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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame testimoniale di Giorgio Cancelliere.
Innanzitutto, a lei va il nostro ringraziamento per l'opera svolta fino a questo momento a beneficio della Commissione; l'esigenza di ascoltarla come testimone ha determinato questa deliberazione, che non è stata facile per nessuno, ma comunque senza alcun pregiudizio ed alcuna prevenzione. Questo deve essere molto chiaro.
Lei è ascoltato oggi in qualità di testimone, secondo il deliberato istitutivo della Commissione, e quindi con le responsabilità per falsa o reticente testimonianza, che ricordo soltanto per dovere d'ufficio.
La prego di declinare le sue generalità.
GIORGIO CANCELLIERE. Mi chiamo Giorgio Cancelliere, sono nato a Milano il 7 febbraio 1952, sono residente a Milano, in via Lomazzo, n. 2.
PRESIDENTE. Che attività svolge?
GIORGIO CANCELLIERE. Sono geologo.
Mi è permesso di fare una premessa?
GIORGIO CANCELLIERE. Quando mi è stato chiesto di fare il consulente di questa Commissione...
PRESIDENTE. Mi scusi, questa è una cosa che eventualmente diciamo alla fine.
GIORGIO CANCELLIERE. Sono geologo libero professionista, insegno all'università Bicocca di Milano, ho un master in uso del territorio e risorse idriche in via di sviluppo ed insegno in altri master alla Sapienza, all'ISPI, a Bolzano ed a Venezia. Sono consulente del Ministero degli affari esteri per l'ambasciata italiana ad Asmara per i progetti idrici e sono assistente tecnico di un consorzio di ONG operante a Nairobi; io sono consulente tecnico dell'ufficio di Nairobi.
PRESIDENTE. Attualmente ha qualche collegamento operativo-professionale con Africa 70?
GIORGIO CANCELLIERE. Nel consorzio di ONG operante a Nairobi c'è anche Africa 70, in quanto quest'ultima opera ancora in Somalia.
PRESIDENTE. Negli anni che a noi interessano, in particolare 1993-1994, lei collaborava con Africa 70?
GIORGIO CANCELLIERE. Nel 1993-1994 collaboravo con Africa 70 su due progetti, uno in Niger, progetto finanziato dal Ministero degli affari esteri, un progetto affidato, ed uno in Somalia, un progetto di emergenza del Ministero degli affari esteri. Io facevo il geologo ed avevo una mia società.
PRESIDENTE. Quindi lavorava con Africa 70 come geologo in quel periodo?
GIORGIO CANCELLIERE. Sì, e coordinavo le attività.
PRESIDENTE. In quale località della Somalia operava con Africa 70?
GIORGIO CANCELLIERE. Il progetto di Africa 70 era basato a Bosaso. Nel 1992 il Ministero degli affari esteri chiese a sette ONG di ritornare in Somalia. Africa 70 era in Somalia dal 1979. Iniziammo quest'attività con una prima missione di identificazione nel maggio 1993.
PRESIDENTE. Era la prima volta che lei si recava in Somalia?
GIORGIO CANCELLIERE. Sono ventun anni che sono in Somalia; sono andato per la prima volta nel gennaio 1983.
PRESIDENTE. Quindi, la conosce molto bene.
PRESIDENTE. Qual era il suo rapporto nei confronti di Africa 70? Era un rappresentante legale della società, un amministratore, o soltanto un consulente?
GIORGIO CANCELLIERE. Africa 70 è una struttura di associazione molto semplice, perché è una piccola ONG. Il rappresentante legale è solamente il presidente, che firma le convenzioni con i ministeri e manda i rendiconti; in quel periodo io ero vicepresidente (si tratta di cariche onorarie, che non hanno alcun ruolo effettivo). Il presidente eleggeva tra i soci dei revisori dei conti ed un vicepresidente; io non potevo firmare atti legali.
PRESIDENTE. Chi ha firmato la convenzione con il Ministero degli affari esteri per la missione in Somalia degli anni 1993-1994? L'ha firmata lei?
GIORGIO CANCELLIERE. No. È questa che le sto mostrando, che lascerò agli atti della Commissione, ed è firmata dal presidente e dal ministro Melilli.
PRESIDENTE. Chi era il presidente? Fregonara?
GIORGIO CANCELLIERE. No, Donatella Vergari.
PRESIDENTE. Quali persone collaboravano nel progetto di Africa 70 in Migiurtinia nel periodo 1993-1994? Lei quando va via?
GIORGIO CANCELLIERE. Io ho finito la mia collaborazione alla chiusura del progetto a Bosaso, nel luglio 1994. Tra parentesi da quel periodo non ho più rapporti diretti con Africa 70, ho lavoro per altre organizzazioni e poi mi sono trasferito a Nairobi. In quel periodo lavorava Enrico Fregonara come capoprogetto, Valentino Casamenti, Florence Morin, Luigi Simeone, Alda Rossini, Colombaro, che era l'infermiera, e precedentemente c'era stato un passaggio di questo Mario Casadin o qualcosa del genere...non ricordo più.
PRESIDENTE. Lei abitava a Bosaso?
GIORGIO CANCELLIERE. No, io stavo a casa mia, a Milano. Sono andato a Bosaso quattro volte, nelle date che ho segnato qui.
PRESIDENTE. Quindi, quando noi prima abbiamo detto che lei era andato in Somalia per il progetto 1993-1994...
GIORGIO CANCELLIERE. No, in totale sarò stato 40-50 giorni, nei due anni.
GIORGIO CANCELLIERE. Sì, ci sono stato quattro volte.
GIORGIO CANCELLIERE. Sono stato dal 9 al 26 gennaio 1994 e dal 13 al 26 maggio, e basta.
PRESIDENTE. Da chi fu introdotto in Africa 70? Come c'è arrivato?
GIORGIO CANCELLIERE. Sono arrivato ad Africa 70 nel 1985, nel senso che lavoravo per le nazioni unite in Somalia dal 1983 ed ho conosciuto Africa 70, che aveva un progetto di una cava di gesso per autocostruzione di ospedali a Beletuen, un paesino al centro della Somalia, e mi chiesero di seguire questo progetto, cosa che ho fatto fino alla caduta di Siad Barre ed abbandonammo tutto.
PRESIDENTE. Ha conosciuto Yusuf, detto Beri-Beri?
GIORGIO CANCELLIERE. Sì. Ho conosciuto Yusuf Beri-Beri nel momento in cui è partito il progetto di Bosaso; si presentò come rappresentante dell'SSDF. Tra parentesi, se non ricordo male, non si presentò direttamente...
PRESIDENTE. Chi ve lo presentò?
GIORGIO CANCELLIERE. Il Ministero degli affari esteri.
PRESIDENTE. Che significa, il Ministero degli affari esteri? Tutto il palazzo?
