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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame testimoniale dell'ammiraglio Gianfranco Battelli. Ammiraglio, prima di cominciare l'esame testimoniale vorrei farle presente che, tanto per esigenze che dovessero essere ravvisate dalla Commissione quanto per esigenze che dovessero essere da lei rappresentate, tali da comportare la necessità di segretare le sue dichiarazioni, procederemo in seduta segreta di conseguenza.
Inoltre, le faccio presente che lei è qui ascoltato in qualità di testimone; contrariamente a quanto accade normalmente presso le Commissioni parlamentari d'inchiesta, il nostro atto istitutivo ci impone di svolgere le audizioni con le forme della testimonianza, quindi con l'obbligo per il teste di dire la verità e di rispondere alle domande del presidente e dei commissari.
Per cominciare, le chiedo di declinare le sue generalità, l'attuale attività e il luogo di residenza e di lavoro, qualora non si tratti di informazioni coperte da ragioni di segretezza.
GIANFRANCO BATTELLI. Sono Gianfranco Battelli, ammiraglio di squadra in ausiliaria. Dall'aprile 2002 sono stato nominato consigliere della Corte dei conti. Sono nato a La Spezia il 5 dicembre 1937 e dimoro più o meno abitualmente a Roma, in via Chelini n. 20, ma la mia residenza ufficiale è a La Maddalena, in provincia di Sassari.
PRESIDENTE. Noi ci stiamo interessando - come lei sa - dell'uccisione dei giornalisti italiani Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, che si è verificata a Mogadiscio il 20 marzo 1994. Per prima cosa le chiedo quale attività lei stesse svolgendo a quella data.
GIANFRANCO BATTELLI. Ero capo di gabinetto del ministro della difesa, onorevole Fabbri, da tre mesi. Dal 1o gennaio 1994 ero stato nominato in sostituzione dell'ammiraglio Staglianò.
PRESIDENTE. Fino a quando è stato capo di gabinetto del ministro?
GIANFRANCO BATTELLI. Sono stato capo di gabinetto fino a quando sono stato nominato direttore del Sismi, nel 1996. Sono stato capo di gabinetto con il ministro
Fabbri e successivamente con il ministro Corcione (del Governo Dini) e con il ministro Previti (del Governo Berlusconi) ed infine con il ministro Andreatta (del Governo Prodi).
PRESIDENTE. Come capo del Sismi, in che periodo ha operato?
GIANFRANCO BATTELLI. Sono stato direttore del Sismi dal 4 novembre 1996 al 15 ottobre 2001.
PRESIDENTE. Il suo successore, dunque, è l'attuale capo del Sismi, generale Pollari.
GIANFRANCO BATTELLI. Esatto, è il generale Pollari.
PRESIDENTE. Per quelle che sono le sue consapevolezze, anche partendo dalla sua qualità di capo di gabinetto del ministro della difesa, protrattosi anche per il tempo che lei ha indicato, ci può dire quale fosse la posizione, dal punto di vista politico e non solo, del nostro paese rispetto alla Somalia, con particolare riferimento al 1994, anno che - come lei sa - dista tre anni dalla caduta di Siad Barre? Può dirci qualcosa su quale fosse la posizione dell'Italia rispetto alla Somalia?
GIANFRANCO BATTELLI. Presidente, confesso francamente il mio imbarazzo. Non ho elementi oggettivi che mi consentano di esprimere, a ragion veduta, degli elementi di situazione che siano incontrovertibili. Io ero capo di gabinetto di un ministro e quindi seguivo l'attività ...
PRESIDENTE. Insomma, della Somalia non si è mai interessato?
GIANFRANCO BATTELLI. Non direttamente. Certo, ho letto delle cose sui giornali, così come mi saranno arrivati dei documenti da far vedere al ministro, quando ero capo di gabinetto. Però, francamente, non sono stato interessato in termini diretti.
PRESIDENTE. Non ha alcuna consapevolezza dei rapporti tra Italia e Somalia nel 1994? Mi riferisco a molteplici profili: economici, politici, istituzionali, e così via.
GIANFRANCO BATTELLI. No, assolutamente. Le uniche cose che in qualche modo mi arrivavano, o potevano arrivarmi, come capo di gabinetto (delle quali, però, francamente non ho una memoria concreta) riguardavano la nostra missione militare in Somalia.
PRESIDENTE. Si riferisce al contingente italiano?
GIANFRANCO BATTELLI. Sì, al contingente italiano.
PRESIDENTE. Il contingente italiano, infatti, va via il 20 marzo 1994; parte da Mogadiscio in quella data, che coincide con l'uccisione dei due giornalisti.
Lei, dunque, sa soltanto che vi era il contingente e che ad un certo punto se n'è andato?
GIANFRANCO BATTELLI. Francamente, non lo seguivo neanche dal punto di vista pratico: il contingente aveva una dipendenza operativa dallo stato maggiore della difesa, mentre il capo di gabinetto si occupava dell'attività del ministro soprattutto in rapporto al Parlamento.
PRESIDENTE. Insomma, non si è mai interessato della Somalia?
PRESIDENTE. Ecco, così liberiamo il campo. Deve sapere che siamo abituati ad avere risposte negative (o prevalentemente negative), specialmente quando parliamo con appartenenti (o ex appartenenti) al Sismi!
GIANFRANCO BATTELLI. Come direttore del Sismi, me ne sono occupato ad un certo punto - non saprei dire esattamente in quale momento della mia permanenza in tale incarico -, dopo aver incontrato un
mio collega. Presidente, non per me ma per rispetto del mio collega, sarebbe meglio se potessimo andare in seduta segreta.
PRESIDENTE. Vedrà, ho già capito a quale collega si riferisce; ci arriveremo con calma.
GIANFRANCO BATTELLI. Non è un mio collega italiano, è un collega straniero.
PRESIDENTE. Va bene, ne parliamo dopo.
Nel suo incarico al Sismi, ha mai avuto modo di occuparsi della Somalia, sia per quel che accadeva sia per quel che era accaduto negli anni pregressi, nel corso dei quali lei era stato capo di gabinetto del ministro della difesa?
GIANFRANCO BATTELLI. Per quel che era accaduto negli anni pregressi - ad eccezione delle attività in particolare riguardanti l'omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin - me ne sono occupato esclusivamente in riferimento alle richieste istruttorie della magistratura, alle quali il Sismi rispondeva.
Viceversa, per quanto riguarda la Somalia, me ne ero occupato in riferimento a quel mio collega straniero, il quale mi aveva interessato perché, se ben ricordo - vado molto a memoria -, c'era un'iniziativa da parte del suo paese per cercare di pacificare la Somalia e di crearvi un Governo. Apparentemente, l'Italia era vista come un paese idoneo ad agevolare un processo mediatorio nei confronti degli uomini di maggiore spicco in Somalia, per aiutare il processo di pacificazione. Infatti, in tempi successivi - non ricordo se ero ancora direttore o successivamente - furono organizzate delle conferenze di pacificazione, che tuttavia non andarono a buon fine.
PRESIDENTE. Chi era questo suo interlocutore straniero?
GIANFRANCO BATTELLI. Si può segretare?
PRESIDENTE. Sta bene. Non essendovi obiezioni, dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo interno.
(La Commissione procede in seduta segreta.)
PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo interno.
Ammiraglio Battelli, può dirci chi - dal punto di vista dell'organizzazione interna del Sismi - si occupava della Somalia, o comunque della parte geografica dell'Africa in cui è ricompresa quella nazione?
GIANFRANCO BATTELLI. Il Sismi ha delle fonti informative che sono...
PRESIDENTE. Intendo chiederle quale, tra le varie divisioni che compongono il Sismi, se ne interessava.
GIANFRANCO BATTELLI. Non c'è qualcuno che si occupi specificatamente della Somalia.
PRESIDENTE. E a livello di divisione?
GIANFRANCO BATTELLI. Non c'è una divisione che si occupi specificatamente della Somalia. Il Sismi ha un'organizzazione basata su delle risorse per la ricerca informativa, che sono sostanzialmente di due tipi basilari (poi ce ne sono altre): la ricerca umana e la ricerca elettronica, cioè le intercettazioni di comunicazioni.
La ricerca umana è in Italia oppure all'estero. La ricerca all'estero veniva fatta dalla seconda divisione, però non è che si occupava...
GIANFRANCO BATTELLI. Sì, tutto l'estero. Siccome - presidente, è inutile che mi nasconda dietro un dito - ho letto l'audizione del generale Rajola, forse la sua domanda si vuol riferire al fatto che Rajola si occupava di...
PRESIDENTE. Noi abbiamo imparato alcune cose da parte di Rajola, ma non soltanto da lui.
GIANFRANCO BATTELLI. C'era in particolare Rajola, che è la persona...
PRESIDENTE. Un attimo. Prima le chiedo di rispondere alla mia domanda: la seconda divisione si interessava di tutto l'estero o soltanto della Somalia (o, comunque, dell'Africa)?
GIANFRANCO BATTELLI. Non per tutto l'estero, presidente, ma per quanto riguarda la ricerca all'estero.
PRESIDENTE. Qualunque fosse la località estera?
GIANFRANCO BATTELLI. Sì. Però, presidente - chiedo scusa - è un po' troppo settorializzato dire che si occupasse di tutta la ricerca all'estero.
PRESIDENTE. Non stiamo parlando della ricerca su tutto l'estero?
GIANFRANCO BATTELLI. No, c'è differenza tra la ricerca su tutto l'estero e la ricerca all'estero. La seconda divisione faceva attività di ricerca informativa con uomini scaglionati in territorio straniero.
PRESIDENTE. Su tutti i territori stranieri o soltanto su alcuni?
GIANFRANCO BATTELLI. Non tutti. Siccome la forza lavoro era quella che era, c'erano paesi più attenzionati e paesi meno attenzionati.
PRESIDENTE. Quindi, possiamo dire che la ricerca all'estero, quando per «estero» si intende la Somalia, ricadeva nelle competenze della seconda divisione. È esatto?
GIANFRANCO BATTELLI. Sì, certo.
PRESIDENTE. E invece l'ottava divisione di che cosa si interessava?
GIANFRANCO BATTELLI. L'ottava divisione si occupava della controproliferazione, ma in certo modo partecipava anche alla ricerca informativa con riferimento ai traffici illeciti, soprattutto ai traffici di armi; in particolare, ciò era riferibile ad una funzione che il Sismi esercitava nei confronti del Ministero degli esteri: quando si dava l'autorizzazione all'esportazione di armamenti, bisognava anche dare un parere che comportava la conoscenza del paese verso il quale si facevano le esportazioni di armi (ad esempio, se questo paese spendeva troppo per gli armamenti, o cose del genere). Ecco, questo tipo di attività veniva svolto dall'ottava divisione.
Inoltre, l'ottava divisione - per lo meno fino a quando ci sono stato io - svolgeva una blanda attività, non molto agguerrita dal punto di vista organizzativo, di intelligence economica.
PRESIDENTE. Che si intende per «intelligence economica»?
GIANFRANCO BATTELLI. L'intelligence economica comporta varie attività, a partire dall'aiuto alle nostre industrie che operano all'estero, per evitare la concorrenza sleale da parte di altri paesi. Nella fattispecie, sostanzialmente l'attività era tale. Io avevo cominciato ad attivarla, però un certo tipo di attività (come, ad esempio, verificare se vi fossero speculazioni sulla lira, o cose del genere) comportava un lavoro piuttosto difficile da realizzare per un servizio informazioni; per questioni di risorse o di tempistica di intervento, era un lavoro poco fruttifero. L'intelligence economica, quando l'ho presa io, era sostanzialmente agli inizi (anche se qualcuno potrebbe dire che non è così), ovvero non c'era nulla di strutturato.
PRESIDENTE. Per quanto riguarda, invece, il contrasto del traffico illecito di armi, soprattutto della controproliferazione delle armi di distruzione di massa, qual era lo stato dell'arte?
GIANFRANCO BATTELLI. Il vero lavoro nel quale l'ottava divisione era impegnata
al massimo delle sue risorse, il lavoro qualificante era la controproliferazione, cioè la lotta alla proliferazione delle armi di distruzione di massa.
PRESIDENTE. Lei ha detto di essere a conoscenza delle dichiarazioni rese dal generale Rajola Pescarini, quindi possiamo entrare direttamente nel merito della questione. Come sa, l'ex direttore della seconda divisione - parliamo di Rajola Pescarini, appunto - ci ha rappresentato alcune anomalie che si sarebbero, secondo il suo dire, verificate nello svolgimento delle attività interne al Sismi, rispetto alle competenze che così sommariamente abbiamo cercato di individuare; con riferimento al caso che ci occupa, egli ha affermato che attività e interventi per i quali sarebbe stata competente la seconda divisione sarebbero stati invece svolti dall'ottava divisione.
Il generale Rajola Pescarini cita in particolare un episodio: una visita in Somalia dell'allora capo del servizio Pucci, insieme all'ammiraglio Grignolo, all'epoca capo dell'ottava divisione, e ad un'altra persona, esattamente l'avvocato Duale. Tale operazione avrebbe determinato il risentimento del generale Rajola Pescarini (così ci è stato da lui rappresentato) a causa di quella che lo stesso generale ha definito una sorta di «deviazione» nello svolgimento delle attività del servizio, tanto più considerando che la presenza dell'avvocato Duale in quella circostanza sarebbe stata determinata dal fatto che tale avvocato avrebbe svolto il ruolo di informatore presso l'ottava divisione mentre avrebbe dovuto esserlo della seconda.
Ci può dire qualcosa al riguardo?
GIANFRANCO BATTELLI. Non ho contezza di questa visita di Grignolo in Somalia con il generale Pucci - anche se devo dire francamente che sono rimasto sorpreso, leggendo il resoconto stenografico dell'audizione -, quindi non sono in grado di stabilire le ragioni che abbiano portato a questo episodio.
PRESIDENTE. Non ne ha mai saputo nulla?
GIANFRANCO BATTELLI. No, assolutamente.
PRESIDENTE. E come interpreta questo episodio, da persona che per cinque anni ha gestito la direzione del Sismi?
GIANFRANCO BATTELLI. È difficile, presidente, fare delle valutazioni su cose che non si conoscono.
PRESIDENTE. Vero o no che sia, non ha importanza, ma avendone conoscenza...
GIANFRANCO BATTELLI. No, chiedo scusa, ma che Grignolo fosse andato in Somalia non ne sapevo proprio niente.
PRESIDENTE. Intendevo chiederle un'altra cosa. Che Grignolo fosse andato in Somalia lei non lo ha saputo; della presenza di Duale ne avrà saputo ancor meno; però, ammesso per un attimo che questo sia un dato con il quale confrontarsi realmente - perché in effetti le circostanze evocate dal generale Rajola Pescarini potrebbero corrispondere a realtà -, che interpretazione dà lei di questo fatto e del risentimento espresso dal generale Rajola Pescarini?
Ritiene che sia fondato dire che c'era una deviazione interna al Sismi, in quanto operazioni di pertinenza della seconda divisione sono state invece gestite dall'ottava, per di più da una divisione presso la quale si faceva utilizzazione di un informatore che non avrebbe dovuto, per la ripartizione delle competenze che abbiamo in precedenza illustrato, essere tale?
GIANFRANCO BATTELLI. Presidente, premesso che in questa sede esprimo solo delle valutazioni, vista la mia totale non conoscenza dei problemi, faccio un'ipotesi.
Il lavoro all'interno del servizio non è così rigidamente settorializzato; ci sono, ovviamente, strutture che fanno determinate cose e strutture che ne fanno altre; però, inevitabilmente, quando si fa attività informativa può capitare di avere delle risorse
e delle possibilità che consentono di fare cose che non rientrano necessariamente nei compiti assegnati.
Mi spiego. Io non so perché Grignolo utilizzasse Duale come informatore: suppongo che lo utilizzasse per fini suoi; non ho altra ipotesi da fare. Supponiamo che lo utilizzasse per fini suoi, cioè per seguire eventuali traffici illeciti nei confronti della Somalia, o cose del genere. Supponiamo che, ad un certo punto, nell'evolversi della situazione l'avvocato Duale si sia offerto per fare qualche cosa - non saprei dirle che cosa potesse essere - e che l'ammiraglio Grignolo sia andato dal suo direttore a dirgli: guarda, se devi andare là, c'è Duale che sarebbe disponibile a fare questa cosa.
PRESIDENTE. Grignolo è stato presente anche durante la sua gestione?
GIANFRANCO BATTELLI. Grignolo è stato capo dell'ottava divisione, con me, credo per il primo anno. Nel gennaio 1997, l'ho nominato anche capo reparto, quindi aveva a sua disposizione tutta l'attività connessa con la divisione controspionaggio e con la divisione controproliferazione, ovvero la sua vecchia divisione. Gli ho anche lasciato la divisione per circa dieci, undici mesi, in maniera tale da consentire un travaso...
PRESIDENTE. Si riferisce all'ottava divisione?
GIANFRANCO BATTELLI. Sì, all'ottava. Gli ho lasciato contemporaneamente l'ottava divisione e il reparto per circa dieci, undici mesi. Poi, verso la fine del 1997, gli è subentrato il suo numero due; ho passato la divisione al suo successore...
