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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame testimoniale del sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti, Luciano Tarditi.
Ricordo al dottor Tarditi - il quale, nella qualità di teste, ha già declinato le generalità - che è sempre sotto responsabilità penale per testimonianza falsa o reticente.
Dottor Tarditi, noi abbiamo ascoltato, fino a questo momento, il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti, dottor Sorbello, proprio sulla base di alcune indicazioni che provenivano dalle dichiarazioni da lei rese. Penso che abbiamo fatto bene, perché possiamo concentrare
in poche domande - almeno per quel che mi riguarda - l'attenzione su quanto da lei dichiarato.
C'è un primo punto che vorremmo che lei ci chiarisse e che riguarda la famosa intercettazione. Anzitutto, le chiedo se sia corretto dire che c'è stata questa intercettazione che, lasciando da parte tutte le anomalie - o le eventuali anomalie - viene fatta pervenire all'autorità giudiziaria di Roma e che, in tempo successivo, da altra intercettazione la procura di Asti viene a conoscenza che gli interessati sono, a loro volta, ben consapevoli dell'esistenza di queste intercettazioni. Mi pare che si faccia riferimento ad una intercettazione intercorsa tra l'avvocato Menicacci e l'imprenditore di Asti, quel tale...
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. No, presidente, non di Asti: era un certo Roghi, un imprenditore della provincia di Pistoia.
PRESIDENTE. Sì, insomma, l'imprenditore sul quale stavate investigando ad Asti.
Le domando: avete fatto accertamenti, avete avuto delle intuizioni? Che cosa, in sostanza, vi ha portato a dire che vi erano stati dei meccanismi attraverso i quali questa consapevolezza si era determinata nei due personaggi intercettati?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Semplicemente dall'ascolto dell'intercettazione.
PRESIDENTE. Ma l'intercettazione dice una cosa ben precisa: tra l'avvocato Menicacci e l'altro si parla dell'esistenza di intercettazioni e di un documento che era stato inviato a Roma.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Esatto.
PRESIDENTE. Qual era stato il tramite della determinazione, della conoscenza del documento inviato a Roma?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Semplicemente - come io scrivo nella lettera inviata via fax alla procura di Roma -, rappresento che ritenevo, il 13 gennaio 1998, di trasmettere uno stralcio di conversazione telefonica avvenuta il 20 dicembre 1997 tra il noto Giancarlo Marocchino e un interlocutore italiano il cui nome, per ragioni di segreto istruttorio, viene omissato.
PRESIDENTE. E questa è l'intercettazione che avete mandato a Roma.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Sì, nella quale si dice che Marocchino forse ne sa qualcosa.
PRESIDENTE. Bene, si fermi un attimo su questo punto. Lei ha correttamente ricordato di aver mandato questa comunicazione a Roma, il 13 gennaio 1998. È esatto?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Sì.
PRESIDENTE. E nella lettera che lei invia il 13 gennaio 1998 scrive: «A seguito e con riferimento alla conversazione telefonica testé effettuata, eccetera». Che significa «testé effettuata»? Che è avvenuta il 13 gennaio?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Significa che poco prima, qualche minuto prima, o dieci minuti prima, avevo chiamato il diretto del dottor Ionta, il numero 06-38792327 - misi un appunto, che figura - e gli avevo detto: «Senti, la situazione è in questi termini; abbiamo sotto un'utenza che ci pare positiva per i profili che stiamo seguendo, nell'ambito della quale c'è un ascolto, che viene da
una fonte qualificata» - qualificata nel senso delle informazioni sui fatti di Somalia - «nella quale si fa riferimento ad un soggetto somalo che è stato arrestato, eccetera».
PRESIDENTE. Benissimo. Le domando: prima di questa data - 13 gennaio 1998 - e fino a giungere alla data dell'intercettazione - 20 dicembre 1997 - chi sapeva dell'intercettazione? Lei lo sapeva dal 20 dicembre 1997 che c'era stata questa intercettazione oppure no?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. A quale si riferisce? A quella nella quale Marocchino diceva...
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. È naturale che lo sapevo! I miei uomini mi riferivano praticamente ogni giorno le conversazioni più significative che sentivano.
PRESIDENTE. Allora, possiamo assumere che il 20 dicembre 1997 lei viene a conoscenza dell'intercettazione effettuata quel giorno. È esatto?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Sì.
PRESIDENTE. Tra il 20 dicembre 1997 e il 13 gennaio 1998, lei di questa intercettazione che ne fa?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Niente, la lascio negli atti processuali, perché voglio continuare a sapere che cosa si dicono questi personaggi.