GIORGIO CANCELLIERE. No. I nostri interlocutori erano principalmente i seguenti: quello politico era l'ufficio territoriale, ed era il ministro o il consigliere Milesi Ferretti. Poi all'ufficio tecnico era il dottor Miozzo, dell'emergenza; dal punto di vista legale-amministrativo, noi facevamo riferimento al vicedirettore generale della cooperazione, che in quel momento era il ministro Varvesi.
PRESIDENTE. Chi vi ha inviato Yusuf?
GIORGIO CANCELLIERE. Milesi Ferretti.
PRESIDENTE. Magnificò le sue doti professionali? Per quale ragione disse che occorreva collaborare con lui? Che cosa avrebbe dovuto fare in Africa 70?
GIORGIO CANCELLIERE. Il ministero aveva scelto le sette posizioni delle ONG: ad Africa 70, casualmente, perché non era mai stata a Bosaso, è stata assegnata questa città, e Yusuf, che era il rappresentante dell'SSDF in Italia per accompagnarci in questa avventura in Somalia.
PRESIDENTE. Che significa accompagnarvi? Che senso ha?
GIORGIO CANCELLIERE. Introdurci alle autorità locali.
PRESIDENTE. Sotto il profilo della tenuta di buoni contatti, della protezione? Come qualificherebbe questo accompagnamento per tenere rapporti con le autorità locali?
GIORGIO CANCELLIERE. La tenuta di buoni contatti è importantissimo; sapere chi incontrare era altrettanto importante, perché non era facile entrare in Somalia. Quando noi entrammo nel 1993 era appena finita la guerra a Bosaso tra integralisti e la gente del luogo; anzi, nel maggio 1993 sparavano ancora. Non era molto facile capire quali fossero le autorità dall'altra parte.
PRESIDENTE. In sostanza, lui costituiva una garanzia.
GIORGIO CANCELLIERE. Sì, costituiva una garanzia, e soprattutto rappresentava il generale Mohamed Abshir, che allora era il chairman del SSDF.
GIORGIO CANCELLIERE. Lui non aveva un salario. Non sono molto convinto che non avesse un contratto, perché viveva a casa di Africa 70, mangiava a casa di Africa 70, ma soprattutto prendeva i voli sotto il nome di Africa 70.
GIORGIO CANCELLIERE. Per prendere i voli all'interno della Somalia nel 1993 occorreva - noi organizzazioni non governative - essere registrati sotto le organizzazioni non governative; fornivamo una lista di nomi ad Unosom, ad UN e a Unicef, e solo queste persone potevano volare. Dubito che non avesse una forma di contratto o una lettera di agreement. Onestamente io non l'ho trovata. Non era pagato, ma era lì.
PRESIDENTE. La sua intermediazione rispetto all'utilizzo dei voli Unosom era determinante.
GIORGIO CANCELLIERE. Sì, non avrebbe potuto viaggiare su voli UN, se noi non davamo l'autorizzazione.
PRESIDENTE. Per esempio, potrebbe aver prenotato voli anche per Ilaria Alpi.
GIORGIO CANCELLIERE. No, non poteva prenotare voli.
PRESIDENTE. E che poteva fare? Poteva assicurare l'utilizzazione dei voli?
GIORGIO CANCELLIERE. Non poteva prenotare voli perché il sistema di prenotazione dei voli avviene sempre attraverso Gibuti e ci sono delle persone autorizzate a farlo. In questo caso e in quel periodo era Alda Rossini.
PRESIDENTE. E lui cosa poteva fare?
GIORGIO CANCELLIERE. Doveva chiedere il volo ad Alda Rossini, la quale lo autorizzava.
PRESIDENTE. Qual era il suo ruolo per avere questi voli per Africa 70?
GIORGIO CANCELLIERE. Lui poteva accedere ai voli personalmente, ma non poteva dare voli ad altri.
PRESIDENTE. Le risulta che Beri-Beri girasse armato?
GIORGIO CANCELLIERE. Non mi risulta, ma mi stupirei che non girasse armato.
PRESIDENTE. È islamica come risposta!
GIORGIO CANCELLIERE. Sì, è vero, è molto islamica, mi scusi.
PRESIDENTE. Anche perché lei mi ricorda Scialoja. Gli assomiglia un po'.
GIORGIO CANCELLIERE. Scialoja l'ambasciatore...
GIORGIO CANCELLIERE. Penso che prima del fatto del 29 dicembre 1993 non girasse armato, dopo sì.
PRESIDENTE. Perché, che succede il 29 dicembre 1993?
GIORGIO CANCELLIERE. Africa 70 riceve una lettera sulla pesca. Ricordo il fatto perché l'ultimo dell'anno Enrico Fregonara...
GIORGIO CANCELLIERE. No, a Milano.
PRESIDENTE. In questo periodo lei parlava con Yusuf per telefono?
GIORGIO CANCELLIERE. No, non avevo contatti con Yusuf. I miei contatti erano con Enrico Fregonara.
PRESIDENTE. Quindi, le notizie che lei ci sta dando sono tutte riportate da Fregonara.
GIORGIO CANCELLIERE. Sì. Mi spiegò la questione della lettera e del fatto che ci accusavano di appoggiare le navi da pesca italiane ed altre cose che ho riportato nella relazione. Ricordo che risposi che sarei andato giù ad aiutarli in questa situazione, poi la faccenda rientrò perché intervenne una lettera del generale Mohamed Abshir che risolveva il problema delle navi da pesca. Andai sul posto il 9 gennaio. Il problema della pesca finì più o meno in quel momento; ovviamente, nel frattempo avevamo ricevuto una lettera da Mohamed Abshir che diceva che esisteva un accordo di pesca tra l'SSDF e la Federpesca; una lettera da Yusuf, che dimostrava che lui era un artefice di questo agreement esistente tra la Federpesca e l'SSDF.
PRESIDENTE. Quindi, lui ne era un artefice.
GIORGIO CANCELLIERE. Sì, lo dice nella sua lettera, che ho allegato alla mia relazione.
PRESIDENTE. Come spiegò questa situazione, questo momento abbastanza cruento e drammatico per Africa 70, che poi dovette evacuare? Tutto sommato, si trattava di persona che era scesa a Bosaso per garantire i rapporti con le autorità locali, perché apparteneva a questo movimento - definiamolo così - parapolitico o politico, non so come qualificarlo; apparteneva a questo movimento, ripeto, con il quale, attraverso il quale o comunque in relazione al quale egli poi garantiva ad Africa 70 questa serenità e tranquillità. Proprio quel movimento di cui lui era parte integrante - addirittura credo che fosse un esponente di primo piano - era il movimento dal quale proveniva l'attacco nei confronti di Africa 70.
