Back

Seduta notturna del 18/1/2005


Pag. 3


...
Seguito dell'esame testimoniale di Alfredo Tedesco.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'esame testimoniale di Alfredo Tedesco.
Al fine di evitare equivoci, dottor Tedesco, in riferimento alle due persone che devono essere sentite la prossima settimana, il capitano Giusti e il signor Cattalani, la preghiamo di astenersi da qualsiasi contatto con loro, per le stesse ragioni per le quali lo abbiamo detto nella precedente occasione.

ALFREDO TEDESCO. Prima di riprendere l'esame, vorrei prendere un attimo la parola.

PRESIDENTE. Prego.

ALFREDO TEDESCO. Mentre passeggiavo per le vie della città ho fatto una riflessione: in relazione a quanto si è detto in aula un telegiornale della rete nazionale, non ricordo se giovedì o venerdì, all'edizione delle 20, nominando espressamente il generale Rajola, ha fatto riferimento anche ad un'altra divisione. Questa mattina, quando le ho chiesto dei giornalisti lei è stato esauriente e mi ha tranquillizzato, dicendo che tutti i presenti in aula sono consulenti, parlamentari e dipendenti della Camera e che dunque nulla può uscire da qui. Quindi posso presumere che la dichiarazione del dottor Rajola non era stata segretata.


Pag. 4


PRESIDENTE. No, non è stata segretata, salvo alcuni nominativi che ha ritenuto opportuno non esplicitare.
Le ricordo che, nel caso in cui lei lo riterrà necessario, si potrà procedere in seduta segreta.
Dottor Tedesco, conosce Ali Ahmed Rage, detto Gelle, o lo ha sentito nominare?

ALFREDO TEDESCO. L'ho sentito nominare, ma non lo conosco.

PRESIDENTE. E chi era, per quel che ha saputo?

ALFREDO TEDESCO. È un nominativo che ho sentito, però al fine di evitare di dire cose inesatte non...

PRESIDENTE. Non sa che attività svolgesse?

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. Lei mi pare abbia detto di conoscere il giornalista Benni.

ALFREDO TEDESCO. Dell'ANSA.

PRESIDENTE. Sì. Riesce ad istituire un collegamento tra Remigio Benni e questo personaggio detto Gelle?

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. Tra i vostri informatori ricorda una persona di nome Rage Ali Ahmed, detto Gelle?

ALFREDO TEDESCO. Tra i nostri del centro di Mogadiscio?

PRESIDENTE. Sì.

ALFREDO TEDESCO. No, non era tra i nostri informatori o le nostre fonti.

PRESIDENTE. Invece da altra parte?

ALFREDO TEDESCO. Questo non posso escluderlo, ma nemmeno...

PRESIDENTE. Non può escludere che questo Gelle potesse essere informatore di Roma?

ALFREDO TEDESCO. È possibile, non posso escluderlo.

PRESIDENTE. Adesso le mostrerò alcune fotografie. Ha mai incontrato o conosciuto la persona ritratta in questa fotografia? È vero che i somali sono tutti uguali...

ALFREDO TEDESCO. Se non vado errato, dovrebbe essere il somalo che è stato accusato dell'omicidio. Se è lui, l'ho visto al processo, se non è lui, mi sbaglio.

PRESIDENTE. Non è lui.

ALFREDO TEDESCO. Allora non lo conosco.

PRESIDENTE. Si mostra al teste la foto segnaletica di Ahmed Ali Rage, detto Gelle, prodotta dalla questura di Roma, ed il teste dichiara di non aver mai conosciuto questa persona.
Le mostro un'altra foto. Conosce qualcuna di queste persone?

ALFREDO TEDESCO. Una.

PRESIDENTE. Quale?

ALFREDO TEDESCO. La seconda persona somala guardando la foto da sinistra.

PRESIDENTE. Chi è questo signore?

ALFREDO TEDESCO. Mi scusi, anche la prima persona somala guardando la foto da sinistra, però non mi chieda i nomi, perché non li ricordo.

PRESIDENTE. Chi erano?

ALFREDO TEDESCO. Erano autisti al servizio dei giornalisti, anche del Corriere della Sera (c'è pure scritto), quando c'era il giornalista di cui non ricordo mai il nome.


Pag. 5


PRESIDENTE. Remigio Benni?

ALFREDO TEDESCO. No, Benni è dell'ANSA.

PRESIDENTE. Alberizzi?

ALFREDO TEDESCO. Sì.

PRESIDENTE. Qual era l'autista di Alberizzi?

ALFREDO TEDESCO. La prima persona somala guardando la foto a sinistra.

PRESIDENTE. E l'altro?

ALFREDO TEDESCO. Anche l'altro affittava le macchine, svolgeva questa funzione per i giornalisti.

PRESIDENTE. Conosce la persona che le sto indicando?

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. Si tratta di un giornalista che si chiama Calvi. L'ha mai sentito nominare?

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. Conosce la persona con la camicia a righe verdi?

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. Si mostra al teste la foto in cui è ritratta Ilaria Alpi accanto ad un'altra persona che reca la scritta Corriere della Sera, ed il teste riconosce nella prima persona somala guardando la foto da sinistra un autista del giornalista Alberizzi; nella seconda persona guardando la foto da sinistra (altro cittadino somalo) individua un altro autista che lavorava con i giornalisti, ma non sa fornirne il nome. Chiesto dell'identificazione fotografica della persona ritratta con la camicia a righe verdi, dichiara di non conoscerla.
Le mostro una terza foto: conosce qualcuna delle persone effigiate?

ALFREDO TEDESCO. No, nessuna.

PRESIDENTE. Mostrata al teste la foto nella quale sono ritratte in bianco e nero due persone, una delle quali a sinistra con kalashnikov in mano e l'altra seduta con gli occhiali e con un kalashnikov appoggiato a terra, dichiara di non conoscere nessuna delle persone ivi effigiate.

ALFREDO TEDESCO. Posso aggiungere qualcosa su quella foto?

PRESIDENTE. Prego.

ALFREDO TEDESCO. Inizialmente anche questa persona ha fatto l'autista per Alberizzi - credo che la macchina fosse una Panda -, poi rimase ferito alle gambe passando con l'automobile su una mina antiuomo. Il giornalista fu accompagnato spesso anche da lui, dopo l'incidente.

PRESIDENTE. Tornando alla foto in cui è ritratta anche Ilaria Alpi, riferendosi alla seconda persona da sinistra, di cittadinanza somala, il teste dichiara che si tratta dell'autista che originariamente collaborava con il giornalista Alberizzi e che la prima persona somala da sinistra fece seguito nella collaborazione con lo stesso Alberizzi in esito al ferimento del primo per una mina antiuomo.
Adesso le mostro una serie di fotografie, per vedere se ci sia qualcuno di sua conoscenza. Si mostra al teste il volume segnalato con la lettera B contenente alcune fotografie. Le chiedo di scorrerle.

ALFREDO TEDESCO. Queste due mi pare raffigurino la stessa persona dell'altra foto.

PRESIDENTE. Alla pagina 4 dell'album il teste riconosce nella persona ritratta a sinistra con la camicia celeste la stessa della foto in cui era ritratta Ilaria Alpi.

ALFREDO TEDESCO. Gli autisti dei giornalisti.


Pag. 6


PRESIDENTE. Quale? Quello che si è fatto male o l'altro?

ALFREDO TEDESCO. Questo era l'autista che guidava la macchina di Ilaria Alpi al momento dell'attentato.

PRESIDENTE. Abdi.

ALFREDO TEDESCO. Abdi. È la stessa persona.

PRESIDENTE. Osservando meglio, il teste dichiara che si tratta di Abdi, l'autista di Ilaria Alpi.
Conosce questa persona che le mostro?

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. Siamo al momento del soccorso.
Riconosce qualcun altro?

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. La persona con il cappello bianco non era un amico di Marocchino?

ALFREDO TEDESCO. Io penso che questi erano tutti uomini...

PRESIDENTE. Ma questo? Non lo sa con precisione?

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. Conosce questa persona che le indico?

ALFREDO TEDESCO. No.
Questa è la macchina di Marocchino.

PRESIDENTE. Queste che macchine sono?

ALFREDO TEDESCO. Sono macchine che girano armate, forse scorte.

PRESIDENTE. Non sono quelle della polizia?

ALFREDO TEDESCO. No. Se c'era la scritta rossa...

PRESIDENTE. Nissan.

ALFREDO TEDESCO. No, la targa.

PRESIDENTE. Perché, la polizia ha la targa rossa?

ALFREDO TEDESCO. La scritta in arabo era rossa, ma così non si può vedere. Comunque la polizia aveva macchine di tutti i tipi, non delle automobili particolari.

PRESIDENTE. Il teste non è in grado di indicare nient'altro, sia per le persone sia per le cose ritratte nel resto delle fotografie.
Conosce questa persona?

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. Mostrata al teste la fotocopia di una fotografia che ritrae Dini Omar Mugne, dichiara di non riconoscerlo.
Conosce questa persona?

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. Mostrato al teste il documento 159 dove è in fotocopia la fotografia di persona che non si indica perché coperta come fonte, dichiara di non conoscerla.
Quando lei si è recato al porto vecchio nessuna di queste persone era presente?

ALFREDO TEDESCO. Forse erano presenti, ma erano momenti un po' particolari.

PRESIDENTE. Ci può ricostruire un po' meglio l'incontro nel quale lei ebbe la conferma da parte di Starlin delle ragioni per le quali sarebbe stata uccisa Ilaria Alpi, ragioni che ancora questa mattina lei ha confermato esserle state indicate, tanto per intenderci, nel fondamentalismo islamico?


Pag. 7

Quando è accaduto questo incontro? Molto tempo prima che Starlin morisse?

ALFREDO TEDESCO. Non sapevo della morte di Starlin. L'apprendo da lei.

PRESIDENTE. È stata uccisa.

ALFREDO TEDESCO. Comunque avvenne qualche giorno dopo. Fu un incontro casuale...

PRESIDENTE. Qualche giorno dopo da quando?

ALFREDO TEDESCO. Dopo la morte di Ilaria. Ci incontrammo nell'ufficio delle Nazioni Unite, dove Starlin si recava spesso per perorare le sue cause a favore dei bambini e delle donne. Così, parlando, si disse molto addolorata di questo fatto; ho avuto l'impressione che con Ilaria si conoscessero bene. Lei non era una fonte; era solo un colloquio, uno sfogo da parte sua.

PRESIDENTE. Il colloquio riguardava altre cose?

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. Vi siete incontrati e lei subito le disse...

ALFREDO TEDESCO. Sì.

PRESIDENTE. Glielo chiese lei oppure...

ALFREDO TEDESCO. Adesso non ricordo se glielo chiesi io, ma molto probabilmente avrò portato il discorso su Ilaria.

PRESIDENTE. Ci può ricostruire questo discorso, nei limiti del ricordo?

ALFREDO TEDESCO. Mi disse che questi gruppi di fondamentalisti ormai avevano passato ogni limite, che spadroneggiavano per la città. Quando io le chiesi cosa ne pensasse lei, mi rispose che sicuramente erano stati loro.

PRESIDENTE. Le disse per quale ragione Ilaria Alpi fosse stata attenzionata da questi fondamentalisti?

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. Fu una mera enunciazione, non faceste alcun ragionamento?

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. Nessuna circostanza di fatto di cui mostrava di essere a conoscenza e che poteva essere stata la causa, magari anche fraintesa, che aveva portato...

ALFREDO TEDESCO. L'ho vista per pochissimo tempo.

PRESIDENTE. Quanto è durato l'incontro?

ALFREDO TEDESCO. Un paio di minuti. Era in attesa di essere ricevuta.

PRESIDENTE. Che rapporti aveva lei con Starlin?

ALFREDO TEDESCO. La vedevo ogni tanto; a volte veniva a trovare l'ambasciatore Scialoja, a volte era invitata dai militari, magari aveva bisogno di qualcosa per un orfanotrofio.

PRESIDENTE. Quindi, una conoscenza molto occasionale, non approfondita.

ALFREDO TEDESCO. Sì.

PRESIDENTE. Scialoja del fondamentalismo che ne pensava?

ALFREDO TEDESCO. Non lo so.

PRESIDENTE. Lo aveva presente come fenomeno oppure no?


Pag. 8


ALFREDO TEDESCO. Io penso che chiunque si trovasse in quel periodo a Mogadiscio non poteva ignorarlo.

PRESIDENTE. Pensi che l'ambasciatore Scialoja, quando lo abbiamo interrogato, ha detto di averci fatto poco caso, per dire la verità. La questione è stata approfondita soprattutto dal lato della cosiddetta corte islamica, del ruolo che aveva assunto nella società somala e via dicendo. Non ha dedicato particolare precisione di racconto, non per altro ma perché - almeno così era parso alla Commissione - non c'era stata una ragione di particolare attrazione per questo fenomeno. Non so da quale parte stesse Scialoja, e questo non ci interessa, se non che successivamente, esattamente dopo due giorni, l'ambasciatore Scialoja ha fatto pervenire alla Commissione una dichiarazione nella quale, rammentando meglio, si preoccupava di mettere in luce molti di quegli aspetti cui siamo interessati e che tra l'altro noi gli avevamo ricordato, proprio sulla base delle indicazioni contenute nei resoconti da lei predisposti nell'esercizio delle sue funzioni. C'è stata questa resipiscenza dell'ambasciatore Scialoja. Le domando: era possibile, per chi era nella condizione istituzionale dell'ambasciatore Scialoja o comunque anche in posizioni diverse, non accorgersi di questi fenomeni che lei, come funzionario del Sismi, riconduce al fondamentalismo islamico?

ALFREDO TEDESCO. Sicuramente non poteva ignorare quello che succedeva in città, anche perché in quel periodo giravano al mercato - si potevano acquistare per pochi spiccioli di dollaro - delle cassette VHS che riprendevano la corte islamica nell'esercizio delle funzioni. Vi erano riportati anche esecuzioni, tagli di mani e di piedi e così via, e veniva detto anche il motivo per cui veniva tagliata una mano ad un ragazzo di vent'anni: aveva rubato un paio di ciabatte cinesi infradito ed una futa, che è una specie di lenzuolo.

PRESIDENTE. Qui in Italia rimarremmo tutti senza mani!

ALFREDO TEDESCO. Erano delle scene raccapriccianti; c'erano anche lapidazioni.

PRESIDENTE. Di cose avvenute in Somalia?

ALFREDO TEDESCO. Sì, anche in quel periodo, perché il video riportava anche la data. Io l'ho visto questo video.

PRESIDENTE. Lei è stato più in Somalia dopo questo fatto?

ALFREDO TEDESCO. Non posso esserne sicuro, perché magari mi confondo fra prima o dopo. Tornato dalla Somalia sono stato assegnato ad un altro incarico in Italia.

PRESIDENTE. Starlin le parlò delle modalità con le quali si sarebbe verificata l'uccisione di Ilaria Alpi?

ALFREDO TEDESCO. No, fu un incontro breve.

PRESIDENTE. Le disse di aver parlato con l'autista di Ilaria Alpi o con uno che si qualificava come tale?

ALFREDO TEDESCO. No. Come ho detto prima, fu più che altro uno sfogo. Lei era in attesa di essere ricevuta, e parlammo non più di un paio di minuti.

PRESIDENTE. Non le parlò di un autista che si presentò a lei e che avrebbe riferito - tra l'altro risulta anche in una delle informative Sismi - che Ilaria Alpi sarebbe stata vittima di una rapina o di un tentativo di sequestro?

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. Fu netta in quella ricostruzione.
Torniamo un attimo su un argomento che abbiamo trattato questa mattina, l'arrivo dei giornalisti il 18, giorno nel quale lei ha appreso che Ilaria Alpi si trovava a Bosaso. È possibile che questa notizia


Pag. 9

l'abbia data - e fosse presente a questa riunione - la giornalista Carmen Lasorella?

ALFREDO TEDESCO. Non lo ricordo. In effetti Carmen Lasorella girava molto, ma se quel giorno era presente non lo so.

PRESIDENTE. Ma la notizia da lei appresa è che Ilaria Alpi si trovava a Bosaso e che qualcuna delle persone presenti a questo incontro era in contatto con lei?

ALFREDO TEDESCO. Sì. Tra giornalisti si sentivano.

PRESIDENTE. Ci sa dire chi era in contatto con lei?

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. Va bene. Do la parola all'onorevole Deiana.