PRESIDENTE. La lascia negli atti processuali...
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Sì, coi miei uomini che continuano a seguire questa utenza estremamente produttiva di risultati, secondo noi.
PRESIDENTE. Un'altra domanda: di questa intercettazione telefonica, di cui lei viene a conoscenza il 20 dicembre 1997, porta a conoscenza il procuratore capo del suo ufficio?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Non credo di averlo portato a conoscenza, poiché ci sentivamo abbastanza spesso in generale sull'evoluzione dell'indagine - per dire: guarda, sta andando bene, ci sono buone conversazioni, ci sono buone prospettive - ma tenete conto che questa è un'intercettazione che va avanti per molti mesi.
PRESIDENTE. Sì, ma mi riferisco allo spezzone che ci interessa.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Io di questo non credo di aver parlato con il procuratore della Repubblica.
PRESIDENTE. E quando ne ha parlato con il procuratore?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Debbo averne parlato dopo che i miei collaboratori sono venuti a dirmi: dalle intercettazioni che sentiamo, c'è un soggetto al corrente del fatto che abbiamo inviato un documento a Roma; in quella stessa telefonata quel soggetto aveva detto: ritengo che questa utenza sia sotto controllo, ma d'altronde io non ho nulla da rimproverarmi, per cui facciano. Allora, i miei collaboratori sono venuti e mi hanno detto: adesso siamo messi male.
PRESIDENTE. Dunque, dottor Tarditi, è corretto se noi diciamo che il 20 dicembre 1997 viene a conoscenza del contenuto delle intercettazioni...
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Il 20 o il 21.
PRESIDENTE. Insomma, tanto per capirci, il 20 dicembre 1997 lei viene a conoscenza del contenuto di queste intercettazioni.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Certo.
PRESIDENTE. Poi, prosegue le intercettazioni.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Certo.
PRESIDENTE. Di questa intercettazione specifica non dà comunicazione al procuratore della Repubblica, capo del suo ufficio.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. No.
PRESIDENTE. E non dà comunicazione a nessuno.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Ci mancherebbe altro.
PRESIDENTE. A nessuno, né all'esterno, né all'interno, né ad altri uffici giudiziari.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Ma non c'era motivo, perché ce ne erano tante altre, altrettanto utili.
PRESIDENTE. D'accordo. Il 13 gennaio 1998, lei ha un colloquio con il dottor Ionta. Al colloquio fa seguito la trasmissione dell'intercettazione. Lei, adesso, mi dice che la ragione per la quale, poi, ne parla con il procuratore capo, dottor Sorbello, dovrebbe essere ravvisata nella successiva consapevolezza dell'intercettazione tra Menicacci e Roghi, da cui risulta che qualcuno - diciamo genericamente - era a conoscenza.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Certo.
PRESIDENTE. Di quando è questa intercettazione? Sbaglio o è del 30 di gennaio?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Sarà del 30 di gennaio: se risulta dalle carte...
PRESIDENTE. Allora, vorrei capire. Il 13 gennaio 1998, che cosa succede? Perché lei telefona al dottor Ionta e gli dice: «adesso ti mando questa intercettazione»?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Perché leggo i giornali, sento la televisione...
PRESIDENTE. Allora, mi scusi - stiamo chiarendo, dottor Tarditi, siamo qui soltanto per chiarire, anche se magari la sequenza dei dati ci obbliga ad una certa fretta nel parlare -, la ragione della interlocuzione telefonica con il dottor Ionta non è perché siete venuti a conoscenza che i personaggi interessati erano consapevoli di essere intercettati ed erano consapevoli dell'atto che il 13 gennaio 1998 lei ha mandato alla procura di Roma.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. No.
PRESIDENTE. Allora ci deve chiarire questo punto.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Mi pare che vada spiegato con il
tenore della stessa missiva: «Poiché da informazioni giornalistiche e televisive ho appreso » - nessuno me l'ha detto ufficialmente: io sento alla televisione e leggo che un somalo è stato sottoposto a fermo per l'omicidio di Ilaria Alpi - «che da parte del tuo ufficio sarebbe stato operato il fermo di tale Hashi Omar Hassan, presente nel gruppo di somali venuti in Italia per riferire circa violenze perpetrate in Somalia da militari italiani, e poiché in questo gruppo dovrebbe essere presente anche l'autista che accompagnò a suo tempo la Alpi, penso che il documento che ti trasmetto possa avere una qualche utilità, facendo confermare l'attendibilità del predetto autista, da una fonte di una certa autorevolezza» - come allora stimavo e stimo tuttora - «in loco come Marocchino Giancarlo». Come a dire: ho appreso che è successo questo; siccome c'è un fermo - l'ho già spiegato nella scorsa audizione - e siccome può essere utile supportare elementi pro o contro il fermo per l'accertamento della verità, poiché io sto controllando un'utenza (detto tra noi, mi piangeva il cuore a esternare questa cosa, per il semplice motivo che ci si espone al rischio che una buona utenza in qualche modo si possa perdere come fonte di acquisizione di elementi di prova), mi sembra un dovere civico fornire elementi rispetto ai quali, ripeto, una fonte molto informata dice testualmente...
