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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame testimoniale di Elena Lelli, alla
quale faccio presente che è ascoltata nella qualità di testimone, con l'obbligo di dire la verità e di rispondere alle domande del presidente e dei componenti della Commissione che riterranno di interpellarla.
Lei è mai stata ascoltata da un'autorità giudiziaria o da un'autorità di polizia?
ELENA LELLI. Precedentemente sì.
PRESIDENTE. Poi ce lo dirà. La prego di fornire le sue generalità.
ELENA LELLI. Sono Elena Lelli, nata a Roma l'11 giugno 1953 e residente a Roma in Vicolo del Malpasso, 11.
PRESIDENTE. Che attività svolge?
ELENA LELLI. Sono impiegata presso la redazione esteri del TG3 della RAI.
PRESIDENTE. Che rapporto aveva con Ilaria Alpi?
ELENA LELLI. Lavoravo in quella redazione da pochi mesi, ma la conoscevo anche precedentemente, sempre all'interno dell'azienda.
PRESIDENTE. Eravate amiche o c'era una frequentazione? Che tipo di rapporto avevate?
ELENA LELLI. Esternamente alla RAI non ci siamo mai frequentate.
PRESIDENTE. Lei ha detto che la conosceva anche prima.
ELENA LELLI. La conoscevo prima di lavorare nella sua redazione.
PRESIDENTE. La conosceva come giornalista?
ELENA LELLI. Sì, come giornalista.
PRESIDENTE. Quindi, non la frequentava?
PRESIDENTE. Soltanto dopo che è entrata alla RAI?
ELENA LELLI. Sì, l'ho conosciuta alla RAI, al TG3.
PRESIDENTE. Come qualificherebbe questo rapporto che ha avuto con Ilaria? Di amicizia?
ELENA LELLI. Molto amichevole.
PRESIDENTE. Quindi, di amicizia. Ilaria le ha parlato del viaggio nel quale poi trovò la morte, prima della partenza ed anche durante il viaggio stesso?
ELENA LELLI. Prima della partenza poco e durante il viaggio mai.
PRESIDENTE. Quel poco di cui le ha parlato ha riguardato gli obiettivi che si prefiggeva con lo svolgimento di quel viaggio, le ragioni per cui aveva scelto di andare in Somalia, cioè se aveva delle finalità, ovviamente di tipo giornalistico, che in qualche modo hanno attratto la sua attenzione?
ELENA LELLI. Delle finalità di tipo giornalistico non ne ha parlato con me. Con me ha parlato di problemi «tecnici», quali fogli di viaggio, trasferta, problemi di denaro, nonché della sua preoccupazione, genericamente parlando, circa il posto in cui andava.
PRESIDENTE. Non le ha detto che cosa andava a fare in Somalia?
PRESIDENTE. E in RAI, siccome si trattava di una missione all'estero e, quindi, naturalmente bisognava motivarla?
PRESIDENTE. In RAI ha saputo, in quel contesto oppure successivamente, se c'erano ragioni particolari per cui andava in Somalia?
ELENA LELLI. Gli accordi li ha presi con il capo redattore, con il vice capo ed i suoi colleghi. Con me non ha parlato dei motivi.
PRESIDENTE. Avete parlato della difficoltà di trovare un operatore che andasse con lei?
PRESIDENTE. La difficoltà da che cosa derivava, per quello che lei ha saputo? Voi stavate nella stessa stanza, o sbaglio?
ELENA LELLI. Sì, eravamo nella stessa stanza. Comunque, è un problema generale degli operatori della testata del TG3, che non amano andare nei posti pericolosi.
PRESIDENTE. Quindi, la difficoltà era questa.
ELENA LELLI. Sì, lei ha dovuto rivolgersi altrove.
PRESIDENTE. Si riferisce a Miran Hrovatin?
PRESIDENTE. Le comunicò che si sarebbe rivolta a Miran Hrovatin oppure lo ha saputo quando lo aveva già scelto?
ELENA LELLI. Abbiamo saputo tutti quanti che lei si era rivolta alla società Videoest e che sarebbe partita con l'operatore che aveva già conosciuto in un'altra trasferta.
PRESIDENTE. A proposito del denaro che era necessario per poter svolgere questa missione, lei ricorda qualche particolare, qualche discussione, qualche puntualizzazione, qualche disappunto?
ELENA LELLI. Ricordo solo che partì con pochi soldi, perché l'azienda in quel periodo era molto parca, soprattutto con il TG3 - ricordo - e c'erano sempre pochi soldi per qualunque missione e non solo per quella. Si tendeva a diminuire la cifra.
