANDRA BOZZA. Tutti avevamo armi. Tutte le guardie di scorta erano armate.

PRESIDENTE. Che lei sappia, in quell'epoca erano presenti rappresentanti dei servizi italiani, in particolare del Sismi, che è il servizio di sicurezza militare, a Mogadiscio e se sì, se lo sa, sa se vi fossero dei rapporti tra Marocchino e i rappresentanti del Sismi a Mogadiscio? Noi sappiamo che a Mogadiscio c'era una rappresentanza del Sismi. Le chiedo: parlando con Marocchino o avendo incontri con Marocchino, è venuta a conoscenza dell'esistenza di rapporti tra lui e rappresentati del Sismi?

ALESSANDRA BOZZA. Rappresentati del Sismi somali?

PRESIDENTE. Il Sismi non è somalo, ma è italiano.

ALESSANDRA BOZZA. Italiani del Sismi?

PRESIDENTE. Sì.

ALESSANDRA BOZZA. No.

PRESIDENTE. Con chi, allora?

ALESSANDRA BOZZA. C'erano dei somali che si diceva che avessero collaborato con il Sismi. Venivano per chiedere aiuto.

PRESIDENTE. Lei sta dicendo che c'erano dei somali che collaboravano con il Sismi e che avevano rapporti con Marocchino?

ALESSANDRA BOZZA. L'ho visto.

PRESIDENTE. Chi erano questi somali che avevano rapporti con il Sismi?

ALESSANDRA BOZZA. Non vorrei fare confusione con i nomi, trattandosi di persone di cui mi hanno parlato.

PRESIDENTE. Con un certo Washington.

ALESSANDRA BOZZA. Su Washington c'erano delle chiacchiere.

PRESIDENTE. E su rapporti di Ali Mussa con il Sismi?

ALESSANDRA BOZZA. Anche.


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PRESIDENTE. E poi, chi altro?

ALESSANDRA BOZZA. C'era una persona di cui non riesco a ricordare il nome e che spesso era nominata.

PRESIDENTE. Shino?

ALESSANDRA BOZZA. No, non ricordo.

PRESIDENTE. Lei sa se Marocchino avesse rapporti con il contingente italiano che il 20 marzo se ne andò via dalla Somalia?

ALESSANDRA BOZZA. Conosceva i capi del contingente.

PRESIDENTE. Le ha mai parlato di questi capi (mi riferisco in particolare al generale Fiore)?

ALESSANDRA BOZZA. Sì, ma in relazione ad episodi e fatti accaduti.

PRESIDENTE. Lei ha mai parlato con Marocchino della vicenda di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin? Le ha mai detto qualche cosa, che cosa pensava, che cosa era successo, e via dicendo?

ALESSANDRA BOZZA. Sì, me ne ha parlato in più occasioni, soprattutto quando arrivava qualche giornalista e poi me ne parlava se ero presente a Mogadiscio.

PRESIDENTE. E che le ha detto?

ALESSANDRA BOZZA. Mi ha raccontato che si trovava sulla strada, ma non sullo stesso percorso, e che è stato fermato da un somalo che gli ha detto che un'italiana era stata aggredita, per cui ha cambiato direzione, è andato sul posto e ha raccolto il corpo di Ilaria Alpi.

PRESIDENTE. Le ha detto chi avesse ucciso questi due giornalisti e perché erano stati uccisi?

ALESSANDRA BOZZA. Lui mi ha sempre detto che secondo lui non c'era un disegno politico. Mi ha spiegato quali erano stati gli spostamenti di Ilaria Alpi al nord e poi il suo programma di andare al sud, a Chisimaio. I giornalisti parlavano di possibili scoperte e notizie e lui mi diceva che, secondo lui, per come si era svolto il fatto e per il luogo in cui era avvenuto, era più probabile che non fosse collegato a niente del genere.

PRESIDENTE. Invece, in un'intervista rilasciata da lui subito dopo, qualche minuto dopo l'uccisione dei due giornalisti, la posizione era di tutt'altro tenore. Parlò di un agguato, di un fatto premeditato e che tutto sarebbe accaduto perché avrebbero messo le mani dove non dovevano metterle. Questo è ciò che ha dichiarato Marocchino. Invece, a lei ha detto queste altre cose.

ALESSANDRA BOZZA. Comunque, dopo un po' di tempo.

PRESIDENTE. Vuol dire che può aver fatto degli accertamenti e non aver avuto riscontro di quella sua prima dichiarazione. Anche questa è un'interpretazione.
Le ha detto che non poteva esserci una ragione politica e che non aveva delle cognizioni su fatti particolari. Ma le ha detto, allora, perché sarebbero stati uccisi, secondo la sua valutazione?

ALESSANDRA BOZZA. Mi aveva detto che vi erano stati degli errori nella vettura da utilizzare o nelle guardie da usare, per cui poteva essere stato un attacco dovuto ad altri motivi particolari. Era una sua interpretazione sulla dinamica.

PRESIDENTE. Le disse chi aveva compiuto l'agguato? Le disse se si trattava di miliziani o di una banda irregolare, o se sapeva, comunque, chi fosse stato, o se conosceva il nome del commando che aveva ucciso i due giornalisti. Le ha mai fatto dichiarazioni di questo genere?

ALESSANDRA BOZZA. No.


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PRESIDENTE. Non siete mai entrati in questi particolari?

ALESSANDRA BOZZA. No.

PRESIDENTE. Ha mai sentito parlare di Garibaldi?

ALESSANDRA BOZZA. Sì, lo conosco.

PRESIDENTE. Chi è Garibaldi?

ALESSANDRA BOZZA. È un cittadino somalo che ha lavorato anche per la comunità europea. Mi pare che abbia terminato quel tipo di incarico da un anno. Era rappresentante per la Comunità europea a Bosaso. L'ho conosciuto a Mogadiscio, quando lavorava a Mogadiscio con Washington nella sede della Comunità europea.

PRESIDENTE. Era in contatto con il Sismi?

ALESSANDRA BOZZA. Si parlava anche di questo, anche con riferimento a Washington, però erano chiacchiere.

PRESIDENTE. Ha mai conosciuto Yawie?

ALESSANDRA BOZZA. No.

PRESIDENTE. È un avvocato.

ALESSANDRA BOZZA. Non mi ricordo.

PRESIDENTE. Lei prima ha parlato di una guerra tra Ali Mahdi e la sharia. Che significa?

ALESSANDRA BOZZA. Era per il controllo del territorio.

PRESIDENTE. In che anno siamo?

ALESSANDRA BOZZA. Credo il 1996.

PRESIDENTE. È del 1996 lo scontro o ha origini precedenti, che lei sappia?

ALESSANDRA BOZZA. Origini precedenti? Si tratta comunque di mesi.

PRESIDENTE. Sempre nel 1996?

ALESSANDRA BOZZA. Mi sembra, ma non ci giurerei.

PRESIDENTE. In che cosa consistette questo scontro?

ALESSANDRA BOZZA. Si è trattato di uno scontro militare.

PRESIDENTE. Tra chi?

ALESSANDRA BOZZA. Tra le forze di Ali Mahdi e le forze di Shek Ali, che era il capo della corte islamica di Mogadiscio nord.

PRESIDENTE. Da quando tempo Shek Ali era a capo della corte islamica di Mogadiscio nord?

ALESSANDRA BOZZA. A queste domande potrà rispondere meglio mio marito.

PRESIDENTE. Così vediamo se suo marito dice la verità... (Si ride).

ALESSANDRA BOZZA. Potrebbe trattarsi della fine del 1995 o del 1996. Non prenda però per oro colato le date. Infatti, avevo finito di lavorare a Johar e avevo trascorso un periodo a Mogadiscio, qualche mese, e avevo aiutato mio marito (che allora non era mio marito) a preparare dei documenti di modifica della legge islamica per conferire legalità agli articoli della corte islamica che Shek Ali voleva promuovere, con riferimento al diritto civile. Lavoravo al computer e aiutavo mio marito e un paio di colleghi a redigere questi documenti che poi hanno provocato la sua incarcerazione.
Poi, si è verificato lo scontro tra Ali Mahdi e Shek Ali.


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PRESIDENTE. Di che tipo di scontro si trattava? Per il potere? Per il controllo del territorio.

ALESSANDRA BOZZA. Per il controllo della zona, e per una questione di potere.

PRESIDENTE. Ali Mahdi era un civile che voleva comandare su una fetta di territorio di Mogadiscio, e lo capisco, ma che Shek Ali, capo della corte islamica, volesse comandare, che cosa significava? Che voleva prendere il posto di Ali Mahdi sotto tutti i profili.

ALESSANDRA BOZZA. Sì, voleva controllare la zona nord di Mogadiscio al posto di Ali Mahdi.

PRESIDENTE. Per una questione di potere o di sharia?

ALESSANDRA BOZZA. Stabilire il controllo della corte islamica sul territorio è quello che anche adesso vorrebbero fare.

PRESIDENTE. Volevano stabilire una unicità di potere religioso e civile?

ALESSANDRA BOZZA. Sì.

PRESIDENTE. Per quanto riguarda le sue consapevolezze, presumo che questo scontro sia arrivato nel momento in cui la convivenza è divenuta impossibile. Noi abbiamo notizie, raccolte attraverso le testimonianze che sono state qui rese, che invece, anche se Ali Mahdi non aveva mai visto con favore le corti islamiche (perché probabilmente temeva di essere scalzato), c'è stato un periodo di tolleranza. Innanzitutto le domando: questa tolleranza precede o succede alla guerra di cui lei sta parlando in questo momento e che colloca nel 1996?

ALESSANDRA BOZZA. Se ben ricordo, la precede.

PRESIDENTE. Chi ha perso la guerra? Ali Mahdi?

ALESSANDRA BOZZA. Quando io ero a Mogadiscio nessuno dei due aveva prevalso completamente. Poi sono andata via da Mogadiscio e sono tornata nelle zone centrali, e lì ho saputo che a nord vi erano zone della città controllate da Shek Ali e da Ali Mahdi, per cui vi era stata una certa convivenza.

PRESIDENTE. Da quando Shek Ali comandava la corte islamica a nord di Mogadiscio?

ALESSANDRA BOZZA. Mi sembra dal 1995, e non prima.

PRESIDENTE. Che tipo di presenza si verificava? Lei, ad esempio, ha parlato di queste bande dei miliziani, o miste, e via dicendo. Anche Shek Ali aveva le sue bande?

ALESSANDRA BOZZA. Certo, anche lui aveva i suoi miliziani.

PRESIDENTE. E anche prima che ci fosse la guerra, questi miliziani operavano?

ALESSANDRA BOZZA. Sì, per proteggere la parte della sharia, di Shek Ali.

PRESIDENTE. Non ho capito che cosa significa: per proteggere la parte della sharia?

ALESSANDRA BOZZA. Ognuno aveva le sue bande di miliziani per la propria protezione. Era la stessa situazione per il capo della corte islamica.

PRESIDENTE. Dove si trovava Shek Ali? Aveva una sede a Mogadiscio nord?

ALESSANDRA BOZZA. Sì.

PRESIDENTE. Aveva più sedi.

ALESSANDRA BOZZA. Conosco una sede, che era quella in cui sono stata.

PRESIDENTE. Quale?


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ALESSANDRA BOZZA. Era nella zona nord di Mogadiscio, dov'è lo stadio. È quella che io conosco.

PRESIDENTE. Dovrebbe essere questa (Mostra una cartina).