PRESIDENTE. Sì, questo è chiaro.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Sto facendo il cappello della vicenda. Feci una telefonata con un preliminare al dottor Ionta, dicendo: «te lo invio ma mi raccomando solo una cosa: mentre il Marocchino chiaramente è un nome che deve emergere dall'intercettazione - altrimenti, che significato ha? - l'altro soggetto che sta conversando, siccome è sotto intercettazione te lo manderò 'omissato', logicamente. Per come vedo io le cose, e per un apporto probatorio di accertamento della verità, importa quel che dice Marocchino. Poi, tu fai l'uso che ritieni migliore». Ecco, questo è il contesto: se leggete i giornali intorno al 13 gennaio, troverete la notizia del somalo che viene arrestato...
PRESIDENTE. Bene. Allora, abbiamo acquisito che la ragione per la quale solo il 13 gennaio 1998 viene trasmessa questa intercettazione è che dagli organi di stampa era risultato l'arresto di Omar Hassan.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Certo. Dirò di più, presidente. Se non avessi avuto la certezza che c'era un uomo detenuto in carcere per un titolo rispetto al quale io non sapevo se vi fossero elementi - ricchi o poveri, non mi interessa -, certamente non l'avrei ancora inviata in quella fase, perché significava far uscire informazioni prima del tempo da un'utenza che, nella nostra ottica e nella prognosi investigativa che ci rappresentavamo, sarebbe stata ulteriormente positiva. Però, sapendo che c'è un uomo detenuto che può essere colpevole, ti mando un elemento del quale, ripeto, mi dispiace disfarmi in questo momento e quindi lo occulto per quello che posso, ma doverosamente lo faccio emergere, in modo che tu ne faccia poi l'uso che meglio ritieni: l'indagine è tua, infatti. Solo questo, nulla di più.
PRESIDENTE. Invece, il 30 gennaio, lei si imbatte nell'intercettazione di cui abbiamo detto e che svela le consapevolezze di cui pure abbiamo detto.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Sì.
PRESIDENTE. Lei ha accertato se il veicolo di determinazione di queste consapevolezze sia stato il deposito degli atti di intercettazione?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Non l'ho accertato. Ho ritenuto in cuor mio che, come imponeva la connessione
logica degli accadimenti - trasmissione di un fax, deposito di questo documento negli atti processuali della vicenda che riguardava il fermo del somalo Hashi Omar Hassan - in qualche modo, che io ignoravo allora e ignoro adesso, qualcuno, che aveva titolo ad accedere a questi documenti, dovesse averlo fatto uscire indebitamente, posto che Menicacci certamente non era il difensore di Hashi Omar Hassan.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Sì, che però...
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. In quel momento - adesso non le saprei dire, forse lo sapevo dalle intercettazioni - sapevo che Menicacci era un po' il rappresentante di Marocchino in Italia e, quindi, nelle sue vicende, se ne aveva, quest'ultimo era rappresentato legalmente dall'avvocato Menicacci.
PRESIDENTE. Dottor Tarditi, il procuratore Sorbello, fino ad un attimo fa, ci ha detto - per quelli che erano i suoi ricordi e per quelle che sono le sue consapevolezze, per molta parte tratte dai colloqui con lei; naturalmente, ci possono essere tutte le inesattezze di questo mondo, in quanto sono passati tanti anni - di aver capito (anzi, ha fatto delle valutazioni al riguardo) che vi sarebbe stato il deposito delle intercettazioni da parte della procura di Roma; dunque, la valutazione che egli ha fatto è che, se si fosse ritardato il deposito di queste intercettazioni, con molta probabilità, anzi con sicurezza, non si sarebbe determinato quel veicolo attraverso il quale la conoscenza poi si è determinata.
