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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame testimoniale di Carmen Lasorella, alla quale ricordo, per dovere d'ufficio, che la Commissione ascolta le persone convocate con le forme della testimonianza. Ciò significa che le dichiarazioni del testimone sono sottoposte al regime penale della falsa o reticente testimonianza.
Dottoressa Lasorella, può declinare le sue generalità?
CARMEN LASORELLA. Carmen Lasorella, professione giornalista, nata a Matera il 28 febbraio 1955 e residente a Roma ed ivi domiciliata.
PRESIDENTE. La riteniamo domiciliata presso la RAI?
CARMEN LASORELLA. Sì, come centro d'affari, per il resto presso la mia residenza dove ho anche il domicilio.
CARMEN LASORELLA. Via Campagnano, n. 11, 00189 Roma.
PRESIDENTE. In quale periodo lei è stata in Somalia?
CARMEN LASORELLA. Sono stata in Somalia una decina di volte dall'ultimo periodo del Governo Barre (fine 1990, inizi 1991), al 1995. Ho seguito le vicende somale nell'epilogo della dittatura di Siad Barre e poi durante la guerra civile e successivamente quando vi fu la decisione di procedere ad un intervento prima sotto la guida americana e poi sotto l'egida dell'ONU, con la presenza di contingenti multinazionali sul territorio somalo.
PRESIDENTE. Naturalmente le ragioni della sua presenza in Somalia sono sempre state legate alla sua attività lavorativa?
CARMEN LASORELLA. Sì. È difficile come luogo di vacanza.
PRESIDENTE. Lei andava in Somalia per incarico...
CARMEN LASORELLA. Andavo in Somalia perché, occupandomi di politica estera, in quel periodo mi occupavo soprattutto di Africa, Africa orientale, Medio Oriente; ho seguito anche la crisi etiopica e la caduta di Menghistu e poi la crisi somala e i fatti di Gibuti. Seguivo quell'area.
PRESIDENTE. Noi le rivolgeremo qualche domanda ulteriore rispetto alle cose che ha già dichiarato in altra sede, come testimone, anche ampliando lo spettro del nostro interesse, tenendo presenti alcune altre dichiarazioni che abbiamo raccolto e che sono provenute da suoi colleghi, a cominciare da Sandro Curzi. Lei, quindi, non si meravigli per le domande che le faremo.
Quando andava in Somalia inviata dalla RAI per svolgere determinati servizi, quali erano i passaggi delle decisioni che si concludevano con il conferimento dell'incarico? Chi decideva? Come si decideva? Come si formulava il mandato conferito a lei relativamente alle singole spedizioni?
CARMEN LASORELLA. A parte il fatto che era una stagione in cui si viaggiava molto di più, gli inviati partivano molto di più, e si coprivano da vicino moltissimi fatti, come ho detto si creava una specificità per aree. Nel momento in cui, vuoi per l'urgenza della cronaca che richiedeva che si coprissero e raccontassero determinati fatti, vuoi perché si poneva un'esigenza di approfondimento, vuoi perché si era in possesso di notizie particolari (io, per esempio, sono partita di corsa perché ero riuscita a chiudere un'intervista con Siad Barre che era scomparso da alcuni mesi e non si sapeva se fosse vivo o morto) provenienti da canali privilegiati, si partiva per fare questo.
Come si decideva? Evidentemente la decisione trova la sua espressione naturale ineludibile nella direzione della testata.
PRESIDENTE. Della testata giornalistica?
CARMEN LASORELLA. Della testata giornalistica. Ovviamente se ne parlava in redazione e in quel caso era la redazione esteri.
PRESIDENTE. Redazione esteri di quale testata?
CARMEN LASORELLA. In quel momento io ero al TG2.
Se ne parla in redazione; si concorda per iniziativa di chi segue l'area - in genere funziona così - perché ha più sotto mano degli elementi, o perché viene uno spunto da chi gestisce la redazione o da altri; se ne comincia a parlare; la proposta si porta al vaglio del direttore e, compatibilmente con la spesa (evidentemente c'è anche un discorso di costi), si decide di coprirla.
Io me ne sono cominciata ad occupare alla fine del 1990 e ho seguito tutto il Corno d'Africa, oltre ad altre aree del Medio Oriente. La Somalia, a differenza di oggi che continua ad essere nel caos e non si segue, era un'area considerata d'interesse. Quindi, andare a raccontare anche la fase precedente l'intervento multinazionale, senza dover documentare l'attività dei contingenti sul territorio, era considerato, dal punto di vista giornalistico, un buon investimento, perché la Somalia, per mille ragioni, era vicina all'Italia e quindi si riteneva che parlarne interessasse il pubblico. Si formula così la decisione di andare.
PRESIDENTE. Chi era il direttore di testata in quegli anni?
CARMEN LASORELLA. Se ne sono alternati diversi. Le prime volte c'era Alberto La Volpe; poi successivamente nel 1995 c'era Clemente Minun e prima Paolo Galimberti.
PRESIDENTE. Ho capito il percorso della decisione, ma l'incarico che le veniva conferito era, di volta in volta, diverso con una sua specificità, magari per ripetere i sondaggi e i servizi della volta precedente e per aggiornarli. Il contenuto dell'incarico a lei conferito era specificato? Si diceva «Vai a fare questo servizio per fare questo tipo di accertamento o questo tipo di indagine», oppure no?
CARMEN LASORELLA. Assolutamente no. Nel momento in cui c'è un'attualità di cronaca, è normale che si vada per raccontare in primis la cronaca che occupa l'informazione internazionale. È altrettanto vero che, come sempre, quando si è
un inviato e si va sui luoghi, si parte dal fatto che occupa la prima pagina e che ha giustificato la partenza per raccontare e poi, via via, il resto sta all'abilità del giornalista, alle conoscenze e ai contatti che ha e alle richieste che gli vengono dalle testate (se il fatto tira, le testate chiederanno molti pezzi, se non tira, ne chiederanno pochi), e si passa dalla stretta attualità e della cronaca alle storie, che sono non di secondo livello però, in fondo, riempiono l'informazione quando la forza dell'attualità legata alle notizie inevitabili è scemata.
Quindi, non si va con un mandato preciso, fermo restando che ci sono le ragioni che richiedono la presenza di un corrispondente, di un giornalista e quindi oltre al fatto principale, tutto il resto che viene nasce dai contatti, dal lavoro fatto sul territorio da tutte quelle cose che erano state seminate e create (reti, contatti, eccetera).
PRESIDENTE. C'è stato qualcuno che ha dichiarato, con riferimento alla vicenda toccata ad Ilaria Alpi, ma sotto il profilo del conferimento degli incarichi - e lei si recò l'ultima volta in Somalia in occasione del ritiro del contingente italiano - che, se lei avesse inteso fare qualche cosa di ulteriore, sempre di tipo giornalistico, rispetto alla ragione appariscente del servizio che andava a fare in Somalia, ciò doveva essere oggetto di deliberazione o di autorizzazione da parte del direttore della testata.
CARMEN LASORELLA. Le posso dire questo, anche perché l'ho già dichiarato e lo dichiarerei comunque: Ilaria e Miran arrivarono un po' tardi. Intendo dire che, rispetto al primo livello dei fatti al quale mi riferivo, quello per il quale partono gli inviati, loro arrivarono quando gli altri erano già lì da diverso tempo.
PRESIDENTE. Lei parla dell'ultimo viaggio?
CARMEN LASORELLA. Sì, parlo dell'ultima volta. Tant'è che noi ci siamo incontrate mentre lei arrivava ed io ero già lì da più di una settimana. Lei mi disse «Mi hanno fatto partire tardi per ragioni organizzative», le solite cose che si raccontano quando ci sono dei problemi in redazione. Per il resto, in quel periodo c'erano normalmente dei voli dell'ONU, che venivano affissi in bacheca (un volo a sud, uno al centro, uno al nord), e si chiedeva ai giornalisti di mettere il nome sotto a quei voli (che erano l'unico mezzo per spostarsi) e quindi ci si prenotava. Lei mi chiese, per esempio, se volessi andare ed io le dissi che c'ero stata alcuni giorni prima.
CARMEN LASORELLA. Sì. E le dissi che avevamo già incontrato i personaggi sui luoghi.
PRESIDENTE. Compreso il sultano?
CARMEN LASORELLA. Compreso il sultano. Le dissi quindi che non sarei andata a Bosaso. Era una cosa normale, ci si scambiavano le informazioni. Adesso tutto sembra strano, ma era normale.
In questi casi, nel relais quotidiano con le redazioni è di norma che ci si senta, si chieda cosa si intende fare e si dica dove si ha intenzione di andare. Non è un dovere, ma fa parte del collegamento normale con le redazioni informarsi reciprocamente. Tra l'altro, in quel momento in Somalia la situazione sul territorio era diventata via via più pericolosa, perché all'annuncio della partenza dei contingenti, l'atmosfera era diventata pesante in quanto finivano le vacche grasse, c'era la consapevolezza che tutta un'economia basata sulla presenza dei contingenti multinazionali finiva. Non solo, ma i problemi della Somalia non erano risolti, tutt'altro, per cui gli animi erano accesi, c'era molta fibrillazione e noi sapevamo che il rischio era aumentato.
PRESIDENTE. La mia domanda era un pochino più circoscritta, aveva minore pretesa ed io la propongo nuovamente, in
un'altra ottica. Se fosse vero che Ilaria Alpi, andando in Somalia per registrare ciò che accadeva in occasione del rientro del contingente italiano, avesse deciso di fare qualche altra cosa, in particolare un'inchiesta che l'avrebbe portata - per ragioni che non possiamo dire allo stato degli atti - a Bosaso, per fare determinate indagini, questa particolarità doveva essere comunicata da Ilaria Alpi a qualcuno della redazione o della direzione della testata e doveva essere oggetto di autorizzazione?
CARMEN LASORELLA. A diecimila chilometri di distanza, è la persona che si trova sui luoghi che valuta cosa deve o non deve fare e come lo deve fare. Quindi, anche per una questione di sicurezza, ci si informa di dove si va, perché non si è in un luogo dove non succede niente, ma c'è un rischio, si comunica, ma non è che ci sia bisogno di un'autorizzazione da Roma.
PRESIDENTE. Non parlo di un'autorizzazione da Roma. Dico che, dovendo partire da Roma, quello che si intende fare...
CARMEN LASORELLA. Ma non si può predeterminare, caro presidente.
PRESIDENTE. Ci consenta: siccome dobbiamo confrontare le varie dichiarazioni, se le facciamo queste domande, ne abbiamo motivo.
CARMEN LASORELLA. Ho capito che lei vuole andare ad un punto preciso.
PRESIDENTE. La RAI decide di mandare Ilaria Alpi a fare cronaca e a registrare ciò che accade con riferimento alla questione del ritiro del contingente italiano. Ilaria Alpi voleva fare anche un'altra cosa: secondo alcune ricostruzioni, voleva fare un'indagine a Bosaso, riguardante determinati traffici (non so se sia vero o meno, dobbiamo accertarlo; siamo all'inizio dei nostri lavori e sarebbe scorretto fare affermazioni, tanto più in un momento prodromico come questo).