ELETTRA DEIANA. Vorrei porre una domanda su Starlin: quel giorno, in quel breve colloquio o in qualche altro successivo o precedente all'uccisione di Ilaria Alpi, questa signora ebbe modo di dirle che anche lei poteva essere o era oggetto di minaccia da parte degli integralisti?

ALFREDO TEDESCO. No. Io ho parlato con la signora solo in quell'occasione - magari ci si salutava, incontrandosi - e per pochissimo tempo. Successivamente non ho più avuto modo di tornare sull'argomento.

ELETTRA DEIANA. La condizione di questa donna, che aveva abitudini e interessi abbastanza occidentali, avrebbe dovuto costituire un elemento di attenzione da parte dei fondamentalisti, essendo anche somala.

ALFREDO TEDESCO. Lei era molto impegnata nel sociale, per quello che posso sapere, a favore dei diritti delle donne, degli orfanotrofi e così via.

ELETTRA DEIANA. Aveva un'idea della condizione femminile diversa da quella dei fondamentalisti.

ALFREDO TEDESCO. Sicuramente.

ELETTRA DEIANA. Inoltre entravano anche in competizione rispetto all'attività compassionevole svolta da parte di questi gruppi fondamentalisti per guadagnare appoggi.

ALFREDO TEDESCO. Sicuramente era invisa a questa gente, però non ho avuto modo di approfondire la questione.

PRESIDENTE. Starlin aveva una sorella?

ALFREDO TEDESCO. Non lo so.

ELETTRA DEIANA. Lei non ricorda alcuno dei giornalisti presenti in quella riunione?

ALFREDO TEDESCO. Noi insistiamo a chiamarla riunione, ma non era una riunione programmata, in cui sono tutti seduti.

ELETTRA DEIANA. Lei questa mattina me l'ha spiegato. L'altro giorno, quando l'abbiamo ascoltata, sembrava che la riunione fosse stata voluta da chi aveva la responsabilità...

ALFREDO TEDESCO. Certo. I giornalisti erano stati portati via dall'albergo in cui erano, ed un minimo di spiegazione gli è stata data: qui siete più sicuri, è bene che stiate qui...

ELETTRA DEIANA. Quindi questa riunione qualcuno l'aveva pensata.

ALFREDO TEDESCO. È nata spontanea: quando questi signori sono arrivati lì bisognava dir loro qualcosa.

ELETTRA DEIANA. Perché sono arrivati lì?


Pag. 10


ALFREDO TEDESCO. Perché noi avevamo chiesto che venissero portati dall'altra parte per motivi di sicurezza.

ELETTRA DEIANA. Quindi c'era stata un'iniziativa vostra, delle autorità militari italiane.

ALFREDO TEDESCO. Sì, una segnalazione nostra all'autorità militare, ma anche all'ambasciatore.

ELETTRA DEIANA. Voi avevate fatto una segnalazione e le autorità militari hanno compiuto un'operazione di trasbordo?

ALFREDO TEDESCO. Adesso non so; penso di sì, qualcuno era andato a prenderli.

ELETTRA DEIANA. Ma in questo gruppo di giornalisti chi c'era? Lei era presente?

ALFREDO TEDESCO. Sì, ero presente, ma era tutto un vocio di persone che parlavano. Non è che io abbia fatto un'intervista ai giornalisti; mi sono limitato a sentire quello che dicevano, le loro problematiche. Ognuno tirava fuori proposte e problematiche diverse.

ELETTRA DEIANA. Ma non c'era un interesse suo, come agente dei Servizi, a capire che informazioni potevano venire da gente che un po' sul territorio si era mossa? Perché no? Altrimenti che agente dei Servizi era?

ALFREDO TEDESCO. Che agente dei Servizi sarei se lavorassi sentendo quello che dicono i giornalisti...!

ELETTRA DEIANA. Ma no, non solo questo, ma anche un po' questo. Perché no?

ALFREDO TEDESCO. Il nostro compito principale era di ricercare informazioni atte a tutelare innanzitutto il contingente militare, ma anche tutti gli italiani. E quando parlo di italiani mi riferisco ai giornalisti, ai volontari delle ONG, a Giancarlo Marocchino, perché anche quest'ultimo una volta è stato avvertito da noi di stare attento e di non andare in un certo posto. Mi riferisco agli italiani in generale. Per me il fatto di averli portati già «al sicuro»... Ero convinto che fossero tutti. In quell'occasione ho appreso che tutti non erano e che mancava Ilaria. «L'avete sentita? Non l'avete sentita?» Mi sono limitato a raccogliere le voci dei giornalisti.

ELETTRA DEIANA. Sì, ho capito, ma dato che lei ci ha detto che c'erano state, in questo chiacchiericcio, delle notazioni di una qualche preoccupazione relativamente al fatto che Ilaria Alpi aveva ricevuto delle intimidazioni, le chiedo se il suo spirito, la sua vocazione di uomo dei Servizi non si sia mobilitata di fronte a queste notizie per circoscriverle di più.

ALFREDO TEDESCO. Bosaso è a 1.500 chilometri di distanza da Mogadiscio. In quell'area gli unici internazionali presenti era un piccolo nucleo di persone, non so di che nazionalità, delle Nazioni Unite.

ELETTRA DEIANA. Sì, ma lei ci ha detto pure che il suo Servizio aveva dei collegamenti con Bosaso.

ALFREDO TEDESCO. No.

ELETTRA DEIANA. Lei ha detto, diversamente da Rajola Pescarini, che il vostro compito era quello di sorvegliare non dico tutto il territorio somalo, ma non soltanto Mogadiscio.

ALFREDO TEDESCO. No, il nostro compito era limitato essenzialmente all'area di competenza del nostro contingente, che era la zona centrale della Somalia. È chiaro che se in quel contesto fossi venuto a conoscenza di qualcosa che succedeva da un'altra parte l'avrei anche segnalato, ma gli informatori e l'area da noi materialmente battuta - noi eravamo in giro dodici ore al giorno, specialmente


Pag. 11

i primi tempi - era la zona centrale, più che altro tra Mogadiscio e Balad, dove c'era il nostro contingente. Compito prioritario, infatti, era la sicurezza del contingente.

ELETTRA DEIANA. Lei mi vuol dire che non ha fatto approfondimenti su questa notizia che ha raccolto nella riunione con i giornalisti?

ALFREDO TEDESCO. Non avevo i mezzi per fare approfondimenti, se non, come ho detto questa mattina, interessare Unosom, ma sempre in via informale, perché io non potevo andare ad Unosom e dire...

ELETTRA DEIANA. Questo lo abbiamo capito.

ALFREDO TEDESCO. Hanno contattato il loro ufficio di Bosaso e lì ho saputo qualcosa che credo di avere anche scritto, vale a dire che Ilaria si era messa in contatto con loro e che sarebbe partita con un aereo...

ELETTRA DEIANA. Ribadisce che non ricorda il giornalista o la giornalista che disse questa...

ALFREDO TEDESCO. No. Lì parlavano tutti quanti. Credo che in quell'occasione fossero presenti anche dei ragazzi italiani delle organizzazioni umanitarie. Ogni tanto si facevano queste cose, più che con i giornalisti con le persone delle organizzazioni umanitarie; si cercava di tutelarli in qualche modo, anche se è difficile tutelare una persona di cui non si conoscono gli spostamenti.

PRESIDENTE. Quanto alla questione della minaccia ad Ilaria Alpi a Bosaso, di cui abbiamo parlato questa mattina - poi abbiamo letto la sua dichiarazione resa all'autorità giudiziaria - da chi avete avuto la notizia? Sempre in quella sede?

ALFREDO TEDESCO. In quella sede, appunto. Aveva ricevuto delle minacce.

PRESIDENTE. Ancora una volta senza l'indicazione...

ALFREDO TEDESCO. Generico...

PRESIDENTE. A parte la genericità della notizia, non è in grado...

ALFREDO TEDESCO. No.

CARMEN MOTTA. Si tratta sempre della riunione dei giornalisti?

PRESIDENTE. Sì, della riunione del 18. Lui ha dichiarato che il quella stessa riunione apprese non soltanto che Ilaria Alpi era a Bosaso, ma anche che qualcuno riferì, in quella stessa circostanza, che era stata fatta segno di una minaccia.

ALFREDO TEDESCO. ...e anche che da qualche giorno non riuscivano a sentirla.

PRESIDENTE. Anche questo è riportato da una fonte?

ALFREDO TEDESCO. Non avevo altro modo per sapere quello che succedeva a Bosaso.

ELETTRA DEIANA. È possibile che lei abbia ricevuto questa notizia non da un giornalista, ma da una persona appartenente ad un'organizzazione umanitaria?

ALFREDO TEDESCO. No, le organizzazioni umanitarie non avevano alcun contatto con i giornalisti, non avevano neppure i mezzi per comunicare, e poi come avrebbero potuto sapere dove fosse Ilaria? Lo escludo. Veniva sicuramente dai giornalisti, perché si tenevano in contatto.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Schmidt.

GIULIO SCHMIDT. La riunione era stata convocata e tenuta dal generale Fiore, se non ricordo male.

ALFREDO TEDESCO. È possibile. Noi comunque avevamo avvertito le autorità


Pag. 12

militari. Certo, non la potevo indire io. Lo poteva fare il generale, o qualche militare, o l'ambasciatore.

GIULIO SCHMIDT. Lei non sa se fu il generale Fiore a dare la notizia della minaccia?

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. Noi abbiamo una nota della II divisione, che riporta il protocollo del 2 giugno 1993, inviata alla IV e alla VII divisione, con la quale si rende una comunicazione da Mogadiscio. Dovrebbe essere sua.

ALFREDO TEDESCO. No, potrebbe essere di Giusti.

PRESIDENTE. Il 2 giugno 1993 lei era lì presente con Giusti?

ALFREDO TEDESCO. Sì.

PRESIDENTE. Allora non so chi possa essere stato (leggo la data del 2 maggio 1993).

ALFREDO TEDESCO. Vorrei fare una precisazione: se Giusti era in sede, l'unico a scrivere era Giusti.

PRESIDENTE. Il 2 maggio 1993 c'era Giusti?

ALFREDO TEDESCO. Sì, perché Giusti tornò poco dopo.

PRESIDENTE. Leggo: «Richiedesi di esaminare la possibilità di rinviare la missione tecnica per Mogadiscio e Bosaso a data da stabilire. La richiesta di rinvio trova giustificazione anche in altre ragioni inerenti la sicurezza». A questo fa seguito una relazione, sempre di informazione, che proviene dal suo ufficio di Mogadiscio. Leggo: Trasmissione di interesse. Invio in allegato la documentazione in oggetto.
Da questa informativa sembrerebbe di capire che c'era una missione tecnica per Mogadiscio. Credo che per missione tecnica si intenda una missione informativa, o no?

ALFREDO TEDESCO. Non credo. Credo, anche se non posso essere preciso, che si riferisca all'invio di un tecnico radio, che doveva istallare delle apparecchiature a fini di collegamento informativo. Credo che la missione tecnica possa essere solo quella lì.

PRESIDENTE. La missione tecnica era per Mogadiscio e Bosaso. Quindi Bosaso sembra entrare nelle cose di vostro interesse quanto Mogadiscio. Infatti, si dice di rinviare la missione tecnica per Mogadiscio e Bosaso.

ALFREDO TEDESCO. O era solo per cambiare l'aereo, perché a Bosaso c'erano degli aerei (chiaramente non c'erano linee aeree). A volte si andava a Bosaso con gli aerei, e poi da Bosaso c'erano dei piccoli aerei per Gibuti. Non so a che cosa si riferisca la missione tecnica. Poi venne, anche se non ricordo se avvenne dopo il rinvio... Comunque, credo che si riferisca alla missione tecnica per montarci gli apparati radio. Anche il periodo è giusto (era il 1993).

PRESIDENTE. Quindi si trattava di una missione per stabilire se e come potesse essere predisposto l'apparato radio.

ALFREDO TEDESCO. No, proprio per montare gli apparati HF.

PRESIDENTE. Quindi, sia a Mogadiscio che a Bosaso.

ALFREDO TEDESCO. No, a Mogadiscio.

PRESIDENTE. Passando per Bosaso?

ALFREDO TEDESCO. Bosaso? Non so se gli andavano a montare...

PRESIDENTE. Ma allora perché nella nota è indicato Bosaso?


Pag. 13


ALFREDO TEDESCO. Non lo so. Come ho detto, è possibile che Bosaso sia un transito.

PRESIDENTE. Un transito per dove?

ALFREDO TEDESCO. Per tornare in Italia o per venire a Mogadiscio.

PRESIDENTE. Scusi, l'informativa parte da Mogadiscio. Da Mogadiscio si comunica.

ALFREDO TEDESCO. È una richiesta di rinvio.

PRESIDENTE. Sì, è una richiesta di rinvio. La missione tecnica era per Mogadiscio e Bosaso, ma per andare a Mogadiscio non bisognava passare per Bosaso, perché stavate già a Mogadiscio, o no?

ALFREDO TEDESCO. No. Qualcuno da Mogadiscio (penso a Giusti o a Gianni) scrive una nota urgente alla centrale per dire che per motivi di sicurezza è bene sospendere l'effettuazione della missione tecnica. E credo che si tratti della missione tecnica perché in quel periodo eravamo ancora nella sede a fianco dell'ambasciata. Era la nostra prima sede, e doveva essere allestita. Comunque, venne un tecnico. Quindi, non so se fu rimandata, perché poi venne un tecnico a montare gli apparati.

PRESIDENTE. Vorrei capire una cosa: ho imparato che per andare a Bosaso devo prendere un aereo a Mogadiscio, tant'è che Ilaria Alpi perse l'aereo per Chisimaio e, dallo stesso aeroporto, partì per Bosaso. Lo abbiamo accertato. Allora, se per andare a Bosaso si passa a Mogadiscio, che significa rinviare la missione tecnica per Mogadiscio e Bosaso? Mi sembrano due destinazioni diverse.

ALFREDO TEDESCO. Anch'io faccio questa ipotesi. Non so perché si dovessero recare a Bosaso.

PRESIDENTE. Comunque, non si può passare per Bosaso per andare a Mogadiscio, se per andare a Bosaso si deve andare a Mogadiscio, a meno che non si fosse di stanza a Bosaso.
Leggo: Capocentro ha riferito telefonicamente che esiste la possibilità che radio Mogadiscio, controllata dal generale Aidid, sia chiusa d'autorità. Qualora venga adottata tale decisione sono prevedibili dimostrazioni di piazza.
Ricorda questo particolare?

ALFREDO TEDESCO. Sì. In effetti, non la chiusero d'autorità, ma la bombardarono gli americani con una precisione millimetrica.

PRESIDENTE. Vi appoggiavate a radio Mogadiscio di Aidid?

ALFREDO TEDESCO. Era una radio che Aidid usava.

PRESIDENTE. Anche voi la usavate?

ALFREDO TEDESCO. No, quella radio era come una emittente privata, che però veniva usata per incitare la popolazione alla rivolta contro le truppe e altro. Quella nota si riferisce al capocentro, quindi era Giusti che scriveva.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Deiana.

ELETTRA DEIANA. Nella riunione dei giornalisti del 18 lei era venuto a conoscenza della notizia delle intimidazioni a Ilaria Alpi. Perché l'ha riferita soltanto dopo la morte di Ilaria?

ALFREDO TEDESCO. No, prima della morte di Ilaria Alpi. Sicuramente era prima. Dopo non avrebbe avuto alcun senso. Possiamo controllare. Forse mi sbaglio.

ELETTRA DEIANA. Le sue informative sono del 21 marzo. Non ha una spiegazione?

ALFREDO TEDESCO. La spiegazione può essere anche quella che ho detto oggi.


Pag. 14

Cioè, in quel contesto qualsiasi cosa diventava una minaccia. Anche una parola poteva diventare una minaccia. Magari l'ho scritto dopo perché a quel punto assumeva un significato diverso.

ELETTRA DEIANA. A noi risulta con sicurezza che Ilaria Alpi telefonò due volte da Bosaso, dalla sede dell'Unosom, il 16 e il 17. Telefonò alla madre e al suo capo redattore a Roma, Loche. Se, come si suppone dalle cose che lei ci ha detto, era in contatto con qualche giornalista, lei può dirci come potrebbe essere avvenuto il contatto telefonico?

ALFREDO TEDESCO. All'hotel Hamana vi era un telefono satellitare. Può essere avvenuto con quello.

ELETTRA DEIANA. Dove si sarebbe recata Ilaria Alpi, a Bosaso, per comunicare?