Allora, la domanda precisa che le faccio è: lei ha mai parlato al dottor Sorbello del fatto che vi era stato un deposito delle intercettazioni telefoniche immediato e diretto rispetto alla trasmissione dell'intercettazione in questione da parte della procura di Asti alla procura di Roma, sì o no?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Io inviai questo documento al dottor Ionta, proprio perché fosse depositato, proprio perché potesse essere conosciuto dai protagonisti del processo nell'ambito del fascicolo che riguardava il fermo del soggetto. Per queste ragioni ne chiedevo - diciamo così - l'occultamento relativamente ad uno dei conversatori. Ma ero ben contento, per l'accertamento della verità che l'altro conversatore che, ripeto, reputavo e reputo qualificato, emergesse in modo che, nella libertà di determinazione del PM, del difensore, del GIP, fosse valutato anche questo elemento, se ritenevano di valutarlo.
PRESIDENTE. Quindi, non come deposito di intercettazioni, ma come deposito di un atto ai fini del tribunale della libertà.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Esatto, esclusivamente quello. Si discuteva al tribunale della libertà. È come se dicessi: ti do degli elementi, che poi possono essere interpretati liberamente, in buona e in mala parte. A me non interessa che siano confermati, né che siano rigettati: mi interessa che un elemento di cui sono venuto in possesso, che mi pare significativo perché proviene da fonte qualificata, venga posto a conoscenza di chi deve decidere.
PRESIDENTE. Mi scusi, siccome non faccio il maniscalco ma esercito anch'io una certa professione, mi domando: se si è trasmesso questo atto per farlo depositare, nella consapevolezza che sarebbe stato depositato dinanzi al tribunale della libertà, perché le parti ne fossero a conoscenza e perché lo utilizzassero tutti, in funzione difensiva o accusatoria, nell'accertamento della verità, perché scandalizzarsi
tanto della divulgazione di questo atto? Mi scusi, dottor Tarditi, ovviamente non è una contestazione, ma un percorso di verità: noi, fino a questo momento, abbiamo imparato che c'è stato gran caso presso la procura di Aosta, mi correggo, di Asti - scusate il lapsus calami - perché anche poc'anzi abbiamo sentito il dottor Sorbello indignato, ripeto, indignato perché è stata «bruciata» l'intercettazione, con riferimento in particolare all'inchiesta che si svolgeva ad Asti, indignato per questa fuga di notizie.
Allora, dottor Tarditi, da quella che è la ricostruzione che lei oggi fa - mi consenta di dirlo, con una precisione che nelle precedenti audizioni certamente c'è stata per molti versi, ma non così di rilievo sotto questo profilo -, perché farsi tanta meraviglia? Certo, il pubblico ministero avrebbe potuto anche scegliere di non depositare ma, se non avesse depositato, sarebbe stato un atto scorretto. Allora, le chiedo se può spiegarci e chiarire questo aspetto, per noi importante.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Sì, anche per me è importante chiarirlo. Intanto, preciso che questo particolare lo approfondisco adesso perché viene focalizzato. Le altre volte ho parlato, credo, ad ampio raggio su un'infinità di problemi rispetto ai quali certamente il tempo è limitato e, quindi, si rischia forse di essere meno completi.
Quello di cui personalmente mi dolevo - e mi dolgo tuttora, perché mi pare oggettivo - è semplicemente che, se uno guarda al documento che è stato trasmesso, si capisce che c'è una conversazione di Giancarlo Marocchino, ma voi non sapete, né si poteva sapere allora, chi era il conversatore, né l'utenza del medesimo sotto controllo.
PRESIDENTE. Io, però, le ho fatto un'altra domanda. A parte il fatto che c'è il problema di come arriva a Menicacci la notizia, ma questo è un altro discorso.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Il problema è tutto lì.
PRESIDENTE. Vorrei che ci desse una spiegazione: alla luce di quanto dichiarato tre minuti fa - e cioè che lei mandò questo atto alla procura di Roma, nella consapevolezza del fermo di Hassan e quindi del procedimento de libertate che si stava svolgendo in quella città e anzi, proprio per scrupolo di magistrato, affinché tutti ne potessero venire a conoscenza - come concilia questa affermazione con il dolersi in maniera giustamente molto forte per il fatto che l'intercettazione era stata bruciata? Come si poteva fare per non bruciarla, quest'intercettazione, secondo lei?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Glielo dico subito: se tutte le parti processuali - se non ci sono stati altri passaggi in mezzo, che io ignoro e non posso sapere - avessero fatto la loro parte.
PRESIDENTE. Questo è un po' ingenuo. Si figuri: va in mano ad un avvocato un documento di questo genere...
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Ma scusi, non c'è scritto «Giancarlo Roghi»!