ALESSANDRA BOZZA. Sì, questo è l'ospedale. L'organizzazione per la quale lavoravo si trovava qui.

PRESIDENTE. Quindi lei era vicina.

ALESSANDRA BOZZA. La casa di Ali Mahdi era qui dietro, per cui si sparavano.

PRESIDENTE. L'ufficio dà atto che, mostrata alla teste una planimetria di Mogadiscio, copia lavoro protocollo 2058 dell' 8 febbraio 2005, indica nell'edificio segnato con una croce, accanto all'ospedale, il luogo in cui aveva sede la corte islamica presieduta da Shek Ali, e soggiunge che di fronte, non molto distante...

ALESSANDRA BOZZA. In linea d'aria, si trattava di cento metri, si trovava la sede di Ali Mahdi.

PRESIDENTE.... in linea d'aria a cento metri, si trovava la sede di Ali Mahdi, per cui, nel corso della guerra alla quale fino a questo momento ha fatto riferimento, lo scontro si verificava nella zona in cui i due rappresentanti dei rispettivi poteri erano dirimpettai.
C'erano altri capi islamici, o c'era soltanto questo Shek Ali?

ALESSANDRA BOZZA. Shek Ali era il capo.

PRESIDENTE. Il capo dei capi?

ALESSANDRA BOZZA. Sì. C'erano altri Shek che condividevano la sua...

PRESIDENTE. Altri Shek? Che significa?

ALESSANDRA BOZZA. Sono capi religiosi.

PRESIDENTE. Perché? Shek significa capo religioso?

ALESSANDRA BOZZA. Sì. Comunque facevano parte del suo gruppo e lo sostenevano.

PRESIDENTE. Dove si trovavano questi? Nei vari territori, come subclan?

ALESSANDRA BOZZA. Ce n'era uno anche a Johar.

PRESIDENTE. Ha mai sentito parlare dell'avvocato Duale?

ALESSANDRA BOZZA. Ne ho sentito parlare, ma non lo conosco.

PRESIDENTE. E un Duale amico di Marocchino lo ha mai sentito nominare?

ALESSANDRA BOZZA. Sì, anche da Marocchino.

PRESIDENTE. Chi era questo Duale? Lo ha conosciuto?

ALESSANDRA BOZZA. No.

PRESIDENTE. Chi era questo Duale per Marocchino?

ALESSANDRA BOZZA. È stato un suo socio, quando Marocchino stava a Mogadiscio sud, prima degli scontri che hanno riguardato Ali Mahdi. Non so se poi la loro società abbia continuato l'attività. So che hanno avuto rapporti anche dopo, ma non so su quale base.

PRESIDENTE. Che società era?

ALESSANDRA BOZZA. Credo di trasporti, ma non ne sono sicura. Non so se fosse anche una società commerciale.

PRESIDENTE. Erano parenti con l'avvocato Duale?

ALESSANDRA BOZZA. Che io sappia, no.


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PRESIDENTE. Ha conosciuto Ilaria Alpi?

ALESSANDRA BOZZA. No.

PRESIDENTE. Ha mai saputo di che cosa si interessasse? Quando ha saputo dell'omicidio?

ALESSANDRA BOZZA. Quando sono arrivata in Somalia.

PRESIDENTE. Chi le parlò di quest'omicidio?

ALESSANDRA BOZZA. Se ne parlava anche nella cooperazione, fra colleghi.

PRESIDENTE. Insomma, era un argomento di frequente conversazione?

ALESSANDRA BOZZA. Sì. Poi sono venuti dei giornalisti. È venuta a preparare un servizio anche una giornalista di RAI 3, che ho conosciuto e con la quale si è parlato. Se ne parlava anche con i somali.

PRESIDENTE. Ha mai sentito nominare Hashi Omar Hassan?

ALESSANDRA BOZZA. Sì, è stata la persona per la quale sono dovuta andare via da Mogadiscio, per ragioni di sicurezza. Quando è venuto fuori il suo nome, i capi della sua famiglia, Abdallah Rone, hanno detto che si sarebbero vendicati per l'arresto di quelli che erano espatriati. Perciò siamo dovuti andare via da Mogadiscio.

PRESIDENTE. Si sarebbero vendicati nei confronti degli italiani?

ALESSANDRA BOZZA. Sì.

PRESIDENTE. Quindi, lei si è allontanata da Mogadiscio.

ALESSANDRA BOZZA. Siamo...

PRESIDENTE. Siamo? Chi?

ALESSANDRA BOZZA. Tutti gli espatriati.

PRESIDENTE. Chi vi ha dato disposizioni?

ALESSANDRA BOZZA. La Comunità europea.

PRESIDENTE. Perché? Chi era questo Hashi Omar Hassan? Quindi lei era in Somalia quando fu arrestato in Italia?

ALESSANDRA BOZZA. Sì.

PRESIDENTE. Quindi l'arresto di questo cittadino somalo destò grande scalpore, grande rumore. Ci spieghi, ci faccia rivivere il momento.

ALESSANDRA BOZZA. All'epoca, a capo della delegazione per la Somalia, c'era l'ambasciatore Cassini.

PRESIDENTE. Conosceva l'ambasciatore Cassini?

ALESSANDRA BOZZA. Sì, l'ho conosciuto.

ELETTRA DEIANA. Quando ha conosciuto l'ambasciatore Cassini?

PRESIDENTE. Ricorda quando ha conosciuto l'ambasciatore Cassini?

ALESSANDRA BOZZA. In che anno è stato arrestato Hashi?

PRESIDENTE. Nel gennaio 1998.

ALESSANDRA BOZZA. L'abbiamo conosciuto a Nairobi quando è stato nominato ambasciatore, poi l'ho incontrato nuovamente a Mogadiscio dove lui veniva ad incontrare i capi per tentare di compiere una mediazione per ottenere la riapertura del porto e dell'aeroporto. Allora io lavoravo nei territori centrali, ma la sede in Somalia dell'organizzazione Cisp aveva sede a Mogadiscio. Era uno dei pochi posti in cui si mangiava bene perché c'era un cuoco


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che aveva imparato a cucinare bene all'ambasciata italiana. Per questa ragione l'ambasciatore veniva la sera, e cenavamo insieme.

PRESIDENTE. L'ambasciatore le ha significato un proprio interessamento teso a individuare chi avesse ucciso i due giornalisti italiani?

ALESSANDRA BOZZA. Sì. Ne parlava lui e ne aveva parlato Washington.

PRESIDENTE. E che cosa diceva? Lei ha parlato direttamente con Cassini?

ALESSANDRA BOZZA. Una sera ce ne ha parlato, senza entrare nei particolari. Diceva di essere sulla pista giusta per scoprire i responsabili.

PRESIDENTE. Quanto tempo prima dell'arresto di Hashi Omar Hassan?

ALESSANDRA BOZZA. Poche settimane prima.

PRESIDENTE. Spiegò perché avesse queste buone speranze?

ALESSANDRA BOZZA. No.

PRESIDENTE. Sa se Washington collaborasse in questa attività di indagine con l'ambasciatore Cassini?

ALESSANDRA BOZZA. Sì.

PRESIDENTE. Chi altro collaborava con Cassini? Ha mai sentito parlare di un certo Shino?

ALESSANDRA BOZZA. Sì, ho sentito parlare di questa persona, ma non l'ho mai conosciuta.

PRESIDENTE. In che senso ne ha sentito parlare?

ALESSANDRA BOZZA. Perché era una persona che gravitava intorno alla sede della comunità europea di Mogadiscio.

PRESIDENTE. Tramite Cassini o altri, non ha mai saputo qualche particolare sulle indagini che venivano svolte e su chi si confrontava con il nostro ambasciatore Cassini?

ALESSANDRA BOZZA. No, anche perché a Mogadiscio e in Somalia si sentono sempre tante storie, e le storie vengono ingrandite. Ho sempre avuto l'atteggiamento di ascoltare tutto, ma poi spesso...

PRESIDENTE. Poi, la facciamo noi la tara, ma intanto vediamo.

ALESSANDRA BOZZA. Non ricordo bene perché si trattava di chiacchiere.

PRESIDENTE. Ce le dica.

ALESSANDRA BOZZA. La cosa che ricordo era la sicurezza che Cassini aveva, e come ritenesse di avere il modo giusto e la possibilità di conciliare i capi delle fazioni per riaprire il porto e l'aeroporto. Queste cose però venivano considerate senza molto fondamento. Cassini presentava tutte le cose come facili e già risolte.

PRESIDENTE. Vi era questo semplicismo.
Quando fu arrestato Hashi Omar Hassan lei ebbe occasione di confrontarsi con l'ambasciatore Cassini? L'ambasciatore Cassini, a quel punto, svelò che questo era il risultato della sua indagine?

ALESSANDRA BOZZA. Non l'ho più visto.

PRESIDENTE. Quello era anche il periodo in cui i cittadini somali, fra i quali Hashi Omar Hassan, vengono portati in Italia per le violenze subite ad opera dei militari italiani. Si è confrontata con l'ambasciatore Cassini su questo?

ALESSANDRA BOZZA. No, solo con i giornalisti che sono arrivati a Mogadiscio.

PRESIDENTE. Ha sentito a parlare di un certo Gelle?


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ALESSANDRA BOZZA. Gelle o Ghelle?

PRESIDENTE. Dica lei.

ALESSANDRA BOZZA. Ghelle è un nome somalo.

PRESIDENTE. Da Cassini ha mai sentito parlare di un certo Ahmed Ali Rage, detto Gelle?

ALESSANDRA BOZZA. Di Mogadiscio?

PRESIDENTE. Ce lo dica lei. Chi era Rage?

ALESSANDRA BOZZA. Se non ricordo male era un piccolo capo di una fazione.

PRESIDENTE. Di dove?

ALESSANDRA BOZZA. Di Mogadiscio nord.

PRESIDENTE. Com'è che ricorda questa persona abbastanza bene? Se lo ricorda fisicamente? Ce lo descriva.

ALESSANDRA BOZZA. Era piuttosto alto, un metro e novanta, abbastanza massiccio. Credo di averlo conosciuto all'aeroporto di Mogadiscio nord.

PRESIDENTE. Sa se aveva rapporti con l'ambasciatore Cassini?

ALESSANDRA BOZZA. Non lo so.

PRESIDENTE. E con Shino?

ALESSANDRA BOZZA. Non lo so.

PRESIDENTE. E con Washington?

ALESSANDRA BOZZA. Si conoscevano con Washington, essendo il rappresentante della comunità europea a Mogadiscio.

PRESIDENTE. Lui non lavorava con Cassini, a stretto rigore. Come fa a sapere che era un collaboratore?

ALESSANDRA BOZZA. Cassini viveva nella stessa sede quando si recava a Mogadiscio.

PRESIDENTE. Le mostro una fotografia.
Si dà atto che l'ufficio mostra al teste una foto segnaletica, documento 112.0, protocollo 1167/Alpi.

ALESSANDRA BOZZA. Non è il Rage che dico io.

PRESIDENTE. La teste dichiara di non riconoscere alcuna persona nella foto che le è stata mostrata e testualmente dice: non è il Rage che conosco io.
L'ufficio mostra alla teste il documento 201 contenente fotografia che ritrae due persone, che entrambe detengono due kalashnikov. Chiedo alla teste se conosca uno di essi.

ALESSANDRA BOZZA. Ho visto senz'altro questo ragazzo tra le scorte, ma non ne conosco il nome. L'altro no.