Premesso che Ilaria Alpi stava al TG3 e lei al TG2, per cui potrebbero esserci stati atteggiamenti diversi da parte delle due redazioni o direzioni, per quelle che sono le sue consapevolezze, trovandosi lei in una condizione come quella che le ho descritto, doveva avvertire, doveva essere autorizzata?
CARMEN LASORELLA. Io eliminerei completamente la parola «autorizzazione», perché si lavora in territori di un certo tipo. Quello che è normale è che ci sia uno scambio di informazioni con le redazioni per dire «Faccio questo, faccio quello» perché è fisiologico, ma partendo non accade mai che uno debba dire «Vado da A a B» e poi debba avere un'altra autorizzazione per andare da B a C.
PRESIDENTE. Ho capito. Quindi, chi dice che serviva un'autorizzazione, per quello che le risulta, non direbbe una cosa completamente esatta.
CARMEN LASORELLA. Le dico che nella mia esperienza non è mai capitato.
PRESIDENTE. Le misure di sicurezza dove e come si stabilivano? Chi le pagava? Lei che ha tanta esperienza per essere stata più volte in Somalia, credo in condizioni di pericolo non inferiore, anche perché sappiamo quello che le è accaduto, può dirci come avvenisse la decisione relativa alle modalità con le quali dare la sicurezza al giornalista che andava in Somalia?
CARMEN LASORELLA. Quando si va in zona di operazioni, la sicurezza è un valore che va preso per quello che è, nel senso che non c'è una sicurezza totale. Evidentemente ci si attrezza con la sicurezza possibile. Nel caso della Somalia, siccome c'era una serie di milizie sul territorio, che controllavano di volta in volta delle parti, in una situazione a macchia, era inevitabile avere una scorta, che serviva anche per evitare le rapine. Non dimentichiamo che non parlavamo in quei momenti di una guerra in cui si fronteggiavano
truppe regolari, lì c'erano dei miliziani. Quindi, ci si attrezzava con delle scorte. Molti colleghi sono arrivati soltanto quando c'erano i contingenti multinazionali e in quel caso molti hanno fatto la scelta di stare con tali contingenti, all'interno dei compound, una scelta rispettabilissima ma sicuramente non utile a capire quello che capitava attorno. Un po' tutti i giornalisti che avevano sempre seguito queste cose se ne sono avvalsi per quel tanto che giustificasse il distacco rispetto alle cose che si devono raccontare, poiché la norma è che se sono ospite di qualcuno devo usare qualche riguardo; se mi organizzo da me e faccio il mio lavoro, posso muovermi con più serenità ed autonomia.
Ci si organizzava in base alle conoscenze, al passaparola legato a chi era lì da più lungo tempo, per prendere dei somali considerati affidabili ma che rispondessero anche a caratteristiche di appartenenza clanica, perché ogni clan controllava una zona, per cui non c'era la scorta buona per tutto. Quando stavo a Mogadiscio nord avevo alcuni uomini e se andavo a Mogadiscio sud li cambiavo, perché non erano buoni per tutto. Bisognava, quindi, essere informati su quali fossero quelli giusti e magari averne più d'uno di clan diversi proprio per non rischiare di andare in una zona in cui consideravano già la tua scorta nemica. Ci si muoveva così e la sicurezza era garantita da queste scorte.
PRESIDENTE. Dove si deliberavano le scorte? Prima di partire si parlava di chi ingaggiare, di chi utilizzare, della spesa relativa?
CARMEN LASORELLA. Anche lì, quando si va in pochi ci si organizza in un certo modo e quando si comincia a diventare tanti anche quello diventa un business, per cui per esempio all'inizio le scorte costavano poco - fra l'altro, è un paese dove per pochi soldi si può avere molto - ma successivamente, quando è arrivata questa pioggia di giornalisti da tutto il mondo, anche le scorte sono aumentate, sono diventate un lavoro vero e proprio e i prezzi sono lievitati. Gli alberghi, come il Sahafi, che avevano contatti con queste scorte che venivano considerate affidabili, suggerivano a chi rivolgersi.
PRESIDENTE. Le avevo fatto un'altra domanda: prima di partire da Roma, voi vi consultavate, vi confrontavate?
CARMEN LASORELLA. Tra colleghi?
PRESIDENTE. I viaggi venivano di volta in volta organizzati. Nell'organizzazione, per quello che riguarda le ragioni del viaggio c'è un'elasticità che dipende dal fatto che il giornalista non sa che cosa si troverà davanti, per quello che riguarda l'ingaggio delle scorte...
CARMEN LASORELLA. Non veniva fatto da Roma.
PRESIDENTE. Certo che non veniva fatto da Roma, ma voi dicevate...
CARMEN LASORELLA. ...di quanta gente c'è bisogno; quanto si spenderà. Era sempre un dato presunto. All'inizio la scorta era di gran lunga meno numerosa e anche molto più economica; nel tempo e, in particolare, verso la fine, la situazione è cambiata. Le faccio un esempio: mentre fino al 1994 mettevo di scorta tre o quattro persone, ed era già tanto per i momenti difficili e i tragitti considerati particolarmente a rischio, quando sono andata nel 1995, ho avuto quasi venti persone di scorta, perché era un momento rischiosissimo - tra l'altro non ci volevo neanche andare, non per paura ma per una serie di ragioni di altro genere - in cui bisognava tener conto di mille cose e quindi bisognava dosare bene gli equilibri della scorta, anche perché poi ti imponevano degli altri. Erano cambiati i meccanismi.
Quindi, posso dirle che si pianificava da Roma quello che si poteva pianificare; il resto, nella fase iniziale, era molto lasciato ai singoli giornalisti che conoscevano il territorio e avevano i loro referenti e le
loro fonti. Successivamente, quando il rischio è aumentato, c'è stato anche un momento in cui con la RAI si è pianificato, soprattutto alla fine, perché c'erano state le vittime, i morti americani, i disastri, per cui si era pianificata una sicurezza a livello aziendale che non lasciava più i giornalisti e le testate liberi di organizzarsi, ma vedeva di predisporre degli strumenti comuni, anche in termini operativi. D'altro canto, bisogna trasmettere oltre che partire e quindi occorre avere linee di montaggio, eccetera. Si faceva, quindi, un piano di concertazione a livello aziendale. Io ho partecipato ad una cosa del genere.
PRESIDENTE. Quando lei ebbe una scorta di venti persone, nel 1995, la decisione fu presa sul posto, o fu assunta a Roma prima che partisse?
CARMEN LASORELLA. In quella occasione, posi delle condizioni, anche perché ero impegnata su altro in Italia e non volevo partire, però mi fu chiesto di partire ad ogni costo, per cui pretesi anzitutto di avere un telefono satellitare (oggi fa sorridere, ma in quel momento era merce rara) e posi una condizione pesante nel senso che volli molti uomini di scorta perché, dalle notizie che mi arrivavano dalla Somalia, sapevo che la situazione era decisamente pericolosa. Siccome i contingenti stavano ripiegando, noi ci saremmo trovati in un paese in cui di nuovo saltava tutto, perché quella parvenza di ordine, anche teorico, garantito dai contingenti finiva. A noi fu dato tutto perché in quel momento ero io che opponevo resistenza alla partenza.
PRESIDENTE. In altre occasioni ha chiesto e non ha avuto?
CARMEN LASORELLA. Sulla sicurezza non ho mai avuto problemi, anche perché le richieste erano assolutamente nella norma, erano le richieste che facevano tutti - le verifiche si potevano incrociare -, i colleghi della carta stampata, i colleghi della televisione, fermo restando che chi fa televisione, in situazioni come quelle, è più esposto perché la telecamera è più identificabile di un taccuino, per cui chi è con una troupe televisiva è assolutamente più a rischio. Inoltre, in luoghi come quelli la telecamera ha un valore, per cui c'è anche un rischio legato alla rapina, acuito dal fatto che ormai è noto che i giornalisti girano con soldi in contanti, perché in questi luoghi non ci sono banche e bisogna attrezzarsi in altra maniera.
PRESIDENTE. Che periodi di permanenza ha avuto per ogni viaggio?
CARMEN LASORELLA. Mediamente una quindicina di giorni.
PRESIDENTE. Dove alloggiava? Sempre allo stesso albergo, oppure cambiava?
CARMEN LASORELLA. No. All'inizio ho alloggiato presso un imprenditore di una società, l'unico occidentale che c'era quando la prima volta sono andata a Mogadiscio (non ricordo il nome di questo signore).
PRESIDENTE. A nord o a sud di Mogadiscio?
CARMEN LASORELLA. A Mogadiscio nord. Però, quando sono tornata la seconda volta la casa era completamente distrutta e saccheggiata e questo signore era partito per il Kenia, per cui non ci sono potuta più tornare. Però, questo signore (si chiama Nicola, ma non ricordo il cognome) mi presentò Giancarlo Marocchino che, in quel momento, era uno dei pochissimi occidentali, per di più italiano, che vivessero a Mogadiscio. Mi sono appoggiata molte volte a Giancarlo Marocchino, perché mi garantiva la scorta, degli uomini fidati sui quali potevo contare e che, in effetti, in ben due occasioni sono stati risolutivi - molto prima dell'agguato che mi ha coinvolto - per uscire da situazioni pericolose.
PRESIDENTE. E per l'abitazione'?
CARMEN LASORELLA. Per l'abitazione mi appoggiavo sempre a Giancarlo Marocchino.
PRESIDENTE. Che significa, che individuava l'albergo?
CARMEN LASORELLA. No, l'albergo non c'era. Anche il Sahafi è arrivato successivamente. Lui aveva queste case-fortezza, cioè un recinto con uomini fuori e dentro, con all'interno un'unità grande ed altre piccole, e noi pagavamo questo tipo di alloggio all'interno di questo compound.
PRESIDENTE. Torneremo su Marocchino. Intanto, poiché lei ha affermato che Marocchino le garantiva la scorta...
CARMEN LASORELLA. Marocchino mi ha messo in condizione di avere la scorta.
PRESIDENTE. In che senso e perché Marocchino era in condizione di farle avere una scorta sicura?
CARMEN LASORELLA. Sono andata in Somalia prima che arrivassero i contingenti, quando il paese era assolutamente distrutto, pieno di morti, devastato dalla guerra civile, un paese in cui mancavano completamente i punti di riferimento e non c'erano presenze internazionali di sorta. Ho conosciuto Marocchino un giorno all'aeroporto insieme a quell'imprenditore che poi è partito per il Kenia e non è più tornato in Somalia. Mi è stato presentato come uno che conosceva il territorio e i somali, per cui in quell'occasione - quindi prima del contingente - ho stabilito un rapporto con lui. Avendo verificato la serietà della gente che mi aveva messo a disposizione, e che io naturalmente pagavo, per avere un servizio di scorta, mi sono fidata. Nelle ulteriori occasioni in cui sono tornata in Somalia, siccome la soluzione aveva funzionato, ho continuato ad avvalermi delle sue indicazioni, però, come dicevo, la scorta cambiava perché le necessità si modificavano e bisognava prendere personale di scorta con delle caratteristiche diverse.
PRESIDENTE. Questo anche nell'ultimo viaggio del 1995?