GIORGIO CANCELLIERE. Dire che l'SSDF sia un movimento unitario e comune è una cosa grossa, nel senso che nel suo interno ci saranno stati almeno duecento movimenti. Quando sono arrivato ho avuto principalmente contatti con le comunità; ho visto dalle carte di Africa 70 che il 13 noi abbiamo avuto l'incontro con gli elder, una quarantina di personaggi anziani che rappresentano la comunità. Non ho avuto contatti con Yusuf, quando sono arrivato, ma non li ho voluti in
quanto volevo sapere dagli elder cosa era successo. Dopo averlo saputo parlai con Yusuf, il quale mi spiegò che si trattava di una lotta all'interno dell'SSDF. Mi sono fatto quest'idea, e ve l'ho anche riportata: la lotta era di royalty di pesca sulle navi italiane della Federpesca, di cui io non avevo mai sentito parlare, royalty che andavano a finire nelle casse di Mohamed Abshir, quindi del leader dell'SSDF, e non venivano distribuite in questa micro-leadership che invece si era formata a Bosaso, capeggiata dal colonnello Ysmail.
PRESIDENTE. E lui che ruolo mostrava di poter giocare?
GIORGIO CANCELLIERE. Lui tentava di giocare un ruolo di paciere tra la leadership e questi signori, cosa che non è riuscito assolutamente a fare; ci ha messo in difficoltà e gli abbiamo anche chiesto di allontanarsi dal compound dove viveva. Sparì agli inizi di febbraio.
PRESIDENTE. In che senso sparì?
GIORGIO CANCELLIERE. Nel senso che se ne andò via da Bosaso.
PRESIDENTE. Si tolse di torno per evitare di essere egli stesso fonte di attriti?
GIORGIO CANCELLIERE. Io gli ho chiesto di togliersi di torno per non essere fonte di attrito per i miei, perché a quel punto la decisione era quella di evacuare. Tra parentesi, l'evacuazione era ufficiale, in quanto era stata comunicata anche al ministero. Per me restare in un posto così difficile e pericoloso, rischiando la vita, non aveva alcun senso e quindi abbiamo proceduto all'evacuazione, il 26 febbraio.
PRESIDENTE. Per quanto ne sa, quali erano i rapporti tra questo fronte ed Africa 70? Erano buoni o cattivi? Esistevano, oppure si trattava di situazioni assolutamente indifferenti una dall'altra? Quanto al fatto che Yusuf vivesse dentro al compound di Africa 70, come in certe istituzioni della bassa Italia, dove ci sono i cosiddetti guardiani?
GIORGIO CANCELLIERE. Garanti, magari. I rapporti con l'SSDF veramente sono sempre stati canalizzati attraverso Yusuf; noi abbiamo avuto pochissimi rapporti sia con il generale Mohamed Abshir, che scriveva queste lettere, sia soprattutto con il colonnello Abdullah Yusuf, che poi ha preso il potere nell'SSDF.
PRESIDENTE. Con personalità locali?
GIORGIO CANCELLIERE. I rapporti con le personalità locali erano soprattutto con Ismail e a livello della comunità degli elder, fra cui c'era anche il famoso sultano.
PRESIDENTE. Ho capito. E i rapporti con queste autorità locali o nazionali avvenivano sempre attraverso Yusuf?
GIORGIO CANCELLIERE. No, i rapporti con le comunità locali avvenivano direttamente; era solamente con l'SSDF che noi transitavamo attraverso Yusuf. Onestamente posso ammettere che le comunità locali non riconoscevano alcuna autorità a Yusuf.
PRESIDENTE. Prima dell'intimidazione subita da Africa 70, che lei ha giustamente collocato nel dicembre 1993, a Bosaso c'erano problemi di sicurezza? In caso di risposta affermativa, come venivano fronteggiati? Era previsto l'uso delle scorte? Era un optional o una cosa essenziale? Qual era la situazione della sicurezza prima del dicembre 1993, sempre che sia in grado di dirlo?
GIORGIO CANCELLIERE. Sono in grado di dirlo: la sicurezza era difficilissima,
nel senso che noi giravamo soltanto con scorte armate, anche per uscire in città.
PRESIDENTE. Ma uscendo senza scorta si rischiava l'aggressione, o si trattava di un problema economico, nel senso che occorreva pagare le scorte e quindi, se non venivano pagate, l'aggressione avveniva per questo?
GIORGIO CANCELLIERE. Diciamo che forse questo è diventato di moda dopo; nel 1993, quando siamo arrivati, le scorte servivano veramente per evitare possibili rapimenti.
PRESIDENTE. Dove si prendevano? A Bosaso?
GIORGIO CANCELLIERE. No, ce le dava...
GIORGIO CANCELLIERE. L'affittuario. Mamma mia...
PRESIDENTE. Perché dice «mamma mia»?
GIORGIO CANCELLIERE. Il sultano aveva le milizie, come le definiva lui. Io non le ho mai...
GIORGIO CANCELLIERE. No, neanche conosciute. Le scorte le dava il dottor Kamal, che era l'affittuario della casa.
PRESIDENTE. L'aeroporto chi lo controllava?
GIORGIO CANCELLIERE. L'aeroporto lo controllava l'SSDF; costava venti dollari entrare e venti dollari uscire, e quelle erano entrate dell'SSDF.
PRESIDENTE. Ma che significa che lo controllava l'SSDF?
GIORGIO CANCELLIERE. Quando si entrava ci si registrava...
PRESIDENTE. ...significa sultano di Bosaso?
GIORGIO CANCELLIERE. No, assolutamente. Quando si entrava all'aeroporto di Bosaso venivano registrati i nomi.
PRESIDENTE. Quindi la milizia non c'entrava con il controllo dell'aeroporto.
GIORGIO CANCELLIERE. È sempre stato dell'SSDF.
PRESIDENTE. Lei ha ricordo di un invio di alimenti per nave da parte del CEFA?
PRESIDENTE. Ci può dire che cosa accadde?
GIORGIO CANCELLIERE. Sì. All'inizio di novembre 1993 il CEFA ci informò dell'arrivo di questa nave. Noi tentammo di fermare l'arrivo di questa nave, perché la situazione non permetteva un'operazione senza rischiare problemi di sicurezza. La nave era già in mare; arrivò all'inizio di dicembre e creò una grandissima confusione, nel senso che impiegammo due giorni solamente per scaricare la roba e circa quindici per distribuirla, perché purtroppo le navi di aiuti alimentari non sempre sono utili, soprattutto se vengono abbandonate e i viveri non vengono distribuiti. Ad un certo punto noi abbiamo dato queste scorte alle cosiddette autorità.
PRESIDENTE. Da chi foste costretti a consegnare le scorte? Dal sultano?
GIORGIO CANCELLIERE. No, noi scaricammo e pagammo lo scarico; tra parentesi non era una cosa prevista per Africa 70 e neanche per il CEFA, perché erano insieme.
PRESIDENTE. Sì, ma la pretesa da chi fu avanzata?
GIORGIO CANCELLIERE. Di darle?