PRESIDENTE. La teste risponde di conoscere soltanto di vista, perché faceva parte delle scorte, la persona fotografata a sinistra e non l'altra.
A proposito della prima fotografia, l'ufficio dà atto che si tratta della foto segnaletica riguardante Ahmed Ali Rage, detto Gelle, secondo la foto segnaletica, la quale non parla nemmeno di Gelle, ma parla di Rage.

CARMEN MOTTA. Mi interessa capire se le ha mostrato la foto segnaletica.

PRESIDENTE. Esatto. E ha detto che non è il Rage che conosce lei.

ALESSANDRA BOZZA. Infatti, ci sono varie persone con lo stesso nome.

CARMEN MOTTA. E la seconda foto?


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PRESIDENTE. La foto 201 è la foto che ci ha inviato il giornalista Remigio Benni, e si riferisce al suo autista, ma non lo ha riconosciuto.
L'ufficio mostra al teste l'album indicato con la lettera A, filmato 20 marzo 1994, Mogadiscio ABC, recupero corpi, operatore Carlos Mauro Leon, e in particolare la foto di cui alla pagina 7, e quella a pagina 8, chiedendo alla stessa se riconosce nella persona ritratta, e che indossa camicia bianca a righe blu, qualcuno di sua conoscenza.

ALESSANDRA BOZZA. No.

PRESIDENTE. La teste risponde negativamente.
Torniamo ad Hashi Omar Hassan. Lei era a Mogadiscio. Dovette allontanarsi, come tanti italiani, da Mogadiscio, perché c'era questa possibile reazione violenta nei vostri confronti. Sarà stata anche un'occasione per prendere qualche informazione su questa persona, sul suo possibile coinvolgimento. L'ha fatto? E, se sì, qual è stato il risultato delle sue conoscenze? Infatti, quello era partito come una vittima delle violenze.

ALESSANDRA BOZZA. Dopo gli articoli sulle violenze ai somali, molti di loro si aspettavano di ricevere qualcosa per mezzo di possibili testimonianze. Perciò c'era la fila con i giornalisti per testimoniare, per dichiarare di aver subito violenza o che conoscevano qualche fatto. Quando questo Hashi è andato in Italia, molti somali dicevano che lui voleva solo venire in Italia, mentre poi lo hanno giocato e lo hanno inserito in quel gruppo.

PRESIDENTE. Chi lo avesse inserito lei lo sa?

ALESSANDRA BOZZA. Dicevano che fosse stato Washington.

PRESIDENTE. Non Cassini?

ALESSANDRA BOZZA. Cassini su indicazione di Washington. Non credo che Cassini potesse scegliere direttamente lui la persona. Questo era quanto si diceva a Mogadiscio all'epoca. Si diceva che poteva essere implicato oppure no. Di sicuro, lui era uno di quelli che aveva accettato di andare in Italia perché pensava di ricevere dei benefici.

PRESIDENTE. Insomma, tutto pensava tranne che essere incriminato.

ALESSANDRA BOZZA. Sì.

PRESIDENTE. Ha raccolto anche dichiarazioni che davano Hashi Omar Hassan come il reale o probabile omicida dei due giornalisti?

ALESSANDRA BOZZA. No.

PRESIDENTE. Lei è stata vittima di un sequestro da parte di gruppi criminali vicini ad Hashi Omar Hassan o no?

ALESSANDRA BOZZA. No, ho solo ricevuto la minaccia.

PRESIDENTE. In quel periodo?

ALESSANDRA BOZZA. Successivamente.

PRESIDENTE. Quando?

ALESSANDRA BOZZA. Alla fine del 1997?

PRESIDENTE. No. La fine del 1997 è prima dell'arresto. Lui è stato arrestato il 12 gennaio 1998.

ALESSANDRA BOZZA. Mi sembra prima.

PRESIDENTE. A noi risulta nel marzo 1998. È possibile?

ALESSANDRA BOZZA. Provo a fare una ricostruzione.

PRESIDENTE. Per noi è importante capire. Questa è una cosa diversa rispetto


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a quello che ha detto prima? Lei prima ci ha parlato del fatto che qualcuno aveva preannunciato il suo sequestro e per questo lei non è andata a Johar. Invece, questa volta, il tentativo di sequestro c'è stato?

ALESSANDRA BOZZA. Sì, ero nella macchina ma il sequestro non c'è stato.

PRESIDENTE. E in che cosa è consistito il tentativo?

ALESSANDRA BOZZA. La macchina è stata bloccata. Cercavano me. C'era Giancarlo. Andavamo ad El Maan.

PRESIDENTE. Lo può collocare temporalmente? Faccia uno sforzo. Lei è una persona di grande intelligenza e precisione. Un collegamento con l'arresto di Hashi Omar Hassan, rispetto ad un tentativo di sequestro che l'ha riguardata, non è una cosa che si dimentica. Non abbia preoccupazione nel parlarne.

ALESSANDRA BOZZA. Sto cercando di collocarlo nel tempo.

PRESIDENTE. Prima del tempo, la logica. Lo ricorda come una risposta, sul piano della cronologia, rispetto all'arresto di Hashi Omar Hassan, o no?

ALESSANDRA BOZZA. Non ho collegato quel tentativo di sequestro al fatto di Hashi. Forse è stato per mia ignoranza, ma anche sul momento non mi sembra che nessuno lo abbia collegato.

PRESIDENTE. Noi abbiamo un'informativa che colloca il suo tentativo al 26 marzo 1998. È possibile o non è possibile? Può darsi anche che sia sbagliata.

ALESSANDRA BOZZA. La data potrebbe anche essere giusta.

PRESIDENTE. Le leggo l'informativa: «Per le iniziative dovute nel caso, si informa che nel pomeriggio di ieri, 26 corrente, funzionario della questura di Roma è stato contattato telefonicamente dal noto Giancarlo Marocchino, cittadino italiano residente a Mogadiscio, il quale ha segnalato l'esistenza di uno stato di tensione a Mogadiscio dovuto all'arresto avvenuto di recente a Roma del somalo Hashi Omar Hassan, ritenuto uno dei responsabili dell'omicidio dei due giornalisti Alpi e Hrovatin. Il predetto in particolare ha riferito che, nella giornata del 26, detto gruppo di malfattori avrebbe organizzato un'imboscata in danno di tale Alessandra Bozza, cittadina italiana che lavora in un'organizzazione umanitaria, al fine di rapirla. Il progetto sarebbe stato sventato dalla scorta dello stesso Marocchino, che avrebbe fronteggiato gli aggressori». È vero o falso?

ALESSANDRA BOZZA. È vero. Io non sono in grado di collocare esattamente la data e neanche le motivazioni.

PRESIDENTE. Leggo ancora: «Il gruppo che avrebbe programmato il rapimento sarebbe vicino al citato Hashi Omar Hassan e, a dire del Marocchino, sarebbe tuttora intenzionato a prendere in ostaggio un cittadino italiano per chiedere la liberazione del somalo detenuto in Italia».

ELETTRA DEIANA. La nota è della Digos di Roma?

PRESIDENTE. È del dipartimento della pubblica sicurezza.

CARMEN MOTTA. Quando è stata inviata?

PRESIDENTE. Il 27 marzo 1998, cioè il giorno dopo. Inviata al Ministero degli affari esteri, direzione generale dell'immigrazione e degli affari sociali - unità di crisi.

ELETTRA DEIANA. L'abbiamo acquisita dalla questura di Roma?

PRESIDENTE. Viene da Ionta. È una risposta alla richiesta fatta da Giannini per via gerarchica per conoscere la situazione


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a Mogadiscio dopo l'arresto e per effetto dell'arresto di Hashi Omar Hassan. È stata mandata anche - lo dico per informazione ulteriore - al Sismi. Nella stessa data del 27 marzo viene mandata agli affari esteri e al Sismi.

ELETTRA DEIANA. È Marocchino che la manda al Sismi direttamente o è la Digos di Roma che la manda al Sismi?

PRESIDENTE. Leggo: «Funzionario della questura di Roma è stato contattato telefonicamente dal noto Giancarlo Marocchino, cittadino italiano, il quale ha segnalato l'esistenza», eccetera. Poi, la Digos - che è dipartimento di pubblica sicurezza - la manda al Ministero degli esteri e al Sismi.

ELETTRA DEIANA. A quale ufficio del Sismi?

PRESIDENTE. Al direttore.

ELETTRA DEIANA. Chi era, allora, il direttore del Sismi?

PRESIDENTE. Nel 1998 era Battelli.

ALESSANDRA BOZZA. Mi scusi, presidente, qual è la data dell'arresto di Hashi?

PRESIDENTE. Il 12 gennaio 1998.

ALESSANDRA BOZZA. Sì, è possibile. Sinceramente, sulle date esatte...

PRESIDENTE. Signora, è vero che, praticamente, Marocchino sventò il sequestro in suo danno?

ALESSANDRA BOZZA. Sì.

PRESIDENTE. Ci dica com'è successo.

ALESSANDRA BOZZA. Quando le macchine sono state bloccate, non Marocchino personalmente - perché non parla il somalo, quindi non è che potesse discutere o trattare...

PRESIDENTE. Marocchino era presente?

ALESSANDRA BOZZA. Sì. Dunque, ha mandato i capi della sua scorta a trattare e a vedere cosa volessero e perché. Non so cosa si siano detti, dato che ciò non è avvenuto in mia presenza (anzi, io ero ben chiusa dentro la macchina) e dopo un certo tempo...

ELETTRA DEIANA. Mi scusi, signora, ma lei ci ha detto in precedenza che non era affatto partita, dopo aver ricevuto la notizia dal poliziotto di quartiere!

ALESSANDRA BOZZA. Sono due fatti diversi; quel fatto era precedente a questo.
Insomma, dopo un certo tempo di trattative, con queste scorte che continuavano a discutere e tutti gli uomini armati intorno, hanno detto OK, ovvero che potevo passare.

PRESIDENTE. E Marocchino cosa ha fatto, a quel punto? L'ha scortata?

ALESSANDRA BOZZA. Dovevamo andare da Mogadiscio ad un paese sulla costa. Ed è stato lungo quel percorso che ci hanno bloccato. Poi, abbiamo proseguito e siamo arrivati a destinazione.

PRESIDENTE. Altro non ha saputo attorno ad Hashi Omar Hassan?

ALESSANDRA BOZZA. No.

PRESIDENTE. Per precisione, va detto che questo documento - che viene inviato alle autorità che ho indicato - si trova in quattro fascicoli: nel fascicolo 4.10 (proveniente dal dottor Ionta), nel fascicolo 102.3 (carte Sismi), nel fascicolo 151.1 (carte Digos) e nel fascicolo 139.2 (direzione centrale della polizia di prevenzione, ovvero l'organo dal quale proviene la comunicazione agli altri organi).
Lei era molto amica, per quel che ci risulta, di Starlin.


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ALESSANDRA BOZZA. Di Starlin Arush?

PRESIDENTE. Esatto, di Starlin Arush, uccisa nel 1995.

ALESSANDRA BOZZA. No, è stata uccisa nel 2002; il 21 ottobre 2002.

PRESIDENTE. Chi era Starlin? Come era composta la famiglia di Starlin?

ALESSANDRA BOZZA. Quella di Starlin era una grossa famiglia...

PRESIDENTE. Dove abitava?

ALESSANDRA BOZZA. Sia a Merca sia a Mogadiscio sud. Starlin era nell'Associazione delle donne somale denominata IDA - è un'associazione internazionale - e lavorava come coordinatrice per la Somalia per l'organizzazione Cosv.

PRESIDENTE. Aveva delle sorelle?