RAFFAELLO DE BRASI. Ma c'è scritto «Marocchino»!
PRESIDENTE. Sì, c'era scritto «Marocchino».
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Certo, c'è scritto «Marocchino», ma il destinatario di quegli atti non è Marocchino, è un procuratore della Repubblica e c'è un avvocato che non è Marocchino, punto e basta.
PRESIDENTE. Va bene, abbiamo capito. È stato molto importante chiarificare
questo aspetto. Il procuratore Sorbello, che fino a un attimo fa ci ha detto quanto io le ho riferito, ha dato come motivazione questo deposito di cui abbiamo parlato con riferimento a intercettazioni; sono frutto di sua congettura - come dice lui - o sono invece frutto di una notiziazione che lei ha fatto allo stesso dottor Sorbello?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Bisogna intendersi su che cosa.
PRESIDENTE. Secondo il procuratore Sorbello, lei gli avrebbe riferito che queste intercettazioni sarebbero state oggetto di deposito come tali; quindi, per questo tramite si sarebbe determinata la conoscenza nei confronti dei testi, mentre invece il deposito si sarebbe dovuto - a meno di non comportarsi scorrettamente - ritardare.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. E allora il procuratore non ricorda bene, è impreciso. D'altronde, non seguiva lui personalmente questo processo, perché certamente era mia intenzione che questo singolo foglio fosse portato a conoscenza dei protagonisti processuali di quella vicenda; basta, nulla di più, nulla di meno.
Poi, permettetemi di fare un'osservazione. Torno a dire che lì sopra non c'era scritto «Giancarlo Roghi». Permettetemi di sorprendermi un tantino. Poi, per carità, è vero che c'è la patologia del processo, ma io devo stare nella fisiologia del processo. Se accetto di mandare un documento, posso limitarmi - come facciamo, spesso - a mettere «alfa» al posto di un interlocutore e a mettere l'altro interlocutore, dopodiché si confida nella buona fede. Io non ho motivo di dubitare della buona fede di nessuno...
PRESIDENTE. Dottor Tarditi, non le voglio ricordare che, a norma dell'articolo 329 del codice di procedura penale, una volta che gli atti sono stati resi ostensibili alle parti, la segretezza non esiste più.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Sì, ma limitatamente alla conversazione segreta! Non nasce alcun diritto di andare a cercare chi è questo interlocutore misterioso, di chiamarlo sulla sua utenza e di dirgli: guarda, che verosimilmente questa utenza è sotto intercettazione!
PRESIDENTE. Quindi, con il dottor Sorbello, lei parla soltanto dopo il 30.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Certamente, dicendo: guarda, che qui le cose, ahimè, non sono andate bene, perché purtroppo, come è in una patologia, le notizie filtrano. D'altronde, era un rischio che avevo accettato preventivamente, ma che mi sembrava comunque utile correre, perché in fondo c'era un soggetto - poi, se Marocchino dice il falso o la verità che ne so? - che reputavo una persona informata, per cui misi quell'atto a disposizione. È chiaro che accetto implicitamente il rischio, ma attenzione: accetterei totalmente le vostre osservazioni critiche nel momento in cui avessi mandato un bel pezzo dove vi fosse scritto: Roghi parla con Marocchino. A parte che, torno a dire, chi conversava in quel momento - cioè, Menicacci - non aveva titolo a mettere il naso in quel fascicolo, in quanto non era il difensore di Hashi Omar Hassan; io la penso ancora così.
PRESIDENTE. Certamente; il problema è quello di individuare chi ha trasmesso la notizia. Certamente, anche l'avvocato che dovesse aver trasmesso la notizia ha commesso un fatto. Ma a noi dell'avvocato non interessa affatto, sono fatti suoi. A noi interessa la magistratura.
Dottor Tarditi, il 13 gennaio 1999, lei fa la scoperta della microspia nella stanza del carcere di Rebibbia dove si reca per svolgere l'interrogatorio del signor Garelli.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Sì.
PRESIDENTE. E comunica questo evento al procuratore della Repubblica in data 29 gennaio 1999.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Formalmente, sì, nell'immediatezza del fatto...
