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Seduta del 24/5/2005


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Audizione del dottor Alessandro Bianchi, dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione, e del dottor Francesco Conte, dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del dottor Alessandro Bianchi, dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione, e del dottor Francesco Conte, dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello di Roma. Ricordo che il dottor Bianchi è stato già ascoltato dalla Commissione nell'audizione del 4 maggio 2004, e che il dottor Conte è stato ascoltato dalla Commissione, prima nell'audizione del 4 maggio 2004, e successivamente, in sede di esame testimoniale, il 2 marzo 2005. L'audizione congiunta del dottor Bianchi e del dottor Conte può pertanto essere oggi rivolta ad approfondimenti ulteriori in merito a questioni, fatti e circostanze di interesse per l'inchiesta parlamentare. Invito dunque i colleghi a formulare i propri quesiti.

CARLO CARLI. Ringrazio gli auditi per la loro disponibilità a presenziare nuovamente in Commissione. La questione oggetto della seduta di questa sera è relativa ai documenti ed al loro ritrovamento: dove, in quale luogo, come erano conservati e quando.
Questo è uno degli aspetti importanti, perché nel corso delle audizioni noi abbiamo avuto versioni diverse, anche contraddittorie, ed anche tra le vostre versioni non c'è corrispondenza e coincidenza. Questo è uno dei punti importantissimi per la Commissione, per capire. Come voi ben sapete, il nostro compito è quello di cercare le cause dell'occultamento, chi si è reso responsabile di tale occultamento, perché non sono stati perseguiti gli eventuali responsabili; quindi, questo è un passaggio estremamente importante. Vorrei riassumere molto sinteticamente, per tappe, alcuni passaggi significativi. È poi importante che anche voi ci portiate nuovi punti utili di conoscenza.
Alla fine del maggio 1994, il dottor Intelisano, nell'ambito della nuova indagine riguardante la strage delle Fosse Ardeatine, contatta varie volte telefonicamente la cancelleria della Procura generale


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militare di Cassazione per sapere se tale ufficio disponga di atti utili al suo lavoro. Noi abbiamo anche audito il dottor Intelisano, e abbiamo agli atti la sua testimonianza, resa al Consiglio della magistratura militare il 18 settembre 1996, foglio 39.
Sulla base della richiesta del dottor Intelisano, il dottor Maggiore incarica il cancelliere dottor Bianchi, il quale, dopo aver svolto in modo infruttuoso ricerche per alcuni giorni, riceve una indicazione dal dottor Roselli e trova i fascicoli e, secondo la sua versione, il registro, che viene anche mostrato al dottor Maggiore.
Successivamente, il 24 giugno del 1994, il procuratore generale Maggiore scrive al dottor Scandurra facendogli presente che il materiale esiste. Naturalmente, egli si riferisce al materiale richiesto a suo tempo dal dottor Intelisano: è evidentemente quello oggetto dei fascicoli sui quali la Commissione sta lavorando.
Inoltre, il 26 e 27 giugno del 1994, il procuratore militare della Corte d'appello, dottor Scandurra, incarica il capo della cancelleria, dottor Fiorentino, di avviare la ricerca. Il 30 giugno 1994 il dottor Fiorentino incarica a sua volta il dottor Conte per operare di fatto la ricerca.
Il 6 luglio 1994 il dottor Conte, con nota al dottor Fiorentino, comunica che i fascicoli sono stati trovati e sono conservati in una scaffalatura metallica (documento 3.02, pagina 141 della Commissione).
Vi sono, quindi, varie versioni. Intanto, noi registriamo che vi è - sembra - una ricerca parallela: vi è una ricerca che proviene dall'input del procuratore presso la Corte di Cassazione ed un'altra ricerca che avviene invece su input della Corte di appello e vi è l'interessamento, dal punto di vista materiale, di due cancellieri, il dottor Bianchi e il dottor Conte.
Leggendo le vostre due audizioni emergono delle contraddizioni evidenti, ad esempio, su chi ha visto questi carteggi, chi ci è arrivato per primo, tenendo presente che la competenza su quei locali era del dottor Conte, della Procura generale presso la Corte di appello, la quale comunque, attraverso il dottor Fiorentino, aveva poi incaricato lei, dottor Conte, di procedere alla verifica di questi carteggi.
Noi abbiamo però anche un'altra notizia che mi pare ci sia stata data dal dottor Bianchi, il quale, nel 1974-1975, durante una ricerca per altri motivi di ufficio, avrebbe visto i fascicoli nella stanza più piccola che viene definita stanzino. Questi sono alcuni passaggi che sarebbe importante definire questa sera.
Vi è poi (ma credo che stasera dovremmo esaminare contestualmente anche questo aspetto) la questione relativa al registro, al suo ritrovamento, alla sua presa di possesso, alle eventuali copie, e poi al passaggio, alla consegna del registro da un cancelliere all'altro. Un altro punto importante è se abbiate avuto notizia se in quei locali, oltre a voi, ci siano state altre persone: per esempio, il dottor Intelisano e il dottor D'Adda sono entrati in questa stanza, hanno visionato i fascicoli? È stato inviato anche il registro generale al dottor Intelisano? Ho fatto tutta una serie di domande ma, naturalmente, ce ne sono ancora delle altre; mi pare però che già ci sia materiale sufficiente per cominciare insieme a verificare la ricostruzione dei fatti.

PRESIDENTE. La domanda a chi è rivolta?

CARLO CARLI. Prima al dottor Conte e poi al dottor Bianchi.

ALBERTO ZORZOLI. Poiché in questo tipo di audizioni le materie delle domande si intrecciano, non ritiene, presidente, che anche qualche altro commissario possa aggiungere domande omologhe, per non farle ripetere magari dopo, con sfumature diverse, oppure preferisce che venga dato risposta ad ogni singola domanda dei commissari? Decida lei, presidente, il mio è solo un quesito sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Io direi intanto di fare domande più precise, più puntuali.

CARLO CARLI. Posso eventualmente allora, in sintesi, per essere più preciso,


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formulare le domande al dottor Conte. La mia era anche una premessa per inquadrare la questione.
Chiedo al dottor Conte di confermare (sarebbe importante avere a disposizione a questo proposito la planimetria) se l'armadio e i fascicoli fossero nello stanzino più piccolo.
Altra domanda: qual è stata l'esigenza...

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Onorevole, mi scusi se la interrompo: preferirei, se è possibile, rispondere ad una domanda alla volta.

CARLO CARLI. Come vuole lei, se si sente più agevolato risponda pure ad una domanda alla volta. Pregherei di sottoporre la planimetria al dottor Conte.

PRESIDENTE. Dispongo che venga mostrata la planimetria al dottor Conte. Do la parola al senatore Zancan.

GIAMPAOLO ZANCAN. Volevo solo avere conferma di questo dato: il dottor Conte è ascoltato come testimone?

PRESIDENTE. No.

GIAMPAOLO ZANCAN. Non sentiamo come testimone nessuno dei due auditi?

PRESIDENTE. No, nessuno dei due.

GIAMPAOLO ZANCAN. Allora li sentiamo tutti e due come liberi auditi?

PRESIDENTE. Si.

CARLO CARLI. Sarebbe utile collocare la planimetria in posizione tale che possa essere vista da tutti i commissari.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Specifico che appartengo semplicemente agli uffici della Procura generale presso la Corte di appello nel senso che, diciamo così, non mi sento una personificazione dell'intero ufficio.

CARLO CARLI. Si, però la responsabilità era del procuratore generale presso la Corte di appello, e soprattutto dei cancellieri che svolgevano quelle funzioni.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Sì, esatto, volevo solo fare questa precisazione.

ALBERTO ZORZOLI. Presidente, mi scusi, potrei innestarmi su questo aspetto del riconoscimento? Poiché il dottor Bianchi accompagnò, direi ufficialmente, la Commissione durante il sopralluogo, io credo che potrebbe ripetere qui se i luoghi che noi abbiamo visto (a parte il giro delle entrate e delle uscite, che dipende dal fatto che siano stati chiusi e aperti dei varchi nuovi), soprattutto il corridoio e le due stanzette di fondo, corrispondono a quelle di cui stiamo parlando. Credo che questa potrebbe essere una prima precisazione, se il collega Carli è d'accordo.

CARLO CARLI. Sì, però io ho posto la domanda al dottor Conte, e non c'era il dottor Bianchi, per cui chi mi deve rispondere adesso è il dottor Conte, se lo vuole fare.

PRESIDENTE. Facciamo una cosa alla volta.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Risponderò certamente, sono venuto qui apposta. Proverò a interpretare questa planimetria che mi viene mostrata. Faccio presente che io non ero presente nel momento in cui la Commissione si è recata a palazzo Cesi.

CARLO CARLI. Va bene, però io glielo chiedo con riferimento alla planimetria.


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FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Chiederei gentilmente di essere agevolato nell'interpretazione di questa carta. Io posso descrivere tecnicamente, passo per passo, la strada che...

CARLO CARLI. In questo senso, il dottor Bianchi conosce certamente bene il percorso.

ALBERTO ZORZOLI. Era per questo motivo che mi sono permesso di intervenire prima!

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Allora, forse la scala era questa... (Indica un punto sulla planimetria).

CARLO CARLI. Beh, lei è stato in quel luogo, quindi...

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Ci sono stato, purtroppo, e anche per parecchio tempo, per fare il lavoro che sapete.

CARLO CARLI. La prego, nella sua illustrazione del percorso, di partire dalla scala, per ragioni di semplicità.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Allora, questo segno grafico sulla planimetria indica probabilmente il cortile...

CARLO CARLI. Sì.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Dal cortile si sale, queste sono le scale, si fa una rampa...

PRESIDENTE. Questo è il primo piano...

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. È un primo piano un po' strano, perché...

CARLO CARLI. Sì, l'abbiamo visto, se è quello che abbiamo visto noi.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Penso di sì. Poi si gira, si entra, si fa il corridoio. Si faceva il corridoio, qui c'erano delle stanze qui c'era un bagno, e credo ci sia tuttora.
Sto ricordando la disposizione dei locali osservando questa planimetria. Mi improvviso pertanto in questo momento esperto di planimetrie, per cui se ho qualche incertezza, essa è dovuta alla interpretazione della planimetria che mi viene mostrata.
Si girava quindi in questa maniera, e le stanze in questione erano proprio in fondo, questa parte. C'era una stanza che dava da questa parte, poi c'era una stanza attigua, che era chiusa da una cancellata, da questa parte, e poi c'era lo stanzino, che era praticamente in fondo.

CARLO CARLI. Nel secondo stanzino?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Sì, nel secondo stanzino.
La stanza dov'erano i fascicoli del Tribunale speciale era buia, non c'erano finestre, dove c'era la cancellata. C'era una stanza al di fuori che, se non ricordo male (è una stanza ancora esistente), dava su via della Maschera d'oro, dove c'erano le finestre (e credo che le finestre ci siano ancora oggi). Quest'ultima stanza è situata fuori della cancellata.
Una volta dentro la cancellata, da questa parte c'era un altro stanzino, piccolino, che però aveva un lucernario, una piccola


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finestra, c'era qualche cosa che dava un po' di luce e esattamente da questa parte.

CARLO CARLI. Che cosa c'era in questo stanzino?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Nello stanziano c'era l'armadio (non dov'erano i fascicoli del Tribunale speciale). Mi riferisco allo stanzino in fondo, quello in cui a malapena si poteva entrare. Sulla parte sinistra vi era una piccola scaffalatura di legno.

ALBERTO ZORZOLI. Rispetto ad una sorta di pilastro presente nello stanzino, l'armadio da che parte era? C'è anche una finestra in quello stanzino, se non due.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. L'armadio era addossato al muro.

ALBERTO ZORZOLI. Nella prima parte dello stanzino?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Probabilmente vi erano, se non ricordo male, due finestre. L'armadio era addossato a questo muro.

EMIDDIO NOVI. L'armadio aveva o meno le ante addossate al muro?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Quando sono entrato l'armadio era leggermente addossato al muro, non «attaccato».

EMIDDIO NOVI. Per aprire l'armadio, occorreva spostarlo dal muro?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Sì, insieme al mio collaboratore abbiamo dovuto spostarlo leggermente.

CARLO CARLI. Quando entra, dunque, lei vede l'armadio addossato al muro, con le ante rivolte verso il muro. Accanto all'armadio cosa c'era?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Sulla sinistra vi era una scaffalatura di legno, sulla quale c'erano documenti amministrativi. Ricordo bene la documentazione su Kesserling. Facemmo una fotocopia dell'involucro.

CARLO CARLI. Cerchi di ricordare: in quale data lei è entrato per la prima volta nello stanzino?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Sono entrato per la prima volta a giugno, dopo avere avuto, per il tramite del dirigente, la lettera dal procuratore generale, dottor Scandurra.

CARLO CARLI. Lei è entrato dopo che il dottor Scandurra aveva dato l'ordine?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Sono entrato ad operare. Feci precedentemente un sopralluogo.

CARLO CARLI. In che periodo?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Prima del 30 giugno. Non ricordo il giorno esatto, ma sicuramente prima.

CARLO CARLI. Quindi che cosa succede?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di


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appello. Feci il sopralluogo. Quindi, ebbi l'incarico verbale dal procuratore generale militare.

CARLO CARLI. L'incarico era finalizzato a cosa?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Mi fu precisato qualche tempo dopo (non ricordo con esattezza la data, ma si trattava di giugno). Ricevetti quella lettera, probabilmente il 26, come lei ricordava.

CARLO CARLI. Il procuratore generale le scrive in data 24 giugno 1994.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Il dottor Scandurra mi scrive in una data che, se non ricordo male, deve essere precedente al 30.

CARLO CARLI. Sì, ma non si tratta del procuratore generale, bensì del dottor Fiorentino. Probabilmente potrebbe averlo fatto d'intesa con il procuratore generale, ma formalmente non è la stessa cosa.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Verbalmente fu il procuratore generale a dirmi di effettuare il sopralluogo. Successivamente riferii quanto vidi.