ALESSANDRA BOZZA. Sì, ha una sorella, Alina, che vive in Somalia.

PRESIDENTE. La conosce?

ALESSANDRA BOZZA. Sì, certo.

PRESIDENTE. Aveva altri parenti?

ALESSANDRA BOZZA. Ne ha molti, di parenti.

PRESIDENTE. Intendo dire parenti con cui lei era in contatto.

ALESSANDRA BOZZA. Sì, suo fratello Nassir Arush, che adesso è in Canada, e la nipote Hibo Yassin, con la quale condividiamo la casa a Nairobi. Anche con Starlin abbiamo diviso la stessa casa a Nairobi: è la casa in cui è stata uccisa.

PRESIDENTE. Ha potuto ricostruire - attraverso conoscenze successive o del periodo - la ragione per cui Starlin è stata uccisa? Qualcuno, ad esempio, ci ha detto che una delle causali potrebbe essere stata la sua sensibilità alla condizione della donna in Somalia. Altri ci hanno parlato di un semplice tentativo di rapina o di sequestro andato male. Ecco, queste sono le tesi più ricorrenti nelle deposizioni che abbiamo raccolto. Lei, che era così vicina a Starlin, ci può dire quali sono le sue conoscenze al riguardo?

ALESSANDRA BOZZA. Quando Starlin è stata uccisa mi trovavo in Somaliland. L'organizzazione per cui lavoravo mi ha subito avvisato e sono partita immediatamente per tornare a Nairobi. Sono arrivata a Nairobi il giorno dopo; contemporaneamente, anche mio marito arrivava in città, forse il giorno successivo. Come prima reazione ho pensato che, visto che si trattava di una tale persona, la sua morte doveva senz'altro essere motivata dalla sua attività sociale e politica, da tutti i rischi che aveva corso e dalle sue posizioni. Questa è stata la mia reazione immediata. Però, arrivata a Nairobi ho pensato che bisognava seguire la cosa e cercare di capire con maggiore sicurezza la dinamica e il perché fosse stata uccisa, prima di rischiare di innescare una guerra fra clan.

PRESIDENTE. Di quale clan faceva parte Starlin?

ALESSANDRA BOZZA. Starlin era del gruppo habr ghedir...

PRESIDENTE. Quindi, il gruppo di Ali Mahdi.

ALESSANDRA BOZZA. No, di Aidid. Però, lei è stata nemica di Aidid ed ha sempre sostenuto la necessità di stare al di fuori dei clan, per cui è stata in una posizione scomoda per tutti.
Appena arrivata a Nairobi, ho saputo che gli amici e i parenti che erano a Nairobi avevano trasportato il corpo di Starlin a Merca. Io, invece, sono rimasta a Nairobi e ho contattato la polizia e gli investigatori. C'erano difficoltà a trovare i testimoni, in quanto tutti hanno paura di


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avere a che fare con la polizia, a Nairobi; perciò, con l'aiuto del mio autista abbiamo trovato l'autista della macchina di Starlin e le persone che erano presenti e abbiamo cercato di rassicurarli; li ho portati alla polizia e - attraverso le varie testimonianze - hanno trovato non solo la macchina che era stata usata per l'attacco, ma anche la proprietaria, la quale era rimasta sequestrata nella macchina per tutto il pomeriggio.
Tra le varie ricostruzioni, la più probabile è questa: il gruppo di persone che ha ucciso Starlin aveva già compiuto in quella giornata, con la stessa macchina, almeno altre due azioni criminose, senza uccidere nessuno; quando sono arrivati al compound, alle case dove abitavamo, le due macchine sono entrate contemporaneamente (anche a Nairobi vi sono uomini di guardia alle case); la macchina di Starlin è entrata nel cortile e l'altra macchina l'ha seguita. Lei ha fatto per uscire, ma senza rendersi conto che era un attacco. Hanno tentato di toglierle la borsa in cui aveva i soldi che aveva ritirato alla banca per un conto dell'ospedale. Si è opposta e le hanno sparato. Sono reazioni che non si possono controllare. Sappiamo tutti che non bisogna reagire, però sul momento...

PRESIDENTE. Questa, dunque, è la ricostruzione a sua conoscenza.
Ha mai parlato con Starlin della vicenda di Ilaria Alpi? Starlin le ha mai confidato o detto che cosa ne pensasse, che cosa avesse conosciuto o accertato o le fosse stato riferito al riguardo?

ALESSANDRA BOZZA. No. Si era parlato di Ilaria Alpi, ovviamente...

PRESIDENTE. Starlin conosceva la Alpi?

ALESSANDRA BOZZA. Starlin conosceva Ilaria Alpi e so che l'aveva anche ospitata a casa sua. So che c'era stato un episodio in cui l'aveva quasi protetta e portata a casa, però non abbiamo parlato d'altro. Abbiamo commentato le notizie sui giornali...

PRESIDENTE. Niente di più?

ALESSANDRA BOZZA. No.

PRESIDENTE. Non le ha detto se avesse avuto notizie da parte di qualcuno intorno alle ragioni per le quali erano stati uccisi i due giornalisti?

ALESSANDRA BOZZA. No, non ne abbiamo mai parlato.

PRESIDENTE. Ha saputo che Starlin aveva rilasciato un'intervista ad una giornalista?

ALESSANDRA BOZZA. Sì, ad una sua amica giornalista; però, non ne abbiamo mai parlato.

PRESIDENTE. Le risulta che l'auto su cui viaggiavano Ilaria Alpi e Miran Hrovatin dopo l'omicidio sarebbe stata ricoverata nella casa di Starlin?

ALESSANDRA BOZZA. No, è la prima volta che lo sento.

PRESIDENTE. Le risulta che Starlin si sia occupata della raccolta di fondi a sostegno di Aidid?

ALESSANDRA BOZZA. No, non mi risulta e mi sembra alquanto strano, in quanto erano su posizioni diverse.

PRESIDENTE. Sa se Starlin si sia mai interessata di forniture di armi a favore di Aidid?

ALESSANDRA BOZZA. Sarebbe stato contrario a tutto quello che ha fatto.

PRESIDENTE. Contrario fino ad un certo punto; la contrapposizione con Aidid non c'è sempre stata.

ALESSANDRA BOZZA. No, certo, però non ho conosciuto Starlin come una persona del genere. So che è stata dipinta


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come war woman o qualcosa del genere, ma non credo che lo fosse. Era talmente diversa!

PRESIDENTE. Ha mai sentito parlare del progetto Somib?

ALESSANDRA BOZZA. No.

PRESIDENTE. Ha conosciuto Elio Sommavilla?

ALESSANDRA BOZZA. Sì.

PRESIDENTE. Chi è?

ALESSANDRA BOZZA. È a capo di un'organizzazione denominata Water for Life, in gemellaggio con alcune scuole in provincia di Trento. Sono stata nel villaggio Ayuub - che lui ha fondato assieme a Mana - per una consulenza, qualche anno fa.

PRESIDENTE. Adesso sa dove sia?

ALESSANDRA BOZZA. Non sono sicura ma è probabile che sia a Nairobi.

PRESIDENTE. Sa che cosa stia facendo?

ALESSANDRA BOZZA. Si occupa dell'organizzazione e dei progetti.

PRESIDENTE. E a Nairobi che cosa fa?

ALESSANDRA BOZZA. La maggior parte delle organizzazioni che operano in Somalia hanno sede a Nairobi.

PRESIDENTE. Come si chiama l'organizzazione per la quale egli opera?

ALESSANDRA BOZZA. Water for Life.

PRESIDENTE. È molto che non lo vede?

ALESSANDRA BOZZA. Sarà un anno, circa. L'ho visto casualmente.

PRESIDENTE. Sa se avesse rapporti con Marocchino?

ALESSANDRA BOZZA. Non credo.

PRESIDENTE. Non le risulta?

ALESSANDRA BOZZA. So che si sono conosciuti.

PRESIDENTE. Parlo di rapporti di amicizia oppure di interesse.

ALESSANDRA BOZZA. Non credo.

PRESIDENTE. La ringrazio.
La parola all'onorevole Deiana.

ELETTRA DEIANA. Grazie, presidente.
Signora, vorrei sapere quando ha parlato per l'ultima volta con Giancarlo Marocchino.

ALESSANDRA BOZZA. A Nairobi, la settimana scorsa.

ELETTRA DEIANA. Da cosa nasce questa sua testimonianza davanti alla Commissione? Da una richiesta di Marocchino?

ALESSANDRA BOZZA. No, da una richiesta del vostro consulente.

ELETTRA DEIANA. Ha parlato con Marocchino di questo suo viaggio? Si è consultata con lui?

ALESSANDRA BOZZA. No.

ELETTRA DEIANA. Non ha avuto modo di parlare con Marocchino a proposito di questa Commissione d'inchiesta, dopo l'incontro con il nostro consulente? Vorrei avere chiaro questo passaggio, che per me non lo è.

ALESSANDRA BOZZA. Sono tornata a Nairobi dal Somaliland per un periodo di sosta e ho ricevuto una telefonata...

ELETTRA DEIANA. Da chi?


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ALESSANDRA BOZZA. Da Marocchino, che chiedeva di mio marito. Mi ha detto che aveva indicato il nome di mio marito come esperto nel diritto islamico e sulle corti islamiche a Mogadiscio, perciò ci siamo incontrati. Io ho avvisato mio marito, che mi sembra sia arrivato il giorno stesso - anzi, il giorno dopo questa telefonata...

ELETTRA DEIANA. Il giorno dopo che cosa?

ALESSANDRA BOZZA. Dopo la telefonata.

ELETTRA DEIANA. Di chi?

ALESSANDRA BOZZA. Di Giancarlo Marocchino, a me.

ELETTRA DEIANA. Le è arrivata un'altra telefonata?

ALESSANDRA BOZZA. No. Io ho avvisato mio marito di questa richiesta. Mio marito arrivava a Nairobi quel giorno, e ci siamo incontrati con Giancarlo Marocchino e Antonio Di Marco. Hanno parlato con mio marito e poi si è parlato della situazione di quegli anni a Mogadiscio e in genere e Antonio Di Marco ha detto che gli sembrava utile la mia testimonianza su...

ELETTRA DEIANA. Lei ha parlato con Di Marco? Gli ha spiegato delle cose? Non ho capito.

ALESSANDRA BOZZA. Siamo andati a pranzo e...

ELETTRA DEIANA. E avete parlato della vicenda di Ilaria Alpi?

ALESSANDRA BOZZA. No. Lui ha fatto delle domande a mio marito sulle corti islamiche, chiedendogli le sue conoscenze al riguardo. Poi, si parlava di aspetti della vita in Somalia, delle sue contraddizioni, di varie cose e in base alle mie conoscenze...

ELETTRA DEIANA. Che lei ha espresso in quella sede?

ALESSANDRA BOZZA. Sì. Mi è stato chiesto se ero disponibile a venire anch'io in Italia per questa testimonianza. Poi, parlando, è venuto fuori che Starlin era mia amica ed anche la vicenda di cui ella è stata vittima a casa mia. Allora, mi ha detto che era importante, interessante che io venissi a testimoniare su questo. Questo è quanto.

ELETTRA DEIANA. Ho capito. Dopo la conversazione a pranzo, Marocchino - insisto - ha avuto modo di sollecitare in qualche modo il suo viaggio qui a Roma?

ALESSANDRA BOZZA. No, non ce n'era bisogno.

ELETTRA DEIANA. Si è consultata con Marocchino su date o particolari che magari potevano essere utili alla Commissione e di cui lei non si ricordava?