GIORGIO CANCELLIERE. Da Ismail.
PRESIDENTE. Da chi foste costretti?
GIORGIO CANCELLIERE. Da chi comandava in quel momento a Bosaso, e quindi dal colonnello Ismail.
PRESIDENTE. E questo è avvenuto prima o dopo l'ultimatum?
GIORGIO CANCELLIERE. Prima, tra il 9 e il 12 dicembre 1993.
PRESIDENTE. Tornando un attimo all'ultimatum, ricorda se l'intimidazione fu preceduta a suo tempo da un avviso via radio da parte di Unosom?
GIORGIO CANCELLIERE. Stiamo parlando della lettera del 29 dicembre o di quella del 19 gennaio?
PRESIDENTE. Di quella del 29 dicembre.
GIORGIO CANCELLIERE. Non lo so.
PRESIDENTE. Fino all'arrivo della lettera dell'SSDF la situazione era sostanzialmente tranquilla, a parte le cautele di cui abbiamo parlato?
GIORGIO CANCELLIERE. Sì, tranquilla. Diciamo che durante la mia presenza e l'incontro grandissimo con gli elder non era tranquilla per niente; noi eravamo praticamente dentro la casa della municipalità, attorniata da una manifestazione di gente.
PRESIDENTE. E di che cosa era accusata Africa 70?
GIORGIO CANCELLIERE. Non più della pesca, sicuramente ma di non aver fatto alcune cose nei progetti, l'ospedale, l'acqua; era accusata di non aver adempiuto...
PRESIDENTE. Di favoreggiamento della pesca di frodo si parlò?
GIORGIO CANCELLIERE. No, non più. Quando sono arrivato io, di questo argomento non parlò nessuno degli elder.
PRESIDENTE. Di spionaggio se ne parlò?
GIORGIO CANCELLIERE. Nella prima lettera, sì, di spionaggio per i pescherecci.
PRESIDENTE. In che senso, spionaggio per i pescherecci?
GIORGIO CANCELLIERE. Appoggio ai pescherecci.
PRESIDENTE. E di alcuni dirottamenti che riguardarono aerei privati di collegamento con Gibuti si parlò in prossimità dell'ultimatum del 29 dicembre o no?
PRESIDENTE. Qualcuno cercò di operare una mediazione per tentare di comporre questo dissidio, al fine di evitare che l'ultimatum portasse alle conseguenze che poi ha avuto, vale a dire all'evacuazione?
GIORGIO CANCELLIERE. Sì. Prima di tutto venne la missione dell'ambasciatore.
PRESIDENTE. Chi era l'ambasciatore?
GIORGIO CANCELLIERE. Scialoja. Venne, se non erro, alla fine di gennaio, e questa fu la prima mediazione. La seconda mediazione fu fatta direttamente da Fregonara, ma a quel punto lì...
PRESIDENTE. E Scialoja intervenne personalmente?
GIORGIO CANCELLIERE. Incontrò le autorità, credo Ismail. All'incontro con le autorità, da quanto riportano i documenti di Africa 70, perché io all'epoca non c'ero, sembra che non fosse presente nessuno di Africa 70.
PRESIDENTE. La popolazione, in questo frangente, fu solidale nei confronti di Africa 70? Le fu vicina oppure no?
GIORGIO CANCELLIERE. La popolazione locale fu solidale con Africa 70 sicuramente laddove Africa 70 interveniva. Dopodiché, le ripeto, c'è stata questa manifestazione contro Africa 70, nel momento in cui ci accusavano di tutte queste cose e ci chiedevano di andare via.
PRESIDENTE. Per quello che le è stato riferito o che ha potuto apprendere personalmente, qualcuno richiese che Yusuf fosse allontanato da Africa 70?
PRESIDENTE. Yusuf parte con Africa 70 alla volta di Gibuti. È esatto?
GIORGIO CANCELLIERE. Non lo so. Secondo me Yusuf è andato via prima, però non ne sono sicuro.
PRESIDENTE. Prima di andare a Gibuti?
GIORGIO CANCELLIERE. No, prima di quelli di Africa 70. Ma onestamente non lo so.
PRESIDENTE. Quindi, non sa quando fu allontanato, se prima di andare a Gibuti o dopo.
GIORGIO CANCELLIERE. No. Noi chiedemmo a Yusuf di allontanarsi dalla casa di Africa 70, e lui lo fece all'inizio di febbraio. Non so dirle in che giorno. Andò a vivere da un'altra parte. Yusuf era somalo e poteva...
PRESIDENTE. Non sa dove andò a vivere?
GIORGIO CANCELLIERE. Assolutamente no. I rapporti si interruppero.
PRESIDENTE. Voi l'avete rivisto, o comunque è stato rivisto da Africa 70, soltanto al rientro da Gibuti?
GIORGIO CANCELLIERE. Non ho alcuna segnalazione che quelli di Africa 70 abbiano visto Yusuf dopo.
PRESIDENTE. Quindi, va via a febbraio, non sapete, o quantomeno lei non sa, dove sia andato, se sia rimasto a Bosaso o sia andato a Gibuti o se sia rientrato in Italia.
GIORGIO CANCELLIERE. Non lo so.
PRESIDENTE. Lei si recò a Gibuti in quel periodo?
GIORGIO CANCELLIERE. Non tornai a Gibuti... Purtroppo non ero neanche in Italia, ero in Niger, e tutta questa storia purtroppo l'ho vissuta con venti giorni di ritardo.
PRESIDENTE. Tenuto conto che a febbraio Yusuf va via e lei non sa dove sia andato, quando lo ha rivisto successivamente?
GIORGIO CANCELLIERE. Ci sto pensando.
PRESIDENTE. Prima o dopo l'uccisione di Ilaria Alpi?
GIORGIO CANCELLIERE. Mi pare di aver rivisto Yusuf solamente cinque settimane fa a Nairobi. Dopo il mese di luglio non ho avuto più contatti con Yusuf.
PRESIDENTE. Che cosa sa dei rapporti attuali di Yusuf con Africa 70 o comunque dei rapporti tra Yusuf ed Africa 70 dopo la vicenda somala, cioè dopo che a giugno o a luglio 1994 lasciarono la Somalia e più esattamente Bosaso? Lei sa se i rapporti siano continuati, se siano tuttora esistenti?
GIORGIO CANCELLIERE. Prima di tutto, Africa 70 non lasciò mai Bosaso; l'ha lasciata nel gennaio di quest'anno.
PRESIDENTE. Però a luglio questo progetto si concluse.
GIORGIO CANCELLIERE. Sì, ma ne cominciò un altro con la Comunità europea; prese avvio un ciclo di progetti ed attualmente Africa 70 lavora in un'altra città della Somalia, e quindi ha lasciato Bosaso. Dei rapporti tra Africa 70 e Yusuf non so niente, ma potrei dire che non ci sono stati più, in quanto il rapporto finale non è stato molto soddisfacente.