ALFREDO TEDESCO. Penso alle Nazioni Unite. Oppure anche a Bosaso vi erano dei telefoni satellitari. Lì, tutti usavano i telefoni satellitari in quel periodo. Quindi, credo che potesse trovare un telefono satellitare, magari a pagamento.

PRESIDENTE. Lei aveva avuto notizia, prima che venissero uccisi Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, di un attentato che si stava preparando nei confronti di italiani o comunque di occidentali?

ALFREDO TEDESCO. Nulla di specifico, però, chiaramente, il clima che si respirava in quel periodo a Mogadiscio poteva far pensare (sui muri erano apparse scritte antitaliane)...

PRESIDENTE. ...di un attentato in preparazione?

ALFREDO TEDESCO. ...che sicuramente vi era la possibilità che si verificassero attentati nei confronti dei nostri militari o comunque di italiani o di altre nazioni. Questo sì. Non ricordo però di aver segnalato qualcosa di più preciso.

PRESIDENTE. Parlò con Vezzalini di questa sua preoccupazione o di questi segnali?

ALFREDO TEDESCO. Questa non era solo la mia preoccupazione. Penso che chi faceva un minimo di intelligence non poteva non accorgersi di quello che accadeva.

PRESIDENTE. A parte il fatto di accorgersene, ci fu un confronto?

ALFREDO TEDESCO. Sì, sicuramente ne avremo parlato con Vezzalini.

PRESIDENTE. Quali erano i rapporti tra Unosom e Sismi, dal punto di vista dell'intelligence (infatti, quando parliamo di Vezzalini parliamo di presunta intelligence)?

ALFREDO TEDESCO. Ufficialmente nessuno. Non c'era nessun rapporto ufficiale. Se al posto di Vezzalini ci fosse stato un capo ufficio non italiano, sicuramente non ci sarebbe stato nessun contatto. Vi erano contatti in quanto il capo di quell'ufficio era un italiano. Il vice era un americano, ma il capo di quell'ufficio era un italiano. Era solo per quello. Se ci fosse stato un pakistano o un altro, non ci sarebbe stato nessun contatto.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Motta.

CARMEN MOTTA. Con riferimento alla riunione informale del giorno 18, credo di ricordare che stamattina lei, dottor Tedesco, abbia detto che il numero dei giornalisti presenti poteva essere pari ad una decina.

ALFREDO TEDESCO. Sì, ho detto esattamente così.

CARMEN MOTTA. Si trattava di un numero limitato di persone.

ALFREDO TEDESCO. Certo.

CARMEN MOTTA. Si trattava di persone abbastanza note, Alberizzi, Carmen


Pag. 15

Lasorella ed altri, che possono rimanere più impresse di altre. Se lei conferma, grosso modo, quel numero, capisco che ci potesse essere un chiacchiericcio. Loro avevano saputo che Ilaria Alpi aveva ricevuto minacce da Bosaso, luogo in cui si era recata. Ma lei non riesce proprio a ricordare quei volti?

ALFREDO TEDESCO. No, non riesco a ricordare. Quelli noti me li ricordo in quanto tali, ma proprio perché ero abituato a vederli non posso dire se quel giorno c'erano o no. Potrei dire che c'erano, ma non ne sono sicuro, come non sono certo che non ci fossero. Non lo so. Non glielo so dire.

CARMEN MOTTA. Secondo lei, quei giornalisti, a questo punto un po' indistinti, da chi potevano aver saputo di una cosa di questo genere?

ALFREDO TEDESCO. Si parlavano.

CARMEN MOTTA. A Bosaso poteva esserci stata una specie di catena su cui ha viaggiato questa informazione?

ALFREDO TEDESCO. Credo che potessero comunicare solo attraverso il telefono satellitare. Non credo potessero comportarsi diversamente.

CARMEN MOTTA. C'è una cosa che non capisco. Se questi giornalisti avevano avuto questa informazione, potevano averla appresa o da somali, o....

ALFREDO TEDESCO. No, l'hanno appresa da Ilaria.

CARMEN MOTTA. Dunque, se l'hanno appresa da Ilaria, significa che Ilaria ha contattato qualcuno di questi giornalisti.

ALFREDO TEDESCO. Era quello che dicevo. Loro si sentivano. Poi, erano preoccupati perché non la sentivano più da due o tre giorni. Inoltre, l'ultima volta che si erano sentiti, Ilaria aveva riferito di aver ricevuto delle minacce. Questo è, ma una notizia di questo tipo non serve assolutamente a niente. Forse l'avevo cancellata proprio per questo motivo. Infatti, non serve assolutamente a nulla perché, per valutare il pericolo, bisogna anche valutare l'entità della minaccia. Cioè, una minaccia può essere dire: vai fuori. Questa può essere una minaccia. Può essere interpretata come una minaccia un fucile puntato, ma sa, lì, puntare fucili... comunque, mi scuso se non sono abbastanza chiaro.

CARMEN MOTTA. Resto un po' perplessa, perché al di là del fatto che poteva essere difficile valutare l'entità della minaccia, mi sembra strano che in una riunione di quel genere, seppure informale, in cui voi mettevate in guardia i giornalisti circa l'esistenza di un pericolo, non sia stata meglio definita...

ALFREDO TEDESCO. Un tentativo è stato fatto. Si è tentato di mettere in contatto l'Unosom di Mogadiscio con l'Unosom di Bosaso. L'Unosom di Bosaso ci ha tranquillizzati dicendo che Ilaria si era messa in contatto con loro e che sarebbe ritornata con l'aereo. A quel punto, quella notizia della minaccia (di cui non si conosceva la reale entità) non aveva più senso. Eravamo tutti tranquilli: Ilaria tornava, aveva contattato l'Unosom. In questo quadro, tutto quello che si poteva fare era questo.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Pinotti.

ROBERTA PINOTTI. Vorrei tornare sulla questione del video. Questo racconto mi ha colpito. Lei ha detto che al mercato si trovavano questi video che mostravano queste esecuzioni.

ALFREDO TEDESCO. Sì, erano in vendita.

ROBERTA PINOTTI. In che anno accadeva tutto ciò?

ALFREDO TEDESCO. Alla fine del 1993.


Pag. 16


ROBERTA PINOTTI. Per quanto è a sua conoscenza, era una pratica, cioè vi erano altri posti in cui venivano preparati questi video? Ovviamente, queste cose mi vengono in mente perché mi colpisce il riferimento all'uso dei video rispetto a quanto avviene adesso, anche se adesso ci troviamo a dieci anni di distanza con tutta un'altra abitudine all'uso dei mezzi.
Non ho mai sentito parlare, con riferimento al 1993, del fatto che anche allora vi fossero questi strumenti. Perciò, mi piacerebbe che lei mi desse tutte le informazioni che ha, se ne ha altre, perché è un elemento che mi colpisce rispetto ad altre cose che sono state dette.

ALFREDO TEDESCO. Sicuramente c'era qualcuno che (non so a quale titolo, né se fosse più o meno autorizzato) effettuava queste riprese a scopo di lucro. Poi si vendevano. Lì si vendeva di tutto. Vendevano anche questo. Evidentemente, vi era chi provava piacere nel vedere certe cose, mentre io rabbrividivo.

PRESIDENTE. Durante i fatti dell'Iraq, mi risulta indirettamente che venissero vendute le immagini delle esecuzioni, oltre alle riprese sulle due Simone che venivano vendute al mercato.

ROBERTA PINOTTI. Non mi colpisce il fatto che si racconti che ciò sta avvenendo adesso, quanto il fatto che, già nel 1993, vi fosse quest'uso. È la prima volta che lo sento.

ALFREDO TEDESCO. Io posso parlare per la Somalia.

ROBERTA PINOTTI. Questo tipo di uso da parte del fondamentalismo islamico, a scopo di...

ALFREDO TEDESCO. Non era una riproduzione industriale. Qualcuno preparava la cassetta e poi ne duplicava cento copie. Infatti, le riprese erano piuttosto scadenti. Lì c'era qualcuno che riprendeva queste cose e le vendeva al mercato.

CARMEN MOTTA. Lei non ne ha tenuta una copia?

ALFREDO TEDESCO. No.

ELETTRA DEIANA. Perché non ce l'ha? Insisto su questo.

ALFREDO TEDESCO. Perché avrei dovuto?

ELETTRA DEIANA. Perché lei era un agente dei servizi e doveva documentare...

ALFREDO TEDESCO. Che cosa? Quello che fa la corte islamica?

ELETTRA DEIANA. Non quello che fa la corte islamica, ma la situazione che si era creata in Somalia in seguito alla caduta di Siad Barre, allo sviluppo del fondamentalismo ed altro, in riferimento alla quale quella era una prova provata di una situazione fuori controllo.

ALFREDO TEDESCO. Per provare la situazione fuori controllo non avevo bisogno del video. Io vivevo a Mogadiscio e penso che se avessi rappresentato tutto quello che vedevo ogni giorno...

ELETTRA DEIANA. Guardi che non è convincente.

ALFREDO TEDESCO. Il video lascia il tempo che trova.

ELETTRA DEIANA. Un video di quel genere è comprovante di una situazione.

ALFREDO TEDESCO. Stiamo parlando delle esecuzioni della corte islamica. Si conoscono le punizioni della sharia. Non c'è bisogno di documentarle.

ELETTRA DEIANA. Io lo so, però gli occidentali, e gli italiani, non lo sapevano.

ALFREDO TEDESCO. Nei paesi dove c'è la pena di morte, quando la giuria condanna una persona a morte, si fa il filmato della sedia elettrica...


Pag. 17


ELETTRA DEIANA. Che c'entra?

ALFREDO TEDESCO. È la stessa cosa. Non avevo alcun interesse a vedere quelle cose né a mandarle a Roma.

ELETTRA DEIANA. Insomma, lei non ha documentazione.

ALFREDO TEDESCO. Su quell'argomento, no.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Schmidt.

GIULIO SCHMIDT. Visto che stiamo esaminando il tema della cassetta, vorrei chiederle se lei ha acquistato la cassetta.

ALFREDO TEDESCO. No, l'ho semplicemente visionata. L'avevano acquistata dei militari.

GIULIO SCHMIDT. Su quale tipo di registratore ha visto la cassetta?

ALFREDO TEDESCO. VHS.

GIULIO SCHMIDT. Era un VHS con standard americano o standard europeo?

ALFREDO TEDESCO. Non lo so. Ho visto delle immagini sul televisore. Ho visto che si trattava di un VHS dal formato della cassetta.

GIULIO SCHMIDT. Le chiedo un commento o una riflessione su una situazione abbastanza strana. A Mogadiscio vi erano non soltanto dei giornalisti italiani, che magari potevano anche essere addormentati, ma anche giornalisti americani, inglesi, che forse hanno un fiuto investigativo nettamente superiore (forse). Come spiega che, pur essendo disponibili sul mercato materiali di questo genere, nessun giornalista, né italiano né straniero abbia preso la cassetta, abbia messo la stessa in una busta e l'abbia inviata urgentemente all'ABC o altrove?

ALFREDO TEDESCO. Questo è molto strano, in effetti.

GIULIO SCHMIDT. Vengo dalla professione giornalistica. Se fossi stato sul posto e avessi visto una cassetta di quel tipo la prima preoccupazione che avrei avuto sarebbe stata quella di fare immediatamente un servizio. Questo non è accaduto. Come mai?

ALFREDO TEDESCO. Non lo so spiegare. Ho visto quella cassetta. L'avevano alcuni militari. Quando ho chiesto loro dove l'avessero presa, mi hanno risposto che l'avevano acquistata al mercato. Non ho visto la cassetta al mercato.

GIULIO SCHMIDT. Mi scusi per il giudizio che ho espresso su alcuni giornalisti, perché comunque Giovanni Porzio e Gabriella Simoni sono fior di giornalisti. Giovanni Porzio è un inviato di Panorama che conosco molto bene (e ne conosco l'attenzione).
È mai possibile che il filone fondamentalista, così ben radicato, e quelle videocassette non abbiano attirato l'attenzione di Giovanni Porzio, che si recava in quei luoghi ogni tanto, e soprattutto quella di Benni, che stava lì? Per quale motivo, secondo lei?

ALFREDO TEDESCO. Non so che dire. Forse non hanno avuto l'occasione che ho avuto io di trovarmi mentre stavano visionando quella cassetta.

GIULIO SCHMIDT. Quindi, Benni non andava mai al mercato, Benni stava chiuso all'hotel Hamana, cioè non c'era nessuna percezione di un fenomeno nascente, o secondo la cassetta, consolidato, da parte di questi giornalisti?

PRESIDENTE. C'è di più: nessuna agenzia di stampa ne ha mai parlato. Non so se lo hanno fatto i giornali del posto.

ALFREDO TEDESCO. No, su queste cose, i giornali del posto, proprio...


Pag. 18


PRESIDENTE. Remigio Benni, responsabile dell'Ansa, non ha mai fatto riferimento a queste cose.

GIULIO SCHMIDT. Non sto parlando solo di Remigio Benni, ma di Alberizzi, di tutti i giornalisti dotati di grande attenzione e di sensibilità.

PRESIDENTE. Ognuno ha le sue sensibilità.
Prego, onorevole Bindi.

ROSY BINDI. Lei potrebbe indicarci qualche altra persona che ha visto queste cassette?

ALFREDO TEDESCO. Quel giorno no, ma è possibile che ci siano altre persone che le abbiano viste. È possibile.

ELETTRA DEIANA. Anch'io ho tutte le perplessità dell'onorevole Schmidt sulla diffusione di massa di queste centinaia di cassette nei mercati, anche se amatoriali, fatte in maniera fai da te.

ALFREDO TEDESCO. Non è che uscissero a puntate.

ELETTRA DEIANA. Per i giornalisti che vanno in posti così, i mercati sono i posti in cui i giornalisti vanno di più.
Lei dovrebbe fornirci il nome di questi militari che hanno assistito alla visione. Non se ne ricorda neanche uno?

ALFREDO TEDESCO. Non avevo chiesto loro come si chiamavano. Stavano guardando questa cassetta. Mi è capitato di stare lì. Ho visto due o tre scene.

ELETTRA DEIANA. Erano soldati semplici?

ALFREDO TEDESCO. Penso di sì.

ELETTRA DEIANA. Volevo capire dove: in una tenda, in un ufficio, all'Unosom, prima della morte di Ilaria Alpi?

ALFREDO TEDESCO. Ora non so in che periodo. Era alla fine del 1993, quindi sicuramente era prima della morte di Ilaria Alpi.

ELETTRA DEIANA. Lei ha detto che non ha acquistato la cassetta, e che l'ha vista perché era lì, ma non ha preparato una delle sue informative per informare chi di dovere?

ALFREDO TEDESCO. La legge islamica, la sharia segue norme ben precise. Non ci sono informazioni da dare. Hanno un codice come lo abbiano noi. Avrei dovuto svolgere delle indagini?

ELETTRA DEIANA. Indagini no, ma si è passati dalla presa del fondamentalismo (attraverso la predicazione, l'assistenza alle vedove, e altro), alla costituzione dei tribunali, all'applicazione della sharia. Ci sono dei passaggi, da nessuna parte avviene tutto d'un colpo. Infatti, precedentemente vigeva un sistema laico in quello stato. Allora, uno come lei si trovava lì per raccogliere informazioni e si verificano tutti questi passaggi e il fatto che ad un certo punto si arriva all'applicazione delle pene più cruente della sharia. Lei sa benissimo che la sharia è sottoposta come qualsiasi sistema giudiziario ad una giurisprudenza, per cui essa può essere applicata attraverso norme interpretative che sono diverse. Per esempio, vi sono paesi in cui la lapidazione delle adultere non avviene mai perché vi è una rigorosa giurisprudenza.

ALFREDO TEDESCO. Nei paesi in cui esiste uno Stato.

ELETTRA DEIANA. Ho capito, ma lei mi sta confermando la domanda che le voglio fare. Siccome lei doveva tenere presente la situazione di sconquasso delle istituzioni, un'informativa sull'esistenza del fenomeno delle cassette forse sarebbe stata opportuna. Questo è ciò che le chiedo. Non l'ha ritenuta opportuna?


Pag. 19


ALFREDO TEDESCO. No, non l'ho ritenuta opportuna, e le spiego perché: perché a me quello che si commetteva per la sharia, se si tagliavano le mani, le dita o i piedi, in quel momento non mi interessava. In quel momento a me interessava tutelare i nostri connazionali. Quindi, quando dico come ho detto: spostatevi in quest'altra zona perché in quella zona della città è pericoloso per diversi motivi... Se poi, con la loro mente che non oso definire, perché non credo che esista una parola per definire una cosa del genere,...