ALESSANDRA BOZZA. Non abbiamo parlato di contenuti; con Marocchino, in quell'incontro, abbiamo parlato...

ELETTRA DEIANA. Del contesto, insomma.

ALESSANDRA BOZZA. Sì, di cosa succedeva in quegli anni, di cosa era successo.

ELETTRA DEIANA. A proposito di Giancarlo Marocchino, a noi risulta che lo stesso ha svolto un'importante collaborazione con il contingente italiano dell'operazione Unosom. Lei ha elementi di conoscenza su tale collaborazione? Che cosa ci può dire in proposito?

ALESSANDRA BOZZA. Io so le cose che mi hanno raccontato gli amici della cooperazione e Marocchino.

ELETTRA DEIANA. Ebbene, ci dica quello che sa.


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ALESSANDRA BOZZA. So che la cooperazione utilizzava i magazzini di Marocchino e che lui lavorava spesso per loro...

ELETTRA DEIANA. Per loro chi? Per i militari italiani?

ALESSANDRA BOZZA. Anche; si occupava della logistica, credo.

ELETTRA DEIANA. Mi interessa conoscere la collaborazione di Marocchino con il contingente italiano.

ALESSANDRA BOZZA. Con il contingente? Credo che fornisse la logistica e le conoscenze.

ELETTRA DEIANA. Che significa «la logistica»?

ALESSANDRA BOZZA. Come muoversi in un paese, in una città in cui c'è la guerra; avere qualcuno che sappia a chi rivolgersi e come provvedere; anche per acquistare delle cose, o per le comunicazioni. Questa è la logistica.

ELETTRA DEIANA. Le risulta - glielo ha detto lui oppure era voce corrente a Mogadiscio in quegli anni - che Marocchino fosse anche una delle fonti del Sismi, dell'intelligence italiana sul posto?

ALESSANDRA BOZZA. Questo faceva parte...

ELETTRA DEIANA. Della logistica?

ALESSANDRA BOZZA. Era una delle cose che si dicevano su Marocchino o che si dicevano su Washington, dato che erano comunque persone che tenevano i collegamenti e avevano contatti con loro.

ELETTRA DEIANA. Anche dall'ultima informazione che Marocchino fornisce alla Digos di Roma appare chiaro che lui...

ALESSANDRA BOZZA. Ha i contatti.

ELETTRA DEIANA. Non solo ha i contatti, ma sa tutto e in qualche modo trasmette; ha un ruolo importante, quindi. Lei invece ne parla come se fosse una leggenda metropolitana, più o meno. Le chiedo - per quello che ha potuto capire - se vi siano elementi concreti circa questo ruolo di supporto di Marocchino ai servizi italiani.

ALESSANDRA BOZZA. Senz'altro lui conosceva - e conosce - le persone e i contatti li aveva. Poi, a che livello fossero, non lo so.

ELETTRA DEIANA. Considerato il ruolo di Marocchino come polo di riferimento sotto tanti aspetti, la sua lunga permanenza sul territorio somalo e la sua conoscenza della storia di quel paese e dei luoghi dove, tra l'altro, è avvenuto il delitto, pensa che - immediatamente o in un lasso di tempo non lunghissimo - egli abbia potuto acquisire elementi di conoscenza precisi (non voci) circa la dinamica, le responsabilità e i soggetti del fatto di cui stiamo parlando, ovvero dell'assassinio dei due giornalisti italiani? Glielo chiedo anche in relazione a quello che lei sa sui comportamenti sociali e culturali della gente di Somalia.

ALESSANDRA BOZZA. Penso che senz'altro lui abbia potuto acquisire i dettagli sulla dinamica...

ELETTRA DEIANA. Li avrebbe potuti acquisire?

ALESSANDRA BOZZA. Sì, su come sono avvenuti i fatti. Questo penso che per Marocchino sia possibile senz'altro. Non so, riguardo all'identificazione, all'individuazione delle reali responsabilità, quanto lui sia in grado di saperlo.

ELETTRA DEIANA. Certo, la dinamica è la cosa più facile da sapere.

ALESSANDRA BOZZA. Si sono raccontate tante storie su chi ha sparato per primo oppure...


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ELETTRA DEIANA. Ecco, Marocchino che cosa le ha detto di preciso su questa dinamica? Penso che ne abbiate parlato.

ALESSANDRA BOZZA. Non nei dettagli.

ELETTRA DEIANA. Ma come è possibile che non si parli nei dettagli, tra due italiani, di una vicenda che ha toccato altri due italiani? Mi sembra strano!

ALESSANDRA BOZZA. Intanto, era passato un bel po' di tempo...

ELETTRA DEIANA. Mica tanto: lei arriva sul posto alla fine del 1994, quindi era passato qualche mese; non si tratta di tanto tempo bensì di pochi mesi. Era una vicenda di cui, tra l'altro, in Italia si parlava moltissimo. Due italiani si ritrovano più o meno a pochi metri dal luogo del delitto: insomma, per come è la cultura italiana, penso che avessero modo di parlarne ampiamente!

ALESSANDRA BOZZA. Quello che Giancarlo ha raccontato a me e ad altri amici è come si sia trovato sul posto e cosa sia successo a lui, con il corpo di quella ragazza. Ma allora, in un primo momento, non si è parlato della meccanica. Nessuno ne parlava in quel momento perché era più forte l'impatto di quel che era accaduto. Poi, in un primo momento...

ELETTRA DEIANA. Marocchino non le ha detto se avesse o non avesse raccolto informazioni su come erano successi i fatti?

ALESSANDRA BOZZA. Successivamente. Le cose che ho saputo da lui, prima, riguardavano come lui si è trovato sul posto, chi l'ha chiamato e cosa è successo. Poi, sono cominciate a nascere le discussioni sulla meccanica e al riguardo le voci erano contraddittorie. Lui mi ha detto che cercava informazioni, che prendeva informazioni...

ELETTRA DEIANA. Le ho chiesto, considerato che Marocchino si trovava nella zona dove è avvenuto il delitto e che - da quello che ci consta - uno come lui sapeva tutto del territorio (o per lo meno sapeva molto), se avesse fatto dei passi per acquisire elementi di concretezza. Questa è la domanda che le ho fatto, non le ho chiesto a proposito delle voci. Le voci le sappiamo, ce n'erano tante!

ALESSANDRA BOZZA. Però, deve capire che non è che, appena arrivata a Mogadiscio, sono diventata improvvisamente, da un momento all'altro, grande amica di Giancarlo Marocchino. I primi tempi, ad esempio, quando arrivavo a Mogadiscio ci stavo un giorno, poi ripartivo; e magari lui era al porto a lavorare e ci si trovava mezz'ora alla sera.

ELETTRA DEIANA. E quando si è consolidata l'amicizia?

ALESSANDRA BOZZA. Quando, con il tempo, si è consolidata l'amicizia non è che necessariamente si tornasse a parlare di Ilaria Alpi; con tutto quello che succedeva a Mogadiscio in quell'epoca, sicuramente Ilaria Alpi non era l'argomento di conversazione normale.

ELETTRA DEIANA. Immagino che non fosse l'argomento di conversazione quotidiana - ci mancherebbe! - ma vi sarà pur stata qualche occasione di discussione. Suppongo che l'omicidio di due italiani - che aveva avuto una grossa ripercussione nel nostro paese - abbia offerto talvolta uno spunto di conversazione per altri due italiani che erano lì, sul posto.
Allora, se si sono verificate tali occasioni, se avete avuto modo di parlare approfonditamente della questione, che cosa ha detto Marocchino? Che cosa sapeva di preciso?

ALESSANDRA BOZZA. Non ricordo di aver mai parlato diffusamente con Marocchino...


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ELETTRA DEIANA. Insomma, Marocchino non le ha detto niente?

ALESSANDRA BOZZA. Non credo. Di particolare, no.

ELETTRA DEIANA. Ho capito, non le ha detto niente.
Lei ha avuto modo di conoscere, di avere notizie sulla strada Garoe-Bosaso? Conosce questa strada? L'ha mai percorsa?

ALESSANDRA BOZZA. Sì, l'ho percorsa.

ELETTRA DEIANA. E che cosa sa di questa strada?

ALESSANDRA BOZZA. In che senso? Non ho capito la domanda.

ELETTRA DEIANA. È una strada che c'è da sempre?

ALESSANDRA BOZZA. Sì.

ELETTRA DEIANA. Era in precedenza una pista e poi vi è stata costruita una strada?

ALESSANDRA BOZZA. È una strada costruita dai cinesi...

ELETTRA DEIANA. Ad un certo punto, non è stata asfaltata?

ALESSANDRA BOZZA. Sì, ma molti anni fa. A quando si riferisce?

ELETTRA DEIANA. Vorrei sapere che cosa sa lei della strada Garoe-Bosaso.

ALESSANDRA BOZZA. Ho percorso quella strada in automobile...

ELETTRA DEIANA. Quindi, è una strada asfaltata.

ALESSANDRA BOZZA. Sì, certo.

ELETTRA DEIANA. Non credo che i cinesi conoscessero la tecnica dell'asfalto...

ALESSANDRA BOZZA. Se è per questo, hanno fatto degli asfalti migliori degli italiani. Le loro strade sono ancora percorribili, mentre quelle italiane sono distrutte!

ELETTRA DEIANA. In quale epoca?

ALESSANDRA BOZZA. All'epoca della collaborazione con Siad Barre. C'erano le missioni cinesi...

ELETTRA DEIANA. Quindi, è una strada che risale alla collaborazione precedente alla caduta di Siad Barre?

ALESSANDRA BOZZA. Sì. Dopo Siad Barre non c'è stato più niente. C'è stato solo il caos. Durante l'epoca socialista, in Somalia, arrivavano i cinesi - come oggi la cooperazione europea - per lavorare lì. E hanno costruito delle strade.

ELETTRA DEIANA. Sa se Marocchino vi abbia lavorato, in qualsiasi periodo, anche magari con la collaborazione della cooperazione cinese?

ALESSANDRA BOZZA. So che percorreva quelle strade perché aveva dei camion. Mi aveva raccontato che faceva dei percorsi.

ELETTRA DEIANA. In che epoca? Prima o dopo Siad Barre?

ALESSANDRA BOZZA. Penso durante Siad Barre.

ELETTRA DEIANA. Sa se abbia avuto un subappalto?

ALESSANDRA BOZZA. Non lo so. So che faceva dei lavori, però non so con chi li facesse.


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ELETTRA DEIANA. Non sa nulla su problematiche relative al fatto che in questa strada vennero interrati depositi di prodotti nocivi?

ALESSANDRA BOZZA. No, non lo so.

ELETTRA DEIANA. Sa dell'arresto, dell'espulsione di Marocchino dalla Somalia, da parte di Unosom?

ALESSANDRA BOZZA. Si riferisce a quando è stato portato a Nairobi?

ELETTRA DEIANA. Sì.

ALESSANDRA BOZZA. Me lo ha raccontato lui.

ELETTRA DEIANA. E che cosa le ha raccontato?

ALESSANDRA BOZZA. Mi ha raccontato di quando era a Nairobi, non dei motivi reali...

ELETTRA DEIANA. Ma era a Nairobi per turismo, per scelta?

ALESSANDRA BOZZA. No, mi ha raccontato che era stato espulso, trasportato in aereo...

ELETTRA DEIANA. E lei non ha avuto la curiosità di chiedergli perché Unosom l'avesse espulso?