CARLO CARLI. Cosa vide?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Entrai materialmente nello stanzino e trovai questa situazione particolare, quasi disastrosa. Vi era un armadio in condizioni pietose, con una scaffalatura piena di carte.

CARLO CARLI. Procedette all'esame di quei fascicoli?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Assolutamente no. Ripeto: l'esame dei fascicoli era un compito che non mi toccava. Riferii sulla situazione riscontrata. L'esame reale dei fascicoli avvenne quando si riunì il gruppo di studio con il quale io collaboravo.

CARLO CARLI. Ebbe la sensazione che prima di lei altri avessero effettuato un sopralluogo?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Non ebbi assolutamente tale sensazione. Ebbi invece la sensazione di essere stato il primo ad entrare in quello stanzino, anche perché lo stato dei luoghi era tale da richiedere di indossare una tuta per entrare nello stanzino.

CARLO CARLI. Tuttavia, qualche anno prima gli archivisti dell'archivio centrale dello Stato erano entrati in quella stanza.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Non in quella stanza, io credo.

CARLO CARLI. Lei non è a conoscenza della presenza degli archivisti dell'archivio centrale di Roma in quei luoghi?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. So che gli archivisti dell'archivio centrale di Roma vi sono stati per un certo periodo di tempo. Anch'io ho infatti collaborato nel trasferimento dei fascicoli del Tribunale speciale all'archivio centrale dello Stato. Non so tuttavia se siano entrati in quella stanza dove ho visto l'armadio. Non potrei dirlo.
I fascicoli del Tribunale speciale erano nella cella, ovvero in quella stanza che precedeva lo stanzino. I faldoni del Tribunale speciale erano posti sulle scaffalature


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di metallo. Queste insistevano tutte dentro la stanza. Lì si prendevano questi faldoni, quindi venivano collocati in quelle che gli archivisti chiamavano «buste».

CARLO CARLI. Noi abbiamo una testimonianza rilasciataci dalla dottoressa Scappini, la quale dice di aver intravisto all'interno dell'armadio una cartellina che corrisponde a quella che noi abbiamo qui.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. All'interno dell'armadio?

CARLO CARLI. L'armadio era socchiuso.

ENZO RAISI. Non ha detto questo!

CARLO CARLI. È scritto negli atti. Ha detto di aver visto all'interno dell'armadio una cartellina sulla quale era scritto «crimini di guerra» o qualcosa del genere.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. La dottoressa Scappini può aver detto questo; io dico quello che so e che ho visto. Se la dottoressa dice di aver visto questo fascicolo nell'armadio... L'armadio in ogni caso c'era. Lo avevo visto anch'io nel periodo del versamento. L'armadio si intravedeva.

CARLO CARLI. Secondo la versione della dottoressa Scappini, l'armadio era aperto.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Probabilmente la dottoressa Scappini avrà avuto modo di vederlo, io non lo so.

ENZO RAISI. La dottoressa parla di scaffali e non di armadi!

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Dichiaro quanto so e quanto ho visto.

CARLO CARLI. Posso anche leggere quanto ha detto la dottoressa Scappini.

ENZO RAISI. Leggi tutto però!

CARLO CARLI. Dice la dottoressa Scappini: «Ricordo benissimo di aver visto nel locale attiguo alla cancellata l'armadio con i fascicoli oggetto della vostra ricerca. Ricordo di aver letto non sui fascicoli, ma nell'intestazione la locuzione «criminali di guerra». Era aperto, lo ricordo bene e conteneva dei fascicoli grigioverdi sui quali vi era l'intestazione ricordata». Questo è scritto negli atti ed è una testimonianza che è stata effettuata in questa sede.

ENZO RAISI. Si sta influenzando il teste! La dottoressa Scappini ha reso tre versioni distinte e ricordo anche che vi era stata una contestazione. Nella prima versione disse di aver visto gli scaffali; nella seconda disse di aver visto i fascicoli in un certo modo; infine nella terza versione aveva visto l'armadio. Bisogna pertanto leggere tutto.

CARLO CARLI. Leggo ciò che ritengo opportuno leggere. Vorrei anche vedere che venisse limitata per un componente della Commissione la libertà di richiedere dati ed elementi informativi!

PRESIDENTE. Onorevole Carli, qual è la domanda?

CARLO CARLI. La domanda era volta a sapere se prima del 1994 il dottor Conte avesse visto questo armadio aperto, come lo aveva visto la dottoressa Scappini.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di


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appello. In primo luogo, non so come l'armadio sia stato visto dalla dottoressa Scappini.
Io intravedevo l'armadio, perché in quella stanza io non entravo. L'armadio si intravedeva e si vedeva anche che conteneva del materiale. Ma io non sono mai entrato in quella stanza.
Se la dottoressa Scappini dice di aver visto l'armadio, va bene; ma io posso solo dire di aver intravisto quell'armadio. Non vi sono entrato.

ALBERTO ZORZOLI. Cosa vuol dire «intravedere»?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. La stanza era chiusa e vi era poca luce.

ALBERTO ZORZOLI. Siamo andati a vedere i locali. Possono essere stati puliti, ma la forma non è cambiata.

EMIDDIO NOVI. Quasi quasi qui si arriva a sostenere che i locali da soli hanno cambiato morfologia!

PRESIDENTE. Credo di aver capito che lo stato dei luoghi attuale sia diverso da quello precedente.

EMIDDIO NOVI. No, presidente, lo stato dei luoghi non è mai cambiato.

ALBERTO ZORZOLI. Non è cambiato niente.

CARLO CARLI. La questione del registro generale vede direttamente interessato il dottor Bianchi. Lei sente l'esigenza, con un suo scritto- datato, se non ricordo male, il 16 settembre 1994 - di ricordare di aver ricevuto il registro dal dottor Bianchi. Quale è la storia di questo registro? Occorre sapere dove sia stato trovato e quali vicende abbia percorso, dal momento che questo registro era in possesso del dottor Bianchi.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Si verificò un sopralluogo. In quell'occasione, vidi il procuratore militare dottor Intelisano ed il dirigente Bianchi ed il registro fu aperto su un tavolo, in una delle stanze attigue alla cella, questo registro.

CARLO CARLI. Dov'era questo registro prima di essere aperto?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Era nelle mani del dottor Bianchi, che lo aprì sul tavolo. Questa è stata la mia prima presa d'atto di questo registro.

CARLO CARLI. Per la prima volta lei vede questo registro nelle mani del dottor Bianchi, che lo pone sul tavolo. Chi erano le persone presenti?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Ricordo benissimo il dottor Intelisano ed il dirigente Bianchi, senza ombra di dubbio.

CARLO CARLI. Rispetto al suo primo ingresso nello stanzino, la data di questo incontro di quanto tempo è successiva?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Ricordo questo particolare: faceva molto caldo. Credo fosse dopo il mese di giugno, probabilmente luglio. Probabilmente fu dopo che io formulai la risposta al procuratore generale, ossia nei primi dieci giorni di luglio. In quella data, tramite il dirigente, scrissi al dottor Scandurra. Ritengo si tratti di una data successiva ai primi 15 giorni di luglio.

CARLO CARLI. Chiedo allora al dottor Bianchi come egli abbia avuto il registro.


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In questo incontro tra Conte ed Intelisano, infatti, arriva lei con il registro in mano.

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Signore presidente, per chiarezza ritengo opportuno fare un passo indietro poiché, in caso contrario, non si capirebbe da dove sia uscito il registro di cui si tratta.
Pochi giorni prima del 24 giugno 1994 - o, forse, in quello stesso giorno, come ho già sottolineato in precedenza -, avuta l'indicazione da parte del dottor Roselli, mi sono recato, previo contatto con il professor Maggiore (all'epoca procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione), nella stanza protetta da un'apposita cancellata di ferro.
Preliminarmente, ritenni opportuno informare della cosa l'ex procuratore generale militare Maggiore poiché era stato lui a commissionarmi quella ricerca, inoltre il locale non rientrava nelle nostre pertinenze. Quindi, non solo non disponevamo della chiave, ma per entrare ovvi motivi di correttezza nei confronti degli altri uffici imponevano la necessità di concordare prima il rilascio di un'autorizzazione.
Di lì a pochi minuti l'ex procuratore generale militare Maggiore mi diede il permesso di andare.

CARLO CARLI. Il tutto tramite dichiarazioni esclusivamente verbali?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Sì. Come già riferito nella precedente mia audizione, i fatti che vi sto riferendo si sono verificati il 24 giugno o, al massimo, due giorni prima; in quel periodo, infatti, da parte della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione, si ebbe la consapevolezza che gli atti in oggetto si trovavano in quel luogo. Tra l'altro, facendo anche in questo caso un piccolo passo indietro, debbo dire che la procura di cui sopra era stata attivata dal dottor Intelisano. Egli, più di una volta, si era rivolto direttamente sia all'eccellenza Maggiore sia a me data la profonda conoscenza che ci univa. Il dottor Intelisano, infatti, era stato magistrato addetto al procuratore generale militare presso il Tribunale supremo militare e, dopo la riforma, presso la Corte di Cassazione. Io, invece, prima di diventare dirigente, mi sono sempre occupato dell'ufficio personale della Procura generale militare che, all'epoca, amministrava i magistrati e i cancellieri di tutta Italia.
Date queste premesse, era naturale che il dottor Intelisano si rivolgesse direttamente anche a me per poter ottenere, con la massima speditezza possibile, ciò che andava cercando.

CARLO CARLI. In ogni caso, la competenza era della Corte d'appello.

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Lo abbiamo scoperto successivamente poiché questo fantomatico carteggio, se esistente, non si sapeva dove fosse e a chi appartenesse. Ricordavo di aver visto qualcosa, ma piuttosto indistintamente poiché i fatti risalivano a circa venti anni prima.
Avuta l'indicazione da parte del dottor Roselli, ho informato il procuratore generale Maggiore circa il luogo ove si trovava il materiale: per la precisione al piano inferiore, nella cella entro la quale vi era anche il carteggio del TSDS. Inoltre, ho ricordato al procuratore generale che la competenza, in questo caso, era della Procura generale di appello. Non so come si sia comportato il procuratore generale Maggiore: immagino che abbia fatto una telefonata, ma queste comunque sono mie illazioni. Fatto sta che subito dopo aver ricevuto queste informazioni da parte del sottoscritto mi ha detto di recarmi al piano di sotto; io l'ho fatto e, accompagnato dal funzionario di cancelleria, dottor Paolo Brocco, ho chiesto la chiave. Adesso, dato il tempo trascorso, non ricordo con esattezza chi materialmente mi consegnò


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la chiave del cancello anche se, sicuramente, è stata chiesta alla Procura generale di appello poiché era custodita lì.
Comunque, la chiave mi fu consegnata ed io aprii il cancello: subito dopo, sulla mia destra, notai il materiale allineato. L'unica cosa che non ricordo è se la scaffalatura era metallica o di legno, anzi poteva trattarsi anche di un ripiano munito di staffe.

EMIDDIO NOVI. Mi scusi, dottor Bianchi...

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Senatore, desidererei completare prima il mio racconto poiché, in caso contrario, ho paura di perdere il filo logico.

EMIDDIO NOVI. D'accordo.

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Rinvenuto questo materiale, mi sono avvicinato per vedere meglio poiché il locale era buio, polveroso e malmesso. Ho, quindi, potuto notare che sopra ai faldoni allineati - sicuramente numerosi, forse una ventina - era poggiato di traverso questo registro che, successivamente, ho preso in mano. Vi erano anche delle altre rubriche - forse due o, addirittura, soltanto una - quasi certamente più piccole della cartella che oggi ho portato con me.
La mia attenzione fu richiamata dal registro - lo stesso che, anni prima, avevo visto maneggiare da chi mi accompagnò a svolgere quella ricerca nel 1974-1975 - poiché compresi che esso rappresentava il vero e autentico strumento di validazione, di certificazione del materiale.
Per capire di cosa si trattasse, però, mi sono trovato costretto ad aprirlo a causa delle sue dimensioni; in proposito, vorrei pregare la Commissione di visionare l'originale, anche perché le fotocopie si discostano dalle reali dimensioni del documento in oggetto. Tra l'altro, noi del mestiere, già dai primi anni di carriera, siamo abituati a maneggiare i registri generali che, di solito, hanno una certa consistenza.
Preso questo registro, chiusi immediatamente la cancellata, e lo portai dal procuratore generale militare affinché lo visionasse. La ricerca era durata più o meno un mese, quindi il fatto di aver ritrovato questi documenti - sottoposto, tra l'altro, alle insistenti richieste del dottor Intelisano - mi aveva messo in uno stato di euforia.
Dopo che il procuratore generale Maggiore ebbe visionato il registro, quest'ultimo - credo lo stesso giorno - fu immediatamente riportato nello stesso luogo dal quale era stato prelevato e la chiave del cancello venne anch'essa riconsegnata.
L'episodio ricordato dal dottor Conte è accaduto diversi giorni dopo allorché il dottor Intelisano affermò - dinanzi al CMM, il 18 settembre 1996 - che, poiché aveva una certa urgenza di vedere qualcosa, una volta si recò sul posto con un ufficiale dei carabinieri del suo ufficio (il capitano D'Adda), il quale lo accompagnò al solo scopo di consultare il registro.
Il dottor Intelisano, se la memoria non mi tradisce, si recò a palazzo Cesi previo accordo con il sostituto procuratore generale militare Nicolosi, che nel frattempo era stato designato dal procuratore generale di appello. Venni avvertito anch'io, perché in quel periodo fungevo da collegamento tra il dottor Intelisano e gli addetti agli uffici di palazzo Cesi.
Ora, mentre debbo ammettere che mi sono sfuggiti molti particolari, come avviene molto spesso nelle vicende di tutti i giorni, ho un ricordo quasi fotografico della scena che allora si dipanò davanti ai miei occhi; in quel periodo, tra l'altro, si era creata una certa suspense dovuta al processo Priebke.
Una volta che il cancello venne aperto io entrai e tirai fuori il registro: forse fu in quel momento che si presentò il dottor Conte.