PRESIDENTE. Nonostante si trattasse di una zona rispetto alla quale il pericolo era all'ordine del giorno?
ELENA LELLI. Sì, nonostante quello.
PRESIDENTE. Per quello che lei ha capito dai colloqui che mi pare di comprendere lei ha avuto con Ilaria Alpi sotto questo profilo, le risulta se Ilaria Alpi, anche sapendo che avrebbe avuto pochi soldi, addirittura per tutelare la sua sicurezza, abbia manifestato la volontà di andare ugualmente in Somalia?
PRESIDENTE. Questo «sì» che cosa significa? Lo ha detto a lei oppure lo ha saputo da altri?
ELENA LELLI. Se ne è parlato nella stanza. Ha detto: vado lo stesso e, anche se sono pochi soldi, ce la farò, spero di farcela.
PRESIDENTE. Voi avete un comitato che si interessa della sicurezza del personale, specialmente quando si tratta di missioni di questo genere, per le zone di guerra in particolare?
ELENA LELLI. Adesso, con l'Iraq, esiste in viale Mazzini.
PRESIDENTE. Io parlo di dieci anni fa.
PRESIDENTE. Chi era il dottor Panchetti?
ELENA LELLI. Era il segretario di redazione.
PRESIDENTE. All'epoca, nel 1994?
ELENA LELLI. No, non era il segretario di redazione, era un dirigente... Era segretario di redazione al TG2. All'epoca era un dirigente di viale Mazzini.
PRESIDENTE. Che cosa faceva? Non si interessava per caso proprio della sicurezza del personale?
ELENA LELLI. Non glielo so dire.
PRESIDENTE. Le risulta che Ilaria Alpi volesse andare in missione in Algeria?
PRESIDENTE. Ricorda se per caso questo suo desiderio non incontrò l'accettazione da parte della RAI?
ELENA LELLI. In Algeria non ricordo. Andò in Marocco precedentemente.
PRESIDENTE. È chiaro che Ilaria Alpi andando in Somalia innanzitutto sarebbe andata a Mogadiscio. Le ha detto o ha saputo altrimenti che, oltre che a Mogadiscio, si sarebbe recata in qualche altra località?
ELENA LELLI. Sì, si sapeva che si sarebbe spostata a Bosaso, almeno questa era la sua volontà.
PRESIDENTE. Una volontà esplicitata a chi?
ELENA LELLI. Esplicitata al capo redattore.
PRESIDENTE. Come si chiama il capo redattore?
PRESIDENTE. Esplicitò al capo redattore Massimo Loche la ragione per la quale voleva andare a Bosaso, che lei sappia?
ELENA LELLI. Posso supporre di sì, ma non li ho sentiti discutere di questa cosa. Immagino che il capo redattore sappia dove va un suo redattore ordinario.
PRESIDENTE. Ha mai fatto una sua ricostruzione delle ragioni per le quali intendesse recarsi a Bosaso?
ELENA LELLI. All'epoca non lo sapevo.
ELENA LELLI. Adesso si sa che andava a fare delle «indagini», un reportage. Posso fare delle supposizioni, ma non è il caso.
PRESIDENTE. La scrivania di Ilaria Alpi, quindi, era nella sua stanza?
PRESIDENTE. Che cosa succede, se succede qualcosa, intorno a questa scrivania? Aveva un cassetto, era chiusa a chiave, era aperta?
ELENA LELLI. C'era una cassettiera per tutti, che non aveva l'abitudine di chiudere a chiave. Nessuno dei giornalisti chiude a chiave la propria cassettiera: lo noto tuttora
PRESIDENTE. Per sua conoscenza, c'è stato qualcuno che, anche per le ragioni più corrette, ha visitato, ha ispezionato i cassetti o il cassetto della scrivania di Ilaria Alpi nell'immediatezza del fatto o anche successivamente?
ELENA LELLI. Nell'immediatezza non lo so. Ricordo di aver aperto i cassetti e di aver notato che non c'era niente di particolare. Io sono tornata al lavoro quella domenica, proprio perché era successo quello che era successo.
PRESIDENTE. E ha guardato nei cassetti?
ELENA LELLI. Non ricordo se fosse quel giorno, quel pomeriggio o il giorno dopo. La confusione regnava sovrana.
PRESIDENTE. Che cosa ha trovato nei cassetti? Quanti erano?
ELENA LELLI. I cassetti sono tre.