ELETTRA DEIANA. Lei sta banalizzando quello che sto dicendo.

PRESIDENTE. Nella riunione del 18 con i giornalisti non si parlò del pericolo proveniente dall'integralismo islamico, ma del pericolo relativo al fatto che il contingente stava partendo e che le bande criminali stavano tornando. O si parlò anche di questo problema? Ma a noi nessuno lo ha riferito.

ALFREDO TEDESCO. Non abbiamo detto tutti i particolari ai giornalisti, ma gli abbiamo detto: guardate, signori, lì c'è pericolo. In effetti, si parlava già della questione dei fondamentalisti, cioè di questi gruppi armati che giravano.

PRESIDENTE. Quando ha risposto all'onorevole Deiana, lei ha detto che era stata proclamata la legge islamica. Quand'è stata proclamata la sharia?

ALFREDO TEDESCO. Tra la fine del 1993 e i primi mesi del 1994.

PRESIDENTE. Dunque, in coincidenza con il passaggio dal vecchio al nuovo.

ROBERTA PINOTTI. Lei però diceva che quelle cassette erano del 1993.

ALFREDO TEDESCO. Sì, della fine del 1993.

ROBERTA PINOTTI. Quindi, sono precedenti alla proclamazione della sharia?

ALFREDO TEDESCO. Sì, tra la fine del 1993 e l'inizio del 1994.

ROBERTA PINOTTI. Lei ha detto che ne giravano molte, che le avevano duplicate.

ALFREDO TEDESCO. Io ne ho vista una, però da come era riprodotta si vedeva che era una copia.

ROBERTA PINOTTI. Per l'appunto volevo capire come faceva a dire che ve ne fossero molte da quella che ha visto. Mi sembra di aver compreso, dalle cose che lei ha detto (che si è trovato casualmente con dei militari che la stavano visionando), che lei abbia visto delle immagini raccapriccianti. Dopo lei però ha detto che comunque nei mercati giravano, anche in numero significativo.

ALFREDO TEDESCO. Le cassette che giravano erano tante.

ROBERTA PINOTTI. Come le identificava? Come faceva a capire che quelle cassette che lei vedeva nei mercati erano cassette analoghe a quella che lei aveva visto?

ALFREDO TEDESCO. Se i militari avevano comprato la cassetta al mercato deduco che non ve ne fosse una sola, cioè proprio quella che i militari avevano acquistato.

ROBERTA PINOTTI. Scusi, ma lei prima ha detto che ne aveva viste tante.

ALFREDO TEDESCO. Non ho detto che ne avevo viste tante, ma che ve ne erano molte. Si vedeva da come era riprodotta, che la cassetta non era riprodotta bene, ma che era duplicata (sotto vi erano spezzoni di altre cose).

ROBERTA PINOTTI. Lei dunque ha supposto che al mercato venissero vendute?


Pag. 20


ALFREDO TEDESCO. No, me lo hanno detto. Quando ho chiesto loro dove l'avessero acquistata, mi hanno risposto che l'avevano comprata al mercato. Quindi, ne ho dedotto che ve ne fossero altre e che non ve ne fosse una sola, che fosse stata venduta ad hoc.

ROBERTA PINOTTI. E a lei non sembrò comunque che un problema - anche se lei dice che non sa perché i giornalisti non ne hanno parlato - che una cosa che l'aveva colpita così tanto, così raccapricciante, devastante, che dava l'idea di una terribile crudeltà, non venisse in qualche modo riportata tra tutte le narrazioni che venivano fatte?

ALFREDO TEDESCO. Non so. Magari non è capitato di trovarne una. Inoltre non posso parlare delle motivazioni che potevano muovere i giornalisti. Non lo so. Magari, se chiedete a qualche giornalista, l'ha vista anche lui, ma non ne ho idea. Non è detto che l'abbia vista solo io.

ROBERTA PINOTTI. Lei non ha avuto poi occasione di parlarne? Lei ha detto che non ne ha fatto oggetto di una informativa, perché il suo obiettivo era quello di difendere gli italiani, e quindi queste cose qui non vi rientravano.

ALFREDO TEDESCO. Sicuramente, ne abbiamo parlato con i colleghi.

ROBERTA PINOTTI. Insomma, non era un elemento su cui vi era attenzione, a parte l'obiettivo di difendere gli italiani sul suolo somalo e di avvertirli nel caso in cui vi potessero essere pericoli. Il fatto che si stesse diffondendo la cultura del fondamentalismo non avrebbe dovuto essere oggetto di una particolare attenzione rispetto a quello che stava avvenendo in quel territorio?

ALFREDO TEDESCO. Non quello che era riprodotto in quel nastro.

ROBERTA PINOTTI. No, il fenomeno.

ALFREDO TEDESCO. Il fenomeno sì.

ROBERTA PINOTTI. Un nastro che rappresenta queste cose e viene venduto al mercato non significa solo che un pazzo abbia riprodotto una cosa, ma vi è l'idea di diffondere queste immagini.
Ho compreso che il suo mandato era quello di difendere gli italiani, e quindi era un altro, ma la cosa che mi colpisce è che i giornalisti che erano sul luogo non ne abbiano ricavato un articolo né un soggetto e che comunque, con tutta l'attenzione rispetto a quello che stava avvenendo - la guerra tra bande - in Somalia, non vi sia stata attenzione particolare sul fatto che nel 1993, prima che venisse dichiarata la sharia, vi fosse già la diffusione di un terrore islamico attraverso mezzi di questo tipo. Non ho studiato la sharia o la cultura islamica, ma è la prima volta che mi viene rappresentato il fatto che vi fosse questa diffusione in quel periodo.

ALFREDO TEDESCO. La cassetta non riproduceva Mogadiscio o qualcosa ad essa riferibile, oppure un santone conosciuto. Non era detto che quelle riprese fossero di Mogadiscio. Potevano essere state girate a Balad o altrove. Quella cassetta non aveva alcun significato, ma mostrava ciò che accadeva in una parte del mondo in una certa data.

PRESIDENTE. Una funzione pedagogica.

ALFREDO TEDESCO. Avessi riconosciuto qualcuno in quella cassetta, o un luogo (mentre quella cassetta poteva essere stata girata ovunque), ma così, se avessi rappresentato una cosa del genere alla centrale...

PRESIDENTE. Va bene. Prego, onorevole Deiana.

ELETTRA DEIANA. Vorrei chiarire un fatto.
Lei ha parlato di una cosa in modo confuso. Infatti, all'inizio ci ha detto che


Pag. 21

quella cassetta era una parte di un fenomeno ampio. Ma se è così, ritengo che il fenomeno ampio che riguardava la corte islamica e i fedeli della corte islamica (e chi non era fedele), cioè un fenomeno locale, aveva tuttavia attinenza con la sicurezza degli occidentali, nella fattispecie degli italiani, perché un fenomeno di così alto rilievo del fondamentalismo doveva necessariamente significare un allerta per chi era lì a verificare le condizioni di sicurezza, tant'è vero che una delle ipotesi è che i due italiani siano stati ammazzati dai fondamentalisti, e lei pure lo dice. Ma, allora, se vi fosse stata una realtà così diffusa di cassette e di libertà delle corti da poter addirittura rappresentare e diffondere a livello di massa fatti di questo tipo, il fenomeno in sé... lei ride, ma non c'è molto da ridere!

ALFREDO TEDESCO. No, è perché mi sono forse spiegato male.

ELETTRA DEIANA. Mi faccia finire, perché voglio che termini questa storia della cassetta che sta diventando una barzelletta.
Se ci fosse stato un fenomeno di mercato, di cassette riprodotte, e di possibilità di acquisto ampio, sia pedagogico sia terroristico sia di affermazione di potere, la cosa avrebbe avuto un significato indiscutibile, relativamente ai suoi compiti e al suo dovere di informare per la sicurezza del contingente italiano, perché avrebbe costituito un pericolo obiettivo. Infatti, in una situazione di notevole fanatismo e di notevole libertà di affermazione del fanatismo, i militari italiani dovevano sapere che, se avessero osato guardare una donna, o altro, potevano essere massacrati dai fondamentalisti. Cioè, era un elemento di sicurezza. Oppure, si trattava di un fatto casuale, fatto non si sa bene per quali ragioni, o dove, e casualmente capitata nelle mani dei militari, e allora non costituisce nemmeno un elemento rilevante ai fini del nostro lavoro, perché noi ci stiamo occupando di avere notizie sul fondamentalismo per conoscere le eventuali connessioni con l'omicidio. Però, se si trattava di una cassetta, cioè di un episodio isolato, e non è dimostrabile che quei fatti siano effettivamente accaduti e soprattutto avessero una incidenza diffusa, allora fermiamoci così, perché si tratta di una cosa che lei ha saputo e che ha ritenuto che non avesse nessuna importanza perché nessuno parlava delle lapidazioni e nessuno riferiva che era avvenuta una lapidazione, al punto che i giornalisti, importanti come quelli che ha citato prima il collega Schmidt, non ne avevano contezza e non ne hanno raccontato nulla nei loro continui reportage dalla Somalia. Stabiliamo il punto di veridicità della cosa, altrimenti siamo in una specie di guazzabuglio senza senso.

ALFREDO TEDESCO. Come giustamente ha detto, sono stato io a mettere in guardia contro questi gruppi che giravano in quelle zone. Come ho detto prima, non mi serviva la cassetta - oltre tutto poteva essere stata girata in qualsiasi posto - per stabilire che in quel momento bande di fondamentalisti giravano e spadroneggiavano per la città; lo vedevo, lo sentivo da persone che vivevano a Mogadiscio, che vivevano in quella parte della città. Andavo in giro, queste cose le vedevo. Come giustamente lei ha ricordato, ho allertato il contingente, ma non certo perché ho visto una cassetta; l'ho allertato con ben altre informazioni.

GIULIO SCHMIDT. Lei con quali giornalisti aveva più frequenti contatti?

ALFREDO TEDESCO. Devo essere sincero?

GIULIO SCHMIDT. Sì.

ALFREDO TEDESCO. Io cercavo di evitare i giornalisti il più possibile, però quelli con cui avevo più contatti erano Benni ed Alberizzi, perché erano i primi due che conobbi in Somalia all'inizio, a fine 1992.

GIULIO SCHMIDT. Erano sempre sul luogo. Gli altri arrivavano...


Pag. 22


ALFREDO TEDESCO. Arrivavano, stavano un periodo, andavano. Alla fine del 1992, inizio 1993, né l'ambasciata né noi avevano una sede; tutti quanti - noi, l'ambasciatore Augelli, un nucleo del nono battaglione (circa dieci persone), i giornalisti, gli operatori umanitari - alloggiavamo in un unico compound composto da una villetta dove non c'era posto per tutti; c'era gente che dormiva in una tenda nel giardino, c'era gente che vedevo solo quando suonava la campanella per il pranzo e non sapevo nemmeno da dove uscisse.

GIULIO SCHMIDT. Questo anche a fine 1993?

ALFREDO TEDESCO. No, nei primi mesi; poi, con l'arrivo del contingente, le cose sono cambiate. Noi abbiamo fatto in modo che il contingente trovasse la nostra ex ambasciata libera, in modo che il comando vi si potesse insediare, e ci siamo spostati. L'ambasciata è a Mogadiscio nord; prima eravamo tutti a Mogadiscio sud. C'erano tutti lì dentro; c'era gente che magari stava due giorni e poi ripartiva. Il comando militare poi è andato lì, noi abbiamo affittato una palazzina a fianco dell'ambasciata e i giornalisti sono andati in albergo. Con l'arrivo del contingente chiaramente la sicurezza è aumentata. Nel novembre-dicembre 1992 non c'era nessuno.
Se posso aprire una parentesi su questo...

PRESIDENTE. Ne abbiamo aperte tante... Lei ha tirato fuori la cassetta.

ALFREDO TEDESCO. Io ho premesso questa mattina che quello che so lo dico. Prima parlavamo di sequestri: io sono stato sequestrato.

ELETTRA DEIANA. Questo già l'ha detto.

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. E non l'ha riferito?

ALFREDO TEDESCO. L'ho riferito.

PRESIDENTE. Ai vertici suoi l'ha riferito?

ALFREDO TEDESCO. Io sono arrivato a Mogadiscio a fine ottobre e ancora non c'erano le truppe di alcun paese; eravamo solo con l'ambasciatore Augelli e venne anche un comandante della marina, di cui non ricordo il nome, perché doveva visionare il porto per l'arrivo delle nostre navi. Era in ricognizione. In quel periodo morì mio padre; io ero lì e non c'erano aerei per andare. L'ambasciatore Augelli doveva recarsi a Gibuti; affittammo un piccolo aereo, arrivato da Nairobi, che ci ha presi a Mogadiscio, poi siamo andati ad Argheisa, che è a nord della Somalia ma all'interno, verso Gibuti, nel famoso Somaliland, l'ex Somalia inglese. Qui, insieme a questo ufficiale della marina, ho incontrato un capo locale (lì si chiamavano tutti presidenti), il responsabile locale, che ci ha accolto benissimo. Usciti dalla sua residenza, ci aspettava uno con un cappio in mano, un capestro, e ha detto ad Augelli, brandendogli sulla spalla un bastone: tu sei fascista! Ci hanno acchiappato e ci hanno messo dentro un taxi. Questo succedeva a venti metri dalla residenza di quello che ci aveva ricevuto con tutti gli onori. Il suo regno era casa sua, perché fuori di lì c'erano le bande che ci hanno preso e portato all'aeroporto e ci hanno tenuti sequestrati per una giornata intera, seduti per terra sulla pista. Ad Augelli - scusate, non è per fare politica - si poteva dire tutto meno che era fascista; la cosa lo ha fatto arrabbiare moltissimo. Alla fine, racimolando dei soldi abbiamo pagato queste bande e siamo riusciti a partire. Il comandante della marina, quando l'aereo è partito - mi ha ricordato un vecchio film di Alberto Sordi - ha fatto un gesto come a dire «e quando ci torno più!», ed ha mantenuto la parola, perché è tornato a Mogadiscio, ma con le navi, e non è sceso mai a terra. Siamo tornati a Mogadiscio, però al funerale di mio padre non ho potuto partecipare. Questa era la situazione; quello era un ambasciatore.


Pag. 23


GIULIO SCHMIDT. Mi scusi se torno sul discorso della cassetta: ovviamente la visione di queste immagini l'ha colpita profondamente. Di solito, quando accadono fatti di questo genere, queste emozioni si contestualizzano, nel senso che ci si ricorda dove si sono provate. Vorrei chiederle uno sforzo di memoria per individuare il luogo, non i nomi delle persone, perché è impossibile. Sulla nave?

ALFREDO TEDESCO. Sulla nave sicuramente no. Alla sede della vecchia ambasciata o a Balad.

GIULIO SCHMIDT. Dov'è Balad?

ALFREDO TEDESCO. Balad è un paese a quaranta chilometri all'interno dopo Mogadiscio; il contingente italiano era a Balad e anche a Mogadiscio, anzi in un secondo tempo si è spostato tutto a Balad e a Mogadiscio è rimasto solamente un piccolo nucleo.

GIULIO SCHMIDT. Ma a fine 1993 come era sistemato?

ALFREDO TEDESCO. A fine 1993 era ancora tra Mogadiscio e Balad, quindi può essere che sia stato in una di queste due sedi; io frequentavo molto i posti dei militari e sicuramente è stato in uno di questi due luoghi. Escludo la nave, perché sulla Garibaldi sono stato una volta sola.

GIULIO SCHMIDT. Grazie.

ELETTRA DEIANA. Dottor Tedesco, vorrei ritornare sul rapporto che aveva con i giornalisti italiani: ne ricorda bene qualcuno e di altri non ricorda i nomi. Aveva dei rapporti di collaborazione, nel senso che qualcuno le forniva notizie utili?

ALFREDO TEDESCO. Credo di aver avuto modo di dire - non so se sia cambiato qualcosa negli ultimi due anni - che era vietato avere fonti tra i giornalisti; tutt'al più potevo raccogliere delle cose così, ma non...

ELETTRA DEIANA. Infatti non fonti come le intendete voi, ma informazioni utili.

ALFREDO TEDESCO. Potevo ascoltarle occasionalmente, ma non sarei mai andato a chiedere delle cose ad un giornalista.