PRESIDENTE. Ci vuole spiegare?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Nell'immediatezza, nei giorni successivi, gli riferii questo fatto.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. A voce, certamente. Poi, lo formalizzai, dopo una relazione che mi feci fare anche dal tecnico che aveva accertato l'esistenza di questa microspia. Relazionai al procuratore con il documento che ho inviato il 29 gennaio 1999, spiegando tutto. I motivi per i quali lo feci in quella data sono di due ordini: il primo, più importante, era che nei giorni successivi all'interrogatorio del Garelli, mi preoccupai di prendere contatti con il collega Romanelli della DDA di Milano, con il quale eravamo rimasti intesi, nell'ambito di indagini collegate, che sarei andato ad interrogare questo signore, che da tanto tempo mi interessava sentire e che, in base al tenore e alla qualità delle risposte che mi avrebbe reso, avrei preso in considerazione con lui (con Romanelli), l'ipotesi di approfondire questa collaborazione, mi correggo, queste dichiarazioni (e non questa collaborazione: non fu mai impostato, neanche lontanamente, un discorso del genere).
PRESIDENTE. Mi scusi; quindi, Romanelli sapeva che lei sarebbe andato a Roma?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Credo di sì, però potrei essere impreciso, nel senso di averlo chiamato successivamente, dicendo: Garelli, a mio avviso - e ci sono le trascrizioni - è un soggetto molto informato, può essere molto utile, quindi è opportuno favorirne al massimo lo sgombero quanto prima da Rebibbia in modo discreto, per portarlo in un carcere nel nord, più vicino alle sedi del sottoscritto e del dottor Romanelli, per poterlo interrogare.
Evidentemente, per fare questo era meglio - nell'interpretazione che io diedi - non pubblicizzare troppo una vicenda nella quale, per dirla tutta, mi dispiaceva che ci fosse stata una microspia; ma, ripeto, avevo delle perplessità sul fatto che questa microspia fosse stata messa legittimamente, da qualche autorità giudiziaria, nell'ambito della quale non volevo interferire con iniziative incongrue, andando a scompigliare, a scompaginare il gioco legittimo di altri uffici. C'era da favorire l'esodo del Garelli senza troppa pubblicità in un carcere del nord e, infatti, venne inviato a Ivrea con una procedura gestita esclusivamente dal collega Romanelli; e io fui ben contento che, in forza del fatto che era incardinato in un ufficio assai autorevole, la DDA di Milano...
PRESIDENTE. Lei informò Romanelli della microspia che era stata trovata?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Credo di sì, ma non sono sicuro. Credo di sì; anzi, è una delle ragioni per le quali non ci pareva assolutamente più opportuno che Garelli rimanesse a Rebibbia. Volevamo interrogarlo - come poi lo interrogammo più volte, almeno tre - a Milano, io e Romanelli (io mi recai a Milano). Romanelli credeva parecchio nei risultati di questa indagine che coltivava per altri profili, in direzione di altri personaggi, però era estremamente interessato alla gestione di Garelli e, in questo senso, fu lui a curare e a gestire il trasferimento dal carcere di Rebibbia a Ivrea: un carcere, tra l'altro, dove sono reclusi i pentiti, quindi è un carcere particolare.
PRESIDENTE. E prima di andare a Roma lei informò Romanelli della volontà di interrogare Garelli?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Credo di averlo fatto perché chi operava come tramite delle due investigazioni - l'ufficiale di collegamento - era il mio principale collaboratore in questa indagine ed era uno dei principali collaboratori del dottor Romanelli nella sua indagine: era l'ispettore De Podestà, del Corpo forestale dello Stato e del nucleo...
PRESIDENTE. Quindi, Romanelli sapeva il prima e il dopo.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Secondo me, sì. Mi pare di sì, certamente.
PRESIDENTE. E invece, il dopo? Il rinvenimento della microspia fu da lei comunicato informalmente e comunque alla procura di Roma?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. No, lo dissi informalmente, poi, nell'incontro che tenemmo e di cui vi è traccia documentale...
PRESIDENTE. Quello del 10 febbraio?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Sì.
PRESIDENTE. Un attimo. Il 13 gennaio, voi trovate questa microspia. Le domando: il 13 pomeriggio, o il 14 mattina, per telefono o altro, non ha mai detto...
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. No.
PRESIDENTE. Quindi, Roma non ha mai saputo niente.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. No, se non dopo il 29: ci sono le prese di contatto dirette con il procuratore, quando ho il quadro della situazione, quando Garelli è già «esportato».
PRESIDENTE. Ho capito. Fino a quel momento, quindi, Roma non sapeva niente.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Esatto. Infatti, il procuratore il 29 attende una relazione formale e credo che lo stesso giorno abbia preso contatto con il collega.
PRESIDENTE. Fu Romanelli a consigliarle di portare un attrezzo per cercare se ci fossero microspie?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. No, ci arrivo da solo, nel senso che, come ho già spiegato nella precedente audizione, avevo questa sensazione; i miei collaboratori avevano questa sensazione, che era supportata anche da un interpello che avevamo fatto al giudice di sorveglianza di Roma, che gestiva Garelli come detenuto definitivo, che scontava una pena assai pesante e definitiva...