CARMEN LASORELLA. Nel 1995 tutto è accaduto molto presto, perché io sono rimasta vittima dell'agguato non molto tempo dopo che ero arrivata a Mogadiscio. In quella occasione, siccome dovevo lavorare soprattutto a Mogadiscio sud, non potevo avvalermi di Marocchino che era a Mogadiscio nord. Quindi, mi sono organizzata per appoggiarmi presso un'altra «casa», avvalendomi, in quel caso, di indicazioni che venivano da un altro di questi italiani che hanno lunghe storie con la Somalia (mi pare che si chiami Travaglino), che aveva un punto di riferimento a sud.
PRESIDENTE. Quindi, l'unica volta in cui non si è interessato Marocchino, è successo quello che sappiamo!
CARMEN LASORELLA. Assolutamente no, perché - ripeto - dovevo operare soprattutto a sud e quindi non aveva senso che stabilissi la mia base a nord.
Per quanto riguarda Marocchino, anche in quell'occasione mi chiese se volevo avvalermi del suo aiuto, però la logistica era tale per cui avrei dovuto ogni volta fare un viaggio, affrontando aree estremamente pericolose. Dovendo lavorare a sud, non aveva senso vivere a nord.
PRESIDENTE. Che distanza c'è tra sud e nord?
CARMEN LASORELLA. Non è tanto una questione di distanza. Sono complessivamente cinque o sei chilometri, però sono pericolosissimi, divisi tra quartieri e bande, ciascuna delle quali frequenta e controlla un quartiere, con dei tratti molto scoperti.
PRESIDENTE. Questo anche nel 1995?
CARMEN LASORELLA. Questo soprattutto nel 1995.
PRESIDENTE. In quali località si è recata in Somalia?
CARMEN LASORELLA. Ho girato la Somalia in largo e in lungo. Se mi dà una cartina posso indicare luoghi, perché ora non li ricordo.
CARMEN LASORELLA. Sono stata a Bosaso più volte, a Bulo Burti... Sono stata un po' dappertutto, a nord, a sud, al centro, ad ovest, non ad est; sono stata al confine con l'Etiopia e con il Kenia, nelle regioni di Siad Barre.
PRESIDENTE. Trasmetteva i servizi direttamente dalla Somalia?
CARMEN LASORELLA. Tranne all'inizio, quando c'era la guerra civile e non c'era niente, per cui non si poteva trasmettere, dal momento in cui sono arrivati i contingenti e quindi l'interesse si è acceso (sulla spiaggia di Mogadiscio, quando sono sbarcati gli americani, c'erano 600 giornalisti) c'è stato tutto a disposizione. Se non c'era la possibilità di trasmettere con la RAI, trasmettevo sfruttando l'aiuto dei colleghi americani, oppure, in altre circostanze in cui non c'era una cronaca viva, si andava a trasmettere da Nairobi. Devo dire che ci si è organizzati sul territorio.
PRESIDENTE. Oltre a Marocchino con quali altri italiani ha trattato quando stava in Somalia?
CARMEN LASORELLA. Le varie organizzazioni NGO, anche italiane.
CARMEN LASORELLA. Il personale italiano di organizzazioni non governative. Di più non ricordo, è passato molto tempo.
PRESIDENTE. Altri giornalisti?
CARMEN LASORELLA. Giornalisti tutti: colleghi della carta stampata, dell'ANSA.
CARMEN LASORELLA. Certo, siamo amici. Mi pare proprio che ci siamo conosciuti sui luoghi.
PRESIDENTE. E persone non appartenenti al mondo del giornalismo, sempre italiane?
CARMEN LASORELLA. Personale delle organizzazioni non governative sul territorio. E poi militari, ovviamente.
PRESIDENTE. Ha conosciuto persone dei servizi italiani in Somalia?
CARMEN LASORELLA. Al telefono.
PRESIDENTE. Con chi ha parlato?
CARMEN LASORELLA. Un signore che si è qualificato «Paco».
PRESIDENTE. Era del SISDE? Del SISMI?
CARMEN LASORELLA. Immagino che fosse del SISMI.
PRESIDENTE. Si qualificò «Paco» in occasione di quale circostanza?
CARMEN LASORELLA. In occasione del mio agguato.
PRESIDENTE. Fu lui a chiamarla?
PRESIDENTE. La chiamò dall'Italia?
CARMEN LASORELLA. No, mi chiamò da Mogadiscio.
PRESIDENTE. Quali altri presenze di questo tipo ha incontrato a Mogadiscio o, comunque, in Somalia?
CARMEN LASORELLA. C'erano alcune persone del SISMI, ma non ci sono mai state occasioni per fare conversazione.
PRESIDENTE. Che significa «alcune persone del SISMI»?
CARMEN LASORELLA. Si diceva che quella persona potesse essere del SISMI, ma...
PRESIDENTE. Per esempio, quale persona? C'è un nome e un cognome oppure un'indicazione generica?
CARMEN LASORELLA. Come indicazione generica.
PRESIDENTE. Come indicazione generica: quella persona è del SISMI, quell'altra è del SISDE...
CARMEN LASORELLA. No, no, nel momento in cui c'era il contingente, specie nella prima parte, qualcuno si diceva che fosse del SISMI.
PRESIDENTE. Dunque, nomi e cognomi lei non è in grado di farcene, in questa sede.
CARMEN LASORELLA. Non sono in grado di farli anche perché non li conosco proprio.
PRESIDENTE. Non conosce i nomi o non conosce le persone?
CARMEN LASORELLA. Non conosco i nomi e, per quanto riguarda le persone, non ho avuto occasione di lavoro, non ho avuto occasione di scambio.
PRESIDENTE. Ci stava parlando dell'ambiente militare: con chi ha trattato?
CARMEN LASORELLA. Con vari comandanti del contingente italiano, oltre che, naturalmente, con i comandanti di tutti i contingenti: quello americano, quello francese e così via.
PRESIDENTE. Il generale Fiore l'ha conosciuto?
CARMEN LASORELLA. Sì, ho conosciuto il generale Fiore; ho conosciuto chi l'ha preceduto - Rossi -, ho conosciuto il generale Loi, ho conosciuto tutti quanti.
PRESIDENTE. Altri, in particolare, oltre a Fiore, Rossi e Loi?
CARMEN LASORELLA. Ho conosciuto l'allora colonnello Cantoni.
PRESIDENTE. Nel 1994, lei è stata in Somalia?
PRESIDENTE. E chi ha conosciuto, con chi ha trattato, dei militari?
CARMEN LASORELLA. Nel 1994 c'era Fiore, se non vado errata: trattavo con lui, con il colonnello Cantoni, con il capitano che era responsabile della squadra degli incursori - non c'è più, poverino, è morto - e...
PRESIDENTE. Ha conosciuto il colonnello Carlini?
CARMEN LASORELLA. Sì, l'ho conosciuto
CARMEN LASORELLA. Il più delle volte lo incontravo in ambasciata.
PRESIDENTE. Di altri ambienti italiani, ad esempio imprenditori, ne ha conosciuti? Ne ha incontrati, o trattati, in Somalia?
CARMEN LASORELLA. No, in quel periodo, in Somalia, di nuovi imprenditori non è che ne arrivassero. C'era, appunto, se vogliamo considerarlo tale, Marocchino, che comunque aveva delle macchine, eccetera. Poi, c'era soprattutto personale che lavorava nelle organizzazioni umanitarie.
PRESIDENTE. Marocchino chi era?
CARMEN LASORELLA. Un signore che viveva in Somalia da tantissimo tempo, che ha sposato con il rito locale una somala, molto vicina all'allora signore della guerra Ali Mahdi: si era, diciamo, ben introdotto in quell'ambito e, per sopravvivere in una realtà come quella, evidentemente, era riuscito ad avere relazioni non solo con una parte ma anche con le altre ...
PRESIDENTE. ... delle varie tribù fondamentali.
CARMEN LASORELLA. Sì, dei vari clan.
PRESIDENTE. Di che cosa si interessava in Somalia? Lei lo ha capito?
CARMEN LASORELLA. Marocchino aveva una serie di caterpillar e cose varie che, in una realtà come quella, sono oro perché servono piccole gru, mezzi per spostare e muovere merci, fare trasporti e così via. Per il resto, lui lavorava molto con un'organizzazione che faceva capo ad un personaggio - non mi ricordo se si chiamasse INTERSOS o qualcosa del genere - , che si occupava soprattutto di orfani, di bambini. Lui lavorava moltissimo per loro, per questo Willy (scusate, ma a distanza di tanto tempo non ricordo i cognomi), aiutava questa gente. Per il resto, il suo lavoro era quello di scaricare con i suoi mezzi le merci che arrivavano in porto, di garantire scambi, per cui metteva in contatto le persone. Faceva un lavoro che, probabilmente, si definirebbe da «faccendiere», da persona di questo genere, insomma.
PRESIDENTE. E l'oggetto di queste faccende, lei ha mai avuto la curiosità di capirlo? Se vuole, prima che lei ci risponda, possiamo chiudere il circuito audiovisivo.
CARMEN LASORELLA. No, le posso dire questo: si tratta di una persona che, a sua maniera, aveva una sua integrità, aveva un codice molto severo. Io l'ho visto fare degli atti - mi riferisco a quella comunità di ragazzi - di generosità straordinaria, quotidiani e non episodici, pericolosi (perché andare in quella zona era ogni volta un rischio). Per il resto, per poter vivere, doveva naturalmente mediare anche le esigenze dei vari clan somali; quindi, gli portava quello che magari richiedevano o cose di questo genere. Se lei mi sta chiedendo se facesse traffici illeciti, armi o quant'altro...
PRESIDENTE. No, non le ho chiesto questo; glielo chiederò dopo. Prima, vorrei sapere un'altra cosa. Marocchino aveva rapporti con queste persone di cui lei non conosce i nomi, a parte Paco, riferibili in qualche modo ai servizi italiani? Le ha mai detto Marocchino di essere un uomo dei servizi italiani?
CARMEN LASORELLA. Marocchino non mi ha mai detto di essere un uomo dei servizi italiani...
PRESIDENTE. Lei glielo ha chiesto?
CARMEN LASORELLA. Marocchino dava informazioni ai servizi italiani: questo glielo posso dire, senza chiederglielo.
PRESIDENTE. Le dava in Italia, le informazioni, o le dava in Somalia?
CARMEN LASORELLA. Le dava in Somalia. Presidente, consideri che, per i suoi rapporti con i vari clan e per il fatto, comunque, di lavorare per i vari clan in
una realtà dove non ci sono condizioni ordinarie, Marocchino naturalmente aveva notizie privilegiate rispetto a tutti gli altri; quindi, queste notizie credo che lui le abbia messe a conoscenza ...
PRESIDENTE. Dottoressa, noi approfittiamo della sua disponibilità perché una persona che è stata dieci volte in Somalia, tra il 1990 e il 1995, credo ne sappia più di tutti noi. Intanto, le chiedo una conferma: è vero o non è vero che ciascuno di questi due grandi clan - quello di Aidid e quello di Ali Mahdi - che, poi, ne avevano altri all'interno, avevano dei servizi di informazione, di intelligence?
CARMEN LASORELLA. Non dobbiamo leggerlo con la nostra chiave. Detto così, devo rispondere di no.
PRESIDENTE. E che cosa c'era, invece? L'informazione come se la procuravano?
CARMEN LASORELLA. In una realtà come quella somala, la delazione, il sistema di infiltrare persone è proprio connaturato.