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CARLO CARLI. Da quello che mi pare di capire si tratta di tempi molto diversi tra loro. Lei si riferisce ad un periodo diverso da quello poco fa descrittoci dal dottor Conte.

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Non credo, non mi pare che il dottor Intelisano sia venuto altre volte a vedere il registro.

CARLO CARLI. Come lei ci ha detto, il dottor Intelisano aveva urgenza, per cui non è arrivato a settembre ma immediatamente, subito dopo...

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Io mi sto riferendo al periodo antecedente la prima metà di luglio!

CARLO CARLI. Dalle cose che mi sembra di aver capito mi viene da pensare che la versione del dottor Conte sia diversa dalla sua. Il dottor Intelisano arrivò tempestivamente subito dopo il ritrovamento, entrò nei locali in cui erano locati i documenti, dopodiché arrivò lei con il registro e...

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. No! Non mi pare assolutamente che il dottor Conte abbia riferito queste cose.

CARLO CARLI. Il dottor Conte è qui, quindi lo possiamo sentire al riguardo.

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Mi pare di ricordare che il dottor Conte abbia affermato che il sottoscritto consegnò il registro al dottor Intelisano. Secondo me, infatti, il dottor Conte sopraggiunse proprio in quel momento, poiché non era presente quando arrivò il dottor Intelisano.
Secondo l'immagine fotografica che ho in mente, al centro della stanza (con due finestre) che precedeva la cancellata vi era un enorme tavolo, lo stesso - guarda caso - su cui si appoggiavano gli archivisti di Stato quando prendevano i fascicoli del TSDS. Aperta la cancellata sono entrato e ho prelevato il registro che ho posato sul tavolo per metterlo immediatamente nella disponibilità di Intelisano. Per quanto riguarda l'andamento di questi fatti, mantengo - lo ripeto - una memoria assolutamente fotografica. In questo momento, facilitato anche dalla visione della planimetria, ricordo esattamente dove erano posizionati il tavolo, la cancellata, il dottor Intelisano, l'ufficiale dei carabinieri, il dottor Nicolosi e il sottoscritto. Il dottor Conte giunse in un secondo momento ed assistette in silenzio al compimento delle operazioni: non pronunciò neanche mezza parola mentre il dottor Intelisano prendeva visione del registro.
Al riguardo, potrei citare una dichiarazione rilasciata dal dottor Nicolosi presso il Consiglio della magistratura militare; egli, rispondendo alle reiterate domande rivoltegli, affermò che il sottoscritto arrivò sul luogo in sua compagnia e senza il registro. Il dottor Nicolosi aggiunse che io aprii il cancello, entrai nella cella e ne uscii con il registro.

CARLO CARLI. Scusi, dottor Bianchi...

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Onorevole Carli, ci terrei a terminare il mio intervento visto che lei mi ha rivolto una domanda specifica sulla questione.
Nel corso di questo esame il dottor Intelisano visionò qualche fascicolo e si accorse che uno in particolare parlava dell'eccidio verificatosi alle Fosse Ardeatine. In quel fascicolo si faceva riferimento a Kappler, ma veniva menzionato anche un certo «Prieke» che successivamente, si rivelò essere Priebke.


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Alla richiesta del dottor Intelisano di avere copia dei suddetti atti il dottor Nicolosi rispose che bisognava attendere perché essi dovevano essere prima visionati ed esaminati, mentre il registro poteva essere duplicato immediatamente. Quindi, il dottor Nicolosi mi guardò e mi rivolse un cenno come per sondare la mia disponibilità a svolgere l'operazione.
Terminata la visione degli atti, appoggiati sopra il tavolo davanti alla cancellata, richiudemmo il cancello e ce ne andammo: mi riferisco al dottor Nicolosi, al dottor Intelisano, all'ufficiale dei carabinieri e al sottoscritto che, tra l'altro, portava il registro sotto al braccio. In quell'occasione anche il dottor Conte vide il registro.

CARLO CARLI. Il punto è proprio questo: il dottor Conte in precedenza il registro non l'aveva visto?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Questa è una domanda alla quale non so dare nessun tipo di risposta.

PRESIDENTE. Dottor Conte, vuole rispondere lei?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Lo ripeto, io vidi il registro per la prima volta in quell'occasione.

EMIDDIO NOVI. Mi scusi, dottor Conte. Lei ha dichiarato: «Sino al 1994, quando mi fu permesso di entrare, ho visto che l'armadio era in tale posizione, ma precedentemente l'armadio non era girato». Quindi, l'armadio si gira da solo?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Senatore, io questo non glielo so dire.

EMIDDIO NOVI. In che periodo vide che l'armadio non era girato?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Durante il periodo risalente al versamento che si verificò nel 1990-1991.

EMIDDIO NOVI. Quindi, se l'armadio nel periodo 1990-1991 non era girato, sostanzialmente, non era neanche in condizioni tali da poter occultare gli atti.
Ormai stiamo trattando da troppo tempo la questione relativa all'armadio girato in modo tale da non permettere il rinvenimento degli atti. In ogni caso, nel momento in cui lei afferma che l'armadio...

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Io in quel periodo l'armadio l'ho visto in quella posizione.

EMIDDIO NOVI. Quindi, il dato importante è che l'armadio collocato nell'archivio non era girato così da poter occultare gli atti.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. L'ho dichiarato.

EMIDDIO NOVI. Il dottor Conte sostiene che quando vide l'armadio, quest'ultimo non era girato. Successivamente a quel periodo l'armadio, come hanno dichiarato in Commissione altri auditi, venne girato solo a scopo manutentivo.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Volevo ribadire che, quando girammo l'armadio, le ante non collimavano. Ve n'era una...

EMIDDIO NOVI. Marcita.


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FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Marcita non so, comunque era spostata così da non permettere la chiusura dell'armadio.

PRESIDENTE. Colleghi, se non procediamo con ordine mi troverò costretto a sospendere la seduta, poiché in questo modo non si può andare avanti. Prego, dottor Bianchi.

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Siamo arrivati al momento in cui il dottor Nicolosi mi fece capire che dovevo provvedere alla fotocopiatura di questo registro - sinceramente, non ricordo se sia stata integrale o parziale - per il dottor Intelisano. Successivamente chiesi al dottor Nicolosi se, una volta espletato questo adempimento, avessi dovuto ricollocare il registro nello stesso posto o se, essendo l'unico documento ufficiale, l'unica fonte di riscontro certa di questo carteggio, non avesse ritenuto più opportuno che fosse custodito altrove. Nel frattempo, il dottor Nicolosi aveva manifestato l'intenzione - si era ormai a ridosso del periodo feriale (verso la metà di luglio) -, in accordo con il dottor Bonagura, di iniziare l'esame di queste carte dopo le ferie, cioè intorno alla metà di settembre. I due sostituti, Nicolosi e Bonagura che risultavano già designati dai rispettivi uffici, sicuramente avrebbero avuto bisogno di un cancelliere che li coadiuvasse, che però non era ancora stato individuato; quindi, a metà luglio, nel fare la copia del registro per il dottor Intelisano, non potevo escludere a priori che i due procuratori generali si accordassero per indicare il sottoscritto come responsabile di quel tipo di attività.
Il dottor Nicolosi mi rispose che era meglio che lo custodissi in cassaforte. Fatte le fotocopie per il dottor Intelisano e inviatele con il corriere, presi questo registro e lo misi in una cassaforte, di cui soltanto io detenevo le chiavi.
Questo registro, quindi, è stato custodito lì dentro all'incirca dal 18-20 luglio fino a quando, al rientro dalle ferie, ho appreso che il dottor Conte era stato designato per assistere i due sostituti. In quel preciso momento - non ho perso neanche un attimo - ho preso il registro e gliel'ho consegnato, senza alcuna formalità da parte mia. Il fatto che il registro, che non era mai stato nella mia completa disponibilità, continuasse a stare nel locale protetto dall'inferriata o, temporaneamente, in una cassaforte, di cui avevo le chiavi, non modificava il suo status. L'unica cosa certa è che lo consegnai al dottor Conte, dicendogli che si sarebbe dovuto occupare di tale questione. Successivamente sono venuto a sapere che il dottor Conte, che aveva preso il registro, aveva redatto una sorta di verbale, sottoscritto peraltro solo da lui. Non so perché abbia preso una simile iniziativa, considerato che un verbale avrebbe un senso solo con due firme (sarebbe più opportuno avere sia la firma del ricevente sia quella del cedente).

PRESIDENTE. Di quale verbale sta parlando?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Si tratta di un verbale che il dottor Conte ha esibito, dal quale risulta che ha ricevuto da me un registro...

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Non è un verbale: è una mia «autodichiarazione».

CARLO CARLI. Del 16 settembre 1994...

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Un'autoverbalizzazione!


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CARLO CARLI. Sarebbe importante che ci dicesse perché ha ritenuto di doverla fare.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Ho sentito l'esigenza di fare questa dichiarazione, perché non ero a conoscenza di quanto il dottor Bianchi ha esposto alla Commissione.

CARLO CARLI. Quando lei era competente...

PRESIDENTE. Di cosa non era a conoscenza?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Si trattava di una nota di memoria per me stesso. Non sapevo nulla di questa importante e così intensa attività di ricerca di atti. Mi è stato conferito un incarico gravoso e immane relativo a tutto il carteggio, ma il sottoscritto non era assolutamente a conoscenza di tutto questo preambolo, di questa vicenda molto importante e delicata. Quindi, non so se io sia stato il primo...

CARLO CARLI. Era un via vai!

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. No, non dico questo, voglio semplicemente rispondere alla sua domanda: scrissi tale memoria perché, in presenza di circostanze così importanti e delicate, come funzionario, pensai fosse meglio mettere qualcosa per iscritto.

CARLO CARLI. Quindi, il registro poteva anche non essere nell'armadio.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Quando estrassi i fascicoli dall'armadio, insieme al mio collaboratore, non l'ho trovato.

CARLO CARLI. Quindi, poteva essere da un'altra parte.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Sto riferendo quello che ho visto.

CARLO CARLI. È grave questo...

GIAMPAOLO ZANCAN. Presidente, chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIAMPAOLO ZANCAN Presidente, vedo che così non facciamo alcun passo avanti. Le chiedo di ricordare a chi fa le domande e a chi risponde che a noi non interessano i racconti, ma le domande e le risposte.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Raisi.

ENZO RAISI. Premesso che quello che ha detto il collega è vero, visto che ho ascoltato un'ora e mezza il collega Carli, cercherò di fare delle domande molto semplici e secche. Prima domanda. Ho ascoltato molto attentamente le vostre risposte e vorrei avere questo chiarimento. Intelisano parla di una ricercatrice storica, che, avendo avuto accesso ai documenti, gli avrebbe svelato l'esistenza dell'armadio della vergogna in quelle stanze. Intelisano, davanti a questa Commissione, visto che gli avevamo domandato come aveva fatto a sapere dell'armadio della vergogna, ci riferì che una ricercatrice gli aveva dato questa informazione. Per onor del vero, pur sollecitato da noi, il nome di questa ricercatrice non l'ha mai detto (disse che l'aveva dimenticato). Io credevo che questo armadio fosse chiuso; secondo voi, una ricercatrice storica poteva avere accesso a quei locali? È presumibile quello che dice


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Intelisano? Una ricercatrice storica può aver trovato questo armadio mentre svolgeva i suoi studi?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Non posso né confermare né escludere una ipotesi di questo genere, in primo luogo perché quella zona è sempre stata soggetta ad un tipo di dipendenza gerarchico-funzionale avulsa rispetto a quella dell'ufficio al quale appartenevo. A capo di quell'ufficio c'è sempre stato un magistrato militare, che assumeva la funzione di capo dell'ufficio del pubblico ministero per i tribunali di guerra soppressi. Non si trattava di carte dei tribunali di guerra soppressi, però stavano dentro la cella del TSDS, che rientrava nella competenza dei tribunali soppressi (infatti, quell'ufficio, quando venne costituito, ricevette la competenza dei tribunali di guerra soppressi e del TSDS).

ENZO RAISI. Però lei, quando ha chiesto la chiave, ha chiesto il permesso a qualcuno.

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Certo, però non posso escludere una circostanza del genere. Faccio una illazione: chi può escludere che il dottor Floro Roselli, che per molti anni è stato a capo dell'ufficio del pubblico ministero per i tribunali di guerra soppressi e che era un cultore della materia, abbia autorizzato una ricercatrice a fare un sopralluogo? Lui stesso ha dimostrato questa sua passione, curando poi per molti anni una pubblicazione relativa alle sentenze del Tribunale speciale per la difesa dello Stato. Ma questa è una mera illazione.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Il dottor Bianchi ha fatto riferimento al magistrato Roselli, che in effetti era un po' il factotum di questo carteggio, ma affermare che una ricercatrice, sia andata in quei luoghi, così improvvisamente, mi sembra un po' forzato, perché era necessario avere un minimo di autorizzazione.

ENZO RAISI. Seconda domanda. Quando avete visto questo armadio, come vi sono apparsi i fascicoli? Ben ordinati? In ordine sparso? Inoltre, c'era altro materiale o c'era solamente questo?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Ho visto una sola volta l'armadio negli anni a cavallo tra il 1974 e il 1975, come ho già detto, e poi non l'ho più visto, perché quando poi mi sono imbattuto...