ELETTRA DEIANA. Quindi questo succedeva. Lei ha avuto modo di raccogliere...

ALFREDO TEDESCO. Specialmente quando eravamo tutti insieme, i primi tempi, era facile sentire un po' di tutto, volendo o anche non volendo.

GIULIO SCHMIDT. Lei ha detto che era vietato raccogliere notizie dai giornalisti.

ALFREDO TEDESCO. Specifico: era vietato utilizzarli come fonte retribuita.

GIULIO SCHMIDT. Ma lei sa che comunque numerosi giornalisti sono fonti dei Servizi segreti italiani ed internazionali?

ALFREDO TEDESCO. Io le posso dire qual è la regola. Noi non potevamo avere fonti retribuite in diverse categorie: giornalisti, sacerdoti, politici. Che poi altri Servizi...

PRESIDENTE. Lei ha mai avuto occasione di leggere o ha avuto comunque conoscenza del rapporto Vezzalini sulla situazione della sicurezza in quel periodo, ma soprattutto con riferimento alla vicenda di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin? Conosce il significato e il contenuto di questo rapporto?

ALFREDO TEDESCO. Signor presidente, sarebbe opportuno proseguire in seduta segreta.

PRESIDENTE. Propongo di procedere in seduta segreta.
(Così rimane stabilito).


Pag. 24


Dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo interno.

(La Commissione procede in seduta segreta).

PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo interno.
Lei fu sentito dal dottor De Gasperis esattamente in data 27 maggio 1995, e conclude la sua deposizione, peraltro molto scarna, fatta di otto righe, che le leggo per ricordargliela: «Ero presente a Mogadiscio quando è giunta ai militari che si trovavano al porto nuovo la notizia dell'aggressione ai danni dei due italiani. Mi sono recato al seguito dei carabinieri verso il luogo, a qualche decina di metri dal punto dove si diceva essersi verificata l'aggressione. Dei somali ci hanno detto di dirigerci verso il porto vecchio, luogo ove erano stati trasportati i corpi dei cittadini italiani. Non ho avuto modo di vedere l'auto sulla quale si trovavano i due giornalisti. Successivamente, non mi sono recato sul luogo dell'aggressione in quanto non era previsto come mio compito».

ALFREDO TEDESCO. Certo.

PRESIDENTE. Vede, noi capiamo che voi avete le regole (siete militari e avete le regole). Però rimaniamo ogni volta accecati da questo tipo di compartimentazione. Leggo: «E comunque sul luogo non vi erano più tracce». Questo mi pare giusto. Poi lei conclude, alle ultime due righe: «Non ho appreso successivamente al fatto alcuna notizia utile sull'episodio».

ALFREDO TEDESCO. È riferito al porto vecchio.

PRESIDENTE. Invece, com'è che vi era una serie di notizie importanti delle quali lei era stato protagonista? Le ricordo che la sua sommaria informazione testimoniale avviene il 27 maggio 1995, quindi tutte le informative di cui abbiamo parlato fino a questo momento, delle quali l'autorità giudiziaria non ha avuto nessuna informazione, c'erano, erano ostensibili all'autorità giudiziaria, o no? O rimanevano riservate per l'autorità giudiziaria? L'autorità giudiziaria doveva sapere o non doveva sapere che voi avevate pensato alla pista islamica come fonte dell'aggressione o che avevate messo insieme tutte quelle importanti notizie delle quali abbiamo parlato fino a questo momento?
Penso che l'autorità giudiziaria dovesse sapere, e mi domando: perché lei, rispondendo, dice che non ha appreso successivamente al fatto alcuna notizia utile sull'episodio?

ALFREDO TEDESCO. Innanzitutto qui dico che non ho visto la macchina sulla quale stavano. Mi riferisco alla macchina dei giornalisti.

PRESIDENTE. No.

ALFREDO TEDESCO. Sì. Oggi ho detto che quando ho visto i corpi dei giornalisti, erano sulla macchina di Marocchino.

PRESIDENTE. Su questo siamo d'accordo, e non c'è alcun problema. Ma leggo: «Non ho appreso successivamente al fatto alcuna notizia utile sull'episodio».

ALFREDO TEDESCO. «Successivamente al fatto...» vuol dire...

PRESIDENTE. «Successivamente al fatto...» vuol dire quello che significa in italiano.

ALFREDO TEDESCO. «Successivamente», ma nell'immediato.

PRESIDENTE. Successivamente è tutto!

ALFREDO TEDESCO. Scusi, come potrei intenderlo così se poi ho scritto?

PRESIDENTE. Sì, ha scritto, ma ve lo siete tenuto per voi.

ELETTRA DEIANA. Non ho appreso successivamente alcuna notizia utile.


Pag. 25


ALFREDO TEDESCO. Sul luogo! Io mi riferivo a quello.

PRESIDENTE. Guardi, qui l'italiano ha un senso: «Non ho appreso successivamente al fatto alcuna notizia utile sull'episodio». Questo non corrisponde ai documenti in vostro possesso.

ALFREDO TEDESCO. Assolutamente, presidente! Questo è riferito...

PRESIDENTE. Lei pensa così...

ALFREDO TEDESCO. Non lo penso, ma l'ho scritto. Saprò quello che ho scritto.

PRESIDENTE. Questo non l'ha scritto lei ma l'ha scritto il magistrato che l'ha ascoltata.

ALFREDO TEDESCO. Va bene, ma l'ho detto io. Se l'ha scritto vuol dire che l'ho detto. È come se lo avessi scritto io.

PRESIDENTE. Se lei vuole insistere, possiamo anche insistere.

ALFREDO TEDESCO. Mi posso essere espresso male, ma mi riferivo...

PRESIDENTE. Ma quale «espresso male»! Ogni volta lei si esprime male? Scusi, abbia pazienza, qui c'è scritto: «Non ho appreso successivamente al fatto alcuna notizia utile sull'episodio». Sono parole talmente semplici, talmente usuali, talmente appartenenti al linguaggio...

ALFREDO TEDESCO. Sul posto, presidente. È riferito sul posto.

PRESIDENTE. Va bene, ci dobbiamo aggiungere: sul posto. Va bene.

ALFREDO TEDESCO. Presidente, ma come posso dire: successivamente...

PRESIDENTE. Lei non è che può convincere la Commissione...

ALFREDO TEDESCO. Ho scritto. Ci sono i miei scritti.

PRESIDENTE. Infatti, e ne abbiamo preso atto. Ci sono e non vanno all'autorità giudiziaria. Ha capito qual è il problema?

ALFREDO TEDESCO. Non vanno all'autorità giudiziaria?

PRESIDENTE. No, non vanno all'autorità giudiziaria e ora glielo spiego.

ALFREDO TEDESCO. Me lo spieghi lei, perché io non lo so.

PRESIDENTE. Lei vi aggiunge l'espressione: sul posto. Ne prendiamo atto e poi valuteremo.

ALFREDO TEDESCO. Siamo a questo punto.

PRESIDENTE. Non siamo. Lei non si deve offendere. Qui stiamo parlando dei fatti degli altri, che interessano i cittadini italiani. Parliamo di due morti, di due persone uccise! Non dobbiamo avere preoccupazioni nel dire quello che sappiamo potrebbe essere di interesse per l'accertamento della verità.
Il suo servizio - non lei questa volta - in data 29 dicembre 1994, rispondendo al procuratore della Repubblica, che gli chiede gli atti (quelli dei quali abbiamo parlato fino a questo momento) dice: «In esito a quanto richiesto con la nota in riferimento», firmata dal direttore del servizio, Sergio Siracusa, «comunico che il Sismi» - ma lei potrebbe rispondermi che sono fatti del generale Siracusa - «non ha svolto specifici accertamenti sull'evento in questione e non è quindi in possesso di elementi idonei a chiarire la dinamica ed il movente del medesimo».
Qui non è questione di italiano o latino o francese o tedesco. Ci può mettere tutto quello che vuole, ma questa è l'interlocuzione di cui alla nota del 30 novembre 1994, quindi siamo sicuramente in epoca successiva a quella che risulta dalle date


Pag. 26

dei documenti che abbiamo esaminato (18, 20, 21, 23 e via dicendo del mese di marzo). I documenti c'erano. I moventi erano stati non dico accertati ma esaminati. Le dinamiche erano state esaminate, e l'autorità giudiziaria dà questa risposta.
Leggo ancora: «Ritengo peraltro doveroso rappresentare che il un telex pervenuto dal Sisde viene formulata l'ipotesi che mandanti o mediatori fra mandanti ed esecutori dell'omicidio possano essere i cittadini italiani Giancarlo Marocchino ed Elio Sommavilla, per evitare la diffusione di notizie su traffici internazionali» - cioè, le uniche cose che non risultano dai suoi documenti! - «di armi e di stupefacenti con alcune fazioni somale, in cui da anni i due sarebbero implicati, secondo le notizie riportate del citato servizio successivo.» - siamo nel novembre 1994, e non è stato ancora interessato Udine con le sue fonti - «Il duplice omicidio sarebbe stato compiuto da miliziani del clan Aberghidir, Abgal e Mourasad, fra i più stretti collaboratori di Marocchino. Il Sismi, inoltre è in possesso di una relazione del capo dell'ufficio informazioni Vezzalini», di cui abbiamo già parlato.
Cioè, il servizio non è in possesso di niente, non manda niente, ma indica Marocchino e Sommavilla come i mandanti, che è l'unica cosa che non risulta da quei documenti. Ciò significa che quei documenti non sono stati mandati perché non erano in armonia con quello che viene dato come possibile elemento da accertare come investigazione, e cioè che Marocchino e Sommavilla erano stati i mandanti dell'omicidio.
Ho capito già la sua risposta. Giustamente lei mi dirà: lo chiede a me?

ALFREDO TEDESCO. Ritengo che non me lo domanderà nemmeno.

PRESIDENTE. Non le faccio la domanda, però le chiedo: ha mai saputo chi ha dato queste notizie al generale Siracusa, per poter rispondere in questo modo al magistrato che gli chiedeva gli atti e al quale si risponde che gli atti non c'erano e che c'era questa notizia proveniente dal Sisde? Queste sono le domande.

ALFREDO TEDESCO. È firmato dal generale Siracusa.

PRESIDENTE. Allora le domando: il generale Siracusa aveva avuto altre informazioni, diverse dalle sue, o da quelle di chiunque altro, parallele rispetto a quanto abbiamo appreso fino a questo momento sulla base di quelle informazioni (siamo al 30 novembre 1994)? Che lei sappia, avevate altri informatori che parlavano? Probabilmente, torniamo a discutere del servizio parallelo, con le sue fonti alternative, oppure qualcuno ci deve spiegare questo dato.
Lei è persona intelligente, accorta e onesta. Le voglio chiedere: che cosa deve fare una Commissione quando riscontra che, con l'attività svolta da un servitore dello Stato come lei, che ha rilasciato tutte quelle dichiarazioni, che si è preoccupato di mandarle a chi doveva mandarle, poi invece viene negato all'autorità giudiziaria il contenuto di quelle informative, e poi si accerta che, contrariamente a quello che risultava dalle informative, si dà l'indicazione di mandanti diversi? Dica lei cosa deve fare la Commissione. Ancora una volta siamo noi che sbagliamo, che non capiamo che manca una frase o che manca una parola o che manca un documento?
Credo che la Commissione abbia il dovere di stabilire le responsabilità che nascono in maniera chiarissima da questa lettera. Lei è d'accordo con noi?

ALFREDO TEDESCO. Certo. Su questo, indubbiamente. Però, lo ripeto, questa è una lettera firmata dal generale Siracusa, capo del servizio.

PRESIDENTE. Mi risponderà lui, non si preoccupi.

ALFREDO TEDESCO. Io potevo riferire esclusivamente alla mia divisione, che era la II divisione. Il capo era il dottor Rajola. Il mio punto di riferimento, come quello di Giusti o di chiunque scrivesse da Mogadiscio, era la I divisione. Dopo di che, se venivano corretti, se venivano annullati, se venivano presi in considerazione...


Pag. 27


PRESIDENTE. Qualcuno deve spiegare, se non vuole andare in galera, da dove viene questa notizia.

ALFREDO TEDESCO. Presidente, quella non è una lettera anonima. L'ha firmata un generale.

PRESIDENTE. È un atto pubblico. Siccome poi tutti sono in grado di darci spiegazioni che non capiamo, siccome quest'atto non la riguarda, le chiediamo una cosa: che significano tutte queste sigle? Voglio capire bene.

ALFREDO TEDESCO. Se posso essere utile...anche se non le conosco tutte.

PRESIDENTE. Protocollo n. 3091/921/23.II. Cosa significa?

ALFREDO TEDESCO. «II» potrebbe riferirsi alla II divisione.

PRESIDENTE. Allora ancora diretta da Rajola Pescarini?

ALFREDO TEDESCO. Che data riporta?

PRESIDENTE. Il 29 dicembre 1994.

ALFREDO TEDESCO. Sì.

PRESIDENTE. Poi qui è scritto: «ALL D, ALL APT». Che significa?

ALFREDO TEDESCO. Forse è l'ufficio D.

PRESIDENTE. Che significa «ALL»?

ALFREDO TEDESCO. Forse allegato D.

PRESIDENTE. Vuole significare che vi era allegato un documento?
C'è il servizio D?

ALFREDO TEDESCO. L'ufficio D era la I divisione, ma così, tra virgolette, sembra più un allegato.

PRESIDENTE. E «ALL APT»? Che significa? E numero 2071/791/45?

ALFREDO TEDESCO. Sono protocolli.

PRESIDENTE. Ma APT?

ALFREDO TEDESCO. Non lo so. Quello che sapevo l'ho detto. Questo non lo so.

PRESIDENTE. La ringraziamo di questo.
Propongo ora di passare in seduta segreta. Non essendovi obiezioni, dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo interno.
(La Commissione procede in seduta segreta).

PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo interno.
Abbiamo preso atto delle sue risposte, o meglio dell'impossibilità di rispondere a queste cose (si risponde solo penalmente di quelle cose).
A proposito del checkpoint Pasta, ci risulta che ci sia stata una trattativa tra il contingente italiano e le milizie somale per la riconsegna del checkpoint. Conosce la vicenda?

ALFREDO TEDESCO. Non nei dettagli, ma lì era tutto un contrattare. Si cercava di evitare lo scontro, quindi se vi era prima la possibilità di trovare un accordo, quello si tentava.

PRESIDENTE. Fu tentato un accordo? Sa quali sono i termini di questo accordo, le promesse?

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. Il Sismi si interessò di questa trattativa o no?

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. Chi condusse la trattativa?


Pag. 28


ALFREDO TEDESCO. Il comando militare.

PRESIDENTE. Scialoja entrò in questa trattativa?

ALFREDO TEDESCO. Che io sappia no. Anche il comando militare aveva un ufficio G2.

PRESIDENTE. Lei ha mai pensato di fare, o ha avuto notizie per poterlo fare, collegamenti tra il checkpoint Pasta, con tutto quello che è successo, che ci hanno raccontato il generale Rajola ed altri, e l'uccisione dei due giornalisti italiani? Sono possibili dei collegamenti?

ALFREDO TEDESCO. A me non risulta. Parlo sempre di fatti concreti che dimostrino questo collegamento. Nel campo delle ipotesi tutto è possibile.

PRESIDENTE. Dato che i servizi campano anche di ipotesi, doverosamente...

ALFREDO TEDESCO. A me non risultano.

PRESIDENTE. Vediamo se può darci un grande aiuto per quanto riguarda l'ambasciatore Cassini. Conosce l'ambasciatore Cassini?

ALFREDO TEDESCO. Solo di nome.

PRESIDENTE. Non lo ha mai contattato?

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. Non ha mai parlato con lui di questa vicenda?

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. Avete avuto modo, sia pure a distanza, di lavorare su indagini o altre cose di questo genere?

ALFREDO TEDESCO. Mai. Di che periodo si parla?

PRESIDENTE. Del 1997. Sa di che cosa si è occupato Cassini in riferimento a questa vicenda?

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. Sa nulla delle vittime somale della presunta violenza dei militari italiani e del trasferimento in Italia ai tempi della Commissione Gallo, e via dicendo?

ALFREDO TEDESCO. So quello che ho letto sui giornali.

PRESIDENTE. Mi ha detto invece che conosceva bene Giancarlo Marocchino, che eravate in buoni rapporti e che anche voi ve ne servivate. In che cosa poteva essere utile Marocchino? Marocchino era una fonte?