PRESIDENTE. Allora, le chiedo: con queste - come dire? - microstrutture, che potevano avere lo scopo di creare sinergie informative, Marocchino, che lei sappia, aveva rapporti? Aveva rapporti con queste microstrutture, che chiamiamo in questo modo per convenzione?
CARMEN LASORELLA. Le posso dire questo: Marocchino usciva la mattina molto presto, andava al porto e lì, insieme ai suoi camalli, scaricava tonnellate di roba, quindi lavorava moltissimo, anche fisicamente. Non aveva proprio le caratteristiche per essere un uomo di un certo tipo.
Quello che posso dire, invece, è che, in quanto a contatto con dei clienti, lui raccoglieva informazioni. Questo è il discorso. Non immagini Marocchino come un personaggio di un certo tipo, perché non lo era. Marocchino era uno che si rimboccava le maniche, cominciava a lavorare la mattina prestissimo: io l'ho visto infinite volte, con i suoi uomini, fare lavori di fatica, quindi non aveva proprio le caratteristiche di una mente o, comunque, di qualcosa di altro genere. Questa, naturalmente, è una mia opinione, comunque riferita al suo mestiere.
Tra l'altro, vivendo in quel luogo fortificato - in Somalia non vi sono svaghi notturni, per cui appena imbruniva si tornava a casa, ci si chiudeva dentro casa, anche per evitare sorprese e problemi -, si svolgeva una vita che finiva alle nove e mezza, alle dieci, quando si andava a dormire.
PRESIDENTE. Lei ha fatto riferimento a questo problema dei traffici. Io non posso entrare nei particolari; le posso dire, però, che si sono svolte non poche inchieste in Italia, a cominciare dalla procura di Asti, rispetto alle quali Marocchino è stato più volte indagato, anche se devo dire per correttezza successivamente «archiviato», per usare una formula non corretta sul piano verbale ma, insomma, tanto per capirci. Dunque, si è lavorato moltissimo su alcuni di questi traffici, salvo non individuarne la illiceità; tuttavia, su attività riguardanti compravendita di armi, deposito, spedizione di rifiuti tossici - secondo alcuni, anche di tipo radioattivo - abbiamo elementi per poter dire che era una situazione reale, salvo riferirla o meno a Marocchino.
La mia domanda è: lei ha mai avuto occasione di sapere, da altri, di possibili interessamenti di Marocchino per queste attività? Marocchino ha mai fatto riferimento - mi rendo conto che la domanda è ingenua - a questo tipo di attività?
CARMEN LASORELLA. Rispondo «no» alla prima domanda e «no» alla seconda domanda.
PRESIDENTE. Sa che cosa era la Shifco?
CARMEN LASORELLA. Sì, ne ho sentito parlare, me ne sono anche occupata.
PRESIDENTE. E che ha scoperto?
CARMEN LASORELLA. Ripeto, in questo momento i ricordi non sono vivi nei dettagli, anche perché deve considerare, presidente, che io sono rimasta vittima di un agguato nel 1995, per cui ho preso tutta la materia e l'ho messa da una parte, per una ragione terra terra: continuare ad andare avanti.
PRESIDENTE. Ha ragione, lo capisco, però le dico che noi dobbiamo sapere chi ha ucciso Ilaria Alpi, se questo le può far ricordare qualcosa.
CARMEN LASORELLA. Si figuri, certo. Lo dico come forma mentis, per cui tante cose le ho proprio accantonate, non le ricordo nel senso letterale. Dunque, c'erano tante di queste società, sicuramente più di una, che commerciavano di tutto e che ritengo continuino a commerciare di tutto, perché è rimasta una situazione completamente priva di controllo. Della Shifco, certo, ho sentito parlare: arrivava su Bosaso, arrivava in altri porti franchi della Somalia...
PRESIDENTE. Che partiva da Talamone l'ha mai saputo?
CARMEN LASORELLA. Sì, l'ho sentito quando si è cominciato a mettere l'accento su tutto questo; nel mio lavoro, quando stavo in Somalia, francamente no, non l'ho saputo.
PRESIDENTE. E che ha sentito a proposito dei viaggi della Shifco, da Talamone a Bosaso?
CARMEN LASORELLA. Ne ho sentito non da fonti privilegiate; l'ho sentito, come altri utenti, dall'informazione che è stata data.
PRESIDENTE. Quindi, lei non ha mai avuto alcun sospetto. Ha mai fatto inchieste in Somalia, che le hanno consentito, magari anche occasionalmente, di imbattersi in qualcosa di particolare?
CARMEN LASORELLA. Guardi, mi sono occupata soprattutto della Croce rossa internazionale, che aveva creato degli scandali, per cui ho seguito inchieste internazionali che riguardavano un traffico sulla fame, la creazione di punti di smistamento, di vendita e non di distribuzione, di traffici di soldi che venivano dichiarati «rubati» quando, invece, erano stati sottratti. Insomma, ho seguito soprattutto questo tipo di cose. Per il resto, l'inchiesta era quotidiana, su quello che capitava e quel che accadeva. Sui fatti particolari che lei annota, le posso dire che a Bosaso ho incontrato Mugne non una ma più volte e credo che lo abbiano incontrato tutti i giornalisti che sono stati in Somalia, tutti.
PRESIDENTE. E che faceva Mugne?
CARMEN LASORELLA. Mugne faceva quello che fanno tanti somali per sopravvivere: piccoli traffici, contatti, gestire un presunto potere locale, quindi la capacità anche di fare favori, che - in un sistema dove non c'è una forma statuale - garantisce, poi, dei potentati.
PRESIDENTE. Lei non è stata mai sfiorata dal dubbio che potessero esservi dei traffici, intorno a personaggi che abbiamo ricordato, ad esempio Marocchino o Mugne? Noi abbiamo raccolto delle dichiarazioni secondo le quali tutti sapevano che la Somalia era un terminale importantissimo per il traffico di armi, che quel traffico era sulla bocca di tutti, per consapevolezze reali, e che era il terminale...
CARMEN LASORELLA. Presidente, posso dire solo questo: sono 4 mila chilometri di coste, senza controllo; di fronte, poi, c'è il golfo di Aden, quindi, è logico che...
PRESIDENTE. Ma queste cose le sono state riferite come normali?
CARMEN LASORELLA. I traffici di armi li hanno fatti tutti quanti; sono inchieste, evidentemente, che richiedono di
avere dei canali diretti e forti, che consentano di capire quando, dove e chi arrivi, altrimenti sono chiacchiere.
PRESIDENTE. Lei non ne ha avuti di questi canali?
CARMEN LASORELLA. Di questo tipo no, però tutti noi sapevamo che la sponda somala veniva usata da tutti quanti, dagli americani, eccetera; questo era un dato assolutamente diffuso.
CARMEN LASORELLA. Probabilmente, anche dagli italiani.
PRESIDENTE. Abbiamo parlato delle sue frequentazioni italiane in Somalia. Vogliamo parlare delle frequentazioni somale in Somalia? Chi ha conosciuto, in Somalia, con cui ha trattato in modo particolare, a parte le scorte?
CARMEN LASORELLA. Le scorte erano semplicemente dei ragazzi di scorta; per il resto ho conosciuto i vari capi...
PRESIDENTE. Aidid l'ha conosciuto?
CARMEN LASORELLA. Ho conosciuto tutti: ho conosciuto Aidid, ho conosciuto Ali Mahdi, ho conosciuto i responsabili nella parte sud, Morgan, tutti quanti: ho conosciuto e ho avuto contatti con tutti i capi della Somalia.
PRESIDENTE. Al sultano di Bosaso credo che lei abbia fatto un'intervista.
CARMEN LASORELLA. Sì, ho fatto un'intervista.
PRESIDENTE. Com'è arrivata al sultano di Bosaso e perché?
CARMEN LASORELLA. Guardi, ci arrivavamo tutti; era come una discesa, una cosa di una facilità totale.
CARMEN LASORELLA. Perché questi personaggi avevano anche piacere di farsi intervistare.
PRESIDENTE. Aveva rapporti, che lei sappia, con le navi della Shifco?
CARMEN LASORELLA. No, non lo so.
PRESIDENTE. Lei conosceva Ilaria Alpi?
PRESIDENTE. Lavoravate, però in testate diverse.
CARMEN LASORELLA. Sì, lei lavorava al TG3.
PRESIDENTE. Ilaria ha sempre lavorato al TG3?
CARMEN LASORELLA. Sì, credo di sì.
PRESIDENTE. Anche Ilaria era stata in Somalia altre volte, forse anche in virtù del fatto che parlava bene l'arabo, sebbene non sappia quanto sia vicina la lingua dei somali all'arabo.
CARMEN LASORELLA. È lo zwaili.
PRESIDENTE. Lei ha mai avuto occasione di parlare con Ilaria, data la coincidenza tra i vostri rispettivi interessi professionali per la Somalia? Avete mai parlato delle vostre esperienze, delle vostre consapevolezze?
CARMEN LASORELLA. L'unica volta che abbiamo fatto una chiacchierata un po' lunga, in un momento di calma - non è che ve ne fossero molti e, tra l'altro, non eravamo mai logisticamente negli stessi luoghi, quindi non è mai capitato di avere un momento di confidenza -, è stata proprio l'ultima volta. Lei era arrivata molto stanca, molto contrariata da questo ritardo (tutti erano lì già da tempo, mentre lei era arrivata tardi), in quanto in fondo era finita la stretta attualità e, quindi,
bisognava buttarsi sulle storie, altrimenti non vi era qualcosa da raccontare. Eravamo al compound italiano - tra l'altro, stavano smobilitando quella parte - e ci facemmo una chiacchierata su quel paese, che sembrava fosse condannato a perdere completamente la speranza. Facemmo proprio una chiacchierata sulla Somalia.
PRESIDENTE. Quando l'ha incontrata?
CARMEN LASORELLA. L'ho incontrata il giorno in cui è arrivata; ero lì, in un momento di pausa, dato che il lavoro grosso era finito - era finita, come dicevo, la stretta attualità - e, quindi, si stava decidendo su che cosa orientarsi...
PRESIDENTE. Quindi, Ilaria non aveva idea di niente? In questo colloquio, che per noi è molto importante, Ilaria Alpi le disse quello che voleva fare?
CARMEN LASORELLA. No, assolutamente. Mi disse che, appunto, giacché non c'era da fare a Mogadiscio, avrebbe magari fatto questi viaggi che offriva l'ONU: ce n'era uno a sud di Merka, ce n'era un altro che andava su, a Bosaso, e lei mi disse, appunto: «Vado a Merka o vado a Bosaso».
PRESIDENTE. Quindi, lei ci può dire che in effetti Ilaria non ha mostrato alcun particolare interesse per qualcosa...
CARMEN LASORELLA. In quell'occasione, no.
PRESIDENTE. Lei, poi, non l'ha più vista?
CARMEN LASORELLA. No, non l'ho più vista.
PRESIDENTE. Quindi, questa è l'ultima volta che l'ha incontrata. Ed era la prima volta che la incontrava, in Somalia?
CARMEN LASORELLA. No, no; ci siamo incontrate tantissime altre volte in Somalia.
PRESIDENTE. Questa, però, è l'ultima volta che la incontra in Somalia.