GIANFRANCO BATTELLI. Dipende ancora dal Sismi, quindi vorrei che si segretasse.
PRESIDENTE. Sta bene. Non essendovi obiezioni, dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo interno.
(La Commissione procede in seduta segreta.)
PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo interno.
Ammiraglio, prima di passare in seduta segreta, stava facendo un'ipotesi sull'utilizzazione dell'avvocato Duale da parte di Grignolo.
GIANFRANCO BATTELLI. Sì, quella potrebbe essere una spiegazione, non riesco a vederne altre. Devo dire una cosa, se mi è consentito. Come lei ha rilevato durante l'audizione del generale Rajola Pescarini, questi gestiva delle fonti in Italia, riferite alla Somalia. Erano fonti che lui aveva manipolato direttamente o tramite i suoi più diretti collaboratori da sempre, in Italia. Io li chiamavo «i vecchietti» perché erano persone...
PRESIDENTE. Che intende per «manipolato»?
GIANFRANCO BATTELLI. «Manipolato» significa gestito. È un termine tecnico.
PRESIDENTE. Sa com'è, a me hanno fatto una querela perché ho detto che qualcuno aveva manipolato un dato; devo dire che sono d'accordo col significato lessicale che lei ha illustrato.
GIANFRANCO BATTELLI. In gergo «manipolazione delle fonti» vuol dire «gestione delle fonti».
PRESIDENTE. Ecco, mi ha dato un buon suggerimento (Si ride).
GIANFRANCO BATTELLI. Lui gestiva, diciamo così, delle fonti in Italia, che aveva sempre gestito. Quando gli ho dato l'incarico di capo reparto e l'ho tolto dalla seconda divisione, l'ho fatto per ragioni ben precise in quanto avevo una grande stima e una grande fiducia del generale Rajola Pescarini e volevo che facesse una cosa ben precisa, che poi, per colpa mia, non è riuscito a fare. Dico «per colpa mia», in quanto non sono riuscito ad assicurargli le risorse umane necessarie.
Comunque, lui aveva queste persone. Tra l'altro, siccome Rajola Pescarini aveva anche una missione di proiezione verso l'estero - su mia richiesta ben precisa e specifica -, funzionale alle sue esperienze e alle sue capacità, ovvero mirata verso i paesi arabi e in particolare il Corno d'Africa, allora queste vecchie fonti gliele ho lasciate.
Ora, da un punto di vista puramente teorico, quello che Rajola eccepisce nei confronti di Grignolo lo potrebbe eccepire anche nei confronti di se stesso, però in generale, normalmente, si evita di far sì che le fonti cambino manipolatore o gestore perché - non è una regola scritta, ma in generale viene sempre applicata - fra il gestore, fra il manipolatore e la fonte si crea un rapporto fiduciario che è ottimale ai fini dello sfruttamento delle sue capacità informative. Se proprio non lo ordina il dottore, le fonti normalmente vengono lasciate al loro originario manipolatore!
PRESIDENTE. A prescindere dalla materia nella quale possono utili?
GIANFRANCO BATTELLI. In generale, sì. Poi, naturalmente, ciò dipende molto anche dalla possibilità che vi sia un contromanipolatore che viene percepito dalla fonte con favore. Ci sono fonti che non ci pensano nemmeno lontanamente a farsi gestire da un altro, perché non ne hanno fiducia; a quel punto, è assolutamente impossibile - se non rinunciando alla fonte - fargli cambiare manipolatore. Del resto, il servizio non è fatto di scatole chiuse; è vero che la burocrazia - il Sismi non ne è esente - tende a compartimentare le cose, però il servizio è un'organizzazione che vive di scambi informativi, soprattutto all'interno. Non è che la seconda divisione produceva informazioni e se le teneva per sé.
PRESIDENTE. Mi piace molto quel che lei sta dicendo; tra poco vedrà.
GIANFRANCO BATTELLI. Guardi, potrei fare un discorso di ore su questo argomento. Le dirò che ho combattuto a lungo con questo problema, in termini sia organizzativi che tecnici; ho cercato di risolverlo con una formula organizzativa che non so se sia stata portata a compimento, in quanto l'ho attuata negli ultimi due anni della mia gestione.
Non c'è dubbio che il Sismi sia un organismo che appartiene allo Stato italiano e quindi risponde a tutte le caratteristiche della burocrazia dello Stato. Il burocrate è l'animale più feroce che esista: guai a chi gli tocca le sue competenze! Sarebbe capace di uccidere all'arma bianca una persona che tentasse di sottrargliele... E questo accadeva anche all'interno del servizio. Ciò nonostante, anche se con riluttanza, all'interno del servizio, per la ragione stessa della sua esistenza e quindi anche per i meccanismi di funzionamento della catena informativa, è imprescindibile che vi sia uno scambio informativo.
PRESIDENTE. Ha conosciuto l'avvocato Duale?
GIANFRANCO BATTELLI. L'ho letto sui giornali. Di somali ne ho conosciuti due: uno è un ex ammiraglio, il capo di stato maggiore della marina. Siccome mi voleva conoscere, Rajola me lo ha portato in ufficio. Insisteva a conoscermi perché voleva perorare la causa della Somalia e gli ho usato la cortesia di riceverlo. Poi, ve ne era un altro...
PRESIDENTE. Da parte di Grignolo o di Rajola Pescarini, le è stato dato conto di informazioni provenienti da Duale e, se sì, in quale settore? Le cito per tutti il traffico di armi o la vicenda della quale ci interessiamo, ovvero l'uccisione dei due giornalisti italiani.
GIANFRANCO BATTELLI. Presidente, mi è difficile ricordare. Io leggevo centinaia di informazioni al giorno; per mia cultura e mia conoscenza facevo la sintesi
delle informazioni più importanti, non tanto per conoscere le informazioni, quanto per avere un'idea di quale fosse il prodotto informativo e del suo valore.
Poi, naturalmente, le informazioni mi potevano essere mostrate dai miei collaboratori per conoscenza (in generale, questo poteva accadere con l'accompagnamento di un bigliettino di carta in cui era scritto: «Invio alla signoria vostra le seguenti informazioni per opportuna conoscenza»); oppure, se erano informazioni importanti, mi venivano mandate generalmente con un appunto, con delle proposte.
PRESIDENTE. Negli anni in cui lei è stato al Sismi, l'ammiraglio Grignolo o qualcun altro le hanno mai sottoposto notizie provenienti dall'avvocato Duale, con riferimento alla Somalia ed ai problemi che conosciamo (mi riferisco al traffico delle armi, al traffico di rifiuti tossici o addirittura radioattivi, alla mala cooperazione, per dirla più correttamente)?
Negli anni in cui lei è stato al Sismi, Grignolo o qualcun altro le hanno sottoposto notizie di particolare rilievo, provenienti dall'informatore di cui stiamo parlando, cioè l'avvocato Duale?
GIANFRANCO BATTELLI. Non lo ricordo assolutamente. Può darsi.
PRESIDENTE. Per quanto riguarda i sistemi di pagamento degli informatori, abbiamo saputo che il pagamento è a prestazioni, tanto per intenderci.
GIANFRANCO BATTELLI. Non solo.
GIANFRANCO BATTELLI. Dipende, se è un vecchio informatore. Adesso non saprei dirglielo, in quanto non ho mai gestito gli informatori.
PRESIDENTE. Per pagare o per mettere a libro paga un informatore, il capo della divisione agisce autonomamente o ha bisogno di interfacciare con il direttore del Sismi?
GIANFRANCO BATTELLI. Agisce autonomamente.
PRESIDENTE. Come funziona il meccanismo? Ha una dotazione, un budget?
GIANFRANCO BATTELLI. No, non ha un budget fisso. In generale, avviene il processo inverso. Supponiamo di partire da zero, ovvero non si hanno ancora informatori. All'inizio non si dà una lira, anche perché si paga cash, quindi i soldi si possono dare anche all'occorrenza, immediatamente. Si può dare un fondo scorta, e così via. Poi, si comincia ad acquisire degli informatori, si valutano, si comincia ad incentivarli, a dar loro un po' di soldi; se si vede che producono bene, allora li si incentiva ancora di più. Insomma, pian piano si crea una base informativa.
Comunque, sugli informatori il direttore non sa assolutamente nulla. Gli informatori vengono gestiti in questo modo: nell'articolazione del servizio che gestisce le fonti ci deve essere una «scheda fonte» nella quale si dovrebbero scrivere tutte le caratteristiche della fonte (nome, cognome, indirizzo, ovviamente per quanto è possibile, capacità di produzione, produzione fatta, spese sostenute mese per mese per la fonte).
Gli unici elementi che vengono portati tutti i mesi al direttore del servizio, con facoltà di verifica - verifica che a volte viene fatta, a volte no; il più delle volte viene fatta a campionamento - sono le buste contenenti gli elementi probatori delle spese sostenute. Si tratta di buste sigillate. Una volta la contabilità riservata veniva distrutta al 31 dicembre di ogni anno. Poi, a partire da un certo momento - credo dopo la vicenda «Gladio» - si è imposto che la contabilità riservata venga chiusa in busta sigillata e conservata per dieci anni.
PRESIDENTE. Dieci anni. Quindi - considerato che parliamo di fatti accaduti
nel 1994 -, la documentazione dovremmo ancora trovarla.
GIANFRANCO BATTELLI. Certo, la trovate sicuramente. Per quanto riguarda il materiale del 1994, se sono stati molto solerti a distruggerla, può darsi che non ci riusciate.
PRESIDENTE. Comunque, sicuramente dovremmo trovare la documentazione relativa agli anni 1995, 1996 e 1997.
GIANFRANCO BATTELLI. Sì, certo. Per quanto riguarda il 1994, non so se in quell'anno già era in vigore la disposizione che stabiliva di conservare il materiale per dieci anni.
PRESIDENTE. Va bene, controlleremo.
GIANFRANCO BATTELLI. Comunque, il direttore in genere faceva un controllo a campione, che non portava ad alcun risultato, in quanto ci si trovava di fronte ad un pezzo di carta su cui era scritto, per fare un esempio: «Sono state date mille lire a tizio». Se il direttore aveva dei dubbi - magari c'erano spese troppo ricorrenti -, poteva farsi portare la scheda fonte. Ma la scheda fonte conteneva informazioni che erano state messe lì dal capo divisione, quindi si trattava di un controllo su cose non controllabili.
PRESIDENTE. Come per tutti i fondi riservati.
GIANFRANCO BATTELLI. Esatto. Allora, il controllo lo facevo soprattutto per dare chiara l'idea che stavo controllando.
PRESIDENTE. Pedagogicamente, diciamo.
GIANFRANCO BATTELLI. Certo, in quanto il controllato non sa quale sia la capacità del controllore di andare a fondo nel controllo. Se sa di essere controllato, come minimo comincia ad essere più cauto e più attento a quel che fa.
PRESIDENTE. Di Grignolo ha mai saputo che si sia interessato della Somalia, al di là della vicenda Alpi?
GIANFRANCO BATTELLI. No, non ne ho proprio alcuna nozione. Se avessi qualche elemento in più...
PRESIDENTE. Adesso ci arriviamo.
Le chiedo una consulenza: se a lei fossero arrivate notizie ed informazioni, da fonti riservate o da accertamenti compiuti per esempio dai capicentro, sull'uccisione dei due giornalisti in Somalia, a quale divisione le avrebbe assegnate, per trattare la questione?
GIANFRANCO BATTELLI. Sono imbarazzato, perché quando io ero direttore del Sismi non c'era un dossier Ilaria Alpi, al di là di quello che riguardava il rapporto con la magistratura; se fossi stato io a dover decidere, forse le avrei passate all'ufficio affari giuridici, perché le desse alla magistratura.
PRESIDENTE. Informazioni sulle cause dell'uccisione?
GIANFRANCO BATTELLI. Quando sono diventato direttore del Sismi indagava la magistratura.
PRESIDENTE. Io faccio un ragionamento un po' astratto e le chiedo: da direttore, laddove le fosse pervenuta una notizia sugli assassini dei due giornalisti o sulla ragione dell'omicidio, a chi l'avrebbe fatta trattare per stabilire se fosse o meno fondata e se meritasse un approfondimento?
GIANFRANCO BATTELLI. Chiedo scusa: il Sismi che io ho diretto...
PRESIDENTE. Guardi, lo so anche io che il Sismi che lei ha diretto, come tutti gli altri, arrivava al livello dell'acquisizione dell'informazione e poi il resto lo faceva approfondire ad altri, però...
GIANFRANCO BATTELLI. Scusi, presidente, quando indaga la magistratura il Sismi fa sempre un passo indietro e cessa di preoccuparsi del problema.
PRESIDENTE. Di passi indietro ne sono stati fatti dieci, in quel caso!
GIANFRANCO BATTELLI. Si tratta di una prassi che durante la mia gestione del servizio...
PRESIDENTE. Se c'è stato un servizio che non ha informato la magistratura (non quando c'era lei), è stato proprio il Sismi, tanto per essere chiari.
GIANFRANCO BATTELLI. Durante la gestione del dossier Mitrokhin mi è capitato di chiedere alla magistratura, in una circostanza in cui avevamo una certa informazione, di poter svolgere un'attività autonoma nostra, e mi è stato risposto di no, perché stavano lavorando loro. Questa è la riprova che quando indaga la magistratura il servizio cerca di non fare assolutamente niente, a meno che...
PRESIDENTE. Scusi, ma se il servizio viene a conoscenza del nome dell'autore di un omicidio, ad esempio di quello di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin, che fa? Dato che indaga la magistratura, non le dice niente?
GIANFRANCO BATTELLI. Le dà i documenti.
PRESIDENTE. Esatto. È questo il problema. È uno dei pochi dati certi che noi abbiamo potuto acquisire: presso il Sismi vi era una messe di informazioni proveniente dal capocentro di Mogadiscio e comunque dalla sezione del Sismi che operava lì, quindi anche da altri dipendenti, e tutto quel materiale è stato mantenuto rigorosamente nei cassetti - questo è un dato assolutamente certo - anche quando si è trattato di notizie - false o vere, non ha importanza - sull'autore e sulle ragioni dell'omicidio.
Le faccio subito un esempio (che non la riguarda) che risponde, se le nostre rilevazioni sono corrette, in maniera diversa a due affermazioni che lei ha fatto: la prima è relativa al rapporto con la magistratura, perché il documento che ora le leggerò è rimasto nei cassetti, e la seconda concerne l'esistenza di un fascicolo intestato all'omicidio di Ilaria Alpi.
Il 15 giugno 1994, dal centro di controspionaggio di Trieste, arriva questa annotazione: «La giornalista Ilaria Alpi ed il suo operatore sarebbero stati uccisi a Mogadiscio perché avevano scoperto il traffico di armi nel porto di Bosaso (Somalia settentrionale), dove si erano recati per servizi giornalistici e da dove erano appena rientrati. Il traffico di armi sarebbe gestito dalla Libia ed i responsabili si avvarrebbero di navi di una compagnia marittima di cui è responsabile tale Mugne, cittadino italo-somalo di origine bolognese, faccendiere. Sarebbe stato proprio questi a sollecitare l'eliminazione dei due inviati perché a Bosaso sarebbero stati presenti ad un sequestro di armi su una nave bloccata dalla locale polizia». Nota informativa: «La persona utile è difficilmente ricontattabile ed ha fornito le notizie del presente appunto in data anteriore a quella della pubblicazione dell'articolo 'Una nave carica di sospetti' a pagina 54 del settimanale Panorama e della successiva divulgazione con altri mass media».
Intanto, c'è il piccolo particolare che si riesce difficilmente a capire - e lei, sulla base della sua esperienza, perché è una cosa che guarda dall'alto, giudica la questione con assoluta imparzialità, dato che non la riguarda - che il controspionaggio di Trieste dà notizia al Sismi di questa vicenda. La risposta agevole, quella di dire «se gli è pervenuta la notizia, non poteva che fare così» non tranquillizzerebbe totalmente, perché poi Trieste e zone limitrofe (mi riferisco ad Udine) sarebbero diventate un po' l'epicentro delle indagini giudiziarie riguardanti la vicenda, che invece erano di competenza della procura romana. La stranezza, secondo noi, riguarda non solo la provenienza della notizia dal controspionaggio di Trieste, ma anche la trasmissione della stessa all'ottava
divisione. Quando arriva all'ottava divisione, il 20 giugno 1994, viene fatta questa annotazione: «Con la pratica Alpi, poi a me».
GIANFRANCO BATTELLI. La firma non corrisponde alla sigla di Grignolo.
GIANFRANCO BATTELLI. Non glielo so dire. Quella di Grignolo la conosco, perché era caporeparto.
PRESIDENTE. La prima domanda è la seguente: quale spiegazione può dare alla Commissione, perché possa orientarsi in maniera corretta, al fatto che il controspionaggio di Trieste raccolga questa notizia? Le stiamo chiedendo una consulenza.