ENZO RAISI. Era girato?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Quando ho visto l'armadio, come ho avuto occasione di dire, non era girato, però era sbilenco e ricordo bene - come ho già dichiarato - che non si poteva chiudere. Non ricordo se fosse addirittura sprovvisto di serratura, perché rotta o perché magari era stata tolta, o comunque sprovvisto di chiave; in ogni caso, queste ante, come ha esattamente ricordato il dottor Conte, erano sbilenche. Ricordo che una di queste ante si apriva, anche se uno l'accostava, e dentro vi era del materiale molto affastellato. Si vedevano anche dei fogli sfusi, forse perché si era rotta qualche copertina ed erano stati rimessi dentro in quel modo. Quindi, era un materiale che dava l'idea di un certo disordine.

PRESIDENTE Quindi, lei ha visto l'armadio solo nel 1974?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare


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della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Sì, tra il 1974 e il 1975.

PRESIDENTE. Nel 1994 lei non l'ha visto?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. No, assolutamente, perché ho trovato il materiale in alcuni faldoni, entrando a destra, dopo la cancellata.

ENZO RAISI. Non lo vede perché non entra dall'altra parte, giusto?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Non posso escludere che l'armadio sia rimasto dall'altra parte, però...

ENZO RAISI. Questo fa differenza...

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Lei mi ha chiesto quando ho visto l'armadio e ho risposto dicendo che l'ho visto una sola volta. Ma non posso neanche escludere che l'armadio, una volta svuotato, sia stato portato in un magazzino, in uno scantinato o in un'altra stanza...

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Quando ho visto l'armadio, i fascicoli, che erano al suo interno, non avevano un ordine particolare.

ENZO RAISI. Faccio un'altra domanda al dottor Conte, relativamente al suo lavoro di componente della commissione del 1994. Sui 202 fascicoli non inviati alle procure vi è stata una forte polemica; è vero che essi erano già stati inviati alle procure competenti nei primi mesi del 1946? Le risulta?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Su questo non sono informato e non posso dare una risposta. Non rientrava nelle mie competenze ricercare questo dato.

ENZO RAISI. Ha visto cosa contenevano questi fascicoli? Vi erano gli originali o le copie?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Non posso fornire una risposta molto precisa a questa domanda. Ricordo che furono conservati nell'archivio storico, perché mi sembra che già fossero stati trasmessi alle autorità ordinarie; se non ricordo male, su questi fascicoli si svolse un lavoro successivo e ci furono dei contatti con le stazioni dei carabinieri - ricordo solo questo -, tant'è che essi furono portati dalla Procura generale militare alla Cassazione, e quest'ultima continuò a lavorarci. Da quel momento in poi non ne ebbi più notizia.

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Questi fascicoli sono stati trasmessi alla commissione in copia dall'ufficio al quale appartengo (la Procura militare generale presso la Corte di Cassazione). Quindi, coadiuvato dal personale del mio ufficio, prima di trasmetterli, data anche l'importanza del destinatario degli atti, ho dovuto controllarli uno per uno, per verificare l'esattezza della fotocopiatura. Ho potuto così vedere che pressoché in tutti vi erano, all'interno, le veline di trasmissione delle denunce, avvenute all'incirca nel 1946, firmate dal procuratore generale militare pro tempore Borsari o dal magistrato addetto (mi sembra talvolta si veda anche la firma di un


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certo Pantano e, in altre occasioni, di qualche altro). Si trattava di circa 200 fascicoli (mi sembra che anche sul numero siano sorte delle questioni, perché vi erano degli abbinamenti).
Vorrei precisare una questione che ha formato oggetto di discussione nella mia precedente audizione. Quando si discute di questi atti, sono restio a parlare di fascicoli, perché in senso tecnico essi non si possono considerare fascicoli giudiziari. Se per fascicoli
Se per fascicoli intendiamo fascicoli processuali, questi, tecnicamente, non si possono considerare tali. Sono fascicoli contenenti atti importantissimi, denunce gravissime, che riguardano efferatissimi delitti, azioni gravissime perpetrate nel periodo bellico o post bellico, ma non sono fascicoli di atti giudiziari, in primis, perché il procuratore generale militare presso il Tribunale supremo militare non aveva, a norma dell'ordinamento giudiziario, alcun potere di iscrizione in un ruolo generale di procedimenti relativi a queste notizie, tant'è che, per quanto concerne l'incarico a lui affidato, si legge che aveva avuto l'incarico di ricevere e raccogliere le notizie di reato ed estrarne, se del caso, le relative denunce. Mi pare di ricordare che siano queste le esatte parole riportate nel provvedimento...

GIAMPAOLO ZANCAN. Scusi, presidente, io continuo a insistere sull'ordine dei lavori, perché queste lezioni dal signor audito non interessano la Commissione.

ENZO RAISI. Veramente, a me interessano.

GIAMPAOLO ZANCAN. A parte il fatto che sono sbagliate, perché il procuratore generale della Repubblica è un pubblico ufficiale, e quindi ha dei doveri comunque...

ENZO RAISI. Scusami, collega Zancan, sto facendo delle domande e vorrei concludere.

GIAMPAOLO ZANCAN. Ho capito, ma se l'audito risponde dicendo cose che non interessano la Commissione...

ENZO RAISI. Può darsi che non interessino te, a me invece hanno interessato moltissimo. Questa risposta mi chiarisce molte cose, e infatti ringrazio l'audito per la sua risposta.

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Mi scusi, senatore Zancan, non intendo certo dare lezioni...

GIAMPAOLO ZANCAN. Lei non deve parlare con me, perché non ho interloquito con lei!

PRESIDENTE. Proseguiamo con la successiva domanda.

ENZO RAISI. Ringraziando ancora per la risposta, mi accingo a fare l'ultima domanda, che è diretta al dottor Conte e riguarda la discussione che c'è stata sul tema della legittimità o meno della famosa commissione. Qui si è molto discusso su che cosa fosse la commissione, se avesse un valore istituzionale, se fosse un gruppo di lavoro, e via dicendo.. Vorrei allora un suo parere in questo senso, cioè se ritenga giusto, come taluni degli auditi hanno detto, che quella commissione potesse considerarsi solo un semplice gruppo di lavoro, che doveva in qualche modo mettere a posto questi faldoni, peraltro ritrovati, come avete detto, in condizioni di disordine?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Cioè, se ho capito bene...

ENZO RAISI. Voglio dire: non era una commissione ufficialmente istituita, ma era un gruppo di lavoro che si era incaricato di far mettere insieme tanti faldoni trovati, che fra l'altro, come voi mi avete confermato in questa sede, non avevano un ordine, non avevano un senso, erano in disordine?


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FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. La mia risposta può essere data dal punto di vista di chi ha coadiuvato questo gruppo di lavoro, chiamiamolo così, in quanto c'erano state delle intese tra i vertici, vale a dire tra il procuratore generale militare presso la Corte d'appello e il procuratore generale presso la Cassazione, con l'indicazione dei nomi dei due sostituti. Quindi, se non ricordo male, vi furono delle lettere nelle quali furono indicati i nominativi dei magistrati che dovevano partecipare a questo lavoro. Ora, se l'indicazione da parte dei capi degli uffici dei nomi dei sostituti procuratori generali che dovevano partecipare a questo lavoro è da intendersi come un'investitura o come una designazione, è questione sottile. Io posso dire che partecipai come ausilio, come collaboratore, a questo lavoro, in quanto il mio compito era quello di aiutare nella trattazione cartacea e materiale di questi documenti. Questa è la mia idea.

PRESIDENTE. Do la parola al senatore Zancan.

GIAMPAOLO ZANCAN. Vorrei fare domande partitamente ai due auditi, incominciando dal dottor Bianchi: lei si muove su richiesta del dottor Maggiore, è esatto?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Sì.

GIAMPAOLO ZANCAN. Dopo alcuni giorni riceve un'indicazione dal dottor Roselli. È esatto?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Non interamente: bisogna vedere che cosa intendiamo con l'espressione «alcuni giorni».

GIAMPAOLO ZANCAN. Mi dica lei allora.

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Diciamo che si tratta di un arco di tempo che va da un minimo di 20 ad un massimo di 30-35 giorni, come risulta già dalle precedenti dichiarazioni.

GIAMPAOLO ZANCAN. Mi scusi, lei azzeri tutte le precedenti dichiarazioni, così non appesantiamo la dichiarazione presente.

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Benissimo, in questo caso si tratta di un periodo che va dalla fine di maggio al 24 giugno successivo, data della lettera del professor Maggiore. Per la fine di maggio intendo una data che può essere situata intorno al 20-25 maggio.

GIAMPAOLO ZANCAN. Lei in quei giorni ha proseguito sempre nelle sue ricerche?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. No, ad un certo punto mi sono fermato perché mi ero scoraggiato e ho detto al dottor Maggiore che non ero riuscito a trovare nulla e che forse qualche indicazione ce l'avrebbe potuta fornire il dottor Roselli, che, com'è noto, era il più esperto di quei locali e di quegli archivi.

GIAMPAOLO ZANCAN. Lei andava cercando degli elementi utili al dottor Intelisano nell'ambito dell'indagine riguardante la strage delle Fosse Ardeatine. È esatto? Era questo l'oggetto della sua ricerca?


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ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Per la verità, l'oggetto specifico e circoscritto della ricerca non era stato esplicitato. Mi era stato richiesto di vedere se c'erano delle carte attinenti ai crimini di guerra in genere.

GIAMPAOLO ZANCAN. Mi sembra un mandato molto generico. Non è sembrato così anche a lei?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. No, perché la cosa si è svolta in più fasi. In un primo momento, credo che il procuratore generale militare Maggiore avesse...

GIAMPAOLO ZANCAN. Va bene, ha poca importanza. Mi dica cortesemente che cosa le ha detto il dottor Roselli.

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Il dottor Roselli ha risposto alla mia domanda senza pensarci neanche un attimo, cioè per lui era una cosa della massima naturalezza: «Scendi sotto, nel locale del TSDS»...

GIAMPAOLO ZANCAN. E che cosa avrebbe trovato?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. La mia domanda è stata: «Si ricorda quel vecchio carteggio che io ricordo di aver visto, più di vent'anni fa, riguardante denunce degli alleati?» (io lo ricordavo come una serie di denunce degli alleati ). Il dottor Roselli mi rispose: «Si, sta lì, nella cella del TSDS». Ho chiesto: «Ma dove, esattamente?». Il dottor Roselli, che mi dava del tu e mi considerava come un figlio (aveva quest'aria un po' paternalistica), mi disse: «La cella del TSDS, apri il cancello, e troverai quei documenti allineati sulla destra».

GIAMPAOLO ZANCAN. E lei dov'è andato a prendere le chiavi?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Sono andato a cercarle giù alla Procura generale di appello.

GIAMPAOLO ZANCAN. Dove erano depositate. Quindi, nessuno poteva entrare lì, se non aveva queste chiavi?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Riterrei di no.

GIAMPAOLO ZANCAN. Lei chiede le chiavi, entra dentro e trova un numero variabile di fascicoli da dieci a venti e un registro. È così?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Un numero variabile di faldoni, più di dieci, forse una ventina e sopra adagiato un registro, e non ricordo poi se una o due rubriche.

GIAMPAOLO ZANCAN. Va bene, ci ha raccontato poi cosa ha fatto di tutto questo. Quindi lei, a parte il periodo 1974-1975, l'armadio non lo vede mai?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Non l'ho più visto dopo il 1974-1975, né per caso, né per intenzione.

GIAMPAOLO ZANCAN. Lei ha avuto modo di sfogliare questo registro?


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ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. A che circostanza si riferisce? Se ho fatto le fotocopie al dottore Intelisano.

GIAMPAOLO ZANCAN. Mi interessa sapere se lei questo registro lo ha esaminato, e se sa indicare, più o meno, che cosa era registrato su questo registro.

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Non è che lo abbia esaminato analiticamente; ho potuto vedere che vi erano registrate delle intestazioni concernenti delle denunce pervenute.

GIAMPAOLO ZANCAN. Ricorda più o meno il numero di queste denunce?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Ricordo che erano, mi pare, in totale più di due mila.

GIAMPAOLO ZANCAN. Va bene, la ringrazio. Rivolgo ora alcune domande al dottor Conte. Lei ci ha già detto di aver visto l'armadio nel corso del tempo. Ha poi riposto i fascicoli?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Innanzitutto, ho spostato l'armadio.

GIAMPAOLO ZANCAN. Da dove a dove?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Abbiamo spostato l'armadio dal muro per poter prendere i fascicoli. A mano a mano abbiamo preso questi fascicoli dall'armadio, unitamente ai materiali presenti nella scaffalatura di sinistra in quello stanzino buio.

ENZO RAISI. Il dottor Bianchi non è andato dove ha preso l'archivio?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Da quanto ha detto il dottor Bianchi, mi sembra di capire di no.

GIAMPAOLO ZANCAN. Quindi, lei sposta l'armadio e lo apre.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Prendiamo i fascicoli ed insieme al materiale che era sulla sinistra formiamo dei faldoni.

GIAMPAOLO ZANCAN. Dove li mettete?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Li mettiamo nella stanza dove prima era il Tribunale speciale.

ENZO RAISI. Dove lui ha trovato il registro: ha dichiarato così.

ALBERTO ZORZOLI. Cosa vuol dire insieme al materiale? Si tratta dello stesso materiale? È, quindi, un materiale congruo: metà nell'armadio e metà nell'altra parte.

GIAMPAOLO ZANCAN. Lei sposta l'armadio insieme a chi?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Lo sposto insieme al compianto Parisi. Quindi, ripongo i faldoni nella scaffalatura di metallo che era nella stanza dove prima c'erano i fascicoli del Tribunale speciale.


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GIAMPAOLO ZANCAN. Che coincide con quella scaffalatura della quale ha parlato il dottor Bianchi?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. La scaffalatura metallica ed anche la stanza.

GIAMPAOLO ZANCAN. Dunque i materiali arrivano in una certa scaffalatura, dove vengono trovati dal dottor Bianchi. È così?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Penso di sì.