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. Attendibile, inattendibile?

ALFREDO TEDESCO. No, non era assolutamente una fonte.

PRESIDENTE. Nemmeno una persona utile, informata?

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. Quali servizi vi poteva rendere?

ALFREDO TEDESCO. Specialmente all'inizio avevamo bisogno di gasolio per il generatore. Avevamo anche due macchine, due Land Rover. Prendevamo il gasolio che forniva in grandi quantità al contingente. Noi ne prendevamo taniche.

PRESIDENTE. Eravate ospiti della sua abitazione?

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. C'era una frequentazione?


Pag. 29


ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. Il rapporto di Marocchino con il contingente italiano era forte. Che lei sappia, cosa faceva Marocchino con il contingente italiano? Le risulta che si interessasse anche di armi in entrata e in uscita?

ALFREDO TEDESCO. Cioè?

PRESIDENTE. Traffico di armi.

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. Mi riferisco ad armi e ad armamenti del contingente italiano, quelle che venivano sottratte ed esitate in Somalia. Ne ha mai avuto notizia?

ALFREDO TEDESCO. Che venivano sottratte al contingente italiano?

PRESIDENTE. Armi che avevano destinazioni diverse da quelle naturali, istituzionali.

ALFREDO TEDESCO. No. Ho saputo di furti di armi al porto nuovo da container americani.

PRESIDENTE. Comunque, lei sa che Marocchino fu implicato in un traffico di armi e che fu anche arrestato?

ALFREDO TEDESCO. Sì, mi ricordo che fu arrestato dagli americani.

PRESIDENTE. E vi siete interessati di questa vicenda?

ALFREDO TEDESCO. No, quella fu una cosa che fece Unosom.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Motta.

CARMEN MOTTA. In risposta alla sua domanda su Marocchino, lei ha chiesto al dottor Tedesco se dopo l'arresto di Marocchino, effettuato dagli americani, per traffico d'armi, i nostri servizi si erano attivati. Il dottor Tedesco ha detto di no.
Visto che il signor Marocchino era un cittadino italiano arrestato dagli americani e incolpato di traffico d'armi, non era d'interesse appurare la veridicità o comunque il contesto nel quale questo arresto era avvenuto, nel senso che Marocchino non era un americano, non era un somalo, non era un tedesco, ma era un italiano? Non doveva essere d'interesse, per i servizi italiani, capire se il signor Marocchino veniva incolpato con un'accusa vera o infondata?
Capisco che voi avevate la preoccupazione di difendere e di tutelare la sicurezza di tutti gli italiani presenti sul territorio somalo, ma penso anche che sarebbe stato altrettanto normale che i nostri servizi si attivassero, in maniera ovviamente riservata, per capire che cosa potevano fare i cittadini italiani sul suolo somalo. Infatti, penso che entrambe le cose rivestissero un certo interesse, ammesso e non concesso che l'accusa nei confronti di Marocchino corrispondesse a verità o meno.
Vorrei che lei mi dicesse perché i nostri servizi non erano tenuti ad interessarsi di questa vicenda che riguardava un cittadino italiano.

ALFREDO TEDESCO. Dopo l'arresto di Marocchino, noi ovviamente abbiamo dato notizia a Roma. Però, trattandosi di un cittadino italiano arrestato, lì c'era un ambasciatore e quindi era lui che aveva anche compiti consolari. L'ambasciatore si interessò dell'arresto presso le autorità Unosom. Chiese spiegazioni dell'arresto, e gli dissero che vi erano dei forti sospetti su Marocchino. In realtà, Marocchino uscì e credo che tutto finì in una bolla di sapone, tant'è vero che Marocchino ritornò. Evidentemente, non possedevano tutte quelle grandi prove che vantavano.

PRESIDENTE. Veramente vantavano qualche magistrato che non aveva visto le prove, per la verità.

ALFREDO TEDESCO. So che Marocchino ritornò, e continuò a fare il lavoro che faceva.


Pag. 30


PRESIDENTE. Infatti furono effettuate delle perquisizioni che ebbero anche, come dite voi, esito positivo. Furono trovate le armi. Gli atti furono concentrati presso una procura della Repubblica, e presso questa procura immancabilmente, come capita spesso in questi casi, si è proceduto ad archiviazione. E, siccome qualcuno, sei o sette mesi prima che si chiedesse, sapeva che sarebbe stata fatta l'archiviazione, Marocchino fu fatto rientrare in Somalia da dove era stato espulso, come lei sa. Quindi, rientra per grazia ricevuta.

ALFREDO TEDESCO. Per quanto riguarda il discorso delle armi, penso che Marocchino ne dovesse avere, perché aveva degli uomini armati che lo scortavano.

PRESIDENTE. Avere delle armi non è reato.

ALFREDO TEDESCO. Dipende dal tipo.

PRESIDENTE. In Somalia non è reato.

ALFREDO TEDESCO. Tutti avevano armi, comprese le ONG che andavano in giro a fare i pozzi per l'acqua. La stessa Ilaria aveva con sé un uomo armato, e mi meraviglio perché con un solo uomo armato non usciva mai nessuno.

PRESIDENTE. Perché la Rai gliene aveva dato uno solo.

ALFREDO TEDESCO. Anche lei ne aveva. Uno solo, ma ne aveva. Avete visto nella foto Ilaria con un cartellino blu?

PRESIDENTE. Quello era di Unosom?

ALFREDO TEDESCO. Quello era per i giornalisti, rilasciato dalle Nazioni Unite. Dietro vi era scritto che per motivi di sicurezza, in via del tutto provvisoria, potevano anche essere scortati da uomini armati.

CARMEN MOTTA. Il dottor Tedesco dice che di questo fatto che riguarda Marocchino, cittadino italiano, non erano loro che se ne dovevano occupare, che c'era l'ambasciatore che prese in carico la questione. Per me è un po' stupefacente. Infatti, capisco che il servizio non dovesse assolvere a compiti dell'ambasciatore ma non posso credere che un servizio militare che era lì per tutelare e per salvaguardare gli italiani, quando succede una cosa di questo genere, possa ritenere che a compiere le verifiche debba pensare l'ambasciatore. Io non posso credere che nessuno dei Servizi militari, lei o qualcun altro, abbia assunto una qualche - mi permetta di usare un termine improprio - curiosità per capire che cosa stava succedendo. L'arresto e l'espulsione da un paese di un cittadino italiano gravato di un'accusa di quel genere, data la situazione della Somalia... Continuo a far fatica a capire. Probabilmente abbiamo dei metri di giudizio differenti; i suoi saranno senz'altro professionalmente validati, ma mi dia una giustificazione che mi convinca del fatto che a voi questa cosa non toccava.

ALFREDO TEDESCO. L'accusa mossa dagli americani era piuttosto generica: espellevano Marocchino arrestato, ammanettato, per traffico d'armi. Vero, non vero... Noi abbiamo comunicato intanto che un italiano, nella fattispecie Giancarlo Marocchino, era stato arrestato dagli americani in quanto accusato di traffico d'armi. L'ambasciatore, dal canto suo, ha fatto le sue rimostranze all'Unosom, perché parliamo di americani ma inquadrati sempre nelle Nazioni Unite, dopo di che si attendevano gli sviluppi della cosa. È chiaro che se questa persona veniva condannata... La cosa si è risolta, è ritornato e quindi presumo che queste accuse fossero non dico infondate ma per lo meno non così gravi.

CARMEN MOTTA. E voi sul territorio non avete ritenuto utile prendere direttamente ed autonomamente, come fa un Servizio di intelligence, qualche notizia?


Pag. 31


ALFREDO TEDESCO. No, perché a noi non è risultato che Marocchino facesse traffico d'armi.

CARMEN MOTTA. Ah!

PRESIDENTE. Ma lei non sa che il contingente italiano fece delle perquisizioni nell'abitazione di Marocchino e sequestrò delle armi? Non le risulta?

ALFREDO TEDESCO. Non mi risulta, ma è possibile, perché Marocchino conservava le armi della sua scorta; anche all'ufficio della cooperazione, se si andava dentro il magazzino...

PRESIDENTE. Pare che abbiano trovato anche dei mortai.

ALFREDO TEDESCO. Dipende che tipo di armi... È chiaro che non doveva avere il mortaio o il cannone, ma il kalashnikov è un'arma da guerra.

PRESIDENTE. Ma il mortaio ce l'aveva.

ALFREDO TEDESCO. Non so quello che trovarono.

CARMEN MOTTA. Presidente, abbiamo capito bene? Il Sismi fece verifiche sue, ma queste non portarono elementi che comprovassero l'accusa degli americani; abbiamo capito bene?

PRESIDENTE. Esatto. Non solo, ma vorrei ricordarle, dottor Tedesco, che c'è un vostro appunto, che non sappiamo più da dove venga e in che data...

ALFREDO TEDESCO. Quando c'è scritto «appunto», parte sempre da Roma.

PRESIDENTE. Si dice: «In questi ultimi tempi avrebbe fatto incetta di molte armi per scopi commerciali. Recentemente sarebbe rimasto coinvolto a Mogadiscio in imprecisate irregolarità doganali ed in un furto di generi alimentari compendio di aiuti internazionali depositati nei magazzini dell'aeroporto della capitale somala, che avrebbe rivenduto alla borsa nera. Affarista senza scrupoli». Così viene definito in questo appunto stilato a Roma, ma presumo sulla base di indicazioni...

ALFREDO TEDESCO. Sicuramente è di Rellini.

PRESIDENTE. Questo è un altro appunto riservato del 29 dicembre 1994 (informative Sismi). Lo ricordo, per sollecitare la sua memoria: «Nel febbraio 1993 unità del contingente italiano hanno effettuato una perquisizione nei magazzini del Marocchino rinvenendo e sequestrando armi portatili, una mitragliatrice contraerea ed un congruo quantitativo di munizioni. Interrogato in merito ha risposto che le armi gli erano necessarie per difendere le sue proprietà. Deposizione resa al generale Loi, comandante pro tempore del contingente italiano. È singolare il fatto che in una città praticamente distrutta dalla guerra civile, nella quale non esistono attività imprenditoriali, solo Marocchino sia riuscito a conservare le sue proprietà intatte e a svolgere attività imprenditoriale e commerciale, nonché a mantenere ottimi rapporti con i due clan».
Qui c'è l'appunto che proviene d'ordine dal capo di stato maggiore, Sturchio: «Non si dispone di elementi di riscontro alle notizie di cui alla lettera di riferimento e in particolare non risulta che Giancarlo Marocchino ed Elio Sommavilla siano i mandanti o i mediatori fra mandanti ed esecutori dell'omicidio in oggetto». Alla faccia del generale Siracusa! «Ad ogni buon fine si allega scheda contenente elementi su Giancarlo Marocchino ed Elio Sommavilla sul conto di Sahid Omar Mugne. Si soggiunge che, a seguito di specifica richiesta pervenuta dal sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma, dottor De Gasperis, nell'ambito del procedimento penale, l'ipotesi formulata nel telex di riferimento è stata doverosamente accennata» - abbiamo visto che è il contrario - «alla prefata autorità giudiziaria». Si tratta di una lettera del capo di stato maggiore Sturchio al Servizio di


Pag. 32

informazione e sicurezza democratica, Sisde, del 29 dicembre 1994.
Sempre riferito allo stato maggiore Sismi - 17 dicembre 1994 - e per conoscenza seconda, ottava (poi come si vede il parallelismo si formalizza) e diciottesima divisione: «In ordine alla vicenda in oggetto indicata non si dispone di riferimenti informativi che indichino Marocchino Giancarlo e Sommavilla Elio quali mandanti dell'omicidio dei due giornalisti e/o in collusione con i materiali esecutori dell'atto criminoso». Poi il generale Siracusa ci spiegherà tutto.
Lei ha conosciuto la giornalista Rini Marina? L'ha mai sentita nominare?

ALFREDO TEDESCO. Il nome non mi dice nulla, però non è detto...

PRESIDENTE. Perché la giornalista, sentita il 27 maggio 1996 dal dottor Pititto a Roma, dichiara fra l'altro: «Il Marocchino utilizzava la stessa frequenza radio utilizzata dai Servizi segreti italiani, il che è segno o che Marocchino conoscesse la frequenza utilizzata dai Servizi o che lui e i Servizi avessero concordato di utilizzare la nostra frequenza. Quando Marocchino conversava via radio con noi giornalisti utilizzava una diversa frequenza radio, precedentemente concordata, e talvolta, mentre conversavamo, sentivamo inserirsi una voce che invitava Marocchino a sintonizzarsi su una diversa frequenza, dicendo: andiamo sulla nostra». A domanda risponde: «Io affermo che ad inserirsi sulla frequenza che Marocchino utilizzava parlando con noi giornalisti erano quelli dei Servizi, perché quelli del Sismi che erano a Mogadiscio erano due o tre, e io riconoscevo la voce con cui lui pronunciava la frase: andiamo sulla nostra. Tra alcuni giornalisti italiani, per esempio Alberizzi, Benni ed io, e quelli del Sismi si era creato un rapporto di particolare cordialità, che invece non intercorreva con altri giornalisti». Ricorda qualcosa?

ALFREDO TEDESCO. Ripeto, il nome non mi dice nulla. Non con me, magari con un altro collega mio.

PRESIDENTE. E quanti eravate nel 1994?

ALFREDO TEDESCO. Due o tre.

PRESIDENTE. E quando siete stati due o tre? Mai, credo, perché al massimo siete stati due, lei e Giusti.

ALFREDO TEDESCO. No, siamo stati anche tre e quattro; dipende dal periodo.

PRESIDENTE. «Quelli del Sismi si chiamavano uno Fortunato Massetto o Massetti, il cui nome l'anno scorso è stato indicato da qualche trafficante di droga e ha avuto dei problemi». È vero, però è stato assolto. «Un altro si chiamava Gianni Giusti ed un terzo Alfredo Tedesco». Non riesce a ricordare?

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. «So che aveva appreso dal detto ufficiale di Milano che si chiama Arturo Brancati, maggiore dell'esercito italiano, che il Sismi si avvaleva a Bosaso della collaborazione di un somalo, soprannominato l'avvocato». Sa nulla di questo avvocato?

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. Non lo conosce nessuno!
«Era stato chiamato dal comando militare di Mogadiscio via radio per avere notizie di Ilaria, e il detto somalo fece sapere che Ilaria era lì. A quel che io so per averlo appreso dai giornali, il solo dei Servizi che ha parlato è il colonnello Rajola davanti alla Commissione parlamentare, esprimendosi in termini fortemente critici nei confronti del Marocchino».
Non ricorda niente? Per lei è tabula rasa, non ha alcun ricordo?

ALFREDO TEDESCO. Lo ricorda lei! Se la giornalista fa il nome mio, vuol dire che mi conosceva. Voglio dirvi che mi


Pag. 33

sento veramente umiliato, perché viene preso per oro colato qualsiasi cosa dicono.

PRESIDENTE. Chi dice niente?

ALFREDO TEDESCO. Se è una cosa tratta dai Servizi...

PRESIDENTE. Guardi, noi vogliamo soltanto mettere sul banco dell'analisi tutti i dati. Se, magari anche per stanchezza, facciamo pensare di avere qualche preferenza di opinione, salvo che la esprimiamo espressamente, è soltanto per rompere la tensione o a causa della tensione. Stia tranquillo, noi non abbiamo alcun preconcetto. Può darsi che la Rini dica una serie di cose infondate, come può darsi che il Servizio dica delle cose infondate. Noi siamo nella posizione di vedere come stanno le cose.

ALFREDO TEDESCO. Dice tre nomi che io... Questa signora...

PRESIDENTE. Va bene, non la ricorda.

ALFREDO TEDESCO. Sono nomi... A Mogadiscio se lei...

PRESIDENTE. La giornalista a Mogadiscio conosceva queste tre persone: Massitti, lei e Giusti.

ALFREDO TEDESCO. Ma chi è che non ci conosceva?

PRESIDENTE. Io lo so adesso che tutti quanti vi conoscevano. Scusi, ma Rajola Pescarini...

ALFREDO TEDESCO. Noi andavamo dagli italiani a dire: mi raccomando, stai attento.

PRESIDENTE. Rajola Pescarini che giudizio aveva di Marocchino?

ALFREDO TEDESCO. Scusi, ma Rajola Pescarini non glielo ha detto? Io non so che giudizio abbia un'altra persona. Posso dire il giudizio che avevo io, se le interessa.

PRESIDENTE. Che giudizio aveva lei?