PRESIDENTE. Lei è in grado di dire qualcosa sui rapporti di Yusuf con Africa 70, quando egli abitava nel compound di tale organizzazione? Sa se fossero tesi o sereni, se avessero dato luogo a qualche complicazione?
GIORGIO CANCELLIERE. No, solitamente erano assolutamente sereni.
PRESIDENTE. Lei ha mai conosciuto Ilaria Alpi?
PRESIDENTE. Fu messo al corrente della presenza a Bosaso di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin nel compound di Bosaso nei giorni precedenti il 20 marzo, giorno in cui furono uccisi?
GIORGIO CANCELLIERE. No, non potevo, perché non ricevevo notizie; ero in Niger.
PRESIDENTE. Lei, se non vado errato, non è stato mai sentito da alcuna autorità su questi fatti.
PRESIDENTE. Gli ospiti che si trovavano presso Africa 70 a Bosaso erano registrati? C'era qualche documentazione dalla quale risultava la presenza di persone diverse dallo staff, per così dire, nel compound di Bosaso, che lei sappia?
GIORGIO CANCELLIERE. L'unico meccanismo... Non erano sicuramente annotati gli ospiti.
PRESIDENTE. Che cosa era annotato?
GIORGIO CANCELLIERE. Venivano annotati soltanto coloro che mangiavano; infatti, si doveva pagare per mangiare e si segnava su un pezzo di carta chi era stato lì. L'organizzazione non pagava i pasti.
PRESIDENTE. E quindi da lì risultava nome e cognome.
GIORGIO CANCELLIERE. Poteva risultare. Però dubito molto, in quel periodo...
PRESIDENTE. Ma era fatto abitualmente?
GIORGIO CANCELLIERE. Abbastanza abitualmente.
PRESIDENTE. E laddove in qualche caso non fosse stato fatto, quale poteva essere la ragione? Dimenticanza, noncuranza?
GIORGIO CANCELLIERE. Noncuranza.
PRESIDENTE. Quando e come ha saputo dell'omicidio di Ilaria Alpi?
GIORGIO CANCELLIERE. Quando sono tornato dal Niger. Non so inquadrare esattamente il tempo, ma credo una ventina di giorni dopo.
PRESIDENTE. Ha saputo nulla su questo agguato?
PRESIDENTE. Ha fatto mai indagini, accertamenti, ricerche? Ha raccolto notizie, anche occasionalmente, sulle ragioni di questo omicidio e sulle modalità che lo hanno accompagnato? Ha saputo mai nulla?
GIORGIO CANCELLIERE. Non ho mai svolto indagini.
PRESIDENTE. Nessuno le ha svolte le indagini!
GIORGIO CANCELLIERE. Non so nulla di reale. Che io non abbia parlato non è possibile; dal 1997 al 2000 sono stato il presidente delle NGO di tutta la Somalia e avevo un ruolo di coordinamento totale. Mi dicevano tutto quello che succedeva e quindi possono avermi parlato anche di Ilaria Alpi, ma non con indizi molto...
PRESIDENTE. Con chi ha parlato della vicenda di Ilaria Alpi? Con autorità locali, con organi di polizia locale?
GIORGIO CANCELLIERE. No, organi di polizia locale lo escludo, in quanto fino al 1998 non c'erano.
PRESIDENTE. Con qualche capoclan?
GIORGIO CANCELLIERE. Ricordo colloqui che avrei potuto fare a Merca con Sterling Arusha su questo argomento; avevo un rapporto molto stretto con questa persona, in quanto ci rappresentava nel sud della Somalia. Diciamo che si trattava della posizione geografica più vicina possibile a Mogadiscio. Durante il mio mandato di presidente sono andato due volte a Mogadiscio, e onestamente era molto difficile fare qualunque tipo di domanda.
PRESIDENTE. Quindi, non ha saputo nulla.
PRESIDENTE. Ha saputo dove si è recata Ilaria Alpi nella settimana che si concluse con il giorno della sua morte? Sa che località ha visitato, sola o in compagnia di qualcuno di Africa 70?
GIORGIO CANCELLIERE. Sono condizionato dalle deposizioni, assolutamente, quindi ho rimesso in piedi le deposizioni di Fregonara, Casamenti, Florence, e ho fatto delle supposizioni di quello che poteva essere successo.
PRESIDENTE. Non ha conoscenze personali?
GIORGIO CANCELLIERE. Assolutamente no.
PRESIDENTE. Perché in quel periodo non c'era.
GIORGIO CANCELLIERE. Perché non c'ero.
PRESIDENTE. Ma da parte di terze persone, tra le quali anche quelle che noi abbiamo sentito, ci può essere stata qualche notizia che lei ha comunque appreso di qualche località particolare.
GIORGIO CANCELLIERE. Notizie dirette, no. Secondo me, ci potrebbe essere un'altra persona che sa, e io ve l'ho segnalata.
GIORGIO CANCELLIERE. Alexander von Broumueller, che in quel momento credo fosse il rappresentante del GTZ a Gardo; ma onestamente non ho sicurezze, perché è un ricordo che è solo mio personale, perché la domanda è stata posta anche a Florence.
PRESIDENTE. Sa che cos'è la Shifco?
GIORGIO CANCELLIERE. Sì, ho letto molto su questo argomento, deve ammettere.
PRESIDENTE. Sì, ma a noi interessa quello che lei sa personalmente, perché anche noi abbiamo letto di tutto e di più.
GIORGIO CANCELLIERE. Per quanto riguarda la Shifco, sono stato coinvolto solamente come presidente della NGO Consorzio alla fine degli anni novanta sul controllo che la Comunità europea effettuò sulle navi nello Yemen. Me ne parlarono perché, come presidente, dovevo essere informato di tutto.
PRESIDENTE. Ha mai sentito parlare di collegamenti della Shifco con traffici illeciti di armi o di rifiuti tossici?
GIORGIO CANCELLIERE. Solo quello che avevo letto.
PRESIDENTE. Ha mai incontrato il king?
PRESIDENTE. Dove, quando e perché?
GIORGIO CANCELLIERE. Sicuramente nel maggio 1993, per presentare la missione di Africa 70 e sicuramente il 13 gennaio 1994, quando c'erano tutti gli elder, perché lui in un certo modo li rappresentava.
PRESIDENTE. Quindi, queste sono le ragioni per le quali lo ha incontrato.
PRESIDENTE. Ha incontrato qualche leader del Fronte?
GIORGIO CANCELLIERE. Più o meno, quelli che cito, tutti: Mohamed Abshir, Abdullah Yusuf e Ismail.
PRESIDENTE. Qual era la ragione di questi incontri?
GIORGIO CANCELLIERE. Sempre di introduzione e di buon vicinato, anche perché il fronte, in qualche modo, strano (onestamente non capisco perché), era più o meno riconosciuto, visto che c'era un rappresentante in Italia.