GIAMPAOLO ZANCAN. Lei raccoglie e verifica un registro?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. No!

GIAMPAOLO ZANCAN. Quindi nel materiale, sia pure scomposto, che lei trova non c'erano registri.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. C'erano le rubriche. Ricordo, per esempio, molto bene le rubriche della parte lesa. Ho visto per la prima volta il registro nell'occasione alla quale poc'anzi ho fatto riferimento.

GIAMPAOLO ZANCAN. Dunque quel registro del quale lei ha parlato lì non c'era?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Io non l'ho visto!

GIAMPAOLO ZANCAN. Lei apre l'armadio, tira fuori i fascicoli, li sposta.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Io non l'ho visto: l'ho dichiarato!

ENZO RAISI. Non è un processo!

GIAMPAOLO ZANCAN. Sto cercando di far perdere poco tempo alla Commissione per avere dati precisi. Non sarà un processo, ma è l'unico modo per fare domande ed avere risposte. Lei dunque non è idoneo a fornirci spiegazioni sui modi e sulle ragioni per le quali il dottor Bianchi trova il registro da un'altra parte, ovvero sulle scaffalature? Può dare una spiegazione?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. No.

ALBERTO ZORZOLI. Mi incuriosiva la questione relativa al materiale sullo scaffale e sulla congruità dello stesso. Perciò - ed è un'ipotesi assurda - il registro poteva non essere contenuto nell'armadio, ma essere sulla scaffalatura e quindi, con minore difficoltà rispetto alla traslazione dell'armadio, poteva essere stato preso da qualcuno e spostato. Avvenuto il trasferimento delle carte all'Archivio centrale dello Stato, chi poteva avere ancora accesso a quell'archivio? È presumibile che qualche dipendente della struttura, per altre ragioni..

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Quei locali erano in ogni caso molto frequentati dal compianto Parisi. Egli era infatti profondo conoscitore di quei locali da un punto di vista logistico.
Non vedo quale potesse essere la necessità di accedere. Il generale Roselli ancora frequentava il palazzo. Sulle scaffalature di legno ho ritrovato le rubriche della parte lesa; potevano esserci anche


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altri materiali. Anche lì era il faldone di Kesserling. Vi era sicuramente un certo nesso.

GIAMPAOLO ZANCAN. Vorrei prospettare ad entrambi i testi questo interrogativo che mi sembra cruciale: il dottor Conte apre l'armadio, sposta i fascicoli, che finiscono su una scaffalatura. Il dottor Bianchi trova il registro nella medesima scaffalatura sulla quale erano giunti i fascicoli. C'è dunque un «movimento» del registro che combacia con quello dei fascicoli e che non può avvenire per caso. Si tratta del registro giusto con i fascicoli giusti! Qualcuno non può non aver messo accanto ai fascicoli il registro giusto! Come si dice, tertium non datur: una spiegazione ci deve pure essere. Il dottor Conte ci ha detto che lui non vede il registro.

ENZO RAISI. Perché Bianchi dice che lo ha incontrato nell'altra stanza!

GIAMPAOLO ZANCAN. No, Bianchi dice che ha trovato il registro nella scaffalatura dove c'erano i fascicoli. A questo punto non è possibile che il registro finisca nel posto giusto se qualcuno non lo porta volontariamente! C'è una coincidenza fra i fascicoli che ci interessano, che sono «registrati» nel registro. Il dottor Bianchi fotografa una certa situazione nella quale sono già combacianti il registro ed i fascicoli. Qualcuno deve averlo portato!

ENZO RAISI. Abbiamo capito due cose in modo diverso.

GIAMPAOLO ZANCAN. Sapete allora chi ha messo questo registro sulla scaffalatura, vicino ai fascicoli?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Non so trovare una spiegazione. Confermo di aver trovato un registro adagiato sui faldoni che contenevano i fascicoli. Mi sono posto questa domanda di fronte alle dichiarazioni di un collega che dice di non averlo visto prima.
L'unica spiegazione che ho saputo dare a me stesso è che sia sorto un equivoco. Dal momento che questo registro è di dimensioni «strane», a prima vista sembra più una rubrica, con una copertina di cartoncino beige, che non un registro dei ruoli generali. Può darsi che sia stato maneggiato nella convinzione che si trattasse di una rubrica ed invece era proprio il ruolo generale.

GIAMPAOLO ZANCAN. Lei dunque dice che il dottor Conte non ha visto bene quando afferma che non vi era il registro.

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Può anche darsi che il dottor Conte sia stato coadiuvato dal signor Parisi.

GIAMPAOLO ZANCAN. Era il dottor Conte che dirigeva le operazioni di trasloco dei fascicoli.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. L'operazione si svolse nell'arco di alcuni giorni: in un giorno solo, infatti, sarebbe risultato impossibile trasferire il materiale dall'armadio alla scaffalatura.
Senatore, lo ripeto, il registro - che tra l'altro è molto particolare - non l'ho visto e non so neanche dirle se qualcun altro lo abbia inserito all'interno di quei faldoni.

ENZO RAISI. Lei, dottor Bianchi, ha visto l'armadio?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Io non ho visto l'armadio.

ENZO RAISI. Ciò, vuol dire che lei è intervenuto quando i fascicoli erano già stati spostati?


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ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Penso di sì, perché i fascicoli li ho trovati sulla scaffalatura. Tra l'altro questo lo avevo dichiarato sin dall'inizio.

ENZO RAISI. Ma lo spostamento quando è avvenuto?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Lo spostamento di cosa?

ENZO RAISI. Il dottor Bianchi sostiene che quando prese il registro i fascicoli, evidentemente, erano già stati spostati.

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Il dottor Roselli mi disse di cercarli dove in seguito li ho trovati.

ENZO RAISI. Ciò vuol dire che qualcuno aveva già tolto questi faldoni dall'armadio e li avevo collocati nella prima stanza.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. La sua domanda mira a stabilire il momento in cui avvenne questo spostamento?

ENZO RAISI. Sì.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. I fatti si verificarono dopo che scesi materialmente ad operare - e non a fare semplicemente un sopralluogo - una volta ricevuta la lettera, tramite il dirigente, del procuratore generale Scandurra.

ALBERTO ZORZOLI. In che data?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. La lettera è del 27, quindi la settimana di riferimento è quella successiva a tale data e corrisponde all'inizio di luglio.

PRESIDENTE. Questo significa che lei è entrato in quei locali prima del dottor Bianchi?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Non so se sono entrato prima o dopo del dottor Bianchi.

ALBERTO ZORZOLI. Se lei sostiene di aver svuotato l'armadio e il dottor Bianchi ci ha riferito di aver trovato i fascicoli in un altro luogo, di sicuro egli è entrato nei locali di cui si tratta in un momento successivo. Ipoteticamente potrebbe esservi entrato anche prima; in ogni caso nel momento in cui ha rinvenuto il registro l'armadio era già vuoto.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Il dirigente Bianchi ha dichiarato di aver visto dei faldoni sulla scaffalatura dove il sottoscritto, assieme al dottor Parisi, li aveva appoggiati.

ALBERTO ZORZOLI. Per di più anche il dottor Roselli sapeva dove erano collocati i faldoni. Come era venuto a conoscenza di queste notizie?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Perché lui frequentava quasi diuturnamente quei locali.

PRESIDENTE. Comunque, resta il punto interrogativo del registro.

ALBERTO ZORZOLI. Il dottor Bianchi ha sostenuto più volte che il registro


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poteva essere scambiato per una rubrica. A questo proposito, mi sa dire se le dimensioni delle rubriche sono uguali a quelle di questo registro «fuori formato»?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Secondo me - anche se, al riguardo, possiamo sentire il parere del collega - quel registro somiglia più ad una rubrica che non ad un vero e proprio registro di ruolo generale.

ENZO RAISI. Il registro ed i fascicoli coincidevano?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Io non ho elementi per rispondere a questa domanda.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Scusi, ma come faccio a sapere se coincidevano? Io il registro non l'ho trovato, anche se in un secondo momento ho potuto constatare che vi era una certa coincidenza con i fascicoli.

PRESIDENTE. Tutto ciò da cosa le è risultato?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Dal fatto che, successivamente, furono fatte delle annotazioni. Infatti, i due sostituti procuratori generali, grazie agli esami che eseguivano, destinavano i fascicoli alle procure in base alla commissione del fatto.
Una volta scritta la lettera per trasmettere i fascicoli alle varie procure militari, si facevano delle copie e si annotava a margine del registro la particolare destinazione.

ALBERTO ZORZOLI. Il registro, quindi, è stato considerato «vivo»?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Sì, il registro era operativo.

ALBERTO ZORZOLI. Vorrei rivolgere un'ultima domanda sia al dottor Bianchi sia al dottor Conte, poiché entrambi sono esperti di procedura. Come è possibile che non avvenne la trasmissione dei fascicoli relativi al carteggio originale su cui la commissione ha indagato?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Senatore, la risposta è abbastanza semplice dal punto di vista tecnico.
Il procuratore generale militare pro tempore trasmise immediatamente - mi sembra di ricordare nel giro di pochi mesi - alle autorità giudiziarie ordinarie tutte quelle denunce che riguardavano fatti non rientranti nella competenza delle autorità giudiziarie militari. Si trattava di fatti commessi da repubblichini, camicie nere, civili comuni a danno di partigiani o di civili inermi, sicuramente di competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria. A quell'epoca, per questo tipo di delitti, vennero istituite delle corti di assise straordinarie e, quindi, tutti questi atti vennero trasmessi all'autorità giudiziaria ordinaria per competenza, così come venne trasmessa, gradualmente nel tempo, alle varie autorità giudiziarie militari un'elevata quantità di denunce, per le quali vi era la competenza dell'autorità giudiziaria militare e risultava accertata l'identità dei responsabili, fossero essi militari italiani o tedeschi, che rientravano sotto la giurisdizione dei tribunali militari.
Il registro va considerato l'unico strumento valido ed efficace per certificare la consistenza di questo carteggio, dal momento che in esso, con grafie autografe, risalenti nel tempo, sono annotate tutte le vicende che hanno accompagnato fino alla fine le varie denunce pervenute, lì registrate. Non solo, ma per tutte le denunce trasmesse alle autorità giudiziarie militari


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risulta anche annotato l'esito, con la data, il tipo di provvedimento adottato e l'autorità giudiziaria militare che lo ha emesso. Questo, invece, non poteva risultare per quelle denunce trasmesse all'autorità giudiziaria ordinaria; per questo è poi scaturita quell'attività di monitoraggio, non ancora esaurita, che ha già dato dei risultati abbastanza consistenti riguardo all'esito di questi circa 200 fascicoli.

PRESIDENTE. Lei ha visto questi fascicoli?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Non solo li ho visti, ma li ho anche maneggiati, perché li ho dovuti fotocopiare per trasmetterli a questa Commissione. Il mio personale, come ho detto prima, presidente, ha fotocopiato tutti questi fascicoli, che sono stati trasmessi a questa Commissione (con l'elenco di trasmissione, da me sottoscritto). Quindi, ho dovuto controllare, pagina per pagina, la rispondenza delle fotocopie ai fascicoli originali.

PRESIDENTE. Quindi, li ha letti tutti?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Non si può proprio dire che li abbia letti; li ho sicuramente visti tutti, ma certamente non li ho analizzati per quanto concerne il contenuto. Li ho sicuramente collazionati, perché dovevo verificare l'esatta rispondenza sia dell'intestazione sia del contenuto, visto che non potevamo correre il rischio di trasmettere un carteggio incompleto o mal collazionato ad un'autorità come questa. Quindi, personalmente, mi sono occupato della collazione delle fotocopie e ho fatto fare, per comodità e per avere un riscontro, un elenco nominativo e numerico, con l'indicazione del corrispondente numero di iscrizione nel ruolo generale, che ha accompagnato la trasmissione di questi circa 200 fascicoli.

PRESIDENTE. Visto che ci ha appena dato una spiegazione molto tecnica di tutta la vicenda, lei ha esaminato bene questi fascicoli...

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Nel collazionarli, ho visto che tutti questi fascicoli contenevano all'interno una velina - che poi nelle fotocopie diventa un foglio di carta A4 - di formato ridotto (per velina intendo carta vergatina), dove è riprodotto, con carta carbone (data l'epoca a cui ci riferiamo), il testo della lettera di trasmissione. Se ben ricordo, con tutte queste lettere di trasmissione si inoltrano le denunce - per la maggior parte, a firma del procuratore generale militare dell'epoca, Borsari - alle autorità giudiziarie ordinarie competenti e in esse è riportato, per conoscenza, l'indirizzo del comando dei carabinieri denunciante. Quindi, la denuncia non viene inviata solo ad un'autorità giudiziaria ordinaria, ma anche al comando dei carabinieri denunciante. Lo ricordo per averlo visto in queste staffette.

PRESIDENTE Visto che è così preciso, secondo lei, perché poi il dottor Scandurra, procuratore generale militare, capo del suo ufficio, iniziò questa indagine storico-giudiziaria?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. L'ho detto poco fa. Nel ruolo generale risulta annotato - fatta eccezione per quelle denunce, per le quali mi sembra sia risultata la provvisoria archiviazione, che sono state trasmesse nel 1994 - come si è esaurito il processo (in corrispondenza di ogni denuncia, in orizzontale, guardando l'ultima colonna), con quale tipo di sentenza (di condanna o di assoluzione) e quale tribunale militare ha emesso il provvedimento (in alcuni casi il giudice istruttore militare). Quindi, basta analizzare il ruolo generale per conoscere l'esito di tutti questi processi; invece, di


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questi fascicoli trasmessi nel 1946 all'autorità giudiziaria ordinaria si era persa completamente traccia; probabilmente, l'indagine venne avviata per uno scrupolo di accertamento, cioè per essere certi che (data anche l'epoca storica a cui ci riferiamo) queste denunce fossero arrivate a buon fine e che, una volta trasmesse nel 1946, avessero seguito il loro iter giudiziario. Questo ha dato dei risultati - a fatica, dato il lungo tempo trascorso - sicuramente positivi in un notevole numero di casi.