GIANFRANCO BATTELLI. Quando ho degli informatori li scelgo in relazione agli obiettivi informativi di cui dispongo; però non hanno il divieto di acquisire informazioni di qualunque genere, e dunque può capitare che una persona abbia delle informazioni che magari non rientrano nei suoi compiti, ma gli arrivano perché qualcuno, che ha incontrato, gliele ha riferite (infatti se non sbaglio parla di persona «utile»).
PRESIDENTE. «Persona utile difficilmente ricontattabile».
GIANFRANCO BATTELLI. La persona utile è uno che si è incontrato qualche volta, occasionalmente, a cui si dice per esempio «visto che vai nella ex Jugoslavia, per favore vai a vedere quella tal cosa perché mi interessa». Può capitare che una persona utile abbia un'informazione di questo genere, che travasa a questo centro; naturalmente una persona utile che dà un'informazione di questo genere, non riguardante Ilaria Alpi, perché in un servizio di informazioni se ne vedono tutti i giorni a migliaia. Bisogna considerare che le notizie che pervengono ad un servizio di informazioni molte volte hanno delle caratteristiche di improbabilità...
PRESIDENTE. Lei questo documento l'avrebbe mandato alla magistratura?
GIANFRANCO BATTELLI. Sì. L'avrei mandato solamente per evitare un domani di essere accusato di non aver dato qualcosa alla magistratura.
PRESIDENTE. Ma anche perché c'è una notizia di reato e l'indicazione di un mandante.
GIANFRANCO BATTELLI. Sì, ma questo è un discorso molto complesso, e devo rispondere con precisione. Lei ha parlato di una notizia di reato: no, non per quello, ma perché c'era un'indagine in corso nei confronti dell'omicidio Alpi.
PRESIDENTE. Le notizie di reato ve le tenete?
GIANFRANCO BATTELLI. Ma certo. Questo discorso l'ho fatto un giorno con il procuratore Vecchione, il quale mi chiese: come mai voi queste notizie le tenete per voi? Io gli risposi: procuratore, se lei vuole, vada dal Presidente del Consiglio e gli dica che io le devo dare tutte le informazioni di questo e di altro genere che io ricevo, però poi lei lavora solo per me! Un servizio di informazioni non viene a sapere altro che notizie di reato o ipotesi di reato: voglio mettere una bomba, ho messo una bomba, ho rapito una persona, quello è l'assassino di quell'altro. Un servizio di informazioni non lavora con della brava gente, lavora con i mascalzoni.
PRESIDENTE. Certo. Quindi, non avete l'obbligo di trasmettere le notizie di reato all'autorità giudiziaria? Il direttore del Sismi non ha l'obbligo di farlo?
GIANFRANCO BATTELLI. La legge n. 801 è interpretata nel senso che il direttore, per le motivazioni di cui le ho parlato prima - si tratta di un problema che è sorto, se non erro, anche in sede di
Comitato parlamentare di controllo e di Commissione Mitrokhin per quanto mi riguarda - deve mandare, da un punto di vista teorico, secondo me - in questo sono stato confortato dal Comitato parlamentare di controllo nel corso di un'audizione - delle informazioni, cum grano salis, quando queste hanno una qualche dignità, non quando arrivano da una persona utile che «spara» una bischerata qualunque.
PRESIDENTE. Scusi, qui non si tratta di una bischerata qualunque, perché si dice la ragione per cui sono stati uccisi, il mandante...
GIANFRANCO BATTELLI. La persona utile può anche essere un visionario.
PRESIDENTE. Qui non si tratta di un visionario, in quanto in precedenza molte di queste notizie - poi lo vedremo - erano già pervenute al Sismi, non era la prima. Siamo al 15 giugno, già tante altre notizie, molte riscontrate, erano arrivate, e nulla - né del prima né del dopo - sarebbe stato mai trasmesso all'autorità giudiziaria. Occorre considerare la fumosità e l'attendibilità della fonte - lei giustamente può dire che «persona utile difficilmente ricontattabile» non è il massimo - però certamente la precisione del dato non può non impressionare: servizi giornalistici, traffico di armi gestito da persone che si avvarrebbero di navi di una compagnia marittima il cui responsabile è tale Mugne, che sollecitò l'eliminazione dei due inviati perché a Bosaso sarebbero stati presenti ad un sequestro di armi sulla nave bloccata dalla locale polizia. Ed in effetti in quei giorni c'era una nave bloccata a Bosaso.
GIANFRANCO BATTELLI. Presidente, qui non c'è una notizia di reato, c'è di più.
GIANFRANCO BATTELLI. C'è una notizia di reato perché si sa chi ha ucciso Ilaria Alpi; c'è una notizia di reato perché si parla di traffico di armi. Cancelliamo Ilaria Alpi e mettiamo semplicemente che si tratti di un'ipotesi di traffico di armi: alla magistratura queste informazioni non le avrei mandate mai! Infatti come quelle ce ne sono diecimila! Si tratta di informazioni che devono essere approfondite e che nel prosieguo della ricerca informativa possono trovare delle conferme. Non solo, presidente, ma poi ci sono dei compiti autonomi di un servizio: può capitare che non sia conveniente dire una cosa alla magistratura e che sia più conveniente fare un'attività di prevenzione da parte del servizio. Se non fosse per la faccenda di Ilaria Alpi, per la quale le dico che sicuramente le avrei mandate alla magistratura in quanto c'era un processo in atto, per il resto - traffico di armi, Mugne e così via - non l'avrei fatto mai.
PRESIDENTE. Mugne mandante dell'omicidio!
GIANFRANCO BATTELLI. No. Chiedo scusa: se non fosse perché il contenuto riguardava Ilaria Alpi, il fatto che un signore facesse traffico di armi con la Somalia, detto da una persona utile, alla magistratura non l'avrei detto mai, perché il servizio che io ho diretto, ma ho guardato anche...
PRESIDENTE. Il direttore del servizio - non i dipendenti del direttore - di fronte ad una notizia di reato che sia naturalmente «vestita», come diciamo noi, non può esimersi dal trasmettere gli atti all'autorità giudiziaria.
GIANFRANCO BATTELLI. Ma che sia «vestita», sono d'accordo con lei.
PRESIDENTE. Certo.
Seconda domanda: va all'ottava divisione. Qui con le armi di sterminio di massa mi pare che c'entri poco.
GIANFRANCO BATTELLI. Si trattava di traffico di armi...
GIANFRANCO BATTELLI. Sì, illecito. Penso che l'abbiano mandata per quello.
PRESIDENTE. Per il traffico di armi?
GIANFRANCO BATTELLI. Può darsi. È una valutazione...
PRESIDENTE. Rispettabilissima, ma dato che qui c'è il nome ed il cognome del mandante dell'omicidio...
GIANFRANCO BATTELLI. È andata all'ottava divisione.
PRESIDENTE. È andata all'ottava divisione. Questo è quanto risulta qui.
GIANFRANCO BATTELLI. Solo all'ottava?
PRESIDENTE. Vediamo. Intanto una cosa è certa: diamo atto che la sigla...
GIANFRANCO BATTELLI. Non avete qualche altro documento con la sigla di Grignolo?
PRESIDENTE. Grignolo non l'ha riconosciuta, per la verità.
GIANFRANCO BATTELLI. Scusi, ma se non l'ha riconosciuta lui...
PRESIDENTE. È stato lei a dire di chi è.
GIANFRANCO BATTELLI. Potrebbe essere anche di Bonaventura.
PRESIDENTE. Io non gliel'ho chiesto.
GIANFRANCO BATTELLI. Bonaventura, che era il capo della prima divisione, faceva una sigla così. Mi pare che prima che io diventassi direttore ci fosse una divisione, la diciottesima, che era stata creata quando l'attuale presidente della Commissione difesa della Camera, l'onorevole Ramponi, aveva fatto approvare una legge che assegnava anche ai Servizi attività informativa in riferimento a criminalità organizzata e via dicendo. All'epoca, quando sono arrivato, ho eliminato la diciottesima divisione e l'ho inglobata e ho sparso le competenze a macchia d'olio nelle divisioni interessate, in quanto non mi sembrava corretto che ci fosse una divisione che si occupasse di un aspetto di un problema più generale. Il capodivisione era Bonaventura, e questa sigla mi ricorda la sua.
PRESIDENTE. Non ha importanza. Tra l'altro, il controspionaggio faceva capo alla prima divisione, o sbaglio?
PRESIDENTE. Come mai va all'ottava e non va alla prima? Com'è che il referente del controspionaggio di Trieste la manda all'ottava tout court?
GIANFRANCO BATTELLI. Occorre vedere, non ho idea. Se fosse capitato con me, sarebbe stato normale, perché non esistevano più i centri CS, ma dei centri di ricerca polifunzionali; c'era un centro che faceva attività per varie articolazioni.
PRESIDENTE. «Con la pratica Alpi, poi a me. 20 giugno 1994». Quindi, significa che la pratica Alpi esisteva.
GIANFRANCO BATTELLI. La pratica Alpi per me è esistita solamente dal punto di vista dell'ufficio affari giuridici nel rapporto con la magistratura.
PRESIDENTE. Non sappiamo di chi sia la sigla.
Non essendovi obiezioni, procediamo in seduta segreta; dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo interno.
(La Commissione procede in seduta segreta).
PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo interno.
Quindi, non ci sa dare alcuna spiegazione su questo aspetto.
GIANFRANCO BATTELLI. No, francamente non le so dire nemmeno per quale motivo.
PRESIDENTE. Noi non abbiamo capito perché l'ottava divisione avesse presso di sé un fascicolo Alpi.
GIANFRANCO BATTELLI. Mi sembra strano.
PRESIDENTE. A proposito di Rajola Pescarini, in una lettera del 10 novembre 1997 trasmessa alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Comitato di sicurezza sui Servizi di informazione, segreteria generale, fra le varie notizie che lei dà ce n'è una concernente l'allora colonnello Rajola Pescarini: «È emerso peraltro che il direttore di divisione Luca Rajola Pescarini, nato a Napoli (...), ha svolto missioni per il servizio a Mogadiscio nei seguenti periodi: giorni sei, dall'8 luglio al 13 luglio 1993, e giorni dodici, dal 12 marzo al 23 marzo 1994».
Come lei sa, in una successiva lettera del 1o agosto 2000, rispondendo ad una richiesta del dottor Franco Ionta, lei risponde diversamente: «Dalle suddette verifiche svolte presso l'archivio della competente articolazione del servizio è infatti emerso che il colonnello Rajola Pescarini, nel corso della suddetta missione in Somalia, ha compiuto i movimenti riepilogati nello specchietto in allegato 5, dal contenuto del quale risulta che la effettiva missione a Mogadiscio è durata dal 14 al 16 marzo 1994. Nei restanti periodi collegati alla medesima missione egli ha viceversa sostato nelle altre località indicate nel prospetto».
Come si spiega questo errore? Non sappiamo se l'errore sia contenuto nella lettera del 10 novembre 1997 o in quella del 1o agosto 2000, ma dato che quella del 2000 corregge la precedente dobbiamo presumere che l'ultima versione sia quella esatta. Partendo da questo presupposto, come è stato possibile che si consumasse questo errore? Lei capisce che per noi ha una certa importanza, anche a tutela dello stesso Rajola Pescarini, che come lei sa qualcuno, pure da intercettazioni telefoniche a disposizione della Commissione, indica addirittura come coinvolto in qualche modo in questa vicenda. Il coinvolgimento avrebbe un senso laddove fosse fondata l'annotazione della lettera del 1997, ma non lo avrebbe nel secondo caso, almeno sotto certi punti di vista. Come nasce questo errore della lettera del 1997, a sua firma?
GIANFRANCO BATTELLI. È molto semplice: quando la magistratura faceva una richiesta, noi rispondevamo tramite il SegreCESIS; la richiesta andava all'ufficio affari giuridici, che inoltrava la richiesta alle articolazioni competenti, le quali mandavano dei documenti. L'articolazione competente ha visto probabilmente questa missione senza andare a verificare i dettagli della stessa, ed ha risposto all'ufficio affari giuridici, il quale ha predisposto una lettera di risposta che io ho firmato. Devo dire che questo ha fatto sì che Luca Rajola Pescarini si sia molto arrabbiato con me, quando è venuto a saperlo, vale a dire quando interrogato, se non sbaglio a Torre Annunziata, gli è stato contestato il fatto che lui avesse detto che in Somalia c'era stato solamente per due giorni e che gli altri giorni era stato fuori. Quando è emerso questo contrasto, Rajola Pescarini è venuto da me molto offeso ed io gli ho chiesto scusa per conto del funzionario che non aveva avuto la delicatezza di informarlo che era stata fatta una richiesta che lo riguardava, dopo di che ho disposto che venissero svolti degli approfondimenti per vedere se quello che diceva Rajola Pescarini fosse vero o meno. In effetti, andando a vedere i documenti nella loro interezza, sono stati trovati i documenti e la missione, perché probabilmente nei documenti c'era scritto: Missione in Somalia, durata dal 12 al 24. Hanno detto quindi: Rajola Pescarini è stato in Somalia dal 12 al 24, perché la missione era durata per questi giorni, e l'obiettivo era l'andata in Somalia. Andando a vedere bene poi si è visto che lui era stato in Somalia, ma c'erano i documenti che comprovavano che, prima di arrivare e anche dopo che
era partito, aveva fatto delle soste intermedie; a fronte di questa nuova documentazione, ho mandato la mia nuova risposta modificata alla magistratura di Roma.
Presidente, lei si è dato la risposta da solo, parlando di un errore: gli errori si fanno, si fanno dovunque, in qualsiasi burocrazia. L'errore più grosso, secondo me, non è stato quello di dire delle cose sbagliate - e ciò mi ha fatto molto infuriare - ma quello di non avere la delicatezza e la cortesia di informare un collega che la magistratura aveva chiesto dei documenti; e non c'era nulla di strano nell'informarlo di questo, visto che si trattava di informazioni che riguardavano la sua gestione della seconda divisione, non quella di un altro. Era una questione che aveva trattato lui e sarebbe stato logico rivolgersi a lui chiedendogli delle spiegazioni in più per evitare di commettere un errore.
PRESIDENTE. Magari forse, trattandosi di una richiesta della magistratura, si era pensato di tenerla riservata.
GIANFRANCO BATTELLI. E perché?
PRESIDENTE. Può darsi che ci possano essere delle ragioni...
GIANFRANCO BATTELLI. Sono atti formali.
PRESIDENTE. Era nell'ambito di un procedimento penale, per cui poteva essersi pensato anche questo. Però, la notizia che lei dà, cioè che i suoi uffici, tramite lei, danno il 10 novembre 1997 non parla della Somalia, parla di Mogadiscio. La puntualizzazione della città ed il riferimento alla durata dal 12 al 23 marzo 1994 conferiscono un'ulteriore specificità. Dato che lei mi ha detto che probabilmente è stato guardata soltanto la data di inizio e di fine della missione in Somalia...
GIANFRANCO BATTELLI. Guardi che l'indicazione...
PRESIDENTE. L'indicazione non è della Somalia, è di Mogadiscio.
GIANFRANCO BATTELLI. Ci dovrebbero essere tutti gli elementi.
GIANFRANCO BATTELLI. Non c'è nulla da scoprire, presidente.
PRESIDENTE. Non è che vogliamo scoprire, noi vogliamo soltanto capire. Dato che il riferimento è specificamente a Mogadiscio....
GIANFRANCO BATTELLI. Per quanto mi riguarda, la prima risposta era un errore, una baggianata, una stupidaggine fatta dalla divisione competente, che aveva dato delle informazioni non corrette. Successivamente, quando è emerso il contrasto tra quello che Rajola Pescarini aveva riferito, se non erro, alla procura di Torre Annunziata e quello che noi avevamo detto, doverosamente siamo andati a verificare. Io ho chiesto prima di tutto a Rajola, perché la lettera l'avevo firmata io, e poi abbiamo modificato le informazioni aggiungendo ulteriori e più precisi elementi di informazione che mi sono stati forniti dai miei subordinati.
PRESIDENTE. Quindi, esclude qualsiasi altra ragione.
GIANFRANCO BATTELLI. Non ho alcun motivo per pensare che qualcuno mi abbia raccontato delle bubbole. I documenti c'erano e quelli che abbiamo mandato li ho visti.
PRESIDENTE. Senta, lei ha conosciuto il colonnello Giusti?
GIANFRANCO BATTELLI. Era un comandante...
PRESIDENTE. Era un colonnello dei Carabinieri.
PRESIDENTE. Forse dell'Esercito.
GIANFRANCO BATTELLI. Ma non era un capitano di fregata? Era nella Marina, era comandante in seconda di una nave quando io comandavo la divisione.
PRESIDENTE. Era in servizio presso il Sismi?
PRESIDENTE. È stato anche alle sue dipendenze?
GIANFRANCO BATTELLI. È stato alle mie dipendenze da ufficiale di Marina, perché era comandante in seconda di una nave.
PRESIDENTE. In che periodo? L'ha trovato al servizio?
GIANFRANCO BATTELLI. Sì. Credo di averlo trovato.
PRESIDENTE. Avete mai affrontato con Giusti problemi relativi alla Somalia o alla sua permanenza?