PRESIDENTE. Nei tre cassetti, che ha trovato tutti aperti, come mi ha detto, perché è usuale che così sia, che cosa ha trovato?
ELENA LELLI. Non ho trovato niente di particolare.
PRESIDENTE. Magari uno pensa che non vi sia niente di rilevante ed invece, ad esempio, per la Commissione potrebbe rappresentare qualcosa, avendo delle consapevolezze sulla vicenda.
ELENA LELLI. Neanche ricordo, in particolare, che cosa trovai.
PRESIDENTE. Non può fare un piccolo sforzo?
ELENA LELLI. No, sui cassetti non ricordo.
PRESIDENTE. Durante il viaggio in Somalia - parlo dell'ultimo - lei ha avuto modo di parlare per telefono con Ilaria?
ELENA LELLI. Ho risposto solo una volta alla sua telefonata, il giovedì precedente, il giovedì pomeriggio. Chiamava con un telefono satellitare e, siccome cadeva sempre la linea, quando sono riuscita a parlarle lei mi ha chiesto di parlare immediatamente con il capo redattore, e basta. Quindi, ho fatto solamente da tramite.
PRESIDENTE. Le ha detto dove stava?
ELENA LELLI. Sapevamo che stava a Bosaso.
PRESIDENTE. Lo sapevate perché aveva comunicato in precedenza che si trovava a Bosaso?
ELENA LELLI. Sì, aveva avvisato che sarebbe andata.
PRESIDENTE. Aveva avvisato lei o qualcun altro?
ELENA LELLI. Io ho parlato solo quell'attimo.
PRESIDENTE. Le altre volte gli avvisi li ha dati direttamente al dottor Loche?
ELENA LELLI. Sì, anche perché telefonare comunque, anche con il satellitare, era molto difficile. Quindi, avrà chiamato un paio di volte. Non mi chieda quante perché non lo ricordo.
PRESIDENTE. Nelle dichiarazioni rese davanti ad altre autorità lei ha ricordato di aver ricevuto una telefonata da parte della dottoressa Carmen Lasorella, la quale le telefonava da Mogadiscio. Che cosa le chiese Carmen Lasorella?
ELENA LELLI. Innanzitutto, non chiese di me, ma del capo. Siccome ero l'unica presente, dal momento che i giornalisti quel giorno erano in sciopero, ha dovuto parlare con me e mi ha chiesto notizie di Ilaria. Io non sapevo il motivo per il quale lei volesse avere queste notizie e, quindi, ero un po' restia a dargliele.
Prima voleva parlare con il capo, poi ha saputo che non c'era nessun giornalista per via dello sciopero e, quindi, mi ha chiesto se sapevo dove fosse Ilaria. Io ho cercato di capire prima perché volesse saperlo e lei mi ha detto semplicemente che erano preoccupati perché non la vedevano da qualche giorno. Poi mi ha suggerito lei la risposta: «Sai se sta a Bosaso?». Io ho risposto: «Sì, so che sta a Bosaso e so che torna domenica». «Allora, cessato allarme», lei rispose.
PRESIDENTE. Lei può confermare che quel giorno era venerdì 18?
ELENA LELLI. Sì, era venerdì 18.
PRESIDENTE. Venerdì 18 vi era, quindi, uno sciopero dei giornalisti. Lei può dire alla Commissione - è una notizia che non siamo riusciti a conoscere da nessuno dei funzionari e dipendenti della RAI - quando è cominciato e quando è finito questo sciopero?
ELENA LELLI. Era di ventiquattr'ore.
PRESIDENTE. Quindi, il giorno 18. Pertanto, non è vero che era uno sciopero di tre giorni?
ELENA LELLI. No, perché giovedì hanno lavorato... Tre giorni?
PRESIDENTE. Qualcuno ci ha detto che Ilaria Alpi fu avvertita o venne a sapere che ci sarebbero stati tre giorni di sciopero e per tale ragione non si preoccupò di non aver inviato il servizio che aveva fatto fino a quel momento.
ELENA LELLI. Tre giorni, lei mi dice? Il giorno prima, giovedì, avevano lavorato, erano al lavoro. Il sabato io non c'ero, però c'era Flavio Fusi. Adesso mi viene un sospetto, può darsi pure che fosse uno sciopero di tre giorni, ma questo glielo sa dire l'ufficio del personale di viale Mazzini.
PRESIDENTE. Ha parlato con qualcuno della telefonata che lei ha ricevuto da Carmen Lasorella?