ALFREDO TEDESCO. Il giudizio che do io di Marocchino è che una persona, per vivere lì, tanto onesta non poteva essere, ma non perché magari...

PRESIDENTE. C'era pure il contingente, lì!

ALFREDO TEDESCO. Vivere lì nel senso che questo viveva lì. Qualcuno prima ha detto che aveva gente di Aidid e gente di Ali Mahdi, ma questo perché lui aveva sposato una donna dell'etnia di Aidid, e si teneva buono lui...

PRESIDENTE. Un matrimonio diplomatico!
Noi abbiamo un'intercettazione telefonica effettuata il 20 dicembre 1997 tra Marocchino e un certo Claudio Roghi; l'intercettazione proviene dalla procura di Asti. Il testo è il seguente (fa riferimento a contatti con tre uomini dei Servizi): «Due sono miei amici ed uno adesso è passato generale, da colonnello è diventato generale». Lei ha mai sentito parlare di questo Roghi?

ALFREDO TEDESCO. No. Di Marocchino sì.

PRESIDENTE. L'abbiamo detto. Dato che dice «due sono miei amici, uno adesso è passato generale». Chi è che è passato generale?

ALFREDO TEDESCO. Scusi, ma chi è che parla?

PRESIDENTE. Marocchino. Nel 1997 chi è passato generale?

ALFREDO TEDESCO. Bisognerebbe sapere quanti sono passati generali nel 1997. Non lo so.


Pag. 34


PRESIDENTE. Uno di quelli di Mogadiscio. Chi è passato generale? Ce lo sa dire?

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. Giusti?

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. Lei no. Massitti no, anzi ha avuto anche problemi giudiziari. Quindi dovrebbe essere Rajola.

ALFREDO TEDESCO. Guardi che il Servizio non è composto da quattro persone! Voi limitate il Servizio a me, Rajola, Massitti e Giusti.

PRESIDENTE. Va bene.
Marocchino, in data 15 giugno 1999, sentito dalla procura di Asti, racconta di aver avuto rapporti con due agenti del Sismi, i cui nomi in codice erano - dice lui - Alfa e Beta, inviati dal generale Rajola. Le risultano Alfa e Beta come sigle di identificazione di qualcuno di voi?

ALFREDO TEDESCO. Io non avevo alcuna sigla di identificazione.

PRESIDENTE. Qualcuno ce l'aveva?

ALFREDO TEDESCO. Può darsi.

PRESIDENTE. Le risulta che qualcuno avesse la sigla Alfa o Beta?

ALFREDO TEDESCO. Una sigla...

PRESIDENTE. Una sigla.

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. Quindi, nessuno era Alfa e nessuno era Beta, che lei sappia.

ALFREDO TEDESCO. Non era una sigla, a meno che non fosse una sigla radio, quando si chiamavano. Non lo so.

PRESIDENTE. E chi si chiamava Alfa e Beta?

ALFREDO TEDESCO. Non lo so. Ho detto che magari si chiamavano Alfa e Beta...

PRESIDENTE. Se non lo sa, è inutile che facciamo....

ALFREDO TEDESCO. Può essere qualsiasi cosa.

PRESIDENTE. Le chiedo se abbia conosciuto le seguenti persone: Francesco Elmo?

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. Mugne?

ALFREDO TEDESCO. Sì.

PRESIDENTE. Quando l'ha conosciuto?

ALFREDO TEDESCO. L'ho conosciuto in Somalia.

PRESIDENTE. In che epoca?

ALFREDO TEDESCO. La prima volta che sono andato, quando lavoravo in ambasciata, perché Mugne aveva un fratello lì.

PRESIDENTE. Quindi nel 1992?

ALFREDO TEDESCO. No, prima. Mugne aveva un fratello, Sahid Marino, comandante di marina. Non so se Mugne avesse la cittadinanza italiana, comunque viveva in Italia.

PRESIDENTE. A Bologna.

ALFREDO TEDESCO. Sì. Saltuariamente...

PRESIDENTE. In che anno l'ha conosciuto? Quando l'ha conosciuto, che faceva?


Pag. 35


ALFREDO TEDESCO. L'ho visto più di una volta, quando veniva a trovare il fratello, o me lo ha presentato il fratello.

PRESIDENTE. In Somalia?

ALFREDO TEDESCO. Sì. Qui in Italia no. Credo che si occupasse di import-export.

PRESIDENTE. Che rapporto aveva con lui? Di semplice conoscenza?

ALFREDO TEDESCO. Con il fratello avevo più rapporti, con lui solo...

PRESIDENTE. Il fratello che faceva?

ALFREDO TEDESCO. Era il comandante della marina militare somala.

PRESIDENTE. Quindi siamo prima del 1990.

ALFREDO TEDESCO. Sì. Ma anche dopo la guerra lui è rientrato. Era sempre comandante della marina militare.

PRESIDENTE. Il generale Pollari, sentito in primo grado nel processo celebratosi contro Hashi Omar Hassan, ha parlato di una nota Sismi del gennaio 1994 in cui si segnalava il trasferimento di armi in Somalia mediante i quattro pescherecci Shifco di cui, sia pure in maniera molto sintetica, abbiamo parlato prima. In questa nota si dava conto del fatto che questi pescherecci venivano utilizzati per il traffico di armi dall'Italia verso la Somalia o magari passando per altri porti, ma con la copertura di donne e di bambini. Lei è a conoscenza di questa nota, di cui ha dato conto il generale Pollari?

ALFREDO TEDESCO. Il generale Pollari non so chi sia.

PRESIDENTE. Il generale Pollari è l'attuale comandante del Sismi.

ALFREDO TEDESCO. Non lo sapevo. Sto fuori dal 1997. Sapevo che era della finanza.

PRESIDENTE. Proviene dalla Guardia di finanza, è stato capo di stato maggiore della finanza, è stato generale di divisione, adesso credo sia generale di corpo d'armata, è fuori ruolo e comanda il Sismi dal 2002. Ha dato quest'indicazione.

ALFREDO TEDESCO. Ha detto che questi pescherecci trasportavano armi?

PRESIDENTE. No, non ha detto questo. Ha detto che c'è una nota Sismi dalla quale risulta che i quattro pescherecci Shifco venivano utilizzati con la copertura di donne e di bambini per il traffico di armi dall'Italia alla Somalia, direttamente o indirettamente. Lei era a conoscenza di questa nota Sismi? La ritiene degna di considerazione?

ALFREDO TEDESCO. È possibile che viaggiando... Poiché gli armamenti ed il munizionamento erano in un paese in guerra, può anche darsi che qualcuno dell'equipaggio trasportasse delle cose. Non si può escludere.

PRESIDENTE. Ma l'avete mai controllato in quel periodo?

ALFREDO TEDESCO. No. Questo avveniva a Bosaso.

PRESIDENTE. Dove non avevate informazioni.
Invece lei, in corte d'assise, sempre nel processo a carico di Hashi Omar Hassan, con riferimento ad Omar Mugne ha dichiarato che Craxi lo aveva delegato direttamente per la cura di certi affari con la Somalia. Ricorda di aver fatto questa dichiarazione o la dobbiamo rintracciare?

ALFREDO TEDESCO. Non mi ricordo, ma se c'è scritto ci credo.

PRESIDENTE. Da dove nasce questa notizia e di quali affari si trattava?


Pag. 36


ALFREDO TEDESCO. Di quali affari non lo so. Sicuramente quando mi è stato presentato dal fratello, dato che lui ci teneva molto a far vedere tutta questa cosa, avrà detto: lo sai che anche Craxi, mio fratello...

PRESIDENTE. Quindi la fonte è il fratello, che avrebbe detto che Craxi gli avrebbe dato l'incarico di curare gli affari con la Somalia. Di quali affari si trattava, non è possibile...

ALFREDO TEDESCO. Nemmeno se...

PRESIDENTE. Affari di cui certamente non si interessava il fratello di Mugne, perché faceva un altro mestiere, era comandante di marina, a meno che anche lui facesse qualche cosa come secondo lavoro. È presumibile che il fratello di Omar Mugne facesse qualche altra cosa oltre ad essere comandante della marina? Le risulta?

ALFREDO TEDESCO. No, faceva il comandante della marina.

PRESIDENTE. Faceva solo il comandante della marina o faceva qualche altra cosa?

ALFREDO TEDESCO. Faceva il comandante della marina.

PRESIDENTE. È sicuro?

ALFREDO TEDESCO. La marina somala non era una flotta.

PRESIDENTE. A parte la marina somala...

ALFREDO TEDESCO. Era comandante della marina.

PRESIDENTE. Al di là di questo, anche se era una flotta composta solo di una nave...

ALFREDO TEDESCO. A me non risulta niente.

PRESIDENTE. Quando si parla di Craxi che dà direttamente l'incarico ad Omar Mugne di curare gli affari in Somalia, posto che non possono essere gli affari del fratello di Omar Mugne, sono affari di Omar Mugne. Per quello che risultava, che affari? A Mogadiscio o a Bosaso? Solo a Mogadiscio perché Bosaso ignoravate da cosa fosse attraversata dal punto di vista dei traffici? È venuta al suo orecchio qualche tipo di attività che Mugne esercitava e che quindi poteva far pensare all'esattezza della notizia fornita dal fratello, che Craxi lo aveva investito di curare gli affari in Somalia?

ALFREDO TEDESCO. Sicuramente lui, nel presentarlo, per vantarsi - o forse era vero, non lo so - disse: sai, è una persona importante, anche Craxi... Ma non so né di che affari parlassero né...

PRESIDENTE. Ma lei sa per esempio che Mugne si appropriò dei pescherecci Shifco?

ALFREDO TEDESCO. Non so se Mugne si appropriò dei pescherecci...

PRESIDENTE. Chi li aveva i pescherecci?

ALFREDO TEDESCO. Io so che i pescherecci erano stati dati a Bosaso...

PRESIDENTE. Bravo. Erano stati dati alla Somalia. Allora come faceva? Se noi, Stato italiano, abbiamo dato i pescherecci alla Somalia, come è possibile che le navi arrivano ad essere disponibilità, non voglio dire proprietà, di un privato cittadino?

ALFREDO TEDESCO. Probabilmente perché era stata costituita una società per far operare questi pescherecci.

PRESIDENTE. Le risulta?

ALFREDO TEDESCO. No, ma può essere. Il governo non li gestiva personalmente.


Pag. 37


PRESIDENTE. Ho capito, però in questo caso abbiamo non un governo che gestisce personalmente, a parte che avrebbe potuto gestire anche personalmente, nel senso di organizzare chi gestisse questi pescherecci. Sta di fatto però che noi, come cooperazione italiana, i pescherecci li abbiamo dati a questa specie di Stato somalo, e invece poi troviamo Mugne che gestisce in toto e senza... Noi non abbiamo trovato tracce di necessità di rendiconti, di collaborazione con lo Stato; abbiamo trovato un Mugne che fa esattamente tutto quello che gli pare.

ALFREDO TEDESCO. Posso parlare per sentito dire, ma non mi sono mai occupato della cosa. Non posso essere preciso.

PRESIDENTE. Va bene. Do la parola all'onorevole Deiana.

ELETTRA DEIANA. Sulla deposizione che lei ha fatto in corte d'assise vorrei chiederle se ricorda perché abbia ritenuto importante, parlando di Omar Mugne, riferire questa delega che Craxi avrebbe dato a Mugne per certi affari con la Somalia. Se è una cosa che non ha importanza, come sembrerebbe da quanto dice, non capisco perché questo passaggio. Perché lei ha sentito la necessità di segnalare, nella sua testimonianza, questo rapporto tra Mugne e Craxi relativamente agli affari? L'impressione è che lei dica le cose... Perché ha ritenuto necessario dirlo?

ALFREDO TEDESCO. L'ho ritenuto necessario perché nel presentarmelo: questo è mio fratello...

ELETTRA DEIANA. Ma questo è avvenuto... Lei è molto abile a deviare.

ALFREDO TEDESCO. No, non posso rispondere se non so.

ELETTRA DEIANA. Io le chiedo A e lei risponde B. Lei ha testimoniato.

ALFREDO TEDESCO. Non lo sto negando. Glielo sto riconfermando.

ELETTRA DEIANA. No. O non capisce...

ALFREDO TEDESCO. Allora ho capito male la domanda.

ELETTRA DEIANA. Sì. Lei in corte d'assise, deponendo nel processo contro Hashi Omar Hassan nel 1999, parlando di Omar Mugne ha detto, tra le altre cose, che Craxi direttamente lo aveva delegato per certi affari con la Somalia. Stando alle cose che dice adesso non sembra sia una cosa importante. Le chiedo allora come mai, deponendo in un processo, abbia ritenuto di dover dire questa cosa. Io non voglio sapere chi glielo abbia detto nel momento in cui ha conosciuto Omar Mugne; le chiedo come mai abbia tenuto...

ALFREDO TEDESCO. Ho riferito quello che mi era stato detto al momento della presentazione.

ELETTRA DEIANA. Ho capito.

PRESIDENTE. Se fosse stato utile a qualche fine si capirebbe l'evocazione di un personaggio così importante che dà un incarico così rilevante di cura degli affari, ma se non fosse stato utile non riuscirebbe a trovarsi una spiegazione di questa sua... Se lei sa qualcosa e ce la può dire ed approfondire... Se l'evocazione del rapporto Craxi-Mugne oggi le può far dire qualcosa di più di quanto non abbia detto in passato, dato che qui non paga niente nessuno, in Italia non paga niente nessuno, per cui...

ALFREDO TEDESCO. Ci mancherebbe pure che alla fine devo pagare!

PRESIDENTE. No, parlavo...


Pag. 38


ALFREDO TEDESCO. Tanto non mi meraviglio più di nulla. Fra poco vengo con l'avvocato difensore!

PRESIDENTE. Guardi, non è che lei deve creare il caso. Io sto dicendo un'altra cosa. Lei riporta la cosa su un altro settore, non voglio dire che devia, come fa l'onorevole Deiana, perché è troppo forte e come presidente non lo posso fare. Una deviazione... Sa, quando parliamo di Servizi, è la formula classica...

ELETTRA DEIANA. Può darsi che io mi esprima male.

PRESIDENTE. Craxi è morto, e se Mugne curava gli affari, è una cosa prescritta. Abbiamo la morte fisica e quella giuridica, per cui se c'è qualcosa che a noi può interessare ugualmente... Se noi riusciamo, specialmente in quest'impunità generalizzata, a ricostruire quello che accadeva in quegli anni... Lei sa perfettamente che per quanto riguarda le cause dell'uccisione di Ilaria Alpi, a torto o a ragione, si è parlato anche del fatto che fosse venuta a conoscenza di cose di rilievo a proposito della cooperazione. Siamo in corpore viri, perché quelli della Shifco sono i pescherecci della cooperazione, dati dall'Italia allo Stato somalo, mentre se li è tenuti Mugne, e Mugne è l'incaricato di Craxi: se lei è in grado di illuminarci un po' su questo spaccato, ripeto, non paga nessuno, ma al fine di ricostruire il contesto noi le saremmo grati. Questa è la domanda dell'onorevole Deiana.

ELETTRA DEIANA. Più o meno è questa.

ALFREDO TEDESCO. Posso rispondere che non so altro. Mugne non lo conosco personalmente; mi è stato presentato dal fratello che, non so per quale motivo, magari per farsi bello - era vero o non era vero - ha detto: mio fratello è una persona importante, conosce tanti politici... Ma dei fatti delle navi della Shifco ho sentito solo delle cose, non me ne sono mai occupato professionalmente, non ho mai ricevuto incarico di occuparmene.

PRESIDENTE. Di traffici di rifiuti tossici o radioattivi per la Somalia ha mai sentito parlare?

ALFREDO TEDESCO. Sì.

PRESIDENTE. In che senso?

ALFREDO TEDESCO. In Somalia si parlava di tutto: si parlava di rifiuti tossici, di armi, di tutto, ma prove concrete che ce ne siano stati, che ce li abbiano messi prima o dopo...

PRESIDENTE. Non ne avete trovate.

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. Le avete cercate?

ALFREDO TEDESCO. Le abbiamo cercate... non è che abbiamo cercato le prove. Sicuramente ci siamo informati tramite delle persone se una cosa del genere fosse possibile. Il territorio è tanto grande.

PRESIDENTE. Ha mai sentito parlare del progetto Urano?

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. Conosce Franco Giorgi?

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. Conosceva Faduma Aidid, la figlia di Aidid?