PRESIDENTE. Il fronte aveva una componente integralista?
PRESIDENTE. Ma come si configurava?
GIORGIO CANCELLIERE. L'SSDF ha sicuramente una componente islamica, sicuramente forte, ma non integralista, perché l'SSDF è quella forza che ha fatto la guerra agli integralisti di Lascorè. Gli integralisti, attraverso lo Yemen, entrarono in Lascorè nel 1991 e nel 1992.
PRESIDENTE. Dove si trova Lascorè rispetto a Bosaso?
GIORGIO CANCELLIERE. Lascorè è tra Bosaso e Gibuti. Si trova a 150 chilometri circa verso Gibuti. L'SSDF è anti integralista. In più l'SSDF è appoggiato, si può dire, dagli etiopi, che non sono integralisti.
PRESIDENTE. Lo so, anche se oggi si ricomincia a discutere sotto questo profilo.
Lei ha mai sentito nominare Giancarlo Marocchino?
PRESIDENTE. Chi è Giancarlo Marocchino? Lo ha conosciuto? Ha parlato con lui?
GIORGIO CANCELLIERE. Sì, l'ho visto nel 1993. Nel maggio 1993, quando andai in Somalia, andai a Mogadiscio per presentarmi all'ambasciatore Augelli, e mi ricordo che andai a vedere il deposito di Giancarlo Marocchino, perché eravamo incuriositi dalla strumentazione per gli ospedali. Me lo ricordo bene per un fatto, perché trovai una sonda dell'Aquater. Noi facevamo ricerche d'acqua e lì c'era una bellissima sonda, nuova, dell'Aquater. La cosa mi incuriosì.
PRESIDENTE. Da dove proveniva questa sonda?
GIORGIO CANCELLIERE. Lo chiesi a Marocchino e mi disse che l'Aquater, del gruppo AGIP, l'aveva lasciata in concessione a lui.
PRESIDENTE. Ho capito. Quali sono le notizie che lei ha raccolto attraverso altre persone, o personalmente, intorno alle attività di Marocchino? Se ne è mai parlato con riferimento a traffici illeciti, ad esempio, per quello che lei ha potuto sapere, o accertare?
GIORGIO CANCELLIERE. Sono sempre condizionato da quello che ho letto. Quindi, non ho sentito direttamente niente sui traffici illeciti. Comunque, Marocchino, negli anni in cui sono stato giù, nel 1997 e nel 1998, per noi era importante perché deteneva il porto di Mogadiscio, che era molto importante a sua volta.
PRESIDENTE. Che rapporti aveva con le autorità italiane, militari in particolare, oppure con qualche servizio italiano, ad esempio il SISMI? Non sa nulla?
PRESIDENTE. Non sa nulla.
Ha mai conosciuto un certo avvocato a Bosaso? O, meglio, una persona che veniva denominata l'avvocato?
GIORGIO CANCELLIERE. Avvocato? No.
PRESIDENTE. Ha mai incontrato uomini dei servizi in Somalia?
PRESIDENTE. Ha mai saputo di traffici di armi, di rifiuti tossici, in Somalia?
GIORGIO CANCELLIERE. Non ho mai saputo di traffici di armi in Somalia. Della presenza di armi ne sono cosciente, perché c'era una quantità di armi incredibile. Sui rifiuti, al di là di quello che ho letto, mi sono interessato di due casi. Il primo caso fu un'indagine di UNEP (è un'agenzia delle Nazioni unite), che compì un'indagine lungo la costa, nella zona della barriera corallina. Fu un'indagine di spettrografia per determinare la presenza di rifiuti tossici. Il secondo caso, che però non riesco ad inquadrare nel tempo, credo del 1996 o del 1997, riguardò un'esplosione in un'area del nord est della Somalia, a 250 chilometri a nord di Irigabo. Questa esplosione fu segnalata da contadini che videro una grande fascia azzurra, udirono una grande esplosione dopo la quale ci fu una moria di animali. Le Nazioni Unite inviarono delle missioni per questo motivo, e ci sono moltissime documentazioni.
PRESIDENTE. Lei non ha altre notizie, o comunque notizie che possano interessare ai fini dell'individuazione delle cause che possono aver portato all'uccisione di Ilaria Alpi, sulla base della sua esperienza, della sua conoscenza della Somalia?
GIORGIO CANCELLIERE. No, notizie dirette, no.
PRESIDENTE. Ci sono colleghi che desiderano intervenire. Prego, onorevole Fragalà.
VINCENZO FRAGALÀ. Desidero avere un chiarimento su alcune risposte che ha già dato al presidente. Quando lei, dopo i
fatti e dopo l'omicidio di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin si è trovato a Mogadiscio e ha parlato degli avvenimenti con varie persone, qual era l'ipotesi che si faceva sul movente o sulle responsabilità dell'omicidio (senza indizi e senza prove, ma come ipotesi)? Quale ipotesi circolava nell'ambiente somalo che lei ha interpellato?
GIORGIO CANCELLIERE. Tento di rispondere senza farmi condizionare da tutto quello che ho letto o che ho visto nei film e così via, perché è molto difficile selezionarlo. Credo che le ipotesi che circolavano nell'ambiente somalo non italiano fossero due. In un ambiente si definiva l'omicidio come un atto di banditismo, oppure come un tentativo di rapimento. In un altro ambiente si diceva che probabilmente aveva visto troppo. Queste erano le due tendenze. Tutto questo non dice niente, come non dicono niente i somali su questa vicenda.
PRESIDENTE. Poi, quelle due cose potrebbero anche stare insieme.
GIORGIO CANCELLIERE. Sì, potrebbero stare tranquillamente insieme. Il problema è che non ho mai avuto notizia di cose dirette che fossero delle indicazioni ben precise. Diciamo che la maggioranza dei somali propende per questo fatto della non casualità di un tentativo di banditismo o di rapimento.
VINCENZO FRAGALÀ. Lei ha avuto occasione di interrogare questi ambienti somali sulla responsabilità che è stata attribuita dall'autorità giudiziaria italiana al testimone somalo che poi è diventato imputato, e che poi è stato condannato (prima assolto e poi condannato) ad una lunga pena detentiva?
GIORGIO CANCELLIERE. No, mai, assolutamente mai.
VINCENZO FRAGALÀ. Un'ultima cosa. Lei ha avuto occasione di parlare con questi ambienti somali della circostanza singolare che i due giornalisti si erano allontanati dall'albergo in un momento in cui il contingente italiano si era già ritirato al porto, praticamente aveva lasciato la città, e la città, quindi, mancava di qualunque presidio e di qualunque tipo di sicurezza?
GIORGIO CANCELLIERE. No, assolutamente.
PRESIDENTE. Prego, onorevole Deiana.