ELENA LELLI. Ho lasciato scritto il messaggio a Flavio Fusi, che avrebbe lavorato il giorno dopo.
PRESIDENTE. Con Flavio Fusi ha avuto modo di parlare poi in relazione a questo messaggio scritto che gli aveva lasciato?
ELENA LELLI. Poi ci siamo visti tutti la domenica.
PRESIDENTE. Quindi, fino a domenica non c'è stata più alcuna interlocuzione tra lei e Fusi?
ELENA LELLI. No, io ho lasciato un messaggio scritto dicendo che aveva telefonato anche il padre di Ilaria Alpi e Carmen Lasorella.
PRESIDENTE. Tornando per un attimo alla scrivania di Ilaria Alpi, c'era anche un computer?
ELENA LELLI. No, allora c'erano solo dei terminali.
PRESIDENTE. Avete esaminato questo terminale?
ELENA LELLI. Il terminale non ha niente di personale; volendo si può inserire una parola chiave. All'epoca di computer non ce n'erano.
PRESIDENTE. Quindi, il computer non c'era. Su questo materiale che lei ha definito non significativo non riesce a dare un'indicazione, anche approssimativa?
ELENA LELLI. Assolutamente no.
PRESIDENTE. Questo terminale poi rimase lì oppure fu tolto da qualcuno, fu sostituito?
ELENA LELLI. È stato sostituito recentemente.
PRESIDENTE. Chi ha preso la scrivania di Ilaria?
ELENA LELLI. Ci si siede Giovanna Botteri. Il terminale è stato sostituito con un computer un paio di anni fa.
PRESIDENTE. Che le risulti, nessuno si è recato presso questa scrivania? Lasciamo stare il giorno dell'uccisione, perché già mi ha detto che non risulta
assolutamente nulla, ma successivamente qualcuno, che lei sappia, si è preoccupato di vedere se in quella scrivania ci fosse qualcosa?
PRESIDENTE. Non sa chi se ne è occupato?
PRESIDENTE. Siccome la stanza era anche la sua, è venuto qualcuno mentre lei stava nella stanza a cercare di capire se vi fosse qualcosa di interessante o comunque di rilevante, di personale o magari da consegnare anche ai genitori? Le sovviene qualche ricordo?
ELENA LELLI. Io ricordo solo il planning, che però era sopra la scrivania. Ho l'immagine del planning, che poi credo sia stato dato ai genitori, ma non ci giurerei. Le ripeto: quello che c'era all'interno dei cassetti non mi ha ...
PRESIDENTE. Non ha attratto alcuna attenzione?
PRESIDENTE. C'erano fogli scritti, appunti?
ELENA LELLI. Gli appunti che abbiamo conservato e che voi avete non so se siano venuti fuori dai cassetti o da un altro posto.
PRESIDENTE. Poi ne parliamo. Intanto, lei non è in grado di fare alcuna puntualizzazione?
PRESIDENTE. Ad esempio, avendo trovato qualcosa all'interno dei cassetti, si è apprestata a leggerla? Una lettera?
ELENA LELLI. No, non c'era niente di eclatante. Non c'erano buste chiuse. Io non ho visto cose strane.
PRESIDENTE. Lei poco fa ha ricordato le altre cose, di cui parliamo separatamente. Innanzitutto, a noi risulta che lei l'8 giugno del 1998 consegnò alla famiglia Alpi il foglio insanguinato ...
ELENA LELLI. Io? No, assolutamente.
PRESIDENTE. Chi l'ha consegnato?
ELENA LELLI. Io no, non l'ho mai toccato. Non lo so.
PRESIDENTE. Chi lo ha consegnato?
ELENA LELLI. Io l'ho dato ai genitori? Se l'ho fatto mi preoccupo, perché non me lo ricordo. Io non ricordo di aver consegnato una cosa del genere ai genitori, non lo avrei mai fatto.
PRESIDENTE. Questo è il documento che lei ha consegnato. «Mercoledì una incaricata della redazione esteri del TG3, Elena Lelli, mi ha recapito», queste sono le dichiarazioni di Giorgio Alpi, «il foglio che consegno. Si tratta di una pagina dell'elenco degli oggetti di mia figlia, stilato il 20 marzo del 1994 a bordo della nave Garibaldi. Questo foglio era stato rinvenuto fra alcuni oggetti di Ilaria che ritenevo fossero, come per il denaro ed altri, di pertinenza della RAI. In particolare, il foglio era apposto sulla valigia Samsonite. Come ho detto, il foglio, unitamente ad altre cose, venne trasmesso alla RAI». Ricorda questo foglio (mostra un documento)?