ALBERTO ZORZOLI. Ciò vuol dire che si è arrivati ad un verdetto?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Sì, in molti casi si è arrivati addirittura ad acquisire le copie delle sentenze emesse dall'autorità giudiziaria ordinaria o, perlomeno, la prova dell'arrivo, con l'iscrizione in un certo registro di una qualche autorità giudiziaria, che poi magari l'ha trasmessa per competenza ad un'altra ancora (questo vuol dire che la denuncia, inoltrata dal procuratore generale militare pro tempore, è giunta a destinazione).

PRESIDENTE. Secondo lei, il procuratore poteva fare una indagine storico-giudiziaria?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Non spetta a me dare un parere su questa materia. Il dottor Scandurra, quando ha assunto le funzioni di procuratore generale militare presso la Corte di Cassazione, ha portato con sé questi atti; io so soltanto che lo stesso dottor Scandurra (mi sembra che risulti da carteggi certi) informò di questo il Consiglio della magistratura militare. Perlomeno, mi sembra di ricordarlo. Non fu una iniziativa - per usare una terminologia da bar - presa sotto banco, ma venne assunta informandone gli organi competenti.

ALBERTO ZORZOLI. Quando ha iniziato questa ricognizione il dottor Scandurra?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Mi sembra di averlo già detto nella precedente audizione, ma adesso non riesco a rammentarlo, perché, tra l'altro, questa attività di ricognizione fu iniziata dal dottor Scandurra quando ricopriva ancora la funzione di procuratore generale militare presso la Corte militare di appello e fu proseguita quando assunse le funzioni di procuratore generale militare presso la Corte di Cassazione. Ecco perché portò con sé questi fascicoli.

PRESIDENTE. Di quelle cartelline vuote lei che mi sa dire?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Nulla.

PRESIDENTE. Non le ha viste?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Non le ho viste, perché non mi sembra che facciano parte dei 202 fascicoli.

PRESIDENTE. Lei ha visto soltanto i 202 fascicoli?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Sì, perché sono gli unici arrivati nel nostro ufficio; gli altri fascicoli - come può confermare il collega -, che contengono le carte originali, sono tuttora conservati dalla Procura generale militare presso la Corte militare d'appello.


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FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. È così.

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Li ho visti perché il procuratore generale militare, quando ha cambiato funzione, per portare a termine questa attività di accertamento ha portato con sé questi 202 fascicoli. Questo risulta dal carteggio.

GIAMPAOLO ZANCAN. Vorrei chiedere di nuovo al dottor Conte come sia arrivato ad aprire l'armadio e a trasportare i fascicoli. Me lo spieghi, con dei passaggi il più possibile precisi e semplici, perché altrimenti mi gira la testa.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Senatore, proverò ad essere molto preciso.
Il procuratore generale, dottor Scandurra, mi convoca e mi dice: «Faccia un sopralluogo nell'ambito delle stanze del Tribunale speciale per individuare» - sto ricordando naturalmente a memoria - «un carteggio che non è né del Tribunale speciale, né dei tribunali militari di guerra, cioè carteggio altro.

GIAMPAOLO ZANCAN. Lei, quindi, ha solo questa indicazione?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Ho questa indicazione.

ALBERTO ZORZOLI. Carteggio altro, o se c'è altro carteggio?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Le cose erano simili, perché poi, nella lettera che ho ricevuto tramite il dirigente Fiorentino, era specificata con molta più determinazione questa definizione. Io mi muovo, vado giù...

GIAMPAOLO ZANCAN. Apre l'armadio...

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Apro l'armadio, vedo i fascicoli, ma non li esamino, perché non è mia competenza, e constato che il frontespizio di questi fascicoli non porta né la dizione dei tribunali militari di guerra, che erano quelli della Spagna, dell'Albania, e via dicendo...

GIAMPAOLO ZANCAN. Va su, e a chi dice «Bingo!»?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Vado dal procuratore generale. Forse, ma non ne sono sicuro, ho avvisato anche il dirigente.

GIAMPAOLO ZANCAN. Dopodiché, il procuratore generale che cosa fa? Scende con lei a vedere questi fascicoli?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. No.

GIAMPAOLO ZANCAN. E che cosa dice?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Rimane un attimo in riflessione.

GIAMPAOLO ZANCAN. Qual è il messaggio che lei porta al procuratore?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Che c'era altro materiale che non


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faceva parte... era materiale che noi non trattavamo, non ci lavoravamo su. Erano fascicoli che non erano né del Tribunale speciale, né dei tribunali militari di guerra.

GIAMPAOLO ZANCAN. Allora, il procuratore generale cosa le dice?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Mi scusi, senatore, ma non è che io col procuratore generale avessi tutta questa confidenza; tuttora con lui non ho questa facilità di contatto.

GIAMPAOLO ZANCAN. Scusi, mi sembra logico che i casi sono due: o il procuratore generale dice: «Bene, andiamo a vedere cosa sono queste carte», oppure dice: «Dottor Conte, vada giù, veda meglio queste carte e mi spieghi che cosa sono».

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. No, il procuratore generale ascoltò con molta attenzione le cose che io stavo dicendo, ma in quel momento nei miei confronti non...

GIAMPAOLO ZANCAN. Non disse nulla?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. No, non ha fatto una determinata dichiarazione, bensì, dopo circa due giorni, mi è arrivata la lettera.

GIAMPAOLO ZANCAN. E che cosa le disse?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Di andare giù e di accertarmi materialmente, e io sono andato giù e ho cominciato a fare il lavoro operativo.

GIAMPAOLO ZANCAN. Nessuno è venuto giù a vedere?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Con me no e in quel momento, in quello spazio di tempo, quando ho fatto il sopralluogo e ho parlato con il procuratore generale e forse ne ho informato anche il dirigente.

GIAMPAOLO ZANCAN. Lei ordina e trasporta. Quanto tempo impiega a ordinare e trasportare?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Da quando scendo giù a quando si conclude questa attività, credo circa una settimana, otto giorni.

GIAMPAOLO ZANCAN. Per sua conoscenza, nessuno viene a vederla?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. No, con me no. Non mi risulta.

GIAMPAOLO ZANCAN. Nessuno le chiede niente?

FRANCESCO CONTE, dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Per chiedere, chiedono. Il procuratore generale mi chiedeva come stesse andando il lavoro, come stessimo agendo. Il procuratore generale veniva informato direttamente da me.

GIAMPAOLO ZANCAN. Questo è un modus operandi. Ma il procuratore generale le chiese che tipo di fascicoli aveva trovato?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Sì, questo me lo chiese. Io ho


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riferito che le intestazioni recavano la dicitura «crimini nazifascisti», perché lo vedevo. Non solo, ma nel prendere i fascicoli - naturalmente non è che li esaminassi, però...

GIAMPAOLO ZANCAN. Ed il procuratore generale, quando lei riferisce che ci sono dei fascicoli con l'intestazione «crimini nazifascisti», che cosa dice? Dice qualche cosa?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Con me personalmente non ha fatto commenti, però dall'espressione del suo viso ho capito che la questione era molto importante, anche se il procuratore non mi ha fatto un discorso.

GIAMPAOLO ZANCAN. Finisce il trasbordo e lei esce di scena, salvo la storia del registro?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Sì.

GIAMPAOLO ZANCAN. E non riceve più ordini. Che lei sappia, chi è andato a vedere questi fascicoli, al di là della volta in cui lei ha incontrato il dottor Bianchi?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Questo non lo so, non posso darle una risposta, non le so dire chi altro potesse andare, oltre a quell'occasione che ho citato prima, nella quale c'erano il dirigente Bianchi e il dottor Intelisano.

GIAMPAOLO ZANCAN. Rispetto all'apertura dell'armadio, l'occasione che lei ha citato prima, a che distanza di tempo, grosso modo, si è verificata? Venti giorni, un mese, due mesi?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Vuol sapere il periodo?

GIAMPAOLO ZANCAN. Tra il momento in cui lei trova i fascicoli e il momento in cui arriva Intelisano.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Ripeto: credo fosse oltre la metà di luglio.

GIAMPAOLO ZANCAN. Quindi, appunto un mese?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Io ho fatto il sopralluogo prima del 30 di giugno, quindi, circa un mese.

GIAMPAOLO ZANCAN. Lei non sa dire chi ha avvertito Intelisano di questi ritrovamenti?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Assolutamente no. Io con Intelisano non ho parlato di queste cose.

GIAMPAOLO ZANCAN. Comunque passa circa un mese?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Sì, all'incirca, ma con Intelisano io non parlo di queste cose.

PRESIDENTE. Do la parola al senatore Vitali.

WALTER VITALI. Ho ascoltato con la massima attenzione possibile l'audizione, non ho interrotto nessuno dei colleghi e chiedo, per favore, la stessa cosa nei miei


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confronti, nel senso che delle affermazioni e delle domande che farò mi assumo la esclusiva responsabilità.
Posso sbagliare, possono essere affermazioni errate oppure non condivise dai colleghi, però chiedo, se possibile, questa cortesia. D'altra parte, cercherò di non far perdere tempo alla Commissione, ma ritengo di dover ritornare anche su alcune delle cose che sono state dette.

PRESIDENTE. È un suo diritto.

WALTER VITALI. Cercherò di fare tutto nel più breve tempo possibile.
Vorrei innanzitutto ricordare, la ragione per cui abbiamo ritenuto di risentire insieme il dottor Conte e il dottor Bianchi.
A mio parere anche le risposte date alle domande sinora fatte danno luogo ad una contraddizione insanabile fra le tesi sostenute. Quindi, o uno dei due non dice il vero oppure vi sono circostanze di tempo, e probabilmente di luoghi, diverse, che possono essere state non ricordate correttamente e che possono rendere compatibili le due versioni.
Al momento la situazione mi sembra la seguente: il dottor Conte ha ricordato che nel 1991, al momento dell'opera degli archivisti dell'Archivio centrale dello Stato, vi era l'armadio e che nel 1994, quando è andato alla ricerca della documentazione su ordine del dottor Scandurra, vi era ancora l'armadio, con le ante rivolte al muro. Ha inoltre ricordato di aver provveduto, con il signor Parisi, alla rimozione delle carte ed al loro posizionamento nelle scaffalature.
Il dottor Bianchi ha dichiarato di aver visto l'armadio nel 1974 e di aver avuto accesso ai locali nel 1994, nonché di aver trovato la documentazione relativa ai crimini di guerra su scaffali, ma di non aver asportato il registro generale.
Rivolgo, quindi, alcune domande, formulate nella maniera più diretta possibile, al dottor Bianchi circa la data esatta del ritrovamento dei fascicoli su indicazione del dottor Roselli, nonchè l'indicazione, sulla base della planimetria, del luogo nel quale esattamente si trovavano.

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. La data esatta è quella del 24 giugno, con riferimento alla lettera del professor Maggiore, ma non posso escludere che possa essere individuata nei giorni immediatamente precedenti.

WALTER VITALI. Mi può indicare i locali sulla planimetria che le viene mostrata?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Occorre, in primo luogo, precisare che questa planimetria è sicuramente più rispondente alla realtà dell'epoca rispetto a quella che rispecchia i locali così come sono ora. Peraltro, anche questa non è integralmente precisa, dal momento che occorre calcolare che in questa posizione esisteva un tramezzo, che su questo planimetria non è riportato.
Pertanto, entrando dal giardino e salendo questa piccola rampa di scala, si arriva a questo pianerottolo. Questo stato dei luoghi non è ad oggi modificato; si entra da questa porta, che tuttora è nella stessa collocazione.
Entrando, però, ora si ha davanti una stanza piuttosto ampia, mentre all'epoca si aveva davanti un muro, al quale erano appoggiati degli armadi. Appena entrati, occorreva dunque voltare a sinistra in uno spazio piuttosto limitato, anche se non angusto. Bisognava quindi scendere probabilmente tre gradini, percorrere una parte del corridoio, entrare a destra, attraversare questa stanza ed entrare in quest'altra stanza, al centro della quale erano ubicati due grossi tavoli da lavoro (non ricordo esattamente il numero dei tavoli, se uno o due). Questa stanza è dotata di due finestre ed è tuttora nella stessa condizione (sia per quanto riguarda la superficie sia per il numero di finestre).
L'unica diversità è data dal fatto che originariamente qui vi era un cancello in corrispondenza di altri tre gradini. Infatti,


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i tre gradini dovevano essere risaliti per tornare al livello di questo locale. C'erano, e sono segnati sulla piantina, dei gradini e qui vi era il cancello di ferro. Aperto il cancello di ferro, si entrava qui dentro - qui c'era il muro - e in questo locale, privo di finestre, vi era l'archivio del Tribunale speciale per la difesa dello Stato. In quest'altro locale, molto piccolo e con due piccole finestre, vi erano una scaffalatura e dell'altro carteggio.
In questo locale, in corrispondenza di una colonna di scarico che serve tutto il palazzo per i bagni, ricordo di aver visto, nel periodo ricompresto tra gli anni 1974 e 1975, il famoso armadio con queste ante, delle quali una si apriva.

WALTER VITALI. È stato molto esauriente. Lei dunque nel biennio 1974-1975 aveva già avuto modo di verificare l'esistenza di questo armadio, dal momento che era entrato in quella stanza per una pratica, se non ricordo male, di carattere pensionistico.

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Credo si trattasse invece di un risarcimento su ricorso presentato dinanzi alla Corte dei conti.

WALTER VITALI. Quando è tornato nel 1994 ha ritrovato l'archivio nella stessa posizione in cui trovò l'armadio allora?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Nel 1994 non mi spinsi in questa seconda stanza, dal momento che mi era stata data una indicazione diversa dal dottor Roselli.