ALESSANDRA BOZZA. Non sono una persona curiosa. Se una persona mi racconta le cose, bene, altrimenti non indago, soprattutto in Africa...

ELETTRA DEIANA. Va bene, rispetto le sue convinzioni.
Torniamo a Marocchino. Per quale motivo le ha raccontato quell'episodio?

ALESSANDRA BOZZA. Si parlava di Nairobi e mi ha raccontato quell'episodio, che era particolarmente vivo per lui. Me lo ha raccontato ma non siamo entrati nei particolari su come si sia svolto o perché. Faceva parte, del resto, della sua vita precedente alla nostra conoscenza, alla nostra amicizia.

ELETTRA DEIANA. Ho capito, gliene ha parlato quasi fosse una vicenda come tante altre, senza entrare nei particolari.

ALESSANDRA BOZZA. Sì.

ELETTRA DEIANA. Le ha detto semplicemente che Unosom l'aveva mandato via da Mogadiscio?

ALESSANDRA BOZZA. Bisognerebbe chiarire una cosa. In Somalia, a Mogadiscio, succedono e sono successe tante di quelle cose, una dietro l'altra, che un'espulsione da quel paese è quasi normale. Annalena Tonelli, uccisa l'anno scorso, è stata espulsa dalla Somalia ma di sicuro non aveva fatto niente di criminoso.

ELETTRA DEIANA. Ma io non voglio dire che lui avesse fatto qualcosa di criminoso.

ALESSANDRA BOZZA. Non c'è niente di strano, è diventata quasi una cosa normale...

ELETTRA DEIANA. Signora, mi scusi, ma voglio sapere soltanto se ne avesse parlato con Marocchino, ovvero se - attraverso i suoi rapporti di amicizia con Marocchino - avesse avuto modo di sapere quali erano stati i motivi dell'espulsione. Se mi dice che Marocchino non gliene ha parlato e che lei è così riservata da non chiedere ulteriori specificazioni, basta così.

ALESSANDRA BOZZA. Appunto. Io le ho detto di no ma lei mi dice che le sembra strano...

ELETTRA DEIANA. No, a me sembra strano che non abbiate parlato della vicenda di Ilaria Alpi ma va bene, prendo la cosa così come lei l'ha detta.


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Ha saputo che in uno dei magazzini di Giancarlo Marocchino, in diverse circostanze, sono state trovate armi illegali?

ALESSANDRA BOZZA. Cosa significa «armi illegali»?

ELETTRA DEIANA. Armi frutto di traffici illeciti, giudicati tali dalle autorità militari - da Unosom - presenti in Somalia.

ALESSANDRA BOZZA. No.

ELETTRA DEIANA. Non ha mai saputo niente al riguardo?

ALESSANDRA BOZZA. Di armi illegali, no.

ELETTRA DEIANA. Di armi frutto di traffici, intendo dire.

ALESSANDRA BOZZA. No.

ELETTRA DEIANA. Marocchino, dopo il 1994, è stato responsabile del programma alimentare europeo, esatto?

ALESSANDRA BOZZA. Del WFP.

ELETTRA DEIANA. Ne è a conoscenza?

ALESSANDRA BOZZA. Sì, so che si era occupato di questo.

ELETTRA DEIANA. Lei opera nella sanità, se ho capito bene.

ALESSANDRA BOZZA. Sì.

ELETTRA DEIANA. Ha avuto modo di conoscere Fumagalli?

ALESSANDRA BOZZA. Fumagalli chi?

ELETTRA DEIANA. La dottoressa Fumagalli.

ALESSANDRA BOZZA. La dottoressa che è stata uccisa?

ELETTRA DEIANA. Sì. L'ha conosciuta?

ALESSANDRA BOZZA. No, non l'ho conosciuta di persona.

ELETTRA DEIANA. Non ne ha nemmeno sentito parlare?

ALESSANDRA BOZZA. Sì, ne ho sentito parlare.

ELETTRA DEIANA. E che notizie ha di questa dottoressa? Sappiamo che è stata uccisa nella primavera del 1995.

ALESSANDRA BOZZA. Mi hanno raccontato come è avvenuto il fatto e le possibili cause della sua uccisione.

ELETTRA DEIANA. E quali sarebbero, queste cause?

ALESSANDRA BOZZA. Si parla di un tentativo di diffondere la religione cristiana, di fare proselitismo, il che era contro i gruppi integralisti.

ELETTRA DEIANA. E di Annalena Tonelli che cosa ci può dire?

ALESSANDRA BOZZA. Che eravamo molto amiche e abbiamo lavorato insieme. Adesso so che c'è il processo a coloro che sono stati accusati del suo omicidio, ad Hargeisa. Mi dica cosa vuole sapere.

ELETTRA DEIANA. Volevo sapere se conosceva queste due signore.
Prima, lei ha detto che Washington collaborava con Cassini. Si ricorda sulla base di che cosa ha potuto capire, intuire, apprendere che ci fosse questa collaborazione tra Washington e Cassini?

ALESSANDRA BOZZA. Sapevo - perché Cassini ce lo aveva detto - che Washington gli organizzava degli incontri, lo aiutava ad organizzare degli incontri a Mogadiscio con i warlords.


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ELETTRA DEIANA. Quindi, è Cassini che ha riferito di questa collaborazione di Washington con lui.

ALESSANDRA BOZZA. Di un aiuto, sì.

ELETTRA DEIANA. A proposito delle violenze che sarebbero state perpetrate da un gruppo di militari italiani nei confronti di alcuni somali, lei ha detto di aver appreso la notizia dai giornalisti. Ricorda quali fossero?

ALESSANDRA BOZZA. Mi sembra che fosse un giornalista di la Repubblica.

PRESIDENTE. Bellu?

ALESSANDRA BOZZA. Non ricordo i nomi. Comunque, erano arrivati a Mogadiscio due o tre giornalisti che conducevano un'inchiesta e che abitavano a casa di Giancarlo Marocchino.

ELETTRA DEIANA. Lei, prima, tra le associazioni, ha citato il Cosv.

ALESSANDRA BOZZA. Il Cosv era l'organizzazione in cui lavorava Starlin. Poi c'era il Cisp, che era un'organizzazione per la quale ho lavorato e che aveva sede a Mogadiscio.

ELETTRA DEIANA. Che attività svolgeva il Cosv?

ALESSANDRA BOZZA. Il Cosv opera ancora a Merca. Ha dei progetti sanitari, di educazione, di agricoltura, e vari programmi.

ELETTRA DEIANA. E collaborava nella zona di Aidid o di Ali Mahdi.

ALESSANDRA BOZZA. Il Cosv non era a Mogadiscio, ma era a Merca. Il Cisp, invece, aveva sede a Mogadiscio nord, nella zona di Ali Mahdi. Ho indicato la posizione della sede tra Ali Mahdi e Shek Ali.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Motta.

CARMEN MOTTA. Riallacciandomi alle risposte che ha dato alle domande dell'onorevole Deiana, dal momento che conosceva bene la realtà somala, anche per il lavoro che lei svolge e per i contatti che lei ha, le hanno mai riferito - è stato riferito come una voce di popolo da altri somali (e lei ne ha contattati per il suo lavoro) - che Marocchino avesse avuto problemi in quanto era stato accusato di aver fatto traffico di armi? Capisco che questo argomento è così delicato che non credo possa essere stato oggetto di grandi scambi tra voi, se non altro perché forse non faceva piacere a Marocchino parlarne, però, al di là dei suoi più diretti contatti, le sono giunte voci che effettivamente Marocchino avesse avuto problemi per traffico d'armi? E, se sì, o se no, perché?

ALESSANDRA BOZZA. Problemi in Somalia?

CARMEN MOTTA. Problemi in Somalia.

ALESSANDRA BOZZA. No.

CARMEN MOTTA. Non ha mai avuto notizia di questo? Lui è stato mandato via dalla Somalia, come le ricordava prima l'onorevole Deiana, per volontà degli americani - diciamolo espressamente - perché accusato di essere un intermediario importante di traffico illecito - ovviamente, vi è anche un traffico illecito purtroppo lecito, come dice l'onorevole Deiana - di armi.
Capisco che possa anche non averne parlato con Marocchino, però non ha mai sentito nulla in riferimento a questo argomento, anche come voce riportata, anche come chiacchiera?

ALESSANDRA BOZZA. No, ma non credo che ce ne sia mai stata l'opportunità o l'occasione.

CARMEN MOTTA. Non con Marocchino.


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ALESSANDRA BOZZA. Con Marocchino assolutamente no, perché, anche se avessi sentito la voce, o se ne avessi avuto il sospetto, essendo ospite di un amico gli avrei chiesto: scusa hai fatto traffico d'armi? E neanche al di fuori dell'ambiente di Marocchino, perché non era comunque un argomento...

CARMEN MOTTA. Neanche nell'ambito della cooperazione, dove lei lavorava? Guardi che io le sto parlando di una cosa che ha suscitato notevole scalpore. Lei non può non aver sentito nulla su questa vicenda, perché è stata una cosa che oltretutto ha danneggiato l'attività ufficiale (lo dico tra virgolette) di Marocchino. Lui, infatti, è dovuto uscire dalla Somalia, è dovuto restare lontano dalla Somalia, è dovuto rientrare, riprendere i contatti. Questa è una cosa che non solo era risaputa in tutta la Somalia - penso - ma che ha avuto delle ricadute su coloro che si appoggiavano a Marocchino (cooperatori, uomini d'affari che potevano andare giù). A me risulta strano che lei non abbia sentito proprio nulla.

ALESSANDRA BOZZA. Non dico che non ho sentito nulla. Dai somali mai assolutamente.
Io sono arrivata dopo, ma nell'ambiente della cooperazione vi era gente che aveva già conosciuto Marocchino precedentemente, perché avevano operato con organizzazioni umanitarie a Mogadiscio, durante gli anni della guerra; chiaramente, parlavano di questo.

CARMEN MOTTA. E che cosa dicevano?

ALESSANDRA BOZZA. Le opinioni erano contrastanti. Qualcuno diceva che poteva essere possibile, qualcuno diceva che era assurdo.

PRESIDENTE. Che cosa era assurdo?

ALESSANDRA BOZZA. L'idea.

CARMEN MOTTA. Le armi le hanno trovate.

ALESSANDRA BOZZA. Allo stesso modo, altre persone che l'avevano conosciuto e che avevano lavorato con lui...

ELETTRA DEIANA. Ne ha sentito parlare.

ALESSANDRA BOZZA. Sì, ma non da Marocchino, né dai somali, perché non era un argomento di conversazione. A me sembra a volte che per voi sia difficile capire che ci sono altri interessi, per cui se noi lavoriamo lì, ci occupiamo di altre cose e non delle notizie sui giornali o delle chiacchiere che vanno dal diavolo all'acqua santa.

ELETTRA DEIANA. Io prima le ho chiesto se lei aveva avuto notizia di queste accuse, che potevano essere vere o false, di coinvolgimento di Marocchino nel traffico illegale di armi. Io le ho detto questo, e lei ha detto di no.