GIANFRANCO BATTELLI. No, assolutamente.
PRESIDENTE. Giusti era in Somalia all'epoca dell'omicidio di Ilaria Alpi.
GIANFRANCO BATTELLI. Credo di sì, non lo so.
PRESIDENTE. Ha conosciuto Tedesco?
GIANFRANCO BATTELLI. Può darsi che l'abbia visto.
PRESIDENTE. Con Giusti ha mai parlato della Somalia e dell'omicidio di Ilaria Alpi?
GIANFRANCO BATTELLI. Non credo proprio. Non avevo alcun motivo per parlare con Giusti della Somalia. Non parlavo con i dipendenti a livello più basso, non per spocchieria ma semplicemente perché era così.
PRESIDENTE. Le chiediamo un'altra consulenza, perché alla data del 20 dicembre 1994 abbiamo riscontrato la presenza, presso il Sismi, di una serie notevole di informazioni, molte o la maggior parte delle quali provenienti dal centro Sismi a Mogadiscio. Spesso è il segretario Tedesco, che le ho ricordato prima, a stilare di suo pugno queste informazioni precisissime sulle modalità che avrebbero caratterizzato lo svolgimento dei fatti, con l'indicazione dei testimoni, l'indicazione di persone che avrebbero partecipato all'agguato, i nominativi di alcuni di loro, l'indicazione di due persone tra gli attentatori che sarebbero rimaste ferite durante lo stesso attentato e ricoverate in un ospedale di Mogadiscio. Si tratta di informazioni calibrate su un'assoluta precisione.
Leggo: «Alle ore 15.10 circa del 20 marzo 1994 la giornalista italiana ed il suo operatore sono stati uccisi a Mogadiscio a colpi di mitra da elementi somali (...). Secondo alcuni testimoni gli aggressori hanno operato utilizzando due autovetture; una ha seguito il mezzo dei giornalisti dall'uscita del porto nuovo, ove si erano recati per alcune riprese, la seconda era ferma presso l'hotel Hamana, in attesa del mezzo dei giornalisti. Nei pressi dell'albergo la vettura veniva bloccata da quella che la seguiva» e così via, con l'indicazione delle causali. «Erano rientrati da Bosaso, dove si erano recati per un servizio sul problema del fondamentalismo islamico, e in detta località essi sarebbero stati oggetto di minacce; in particolare il materiale fotografico impressionato sarebbe stato successivamente rinvenuto a bordo del mezzo dei due giornalisti». E così via con le informazioni raccolte dal Sismi attraverso il centro di Mogadiscio.
Il 29 dicembre 1994, su richiesta dell'autorità giudiziaria, esattamente del dottor
Andrea De Gasperis della procura di Roma, il Sismi, allora comandato dal generale Siracusa, fornisce questa notizia (si chiedeva di conoscere i dati in possesso del Sismi): «In esito a quanto chiesto con la nota del 30 novembre 1994, comunico che il Sismi non ha svolto specifici accertamenti sull'evento in questione e non è quindi in possesso di elementi idonei a chiarire la dinamica ed il movente medesimo. Ritengo peraltro doveroso rappresentare che in un telex pervenuto dal Sisde viene formulata l'ipotesi che fra mandanti ed esecutori dell'omicidio possano essere (...)» e si fanno due nomi, che non risultavano al Sismi ma risultavano al Sisde, che aveva fatto questa informativa. «Il Sismi inoltre era in possesso di una relazione del capo ufficio informazioni di Unosom, colonnello Vezzalini, pervenuta dallo stato maggiore dell'Esercito, in cui si configura la possibilità della complicità del capo delle guardie dell'abitazione di un certo Marocchino...» - che lei non saprà nemmeno chi è...
GIANFRANCO BATTELLI. No, lo so.
PRESIDENTE. «...con gli esecutori del duplice omicidio (...). Per quanto riguarda poi la presenza del personale»... Questa è una risposta che viene data dal Sismi il 29 dicembre, firmata dal generale Sergio Siracusa. Noi l'abbiamo già ascoltato su questa missiva, molto strana, perché da una parte dice che non c'è niente e da un'altra parte fa il nome di alcune persone che risulterebbero non dagli atti loro ma da una missiva a loro pervenuta dal Sisde. Ed è l'unica notizia che viene fornita.
Già sono state fatte delle valutazioni su questo punto, ma io le chiedo: se lei avesse avuto a disposizione questo materiale che abbiamo rinvenuto negli atti del Sismi e fosse stato richiesto dall'autorità giudiziaria di far conoscere quanto nelle consapevolezze del suo ufficio, avrebbe firmato questa lettera?
GIANFRANCO BATTELLI. Non so nemmeno cosa aveva chiesto De Gasperis; aveva chiesto l'esibizione di documentazione oppure delle informazioni?
PRESIDENTE. Aveva chiesto informazioni e documenti.
GIANFRANCO BATTELLI. Non saprei dirle, presidente. Quando sono diventato direttore del Sismi c'era una prassi, che io ho ereditato e che ho applicato: quando venivano chiesti dei documenti l'ufficio affari giuridici verificava quali fossero e poi venivano inviati alla magistratura. Non saprei dirle i motivi di questa risposta.
PRESIDENTE. In questo caso giustamente lei ha fatto riferimento all'ufficio affari giuridici; non so se l'intervento dell'ufficio possa essere ricostruito da questa lettera.
GIANFRANCO BATTELLI. Questo documento è stato mandato all'Uagal, perché c'è scritto che la destinazione era tale ufficio e quindi non è stato fatto dall'Uagal.
PRESIDENTE. Il passaggio all'ufficio affari legali c'è stato.
GIANFRANCO BATTELLI. È stato mandato quando la cosa era già stata fatta.
PRESIDENTE. Le possibilità sono due: o è stata data una notizia non corrispondente al vero, cioè il Sismi invece era in possesso di molte informazioni e materiale, oppure chi ha firmato questa lettera lo ha fatto sulla base di informazioni non corrette, pervenute sul suo tavolo. È possibile?
GIANFRANCO BATTELLI. Presidente, le suggerirei di farsi dare questo appunto, nel quale sicuramente c'è l'origine del problema e ci sono tutte le spiegazioni. Questo è l'allegato D all'appunto n. 2071 del 23 luglio 1996.
PRESIDENTE. Qui siamo nel 1994. Quello è successivo.
GIANFRANCO BATTELLI. Però può darsi che in questo appunto ci sia la spiegazione di questo fatto.
PRESIDENTE. In un appunto successivo non ci può essere spiegazione di un fatto precedente.
GIANFRANCO BATTELLI. Qui c'è scritto che una copia aveva destinazione Uagal, però la data è 2 dicembre 1998. Si faccia dire a chi appartiene questo numero di protocollo, perché con questo numero di protocollo si è in grado di individuare la struttura.
PRESIDENTE. Ammiraglio, tutti questi episodi ricadono nel periodo successivo: siamo tra il 1996 e il 1998. La lettera è firmata dal direttore del servizio, generale di divisione Sergio Siracusa.
GIANFRANCO BATTELLI. Generale di divisione? Il direttore del servizio è generale di corpo d'armata.
PRESIDENTE. Leggendo «Generale D», pensavo che si trattasse di generale di divisione. Comunque, non ci perdiamo in cose inutili. Mi dica quale di queste due alternative è corretta: la firma di questa lettera sicuramente non riflette la realtà dei fatti perché non doveva rifletterla o perché non vi era nulla agli atti?
GIANFRANCO BATTELLI. Presidente, non glielo so dire. Bisognerebbe vedere. In generale, per queste cose, non è che al direttore del servizio si porti una lettera per la firma.
PRESIDENTE. E cosa gli si porta?
GIANFRANCO BATTELLI. Gli si porta un appunto con allegata una lettera, in genere. Quando mi si chiedeva un atto formale, poteva esservi un semplice pezzetto di carta con su scritta la spiegazione della lettera allegata, oppure un appunto in cui si diceva: la magistratura ha chiesto questo, noi abbiamo fatto così, i risultati sono questi e pertanto ti allego la lettera per firmarla. Ci dovrebbe essere tutto questo, secondo me.
PRESIDENTE. Qui è scritto: «In esito a quanto chiesto con la nota in riferimento, comunico che il Sismi non ha svolto specifici accertamenti sull'evento in questione e non è quindi in possesso di elementi idonei a chiarire la dinamica ed il movente medesimo»...
GIANFRANCO BATTELLI. Presidente, ho parlato di un appunto di accompagnamento proprio perché, probabilmente, nell'appunto si trova la spiegazione di quanto è scritto qui.
GIANFRANCO BATTELLI. Da lì si capisce anche l'origine del problema.
PRESIDENTE. Ho capito, ma io le sto chiedendo un'altra cosa: quando un capo del servizio scrive «in esito a quanto chiesto con la nota in riferimento, comunico che il Sismi non ha svolto specifici accertamenti sull'evento in questione e non è quindi in possesso di elementi idonei a chiarire la dinamica e il movente medesimo», che cosa significa? Che gli appunti sottostanti autorizzano tale affermazione?
GIANFRANCO BATTELLI. Non glielo so dire, presidente.
PRESIDENTE. Pensavo che me lo sapesse dire, visto che nel 1997, rispondendo ai magistrati Vecchione e Franco Ionta ha fatto esattamente il contrario di quel che era stato fatto nel 1994, ovvero ha trasmesso tutto il materiale.
Le leggo la lettera di accompagnamento: «In relazione a quanto disposto con l'ordine di esibizione in riferimento, comunico che il dipendente del servizio Alfredo Tedesco è stato impiegato presso il centro Sismi di Mogadiscio dal 9 dicembre 1992 al 4 marzo 1995 con la qualifica di segretario e come tale era alle dipendenze
del capo centro, al quale pertanto è riconducibile tutta la corrispondenza in uscita. Peraltro, il sunnominato risulta aver sostituito il citato capo centro nei seguenti periodi», eccetera.
«Pertanto, le ricerche d'archivio esperite presso la competente articolazione del servizio in ordine al carteggio proveniente da detto centro nei citati periodi hanno consentito di individuare 21 atti comunque concernenti l'omicidio Alpi, specificati nell'unito elenco, prodotti presumibilmente dal Tedesco nella sua qualità, come detto, di sostituto temporaneo del locale capo centro. Soggiungo inoltre che di tali atti l'unico che risulta aver avuto sviluppi è il foglio 20107/312/05.3 del 29 marzo 1997, inviato alla segreteria generale del Cesis e al gabinetto del ministro della difesa. Preciso infine che i suddetti documenti vengono esibiti in fotocopia obliterata nelle sole parti riferite a persone o strutture del servizio meritevoli di particolare tutela»; e c'è l'elenco dei 21 documenti, che sono esattamente, a parte qualche particolare, i 21 che abbiamo ritrovato in copia ed acquisito.
Ecco perché le ho chiesto di darci una sua valutazione (che, naturalmente, non è un fatto testimoniale, s'intende).
GIANFRANCO BATTELLI. Dipende anche dalla domanda che è stata fatta dal magistrato. A me il magistrato ha chiesto dei documenti.
PRESIDENTE. No, non le ha chiesto dei documenti; ha dato l'ordine di esibizione di documenti che dovessero essere in possesso del servizio.
GIANFRANCO BATTELLI. Può darsi che De Gasperis gli abbia chiesto un'altra cosa, non so. Non ho idea, presidente, non ho elementi per dirle...
PRESIDENTE. Se lei risponde così, vuol dire che la struttura che l'ha messa in condizione di rispondere in questo modo le ha messo a disposizione i materiali che erano in possesso del Sismi, esatto?
GIANFRANCO BATTELLI. La struttura era l'Uagal, nel mio caso, sicuramente.
PRESIDENTE. Esatto. Ed è esattamente quello che non è accaduto - anche secondo la dichiarazione resa dal generale Siracusa - nel 1994.
Adesso, però, le sottopongo un altro particolare. In occasione della trasmissione degli atti, su ordine di esibizione dell'autorità giudiziaria di cui abbiamo parlato poc'anzi, non tutto viene mandato all'autorità giudiziaria. Due documenti, tra quelli manoscritti da Tedesco, non vengono trasmessi. E i documenti sarebbero stati poi trasmessi in epoca successiva, esattamente con una missiva ancora a sua firma, del 14 settembre 1999.
Questi documenti erano agli atti del Sismi dal 1994 (e pertanto lo erano anche nel 1997, quando lei risponde). Quindi, agli atti del Sismi c'era tutto. C'era tutto nel 1994, e nel 1994 non viene dato niente. C'era tutto nel 1997, e nel 1997 viene dato tutto meno due documenti. Come si spiega che lei non abbia mandato tutti i documenti provenienti dal capo centro o dal facente funzioni di capo centro di Mogadiscio, quando le fu dato l'ordine di esibizione da parte dell'autorità giudiziaria? Da che cosa dipese questo fatto?
GIANFRANCO BATTELLI. Posso vedere?
GIANFRANCO BATTELLI. Mi fa leggere la lettera con la quale abbiamo trasmesso la documentazione?
PRESIDENTE. Dopo la vedremo; intanto, risponda alla mia domanda.
GIANFRANCO BATTELLI. Non glielo so dire.
PRESIDENTE. Ecco qui i documenti.
GIANFRANCO BATTELLI. Può essere stato un errore.
PRESIDENTE. Oppure? Come vede, ammiraglio, c'è una stranezza: i documenti che non vengono spediti all'autorità giudiziaria sono quelli che erano stati manipolati - non nel senso da lei precisato in precedenza -, ovvero erano stati oggetto di intervento.
GIANFRANCO BATTELLI. Mi scusi, mi può leggere la mia lettera di trasmissione?
PRESIDENTE. Un momento, una cosa per volta. I documenti, come stavo dicendo, erano stati oggetto di particolari interventi di cassazione: alcuni dati contenuti nei due documenti erano stati cancellati. La cancellazione riguarda solo questi due documenti, che sono i soli due documenti che lei non ha mandato nel 1997 all'autorità giudiziaria, che gliene ordinava l'esibizione. Al di là delle risposte che lei ha dato, mi spiega come può essere successo?
GIANFRANCO BATTELLI. Presidente, lei mi sta parlando di due documenti di cui non so niente, in quanto non li ricordo assolutamente. Non hanno un'identità, per me. Lei mi chiede, a distanza di anni, che io le dica come mai non sono stati mandati! Mi faccia vedere i documenti e le spiegherò.
PRESIDENTE. Ma in generale, come è possibile che, esistendo i documenti, non vengano trasmessi all'autorità giudiziaria che ne ordina l'esibizione? Per di più, siamo in presenza di una lettera nella quale lei dà conto che sta mandando tutti i documenti provenienti dal facente funzioni di capo centro a Mogadiscio.
GIANFRANCO BATTELLI. Presidente, mi scusi. Non so se sia questo il caso, ma normalmente, quando ci venivano chiesti dei documenti dalla magistratura, non è che noi, necessariamente e sempre, li prendessimo. Normalmente accadeva che mettevamo il fascicolo a disposizione della magistratura - della polizia giudiziaria - la quale ne prendeva visione e ci diceva quali documenti voleva.
In questo caso, potrebbe essere accaduto che l'ufficiale di polizia giudiziaria abbia selezionato dei documenti e che noi glieli abbiamo dati e che magari ci siamo accorti, dopo, che ce n'erano altri, per cui glieli abbiamo mandati successivamente. Oppure, molto più semplicemente, potrebbe trattarsi di documenti che erano in un altro fascicolo. È capitato moltissime volte - non solo in questo caso - che in fasi successive siano stati mandati altri documenti alla magistratura in quanto normalmente, quando si vanno a ricercare i documenti (non so se sia questo il caso), viene detto alla magistratura che sono in corso le ricerche e si fa riserva di trasmettere successivamente eventuali altri documenti. Queste sono le uniche spiegazioni, però si tratta di fatti che adesso non ricordo.
PRESIDENTE. Non si tratta di ricordare. Vogliamo capire i moduli di trasmissione. Le rileggo quel che le ho già letto prima: «In relazione a quanto disposto con l'ordine di esibizione in riferimento, comunico che il dipendente del servizio Alfredo Tedesco è stato impiegato presso il centro Sismi di Mogadiscio dal 9 dicembre 1992 al 4 marzo 1995 con la qualifica di segretario e come tale era alle dipendenze del capo centro, al quale pertanto è riconducibile tutta la corrispondenza in uscita. Peraltro, il sunnominato risulta aver sostituito il citato capo centro nei seguenti periodi del 1994, nei quali questo è rientrato», eccetera.
«Pertanto, le ricerche d'archivio esperite presso la competente articolazione del servizio in ordine al carteggio proveniente da detto centro nei citati periodi hanno consentito di individuare 21 atti comunque concernenti l'omicidio Alpi, specificati nell'unito elenco, prodotti presumibilmente dal Tedesco nella sua qualità, come detto, di sostituto temporaneo del locale capo centro».