ELETTRA DEIANA. In occasione della testimonianza della dottoressa Morin, lei mi aveva segnalato il nome di questo tedesco, Alexander non Braumueller, e aveva anche segnalato la possibilità, anzi il dato obiettivo che questo personaggio operasse a Gardo. Volevo chiederle le ragioni per cui lei ha suggerito questo nome, cioè che cosa pensava che la dottoressa Morin mi potesse dire (perché ricordo bene che era la dottoressa Morin) in relazione a questo personaggio e in relazione all'attività di questo personaggio, che mi pare fosse legato ad una organizzazione non governativa tedesca.
GIORGIO CANCELLIERE. Questo è il problema. L'organizzazione non governativa tedesca era l'ABS. Lo sappiamo dai dati raccolti ad Africa 70. La GTZ non è un'organizzazione non governativa, ma è la cooperazione tedesca. Questa lavorava a Gardo, e la sua attività riguardava il bestiame e i pozzi. Secondo me Florence, che lavorava nel livestock a Bosaso, doveva conoscere quelli che lavoravano nel livestock a Gardo. Ho fatto questa domanda per verificare se si ricordavano della presenza di Alexander. Onestamente, sono quasi sicuro che Alexander lavorasse in quel momento in quella zona lì, quindi potrebbe essere utile per ricostruire questo famoso viaggio di Gardo di cui non abbiamo ancora chiara la collocazione temporale. Quindi, magari era utile sentirlo. Questo è il mio suggerimento.
ELETTRA DEIANA. Lei suppone che l'attività di questa cooperazione tedesca
potesse avere offerto spunti interessanti per le inchieste giornalistiche di Ilaria Alpi sulla mala cooperazione e sul malaffare.
GIORGIO CANCELLIERE. Non so cosa cercasse e in che cosa potesse essere utile la cooperazione tedesca, anche perché questo Alexander non era fisso a Gardo, ma viaggiava tra Gibuti, Nairobi e Gardo.
Io stavo tentando solamente di esplorare la possibilità che Ilaria e Miran fossero andati a Gardo perché, se uno andava a Gardo, e dormiva lì, c'era una sola possibilità: presso il compound della cooperazione tedesca. A Gardo, nel 1993, non c'era assolutamente nient'altro. Dunque, se loro hanno dormito a Gardo, hanno dormito in questo compound. E se hanno dormito in questo compound, qualcuno del GTZ potrebbe saperlo.
ELETTRA DEIANA. Lei ci ha detto prima che era tornato dalla Nigeria una ventina di giorni dopo l'omicidio di Ilaria Alpi. Essendo tornato dopo un lasso di tempo abbastanza breve, in un momento in cui c'era ancora una grandissima tensione - suppongo - sull'omicidio, lei non ha sentito l'esigenza di raccogliere informazioni sugli ultimi giorni di questi due giornalisti, su quello che avevano fatto, sia a Bosaso sia a Gardo? Infatti, da quello che abbiamo potuto vedere attraverso il materiale visivo, Gardo dista alcune decine di chilometri da Bosaso.
GIORGIO CANCELLIERE. No, Gardo dista 200 chilometri da Bosaso, esattamente.
ELETTRA DEIANA. Sì, ma non è una distanza megagalattica.
Inoltre, lei mi sembra una persona con una grande memoria, con una grande capacità di archiviazione.
GIORGIO CANCELLIERE. Gli archivi sono scritti.
ELETTRA DEIANA. Ma non si ricorda nulla delle domande che lei avrebbe posto o di informazioni che lei ha avuto?
GIORGIO CANCELLIERE. No, mi ricordo che l'atteggiamento era come quello dei testi, ora. Cioè, non si sapeva esattamente che cosa stessero facendo Ilaria e Miran in quelle zone. Ne parlai sicuramente perché era una cosa che ci aveva colpito. Però onestamente devo ammettere che, rivedendo tutte le carte di Africa 70 in quel periodo, almeno fino a giugno 1994, non vi è alcuna annotazione sulla visita di Ilaria e di Miran.
ELETTRA DEIANA. Cioè le carte che cosa dicono?
GIORGIO CANCELLIERE. Solitamente, quando qualcuno ci viene a trovare, viene spontaneo annotare qualcosa se viene recepito qualcosa di interessante, ma in quel caso non c'è veramente nulla.
PRESIDENTE. Come se fosse stato tolto di mezzo tutto?
GIORGIO CANCELLIERE. Spero di no.
GIORGIO CANCELLIERE. Non credo.
ELETTRA DEIANA. Ascoltando Casamenti, Morin e Fregonara, cioè gli esponenti di Africa 70, abbiamo avuto da loro una ricostruzione dei tempi e dei fatti relativi alla permanenza dei due giornalisti a Bosaso diversa da quella che avevamo prima, nel senso che i giorni sono sfalsati, il lasso di tempo è molto allungato rispetto a quello che sappiamo e che sapevamo prima; addirittura, da qualcuno (adesso non ricordo chi perché dovrei rivedere le testimonianze) è stata negata la permanenza a Bosaso, preliminare al viaggio a Gardo, e l'intervista al sultano è stata presentata come una pura casualità. Allora, rispetto a tutto questo, che notizie ha avuto? E se le ha avute, quando ha potuto scambiare delle idee su questo fatto?
GIORGIO CANCELLIERE. Onestamente, devo riconoscere che non mi ricordo di notizie dirette. Sicuramente, non
me ne sono entrate in testa. Quello che ricostruisco qui è frutto delle testimonianze. Sto cercando di mettere insieme le testimonianze. Onestamente, da quando sono tornato dal Niger, non ho notizie dirette. Ho compiuto una missione, dopo. Dunque, non mi ricordo di avere notizie diverse da queste.
PRESIDENTE. Prego, onorevole Motta.
CARMEN MOTTA. Ho ascoltato la dottoressa Morin, ma non ho potuto ascoltare direttamente il dottor Casamenti, però ho letto le sue dichiarazioni. L'impressione che ho ricavato è che vi erano pochi operatori di Africa 70 in quel periodo in una situazione in cui - loro dichiarano - durante il giorno si faceva il proprio lavoro e poi ci si ritrovava a cena e si parlava, e nella quale, però, i motivi di sicurezza non li facevano andare in giro. Insomma, si trattava di una comunità ristretta che si ritrovava alla fine del proprio lavoro. Ovviamente, immagino che si scambiassero anche impressioni e valutazioni sulla situazione che li circondava e sui rapporti che potevano aver intrattenuto o intrattenevano.
Mi ha colpito una cosa. Ho riletto le dichiarazioni di Casamenti e poi ho ascoltato direttamente la dottoressa Morin. L'impressione che ho ricavato è quella di una sorta di mondo separato, quasi, quando anche la dottoressa Morin ha riferito del fatto che si usciva, si faceva il lavoro, si rientrava, ci si ritrovava a cena, si scambiavano delle impressioni, e si ragionava. Il dottor Casamenti dice addirittura: certe cose le sapeva solo il capo missione, e i capi missione se le tenevano tra di loro, io invece svolgevo il mio pezzettino di lavoro...