PRESIDENTE. La domanda è in questo senso. Lei ha detto: non ne ho parlato con Marocchino, non ne ho parlato con i somali.
Nell'ambiente della cooperazione - adesso ci spiegherà che cosa significa l'ambiente della cooperazione o della ex cooperazione (chiamiamola come meglio vogliamo) - c'era chi diceva una cosa e chi ne diceva un'altra. La domanda è precisa. Che cosa significa l'espressione: nell'ambiente della cooperazione? Chi diceva una cosa e chi ne diceva un'altra... qual era una cosa e qual era l'altra? Non ci interessa degli altri, ma ci interessa solo di Marocchino. Il fenomeno non ci interessa, il fenomeno è notorio, appartiene ad una acquisizione che la Commissione non ha nemmeno preso in considerazione perché è una realtà vissuta.
La domanda è precisa. All'interno della cooperazione, posto che lei ha escluso gli altri due settori - i somali e Marocchino -, o dell'ex cooperazione, chi e in quali


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termini le ha parlato in un senso o in un altro rispetto al traffico di armi riferito a Marocchino?

ALESSANDRA BOZZA. Prima di tutto, per cooperazione non si intende la cooperazione italiana, quella chiacchierata. Parlo della cooperazione internazionale dopo il 1994. Nelle varie organizzazioni che operavano e che operano in Somalia è chiaro che i volontari cooperanti sono molti. Alcuni, nel 1994-1995, non erano tutti nuovi, come me. Molti lavoravano già da qualche anno e ovviamente avevano conosciuto Marocchino a Mogadiscio, ed avevano avuto diverse esperienze e contatti con lui, di vario tipo, sul lavoro o al di fuori del lavoro. La cosa che io ho sentito da loro è che commentavano queste accuse di traffici d'armi o di altre cose nei confronti di Marocchino. Alcuni dicevano che in quella situazione tutto poteva essere vero e altri dicevano di no e che gli sembrava assurdo. Si trattava però di opinioni e non c'erano riferimenti a fatti.

RAFFAELLO DE BRASI. Con riferimento agli ambienti della cooperazione, l'immagine che Marocchino aveva dentro quest'ambiente era così ambivalente, così ambigua? Al di là di come lei lo ha conosciuto - mi pare che lei ne abbia dato un giudizio piuttosto positivo - dal punto di vista dell'immagine che lui aveva nel mondo della cooperazione o fra le persone che lei conosceva, somali ed altri, qual era l'immagine che si aveva di Marocchino? Era così ambivalente come sembra a noi? A lei risultava che avesse un'immagine così ambivalente e così ambigua?

ALESSANDRA BOZZA. Le persone che hanno avuto contatti con lui per la cooperazione o durante i programmi di aiuto generalmente ne parlavano sempre in modo positivo.
Il fatto che lavorando o vivendo nell'ambiente vi fossero difficoltà con i somali e necessità di mediare molte cose... c'erano molte persone che ritenevano che Marocchino, come molti che lavorano nel business, non fosse limpido al cento per cento, e c'era un'opinione diffusa.

CARMEN MOTTA. Lei ha detto che quando ha avuto occasione di frequentare Marocchino e di essere ospite a casa sua, l'omicidio di Alpi e Hrovatin non era l'elemento fondamentale che si considerava. È normale che sia così. Ma quando con una persona si ha un rapporto amichevole, può accadere che ci si scambi qualcosa di affrettato, ma pur sempre particolarmente importante per le persone, essendoci un rapporto di fiducia. Fatta questa premessa le chiedo se secondo lei Marocchino nel tempo ha continuato ad interessarsi di questo caso e a tentare di individuare i reali responsabili. Glielo chiedo perché lei avrà saputo che Hashi Omar Hassan è stato condannato definitivamente per questo omicidio (peraltro lui si è sempre dichiarato innocente). Nella frequentazione che lei ha continuato ad avere con Marocchino, ha avuto l'impressione che Marocchino continuasse ad interessarsi di questo omicidio e, se sì, perché e su che cosa? Ha avuto modo di riparlarne con lui da questo versante? La Commissione è molto interessata a capire i comportamenti successivi parlando con chi, come lei, conosce molto bene la Somalia e continua ad operare in Somalia, anche con riferimento a quello che è successivamente avvenuto in Italia.

ALESSANDRA BOZZA. Credo che Giancarlo Marocchino se ne sia continuato ad interessare.

PRESIDENTE. Che significa: credo? Ha sentito Marocchino?

CARMEN MOTTA. Gliel'ha detto lui?

PRESIDENTE. Ne ha registrato la volontà? O le ha riferito di comportamenti attuati per individuare responsabilità e responsabili? Lei deve dire quello che ha sentito, quello che ha visto e quello che le hanno raccontato.

ALESSANDRA BOZZA. Quando Marocchino veniva chiamato in causa sui giornali, mi diceva che bisognava andare a fondo e cercare in modo diverso le cose,


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perché c'erano cose non chiare, e che la realtà poteva essere diversa da ciò che appariva.

PRESIDENTE. Come apparivano?

ALESSANDRA BOZZA. Come apparivano sui giornali.

PRESIDENTE. Mi faccia un esempio di quello che appariva sui giornali.

ALESSANDRA BOZZA. A volte i giornali erano contraddittori: scrivevano dei taccuini spariti, poi però era stata diffusa un'altra versione secondo cui era chiaro chi avesse avuto i taccuini, per cui tutto veniva messo in discussione. Poi, veniva citato il nome di Marocchino. E lui mi diceva: c'è qualcosa da scoprire; non è chiaro, probabilmente non è così come appare. Queste conversazioni...

CARMEN MOTTA. Lei sa che Marocchino è stato più volte indicato come uno dei responsabili di questo omicidio.

PRESIDENTE. Mandante.

CARMEN MOTTA. Addirittura come mandante. Il termine usato è stato questo.

ALESSANDRA BOZZA. Non lo sapevo.

CARMEN MOTTA. Non l'ha mai saputo? Non ha mai letto niente di questo?

ALESSANDRA BOZZA. Non è che leggiamo molti giornali in Somalia.

CARMEN MOTTA. È stato oggetto di interviste e di libri. Comunque, al di là della veridicità di questo, volevo sapere se lei sapeva che Marocchino era stato considerato addirittura come uno dei mandanti.

ALESSANDRA BOZZA. Da quello che lui diceva sembrava chiaro che fosse interessato a cercare la verità.

CARMEN MOTTA. Era interessato più per difendere se stesso da questa accusa molto pesante, di cui evidentemente non le ha mai fatto cenno...

ALESSANDRA BOZZA. Di questa accusa specifica, no. Peraltro, dopo il 1998 l'ho visto poche volte.

CARMEN MOTTA. Dunque, Marocchino faceva solo riferimenti generici. Se ho ben capito, diceva che vi erano dei punti oscuri e dei punti non chiariti e che bisognava continuare ad indagare. Lei dice che non sapeva se lo faceva per chiarire meglio la sua posizione o perché era interessato a dare un contributo al chiarimento di un omicidio che non è stato mai definitivamente chiarito nei suoi termini complessivi. Una persona è stata condannata, ma non vi sono ancora i moventi e i mandanti, e noi siamo qui per questo.

PRESIDENTE. Sa se lo facesse?

ALESSANDRA BOZZA. No.

CARMEN MOTTA. Quando frequentava Marocchino e la sua casa, ha mai avuto occasione di incontrare giornalisti? Se sì, quali?

ALESSANDRA BOZZA. Ne ho incontrati di famosi, ma non ricordo i nomi.

CARMEN MOTTA. Gliene suggerisco io: Alberizzi?

ALESSANDRA BOZZA. Sì.

CARMEN MOTTA. Carmen Lasorella?

ALESSANDRA BOZZA. No.

CARMEN MOTTA. Benni?

ALESSANDRA BOZZA. Sì.

CARMEN MOTTA. Bellu?


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ALESSANDRA BOZZA. Non me lo ricordo.

CARMEN MOTTA. Lei ricorda solo Alberizzi?

ALESSANDRA BOZZA. Sì, anche perché mi è capitato di incontrarlo più di una volta.

CARMEN MOTTA. Ha avuto modo anche di interloquire con Alberizzi?

ALESSANDRA BOZZA. Sì.

CARMEN MOTTA. Di che cosa?

ALESSANDRA BOZZA. Dell'inchiesta che stava conducendo sulle torture dei somali.

CARMEN MOTTA. E di traffico di rifiuti?

ALESSANDRA BOZZA. No.

ELETTRA DEIANA. Porzio e Simoni li ha incontrati?

ALESSANDRA BOZZA. Sì.

CARMEN MOTTA. Con il dottor Alberizzi ha avuto modo di parlare del traffico di rifiuti in Somalia?

ALESSANDRA BOZZA. Ricordo di aver parlato con i giornalisti delle torture, perché quello era l'argomento all'ordine del giorno.

CARMEN MOTTA. Vuole precisare per Porzio e Simoni?

ALESSANDRA BOZZA. Li ho incontrati quando sono arrivati a Mogadiscio.

CARMEN MOTTA. Li ha solo visti?

ALESSANDRA BOZZA. Abbiamo cenato allo stesso tavolo e c'è stata una comune conversazione.

CARMEN MOTTA. A questo tavolo si è parlato solo delle violenze degli italiani nei confronti dei somali?

ALESSANDRA BOZZA. Sì.

CARMEN MOTTA. C'era anche l'ambasciatore Cassini?

ALESSANDRA BOZZA. No.

CARMEN MOTTA. Lei ha fatto riferimento alla formazione della lista dei somali che dovevano venire a deporre in Italia alla commissione Gallo, relativamente alle presunte violenze o alle violenze. Mi ha colpito una cosa che lei ha detto. Può specificare meglio a chi si riferisce quando dice: hanno formato le liste? Chi formò queste liste, secondo lei?
In secondo luogo, perché lei ha detto che Washington era un soggetto chiacchierato? Le due cose sono strettamente connesse.

PRESIDENTE. Anche di Cassini ha detto che era un semplicista.

CARMEN MOTTA. Mi sembra che la signora abbia detto prima che Washington ha avuto un ruolo. Mi sembra di aver capito così, dunque, parlo di Washington per il riferimento che ha fatto la signora.

ALESSANDRA BOZZA. Non so chi abbia materialmente compilato le liste. Cassini ci raccontava che stavano indagando e che avevano stabilito contatti. In Somalia era la persona che collaborava attivamente per i contatti. Washington apparteneva ad un certo clan e svolgeva un certo ruolo.

CARMEN MOTTA. A che clan?

ALESSANDRA BOZZA. Hawye, un clan minoritario. Per i suoi contatti internazionali, molte persone a Mogadiscio dicevano che lui era collegato con i servizi segreti.

CARMEN MOTTA. Italiani?

ALESSANDRA BOZZA. Sì.


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PRESIDENTE. E di Cassini che cosa si diceva?

ALESSANDRA BOZZA. Non se ne parlava, ma noi, persone che lavoravano nella cooperazione e che vivevano da tempo a Mogadiscio, dicevamo che era ottimistica e semplicistica la sua idea, per la quale si sentiva così sicuro, di riuscire con i suoi contatti a Mogadiscio a far riaprire il porto e l'aeroporto. Ed infatti così è successo. C'era una nostra opinione di fronte alle sue velleità.

CARMEN MOTTA. Che ruolo ha avuto in Italia e in Somalia la società degli intellettuali somali? La conosce?

ALESSANDRA BOZZA. So che esiste, ma penso che la sua fama sia maggiore della sua capacità di svolgere un ruolo.

CARMEN MOTTA. Lei sa che l'esponente di rilievo di questa società è l'avvocato Duale?

ALESSANDRA BOZZA. Sì.

CARMEN MOTTA. Ci può dire qualcosa sull'attività dell'avvocato Duale con riferimento a questa società?

ALESSANDRA BOZZA. No.

CARMEN MOTTA. Non sa nulla.

ALESSANDRA BOZZA. No.