ELENA LELLI. No. È questo il foglio?
ELENA LELLI. Comunque questo foglio sicuramente non stava nella scrivania.
PRESIDENTE. Chi glielo ha dato? Non lo ricorda?
PRESIDENTE. Questo non poteva stare nella scrivania perché proveniva dalla Garibaldi.
PRESIDENTE. A lei chi lo ha dato questo foglio da consegnare a Giorgio Alpi?
ELENA LELLI. Non lo ricordo proprio. Non lo ricordo neanche visivamente.
PRESIDENTE. Può leggere quello che c'è scritto?
ELENA LELLI. «News media identification card, orologio Swatch, braccialetto». Ma il foglio o gli oggetti?
ELENA LELLI. Non so se gliel'ho dato io e perché gliel'ho dato io.
PRESIDENTE. Così dice Giorgio Alpi.
ELENA LELLI. Non metto in dubbio quello che dice Giorgio Alpi, ma non me lo ricordo.
PRESIDENTE. Veniamo agli altri documenti, cioè quelli che sono stati poi da lei consegnati o comunque di cui la Commissione è venuta in possesso recentemente, esattamente in data 11 maggio di quest'anno. Dove li ha presi, dove stavano, chi le ha dato questi documenti?
ELENA LELLI. Erano conservati nel mobile del capo redattore.
PRESIDENTE. Che è sempre Loche?
ELENA LELLI. Nel frattempo troppi ne sono cambiati.
ELENA LELLI. Allora il capo redattore era sempre Massimo Loche.
PRESIDENTE. Quindi, erano custoditi nel mobile del capo redattore, che allora era Massimo Loche?
PRESIDENTE. Come erano custoditi? Con particolari cautele?
ELENA LELLI. Era un mobiletto con sportelli.
PRESIDENTE. Questo materiale stava lì, senza nessuna particolare cura nella conservazione? Stava appoggiato lì?
ELENA LELLI. Era lì all'interno di cartelline ed io avevo anche dimenticato che fosse lì.
PRESIDENTE. Chi ha dato a Loche questo materiale per metterlo lì? Lei lo sa o no?
ELENA LELLI. Io sicuramente l'avrò messo da parte, insieme a Massimo Loche. Tutte le cose che abbiamo ricevuto nei giorni ...
PRESIDENTE. L'ha messo da parte prendendolo da dove o avendolo da chi?
ELENA LELLI. Lì dentro c'è un po' di tutto.
PRESIDENTE. Signora, nei limiti delle possibilità che lei ha di ricordare, perché mi rendo conto che sono trascorsi dieci anni, questo è un particolare abbastanza importante perché ha una storia recente: come ho detto, soltanto l'11 maggio siamo venuti a conoscenza dell'esistenza di questo materiale.
Lei ha detto che stava in questo mobiletto, che era in dotazione al dottor Massimo Loche. Ce lo ha messo lei, le ha date lei queste carte al dottor Loche o no?
ELENA LELLI. Un po' di carte le ha date il dottor Loche a me ed abbiamo deciso di metterle da parte.
PRESIDENTE. Innanzitutto contestualizziamo: in che epoca siamo?
ELENA LELLI. Quelle carte non si riferiscono ad un giorno, ma si riferiscono a varie giornate.
PRESIDENTE. La prego di seguirmi. Lei ha detto: un po' di carte Loche le ha date a me. Le chiedo: e un po' di carte lei le ha date a Loche?
ELENA LELLI. Era quasi tutta corrispondenza che era arrivata a Massimo Loche, quindi appunti e memorie. Glielo dico quasi con certezza perché le ho riguardate mentre le consegnavo.
PRESIDENTE. Cosa significa corrispondenza?
ELENA LELLI. C'è una lettera di un giornalista... Era un plico così. Vuole che glielo descriva io adesso?
PRESIDENTE. Noi siamo interessati a conoscere un po' la storia di questi materiali che pervengono per la prima volta nelle mani di un'autorità dello Stato. Quindi, lei capisce che una certa attenzione intendiamo dedicarla a questo fatto.
Al di là di quello che specificamente componeva questo materiale documentale, avendo lei detto che una parte del materiale era stato dato dal dottor Loche a lei, le ho chiesto: lei ha dato del materiale al dottor Loche o no?
ELENA LELLI. Non la seguo, non capisco che cosa significhi che io do del materiale al dottor Loche.