Le leggo anche la lettera dell'autorità giudiziaria: «Letti gli atti del processo penale 4840 relativo all'omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, commesso in Somalia il 20 marzo 1994, e in particolare
l'informativa Digos in data 10 luglio 1997, ritenuto necessario ai fini delle indagini in corso acquisire presso la direzione del Sismi tutta la documentazione prodotta dal dipendente Sismi Tedesco Alfredo, nato a Roma il 12 agosto 1950 e concernente l'episodio criminoso in ordine al quale si procede, nonché tutta la documentazione relativa agli sviluppi delle informazioni in proposito fornite dal Tedesco al servizio, per questi motivi dispone che la direzione del Sismi trasmetta copia della documentazione indicata» - quindi, tutta la documentazione - «tramite la direzione centrale della polizia di prevenzione».
Nella lettera del 1997, in risposta a questo ordine di esibizione, lei (o chi per lei, ma è lei a firmare) specifica: «Soggiungo inoltre che di tali atti l'unico che risulta aver avuto sviluppi è il foglio (...) del 29 marzo 1997». Dunque, all'argomento da lei addotto in precedenza - non le sto attribuendo delle responsabilità o delle colpe, ma vorremmo solo capire - e cioè che si dovrebbe andare a vedere che cosa vi ha chiesto la magistratura, si può rispondere che la magistratura le ha chiesto tutta la documentazione proveniente da Tedesco.
GIANFRANCO BATTELLI. Potrei vedere la lettera con la quale ho trasmesso gli altri due documenti?
PRESIDENTE. Aspetti. Una cosa per volta, ammiraglio.
GIANFRANCO BATTELLI. Ma perché, scusi? Lì c'è la risposta ai suoi quesiti!
PRESIDENTE. Ammiraglio, una cosa per volta. Io parto da un presupposto ineludibile e cioè che la magistratura le ha chiesto tutti gli atti (tutti gli atti provenienti da Tedesco); presso il servizio c'erano tutti gli atti di Tedesco; tutti gli atti, nessuno escluso, compresi i due dei quali stiamo discutendo.
In base a quale errore può essere accaduto che la risposta si sia tradotta, invece, nella trasmissione di tutto meno due documenti? La cosa interessa la Commissione perché gli unici due documenti non trasmessi sono quelli che sono stati manipolati, ovvero contengono cancellazioni di alcuni passaggi importanti e sui quali ci soffermeremo. Come può essere successo tutto ciò?
GIANFRANCO BATTELLI. Presidente, mi sta ponendo una domanda alla quale non sono in grado di rispondere. Non capita mai, qualora si mandino dei documenti e si ometta per errore di darne altri, che nella successiva lettera alla magistratura non si spieghi per quale motivo non sono stati mandati tutti: perché non si sono trovati, perché si sono cercati dopo, perché ci si è sbagliati, perché si è cattivi! Per questo le chiedo di farmi vedere la lettera con la quale abbiamo mandato i documenti...
PRESIDENTE. Mi scusi, ammiraglio...
GIANFRANCO BATTELLI. ...perché probabilmente lì c'è la spiegazione, c'è la risposta.
PRESIDENTE. Certo, ma proprio per questo non le leggo la lettera! Proprio perché lo voglio sapere da lei.
GIANFRANCO BATTELLI. Mi scusi, ma io non me lo ricordo assolutamente!
PRESIDENTE. E io voglio approfondire! Siccome vi è stata chiesta tutta la documentazione proveniente da Tedesco e noi osserviamo una ottemperanza parziale, voglio capire il motivo.
Le faccio una domanda, che le ho fatto indirettamente anche prima, ma sulla quale abbiamo un po' tergiversato, sia io sia lei: può essere che lei non abbia mandato tutta la documentazione in quanto ha mandato quella che le hanno sottoposto insieme alla lettera predisposta per la firma? Oppure, questa eventualità è soltanto nella testa folle del presidente?
GIANFRANCO BATTELLI. Quando viene predisposta una lettera alla firma del direttore del servizio, per l'invio di documentazione
alla magistratura, vi sono due possibilità riguardo a quel che avviene a monte, a seconda delle procedure che vengono adottate.
La prima è questa: la magistratura ha chiesto di avere certi documenti; l'ufficio affari giuridici ha interessato le strutture del servizio competente e ha chiesto tutti i documenti riguardanti l'argomento; i documenti vengono inviati all'ufficio affari giuridici, che li prende, li controlla, li verifica e vede se sono pertinenti; dopo di che, predispone una lettera alla firma del direttore del servizio, per inviarla alla magistratura.
PRESIDENTE. E che fa il direttore del servizio, quando gli arriva questa roba? Controlla?
GIANFRANCO BATTELLI. Controlla che ci siano i documenti. Se c'è scritto «Mandiamo 14 documenti», controlla che vi siano 14 documenti!
GIANFRANCO BATTELLI. No, presidente, devo finire.
PRESIDENTE. Pertanto, se due documenti non glieli mandano, lei non lo sa!
GIANFRANCO BATTELLI. No, non lo so.
PRESIDENTE. Ecco, questo volevo sapere!
GIANFRANCO BATTELLI. Aspetti, presidente, c'è un'altra possibilità, che accade molto frequentemente. E cioè, che la magistratura non chieda tutti i documenti, ma chieda un'esibizione dei documenti. E allora, cosa succede? Arriva la Digos, chiede che le siano fatti vedere tutti i documenti; il Sismi esibisce i documenti, la Digos li seleziona e sceglie i documenti che vuole le siano consegnati, dopo di che il Sismi consegna quelli e nessun altro; ovvero, consegna esattamente quelli che gli vengono richiesti.
PRESIDENTE. E non è questo il caso!
GIANFRANCO BATTELLI. Allora, se non è questo il caso, è stato un errore, un banale errore, presidente.
PRESIDENTE. Ecco, un banale errore.
GIANFRANCO BATTELLI. D'altra parte, presidente, mi consenta, ma se noi avessimo voluto nascondere una cosa non l'avremmo mai mandata!
PRESIDENTE. E infatti, prima, non era stata mandata.
GIANFRANCO BATTELLI. Ma gliel'abbiamo mandata dopo!
PRESIDENTE. E infatti Siracusa non la manda e dice «Non abbiamo niente»!
GIANFRANCO BATTELLI. Io sì, invece.
PRESIDENTE. E bravo! È questo che le sto dicendo!
GIANFRANCO BATTELLI. Ma che bravo! Sono stati i miei uomini che, se hanno fatto un errore, lo hanno corretto.
PRESIDENTE. Mi sta confermando esattamente quello che diciamo noi: se non volevate mandarglieli, non glieli avreste mandati proprio. E infatti nel 1994 i documenti non sono stati mandati! Il generale Siracusa non li ha mandati. Lei, invece, li manda. Però, li manda rispetto all'ordine di esibizione, che recita: «Ritenuto necessario ai fini delle indagini in corso acquisire presso la direzione del Sismi tutta la documentazione prodotta dal dipendente Sismi Tedesco Alfredo e concernente l'episodio criminoso...». Ovvero, l'ordine di esibizione si riferisce a tutta la documentazione, nessun documento escluso.
Allora, le chiedo se ritiene corretta la verbalizzazione della sua risposta in questo senso: «Io ho mandato tutta la documentazione - che ritenevo fosse completa - in quanto fu quella che fu sottoposta
alla mia firma come allegata alla lettera che firmavo». È esatta questa risposta?
GIANFRANCO BATTELLI. No, perché non so nemmeno se fosse stata allegata. Presidente, lei pretende che io, a distanza di anni le ricostruisca una cartella alla firma del direttore!
PRESIDENTE. No, sto facendo un ragionamento. Lei è il direttore del servizio, che firma questa lettera.
GIANFRANCO BATTELLI. Se firmo quella lettera significa che i miei uomini mi dicono che ci sono 21 atti, punto e a capo.
PRESIDENTE. Ecco, bravo! Quindi, la possono aver fregata, sì o no?
PRESIDENTE. La possono aver fregata o possono aver commesso un errore, esatto?
GIANFRANCO BATTELLI. No, secondo me non mi hanno fregato; hanno certamente commesso un errore, perché il capo ufficio degli affari giuridici era una persona di una dirittura morale incredibile. E poi, che interesse avrebbe avuto, mi scusi?
PRESIDENTE. Allora, possono aver commesso un errore.
GIANFRANCO BATTELLI. Non è detto. Ripeto, potrebbe essere accaduto che invece la Digos abbia chiesto...
PRESIDENTE. E no, qui c'è scritto di mandare tutta la documentazione!
GIANFRANCO BATTELLI. Ma scusi, presidente, perché non mi fa vedere la seconda lettera?
GIANFRANCO BATTELLI. Me la vuol far vedere?
PRESIDENTE. Gliela faccio vedere dopo.
GIANFRANCO BATTELLI. No, me la faccia vedere adesso!
PRESIDENTE. No, quando lo dico io, gliela faccio vedere. Mi scusi, ammiraglio.
GIANFRANCO BATTELLI. Mi scusi lei, presidente, ma sono sicuro che nella seconda lettera c'è la risposta ai suoi interrogativi.
PRESIDENTE. Nella lettera è scritto: «...in ordine al quale si procede nonché tutta la documentazione relativa agli sviluppi dell'informazione. Quindi, non c'è nessuna eccezione: si parla di tutta la documentazione e di tutti gli sviluppi. E lei risponde che di sviluppi non ne può dare, anzi solo uno, perché solo un documento è stato oggetto di sviluppi. Ed in effetti ciò corrisponde a verità. Per cui, a pensar bene lei ha firmato una lettera in contestualità di un errore fatto dai suoi dipendenti; a pensar male, sono fatti che riguarderanno altri.
GIANFRANCO BATTELLI. Io escludo che i miei dipendenti possano aver fatto artatamente...
GIANFRANCO BATTELLI. ... o dolosamente questa cosa.
GIANFRANCO BATTELLI. Lo escludo, perché li conosco. Conosco il capo ufficio affari giuridici: è una persona di una serietà e di una dirittura morale incredibile. Sono propenso a credere, viceversa, che mi abbiano dato solamente i documenti che la Digos ha chiesto, perché successivamente...
PRESIDENTE. Non è così! Ammiraglio, non è così, perché la lettera dell'autorità giudiziaria...
GIANFRANCO BATTELLI. Ma lei mi faccia vedere la seconda lettera di risposta che ho mandato. Dopo mi farà vedere la seconda lettera, presidente!
PRESIDENTE. ...precisa: «Letti gli atti del procedimento penale relativo all'omicidio di Ilaria Alpi»...
GIANFRANCO BATTELLI. Ho capito, presidente; dopo mi farà vedere la seconda lettera, però.
PRESIDENTE. ... «e Miran Hrovatin commesso in Somalia, eccetera, ed in particolare l'informativa categoria 1/bis della Digos»...
GIANFRANCO BATTELLI. Presidente, mi rifiuto di credere, anzi le dico categoricamente che è impossibile...
PRESIDENTE. Mi faccia finire la domanda. «...della Digos di Roma in data 10 luglio 1997». Quindi, la Digos di Roma aveva già superato l'argomento, era alle spalle della sua risposta. E la Digos di Roma aveva detto all'autorità giudiziaria che serviva tutta la documentazione.
Quindi, l'idea che la Digos possa aver fatto la selezione tra i documenti non è corretta.
GIANFRANCO BATTELLI. Presidente, se in data successiva sono stati mandati ulteriori documenti, ho la quasi certezza per dire che le cose sono andate così: normalmente, quando venivano altre sopravvenienze, nella lettera di trasmissione veniva sempre - ed è ovvio che ciò accadesse - spiegato perché. E si scriveva «è stato un errore», oppure «ce ne siamo dimenticati», «abbiamo fatto altre ricerche e abbiamo trovato questi documenti successivamente».
Quindi, a mio giudizio, la risposta alla sua domanda sta nella lettera con la quale successivamente abbiamo mandato gli altri due documenti.
PRESIDENTE. Intanto, accertiamo un'altra cosa. Le lettere e i documenti provenienti dal nostro amico Tedesco sono tutti manoscritti e li abbiamo qui con noi. Allora, la domanda che le faccio prima della lettura - della quale vorrà cortesemente prendere nota - è se queste lettere avessero un contenuto tale da dover essere trasmesse, in quanto interessate dall'ordine di esibizione.
La prima è del 23 marzo 1994: «La situazione in città permane tesa. Gli scontri tra bande sono sempre più frequenti, le vie di comunicazione sono sempre più insicure, come dimostra anche l'uccisione dei due impiegati avvenuta ieri sera ad Afgoye, mentre la città sprofonda sempre più nel caos. Secondo quanto si è appreso, uno degli ostacoli sarebbe il netto rifiuto da parte del generale Aidid ad accettare la nomina già fatta da Unosom (...). sarebbero in molti a Mogadiscio a non credere alle sue parole. Ieri sera alle 20.30 due somali armati sono stati individuati all'interno dell'aeroporto (...). Durante la notte numerosi colpi di arma automatica (...). La zona interna del porto nuovo e l'ingresso dell'aeroporto saranno controllati dalle forze USA solo fino al 27 prossimo, data ultima del ripiegamento del contingente. Verrà conseguentemente a mancare anche la sicurezza fornita attualmente dagli elicotteri Cobra durante l'atterraggio (...). Appare evidente la volontà di Unosom di minimizzare sulle reali cause che avrebbero portato all'uccisione della giornalista italiana e del suo operatore, orientando le indagini sulla tesi della tentata rapina o della causalità dell'episodio, non trascurando tuttavia particolari che indicherebbero il contrario. Anche da Roma è giunto a Scialoja esplicito divieto di trattare l'argomento e di avanzare ipotesi su probabili mandanti, ricordando che tale compito spetta solo ad Unosom al termine degli accertamenti in corso«.
Questi due passaggi, che riguardano più da vicino la vicenda Alpi- Hrovatin ed esattamente la parte in cui Tedesco riferisce al Sismi che Unosom stava facendo un'operazione di minimizzazione sulle reali cause che avrebbero portato all'uccisione della giornalista italiana e del suo operatore, orientando le indagini sulla tesi
della tentata rapina o della casualità, e la parte in cui si dice che da Roma sarebbero provenuti a Scialoja divieti di trattare l'argomento e di avanzare ipotesi sui probabili mandanti, ricordando che tale compito spetta ad Unosom (quello stesso Unosom che minimizzava) sono i due passaggi che vengono cassati (il primo in senso orizzontale ed il secondo in senso verticale) sul documento manoscritto da Tedesco; lo ha detto già Tedesco, da noi sentito.
Questo è il primo documento che - diciamo così - non viene mandato all'autorità giudiziaria.
Il secondo documento reca la data, un po' più tarda, dell'11 aprile 1994. glielo leggo: «Un portavoce dello SNA«...
GIANFRANCO BATTELLI. Sarebbe il Somali National Army.
PRESIDENTE. ... «avrebbe comunicato ad Unosom che i militari benadir SNA avrebbero individuato i responsabili dell'uccisione dei due giornalisti italiani del TG3. Secondo quanto riferito, le tre persone sarebbero attivamente ricercate e in caso di arresto saranno processate dal tribunale islamico degli Hirab. Il portavoce dello SNA non ha fatto nessun riferimento all'etnia dei tre ricercati. La notizia al momento non è confermata da altre fonti. In crescente aumento in città l'attività delle milizie; concentramenti di uomini armati vengono segnalati sia a nord che a sud di Mogadiscio; permangono elevati atti di banditismo», eccetera.
Ecco, qui c'è un riferimento che per noi è diventato di particolare interesse, in quanto il Sismi - gliene do notizia, lei sicuramente non lo sa - fin dalle primissime battute ruotanti intorno all'uccisione dei due giornalisti (e lo aveva fatto, prima del Sismi, il generale Fiore, che comandava il contingente) indicò la provenienza del duplice attentato nelle bande integraliste islamiche che già avrebbero fatto opera di applicazione della sharia dall'ottobre 1993 fino all'epoca di nostro specifico interesse. Anche questo è un dato che viene cancellato da questi documenti.
GIANFRANCO BATTELLI. Sì, viene cassato, ma esiste agli atti, quindi si può leggere.
PRESIDENTE. No, aspetti. Nelle battiture a macchina di questi documenti - quelli che lei ha mandato nel 1997 all'autorità giudiziaria - queste parti non ci sono; i documenti battuti a macchina sono depurati delle parti qui cancellate.
GIANFRANCO BATTELLI. Ma sono stati battuti a macchina nel mio periodo?
PRESIDENTE. No, prima. In quel periodo viene fatta la cancellazione e la cancellazione si traduce in una non trasposizione nel documento dattiloscritto. L'epoca è il 1994; avviene tutto nel 1994.
Questi documenti ricadevano nell'ordine di esibizione all'autorità giudiziaria. Esatto?
GIANFRANCO BATTELLI. Certamente.
PRESIDENTE. E invece questi due documenti non sono stati trasmessi.
GIANFRANCO BATTELLI. Si può leggere la lettera di trasmissione?
PRESIDENTE. Ecco la lettera; è del 14 settembre 1999.