WALTER VITALI. Se lei sapeva di aver già visto quell'archivio, o meglio quell'armadio, vent'anni prima, perché non è andato a colpo sicuro?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Perché non lo ricordavo. Ho cercato in tutto il palazzo nelle zone sbagliate! Nel 1974 infatti ero arrivato a palazzo Cesi, che è un palazzo della fine del 1500, con numerose scale, principali, secondarie e di servizio, ed ha i piani sfalsati.
Vi è dunque il cosiddetto «lato nobile», nel quale vi sono un primo ed un secondo piano. Le altre due ali, nella parte destra ed in quella di estrema sinistra, presentano un primo piano, un piano terra, un ammezzato ed in una parte addirittura un terzo piano. Tra di loro queste due parti non coincidono.
Il piano in cui si trova questo archivio, in effetti, non è un primo piano, ma probabilmente un piano ammezzato. Quando nel 1974 sono andato lì, sulla base di una indicazione estemporanea datami dal dirigente pro tempore dottor Siracusa e che faceva riferimento ad una segnalazione degli alleati, mi disse che di quel carteggio era pratico Puliti. Tuttavia, non ricordo se mi accompagnò Puliti, perché è trascorso troppo tempo! Con riferimento a questo carteggio, io ricordo una ricerca sulla rubrica, durata pochi minuti. Ho, quindi, soltanto un flash molto parziale.

WALTER VITALI. Quindi lei nel 1994, quando avvia la ricerca su questo archivio, non ricorda dove fosse vent'anni prima quell'armadio, ma ricorda invece che vent'anni prima aveva visto un carteggio che poteva avere attinenza. Pertanto, dopo che nel 1994 lei ha scoperto questo archivio, quest'ultimo era nella stessa posizione del 1974?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Assolutamente no! Era in tutt'altra posizione.

WALTER VITALI. Le chiedo conferma del fatto secondo cui lei non aveva avuto la necessità di entrare nello stanzino e, quindi, non aveva avuto modo di notare l'armadio che poteva trovarsi lì. Mi conferma questo?


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ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Io non ci avevo nemmeno pensato. Avendo trovato quel carteggio, non mi sono posto il problema. Di solito, un armadio di modestissima fattura come quello, una volta svuotato, viene eliminato o quanto meno accantonato in qualche posto. Il problema non mi è sorto.

WALTER VITALI. Lei ha comunicato qualche elemento al dottor Conte per facilitare la sua ricerca?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Se ci riferiamo a questa ricerca, tra me ed il dottor Conte non ci fu assolutamente alcun tipo di contatto o di scambio di informazione.

WALTER VITALI. Per quanto tempo, a suo avviso, il registro è rimasto separato dai fascicoli, avendolo lei portato negli uffici. Secondo lei, dove è stato conservato, forse in un armadio corazzato?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Sì, il registro è stato da me tolto da questa cella-archivio, in occasione della visita del dottor Intelisano volta a prenderne visione e dalla quale è scaturita l'esigenza di fare fotocopia.
Contestualmente il registro, in accordo con le indicazioni rilasciate dal sostituto procuratore generale militare Nicolosi, fu custodito da me in un armadio corazzato, di cui soltanto il sottoscritto deteneva le chiavi.
Presi in custodia il registro fino alla data del 16 settembre 1994, che io non ricordo, ma che si desume dall'appunto redatto dal dottor Conte. In quel periodo, rientrando dalle ferie, appresi che il dottor Conte avrebbe dovuto assistere i due sostituti designati e, di conseguenza, gli consegnai il registro.

WALTER VITALI. Quando il registro è stato nuovamente portato via dagli uffici della Procura generale militare dove è stato collocato?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Senatore, «nuovamente» quando? Questa domanda non la capisco.

WALTER VITALI. Ad un certo punto questo registro cambia collocazione poiché viene portato via dagli uffici della Procura generale militare o, più precisamente, dall'armadio corazzato.

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione Sì, ci stiamo sempre riferendo alla data del 16 settembre 1994.

WALTER VITALI. Dove viene collocato questo registro?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione Io l'ho consegnato al dottor Conte, ma mi è sconosciuto il luogo ove egli lo ha custodito. Dal quel momento in poi, infatti, mi sono considerato completamente spogliato da quella temporanea responsabilità.

WALTER VITALI. Il dottor Maggiore, dinanzi al CMM, il 25 settembre 1996, dichiarò di aver affidato la ricerca necessaria al dottor Intelisano e che il dottor Bianchi - cioè lei - gli aveva riferito di aver visto i documenti di cui si tratta circa quindici anni prima nello stanzino.
In esecuzione della ricerca, lei, in un primo momento, era tornato in quel luogo riferendo al dottor Maggiore che le carte non c'erano più; solo allora il dottor Maggiore aveva deciso di chiedere informazioni al dottor Roselli. Tale precisazione costituisce un sicuro ricordo del


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dottor Maggiore e comporta, necessariamente, l'accesso del dottor Bianchi allo stanzino prima della successiva ricerca effettuata, con esiti positivi, su indicazione del dottor Roselli. Tale accesso iniziale è assolutamente poco chiaro, quindi, se possibile, le chiedo un chiarimento al riguardo.

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione Non ricordo i termini esatti della dichiarazione del dottor Maggiore. In ogni caso faccio rispettosamente osservare che se fossi entrato prima in quello stanzino avrei trovato l'armadio o il carteggio; quindi, da parte mia, escludo assolutamente questa evenienza.

WALTER VITALI. Signor presidente, se mi è consentito, vorrei ora rivolgere qualche domanda anche al dottor Conte.
Dottor Conte, con il conforto della planimetria, le chiedo di confermare se l'armadio ed i fascicoli erano nello stanzino più piccolo.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Sì, lo confermo!

WALTER VITALI. Dottor Conte, che tipo di esigenza ha avvertito per attestare autonomamente - attraverso il suo scritto del 16 settembre 1994 - di aver ricevuto il registro dal dottor Bianchi?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. In quel periodo si stavano verificando degli avvenimenti molto importanti: si parlava di crimini nazisti e di particolari fascicoli; insomma, si stavano delineando tutta una serie di situazioni per cui ritenni giusto prendere degli appunti. Infatti, pur avendo ricoperto incarichi operativi formali ero quasi all'oscuro riguardo all'evolversi degli avvenimenti.
In quel momento mi resi conto di avere in mano un documento molto importante di cui, però, non conoscevo la vera consistenza.

WALTER VITALI. Lei, nella notte del 6 luglio 1994, rivolgendosi al suo superiore, dottor Fiorentino, affermò che i faldoni non si trovavano nel luogo ove li aveva trovati e che prima ci ha descritto, ma nella scaffalatura sita nella stanza più grande.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Personalmente, alcuni anni fa scrissi una lettera nella quale affermavo che risultavano conservati diciannove falconi; in ogni caso, quando entrai in quello stanzino si profilò davanti ai miei occhi una situazione pietosa.
Informai il procuratore generale che nello stanzino erano contenuti documenti particolarmente importanti, in seguito fu mio compito imbustarli e collocarli sulla scaffalatura. Comunque, feci presente al mio superiore che i documenti in origine si trovavano all'interno di un armadio, quindi la situazione fu subito chiara.

WALTER VITALI. Quando accadde tutto questo?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. La lettera la scrissi subito dopo il compimento dell'operazione.

WALTER VITALI. Dottor Conte, chiedo scusa, ma mi serve una risposta precisa. Si ricorda esattamente quando tutto questo avvenne?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Probabilmente la lettera la scrissi il 6 luglio.


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WALTER VITALI. Dottor Conte, a questo punto le chiedo informazioni circa avvenimenti di qualche tempo prima.
Nella sua ampia relazione, redatta in data 16 marzo 1989 e concernente personale e locali dei tribunali di guerra soppressi, ella descrive lo stato dei luoghi. Aveva già notato l'armadio e lo stanzino?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. No! In quella relazione feci anche presente che per quei luoghi era necessaria una maggior attenzione dal punto di vista logistico.
Feci presente, in quella relazione, che forse sarebbe stato anche il caso di adottare delle misure igieniche e antincendio.

WALTER VITALI. Mi rendo conto di aver finora ripetuto alcune domande che erano già state poste al dottor Conte e al dottor Bianchi nel corso dell'audizione fin qui svolta, ora, però, vorrei affrontare due argomenti che mi sembra non siano stati ancora adeguatamente trattati, e lo faccio rivolgendomi al dottor Conte.
Anche in questo caso vorrei fare una piccola premessa. Non c'è alcun dubbio sul fatto che, con ordine di servizio del 18 giugno 1988, a firma del procuratore generale militare presso la Corte di Cassazione di allora, dottore Leonardo Campanelli, lei fu nominato come responsabile degli archivi dell'ufficio del pubblico ministero dei tribunali di guerra soppressi. Inoltre, non c'è alcun dubbio che, in data 19 dicembre 1991 - nel verbale di consegna del dottor Mazzi, per la Procura generale presso la Corte di Cassazione, al dottor Giordano, per la Procura generale militare presso la Corte di appello -, veniva attribuita a lei la responsabilità sugli archivi dell'ufficio dei tribunali militari di guerra soppressi. In quel verbale l'indicazione e la descrizione dei locali è assai precisa.
A questo punto mi interessa molto sapere - credo che interessi anche alla Commissione - che cosa esattamente successe nel 1991. Cerchiamo di andare tre anni indietro rispetto al momento del ritrovamento dell'archivio e dell'armadio, avvenuto nel 1994.
In relazione al 1991, le persone che qui abbiamo audito hanno usato parole diverse. Il dottor Conte ha sostenuto che nel 1991 l'armadio c'era...

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Sì.

WALTER VITALI. La dottoressa Lolli Scappini - è stato ricordato prima dal collega Carli - conferma l'esistenza di questo armadio nel 1991, anche se dice di averlo visto mezzo aperto, che non aveva avuto l'impressione che fosse particolarmente nascosto e che conteneva dei fascicoli grigio-verdi su cui c'era l'intestazione. Si tratta, quindi, di una descrizione piuttosto precisa. Invece noi abbiamo altre dichiarazioni, rese in Commissione, che dicono esattamente l'opposto. Ad esempio, abbiamo la dichiarazione del dottor Mazzi, del dottor Parola - immagino siano persone che lei conosca -, del signor Gentilezza, del dottor Missori, della dottoressa Gidaro, che sostanzialmente negano l'esistenza di questo armadio nel 1991.
Lei mi deve spiegare come si possa conciliare quello che lei, confortato dalla dichiarazione della dottoressa Lolli Scappini, ricorda con quello che invece qui ci hanno detto tutte le altre persone che prima ho citato.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Ribadisco che in quel periodo l'armadio lo intravedevo; non entravo in quella stanzetta, ma lo vedevo. La dottoressa Scappini ha fatto delle affermazioni che per un certo verso collimano con le mie, perché in effetti l'armadio c'era.
Per quanto riguarda le dichiarazioni degli altri auditi, che lei prima ha citato, potrei formulare un'ipotesi, per aiutare la Commissione e per chiarire anche a me


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stesso determinate situazioni. Il lavoro svolto in quel periodo dalle persone che lei ha appena citato consisteva, per la gran parte, nel prendere i fascicoli, che erano nella cella dove prima si trovavano i fascicoli del tribunale speciale, per portarli nella stanza attigua, che è quella con le due finestre, dove c'è luce (nella stanzetta dove c'erano i fascicoli del TSDS c'era invece una luce fioca); il lavoro veniva quindi svolto nella stanzetta accanto, quella con le finestre. Ripeto: il lavoro che svolgevano consisteva nel prendere i fascicoli del TSDS, nel portarli fuori e nell'imbustarli; quindi, forse non avevano occasione di inoltrarsi in quei luoghi. La dottoressa Scappini, che ha dichiarato di aver visto l'armadio, probabilmente è andata oltre, non si sarà fermata alla stanza dove i suoi collaboratori stavano operando, ma si sarà spinta nell'altra stanza. Questa è una mia valutazione.

WALTER VITALI. Temo che questa sua valutazione si scontri in modo irrimediabile almeno con la dichiarazione del dottor Mazzi, che le posso ricordare. Il dottor Mazzi afferma: nel 1989, quando vi fu il versamento degli atti all'archivio centrale dello Stato, sono sicuro di essere entrato nel secondo locale, perché, nel sopralluogo che feci con il personale dell'ufficio, mi volli accertare della consistenza del materiale che esisteva presso l'ufficio stesso e che peraltro dovevamo consegnare all'archivio centrale; però, non ricordo se ci fossero o meno armadi, in particolare non ricordo se ci fossero o meno degli armadi con le ante rivolte verso il muro.
Provo ora io a formulare un'ipotesi; vediamo se ci può aiutare, come lei giustamente dice, a fare dei passi in avanti. Non può essere - in piena buona fede, per carità, perché ci si può anche sbagliare sulle date (soprattutto quando sono passati tanti anni) - che lo spostamento dell'armadio in altri locali da parte sua e del signor Parisi sia avvenuto prima dell'opera di riversamento all'archivio centrale dello Stato, avvenuto nel 1991?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. No!

WALTER VITALI. Se la sente di escluderlo nella maniera più assoluta?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Nella maniera più assoluta!

WALTER VITALI. Faccio un'altra ipotesi. Non potrebbe essere che la dottoressa Scappini vide l'armadio non nel 1990-1991, ma nel 1989, quando si era recata negli stessi locali per il versamento dei fascicoli dei tribunali di guerra soppressi?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Il versamento dei fascicoli dei tribunali militari di guerra soppressi? Nel 1989? Forse di una parte, perché poi...