PRESIDENTE. Se lei è venuta in possesso di materiale che poi ha consegnato al dottor Loche.
ELENA LELLI. Semmai è il contrario.
PRESIDENTE. Benissimo. Quindi, lei ha ricevuto materiali dal dottor Loche. Non ricorda di aver dato lei materiali al dottor Loche.
PRESIDENTE. Ricorda in quale circostanza, o in quali circostanze, il dottor Loche le consegnò questo materiale?
ELENA LELLI. No, perché il materiale non riguarda una circostanza. Si tratta di vari giorni, in cui abbiamo deciso cosa mettere da parte, cosa conservare, cosa tenere.
PRESIDENTE. Vari giorni che cosa significa? Vari giorni dopo l'uccisione di Ilaria Alpi?
ELENA LELLI. Certo. Prima non c'era motivo.
PRESIDENTE. Quindi, man mano che raccoglievate questo materiale che arrivava o comunque che veniva trovato?
ELENA LELLI. Sì, arrivava posta, arrivavano fax.
PRESIDENTE. Oppure materiale che trovavate?
ELENA LELLI. Io non ho trovate cose.
PRESIDENTE. Non sto dicendo che voi le avete trovate. Partiamo dal presupposto della sua dichiarazione, secondo la quale fu Loche a dare a lei dei materiali e, quindi, abbiamo tolto di mezzo ...
ELENA LELLI. Loche non ha dato a me ...
PRESIDENTE. Mi faccia finire la domanda. La seconda alternativa, quella che sia stata lei a dare materiale documentale al dottor Lcohe, la dobbiamo tenere in piedi o no?
PRESIDENTE. Non se lo ricorda. Quindi, l'ipotesi è una sola, allo stato degli atti. Allora le chiedo, e già mi ha risposto più volte che il dottor Loche le dette questi materiali documentali. Fino a quando è durata questa consegna di materiali? Per parecchio tempo, un anno?
PRESIDENTE. Perché il dottor Loche dava a lei questo materiale?
ELENA LELLI. Era materiale che arrivava in redazione. Il materiale che arriva in redazione si decide se tenerlo o meno, conservarlo o meno. Io, come segretaria, impiegata, guardo e parlo con il capo per decidere se tenerlo. La corrispondenza che arrivava a lui era sua; soprattutto le lettere, i memorandum, le memorie certamente arrivavano al capo redattore e non a me. Abbiamo deciso di conservarle e poi sono rimaste ...
PRESIDENTE. Quindi, lei svolgeva un compito che rientrava tra le sue competenze di lavoro. Quando Loche le dava questi materiali, si rivolgeva alla persona giusta, alla quale comunque sarebbero stati dati questi materiali o altri di diverso genere oppure lo ha fatto perché aveva particolare fiducia nella sua persona sapendo, ad esempio, che lei era molto amica di Ilaria Alpi?
ELENA LELLI. Tutti eravamo molto amici di Ilaria Alpi; eravamo, e siamo, tutti molto amici, collaborativi. Pertanto, quando arrivava una lettera la leggevamo tutti, un appunto di Alberizzi ... Non ricordo. Non ricordo quello che ho visto due mesi fa, lei mi chiede di dieci anni fa.
PRESIDENTE. Le carte ce le ha consegnate lei.
ELENA LELLI. Ma non sono stata dieci anni a leggerle.
PRESIDENTE. Lei non ci può rimproverare che le facciamo le domande.
ELENA LELLI. Ma lei non mi può rimproverare che io non ricordi.
PRESIDENTE. Chi la rimprovera? Io le sto dicendo che, siccome lei ce li ha dati adesso, noi le facciamo delle domande. Se ce li avesse portati dieci anni fa, probabilmente queste domande non gliele avrebbe fatte nessuno.
ELENA LELLI. Probabilmente dieci anni fa nessuno ci ha chiesto cose ...
PRESIDENTE. Questo poi lo vedremo.
ELENA LELLI. Neanche questo ricordo.
PRESIDENTE. Già dice che non si ricorda.
ELENA LELLI. Sì, già glielo dico perché non lo ricordo, altrimenti le avrei consegnate dieci anni fa, quando sono andata da Pititto.
PRESIDENTE. Mi scusi, signora, le posso dire una cosa? Mi sembrava di aver capito dalle sue risposte che l'arrivo di questi materiali, che il dottor Loche le dava o che poi avete stabilito insieme fosse meglio conservare, non è andato oltre l'anno. Avevamo parlato di un anno o anche negli anni successivi è arrivato altro materiale?