PRESIDENTE. E non le ha detto, in questa circostanza, che aveva un interesse per certe indagini, per certe cose?
CARMEN LASORELLA. No, non me lo ha detto.
PRESIDENTE. Glielo ha detto, in passato, in altre occasioni di incontro in Somalia?
PRESIDENTE. A Roma vi siete mai incontrate?
PRESIDENTE. Avete parlato delle vostre esperienze somale?
CARMEN LASORELLA. Sì, a volte, se capitava, perché no?, prendendo un caffè...
PRESIDENTE. Anche in queste occasioni non le ha mai esplicitato o esternato i risultati di una sua particolare indagine, di un suo particolare interesse? Non le ha mai fatto riferimento assolutamente a nulla?
PRESIDENTE. Ha conosciuto Miran Hrovatin?
CARMEN LASORELLA. L'ho conosciuto allora.
CARMEN LASORELLA. Sì, non lo conoscevo.
PRESIDENTE. Glielo ha presentato Ilaria Alpi? Erano insieme?
CARMEN LASORELLA. Sì, quando sono arrivati; tra l'altro, era una giornata caldissima, quindi erano stanchi e contrariati; avevano sulle spalle un lungo viaggio.
PRESIDENTE. Il giorno in cui Ilaria è morta, lei dove stava?
CARMEN LASORELLA. Ero appena rientrata a Roma. Sono partita il giorno prima; mi sembra che la data dell'omicidio sia il 20 marzo ...
PRESIDENTE. Sì, il 20 marzo. Colgo l'occasione per ricordare che sabato prossimo la nostra Commissione farà una commemorazione: se lei vuole venire, ci onorerà.
CARMEN LASORELLA. Volentieri. Dunque, io sono partita il giorno prima. Tra l'altro, siccome non c'erano notizie di Ilaria e essendo tra quelli che la conoscevano di più e meglio, l'autista di Ilaria venne da me, dicendomi che, appunto, Ilaria non tornava; lui era andato all'aeroporto perché gli avevano detto che sarebbero tornati, per cui sarebbe dovuto andare a prenderli, a rilevarli; invece, non erano tornati. Allora, noi attivammo dei canali - i canali somali e i canali dell'esercito, oltre ai canali delle ONG - per verificare se stessero a Bosaso (perché, infatti, erano partiti per Bosaso), se stessero bene e che problemi avessero. Questi riscontri ci dissero che era tutto a posto, che loro stavano per tornare e che sarebbero tornati, appunto, il giorno dopo. Ecco, questa è stata l'ultima cosa che ho fatto con riguardo ad Ilaria; per il resto, sono partita il 19, di pomeriggio, sono arrivata a Roma la mattina del 20 e dopo pochissime ore che ero qui - non mi ricordo, erano due o tre ore - è arrivata questa notizia tremenda che, ovviamente, mi ha sconvolto ed ha sconvolto tutti. Io ero arrivata con l'idea di fare un periodo di riposo, invece - ovviamente - sono andata in redazione perché ero forse l'ultima persona ad averla incontrata e che, tra l'altro, aveva avuto occasione di preoccuparsi - giacché vi era stata quella scomparsa, giacché non vi erano notizie delle sue cose - quindi ne parlammo e poi me ne occupai professionalmente, raccontando un po' il contesto e quello che era capitato.
PRESIDENTE. Ilaria Alpi, nell'occasione che abbiamo ricordato dell'incontro in Somalia, si lamentò con lei dell'insufficienza della scorta?
CARMEN LASORELLA. No, si lamentò del fatto che erano partiti all'ultimo momento e con pochi soldi.
PRESIDENTE. La ringrazio, dottoressa, per il momento non ho altre domande da fare. Do ora la parola all'onorevole De Brasi.
RAFFAELLO DE BRASI. Dottoressa, lei sa che ci sono diverse ipotesi sull'uccisione di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Una di queste è legata all'idea che sia avvenuta per rapina. Qualche cenno lei lo ha già fatto precedentemente, quando ha parlato della sicurezza e del valore attribuito dalle bande ad oggetti come la telecamera. Le chiedo: voi avvertivate il pericolo di essere rapinati?
CARMEN LASORELLA. Io sono stata rapinata.
RAFFAELLO DE BRASI. Dunque, lei ha fatto questa esperienza personalmente. Può dirci come è avvenuta questa rapina, per cortesia?
CARMEN LASORELLA. Ci eravamo fermati per fare delle riprese nei pressi del palazzo della posta a Mogadiscio, perché c'erano, tra l'altro, molti gruppi, c'era una situazione di fermento; sia chiaro, la posta non veniva più smistata, era chiamato «palazzo della posta» ma non rispondeva
più a quella funzione; tuttavia, era un luogo di raduni, di gruppi e così via. Dunque, ci eravamo fermati a fare delle riprese perché avevamo visto alcuni capannelli. Al momento di salire in macchina - eravamo io, l'operatore, l'autista e due persone di scorta - si sono avvicinati dei ragazzi che non hanno dato tempo alla scorta di muoversi: ci hanno puntato addosso le canne dei kalashnikov, perché i finestrini erano aperti, e hanno preteso la telecamera, che era nelle mani dell'operatore. Io gli ho detto di dargliela, lui lo ha fatto; sono rimasti così, erano probabilmente perplessi se chiederci altre cose; si sono accorti che lui aveva un orologio e glielo hanno rubato; io avevo un orologino, che non gli è piaciuto e, quindi non se lo sono preso. Comunque, era una situazione assolutamente pericolosa perché erano molto giovani, quindi bastava un niente, bastava un gesto, una qualsiasi sciocchezza e avrebbero sparato, perché avevano le armi senza sicura.
RAFFAELLO DE BRASI. Spesso, per contraddire la tesi della rapina, si sostiene - secondo me con qualche fondamento, però volevo chiederle se nella sua esperienza diretta lo può confermare - che le modalità con le quali è avvenuto l'agguato (un commando armato ad un certo punto si accosta, taglia la strada, qualcuno scende e si mette a sparare) contraddicano l'ipotesi della rapina; fra l'altro, nulla è stato rapinato, nulla è stato preso dalla macchina; certo, qualcuno sostiene che la manovra all'indietro fatta dall'autista abbia in qualche modo allontanato la possibilità di prendere qualcosa. Comunque, dalla sua esperienza e dall'esperienza di altri giornalisti che abbiano subìto rapine, le sembra che quell'agguato, per le sue modalità, contraddica l'ipotesi della rapina? Ovviamente, le chiedo un parere personale, non la verità, che nessuno di noi ancora conosce.
CARMEN LASORELLA. L'unica cosa che le posso dire è che, in quel momento, loro avevano solo un jirall di scorta: un jirall è considerato un somalo di casta inferiore e si considera poca cosa. Per il resto, sulle modalità francamente non saprei dire, perché c'è la parola di alcuni somali, che però hanno detto tutto e il contrario di tutto.
RAFFAELLO DE BRASI. Vi è, poi, l'ipotesi della vendetta; c'era un clima di odio verso gli italiani, verso i giornalisti italiani? Abbiamo discusso, in Commissione, in diverse occasioni, su quale fosse lo stato d'animo dei somali. Mi riferisco a Mogadiscio nord, dove è avvenuto l'omicidio e mi riferisco ai gruppi che erano legati a Ali Mahdi, che controllava quella zona.
CARMEN LASORELLA. Consideri, però, che Ali Mahdi non era neanche più forte come lo era prima. Molte cose sono cambiate, in questo periodo, per cui Ali Mahdi non era più il signore della guerra che controllava tutta l'area. Nel frattempo, c'erano stati nuovi esponenti che avevano conquistato potere e, quindi, fasce di influenza.
RAFFAELLO DE BRASI. Siccome si è sostenuta l'ipotesi della vendetta perché gli italiani avevano commesso violenze o perché...
CARMEN LASORELLA. Posso dire che il clima era pesantissimo. Era pesantissimo nei confronti degli occidentali in senso lato; anche dei giornalisti, perché si riteneva che non avessero fatto bene il loro lavoro, perché lasciavano che la gente se ne andasse, che i contingenti lasciassero il territorio; quindi, si riteneva che non avessero portato all'attenzione il problema somalo. I giornalisti erano, comunque, una merce pregiata, perché avevano con sé dei soldi. Tra l'altro, era circolata una notizia negli ultimi giorni, tant'è che prima di partire dissi che la facessero sapere a loro, che erano stati fuori e che non erano stati a Mogadiscio negli ultimi giorni: tornando, avrebbero trovato una Mogadiscio cambiata, perché il clima era sensibilmente peggiorato; c'era una minaccia...
RAFFAELLO DE BRASI. In poco tempo, diciamo.
CARMEN LASORELLA. In pochissimo tempo, perché era girata la voce che loro volessero fare una cosa eclatante a danno di un bianco, di un occidentale, possibilmente di un italiano, fosse stato un giornalista o altro; c'era un clima pesante, molto pesante.
RAFFAELLO DE BRASI. Quando dice «loro», si riferisce a qualcuno in particolare o parla in generale?
CARMEN LASORELLA. C'era questo atteggiamento, comunque, a vario titolo, da vari clan espresso come un senso di grande rivalsa nei confronti dell'occidentale che se ne andava senza aver portato loro niente.
RAFFAELLO DE BRASI. Vorrei farle alcune brevissime domande sulla sua visita a Bosaso. Lei ha detto che è stata ripetutamente a Bosaso.
CARMEN LASORELLA. Ci sono stata due o tre volte.
RAFFAELLO DE BRASI. E ha incontrato anche il cosiddetto sultano.
RAFFAELLO DE BRASI. Lei ha visto l'intervista fatta da Ilaria Alpi al sultano?
RAFFAELLO DE BRASI. Ha trovato in quell'intervista qualcosa di nuovo, di inquietante? Qual è stata la sua valutazione su quell'intervista, visto che lei aveva già incontrato il sultano? Tra l'altro, vorrei chiederle se anche lei lo ha intervistato.
CARMEN LASORELLA. Sì, l'ho intervistato. Le posso dire che, purtroppo, questi interlocutori non erano mai affidabili, quindi in qualche modo modulavano le interviste. Alcuni di loro, tra l'altro, chiedevano dei soldi; nel caso di Mugne, io non ho pagato, ma alcuni di questi chiedevano soldi per essere intervistati, quindi modulavano le interviste per mantenere vivo l'interesse, per cui ad uno dicevano una cosa ad uno un'altra, in modo tale che distribuissero il loro tempo e anche la loro ...
RAFFAELLO DE BRASI. Mi scusi, lei parla di Mugne; io mi stavo riferendo, però, al sultano Bogor.
CARMEN LASORELLA. Ho incontrato entrambi, comunque.
RAFFAELLO DE BRASI. Si sentiva in qualche modo controllata dagli uomini del sultano, quando ha fatto queste visite?
CARMEN LASORELLA. Sicuramente.
RAFFAELLO DE BRASI. Era, quindi, controllata: questo mi sembrava chiaro, sia per lei, sia per Ilaria Alpi.
Nella comunità giornalistica si conosceva la notizia che era stata sequestrata una nave della Shifco - con tre italiani a bordo - e che c'era una trattativa per il dissequestro? La cosa era conosciuta al Ministero degli esteri, però non era stata rivelata. Le risulta?