Gliela leggo: «Con la presente segnalo che nel corso di ricerche d'archivio, svolte per corrispondere ad una richiesta pervenuta al Ministero della difesa dal presidente del Copasis, intesa ad ottenere la messa a disposizione da parte del Sismi di ogni informazione o documento disponibile sulla vicenda dell'omicidio Alpi-Hrovatin, sono emerse all'attenzione le unite copie di due minute del segretario Tedesco, che accludo alla presente per quanto di possibile interesse. Al riguardo preciso inoltre che i suddetti documenti risultano essere stati oggetto di consultazione da parte di funzionari di polizia giudiziaria delegati in data 22 gennaio 1999, in quanto non ritenuti di interesse per le indagini».
GIANFRANCO BATTELLI. È quel che stavo dicendo: li avevano visti e non li hanno voluti.
PRESIDENTE. No, stiamo parlando del 1999. Lei si riferiva al 1997. La sua lettera è del 28 novembre 1997, ovvero di due anni prima.
GIANFRANCO BATTELLI. Sarà stato un errore, presidente.
PRESIDENTE. Questo tanto per prendere atto della situazione.
GIANFRANCO BATTELLI. Escludo il dolo, presidente. Almeno, lo escludo da parte mia e da parte...
PRESIDENTE. Questo non lo dobbiamo stabilire né io né lei.
Ammiraglio, lei ha detto di non essere interessati, nello specifico, della vicenda Alpi-Hrovatin si è mai interessato. È esatto?
GIANFRANCO BATTELLI. Non per fare ricerche informative. Mi sono interessato per le vicende giornalistiche che hanno interessato Rajola, il quale è stato varie volte chiamato in causa.
PRESIDENTE. Non si è mai interessato, dunque, delle modalità dell'omicidio e degli approfondimenti che sono stati effettuati o che si sarebbero dovuti effettuare da parte del Sismi?
GIANFRANCO BATTELLI. No. Erano passati due anni e mezzo, presidente. Noi non avevamo, tra le altre cose, uno schieramento sul posto.
PRESIDENTE. A proposito delle modalità che caratterizzarono lo svolgimento di questo duplice omicidio, ha mai avuto notizia che due degli assalitori sarebbero stati feriti e ricoverati in un ospedale di Mogadiscio?
PRESIDENTE. Non ha mai saputo nulla?
GIANFRANCO BATTELLI. Che io ricordi, no, presidente.
PRESIDENTE. Le chiedo che cosa può dirci a proposito della matrice islamica, di cui le facevo menzione poc'anzi, e che ha tracce non soltanto nella lettera di Tedesco ma anche in molti altri materiali provenienti dal Sismi. Questi documenti non indicano soltanto che l'integralismo islamico si sarebbe fatto vivo dall'ottobre del 1993 in modi che nell'ottobre del 1994 avrebbero assunto una conformazione anche istituzionale, attraverso la costituzione delle corti islamiche, ma anche che l'uccisione dei due giornalisti avrebbe avuto scaturigine proprio dalle iniziative dell'integralismo islamico.
Ha notizie da riferire alla Commissione, sia dal punto di vista dell'effettività dell'esistenza di tale pericolo già da allora, sia sulle interconnessioni con l'uccisione dei due giornalisti?
GIANFRANCO BATTELLI. No, non ho notizie specifiche che non siano contenute nei documenti del Sismi. La presenza di una certa forma di integralismo islamico è stata presa in considerazione durante la mia gestione, in quanto ritengo che fosse uno dei problemi che interessavano molto l'Egitto.
Presidente, chiedo di procedere in seduta segreta.
PRESIDENTE. Sta bene. Non essendovi obiezioni, dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo interno.
(La Commissione procede in seduta segreta.)
PRESIDENTE. Riprendiamo la seduta pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo interno.
Avevate dei centri in Somalia al tempo in cui lei era lì?
PRESIDENTE. In nessuna parte della Somalia?
PRESIDENTE. Ad esempio di Bosaso non ha avuto mai alcuna menzione?
GIANFRANCO BATTELLI. Se non sbaglio i centri sono stati chiusi quando si è ritirato definitivamente il contingente militare. La Somalia non era un paese d'interesse ai fini informativi. Poi, mettere un centro in un paese totalmente disordinato non è la cosa più semplice; si potrebbero avere degli informatori.
PRESIDENTE. Nei cinque anni, mai nessuno le ha sollecitato qualche approfondimento sulla vicenda di Ilaria Alpi?
PRESIDENTE. Conosce l'ambasciatore Cassini?
GIANFRANCO BATTELLI. Non credo. Non escludo che possa averlo visto da qualche parte, ma non lo conosco. Le dirò di più: il suo nome mi è venuto in mente per la faccenda Mitrokhin; infatti so che lei ha chiesto parte dell'audizione che era segregata (mi hanno chiesto l'autorizzazione).
PRESIDENTE. Negli anni in cui fu capo del servizio sapeva della presenza del nome di Cassini nel dossier Mitrokhin?
GIANFRANCO BATTELLI. No. L'ho saputo quando è scoppiato il caso, anzi quando ho cominciato ad essere «tormentato» dalla Commissione Mitrokhin.
PRESIDENTE. Quindi, in questi anni.
GIANFRANCO BATTELLI. Sì, perché in prima istanza sono andato con una certa disinvoltura e superficialità, pensando di rispondere al Comitato parlamentare di controllo; però, mi hanno un po' «massacrato», così ho dovuto studiare e vedere tutti i documenti che non avevo mai visto.
PRESIDENTE. Quindi, nei cinque anni lei non ne ha mai sentito parlare?
GIANFRANCO BATTELLI. No. Ho visto questo nome che avevo segnalato alla Commissione come fatto curioso, perché mi veniva contestato che non comparisse il nome di un altro ambasciatore, Cortese, in un certo elenco ed io ho osservato che mi veniva contestato questo, mentre non si erano accorti che ne mancava un altro. Io me ne ero accorto perché, proprio in ragione del fatto che l'onorevole Fragalà mi aveva puntato l'indice contro con la questione dell'ambasciatore Cortese, sono andato a vedere tutti i documenti riguardanti l'origine di quell'appunto e mi sono accorto che c'era questo signore, tra l'altro definito «sconosciuto».
PRESIDENTE. Però noi abbiamo raccolto alcuni atti presso la prima divisione del Sismi.
GIANFRANCO BATTELLI. Per quanto riguarda Cassini, ho saputo che era citato nel caso Mitrokhin quando l'ho letto. Sapevo che esisteva, perché in certi momenti, me ne aveva parlato Rajola.
PRESIDENTE. Che le aveva detto Rajola?
GIANFRANCO BATTELLI. Non gli era molto simpatico. Diceva che secondo lui non lavorava molto bene.
PRESIDENTE. Noi abbiamo una serie di annotazioni, che abbiamo trovato agli atti della prima divisione del Sismi, dalle quali risulta che Cassini, quando prestò servizio presso l'ONU, era solito chiedere pratiche in visione - sono annotazioni del Sismi - relative a pubblicazioni informative dell'ONU e a fascicoli concernenti questioni militari, nonostante il capo dell'ufficio gliene assegni in trattazione pochissime (documento 255, allegato 10B). In
una circostanza chiese il fascicolo relativo agli ufficiali italiani disponibili per pronto impiego presso l'ONU e si fece fare una fotocopia dell'elenco dei nominativi, fotocopia che non è mai stata trasmessa a persone o enti. Successivamente gli venne addebitato, da alto funzionario della Farnesina, non in via ufficiale, di aver fatto riprodurre 14 copie dalle fotocopiatrici dell'ufficio stampa di un memoriale di critica dell'ambiente militare contro le Forze armate. Il dattiloscritto doveva essere destinato ad un giornale.
Ed ancora il Sismi annota: «Nel contesto di indagini in ordine alla diffusione di un documento NATO, al termine di una sessione del Consiglio atlantico, risultato poi un falso, risultò che Cassini aveva collaborato con gli altri funzionari del servizio stampa del Ministero degli affari esteri all'organizzazione dell'area riservata per i giornalisti accreditati. Quando era in servizio come primo segretario presso l'ambasciata italiana ad Algeri, venne segnalato in contatto con ambienti palestinesi. Quando fu trasferito all'ambasciata d'Italia a Cuba, venne considerato, da informazioni acquisite presso la segreteria generale del Ministero degli affari esteri, pericoloso per la sicurezza. In seguito fu allontanato dall'ambasciata a L'Avana a seguito di un'inchiesta amministrativa promossa dal capomissione, dalla quale è risultato che l'interessato avrebbe usato il corriere diplomatico per inviare materiale stampato in ciclostile e su carta intestata dell'ambasciata per conto e a favore del Partito comunista italiano. A Cuba avrebbe avuto anche intensi contatti di lavoro con la locale ambasciata URSS».
Queste sono alcune delle notizie che noi abbiamo estrapolato dai vostri atti giacenti presso la prima divisione del servizio militare. Lei ha mai avuto occasione di imbattersi in queste annotazioni?
GIANFRANCO BATTELLI.. No. Mi sono imbattuto in una.
GIANFRANCO BATTELLI. Gliela mostro: compariva in una scheda di lavorazione del dossier Mitrokhin.
PRESIDENTE. È questa? Può siglarla?
GIANFRANCO BATTELLI. No, non è questa. Lei dovrebbe prendere le schede di lavorazione del dossier Mitrokhin, quelle del Sismi, nelle quali dovrebbe essere indicato questo particolare. Era questo: io lo sapevo.
PRESIDENTE. Mostrato al teste il documento «Prima divisione sicurezza militare e CS, nota per il direttore della prima divisione», datato 1986...
GIANFRANCO BATTELLI. Io non ho visto quel documento; ho visto un'altra cosa, che però diceva quelle cose.
PRESIDENTE. ... nonché allegato documento 6.4.87, ancora intestato «Prima divisione sicurezza militare e CS, nota per il signor direttore della prima divisione» e, dopo averne avuto lettura, il teste dichiara di non essere a conoscenza di alcuna delle circostanze indicate, ad eccezione di quella recata dall'ultima pagina del documento, e precisamente la parte in cui si legge «verso la metà del 1979 sarebbe stato allontanato dall'ambasciata...
GIANFRANCO BATTELLI. No, questo no.
PRESIDENTE. ... a L'Avana a seguito di inchiesta amministrativa promossa dal capomissione, dalla quale sarebbe risultato che l'interessato avrebbe usato il corriere diplomatico per inviare materiale stampato». Allora, non conosce questa prima parte.
GIANFRANCO BATTELLI. Non la ricordo. Ricordo vivamente la questione della carta stampata, del ciclostile e così via.
PRESIDENTE. Il teste ha ricordo dell'utilizzazione di un corriere diplomatico per inviare materiale stampato...
GIANFRANCO BATTELLI. Io ho ricordo intanto in quanto, una volta cessata la mia attività di direttore del Sismi, per documentarmi in maniera tale da poter rispondere nelle audizioni relative al dossier Mitrokhin, sono andato a leggere i documenti e, nel leggerli, ho appreso questo particolare. Come direttore del Sismi non l'ho mai saputo.
PRESIDENTE. La conoscenza della circostanza è pervenuta, per dichiarazione del teste, soltanto successivamente ed in occasione dell'analisi degli atti in relazione alle audizioni presso la Commissione Mitrokhin, circostanza consistita dunque nel fatto che il Cassini avrebbe usato il corriere diplomatico per inviare materiale stampato in ciclostile e su carta intestata dell'ambasciata per conto ed a favore del Partito comunista italiano. A Cuba... questo lo sa?
GIANFRANCO BATTELLI. Era a Cuba.
PRESIDENTE. A Cuba, dove viene indicato anche il contatto con rifugiati politici dell'America Latina, avrebbe avuto inoltre intensi contatti con la locale ambasciata dell'URSS.
GIANFRANCO BATTELLI. L'ultima cosa sì. Queste sono le uniche cose che ricordo. Potrei averlo visto magari non negli atti di lavorazione, perché c'erano i dossier di nullaosta di segretezza; può darsi che lo abbia visto lì. Questa sicuramente l'ho letta, anche se non lo ricordavo. Ricordavo con precisione questo perché si parla di Cuba.
PRESIDENTE. Viene mostrato al teste il documento della Commissione «Allegato 10C», riguardante la persona di Cassini ZH, dove sono riportati precedenti di archivio, e il teste dichiara che questo è il documento dal quale ha appreso la notizia di cui ha fatto menzione in precedenza.
Torniamo alla questione del nome mancante. Come è avvenuto? Ci può ricostruire la vicenda in sintesi?
GIANFRANCO BATTELLI. Ne ho già parlato. Si riferisce al dossier Mitrokhin?
PRESIDENTE. Sì, vorremmo notizie sul mancato inserimento del nome di Cassini.
GIANFRANCO BATTELLI. Agli atti del Sismi c'è l'appunto iniziale - sicuramente lo ha la Commissione Mitrokhin -, con relativa lettera per il Presidente del Consiglio e per il ministro della difesa, predisposto per il generale Siracusa; non ne sono sicuro, ma c'è sicuramente un documento del Sismi nel quale c'è la sintesi di tutto il personale del Ministero degli affari esteri che, in vario modo, trovava citazione nel dossier Mitrokhin. Sui vari nomi indicati, per quanto riguarda in particolare Cassini, c'era scritto, ad esempio, che nel Ministero degli affari esteri ci sono 70 dipendenti, dei quali 15 indicati solo con lo pseudonimo, 37 identificati, 12 morti, 7 sconosciuti. Fra questi sconosciuti, era citato Cassini. Lei ha citato ZH, e il nome di Cassini inizia con G: nel documento originale inglese la G presa dal russo è stata traslitterata in ZH. Questo ha fatto scrivere al maresciallo che faceva l'analisi delle schede che era sconosciuto perché c'era scritto ZH Cassini e non G Cassini.
PRESIDENTE. Chi ha deciso di non inserire il nome di Cassini?
GIANFRANCO BATTELLI.. Praticamente è la conseguenza di un errore dell'originatore del documento, il quale, di fronte al nome ZH Cassini, ha detto che era sconosciuto, e così è risultato.
PRESIDENTE. Quindi, è un errore?
GIANFRANCO BATTELLI. Sicuramente. La persona che ha commesso l'errore è il maresciallo Dodero, se non vado errato. È un errore anche ridicolo, a mio modo di vedere.
PRESIDENTE. Quando abbiamo sentito l'ammiraglio Grignolo, fu dato atto dell'esistenza di un documento a lei indirizzato, che reca questa dizione «In allegato il documento richiesto dalla signoria vostra. Giuseppe Grignolo».
PRESIDENTE. Sotto questa scritta risulta un'altra annotazione che, secondo una ricostruzione, sarebbe da riferire a lei: «Grazie, come detto a voce».
GIANFRANCO BATTELLI. Me lo hanno chiesto anche in Commissione Mitrokhin.
PRESIDENTE. Lei parlò con Vattani...
GIANFRANCO BATTELLI. Della vicenda Mitrokhin?
GIANFRANCO BATTELLI. Certo. Ho anche testimoniato, sia in Comitato parlamentare di controllo sia in Commissione.
PRESIDENTE. Fece anche il nome di Cassini?
GIANFRANCO BATTELLI. Assolutamente no; non lo sapevo; non c'era nell'elenco. Ha presente il famoso elenco dal quale mancava Cortese?
PRESIDENTE. Mancava anche Cassini.
GIANFRANCO BATTELLI. Esatto, ma io non sapevo che mancasse Cassini, così come non sapevo che mancasse Cortese.
PRESIDENTE. Lei ha saputo mai del ruolo di Cassini nella vicenda Ilaria Alpi? Che cosa ha fatto con riferimento all'omicidio dei due giornalisti italiani?
GIANFRANCO BATTELLI. Non lo so. Quello che posso dire è che durante la mia gestione, probabilmente, lui è andato a Nairobi ed io ho recepito delle valutazioni da parte di Rajola non molto buone.
PRESIDENTE. Ha mai saputo che ad un certo punto fu incaricato da qualcuno di svolgere delle indagini sull'omicidio?
GIANFRANCO BATTELLI. Non lo ricordo.
PRESIDENTE. Ha mai saputo che lui si interessò, ad esempio, delle operazioni relative al trasferimento dei somali che sarebbero stati vittime della violenza di militari italiani?
GIANFRANCO BATTELLI. Può darsi.
PRESIDENTE. Ricorda qualcosa della Commissione Gallo?
GIANFRANCO BATTELLI. Ricordo perfettamente la Commissione Gallo. Ci abbiamo lavorato ed abbiamo cercato di organizzare una visita in Somalia.
PRESIDENTE. Sa se Cassini abbia avuto un ruolo?
GIANFRANCO BATTELLI. Quello che ha fatto Cassini non lo so. So che abbiamo lavorato per la Commissione Gallo.
PRESIDENTE. Ha conosciuto Cassini in quell'occasione?
GIANFRANCO BATTELLI. Non credo. Non lo ricordo. Ho messo a disposizione del sottosegretario Serri e della Commissione Gallo l'allora colonnello Rajola Pescarini, per organizzare un viaggio della Commissione in Somalia, se non vado errato. Non ho preso contatti con Gallo; ne ho avuti con il generale militare che era nella Commissione e che manteneva i contatti con Rajola per organizzare il viaggio che poi non venne effettuato. Noi avremmo dovuto dare una mano per l'organizzazione
in sicurezza. Di questo mi sono occupato, in relazione alla Commissione Gallo, e di niente altro.
