CAMERA DEI DEPUTATI - SENATO DELLA REPUBBLICA XIV LEGISLATURA Resoconto stenografico della Commissione
parlamentare di inchiesta |
CARLO CARLI. Provvedimenti che hanno impedito di trasmettere quei fascicoli all'autorità giudiziaria competente, anche quelli che non c'erano mai stati, e hanno portato ad avviare su essi (parlo dei 202) un'indagine storico-giudiziaria che è proseguita forse fino al 2002. Tra l'altro su questa vicenda, mi sembra che tra il dottor Scandurra e il dottor Bonagura ci sia stata una corrispondenza circa chi dovesse inviare i fascicoli alla nostra Commissione che li aveva richiesti. Sarebbe interessante capire perché ci sia stato questo scambio di corrispondenza tra un piano e l'altro. Tanto più che su questi fascicoli - questa ormai è cosa nota - vi erano indagini fatte nel 1997-1998 con nuove notizie di reato che voi non avete trasmesso all'autorità giudiziaria competente, nonostante vi fossero fatti nuovi rivelati dai carabinieri.
Ora vi sono due aspetti: l'indagine storico-giudiziaria fatta dal procuratore generale di Cassazione o di Corte d'appello francamente esula dai vostri compiti (se qualcuno ha un interesse culturale è apprezzabilissimo e nel tempo libero può scrivere libri di testo, coltivare tutti gli interessi che ritiene, ma cosa diversa è fare una ricerca storico-giudiziaria quantomeno anomala); inoltre, è stata fatta utilizzando le strutture pubbliche dei carabinieri e della procura militare. Tra l'altro, vengono acquisite nuove testimonianze, nuove notizie di reato e non si fa niente, si lasciano lì e il 19 aprile arrivano a noi come se fossero libri di storia. Il vostro compito credo che sia un altro. Ritengo che questo fatto sia di una gravità inaudita!
Francamente, vi chiedo se su questa materia, su questa indagine vi sia stata una decisione collegiale e da parte di chi, affinché il dottor Scandurra potesse svolgere questa attività di ricerca. Oppure si è trattato di un'iniziativa autonoma del dottor Scandurra?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Nel caso specifico - per rispondere alla domanda dell'onorevole Carli - si trattava di atti che già erano stati inviati all'autorità giudiziaria ordinaria nel 1945-1946 e per i quali non risultava che questa avesse già provveduto, ma invece lo aveva fatto, perché se prendiamo, ad esempio, il fascicolo 225 possiamo vedere che il collega Nicolosi - espongo dei fatti; non voglio difendere nessuno né esprimere giudizi - ha apposto il visto «non luogo a provvedere», sulla copertina si legge «definito» e all'interno si può vedere che per questo fascicolo, in data 7 agosto 1945, il colonnello Borgogno Guido è stato condannato, dalla Corte d'assise straordinaria di Genova, ad anni 30 di reclusione. C'era quindi non solo l'invio ma anche la sentenza di condanna, come in quest'altro fascicolo che contiene un provvedimento abbastanza lungo del collega Nicolosi che invece di scrivere «non luogo a provvedere», esprime alcune valutazioni di fatto in cinque o sei righe in cui giustamente prende la decisione di archiviare perché c'era un procedimento (n. 2134) contro ignoti militari tedeschi imputati di lesioni nei confronti di cittadini italiani non identificati. In questo caso non si sa il luogo, non si sa la parte lesa, non si sa chi sia stato: cosa avrebbe dovuto fare?
CARLO CARLI. Per molti, nel registro generale, era indicato l'ente denunciante, per cui era possibile verificare chi fossero i responsabili.
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Non voglio contestare le sue affermazioni, ma voglio dire che all'interno c'era anche la missiva di atti mandati all'autorità giudiziaria competente, cioè la Corte d'assise straordinaria. Tra l'altro per 80 di questi processi - come posso dimostrare alla Commissione - siamo stati in grado di acquisire le sentenze di condanna.
CARLO CARLI. Su 202.
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Arriveremo anche a 202. Se la Commissione mi desse l'incarico di effettuare un accertamento... Mi è stato chiesto perché non avessi mandato gente ad accertare presso gli uffici giudiziari, ma io potrei andare alla Fortezza da Basso a Firenze dove tutti gli atti sono girati sottosopra e forse lì, con un lavoro da certosino, riuscirei a trovare la sentenza di condanna.
PRESIDENTE. Quindi lei sta continuando l'indagine?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. No. La mia era un'ipotesi.
CARLO CARLI. Vorrei chiedere al dottor Bonagura se sapeva che il dottor Scandurra conduceva questo tipo di indagine storico-giudiziaria e se ne conosceva le modalità.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare d'appello. Lo sapevo per voci di corridoio, ma non ufficialmente e non conoscevo le modalità con cui si svolgeva l'indagine.
CARLO CARLI. Lei è stato componente della commissione del Consiglio della magistratura militare che ha svolto l'indagine sull'occultamento dei fascicoli.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare d'appello. Sì.
CARLO CARLI. Allora ha ascoltato il dottor Scandurra?
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare d'appello. Se non ricordo male, il trasferimento degli atti dalla procura generale militare presso la Corte militare d'appello alla procura generale militare presso la Corte di cassazione avvenne a seguito della nomina del dottor Scandurra a procuratore generale militare presso la Cassazione. Questo credo che accadde alla scadenza della consiliatura che aveva svolto la prima fase dell'indagine conoscitiva. Quindi, non ero a conoscenza ufficialmente dell'iniziativa del procuratore generale Scandurra; avevo sentito qualcosa ma solo da voci di corridoio, senza alcuna ufficialità.