ELENA LELLI. Non mi sembra che ci fosse materiale successivo al 1994.
PRESIDENTE. Pertanto, sono passati nove anni durante i quali li avete conservati.
ELENA LELLI. Li ho conservati e, per fortuna, nessuno ha pensato di rovistare più di tanto. Stavano ancora lì, nonostante il cambio dei vari redattori capo.
PRESIDENTE. Questo non c'entra.
ELENA LELLI. Potevano anche scomparire.
PRESIDENTE. Ma le ha conservate sempre lei queste carte?
ELENA LELLI. Sono sempre state nella stanza del capo redattore, nell'armadio del capo redattore.
Erano depositate e dimenticate.
PRESIDENTE. Però, nel momento in cui questi documenti sono stati da lei indicati come esistenti, stavano sempre nel mobiletto del dottor Loche?
PRESIDENTE. Prima le ho chiesto - e lei stava rispondendo - per quale ragione sono stati dati a lei questi documenti. Le sono stati dati perché lei era amica o per altre ragioni?
ELENA LELLI. No, in queste cose l'amicizia... Perché il capo redattore ha detto: cerchiamo di fare una cartellina e conserviamo le cose che pensiamo siano importanti. Le abbiamo messe in quella cartellina che loro hanno visto, che sono venuti a ritirare e, man mano, io infilavo lì cose, fogli, eccetera.
Sono stati poi messi a posto lì e dopo nessuno li ha più toccati.
PRESIDENTE. Le vorrei fare una domanda. Lei poco fa ha detto: cose che ritenevamo importanti. È mai venuto in mente a qualcuno che, essendo cose importanti ed essendo cose pertinenti ad una persona che era stata uccisa, sarebbe stato opportuno consegnarle all'autorità giudiziaria? Avete mai parlato di questo problema? Vi siete mai posti questo problema?
ELENA LELLI. Non ricordo di aver posto il problema, c'è un vuoto, non so.
PRESIDENTE. Lei ha ritenuto queste cose tanto importanti che, appena è arrivata la Commissione parlamentare d'inchiesta, con grande correttezza e grande sensibilità, le ha date alla Commissione.
ELENA LELLI. Le ho date alla Commissione, ma non ricordavo che lì ci fossero questi fogli. Quando sono andata a guardare, chinandomi per cercare delle cassette - cercavamo prima le cassette, oltretutto -, ho visto quella cartellina, ho avuto un flash ed ho detto: quella è una cartellina che sta lì da dieci anni.
Io non ricordo assolutamente se questi fogli siano stati visti, fotocopiati, archiviati anche da chi ha fatto le indagini in precedenza. Non me lo ricordo.
PRESIDENTE. In che senso? Nel senso che qualcuno le abbia chieste, le abbia prese in considerazione e poi le abbia lasciate lì, perché non le ha ritenute importanti?
ELENA LELLI. No, non so se questi originali siano andati o siano stati fotocopiati per qualcuno, qualche ispettore... Non lo so.
PRESIDENTE. No, sono rimasti lì dove stavano.
ELENA LELLI. Non sono mai stati visti da nessuno?
PRESIDENTE. No, non sono mai stati visti da nessuno.
Non soltanto noi abbiamo trovato la lettera che lei ha ricordato prima ...
PRESIDENTE. No, la lettera di Casamenti indirizzata a Massimo Loche, le comunicazioni di Alberizzi e Porzio, che sono datate tra marzo e aprile 1994 e, quindi, riguardano il periodo nel quale si svolgeva con maggiore intensità o si sarebbe
dovuta svolgere con maggiore intensità l'indagine giudiziaria, anche in un periodo nel quale la sensibilità era forse superiore, per cui queste erano cose importanti.
Lei ha detto che leggevate le carte che arrivavano e conservavate quelle importanti: ebbene, Casamenti dice delle cose importanti! Si è discusso a lungo sui movimenti che Ilaria Alpi ha fatto nell'ultimo viaggio e, per esempio, Casamenti ci ha consentito di fare chiarezza su molti punti. Le stesse cose si sarebbero potute dire - e si potrebbero dire - per quanto riguarda le comunicazioni che Alberizzi e Porzio fecero al dottor Massimo Loche.
Questo problema lo avete affrontato? Vi siete posti la questione se, di fronte a queste notizie, suscettibili di avere una certa utilità per l'autorità giudiziaria, non fosse opportuno ad essa rivolgersi?