PRESIDENTE. Questo non lo sapevamo. Quindi, Garelli era un «definitivo» in carico a Rebibbia, con il tribunale di sorveglianza di Roma?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Sì.
PRESIDENTE. Lei sa se avesse procedimenti penali a carico, pendenti a Roma?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Le rispondo, presidente. Fu oggetto - la documentazione è agli atti - di un espresso interpello da parte mia al giudice di sorveglianza. Infatti, volevo sapere
quale fosse il quadro processuale di questo signore perché, a mio avviso, quest'uomo non era come appariva.
Non ho mai creduto - e non credo tuttora - che questo signore abbia preso 15 anni semplicemente per un traffico d'auto, che però è il cumulo materiale che lo ha portato a questa condanna. Mi stupiva ancora di più che, in piena guerra civile iugoslava, in Croazia, con tutti i problemi che avevano i croati in quel momento, trovassero il tempo per prendere Garelli ed estradarlo, per spedirlo a Rebibbia. Questo già non mi quadrava. Da anni, gli atti delle indagini su Urano 1 già acquisiti dalla procura di Brindisi evidenziavano che questo signore era, secondo noi, qualcosa di assai di più di un volgare taroccatore di auto e un truffatore, pur essendo magari anche quello. Soprattutto, era un signore con il quale, da anni, con l'ispettore De Podestà e gli altri volevamo avere la possibilità di colloquiare: la voce popolare era che egli fosse nell'Europa dell'est e in effetti, guarda caso, lo prendono in Croazia: lo dice lui, nell'interrogatorio. È un servizio che gli fecero i servizi croati mentre lui stava facendo cose strane ma sempre attinenti - a suo dire - a vicende di spionaggio in quell'area; lo presero, lo pestarono a sangue, lo caricarono su un aereo e lo spedirono, dando esecuzione ad un «definitivo» per semplice associazione a delinquere finalizzata a truffa e furto di auto.
Scrissi al giudice di sorveglianza, un po' per esplorare la situazione - è agli atti -, per vedere se qualcosa ne usciva e se quel signore fosse oggetto di altri indagini. Spiegai al giudice di sorveglianza per quale motivo volevo sapere se fosse oggetto di indagini: potrebbe essermi utile saperlo, dissi, per poter fare indagini collegate o se è un «definitivo». La risposta fu nel senso che sostanzialmente non risultavano altre indagini, che scontava un «definitivo», che era stato sentito da organi di polizia - l'espressione era «non meglio identificati» - per cui io, pensando male, ritenni che fossero organi così, non proprio una polizia giudiziaria delegata ad indagini per processi in corso. Questo fatto, accompagnato all'alone che nelle nostre indagini circondava Garelli, mi indusse...
PRESIDENTE. ...a ritenerlo un personaggio protetto.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Esatto. A questo punto, siccome nei nostri uffici facciamo una bonifica a settimana...
PRESIDENTE. Per questo è partito con l'ausiliario al seguito.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Sì, con l'ausiliario al seguito e senza, ovviamente, dire niente a nessuno.
PRESIDENTE. E l'idea di chi è stata? Dell'ausiliario al seguito o sua?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Mia e dell'ispettore De Podestà. L'ausiliario al seguito è un ausiliario molto bravo, che utilizziamo costantemente...
PRESIDENTE. Sì, ma è vero che va sempre in giro con questi strumenti per stabilire se ci sono da fare bonifiche? Le risulta?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Certo.
PRESIDENTE. Lo fa proprio per abitudine.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. No, lo fa per incarico professionale, non per abitudine. Gli do mandato io, per esempio, nei nostri uffici.
PRESIDENTE. Dottor Tarditi, una semplice curiosità: lei non ha mai aperto un procedimento penale, un'inchiesta, un fascicolo sulla questione della microspia?
Non ha mai pensato, insieme al procuratore o da solo, di aprire un fascicolo sulla microspia? Questa, infatti poteva essere legittima, ma poteva anche essere illegittima.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Certo, pensai che la cosa migliore fosse: relazione 29, mettere al corrente l'autorità giudiziaria di Roma perché, se il reato si era verificato, si era verificato nel territorio di Roma.