CARMEN MOTTA. Sempre in riferimento alla lista di cui le chiedevo prima, è vero che alla formazione di queste liste contribuirono in vario modo sia Aidid che Ali Mahdi?

ALESSANDRA BOZZA. Non lo sapevo.

CARMEN MOTTA. A lei non risulta?

ALESSANDRA BOZZA. Non ne ho mai sentito parlare.

CARMEN MOTTA. Dunque, sembrerebbe che il tutto sia avvenuto attraverso il lavoro di Cassini e di Washington, in particolar modo (lei prima è stata molto chiara da questo punto di vista).

ALESSANDRA BOZZA. Però non so attraverso quali contatti.

CARMEN MOTTA. Non può darci indicazioni da questo punto di vista? Non conosce i somali che Washington frequentava?

ALESSANDRA BOZZA. No e preferivo non interessarmene.

PRESIDENTE. A quali somali si riferiva invece Cassini, a parte Washington?

ALESSANDRA BOZZA. So solo che i suoi contatti avvenivano attraverso la sede della comunità europea a Mogadiscio. Non conosco altre fonti.

CARMEN MOTTA. Lei sa che il problema del traffico dei rifiuti con la Somalia è un tema molto antico. Lei, con la sua conoscenza e l'approfondimento che ha potuto fare della realtà somala anche attraverso la conoscenza di tante persone, in che modo ha potuto sentire di questo traffico? Che cosa può dire alla Commissione in relazione a questo tema?
La strada Garoe-Bosaso è proprio una delle strade su cui c'è stata un'attenzione particolare in relazione al traffico di rifiuti. Così pare dagli atti di altre Commissioni che hanno indagato, e anche da quello che abbiamo potuto appurare direttamente. Che cosa ci può dire su questo tema così rilevante?
Lei avrà letto le notizie di stampa che scrive di ciò che è venuto alla luce con lo tsunami che ha sconvolto parte delle coste somale...

ALESSANDRA BOZZA. Ho letto l'informazione su internet.


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CARMEN MOTTA. Quindi, lei non l'ha saputo direttamente, ma solo attraverso internet.

ALESSANDRA BOZZA. Sì. In questi anni, quando si parla di scorie e rifiuti tossici, è opinione diffusa che la Somalia sia un posto in cui sono stati scaricati rifiuti tossici, per la situazione che facilita questo tipo di illeciti, come il mancato controllo del territorio e del mare. Probabilmente questo è uno dei posti in cui ciò è più facile.

CARMEN MOTTA. Il mancato controllo del territorio discende da un'autorità riconosciuta e statale. Lì, invece, proprio il tipo molto particolare di controllo del territorio ha consentito ai vari gruppi di accordarsi e di consentire che questo traffico avvenisse.

ALESSANDRA BOZZA. Sì, c'è stato il mancato controllo da parte delle istituzioni.

CARMEN MOTTA. Queste notizie le ha apprese dalla stampa o ha avuto occasione di parlare con qualcuno che gliel'ha potuto dire direttamente? Non sto parlando di un testimone oculare, ma di qualcuno che ha avuto la notizia direttamente da qualcun altro. Ha sempre e solo letto di ciò e non ha mai avuto contatti con qualcuno che gliene riferisse (qualcuno che dicesse: guarda che ho saputo...)?

ALESSANDRA BOZZA. Né a me né alle persone che io frequento qualcuno ha detto: so che si è verificato questo fatto in quel posto.

CARMEN MOTTA. Che cosa le dice Shifco?

ALESSANDRA BOZZA. So che è la società che gestisce delle navi che erano dello Stato somalo.

CARMEN MOTTA. Solo questo?

ALESSANDRA BOZZA. E che a gestire la compagnia è un somalo che usa queste navi privatamente: Mugne.

CARMEN MOTTA. Che significa: privatamente?

ALESSANDRA BOZZA. Per il suo business.

CARMEN MOTTA. Quale business?

ALESSANDRA BOZZA. Non lo so.

CARMEN MOTTA. Nessuno gliene ha parlato?

ALESSANDRA BOZZA. Anche Mugne è una persona sulla quale la gente dice tante cose. Non vedo come posso riferire quelle cose. Può darsi che siano vere.

CARMEN MOTTA. Ha saputo del sequestro di una di queste navi a Bosaso?

ALESSANDRA BOZZA. Ne ho sentito.

CARMEN MOTTA. Solo sentito? Cioè ne ha solo letto, ma nessuno le ha mai riferito direttamente qualcosa?

ALESSANDRA BOZZA. No, inoltre non lavoro in quelle zone.

PRESIDENTE. Mugne utilizzava per fini privati queste navi. E fin qui ci siamo perché si trattava di navi, pescherecci per l'esattezza, che avevano una finalità. Prima erano dello Stato somalo e poi sono diventate di proprietà privata, ma non si capisce in quale modo. Insomma, la privatizzazione delle navi Shifco è stata fatta in questo modo. In realtà, non si tratta di una privatizzazione, ma lì lo Stato non c'era più, per cui è un fenomeno diverso. Forse, venendo meno lo Stato, le navi le dovevamo riprendere noi, ma noi siamo ricchi e quindi possiamo fare anche di queste cose.


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ALESSANDRA BOZZA. Per la mentalità somala, Mugne può anche dire di avere preso in custodia quelle navi.

PRESIDENTE. La custodia si conferisce e non si prende. È un po' diverso. Si diceva che era a fini privati, per il suo business, ma lei non può ignorare che tra i business di cui si parla nei confronti di Mugne, c'era anche quello dell'utilizzazione di queste navi della cooperazione per il traffico d'armi...

ALESSANDRA BOZZA. Ho sentito questa voce.

PRESIDENTE. Quindi, non può parlare solo di business. Parliamo di tutto. Innanzitutto, se sono voci mi interessano di meno. Da chi l'ha saputo? Da alcune persone? Non dico che lei ne debba ricordare nomi e cognomi, perché qui mi sembra che non esistano nomi e cognomi, ma ricorda in quali ambienti o settori? Cassini le ha mai detto che Mugne faceva traffico d'armi con la Shifco?

ALESSANDRA BOZZA. No, non ne abbiamo mai parlato.

PRESIDENTE. Gliene ha mai parlato Washington?

ALESSANDRA BOZZA. No.

PRESIDENTE. Con chi ne ha parlato?

ALESSANDRA BOZZA. Con i colleghi della cooperazione.

PRESIDENTE. Cioè, con persone serie come lei?

ALESSANDRA BOZZA. Persone come me che non credo abbiano conoscenza diretta.

PRESIDENTE. Ci può fare qualche nome delle persone della cooperazione, serie come lei, che le hanno detto che Mugne faceva traffico d'armi con le navi Shifco?

ALESSANDRA BOZZA. Non mi hanno detto che faceva traffico d'armi, ma che erano venuti a conoscenza di questa informazione.
Le persone con cui ho parlato di questo tipo di argomenti sono: Alberto Fait, capo del Cefa, altra organizzazione italiana, e Mario Maritano, medico che lavora per la Comunità europea.

RAFFAELLO DE BRASI. Ha conosciuto Casamenti di Africa 70?

ALESSANDRA BOZZA. No.

RAFFAELLO DE BRASI. E non ha mai avuto rapporti con Africa 70, un'organizzazione non governativa che stava a Bosaso?

ALESSANDRA BOZZA. Ho avuto rapporti con Africa 70, ma negli ultimi due anni.

PRESIDENTE. E che cosa le dicevano le persone che lei ha nominato? Mi pare che siano anche persone che svolgono un certo ruolo e hanno certe responsabilità.

ALESSANDRA BOZZA. Sì.

PRESIDENTE. E che cosa le dicevano? Che erano cose a cui loro non credevano per niente, oppure erano cose che era spiacevole sapere?

ALESSANDRA BOZZA. Ne parlavano come cose su cui la magistratura avrebbe dovuto indagare, essendo cose serie. Era un'opinione comune.

PRESIDENTE. Questa è già una puntualizzazione importante.
Ad esempio, quando si parlava di Marocchino e del traffico delle armi che si attribuiva a Marocchino, le persone con le quali parlava le dicevano la stessa cosa, e cioè che era una cosa seria, sulla quale bisognava indagare, o no?

ALESSANDRA BOZZA. No.


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PRESIDENTE. Che cosa le dicevano?

ALESSANDRA BOZZA. Dicevano che era una delle tante cose che venivano dette su Marocchino.

PRESIDENTE. Lei sa di rapporti tra Marocchino e Mugne?

ALESSANDRA BOZZA. Rapporti diretti?

PRESIDENTE. Rapporti diretti e indiretti tra Marocchino e Mugne.

ALESSANDRA BOZZA. So che si conoscevano.

PRESIDENTE. Non sa che tipo di rapporti avessero?

ALESSANDRA BOZZA. No.

PRESIDENTE. Circa il traffico d'armi ha sentito fare affermazione anche nei confronti di Sommavilla? Infatti, tra i ventilati mandanti del duplice omicidio non c'è soltanto Marocchino, ma anche Sommavilla. Anzi, la sede nella quale si fa questa indicazione è proprio la stessa, che poi la Commissione ha valutato sotto certi profili. Noi abbiamo un documento, che non sappiamo se sia vero o falso, da qui risultano mandanti dell'omicidio Marocchino e Sommavilla, con riferimento al traffico d'armi. Lei mi ha detto che conosce Sommavilla, che ha avuto modo di incontrarlo a Nairobi e che l'ultima volta lo ha visto un anno fa. Sul traffico d'armi e su Sommavilla mandante dell'omicidio, che cosa sa?

ALESSANDRA BOZZA. Ho sentito parlare di questa cosa a Nairobi per la prima volta da Antonio Di Marco. Mi sono messa a ridere.

PRESIDENTE. Nessuno le ha mai detto che Sommavilla è stato configurato come il mandante dell'omicidio?

ALESSANDRA BOZZA. No.

PRESIDENTE. Dunque, lo ha saputo per la prima volta qualche giorno fa, in questo incontro che poi ha determinato questa audizione?

ALESSANDRA BOZZA. Sì.

PRESIDENTE. Al di là dell'indicazione del mandante dell'omicidio, ha mai sentito del coinvolgimento di Sommavilla nel traffico di armi?

ALESSANDRA BOZZA. No.

PRESIDENTE. Starlin le ha mai parlato dell'autista di Ilaria Alpi, che si chiamava Sid Ali Abdi, come persona conosciuta dalla stessa Starlin?

ALESSANDRA BOZZA. No.

PRESIDENTE. Non le ha mai detto che l'autista di Ilaria Alpi si era presentata da lei per farle una ricostruzione dei fatti?

ALESSANDRA BOZZA. Non ricordo.

PRESIDENTE. Ha mai visto questa persona (Mostra una fotografia)?

ALESSANDRA BOZZA. Può darsi che l'abbia visto. Non è una faccia del tutto nuova.

PRESIDENTE. Tra le persone presenti ne ha viste altre?

ALESSANDRA BOZZA. No.

PRESIDENTE. Mostrato alla teste il reperto fotografico 3 ABC 00.22, e chiesto se le tre persone ivi fotografate siano state da lei conosciute, indica soltanto quella ritratta a destra, ma soltanto come una persona vista in qualche situazione occasionale. Si dà atto che si tratta dell'autista di Ilaria Alpi Abdi.
La ringrazio. È stata molto utile, anche se mi rendo conto che è stato molto faticoso per lei.
È così concluso l'esame testimoniale in oggetto.

La seduta, sospesa alle 13.55, è ripresa alle 14.25.

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