ELENA LELLI. Io di questo con Massimo Loche non ho mai discusso.
PRESIDENTE. Con qualcun altro?
ELENA LELLI. No. All'interno della redazione delle cose specificatamente «illegali», tra virgolette, non abbiamo mai parlato, ma ho solamente fatto da conservatrice...
PRESIDENTE. Quindi, più di questo non può dire alla Commissione? Lei non è in grado di dare chiarificazioni per i nove anni trascorsi senza che nessuno conoscesse questi atti: mi pare che questa sia la sintesi della questione. Neanche una sua personale opinione, perché a noi interessano anche le opinioni?
ELENA LELLI. Gliela posso anche dire. Mi sembra strano che questi fogli non siano stati mai visti.
PRESIDENTE. E adesso che le dico che non sono stati mai visti?
ELENA LELLI. Mi sembra ancora più strano. Mi sembra strano che nessuno abbia chiesto - io sono stata convocata, non ricordo in quale anno, dal giudice Pititto ...
PRESIDENTE. Lei fu sentita da Pititto?
PRESIDENTE. Lei disse a Pititto di queste carte?
PRESIDENTE. Non gliel'ha detto?
PRESIDENTE. Perché non glielo ha chiesto?
ELENA LELLI. No, non me l'ha chiesto assolutamente. Fu un colloquio molto breve. Ricordo solo che mi chiese della telefonata.
PRESIDENTE. La telefonata di Carmen Lasorella?
ELENA LELLI. Sì, la famosa telefonata di Carmen Lasorella e credo che mi abbia chiesto anche di quella di Ilaria Alpi.
PRESIDENTE. Lei sa niente del taccuino di Ilaria Alpi?
PRESIDENTE. Non l'ha mai visto? E le fotocopie del taccuino?
ELENA LELLI. Le ho viste lì dentro, visto che gliele ho consegnate, però non ricordo da dove siano uscite fuori. Non ricordo perché le abbia messe lì, né quando, né come. Non ricordo. Però sicuramente sono stata io a metterle lì. Il disordine in quella stanza regna sovrano. Questi non sono appunti, ma sono cassette. Queste sono le cose dell'ultimo viaggio. In parte sono state scritte da me e in
parte scritte dalla Alpi. Questa è la mia calligrafia e quest'altra è quella della signora Alpi.
PRESIDENTE. Questo è ciò che mi interessa. Qual è la sua calligrafia?
ELENA LELLI. È quella a pagina 2 e nell'ultima parte della pagina 5.
PRESIDENTE. Diamo atto che, mostrati al teste i taccuini con le pagine 2, 3, 4 e 5, la teste dichiara che la pagina 2 è autografa...
ELENA LELLI. Sì, è la mia scrittura.
PRESIDENTE. ...come anche le ultime tre righe del foglio 5, mentre il resto è della Alpi.
Questa è la lettera che lei ha letto insieme al dottor Loche, e proveniente da Casamenti (mostra un documento)?
ELENA LELLI. Sì, ricordo di averla letta all'epoca, ma non ne ricordo più il contenuto.
PRESIDENTE. Queste tre pagine sono scritte. È la calligrafia di Ilaria Alpi?
PRESIDENTE. Diamo atto che, mostrate al teste tre pagine manoscritte numerate tutte e tre con il numero 17, esse recano scritte autografe di Ilaria Alpi.
Di questo taccuino, dunque, lei non ha mai saputo assolutamente niente?
ELENA LELLI. Non ricordo se questi tre fogli fossero nella scrivania. Non ricordo nemmeno se invece provengono da un'altra parte.
PRESIDENTE. Chiunque avesse voluto, avrebbe potuto vedere questa documentazione che si trovava nel mobiletto del dottor Massimo Loche?
PRESIDENTE. Facciamo l'ipotesi che questa sia soltanto una parte. È un'ipotesi cattiva della Commissione, e sicuramente sbagliata. Non c'era un inventario, un elenco?
ELENA LELLI. Non l'abbiamo fatto.
PRESIDENTE. Quindi, chiunque potrebbe aver sottratto qualcosa.
Tra i materiali che lei ha visionato insieme al dottor Loche, individuandoli come più o meno importanti, ce n'è qualcuno che ricorda e che non ritrova in questi documenti?
ELENA LELLI. No. Io non ricordavo nemmeno che ci fossero quelli lì.
PRESIDENTE. Poiché non vi sono altre domande, ringraziamo la signora Lelli. È così concluso l'esame testimoniale in oggetto.
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