PRESIDENTE. Non so se lei sa che tra le righe delle missive intercorse tra la procura di Roma e quella di Asti, c'è anche l'idea che voi foste dei folli e che la microspia non esistesse proprio, tant'è che oggi si dice - anche un componente della Commissione, giustamente, lo ha rilevato, facendo una domanda al riguardo al dottor Sorbello - che, non essendo stata sequestrata questa microspia, tamquam non esset. Le chiedo: perché lei non ha fatto il sequestro? Era un gravissimo atto ai danni dell'esercizio della sua funzione!
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti. Presidente, l'ho spiegato più volte al procuratore di Roma e al mio procuratore. Leggo il punto, perché credo che dia la consecutio logica del perché si fanno certe cose: «Come risulta dalla nota dell'ausiliario di PG che si allega, nella saletta del carcere riservata agli interrogatori dei magistrati ove si è svolto l'atto istruttorio, veniva accertata l'esistenza di una microspia. La stessa veniva immediatamente neutralizzata, ponendo il corto circuito, in modo da impedire ogni eventuale ascolto e senza altresì provocare alcun allarme in chi eventualmente fosse addetto all'ascolto illecito, potendo ragionevolmente ipotizzare il verificarsi di un guasto tecnico al delicato strumento di intercettazione collocato in una presa telefonica e pertanto ad alimentazione continua». Voi sapete che uno dei posti più acconci per le intercettazioni ambientali è proprio la presa telefonica perché ha un'alimentazione continua, altrimenti vi è la possibilità che si scarichino le batterie. «Questo PM non è in grado di ipotizzare se la microspia, la cui esistenza è da ritenere certa stante anche l'alta professionalità del tecnico che ne ha accertato l'esistenza...»; dopodiché, ho spiegato mille volte che io non ho infilato la testa in quella presa.
PRESIDENTE. Siccome poteva essere legittima, lei non l'ha sequestrata, questo è il discorso.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. «Se è stata collocata in funzione dell'interrogatorio del Garelli, soggetto che ha avuto spesso frequentazioni con vari (...) e che ha affermato, nel corso del suo interrogatorio, che nell'ottobre 1998 erano venuti ad interrogarlo proprio a Rebibbia su varie questioni internazionali non meglio specificate - questo disse e fu registrato, poi se sia vero non lo so - o se la presenza di un impianto fisso idoneo a carpire indebitamente i colloqui; tanto ti rimetto». In parole povere: non posso sapere se in quel momento rischio di provocare un disastro; mi preme che il mio interrogatorio...
PRESIDENTE. Di quando è questa lettera?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Del 29 gennaio. Dicevo che è mia premura che il mio interrogatorio non sia captato; chiedo al tecnico: come facciamo? Se il tecnico mi avesse detto: eh, caro mio, qui non ci sono altre soluzioni, è impossibile toccarlo, allora, dico di più, non avrei nemmeno fatto scandalo in quell'occasione, avrei chiesto di cambiare ufficio.
PRESIDENTE. Perché non ha avvertito Roma?
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. L'ho avvertita il 29.
PRESIDENTE. Intendevo dire subito.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Perché volevo esportare, d'accordo con Romanelli, senza troppi...
PRESIDENTE. Ho capito, senza chiasso.
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Senza chiasso, perché avevo fatto un interrogatorio preliminare di Garelli in cui questi, com'è sua abitudine, parla dell'universo mondo. Secondo me si tratta di sciocchezze, ma in mezzo ad esse, a mio parere, dice delle cose buone. Però in quel momento, avendo un soggetto che per la prima volta io trattavo, non sapevo chi mi trovavo di fronte, mi ha fatto un sacco di feste ricordandomi quando l'avevo processato, era il primo processo che facevo ad Alba come giudice istruttore.
PRESIDENTE. Scusi, non sono pratico di rapporti tra magistrati, anche se il suo mestiere l'ho fatto anch'io, però voglio dire: discutere, colloquiare, interloquire tra un procuratore della Repubblica ed un altro procuratore della Repubblica un minuto dopo, come secondo me sarebbe stato opportuno - non dico doveroso, fors'anche doveroso - fare probabilmente avrebbe impedito... si sarebbe potuto benissimo dire al procuratore della Repubblica di Roma: guarda che vi sono queste occorrenze alle quali fare fronte; facciamo tutto e anche di più ma... Voglio dire che sono tanti 15 giorni; comunque, ormai sono trascorsi, per carità!
LUCIANO TARDITI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti. Questo è ciò che ho fatto e di cui mi assumo la piena responsabilità.
PRESIDENTE. Non è un problema di responsabilità: in Italia non paga nessuno, si figuri se pagate voi!
Non essendovi altre domande, ringrazio il dottor Tarditi e dichiaro concluso l'esame testimoniale.
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