CARMEN LASORELLA. Rischio di essere imprecisa. Credo, comunque, di aver appreso questa notizia una volta tornata in Italia; non l'ho appresa sui luoghi; non mi pare, non ricordo.
RAFFAELLO DE BRASI. Era una notizia comunque interessante.
CARMEN LASORELLA. Sicuramente.
RAFFAELLO DE BRASI. Ho chiesto questa cosa anche a Massimo Loche, perché quando Ilaria Alpi gli telefonò gli disse: «È una cosa grossa, una notizia importante».
PRESIDENTE. Onorevole De Brasi, Loche ha smentito di aver parlato di una cosa grossa: ha parlato di una cosa importante sul piano giornalistico.
RAFFAELLO DE BRASI. È stato lui stesso, allora, a parlare di una cosa grossa. Sì, giusto, mi sembra di ricordare che era stato lui ad aver in qualche modo enfatizzato quella notizia. Comunque, dottoressa, dal punto di vista giornalistico, questa notizia l'avrebbe ritenuta interessante, importante?
CARMEN LASORELLA. Sì, l'avrei ritenuta sicuramente interessante...
RAFFAELLO DE BRASI. Anche perché si trattava, come lei sa bene, di quelle navi sulle quali Ilaria Alpi indagava, in quanto il sospetto era che queste navi...
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole De Brasi: questa è un'affermazione o una domanda? Queste domande io le ho già fatte alla dottoressa Lasorella, la quale mi ha dato una risposta che tutti quanti abbiamo appreso, ovvero di non essere in grado assolutamente di dire queste cose, a proposito dei traffici. Vorrei sapere, allora, se la sua è una domanda o un'affermazione, in modo tale che la dottoressa possa rispondere adeguatamente.
RAFFAELLO DE BRASI. Presidente, la mia domanda era quella che ho fatto in precedenza, in quanto volevo sapere se c'era stata notizia di questo sequestro; e la dottoressa, su questo, mi ha già risposto.
Dottoressa Lasorella, le rivolgo un'altra domanda: era abbastanza ricorrente o usuale che gli aerei ONU, di cui si servivano i giornalisti, avessero - oltre a ritardi, ovviamente - anticipi molto lunghi, magari senza alcun tipo di comunicazione? Lei sa, infatti, che Ilaria Alpi voleva tornare ma non ce l'ha fatta, perché ha perso l'aereo.
CARMEN LASORELLA. Consideri che loro facevano queste operazioni di trasporto dei giornalisti, dando una lista dei luoghi dove sarebbero andati. Non c'era, ovviamente, il ritorno, nel senso che andavano, lasciavano i giornalisti, poi rientravano; poi, ritornavano a prenderli: quindi, se si saltava quel passaggio, si doveva aspettare il successivo. In quel caso l'aereo era tornato, ma loro avevano deciso di restare: non è che loro avessero perso l'aereo o che l'aereo fosse partito tardi. L'aereo era andato, loro non erano saliti, erano rimasti a Bosaso, poi sono tornati con il successivo; tant'è che venne da me l'autista di Ilaria dicendo che non si trovavano sull'aereo che era tornato.
RAFFAELLO DE BRASI. Però, siccome in audizione è apparsa l'idea che vi sia stato un ritardo voluto dell'aereo, perché non era ancora pronto l'attentato, l'agguato, la mia domanda era come fosse possibile...
CARMEN LASORELLA. Mi scusi, non ho capito.
RAFFAELLO DE BRASI. Ilaria doveva tornare a Mogadiscio prima del giorno in cui è effettivamente arrivata, se non sbaglio due giorni prima. Quindi, sembrerebbe che non si sia fatta ritornare appositamente a Mogadiscio, per preparare meglio l'agguato: questa è una delle tesi che ho sentito.
CARMEN LASORELLA. Le ripeto, noi abbiamo fatto un check dopo la segnalazione dell'autista, che era venuto da me dicendo che Ilaria non era tornata. Abbiamo fatto un check via radio, attraverso fonti somale, attraverso fonti dell'esercito e delle ONG e abbiamo saputo che erano tranquillamente a Bosaso, direttamente da fonti ...
RAFFAELLO DE BRASI. Lo avevano deciso loro?
CARMEN LASORELLA. Sì, assolutamente, che sarebbero tornati con il successivo aereo.
RAFFAELLO DE BRASI. Questo è un fatto importante, che sdrammatizza un po' almeno questo aspetto. Lei conosceva l'autista di Ilaria Alpi?
CARMEN LASORELLA. Sì, lo conoscevo perché lo avevo visto con loro, non è che già lo conoscessi: non aveva mai lavorato per me. Sapevo che lavorava per loro, fu lui ad avvicinarsi - e io lo riconobbi - dicendomi che non erano tornati e, quindi, chiedeva notizie, tant'è che a quel punto si innescò quel meccanismo di informazione...
RAFFAELLO DE BRASI. Quindi, fu lui che si preoccupò.
CARMEN LASORELLA. Sì, lui venne da me e mi disse: «Sono venuto a prenderli, ma non sono tornati. L'aereo è arrivato e non sono tornati». Allora, noi ci preoccupammo e, quindi, avviammo questa minima informazione ...
RAFFAELLO DE BRASI. Le risulta che Ilaria Alpi avesse fiducia in questo autista?
CARMEN LASORELLA. Guardi, non ...
RAFFAELLO DE BRASI. Non lo sa. L'ultima domanda riguarda Marocchino. Nella frequentazione di Marocchino, ha mai avuto la percezione che lui avesse un rapporto usuale, ad esempio, con Rajola Pescarini?
CARMEN LASORELLA. No, usuale no.
RAFFAELLO DE BRASI. È chiaro che se lui era un informatore - o, come dice qualcuno, un agente - del SISMI, con Rajola Pescarini un rapporto doveva averlo. Comunque, lei non ha mai verificato un rapporto assiduo con Rajola Pescarini?
RAFFAELLO DE BRASI. E con il signor Mugne?
CARMEN LASORELLA. Le ripeto, chi vive e lavora in quella realtà deve avere contatti e rapporti. Però, diciamo che erano nella fisiologia.
RAFFAELLO DE BRASI. Non ha notato un rapporto particolare?
CARMEN LASORELLA. No, assolutamente.
RAFFAELLO DE BRASI. E il rapporto con quello che poi è diventato il capo dei servizi segreti, almeno dalla parte di Ali Mahdi, cioè il generale Ahmed Gilao?
CARMEN LASORELLA. Gilao è un uomo per tutte le stagioni che è stato al servizio di tutti e faceva il triplo, quadruplo, quintuplo gioco. Lavorava un po' per tutti.
RAFFAELLO DE BRASI. Aveva un rapporto con Marocchino?
CARMEN LASORELLA. In quella realtà ci si conosceva un po' tutti. Ma se lei parla di un vero rapporto, no.
RAFFAELLO DE BRASI. Di frequentazione.
PRESIDENTE. Prego, onorevole Motta.
CARMEN MOTTA. Relativamente a Marocchino, lei ha descritto sinteticamente lo stile di vita di questo imprenditore italiano che viveva in Somalia. Lei ha parlato di una persona che si alzava al mattino presto e lavorava fino a sera tardi.
CARMEN LASORELLA. Fino al calare del sole.
CARMEN MOTTA. Tra l'altro, non c'erano possibilità alternative che consentissero di distrarsi. Una vita, quindi, tutto sommato, abbastanza intensa ma ritirata. La mia domanda è la seguente: quale impressione ha maturato lei in questa
conoscenza prolungata nel tempo? Questa vita era condotta perché questo signore aveva interessi personali di tipo economico, finanziario, nel senso che pensava che, una volta finita la guerra civile, si potesse impiantare un'attività molto remunerativa, oppure questa attività intensa di lavoro era una copertura per un servizio per il proprio paese, aveva cioè lo scopo di non farsi vedere nullafacente?
CARMEN LASORELLA. Lui era lì da prima.
CARMEN MOTTA. Oppure si tratta del caso - che chiunque di noi può avere verificato recandosi in paesi così diversi dai nostri e così poco strutturati - di una persona che fa un po' di tutto, diventa un punto di riferimento e resta lì perché ha intessuto delle relazioni e dei rapporti, anche di potere, e non solo di amore nei confronti del paese?
CARMEN MOTTA. Mi sono permessa di fare questa brevissima panoramica delle possibili motivazioni perché questo personaggio a noi pare un punto di snodo per le relazioni che intratteneva in Somalia, per quelle che comunque aveva con rappresentanti italiani di diversa provenienza e anche per la conoscenza che ha avuto modo di avere con lei, con Ilaria Alpi e con altri. Sicuramente, nel bene e nel male, è un punto di snodo.
CARMEN LASORELLA. Sicuramente quest'uomo che vive lì da tanto tempo ha coltivato - ed ora coltiva con minori speranze - il sogno che quel paese uscisse dall'emergenza permanente. Aveva un rapporto forte con i luoghi ed anche con la vita somala. Che lui svolgesse un'attività di lavoro solo di copertura... lui era lì da prima e posso anche dire che, in una fase iniziale, chi arriva si appoggia a chi c'è, ma si muove con diffidenza per non sbagliare. Ho visto che a lui facevano fare mille controlli prima di entrare, mentre noi entravamo come treni quando andavamo nei luoghi in cui c'era il contingente. Quindi, non era in una fase iniziale di «buona» rispetto all'esercito. Poi, invece, siccome aveva i contatti e i ruoli che si creano stando sui luoghi, imparando a campare, stabilendo delle relazioni, facendo favori (non so fino a che punto arrivasse), è diventato prezioso, perché evidentemente, conoscendo gli interlocutori, evitava che il contingente italiano si trovasse in situazioni spiacevolissime. Non dimentichiamo che Marocchino è stato anche arrestato dagli americani perché era un personaggio che per certi versi dava fastidio, in quanto il contingente italiano riusciva a risolvere alcune cose, a volte pagando (alcune situazioni sono state pagate per evitare problemi), ma in altre proprio attraverso un'eccellente diplomazia e la conoscenza dei canali giusti e questo è stato offerto da Marocchino. Era un personaggio visto dagli altri anche con un certo fastidio, perché riusciva a risolvere quello che magari un dispiegamento di intelligence strutturata e potente come quella americana non riusciva a fare. Quest'uomo riusciva a volte a fare cose straordinarie.
Se rappresentasse un interlocutore di affari e conoscenze, lo era sicuramente per tutti.
CARMEN MOTTA. Lei ha avuto modo di rappresentare ai genitori di Ilaria Alpi il fatto che non aveva preso l'aereo da Bosaso per Mogadiscio per una scelta?
CARMEN LASORELLA. Ho deposto altre volte nell'immediatezza della tragedia che ha riguardato Miran e Ilaria e ho incontrato i genitori. Io insieme ad altri abbiamo rappresentato le nostre conoscenze, tra l'altro freschissime in quel momento, e abbiamo detto tutto quello che dovevamo dire.
PRESIDENTE. Prego, onorevole Deiana.
ELETTRA DEIANA. Dottoressa Lasorella, lei questa sera ha esposto un particolare che ho sentito per la prima volta,
e cioè che nel colloquio che ha avuto con Ilaria Alpi il giorno che è arrivata a Mogadiscio, dopo l'apice dell'interesse di cronaca per quello che stava avvenendo, Ilaria le ha detto che avrebbe cercato di fare qualcosa a Bosaso o a Merka.