ALFREDO TEDESCO. L'ho sentita nominare, ma non ho mai avuto contatti con lei. Viveva in Italia, mi sembra.

PRESIDENTE. Sì. Tra l'altro ha accusato il generale Rajola di essere il mandante dell'omicidio. Le risulta questa notizia piuttosto curiosa?


Pag. 39


ALFREDO TEDESCO. L'ho sentita.

PRESIDENTE. Comunque lei non l'ha mai incontrata.

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. Nemmeno in Italia?

ALFREDO TEDESCO. No. Teneva contatti in Italia con altre persone.

PRESIDENTE. Sì, l'abbiamo accertato. Abbiamo trovato le telefonate, con Massitti in particolare. Risulta agli atti.
Ha mai sentito nominare Omar Hashi Dirà?

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. Non sa che cosa dice nei suoi confronti? Non l'ha mai saputo?

ALFREDO TEDESCO. No.

PRESIDENTE. Va bene.
Ha mai sentito nominare Giorgio Giovannini?

ALFREDO TEDESCO. Di nome, però niente di più.

PRESIDENTE. Gilao?

ALFREDO TEDESCO. Sì. Era un generale della polizia somala.

PRESIDENTE. Dell'avvocato Duale abbiamo già parlato.

ALFREDO TEDESCO. Abbiamo parlato della sua presenza lì. Poi l'ho rivisto in tribunale.

PRESIDENTE. Cosa sa lei di Li Causi?

ALFREDO TEDESCO. Eravamo molto amici.

PRESIDENTE. Quindi lo conosceva.

ALFREDO TEDESCO. Sì, bene.

PRESIDENTE. Avevate un rapporto professionale, oltre che un rapporto di amicizia?

ALFREDO TEDESCO. Avevamo un rapporto di amicizia. Poi, quando siamo stati impiegati entrambi in Somalia chiaramente c'è stato anche un rapporto professionale.

PRESIDENTE. In quale periodo siete stati insieme in Somalia? Quando è stato ucciso lei era in Somalia?

ALFREDO TEDESCO. Sì. C'era anche Gianni.

PRESIDENTE. Mi pare che fu ucciso nel novembre 1993.

ALFREDO TEDESCO. C'era già il nostro contingente a Balad, perché lui era a Balad, insieme ad Ivo.

PRESIDENTE. Quindi, lei era in Somalia quando è stato ucciso.

ALFREDO TEDESCO. Sì.

PRESIDENTE. Da poco, perché lei è arrivato a fine ottobre.

ALFREDO TEDESCO. No, io ho fatto tutto il periodo. Lui era arrivato da poco, credo due o tre mesi prima.

PRESIDENTE. Era andato come Sismi?

ALFREDO TEDESCO. Sì.

PRESIDENTE. Che incarichi aveva in Somalia?

ALFREDO TEDESCO. Lo stesso incarico che avevamo noi a Mogadiscio. A Balad c'era il contingente italiano.


Pag. 40


PRESIDENTE. È distante Balad da Mogadiscio?

ALFREDO TEDESCO. Quaranta chilometri. Lì erano in due; a Mogadiscio eravamo io e Gianni, lì c'erano lui e Ivo.

PRESIDENTE. Che indagini stava svolgendo nel periodo in cui è stato ucciso?

ALFREDO TEDESCO. Io so quello che è stato riferito dal collega che era con lui: erano a bordo di un VM...

PRESIDENTE. Chi era il collega?

ALFREDO TEDESCO. Ivo. Erano a bordo di un VM, un camion militare; Ivo era alla guida, Vincenzo era in torretta, nella parte aperta, e credo ci fossero anche dei militari, due o tre, non lo so. Erano usciti...

PRESIDENTE. Sa per che cosa?

ALFREDO TEDESCO. Per lo specifico, no. Lui disse che erano andati a fare una ricognizione.

PRESIDENTE. Di che si interessava in quel momento?

ALFREDO TEDESCO. Della situazione fuori.

PRESIDENTE. Che significa la «situazione fuori»?

ALFREDO TEDESCO. La situazione in città.

PRESIDENTE. Da quale punto di vista? Da quello dell'ordine pubblico?

ALFREDO TEDESCO. Della sicurezza. Ivo, quando mi raccontò l'accaduto (poi il rapporto chiaramente lo fece lui, perché era lì), mi disse che tornavano da una ricognizione nell'accampamento a Balad quando, lungo la strada, si accorsero che c'erano dei banditi che stavano rapinando una corriera, un camion, comunque un mezzo carico di somali. Vincenzo dalla torretta dialogava con uno dei banditi, che erano rimasti un attimo così, vedendo un mezzo militare, lo invitava ad allontanarsi e in quel momento dal lato della strada, da dietro un cespuglio, spararono e lo colpirono al fianco destro.

PRESIDENTE. Dato che, come lei sa, qui purtroppo, come tutte le cose italiane, ci sono sempre varie correnti di pensiero, anche in questo caso ce ne sono due: c'è quella che fa capo a Giusti, che ritiene che si trattò non di un agguato ma di un fatto accidentale, mentre per altro verso - mi riferisco alla tesi di Conti - Li Causi sarebbe stato vittima di un vero e proprio agguato. Sulla base di quanto le ha riferito Ivo Conti, lei pensa che si trattò di un agguato?

ALFREDO TEDESCO. Quello che ho detto adesso l'ho appreso da Conti. Se ha detto un'altra cosa...

PRESIDENTE. No, Conti ha detto questo. Ma lei con Giusti di questo ne ha parlato? Come ha giustificato il fatto?

ALFREDO TEDESCO. Lì era presente un altro del Servizio, due o tre militari che poi...

PRESIDENTE. Ma Giusti come giustificava la sua tesi secondo la quale si sarebbe trattato soltanto di un fatto accidentale?

ALFREDO TEDESCO. Perché era stato riferito da Ivo che era presente sul posto e anche dai militari del contingente, che avevano confermato quanto detto...

PRESIDENTE. Cioè che si è trattato di un fatto accidentale.


Pag. 41


ALFREDO TEDESCO. Sì.

PRESIDENTE. Però Ivo Conti va in una direzione diversa. Successivamente sentito, ma anche nell'immediatezza del fatto, parlò di un agguato, proprio come l'ha descritto lei.

ALFREDO TEDESCO. Me l'ha raccontato lui!

PRESIDENTE. Esatto. Mentre cercava di allontanare o di capire che cosa succedesse guardando al militare che lo puntava, dall'altra parte qualcun altro gli ha sparato e l'ha ucciso. Questa è una descrizione da agguato.

ALFREDO TEDESCO. Sicuramente un agguato, non mirato all'uccisione di Li Causi. Nessuno poteva pensare che in quel momento passasse Li Causi.

PRESIDENTE. Un agguato alla pattuglia.

ALFREDO TEDESCO. Sì. Chi ha sparato proteggeva quelli che stavano rapinando il mezzo.

PRESIDENTE. Esatto.

ALFREDO TEDESCO. Tant'è vero che Vincenzo non è stato colpito al petto o alla schiena, è stato colpito al fianco destro.

PRESIDENTE. Lei era a conoscenza del fatto che Li Causi, di lì a qualche giorno rispetto al giorno in cui fu ucciso, avrebbe dovuto essere interrogato dalla procura di Trapani, che stava indagando sulla vicenda del centro Scorpione?

ALFREDO TEDESCO. No. Sapevo che era stato sentito per altre cose.

PRESIDENTE. Non sapeva che lo avrebbero dovuto sentire di lì a qualche giorno e che quindi sarebbe dovuto tornare in Italia per rendere delle dichiarazioni?

ALFREDO TEDESCO. Credo che avesse maturato anche il periodo per tornare in Italia. Normalmente, ogni due o tre mesi si maturavano dieci giorni.

PRESIDENTE. Lei sa se Li Causi conoscesse Ilaria Alpi?

ALFREDO TEDESCO. Non so se conoscesse Ilaria Alpi, ma se a Balad avesse incontrato Vincenzo o se si fossero conosciuti non posso dirlo.

PRESIDENTE. Con riferimento alle attività di investigazione dirette all'individuazione dei responsabili di questo agguato del quale abbiamo parlato fino a questo momento, lei ha mai saputo niente sulle iniziative assunte...

ALFREDO TEDESCO. No

PRESIDENTE....su operazioni di ostruzionismo che sarebbero state praticate nel corso di queste iniziative tendenti ad individuare ed assicurare alla giustizia i responsabili di questo agguato?

ALFREDO TEDESCO. No, anzi, per quanto mi risulta, i militari avevano preso molto a cuore la cosa ed erano stati effettuati molti arresti. Peraltro, non credo sia uscito nulla.

PRESIDENTE. Abbiamo un'informativa, che le giriamo, sulla quale vorremmo conoscere il suo parere. Riguarda Gilao. Per quello che dichiara lei e che dichiara Rajola, concordemente (anche in questo siete in consonanza), sarebbe stata una persona con la quale avevate buoni rapporti informativi tra forze di polizia.

ALFREDO TEDESCO. Sì.

PRESIDENTE. Abbiamo una nota che indica, insieme a Marocchino... per inciso, quali erano i rapporti di Marocchino con Gilao, che lei sappia?


Pag. 42


ALFREDO TEDESCO. Penso che si conoscessero, sicuramente. Quanto ai loro rapporti...

PRESIDENTE. ...che indica tra i mandanti dell'omicidio di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin...

ALFREDO TEDESCO. Gilao...?

PRESIDENTE. ... e Marocchino. Entrambi avrebbero ingaggiato i sette esecutori materiali dell'agguato che poi, al di là del numero preciso di sei, di sette o di otto, avrebbero dato corso all'operazione. Che ne pensa di questa ricostruzione?

ALFREDO TEDESCO. A me non risulta. Non so da dove sia venuta fuori. Posso solo dire che quando è stato il momento di dare una mano, Gilao, per quello che poteva, ha sempre cercato di favorire gli italiani. Era filoitaliano.

PRESIDENTE. Il rapporto tra i due andava oltre le ragioni logistiche per le quali normalmente si faceva riferimento a Marocchino?

ALFREDO TEDESCO. Non so se ci fosse un rapporto tra i due, ma essendo Gilao una persona influente (era il capo della polizia), sicuramente lo conosceva. Non so però se fosse una semplice conoscenza o se vi erano affari in comune.

PRESIDENTE. Potevano esservi degli affari in comune?

ALFREDO TEDESCO. Sì, certo.

PRESIDENTE. Di che genere? Nel campo delle armi?

ALFREDO TEDESCO. Non escludo che vi possano essere stati degli affari in comune, quanto a specificarne la natura...

PRESIDENTE. Nel settore delle armi?

ALFREDO TEDESCO. Non lo so.

PRESIDENTE. Gilao era stato nominato da Ali Mahdi?

ALFREDO TEDESCO. Sì, era favorevole ad Ali Mahdi.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Schmidt.

GIULIO SCHMIDT. Che rapporti vi erano tra Rajola Pescarini e Vezzalini?

ALFREDO TEDESCO. Onestamente, non so nemmeno se si conoscevano.

GIULIO SCHMIDT. Lei ha affermato che il proliferare del fondamentalismo islamico era sotto gli occhi di tutti, e quindi anche di Marocchino.

ALFREDO TEDESCO. Certo.

GIULIO SCHMIDT. Dunque, Marocchino era certamente a conoscenza di questo fenomeno, secondo lei?

ALFREDO TEDESCO. Nessuno poteva avere il polso della situazione più di Marocchino.

GIULIO SCHMIDT. Lei come spiega la prima versione di Marocchino, intervistato subito dopo l'attentato ad Ilaria Alpi? Marocchino ha detto: sono andati dove non dovevano andare. La seconda versione è: si è trattato di una tentata rapina. Non ha mai e poi mai parlato di fondamentalismo islamico. Secondo lei, perché?

ALFREDO TEDESCO. La prima frase - sono andati dove non dovevano andare - non è significativa, ma può essere interpretata in tanti modi.

GIULIO SCHMIDT. Sono andati a Bosaso, hanno intervistato il sultano, hanno effettuato le riprese della nave Shifco, ed altro.

ALFREDO TEDESCO. Può essere interpretata in una infinità di modi. Poi ha


Pag. 43

detto di no. Comunque, sono tutte ipotesi, perché bisognerebbe chiederlo a Marocchino.

GIULIO SCHMIDT. La cosa curiosa è che non ha fatto la terza ipotesi.

ALFREDO TEDESCO. Posso fare delle ipotesi. Il modo di vivere di Marocchino in Somalia era piuttosto altalenante. Doveva dare un colpo alla botte e uno al cerchio. Doveva mantenere certi equilibri. Anche se avesse pensato che fossero stati i fondamentalisti ad aver compiuto il fatto, sicuramente non lo avrebbe dichiarato pubblicamente.

GIULIO SCHMIDT. Il generale Fiore è stato il primo, mi pare un'ora dopo, tramite un'agenzia Ansa, a dichiarare che una delle ragioni poteva essere stata il fondamentalismo islamico. Il generale Fiore vi ha contattato subito dopo l'accaduto, prima di rilasciare dichiarazioni alla stampa?

ALFREDO TEDESCO. Quello che posso dire è che noi avevamo contatti frequenti con il contingente (il capo centro con il generale Fiore, poi vi era l'ufficio informazioni di cui è dotata ogni forza armata) e quindi questi nostri timori e queste nostre impressioni erano state sicuramente comunicate anche a lui.

GIULIO SCHMIDT. Quindi non è improbabile che l'affermazione del generale Fiore, la prima tra l'altro rilasciata tramite l'agenzia, avesse come riferimento un contatto di verifica, fatto con voi?

ALFREDO TEDESCO. Può essere. Però, sicuramente lui avrà avuto riscontri dal suo ufficio informativo. Anche lui aveva un ufficio.

GIULIO SCHMIDT. Ha conosciuto Oliva?

ALFREDO TEDESCO. Sì. Lo chiamavano il pakistano. Non so perché.

GIULIO SCHMIDT. O il talebano?

ALFREDO TEDESCO. Il pakistano. Forse perché era olivastro. Ho conosciuto Oliva i primi tempi. Ero appena arrivato in Somalia. Lui era alla cooperazione. Credo sia un medico o qualcosa del genere. Rimase poco in Somalia perché fu ferito. Gli colpirono l'arteria femorale o qualcosa del genere, e fu rimpatriato.

GIULIO SCHMIDT. Lei era al corrente che Oliva stava stringendo i cordoni della borsa per quanto riguarda Marocchino?

ALFREDO TEDESCO. No. Non frequentavo Oliva né conoscevo tutte le sue cose. Ricordo questo fatto perché fu ferito, l'ho conosciuto. Eravamo tutti lì.

GIULIO SCHMIDT. Lui stava facendo dei controlli accurati sulle attività di Marocchino e soprattutto sui depositi di medicinali ed di altre attrezzature che Marocchino aveva presso di sé.

ALFREDO TEDESCO. Da quello che mi risulta i depositi di Marocchino venivano anche utilizzati dalla cooperazione per stoccare i medicinali destinati all'ospedale. Cioè, lui aveva anche delle aree che metteva a disposizione, non per beneficenza.

GIULIO SCHMIDT. Per cordoni della borsa intendo che Marocchino rivendicava alcuni pagamenti che Oliva rifiutò.

ALFREDO TEDESCO. Questo è possibile perché, come ripeto, affittavano dei capannoni, quindi magari vi erano state delle controversie.

GIULIO SCHMIDT. Perché Oliva è stato vittima di un attentato?

ALFREDO TEDESCO. Non ricordo in che zona si trovasse.

PRESIDENTE. Si trattava di un ferimento.


Pag. 44


ALFREDO TEDESCO. In macchina, con Oliva, c'era un'infermiera, Oliva non era solo, c'era un'infermiera della cooperazione, di cui non ricordo il nome, ma penso che non avrete problemi a trovarla. Anzi, credo che Oliva si salvò proprio perché ci fu l'intervento immediato dell'infermiera che gli tamponò la ferita.

GIULIO SCHMIDT. Sì, gli bloccò immediatamente l'arteria.

ALFREDO TEDESCO. Era una persona di corporatura robusta, la potrei descrivere, ma non ne ricordo il nome. Non era solo, e a noi dissero che stavano camminando quando furono fatti segno di colpi di arma da fuoco. Era quello che succedeva un po' in quel periodo.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Tedesco e i colleghi intervenuti, e dichiaro concluso l'esame testimoniale.

La seduta termina alle 0,30 di mercoledì 19 gennaio 2005.

Back