PRESIDENTE. Quindi, del coinvolgimento, dal punto di vista investigativo, dell'ambasciatore Cassini nelle indagini sulla vicenda Ilaria Alpi, lei non ha mai saputo niente? Nemmeno con riferimento al processo penale che si è svolto a carico di un somalo?
GIANFRANCO BATTELLI. Può darsi che qualcuno me ne abbia accennato; non posso escluderlo. Ma per quel che ricordo - potrei anche sbagliare, ma non credo - non sono mai stato interessato istituzionalmente in alcun modo in questa vicenda. È difficile, a distanza di tempo, dire che non lo sapevo, perché si sovrappongono memorie di valutazioni fatte e la lettura di articoli di giornale. Comunque, istituzionalmente non sono stato interessato della vicenda.
PRESIDENTE. Che le disse Rajola di Cassini?
GIANFRANCO BATTELLI. Diceva che era un po' confusionario. Se non ricordo male, diceva che gestiva i rapporti con la Somalia creando dei dissapori all'interno.
PRESIDENTE. Rajola Pescarini, con riferimento a Cassini, non le ha mai parlato del ruolo svolto nella ricerca delle vittime della violenza militare italiana?
PRESIDENTE. Ha sentito mai parlare di un certo Gelle?
GIANFRANCO BATTELLI. No. Non lo ricordo proprio.
PRESIDENTE. Quindi, le diceva che era un confusionario: in che senso?
GIANFRANCO BATTELLI. Lei mi sta chiedendo delle valutazioni su un ambasciatore. Io riferisco quello che mi ha detto Rajola Pescarini. La prego quindi di chiederlo a Rajola Pescarini. Mi consenta, presidente, c'è un problema giuridico non secondario, perché se Rajola Pescarini dicesse che non è vero quello che io dico, il signor Cassini potrebbe farmi causa.
PRESIDENTE. L'importante è che dica quello che le è stato detto.
GIANFRANCO BATTELLI. Quando io esco di qua, lei è il presidente di questa Commissione ed io sono un libero cittadino: potrei semmai chiederle di difendermi come avvocato!
PRESIDENTE. Sono molto meno libero io di lei. L'oggetto della critica o delle esternazioni che cosa riguardava? Il suo lavoro? E quale parte del suo lavoro?
GIANFRANCO BATTELLI. Il fatto che operasse in un modo...
GIANFRANCO BATTELLI. No, assolutamente. Non produttivo.
PRESIDENTE. Voglio fare una puntualizzazione: noi non ci divertiamo cercando di sapere chi sia Cassini o come operi. Lei non sa che la sentenza dei giudici italiani che ha portato all'affermazione della responsabilità dell'attuale detenuto in esecuzione di pena rispetto all'omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin si basa soprattutto sull'operato dell'ambasciatore Cassini. La grande professionalità e credibilità dell'ambasciatore Cassini ha conferito altrettanta attendibilità ad un testimone che è l'unico, è il testimone chiave, sulle cui dichiarazioni poggia interamente la decisione. Quel testimone fu sentito una sola volta da un'autorità di polizia, poi è scomparso dalla circolazione e non è stato mai più rintracciato, anche se è stato molte volte cercato da questa Commissione. Si tratta quindi di una dichiarazione mai sottoposta al vaglio dibattimentale, in base alla quale fu pronunciata la sentenza di condanna. Ciò perché la persona fu
consegnata dall'ambasciatore Cassini all'autorità di polizia che lo sentì prima che sparisse. Ecco perché le stiamo facendo queste domande. Avere una descrizione del ruolo, della professionalità e delle capacità dell'ambasciatore Cassini, o averne un'altra, per noi può cambiare molto.
GIANFRANCO BATTELLI. Escluderei che Rajola possa avermi riferito valutazioni di non attendibilità del lavoro fatto dall'ambasciatore Cassini. Anzitutto c'era una non grande simpatia pregressa, ma quello che lui diceva si riferiva non tanto alla bontà del lavoro svolto, quanto al fatto che si muovesse come un elefante in una cristalleria, perché con la sua azione creava problemi fra le varie fazioni.
CARMEN MOTTA. Signor presidente, le precisazioni fatte ora dall'ammiraglio Battelli sono per noi utili e definiscono alcune questioni importanti, ma vorrei sapere in che modo le colleghiamo alle domande che hanno riguardato la Commissione Mitrokhin, perché sono due cose diverse.
PRESIDENTE. Sono due cose diverse, su questo non si discute, però credo che possano rivestire un significato.
CARMEN MOTTA. D'accordo, però tenevo a ribadire il fatto che siamo due Commissioni distinte.
PRESIDENTE. L'ammiraglio lo sa perfettamente. Infatti i documenti che sono stati mandati riguardavano la nostra Commissione, non la Mitrokhin.
PRESIDENTE. A proposito di armi, dato che questa era una materia vostra, nel periodo di sua competenza vi siete occupati del presunto traffico tra l'Italia e la Somalia, o comunque di quello che, per effetto di triangolazioni, coinvolgeva anche il nostro paese?
GIANFRANCO BATTELLI. Specificatamente non saprei dare una risposta. Che ci fossero delle informative sull'argomento non lo escludo, però non c'è stata un'attivazione della mia persona in ordine a questa vicenda, con richiesta di azioni o di determinazioni. Le informazioni arrivano, si vedono, ma lasciano il tempo che trovano; non si fa un'attività mirata.
PRESIDENTE. Se avete notizia dell'esistenza di un traffico illecito di armi, che fate? Tenete la notizia per voi? Vorrei capire.
GIANFRANCO BATTELLI. Presidente, un servizio non lavora così, questo è un problema...
GIANFRANCO BATTELLI. È un problema per i Servizi, perché non lavorano come la polizia giudiziaria. Se arriva un'informazione non si salta sulla sedia e si corre dietro la notizia!
PRESIDENTE. No, ma se arriva un'informazione dell'esistenza di un traffico di armi di distruzione di massa, che è il settore tipico dell'ottava divisione, il servizio che fa? La tiene lì e basta? Non l'approfondisce, non l'elabora, non la comunica?
GIANFRANCO BATTELLI. Presidente, quando arriva un'informazione questa viene buttata dentro un insieme di altre notizie che sono pervenute; una volta che sono tutte insieme sono valutate comparativamente e possono - o non possono, dipende dalla qualità - far arrivare a delle deduzioni e a delle conclusioni, in base alle quali si stabilisce cosa fare. Ma di fronte ad una singola informazione, secondo la quale si starebbe attuando un traffico di armi verso la Somalia, cosa farebbe lei, se fosse nel servizio?
PRESIDENTE. Ammettiamo, come è nel caso di specie, che di notizie sul traffico di armi rispetto alla Somalia il servizio ne avesse moltissime...
GIANFRANCO BATTELLI. A lei risulta che ne abbiamo moltissime?
PRESIDENTE. Ha addirittura non poche informazioni che mettono in collegamento - alcune gliele ho anche lette - l'uccisione di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin con il traffico di armi in Somalia. Qui la mia capacità di comprensione si ferma, perché le notizie sono tante e c'è addirittura la specificità di una possibile causale rispetto al duplice omicidio che in questa sede ci interessa e che probabilmente a voi non interessava proprio - e a noi interessa capire anche perché a voi non interessava proprio - e che cosa si fa? Rimane tutto là, anzi a dicembre 1994 l'autorità giudiziaria le chiede al Sismi e il servizio non fa sapere niente; nel 1997 finalmente l'autorità giudiziaria riesce a sapere, per merito suo, che il materiale invece esisteva. Che cosa si è fatto in questo caso? Noi abbiamo la prova - a livello di informazioni, non a livello giuridico - che il servizio aveva le notizie, e le aveva persino calibrate su uno specifico caso. Che cosa è stato fatto? Niente!
GIANFRANCO BATTELLI. Io le ho detto che se non fosse stato perché conteneva delle notizie relative all'omicidio di Ilaria Alpi, per le quali l'unica cosa che il Sismi doveva fare era mandarle alla magistratura, quell'informativa che mi ha fatto leggere sarebbe stata messa...
GIANFRANCO BATTELLI. ...nel calderone. Non agli atti, presidente. Lei pensa che un servizio metta delle cose agli atti? Un servizio prende delle cose che ieri, quando si lavorava con il cartaceo, andavano a riempire dei faldoni, e che adesso vanno a riempire un supporto telematico contenente una serie di informazioni attinenti ad un certo fatto; quando queste situazioni, verificate dai valutatori, conducono ad avere una situazione che oggettivamente renda necessario, o possa rendere necessario, fare qualche cosa... Mi spiego: arrivano notizie del traffico di armi con la Somalia; che cosa ci faccio? Le metto lì e dico: vediamo se riusciamo a sapere qualche cosa di più. Poi arriva la notizia che Gianfranco Battelli fa traffico di armi con la Somalia: allora indaghiamo su Gianfranco Battelli. Non so se mi sono spiegato.
PRESIDENTE. Una volta ha messo tutto nel calderone - si tratti di un computer o di un faldone - e raggiunto un certo numero di informative secondo cui esisterebbe un traffico di armi con la Somalia, che si fa? In che cosa si traduce questo? Nella contemplazione del contenuto dei documenti oppure in un'azione da svolgere? Glielo domando.
GIANFRANCO BATTELLI. Lei si mette a girare per tremila chilometri di costa italiana per cercare che cosa? Non ho capito!
PRESIDENTE. Questo che significa? Che rimane lì e basta?
GIANFRANCO BATTELLI. Non è che rimane lì e basta. Presidente, non è che i Servizi... Se venisse comunicato che il prossimo mese verrà compiuto un attentato in Italia, probabilmente a Roma...
PRESIDENTE. Infatti questa è una delle cose per le quali poi non si fa niente.
GIANFRANCO BATTELLI. Sa lei cosa fa, davanti ad una notizia di questo genere? La mette agli atti, a meno che...
PRESIDENTE. E aspetta. Se succede, bene, altrimenti... Invece di cercare di prevenire, di controllare, di capire, di approfondire, di elaborare la notizia... Se a me dicono che in Somalia con la cooperazione si fa traffico di armi...
GIANFRANCO BATTELLI. La cooperazione non c'è più!
PRESIDENTE. Io sto parlando di allora.
GIANFRANCO BATTELLI. Ma lei sta parlando di me. Lei sta dicendo che cosa ho fatto io in ordine a quella questione.
PRESIDENTE. Purtroppo l'interrogato qui in questo momento è lei, non sono io. Voglio soltanto cercare di capire. Nel momento in cui mi trovo in presenza di un materiale documentale da cui risulta certamente - che sia vero o meno quello che c'è scritto, è un altro discorso - che il servizio è in possesso di una messe di notizie dalle quali emergere che in Somalia - dall'Italia o trilateralmente - si svolgono traffici illeciti, oppure leciti, di armi... Ma è sufficiente dire traffici, perché poi siete voi che dovete accertare se siano leciti o meno; infatti, se sono leciti non dovete andare avanti, se sono illeciti dovete intervenire. Questo in che cosa si traduce? Nell'avere a disposizione un grande archivio sulle notizie che sono pervenute oppure, sulla base delle notizie, si stabilisce di fare il contrasto al traffico illecito delle armi? Non fate il contrasto?
GIANFRANCO BATTELLI. Ma certo che lo facciamo! Ma il contrasto, presidente, non è mica un'astrazione metafisica! Il contrasto è un'azione concreta, e l'azione concreta la si fa contro delle persone, contro delle cose. Occorrono informazioni che diano qualche idea di chi lo fa.
PRESIDENTE. Ma scusi, qui c'è scritto che le navi Shifco servivano per fare traffico di armi!
GIANFRANCO BATTELLI. E dove erano le navi Shifco?
GIANFRANCO BATTELLI. E in Somalia non avevamo nessuno!
PRESIDENTE. Ma come! Il capocentro è andato via a fine 1995!
GIANFRANCO BATTELLI. Lei sta parlando del 1994. Mi dica cosa sta dicendo in riferimento a me, a cosa facevo o non facevo.
PRESIDENTE. Io sto chiedendo a lei. La domanda è questa: nei cinque anni in cui è stato a capo del Sismi lei non ha avuto alcuna occasione per poter mettere in pista un'attività diretta al contrasto effettivo di armi tra Italia e Somalia o attraverso altre triangolazioni. È esatto?
GIANFRANCO BATTELLI. No. Le rispondo: durante i cinque anni in cui sono stato a capo del servizio non ricordo che qualcuno mi abbia mai rappresentato delle condizioni per poter mettere in atto attività di contrasto contro presunti traffici di armi nei confronti della Somalia.
PRESIDENTE. Benissimo. È acquisito agli atti.
GIANFRANCO BATTELLI. Non ricordo che sia mai accaduto. Se lei trova qualche documento, me lo faccia vedere, poi lo leggerò.
PRESIDENTE. Se lei lo dice, vuol dire che è sicuro.
GIANFRANCO BATTELLI. No, non sono sicuro, presidente. Ha idea di cosa significa cinque anni di Sismi? Io leggevo quotidianamente 400-500 documenti. Sta scherzando?
PRESIDENTE. Io non sto scherzando, sto facendo il mio lavoro.
GIANFRANCO BATTELLI. Lei mi chiede delle cose specifiche, presidente!
PRESIDENTE. Noi abbiamo appreso da tutti i giornali, da sempre, che la Somalia è uno dei territori prediletti, e le armi si trovano pure. Marocchino è stato arrestato per detenzione di armi in Somalia (adesso ne parliamo). Abbiamo una serie incredibile di notizie - magari saranno tutte infondate - secondo le quali tutto questo
invece è accaduto (e secondo alcuni accadrebbe anche adesso, ma lasciamo perdere, perché complichiamo solo le cose). Noi apprendiamo che, nonostante tutto questo, nei cinque anni - lasci stare le gestioni precedenti - in cui c'è stato lei non ha avuto motivo...
GIANFRANCO BATTELLI. Presidente, lei ha fatto una specie di affastellamento di cose. Ha parlato di Marocchino, ha parlato del 1994...
PRESIDENTE. Vede che le sa le cose? Le dico che tra il 1994 ed il 1995...
GIANFRANCO BATTELLI. È stato lei a parlare di Marocchino!
PRESIDENTE. Io faccio un ragionamento: se nel 1994-1995...
GIANFRANCO BATTELLI. È un ragionamento o una domanda testimoniale...
PRESIDENTE. Le sto facendo un'altra domanda. Nel 1994-1995 noi troviamo le informative che parlano dell'esistenza del traffico di armi. Successivamente, l'esistenza di questi dati ed elementi non dovrebbe condurre ad un'analisi approfondita del fenomeno per capire se sia in sviluppo o in regresso, se sia scomparso o ricompaia, se sia in qualche modo suscettibile di essere controllato dalle autorità che hanno questo compito?
GIANFRANCO BATTELLI. No, non necessariamente.
PRESIDENTE. Va bene. Ne prendiamo atto.
GIANFRANCO BATTELLI. No, lei non prende atto. Adesso mi lascia parlare!
PRESIDENTE. Quello che faccio io lo dico io! Lei risponda alle domande!
GIANFRANCO BATTELLI. Lei ha preso atto della mia risposta.
PRESIDENTE. La mia domanda è questa...
GIANFRANCO BATTELLI. E io le sto rispondendo!
PRESIDENTE. Voglio riformulare la domanda, in modo che sia chiara. Quando, sulla base del pregresso, dalle informazioni pervenute al Sismi risulta che un paese, ad esempio la Somalia, è interessato al traffico di armi sia dall'Italia, sia attraverso triangolazioni, e quando ad un servizio risulta che in passato addirittura questo traffico non soltanto può essere avvenuto attraversando un meccanismo notorio a tutto le autorità, come quello della malacooperazione, ma ha provocato addirittura l'uccisione di due persone (mi riferisco ad Ilaria Alpi e Miran Hrovatin), le autorità competenti, in questo caso il Sismi, non hanno il dovere di monitare quanto meno ciò che accade per capire se il fenomeno sia finito o no?
GIANFRANCO BATTELLI. Mi consenta, presidente, ma non ho capito la domanda, perché lei ha messo di mezzo l'omicidio di Ilaria Alpi...
PRESIDENTE. No, lei non vuole capire, mi scusi.
GIANFRANCO BATTELLI. Mi faccia una domanda! Mi faccia una domanda precisa!
PRESIDENTE. Le ho fatto la domanda!
GIANFRANCO BATTELLI. No, quella non è una domanda. Lei ha fatto una serie di considerazioni.
PRESIDENTE. Allora, le ripeto la domanda: se, sulla base della storia di quattro, cinque anni, risulta che un paese è interessato dal traffico di armi, il Sismi ha o non ha il dovere di monitorare quel territorio per capire se effettivamente il
fenomeno è cessato oppure sta continuando, se è in crescita o quant'altro? Questa è la domanda.
GIANFRANCO BATTELLI. Benissimo.