CARMEN LASORELLA. Ha detto a Bosaso, a Merka, in altri luoghi; parlava di andare in una delle destinazioni segnalate dall'ONU.
ELETTRA DEIANA. Questo è un dato di estremo interesse per noi, perché se è vera l'ipotesi dell'agguato preordinato in ragione del fatto che Ilaria Alpi aveva portato alla luce alcuni fatti di grande rilievo che toccavano degli interessi o delle coperture, qualcosa che aveva messo in moto gli elementi che si sarebbero rivelati rischiosi per lei, sapere se si sia mossa seguendo una pista o meno è un dato rilevante.
Siccome il colloquio è avvenuto il primo giorno, a lei risulta che nei giorni successivi (mi sembra che Ilaria Alpi e Miran Hrovatin si recarono a Bosaso dopo circa una settimana) lei avesse maturato una decisione?
CARMEN LASORELLA. Non mi risulta, perché poi non abbiamo avuto occasione di incontrarci.
ELETTRA DEIANA. Nulla vieta di pensare che in quei giorni lei avesse maturato una decisione sulla base...
CARMEN LASORELLA. Assolutamente, non lo escludo.
ELETTRA DEIANA. Da quello che ci è stato raccontato circa il viaggio di ritorno da Bosaso, mi sembra che l'aereo dell'ONU che loro dovevano prendere un certo giorno (mi pare quattro giorni prima del 20) fosse già partito al momento in cui loro si recarono all'aeroporto. Secondo quanto loro sapevano, l'aereo doveva partire alle 5 del pomeriggio, ma quando arrivarono era già partito.
CARMEN LASORELLA. Non so. Evidentemente erano voli schedulati dall'ONU.
ELETTRA DEIANA. Sulla base di che cosa lei dice che loro avevano deciso di restare là?
CARMEN LASORELLA. Io ero in aeroporto perché me ne stavo andando; l'autista venne da me e mi disse che l'aereo era tornato e loro non c'erano. Allora noi facemmo fare delle telefonate e ci arrivò la risposta da Bosaso e da fonti incrociate (somale, esercito e NGO) dalle quali sapemmo che loro erano tranquillamente a Bosaso, che non c'era nessun problema e che avrebbero preso l'aereo successivo.
ELETTRA DEIANA. Sì, ma in queste notizie non c'è quella che loro avevano scelto di restare lì ancora qualche giorno.
CARMEN LASORELLA. La notizia che a noi interessava era quella che riguardava la salute.
PRESIDENTE. Abbiamo capito male, anch'io ho capito male. La domanda è molto opportuna.
ELETTRA DEIANA. Certo. A me interessa sapere se l'osservazione che ha fatto prima è sua, casuale, oppure...
CARMEN LASORELLA. Cioè che loro avevano deciso di rimanere?
ELETTRA DEIANA. Non le risulta che loro avessero deciso di rimanere?
CARMEN LASORELLA. Loro avevano deciso di non partire con quell'aereo e di prendere quello successivo.
ELETTRA DEIANA. Così le è stato detto?
CARMEN LASORELLA. A me è stato detto che stavano lì tranquillamente, che non avevano preso quell'aereo e che sarebbero tornati con il successivo.
ELETTRA DEIANA. Ho capito, ma non lo avevano preso perché avevano scelto di non prenderlo o perché l'aereo era partito prima e non avevano potuto prenderlo?
CARMEN LASORELLA. La percezione che io ho ricevuto e che credo abbiano ricevuto anche gli altri, che poi fecero materialmente la verifica, fu che loro stessero in quel momento in pausa e che quindi sarebbero tornati con il volo successivo. Questo è quello che è stato riferito.
ELETTRA DEIANA. La pausa può essere forzata o scelta.
CARMEN LASORELLA. Loro avevano deciso di non prendere quel volo. Erano lì molto tranquillamente e sarebbero tornati con il volo successivo.
PRESIDENTE. Chi glielo ha detto questo?
ELETTRA DEIANA. La risposta non è precisa. Lei mi deve dire se le hanno detto...
CARMEN LASORELLA. Mi perdoni, io le posso dire solo una cosa, perché io personalmente non ho parlato con loro. Sono state fatte le ricerche dall'esercito, dai contatti...
ELETTRA DEIANA. Dal check ha potuto con certezza appurare che i due erano ancora a Bosaso e godevano di ottima salute.
CARMEN LASORELLA. No, il fatto che loro avevano deciso di prendere il volo successivo. Questo mi è stato detto.
ELETTRA DEIANA. Il fatto che avessero deciso di prendere il volo successivo non significa niente, cioè non spiega se siano stati costretti per un disguido dell'aereo o se abbiano fatto una scelta.
CARMEN LASORELLA. Dica come vuole, io le dico solo che loro avevano deciso. A me è stato riferito «Hanno deciso di prendere il volo successivo».
PRESIDENTE. Lei con chi ha parlato? Ha parlato per telefono, per radio?
CARMEN LASORELLA. Io ero all'aeroporto; c'era il colonnello Cantone, il numero due di Fiore e c'erano le fonti somale che con i baracchini si sono messe in contatto con Bosaso; c'erano anche le NGO che a loro volta avevano i loro contatti su Bosaso; c'era anche la persona della cooperazione che ospitava a casa sua Miran.
PRESIDENTE. Lei con chi ha parlato? Questa è una teoria di persone!
CARMEN LASORELLA. Io ero in aeroporto in attesa di imbarcarmi. Ho parlato con Cantone e con i somali che avevano stabilito il contatto via radio.
PRESIDENTE. Che cosa le ha detto Cantone?
CARMEN LASORELLA. Quello che gli ha riferito il marconista.
PRESIDENTE. E il marconista che cosa riferisce a Cantone?
CARMEN LASORELLA. Che loro sarebbero tornati con il volo successivo.
PRESIDENTE. Allora, il generale Cantone le ha comunicato che Ilaria Alpi e Miran Hrovatin sarebbero tornati con il volo successivo.
CARMEN LASORELLA. Che avrebbero preso il volo successivo.
PRESIDENTE. Le domando: altre cose le sono state dette, sì o no?
CARMEN LASORELLA. Senta, sono passati nove anni. Io le posso dire soltanto questo, le informazioni che ho ricevuto e cioè che era tutto tranquillo e sotto controllo e che loro avevano deciso di arrivare col volo successivo.
PRESIDENTE. Lei è maestra nel distinguere i fatti dalle opinioni e purtroppo anche i ricordi se non sono precisi diventano più opinioni che fatti.
CARMEN LASORELLA. Ma io questo l'ho dichiarato subito. È agli atti.
PRESIDENTE. Lei ci deve perdonare, ma noi abbiamo dei doveri ai quali dobbiamo ottemperare. La mia domanda era precisa: il generale Cantone è l'unica persona che le riferisce, o altri le riferiscono su questa circostanza precisa quando eravate all'aeroporto? Il suo interlocutore fu sono Cantone o furono anche altri?
CARMEN LASORELLA. Credo l'ufficiale che arrivò a portare la notizia, dicendo che aveva stabilito questo tipo di contatto.
PRESIDENTE. Allora lei non ha parlato con Cantone, ha parlato con l'ufficiale?
CARMEN LASORELLA. Io ero in attesa di imbarcarmi e c'erano con me il colonnello Cantone, l'operatore e altre persone.
PRESIDENTE. Ma lei con chi ha parlato? C'erano è una cosa, con chi ha parlato è un'altra cosa.
CARMEN LASORELLA. Avevo accanto a me Cantone.
PRESIDENTE. Quindi ha parlato con Cantone (averlo accanto non significa averci parlato)?
CARMEN LASORELLA. Io ero lì in attesa di imbarcarmi. È arrivata la notizia... mi scusi...
PRESIDENTE. Una cosa è che arriva la notizia, altra cosa è che lei l'apprende dalla voce di Tizio piuttosto che di Caio.
CARMEN LASORELLA. Mi perdoni, presidente...
PRESIDENTE. Se non ricorda, non ricorda...!
CARMEN LASORELLA. Voglio dire soltanto questo: io ho sollecitato il check perché da me è venuto l'autista. Questo è il primo presupposto: sono io che ho chiesto di farlo. Secondo presupposto: sono state fatte tre verifiche (esercito, fonte somala, NGO). Mentre ero lì è arrivata la notizia, portata da chi dell'esercito aveva stabilito...
PRESIDENTE. Deve dare un nome: chi?
CARMEN LASORELLA. Io avevo accanto a me il colonnello Cantone. Il nome di chi ha portato la notizia francamente non lo ricordo.
PRESIDENTE. Non ci interessa chi ha portato la notizia; ci interessa sapere se lei l'abbia avuta da chi l'ha portata o dal generale Cantone, perché dobbiamo fare un riscontro.
CARMEN LASORELLA. Non lo metto in dubbio. Le dico soltanto che mentre si attendeva abbiamo parlato di questo fatto: «Meno male. Tutto tranquillo. Hanno deciso di rimanere».
PRESIDENTE. Sì, ma queste sono sue percezioni. Io vorrei sapere se lei sia in grado di riferirci le parole che sono state dette.
PRESIDENTE. Le parole in questo senso: le è stato detto che sarebbero partiti il giorno dopo?
CARMEN LASORELLA. Senta, mi perdoni. Io le ho detto che avevano deciso di prendere il volo successivo.
PRESIDENTE. Benissimo, avevano deciso di prendere il volo successivo. Chi lo ha riferito a lei?
CARMEN LASORELLA. È arrivata questa notizia dopo... senta io non le posso...
CARMEN LASORELLA. Non ricordo.
PRESIDENTE. Questo è il problema. La cosa più bella è quella di non ricordare perché, non ricordando, ognuno ci mette quello che vuole.
CARMEN LASORELLA. Mi perdoni, ma tutto questo è agli atti, perché io sono stata sentita, per cui nel dettaglio basta leggere la deposizione.
PRESIDENTE. Queste sono valutazioni che faremo. Chiudo il mio intervento chiedendole se, oltre alla frase che ci ha riportato, siano state dette, o da lei sentite (lasci stare i discorsi che avete fatto), altre puntualizzazioni sull'argomento.
PRESIDENTE. Onorevole Bertucci, prego.
MAURIZIO BERTUCCI. Conosco il valore professionale della dottoressa Lasorella e quindi so benissimo che in zona di guerra, come era la Somalia allora, si può anche decidere senza sentire Roma.
Lei ha avuto tre direttori importanti, dopo La Volpe, Galimberti...
CARMEN LASORELLA. È venuto subito dopo Paolo Galimberti.
MAURIZIO BERTUCCI. Subito dopo. Era caporedattore agli esteri de la Repubblica e teneva moltissimo a questo settore.
Si è mai sentita sola rispetto alla RAI o i suoi direttori l'hanno seguita quando lei svolgeva questo lavoro importante?
Lei ritiene che un inviato non espertissimo come poteva essere Ilaria Alpi in quel momento potesse fare dei servizi senza sentire quantomeno il caporedattore agli esteri, per concordare i servizi che andavano fatti? Se doveva fare un'inchiesta per uno speciale o un approfondimento, poteva prendere una decisione autonoma?