Le chiedo questo perché mi ha stupito e mi stupisce un po' che arrivando Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, pur nella riservatezza, ovviamente, che la stessa Ilaria Alpi e lo stesso Miran Hrovatin potevano avere sul fatto che riguardava la loro permanenza lì, e su che cosa stessero facendo... immagino che ci sia stato qualche scambio.
Invece, c'è stato un parlare minuto minuto, molto ristretto, senza uno scambio che a me parrebbe normale. Capisco la riservatezza di chi è andato lì come giornalista e voleva appurare certe cose (certamente non si metteva a spiegarle al mondo intero), ma l'impressione è che ognuno si faceva un po' i fatti propri. Allora, mi chiedo e le chiedo: è possibile che in un ambiente così ristretto, di poche persone, che condividono anche la difficoltà del luogo, l'esasperazione di certi rapporti, la difficoltà addirittura anche delle relazioni con la popolazione locale, non ci sia stato modo di scambiare anche alcune valutazioni di carattere un po' più generale? Soprattutto, per la conoscenza che lei aveva di queste persone, può davvero essere possibile che Casamenti e la dottoressa Morin non avessero in alcun modo una conoscenza un po' più allargata del contesto in cui la stessa Ilaria Alpi si era venuta a trovare per fare delle interviste e delle indagini, cioè che non si muovessero in uno spettro un pochino più ampio, che non fosse quello di una giornalista che arriva? Va bene che Ilaria si era trovata lì non dico per caso, ma per vari accadimenti che l'avevano portata lì, e intanto che era lì faceva qualcos'altro, però, insomma, sembra manchi quasi un apparente filo conduttore di questo lavoro, senza la possibilità di interlocuzione con le persone.
Le persone facevano cooperazione, si trovavano in situazioni di questo genere, venivano in contatto con una giornalista, sapevano che questa giornalista era un'esperta di Somalia, e forse si interessava di certe cose: possibile che usassero queste modalità di interlocuzione quando qualcuno arrivava da fuori?
E poi, davvero chi era lì, ad Africa 70, oltre che sul proprio lavoro, non dicesse niente? Possibile che non ci si scambiasse qualche informazione? Glielo chiedo perché questa cosa mi ha un po' colpito, nel senso che, per la mia modestissima esperienza, quando si va in certi paesi si è ben attenti, ben accorti, ovviamente, a non parlare a vanvera, però con le persone che si pensa possano condividere una
situazione, anche minima, di pochi giorni, si fa una domanda, ci si scambia una impressione. Per la sua esperienza (non vi era stato in quei giorni) la vita nel compound di Bosaso dove Africa 70 operava e dove è stata accolta Ilaria era un po' questa, o invece, se arrivava una persona da fuori, si chiedeva, si comunicava, si scambiava, si poteva avere una relazione, pur nel rispetto - lo ribadisco - ciascuno del proprio lavoro, e ci si scambiava anche qualche informazione, qualche impressione e qualcosa di un po' più approfondito?
GIORGIO CANCELLIERE. In tutta onestà, sono perplesso quanto lei su tutto questo. Ho sentito tre testimonianze e ne ho letta una.
Partiamo dal fatto di non parlare dentro il compound. Sono convinto che dentro i nostri compound si parlava tantissimo. Inquadro solamente la situazione, evidentemente, anche perché io non ho avuto l'occasione di fare alcune domande: dove dormivano? Il compound di Africa 70 è composto da tre palazzine diverse. Non so dove avessero messo a dormire Ilaria e Miran. Non lo so, onestamente. Potevo chiederlo, ma me lo sono dimenticato, cioè, non ho avuto questa prontezza. Sul fatto che non si parli a tavola, assolutamente non è così. Io credo che si parli. Però era veramente una situazione molto particolare.
Erano rientrati in quel momento da una evacuazione. Rientrare da una evacuazione è molto complicato. Infatti, prima di tutto, va montata una radio, e sappiamo che l'avevano montata perché parlarono con Gibuti per prenotare il volo di Ilaria Alpi. Ammetto che era un momento piuttosto caotico, però, veramente, ho il dubbio che rispetto alle tre palazzine... potevano essere andati a dormire in un'altra palazzina. Questo non vuol dire che mangiassero insieme. Assolutamente. Sui test e sulle dichiarazioni... onestamente, ho delle perplessità sul fatto che della gente non si ricordi un momento così particolare della vita di Africa 70. L'evacuazione del febbraio 2004 credo che sia ben presente nella memoria di tutti coloro che l'hanno subita, perché è stato un fatto molto importante.
CARMEN MOTTA. La dottoressa Morin ha affermato che a Bosaso, nel marzo 1994, vi era la presenza di un tedesco, che forse è quel signore di cui si è parlato prima. Mentre rispondeva ad una mia domanda ha ribadito alcune circostanze affermando che questo tedesco poteva avere delle relazioni con la Russia. Ha accennato a possibili relazioni, ma non so se stiamo parlando della stessa persona, proprio perché lei non ricordava il nome. Non è che per caso la dottoressa Morin si riferiva ad Arnold Kunzler, altro tedesco con ben altri interessi? Lei conosce questo nome? L'ha mai sentito? Ci potrebbe essere stato uno scambio di persona da parte della dottoressa Morin, o invece si tratta di tutt'altra storia?
GIORGIO CANCELLIERE. No, credo che la confusione derivi dal fatto che noi stiamo parlando di organizzazioni non governative. Questo signore, probabilmente, appartiene a questa organizzazione non governativa che si chiama ABS che era a Bosaso. Quello di cui parlo io appartiene alla cooperazione tedesca, che è un'altra cosa (è come la cooperazione italiana).
CARMEN MOTTA. Comunque, questo nome che le ho citato non le ricorda niente?
PRESIDENTE. Abbiamo finito la ringraziamo. Voleva fare una dichiarazione?
GIORGIO CANCELLIERE. Sì. Vorrei dire una cosa: la scelta di venire a fare il consulente per me è stata una scelta difficile. L'ho condivisa con l'associazione nazionale dell'organizzazione non governativa di cui io faccio parte e nell'ambito della quale sono portavoce della piattaforma umanitaria, che vuol dire seguire quattro paesi molto difficili, che sono
l'Eritrea, il Sudan, la Somalia e l'Afganistan. Questa scelta di fare il consulente per voi aveva una conseguenza che è quella che io non posso più mettere piede in Somalia. Sono un po' perplesso per questo, ma abbiamo ritenuto di operare questa scelta perché vi potevamo aiutare, vi potevo aiutare. Esprimevo solo la mia perplessità.
PRESIDENTE. La ringraziamo.
Dichiaro concluso l'esame testimoniale.
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