WALTER VITALI. Lei prima ha formulato una ipotesi, che partiva da un presupposto non confermato dalle dichiarazioni di quelle persone, ma adesso ne sto formulando un'altra, che si fonda su uno slittamento temporale delle azioni che lei ha compiuto, che ci consentirebbe di ricostruire un quadro più chiaro.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Io mi introdussi in quella stanzetta e spostai l'armadio nella data che ho riferito. L'accesso a determinate stanze - fatta eccezione per quel periodo di tempo in cui ci fu il versamento all'archivio - ed il rapporto con i capi degli uffici era regolamentato in maniera molto precisa (quindi, le azioni che dovevo svolgere erano ben regolate). Quella relazione molto puntuale, che lei ha citato precedentemente, è stata fatta con un «cuore» particolare. Non creda che non abbia


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avuto anche un ritorno da quella relazione. Quindi i tempi erano tutti calcolati.

WALTER VITALI. Ritorno in che senso?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Nel senso che io, nel fare una relazione di questo tipo, l'ho fatto esplicitando quello che vedevo e quello che credevo che bisognasse fare.
Il procuratore generale Campanelli (con il quale ho avuto pochissime opportunità di poter colloquiare durante gli anni in cui sono stato alla Procura generale presso la Cassazione), ha fatto un ordine di servizio che lei prima ha citato, e il quadro delle mie attività era ben delineato. Pertanto, io entro in certe stanze, faccio certe azioni, se ho, diciamo così, un feedback, nel senso che ho dei riscontri, per cui escludo quella osservazione che l'onorevole ha fatto. Io mi muovo nell'ambito di quella considerazione.

WALTER VITALI. La ringrazio, dottor Conte. Ora sollevo un'altra questione, che riguarda entrambi, su cui abbiamo avuto ancora versioni diverse: il sopralluogo del dottore Intelisano. Stiamo parlando del 1994. Vi è stata l'audizione del dottor D'Adda, il quale ha negato recisamente che ci sia stato questo sopralluogo, come risulta agli atti della nostra Commissione. Lei, dottor Conte, invece ha sostenuto che quel sopralluogo c'è stato. Pertanto le vorrei chiedere se conferma questa sua dichiarazione e se ci può descrivere, succintamente sommariamente, le circostanze in cui avvenne quel sopralluogo.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Quel sopralluogo, come ripeto, avvenne nel mese di luglio, da quello che io ricordo, nel 1994, e in quella occasione (non ricordo da chi fui avvertito, questo non lo ricordo), mi recai in questi locali dove c'era il dirigente Bianchi e il dottor Intelisano. Forse era presente, ma non sono sicuro, anche il dottor Nicolosi. Questo è ciò che io ricordo.

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Vorrei rispondere anch'io a questa domanda.

WALTER VITALI. Se il presidente consente, per me va bene.

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Come ho già detto prima, io di questo episodio conservo una memoria quasi fotografica, sia per il contesto in cui è accaduto, che per le modalità. Ricordo il tavolo e le persone presenti: il dottor Nicolosi, il dottor Intelisano, l'ufficiale dei carabinieri. Ricordo anche la posizione del registro. Ad un certo punto si è materializzato il dottor Conte, che è rimasto però due passi indietro, non voglio dire in disparte, ma insomma, non ha preso parte alle operazioni: stava lì e guardava, e che io ricordi, non ha detto neanche niente.
Se mi posso permettere, ho letto in un resoconto stenografico di questa Commissione che un componente di questa Commissione ha chiesto a D'Adda: «Come fa lei a dichiarare di non essere stato presente, quando Bianchi invece ricorda di averla vista?» e D'Adda risponde: «Chiedetelo a Bianchi». Vorrei citare allora un passo delle dichiarazioni rese dal dottor Intelisano, di fronte al Consiglio della magistratura militare.
Ho controllato un po' le carte e il dottor Intelisano, il 18 settembre 1996, quindi a memoria molto più fresca di oggi, dice, a pagina 40 della sua audizione: «Siccome avevo una certa urgenza di vedere qualcosa, una volta venni qui, con un ufficiale dei carabinieri che sta nel mio ufficio, esattamente con il capitano D'Adda, il quale mi accompagnò solo per consultare questo registro». Ho terminato.


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PRESIDENTE. Scusi, lei conferma che D'Adda era lì?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. Certo.

WALTER VITALI. E quindi abbiamo la conferma di questa contraddizione insanabile tra questi due punti di vista.
Chiedo scusa, presidente, vorrei fare un'altra domanda al dottor Conte. Torno al tema del 1994, del rinvenimento dell'armadio, per vedere se ho capito bene, a proposito di date.
Lei è stato incaricato dal dottor Fiorentino di svolgere questa indagine il 30 giugno del 1994. Quindi ne consegue che lei ha ovviamente rinvenuto questo armadio, questo archivio, in data successiva al 30 giugno 1994?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Io opero materialmente nella data successiva. Precedentemente però alla data che lei ha citato adesso, io faccio il sopralluogo.

WALTER VITALI. Quando lo fa, dottor Conte? A noi serve sapere una cosa: chi di voi due è arrivato prima lì.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Sicuramente qualche giorno prima del 30.

WALTER VITALI. Quindi, è presumibile che sia avvenuto dopo il sopralluogo effettuato dal dottor Bianchi?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Presumibilmente, è un'ipotesi. Presumo una cosa del genere.

WALTER VITALI. La ringrazio. Avrei un altra domanda per il dottor Bianchi. Questa domanda gliela faccio come esperto di procedure, come ha detto prima il collega Zorzoli. Le chiedo questo: a lei risulta che, qualora sulla base di un'indagine storico-giudiziaria sui 202 fascicoli, si venga a conoscenza di nuovi elementi, nuove notizie di reato, il magistrato militare che viene a conoscenza di questo, debba inviare quei fascicoli obbligatoriamente alla autorità territorialmente competente? Sì o no?

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di Cassazione. La domanda, posta negli esatti termini in cui lei la sta ponendo, non ammette nessun tipo di risposta che non sia: sì.

WALTER VITALI. La ringrazio. A questo punto, signor presidente, le rivolgo una richiesta e, se lo desidera, posso anche motivarla direttamente con lei, come si fa per fatto personale. La richiesta è di poter audire, alla fine dell'audizione congiunta, il solo dottor Conte, se possibile in seduta segreta, perché gli vorrei rivolgere una domanda che trae origine dalla precedente audizione del 2 marzo, nella quale il dottor Conte (il quale probabilmente capisce a che cosa mi riferisco) fece riferimento anche a fatti un po' personali che lo riguardano. Gli vorrei rivolgere una domanda su questo aspetto, e mi sembrerebbe giusto farlo in seduta segreta. Se lei, signor presidente, ha già compreso, non c'è bisogno che le spieghi direttamente nulla. Quindi è semplicemente una richiesta, che ovviamente faccio perché ciò si svolga al termine della presente audizione.

CARLO CARLI. Avevo anch'io intenzione di rivolgere un'analoga richiesta al presidente. Volevo rivolgermi ulteriormente al dottor Conte: credo che anche stasera, nell'audizione congiunta, ci siano degli aspetti che non convincono, che non hanno una quadratura, che non hanno una completezza nella razionalità dei fatti.


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In particolare, quello che osservo è che l'armadio, nel 1994, l'ha visto solamente lei. Gli altri lo hanno visto qualche anno prima. Tutti gli altri che sono stati in quelle stanze non mi pare che abbiano evidenziato la presenza dell'armadio. Io non voglio mettere in discussione la sua buona fede, comprenderà però che l'interrogativo che mi pongo e che vi giro è il seguente: non potrebbe la data essere precedente di qualche anno? Le voglio dire questo, perché non torna neanche la questione del registro. Infatti, lei non trova il registro: secondo me, non c'è nell'armadio che lei rinviene nella primavera del 1994. Poi questo registro viene trovato dal dottor Bianchi sullo scaffale. Sono due aspetti che non coincidono. La domanda è quindi la seguente: lei non può aver confuso la data o il periodo? Può essere anche così, ovvero che la sua visione dell'armadio risalisse a qualche anno prima.
In secondo luogo, se il registro non era nell'armadio, era da qualche altra parte! Se tutto il materiale all'interno dell'armadio viene da lei spostato - e teoricamente in quella stanza non doveva entrare nessun altro - viene quindi da chiedersi: questo registro dov'era? Se si torna indietro di qualche anno, magari con l'armadio svuotato prima del 1994, probabilmente in quella stanza potevano essere entrati altri ed il registro poteva dunque essere stato collocato in qualche altro ufficio. Lei sa che il sindaco di Sant'Anna di Stazzema ha richiesto l'armadio per collocarlo nel museo di Sant'Anna perché in quei luoghi si sta realizzando l'archivio della memoria? È stato risposto che l'armadio è stato distrutto e quindi non è stato trovato.
Di fronte ad un contenitore di questa importanza, qualora nel 1994 esso fosse stato rinvenuto, poteva anche dirsi che era stata rinvenuta un'enormità di documenti. È un reato grave quello dell'occultamento e quindi della giustizia negata! Pertanto, dove poteva essere questo registro, se lì non c'era?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Per quanto riguarda l'armadio, mi risulta che sia stato visto da altri in periodi diversi. Nel 1994 non so chi altro l'abbia visto o non l'abbia visto. Per quanto riguarda me (ed il dottor Parisi, che collaborava con me), io entro nella stanzetta nel 1994 e compio una serie di operazioni in quella data, prendendo una parte di fascicoli dall'armadio, insieme ad altri faldoni e materiali di carattere amministrativo che vengono presi sul lato sinistro della scaffalatura di legno. Progressivamente, posiziono questi materiali nella scaffalatura di metallo.
Per quanto riguarda la seconda domanda, il problema del registro si è posto. Sono considerazioni sulle quali ho riflettuto. Quel registro poteva essere in un'altra stanza o in un'altra parte del palazzo. Io non so dare una risposta a questa sua domanda, dal momento che il registro mi viene dato in quella data.

CARLO CARLI. Dottor Conte, lei è responsabile di questi locali!

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Di quali locali, onorevole Carli?

CARLO CARLI. Di quelli nei quali erano riposti questi documenti.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. Onorevole Carli, quali documenti? Quelli di cui parliamo?

CARLO CARLI. Era competenza della Corte di appello e lei era il cancelliere.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare


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della Repubblica presso la Corte militare di appello. Io ero responsabile del materiale relativo ai tribunali di guerra soppressi. Si tratta di circa settantamila fascicoli e di altri registri dislocati in un'altra parte del palazzo. Ciò che io faccio di questo registro è riporlo nella cassaforte, una volta ricevuto.
Non so, quindi, dare una risposta alla domanda su chi avesse questo registro.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Raisi.

ENZO RAISI. Vorrei fare una domanda relativa ad un dato che mi sembra non torni: in sostanza, questo armadio viene visto nel 1975 dall'uno e nel 1994 dall'altro. Molti testimoni che sono stati auditi hanno confermato che sapevano dell'esistenza di tale armadio o anche di averlo visto. Taluni non hanno negato che ci fosse o hanno detto che non ricordavano o che non lo avevano visto. Questa è una cosa diversa.
Si è detto che questo registro era fatto in un certo modo. Il dottor Bianchi ha parlato di un registro più simile ad una «rubrica» che ad un ruolo generale. Mi sembra di capire che il registro coincida con i fascicoli che erano dentro: non c'è quindi stata una manipolazione dei registri.
Un dato tuttavia non coincide: i testimoni auditi parlano del ritrovamento del registro nei giorni tra il 21 ed il 24 giugno. Viene ritrovato dove in teoria il teste ha messo i fascicoli. Lei ha parlato di un armadio messo molto male, che non viene addirittura dato al sindaco di Sant'Anna di Stazzema. Questo è l'unico dato che non coincide: lei dice di aver trovato il registro in un'altra stanza il 23 giugno, mentre l'altro teste dice di aver spostato questi fascicoli nei primi giorni di luglio. Potrebbe darsi che lei non ricordi bene se si trattasse dei primi giorni di giugno o dei primi giorni di luglio. Questo è l'unico dato che non coincide.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello. L'operazione, e quindi, lo spostamento è stato effettuato nei giorni immediatamente precedenti al 6 luglio, giorno in cui, se non ricordo male, scrissi la lettera al capo dell'ufficio.

ENZO RAISI. Quindi, anche quindici giorni prima?

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare d'appello. Una quindicina di giorni prima ho effettuato il sopralluogo esclusivamente da un punto di vista visivo: l'operazione materiale la portai a compimento dopo aver scritto la lettera. Per poter mettere mano all'armadio ho dovuto attendere un ordine scritto.

ALESSANDRO BIANCHI, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica. Non sono in possesso della memoria di Pico della Mirandola, quindi non posso avere certezze riguardo a questa data. In ogni caso, ho avuto la possibilità di individuarla tramite il dato temporale riferito alla lettera che il procuratore generale Maggiore scrisse al procuratore generale della Corte d'appello. Il procuratore generale Maggiore, in una lettera del 24 giugno 1994, affermò di essere certo circa l'esito negativo delle ricerche. Ciò vuole dire che egli pochi minuti prima - o, al massimo, due giorni prima - ricevette da noi la notizia e visionò il registro che in seguito fu rimesso a posto.
La mia ricostruzione, quindi, non l'ho effettuata in base ad appunti, ricordi o testimonianze, ma grazie ad un documento che è stato messo agli atti.

FRANCESCO CONTE, Dirigente della segreteria della Procura generale militare della Repubblica presso la Corte militare d'appello. Vorrei aggiungere che ho effettuato la ricostruzione dei fatti in base alle lettere che mi furono inviate dal procuratore


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generale Scandurra, attraverso le quali mi si ordinava di portare a compimento delle operazioni.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Alessandro Bianchi e ne dichiaro conclusa l'audizione. Prego, quindi, i consulenti ed il dottor Bianchi di abbandonare l'aula.
Propongo di procedere in seduta segreta.
(Così rimane stabilito).

Dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo interno.

(La Commissione procede in seduta segreta).

PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo interno.
Ringrazio il dottor Francesco Conte, i colleghi intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 23.35.

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