Lei ha mai consigliato - vista la sua esperienza - Ilaria Alpi di prendere contatti con Marocchino?
CARMEN LASORELLA. Li aveva. Lei è stata ospite di Marocchino.
MAURIZIO BERTUCCI. Di solito i giornalisti scelgono gli operatori, scelgono persone brave, capaci, con cui sono in sintonia e con cui lavorano bene. Quello era il primo lavoro che Ilaria faceva con Hrovatin, un operatore molto bravo ed esperto che aveva seguito la guerra in Croazia. Quante cassette portavate quando andavate a fare un servizio così importante? In Somalia si trovavano cassette?
CARMEN LASORELLA. Assolutamente no. Magari le prestava qualche collega se erano finite.
Non conosco abbastanza il metodo di lavoro di Ilaria per poterle dire se avesse l'abitudine, legata anche al fatto che era professionalmente non molto esperta, di comunicare tutto e sempre alla redazione. Questo non sono in grado di dirlo. Sicuramente, in termini generali, quando si è sui luoghi non avviene che prima di fare una cosa si chiami Roma, però è anche vero che, se si tratta di una cosa impegnativa, che porta via tempo e risorse, si concorda.
Venendo al discorso della condivisione con l'operatore, in un luogo del genere l'operatore, oltre ad essere un compagno di lavoro, è un punto di riferimento importantissimo
reciprocamente, perché ci si guarda alle spalle, lui mentre gira e tu mentre chiacchieri. Quindi, deve essere un team che funziona, che risponde ad un minimo di collaudo; ci deve essere sintonia.
Per quanto riguarda il materiale, dipende da quanto tempo si sta fuori. Per una missione di questo genere si portano 20-25 cassette.
PRESIDENTE. Onorevole Pinotti, prego.
ROBERTA PINOTTI. La domanda che desideravo formulare è già stata posta dal collega.
CARMEN LASORELLA. Circa le cassette?
ROBERTA PINOTTI. Sì, perché si tratta di un elemento sul quale abbiamo delle domande, oltre a quello della figura di Marocchino che abbiamo scandagliato abbastanza questa sera con lei. Dalla rappresentazione che abbiamo avuto dalla moglie e da altri rispetto alla capacità di lavoro di questo operatore, e alla sua meticolosità e precisione, il fatto che andasse in un luogo dove non si poteva trovare materiale con solo sei cassette (tante ne abbiamo trovate) è quantomeno strano, come non si spiega la questione dei taccuini e dei bagagli.
A questo punto vorrei fare una mozione d'ordine. Per me questa è la prima esperienza di Commissione d'inchiesta. Vogliamo lavorare bene e abbiamo in programma ancora alcune audizioni: a mio avviso, è importante che ci sia la possibilità anche per i commissari di svolgere un ruolo, altrimenti mi sembra di guardare un film o un processo, nel quale non riesco ad intervenire. Ovviamente c'è chi sa fare meglio questo lavoro - io sono insegnante di lettere e lo so fare meno bene - però, ritengo che sarebbe utile un po' di attenzione anche ai tempi, per consentire ai commissari di interagire maggiormente, nel senso che se viene esplorato tutto, diventa poi difficile intervenire. Lo dico per essere incentivata a partecipare, altrimenti, trattandosi anche di serate pesanti, diventa difficile trovare la voglia di esserci.
Prego quindi di considerare questo aspetto in seno all'ufficio di presidenza.
PRESIDENTE. Lei giustamente ha evocato l'ufficio di presidenza, sede nella quale si discutono questi problemi, dei quali forse sarebbe stato il caso di parlare dopo, visto che in questo momento stiamo ascoltando un testimone. In ogni caso lei è liberissima di fare le domande che vuole. Non c'è alcuna limitazione. L'unica cosa che le posso dire è che lei prima si prenota e prima potrà intervenire; non è responsabilità di nessuno se si è prenotata in ritardo.
ROBERTA PINOTTI. Il senso era un altro.
PRESIDENTE. Ho capito il senso. Ne discuteremo in altra sede.
Onorevole Tuccillo, prego.
DOMENICO TUCCILLO. Dottoressa Lasorella, lei ha rappresentato il profilo del signor Marocchino - che ormai è una presenza costante nei nostri incontri - come quello di una persona tutto sommato positiva, un lavoratore, un uomo coraggioso sul quale poter far conto, anche nei momenti difficili, una persona di parola che non parla a vanvera. Elementi e congetture di contesto rispetto a questa vicenda ne stiamo ricavando parecchi, però poi di elementi più probanti e testuali ne abbiamo pochi, anche se vi sono dei colloqui registrati in cui Marocchino afferma di essere a conoscenza della questione Alpi, di come si è svolta, di come è stata organizzata, dell'esito che ha avuto: lei ritiene che questa possa essere una testimonianza credibile?
PRESIDENTE. Forse è il caso di informare la dottoressa Lasorella che c'è un passaggio di questa vicenda da cui risulta che Marocchino sarebbe stato in grado di dire che cosa accadde e per mano di chi.
CARMEN LASORELLA. Non conosco questa vicenda.
DOMENICO TUCCILLO. Io non chiedevo della vicenda.
CARMEN LASORELLA. È un fatto nuovo questo, presidente?
PRESIDENTE. No, è un fatto vecchissimo.
CARMEN LASORELLA. Perché non è esattamente così. Credo che fosse una sua esclamazione dinanzi al ritrovamento...
PRESIDENTE. No, c'è un'intercettazione.
CARMEN LASORELLA. Ah, un'intercettazione.
DOMENICO TUCCILLO. È stata riportata su organi di stampa e c'è anche qualche intervista che lui ha concesso. Questi elementi sono venuti fuori. Se lei non ne era a conoscenza, ovviamente non poteva suscitare la sua curiosità. Ma qualora queste registrazioni vengano assunte, lei ritiene che si tratti di una persona credibile?
CARMEN LASORELLA. Nei miei confronti annoto comportamenti corretti. Mi sono avvalsa di persone che hanno garantito la mia sicurezza e che mi sono state da lui fornite. Per quanto riguarda il fatto che questo signore materialmente si sia trovato sul luogo dove loro sono stati colpiti, lo abbiamo rimarcato in più occasioni tutti quanti. Il contingente aveva ormai lasciato il territorio e il tragitto per arrivare dal porto al luogo passava vicino a Marocchino, cioè alla strada che lo portava a casa e quindi praticamente Marocchino è intervenuto perché quello era il percorso naturale per andare a casa.
Circa l'intercettazione, in questo momento non ricordo.
PRESIDENTE. Le ricordo che è stata assunta ad Asti.
CARMEN LASORELLA. Un'intercettazione telefonica?
CARMEN LASORELLA. In cui diceva di sapere chi era stato?
PRESIDENTE. Non dice chi è, altrimenti non staremmo qui.
CARMEN LASORELLA. Non ho difficoltà ad immaginare che lui abbia detto di sapere chi fosse stato, perché nel tam tam somalo le voci girano, salvo poi verificare se siano o meno attendibili. Che si diffonda la notizia che l'azione possa essere ascritta a questo o quel gruppo...
PRESIDENTE. E lei che cosa sa di questo tam tam?
CARMEN LASORELLA. Vorrei ricordare i fatti, mentre queste sono voci - e come tali inattendibili - che non ho preso in considerazione.
PRESIDENTE. Questa è una valutazione che possiamo fare noi. Intanto le chiedo se da altre persone abbia ricevuto notizie relative al contenuto di questo tam tam.
CARMEN LASORELLA. Le dico semplicemente quello che ho riferito nell'immediatezza e che ora posso evocare in termini generali. Ho riferito che lì si parlava non della mano che ha agito; le voci che giravano dicevano che non era un'azione preordinata.
PRESIDENTE. Non era un'azione preordinata: questo è quello che lei ha saputo. E la sua opinione qual è?
DOMENICO TUCCILLO. Qualora fosse stata un'azione preordinata, lei ritiene che presumibilmente una persona come Marocchino potesse esserne a conoscenza?
CARMEN LASORELLA. Se fosse stata preordinata?
DOMENICO TUCCILLO. Sì. Lui non era uno che si limitava ad orecchiare quello che si diceva in giro.
CARMEN LASORELLA. Non posso escluderlo, però le posso dire che Marocchino e Ilaria si conoscevano da tanto tempo; lei era stata a casa sua; Marocchino aveva rapporti con tantissimi giornalisti.
DOMENICO TUCCILLO. La domanda era di tipo diverso: qualora l'azione a danno di Ilaria fosse stata preordinata...
CARMEN LASORELLA. Non lo posso sapere. Evidentemente andiamo nella pura illazione.
PRESIDENTE. Lei era presente all'arrivo del cadavere di Ilaria Alpi a Roma, a Ciampino?
PRESIDENTE. Ci è stato riferito - in particolare dall'avvocato Duale, che è stato qui sentito e che era il difensore del somalo condannato a 24 o 26 anni di reclusione in Italia - che, tra le stranezze della vicenda Alpi - sempre che ci siano - ci sarebbe proprio quella dell'uccisione di una donna, perché, secondo determinate regole tra bande, le donne non si uccidono. Le risulta?
CARMEN LASORELLA. Assolutamente sì.
PRESIDENTE. Cosa significa «sì», che è vero?
CARMEN LASORELLA. Che è così. In società tribali la donna viene rispettata. Non viene violentata...
PRESIDENTE. Però lei è stata aggredita.
CARMEN LASORELLA. Io sono stata aggredita. Io sono stata oggetto di un agguato che mi è stato portato da...
PRESIDENTE. Questo smentisce la regola generale?
CARMEN LASORELLA. Non è questo il problema. Non è il fatto di aver portato un agguato contro una donna. Il discorso è che io sono stata vittima di un agguato complicato, dove c'erano tantissime cause, un agguato preordinato, di cui ho parlato in innumerevoli inchieste.
PRESIDENTE. Mi dispiace di doverle fare questa domanda.
CARMEN LASORELLA. C'è una serie di circostanze e di cause. Per il resto, se lei mi chiede se nella cultura somala la donna sia rispettata, e quindi non formi oggetto di aggressione, le rispondo sì.
PRESIDENTE. Anche la donna straniera.
PRESIDENTE. La voce corrente che lei ha raccolto intorno all'accidentalità o all'occasionalità della vicenda - sempre nell'ambito dei fatti volontari - è una ricostruzione o una conclusione che lei si sente di condividere?
CARMEN LASORELLA. C'era grandissimo rischio in quel momento e tutti erano molto coperti e giravano protetti. Ilaria e Miran hanno girato con poca copertura. Muoversi in quel momento a Mogadiscio, passando da nord a sud, era ogni volta un terno al lotto. Questa era la condizione.
MAURIZIO BERTUCCI. Se lei fosse stata direttore generale, avrebbe mandato in quel momento in Somalia una giornalista non espertissima?
CARMEN LASORELLA. Ilaria era già stata in Somalia e comunque ci sono sempre più giovani che vanno in questi luoghi a raccontare situazioni, anche perché poi le ossa si fanno in quella
maniera. Sicuramente la Somalia non era né più né meno rischiosa di tanti altri luoghi in cui c'è la guerra.
PRESIDENTE. Grazie, dottoressa Lasorella. Se avremo bisogno di lei, la richiameremo.
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