PRESIDENTE. Ho fatto riferimento ad Ilaria Alpi per una semplice ragione: secondo specifiche fonti, l'uccisione dei due giornalisti sarebbe stata determinata dal traffico di armi svolto con la mala cooperazione; mi sembrava di poter ritenere che questo elemento potesse in qualche modo sollecitare ulteriormente i doveri dei servizi. Ha capito la domanda o non l'ha capita?
GIANFRANCO BATTELLI. Sì, presidente.
PRESIDENTE. Ecco, adesso risponda.
GIANFRANCO BATTELLI. Adesso le rispondo. Presidente, le ho già detto che dell'omicidio di Ilaria Alpi il servizio si è interessato esclusivamente per quanto riguarda l'attività nei confronti della magistratura. Non era né dovere del servizio indagare su...
PRESIDENTE. Non era questa la mia domanda; allora, lei non ha capito la mia domanda!
GIANFRANCO BATTELLI. Ma scusi, lei mi ha chiesto se non fosse nostro dovere, ed ha aggiunto «anche considerato»...
PRESIDENTE. Certo, è un elemento aggiuntivo.
GIANFRANCO BATTELLI. No, non è aggiuntivo: questo elemento lo cancelliamo!
PRESIDENTE. Allora, cancelliamolo. E vada avanti con la risposta!
GIANFRANCO BATTELLI. La sua domanda parte da un presupposto: che, nei cinque anni durante i quali sono stato direttore del Sismi, sia stato tempestato di informazioni riguardanti traffici illeciti di armi da parte dell'Italia verso la Somalia.
PRESIDENTE. O in triangolazione.
GIANFRANCO BATTELLI. Sì, che io abbia avuto una serie di informazioni...
PRESIDENTE. No, non ha capito la domanda, ammiraglio. Mi dispiace, ma non ha capito.
GIANFRANCO BATTELLI. Allora lei si riferisce esclusivamente alle informazioni del 1994?
PRESIDENTE. Le ho fatto un'altra domanda, che lei non vuole capire, o che non capisce.
GIANFRANCO BATTELLI. No, io l'ho capita perfettamente e sto rispondendo.
PRESIDENTE. Allora risponda. Le ho chiesto se, sulla base di un pregresso che dura per anni e che dà ai servizi...
GIANFRANCO BATTELLI. No, scusi, come sarebbe «dura per anni»?
GIANFRANCO BATTELLI. Come, dura per anni? Lei dice che dura per cinque anni, ma io le dico di no!
PRESIDENTE. Sto dicendo un'altra cosa: le ho chiesto se, sulla base del pregresso, risulti al servizio che negli anni precedenti vi sono state situazioni da ricondurre in maniera massiccia al traffico di armi, ad esempio attraverso la cooperazione (e specificatamente per la Somalia). Il servizio ha il dovere di monitorare questa situazione o se ne può fregare, visto che sono passati cinque anni ed arriva il nuovo direttore del servizio? Questo voglio sapere!
GIANFRANCO BATTELLI. Il servizio ha il dovere di lavorare per la sicurezza del paese nel momento attuale. Va bene?
Questi sono i compiti del servizio. Se lei mi dice che oggi vi sono dei traffici di armi, è un conto; di informazioni di cinque o di sette anni fa, invece, non so assolutamente cosa farmene. In particolare, poi, si trattava di informazioni così vaghe, così generiche che non si prestavano a nessuna...
PRESIDENTE. Vogliamo leggere queste informazioni generiche?
GIANFRANCO BATTELLI. Sì, sono generiche, presidente!
PRESIDENTE. Leggiamole: «Il cittadino somalo Mohamed Kareb Hussein, indicato come il comandante aut responsabile del braccio armato dei Fratelli musulmani in Somalia sarebbe destinatario, tra gli altri, di ingenti quantitativi di materiale di armamento, soprattutto leggero, proveniente da un traffico internazionale»...
GIANFRANCO BATTELLI. Internazionale? Ma allora...
PRESIDENTE. ... «che verrebbe effettuato con l'impiego di navi mercantili somale, dono della cooperazione tecnica italiana ai paesi in via di sviluppo. Tra i mercantili utilizzati nell'esecuzione dei traffici ci sarebbe anche una nave denominata 21 Ottobre. Tra gli scali marittimi toccati dal citato natante vi sarebbe un porto di Malta-La Valletta. Tale località rappresenterebbe una base importante di smistamento degli armamenti di che trattasi. Le armi sarebbero tutte prodotte nei paesi dell'est europeo, ma verrebbero cedute dall'Iran che sarebbe il reale artefice e promotore dei traffici. Poiché i predetti mercantili farebbero scalo in numerosi porti del Mediterraneo e del mar Rosso, viene dato per scontato che i traffici possano avvenire, oltre che con la Somalia, anche con altri ambienti integralisti di paesi», e via dicendo.
GIANFRANCO BATTELLI. Mi consenta, presidente, io non vorrei contestarla, ma lei sta parlando...
PRESIDENTE. E ancora: «Da tali ambienti kenioti sarebbero emerse notizie secondo le quali le motivazioni che avrebbero determinato l'uccisione in Somalia, nella scorsa primavera, della giornalista della Rai Ilari Alpi e dell'operatore Miran Hrovatin andrebbero ricercate nei citati traffici di armi.»...
GIANFRANCO BATTELLI. Scusi, presidente, lei ha parlato...
PRESIDENTE. «Le due vittime, infatti, avrebbero indagato ed individuato un importante filone riguardante l'attività illecita in contesto e cercato di approfondire le loro conoscenze. La loro uccisione, infatti, sarebbe stata una vera e propria esecuzione effettuata con il classico colpo d'arma da fuoco sparato a bruciapelo».
GIANFRANCO BATTELLI. Lei mi ha parlato di traffici internazionali...
PRESIDENTE. No, le parlo di un dato storico che è agli atti del suo ufficio.
GIANFRANCO BATTELLI. Adesso mi faccia parlare, per favore! Lei mi sta parlando di traffico internazionale di armi: armi che vengono dalla Russia, attraverso mezzi che sono stati donati dalla cooperazione, che sono in Somalia, che vanno a La Valletta, o roba del genere. Mi spieghi un po': dov'è la minaccia al territorio italiano, in questa cosa? C'è forse scritto che qualche italiano sta facendo entrare...
PRESIDENTE. Ammiraglio, abbiamo capito.
GIANFRANCO BATTELLI. No, lei non ha capito, presidente!
PRESIDENTE. No, io ho capito bene.
GIANFRANCO BATTELLI. Non ha capito!
PRESIDENTE. Ho capito benissimo!
GIANFRANCO BATTELLI. Non ha assolutamente capito, presidente!
PRESIDENTE. Ho capito molto bene!
GIANFRANCO BATTELLI. Mi lasci finire di parlare.
PRESIDENTE. Prego, dica pure quello che vuole.
GIANFRANCO BATTELLI. Il Sismi non lavora contro il traffico di armi internazionali fatto da pinco pallino; lavora contro il traffico internazionale di armi fatto da italiani...
PRESIDENTE. O in triangolazione.
GIANFRANCO BATTELLI. Lasci stare, se è in triangolazione oppure no: comunque devono essere interessati gli italiani. Va bene? Allora, se ci sono delle ditte italiane, delle imprese italiane...
PRESIDENTE. E Mugne che cos'è, allora? Mugne è bolognese! Ed è il proprietario delle navi Shifco, con le quali si facevano queste operazioni...
GIANFRANCO BATTELLI. E allora?
PRESIDENTE. Era di Bologna! Aveva la società a Bologna!
GIANFRANCO BATTELLI. Se Mugne fa dei traffici internazionali dalla Russia attraverso La Valletta, con la Somalia, mi spieghi un po': ma che cosa deve fare il servizio?
PRESIDENTE. Insomma, la sostanza delle cose è che nei cinque anni lei non ha avuto ragioni di attenzione...
GIANFRANCO BATTELLI. Io non ho avuto nessun elemento che mi portasse a concludere - o qualcuno che mi dicesse - che vi erano delle condizioni che rientravano nelle attività istituzionali del Sismi, di rilievo tale per cui dovessimo prestare un'attenzione specifica o fare un'attività mirata in quella direzione.
GIANFRANCO BATTELLI. Questo è quanto ricordo.
PRESIDENTE. Va bene, prendiamo atto delle sue dichiarazioni.
Ha sentito nominare Marocchino?
GIANFRANCO BATTELLI. Certo che l'ho sentito nominare.
GIANFRANCO BATTELLI. L'ho letto tante volte, sui giornali.
PRESIDENTE. Non ha avuto alcuna ragione di approfondire...
GIANFRANCO BATTELLI. Assolutamente.
PRESIDENTE. ... dati, passaggi, eccetera?
PRESIDENTE. Sa che fu cacciato dalla Somalia in quanto faceva traffico di armi?
GIANFRANCO BATTELLI. So che è stato cacciato dagli americani, se non sbaglio.
PRESIDENTE. Sì, lo cacciarono dalla Somalia. E che cosa Marocchino facesse in Somalia, al suo servizio non è mai risultato? Sa che cosa faceva, che tipo di attività svolgesse lì?
GIANFRANCO BATTELLI. No, non ne ho alcuna idea, al di là di quel che è agli atti del Sismi.
PRESIDENTE. E di quel che è agli atti del Sismi ha qualche ricordo?
PRESIDENTE. Abbiamo un verbale dell'8 febbraio 1994. Ricorda di essere stato sentito, a proposito di armi?
GIANFRANCO BATTELLI. No, non lo ricordo proprio. In quel periodo ero capo di gabinetto.
PRESIDENTE. Glielo leggo: «In particolare, l'ufficio rappresenta che dalla documentazione trasmessa dal Ministero degli esteri sarebbero emerse ipotesi di responsabilità del connazionale Marocchino per un presunto traffico, secondo quanto sarebbe stato accertato dalle Forze armate. Sarebbe altresì emersa un'ipotesi di complicità in occasione dell'uccisione di alcuni militari italiani che stavano procedendo, nel luglio 1993, ad un'ulteriore verifica della presenza di armi negli immobili del Marocchino. Tali notizie sono state trasmesse dal comando militare delle Nazioni Unite e sono qui pervenute sia dal Ministero degli esteri, sia in allegato alla documentazione del Ministero della difesa. Prendo pertanto atto che è necessario acquisire dai competenti organismi militari precisa notizia sulla fondatezza delle informazioni comunicate dall'ONU sia in ordine al coinvolgimento del Marocchino nella detenzione di armi comuni e da guerra, sia in relazione a specifica circostanza che coloro che aggredirono i militari italiani a Mogadiscio nel luglio 1993, con conseguente uccisione di alcuni soldati, provenivano dall'interno della proprietà del Marocchino». Qui, insomma, c'è qualche notizia in più di quelle che si potevano leggere sui giornali.
Il verbale è dell'8 febbraio 1994. Tra l'altro, si legge: «Prendo pertanto atto che è necessario acquisire dai competenti organismi militari precisa notizia sulla fondatezza delle informazioni comunicate dall'ONU». Le risulta se vi sia stato un seguito?
GIANFRANCO BATTELLI. Probabilmente, ero stato chiamato dal procuratore come...
PRESIDENTE. Lei era capo di gabinetto.
GIANFRANCO BATTELLI. Sì, ma intendo dire un'altra cosa: ho avuto dalla procura l'incarico di provvedere a recuperare gli atti di cui avevano bisogno. Forse era questa, la situazione.
PRESIDENTE. Leggiamo: «Avvertito dell'obbligo di riferire ciò che sa intorno ai fatti sui quali viene sentito, dichiara: prendo atto di essere stato convocato per rendere chiarimenti in relazione al contenuto della missiva del 2 febbraio 1994, con la quale il Ministero della difesa rispondeva alla richiesta di esibizione di questo ufficio in data 14 gennaio 1994. In particolare, l'ufficio mi rappresenta che dalla documentazione trasmessa dal Ministero degli esteri», eccetera. E viene fuori la storia di Marocchino. «Prendo pertanto atto che è necessario acquisire dai competenti organismi militari precisa notizia sulla fondatezza".
GIANFRANCO BATTELLI. Probabilmente, è quello che ho fatto dopo. Io ho fatto da tramite.
PRESIDENTE. E cosa ha fatto, dopo?
GIANFRANCO BATTELLI. Non lo so, non me lo ricordo. Probabilmente, ho fatto da tramite fra la procura e gli organismi militari.
PRESIDENTE. Però, come vede, non è che di Marocchino ne ha sentito parlare soltanto sui giornali.
GIANFRANCO BATTELLI. Presidente, va bene, non me lo ricordavo.
PRESIDENTE. Ha mai sentito parlare di una certa Starlin Abdi Arush?
GIANFRANCO BATTELLI. Che io ricordi, no.
PRESIDENTE. Franco Giorgi lo ha mai sentito nominare?
GIANFRANCO BATTELLI. Che io ricordi, no.
PRESIDENTE. E Giorgio Giovannini?
GIANFRANCO BATTELLI. Neppure. Non mi dice niente.
PRESIDENTE. Non ricorda se fosse tra i trafficanti di armi conosciuti a livello internazionale?
PRESIDENTE. Di Aldo Anghessa ha sentito parlare?
GIANFRANCO BATTELLI. Il nome mi suona. Forse sui giornali, non so; ma non istituzionalmente.
PRESIDENTE. Ha mai sentito nominare la vicenda Cardella, ovvero della comunità Saman?
GIANFRANCO BATTELLI. Non lo ricordo.
PRESIDENTE. Sulla cooperazione avete mai fatto indagini?
PRESIDENTE. Ha mai sentito nominare Mugne? Ha mai avuto modo di approfondire qualche aspetto al riguardo?
GIANFRANCO BATTELLI. L'ho sentito sicuramente nominare sui giornali, ma non ricordo di averlo sentito nominare dal servizio. Può darsi, non lo posso mica escludere.
PRESIDENTE. L'ex capo di stato maggiore della marina, di cui lei ci ha parlato, dicendo di averlo conosciuto tra le persone somale con le quali è venuto in contatto, ricorda se per caso fosse il fratello di questo Mugne?
GIANFRANCO BATTELLI. Non glielo so dire.
PRESIDENTE. Non ricorda se si chiamasse Mugne?
GIANFRANCO BATTELLI. Non me lo ricordo. Era una delle fonti di Rajola...
PRESIDENTE. Un certo Sahid Marino?
GIANFRANCO BATTELLI. Potrebbe essere, però non ne sono sicuro. Era una delle fonti di Rajola, il quale un giorno me lo portò, poi gli dissi...
PRESIDENTE. Cosa sa sulla vicenda Li Causi?
GIANFRANCO BATTELLI. Nulla. So solo che...
PRESIDENTE. Né dei rapporti con la vicenda Alpi? Non ha mai saputo nulla?
GIANFRANCO BATTELLI. No, assolutamente.
PRESIDENTE. E dei rapporti di Li Causi con il colonnello Ferraro del Sismi, il quale si suicidò?
GIANFRANCO BATTELLI. No, assolutamente.
PRESIDENTE. All'epoca, infatti, non c'era lei; c'era il generale Siracusa.
GIANFRANCO BATTELLI. Mi sembra che sono andato al funerale del colonnello Ferraro, ma non vorrei sbagliare. Ero appena stato nominato.
PRESIDENTE. Ha mai conosciuto nessuno dei vertici Unosom?
GIANFRANCO BATTELLI. Che io ricordi, no.
PRESIDENTE. E dei cosiddetti signori della guerra somali, qui in Italia, ha conosciuto qualcuno? Mi riferisco in particolare ad Ali Mahdi, Aidid...
PRESIDENTE. ... o a Fadouma Aidid.
GIANFRANCO BATTELLI. No. Rajola - non so se lui o Serri o chi per loro - era riuscito quasi ad acquisire la disponibilità di questi tre a venire in Italia per fare una specie di conferenza di pace, però non sono mai...
PRESIDENTE. Chi erano questi tre?
GIANFRANCO BATTELLI. Ali Mahdi, Osman Ato e Aidid.
PRESIDENTE. Ed ha conosciuto Ali Mahdi?
GIANFRANCO BATTELLI. No, non sono mai venuti in Italia, almeno che io sappia.
PRESIDENTE. Osman detto Gas Gas: lo ricorda?
PRESIDENTE. Il colonnello Gilao?
PRESIDENTE. Ha mai sentito nominare Fadouma Aidid?
GIANFRANCO BATTELLI. Sui giornali.
PRESIDENTE. Fadouma Aidid formula un'accusa abbastanza precisa - non so fino a che punto fondata, anzi sicuramente infondata - su un coinvolgimento di Rajola Pescarini nell'omicidio dei due giornalisti: ha mai sentito dire questa cosa?
GIANFRANCO BATTELLI. L'avrò letta sui giornali.
PRESIDENTE. Ne ha mai parlato con Rajola Pescarini?
PRESIDENTE. Va bene, per me può bastare. Se non vi sono altre domande, possiamo chiudere qui.
Ringrazio l'ammiraglio Gianfranco Battelli e i colleghi intervenuti e dichiaro concluso l'esame testimoniale.
La seduta termina alle 23.10.
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