CARLO CARLI. Bisognerebbe fare una verifica ulteriore su questo, ma mi sembra che il dottor Scandurra, ascoltato dalla commissione di cui lei faceva parte, abbia detto che ci fu un passaggio su questa ricerca storico-giudiziaria in cui lei disse che forse non interessava molto perché si trattava di documenti che non vennero insabbiati ma furono trasmessi. Quindi, forse vi è stato un passaggio seppur breve che ha trattato questo argomento.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare d'appello. Credo che si possa chiedere al collega Scandurra quando assunse l'iniziativa di trasferire questi atti da un ufficio all'altro. A me sembra di avere sentito dire che il trasferimento avvenne - e ciò è sicuro per una ragione di carattere logico - dopo che il dottor Scandurra aveva assunto le funzioni di procuratore generale militare di Cassazione. E questo avveniva credo nell'estate del 1997, quando io non facevo più parte del Consiglio della magistratura militare.
Lei fa riferimento al verbale di un'audizione?
CARLO CARLI. Sì, quando il dottor Scandurra fu ascoltato dalla commissione di cui lei era componente.
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Posso rispondere?
PRESIDENTE. Prego, dottor Scandurra.
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. A questo riguardo confermo quanto ho già detto in precedenza, cioè completo una risposta alla prima domanda dell'onorevole Carli. Mi è stato chiesto se avessi svolto delle indagini in relazione a questi fatti e quale fosse la fonte di legittimazione che mi induceva a fare una cosa del genere. Devo dire che fu un'attività di zelo che ho ritenuto e ritengo doverosa. Poiché questi atti erano stati spediti all'autorità giudiziaria ordinaria nel 1945-1946, di essi si era persa completamente memoria, mentre per quelli inoltrati all'autorità giudiziaria militare (quelli contro ignoti) avevamo saputo l'esito giudiziario dato con sentenza di non doversi procedere perché ignoti. Per i primi atti che erano partiti e non sapevamo nemmeno se fossero giunti a destinazione, nel ruolo generale non risultava alcuna annotazione. Allora, fu ritenuto opportuno chiedere alle autorità giudiziarie destinatarie degli atti quale ne fosse stato l'esito. Quindi, non si è trattato di un'attività di indagine, né di indagini di polizia giudiziaria; si è trattato solo di scrivere alle autorità che avevano ricevuto la denuncia per conoscere l'esito che gli atti avevano dato e, dopo che le autorità giudiziarie (anche la Corte d'assise straordinaria) erano state sciolte, di scrivere ai carabinieri che forse avevano ricevuto gli atti.
Dalle minute delle lettere risulta chiaro che la richiesta era diretta ad accertare soltanto l'esito giudiziario dato a quelle denunzie; nessun'altra indagine era stata chiesta né venne mai svolta, tranne qualche impropria azione svolta dai carabinieri su cui sono pronto a rispondere.
PRESIDENTE. Perché «impropria»?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Perché io chiedo una risposta su un esito giudiziario e il soggetto mi risponde che ha interrogato Tizio che non sa dire nulla, ma io non lo avevo chiesto.
CARLO CARLI. Quindi, i carabinieri sono andati oltre!
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Sono andati oltre.
LUCIANO GUERZONI. Nel momento in cui lei vede un interrogatorio dei carabinieri che lei non aveva chiesto, vede che un testimone afferma che sono ancora al mondo dei criminali, in qualità di magistrato, perché non procede?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Posso ritardare la risposta a quest'ultima domanda per terminare la precedente?
PRESIDENTE. Faccia come vuole.
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. L'indagine di carattere storico-giudiziario viene giudicata inutile, ma io non la ritenevo e non la ritengo inutile, anche perché, attraverso essa, abbiamo potuto procedere all'iscrizione nel ruolo, che è l'unico documento ufficiale che rimane non soltanto per la Commissione, ma anche per il futuro, e testimonia ciò che è stato fatto. Il 16 aprile 1997 ho scritto alla commissione di indagine del Consiglio che si stava interessando della materia quanto segue «Con riferimento alla nota cui faccio seguito» - si tratta di una nota precedente, del 19 settembre - «e in particolare all'indagine conoscitiva relativa agli episodi delittuosi commessi in Italia tra il 1944 e il 1945 e per i quali era stata, a suo tempo, interessata l'autorità giudiziaria ordinaria, desidero riferire che per 202 fascicoli sono state inoltrate le necessarie richieste. Per quei casi in cui l'autorità interpellata non ha potuto fornire risposta, ho chiesto anche informazioni ai carabinieri competenti. Alla data odierna sono stati acquisiti n. 28 provvedimenti giudiziari, mentre per n. 25 procedimenti non vi è stata alcuna possibilità di acclarare alcuni elementi. Dato l'interesse della vicenda avviata e allo scopo di proseguire in maniera organica il lavoro già iniziato, nella considerazione che trattasi di procedimenti comunque archiviati, desidero comunicare il mio intendimento di trasferire tale indagine conoscitiva alla procura generale militare della Repubblica presso la Corte suprema di cassazione per l'ulteriore corso».
CARLO CARLI. Era lei che se li portava dietro?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Certo.
CARLO CARLI. Se tutto è regolare, non lo so.
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Si trattava di atti che contenevano soltanto una copia, una vergatina di una minuta di lettera, non erano atti processuali.
CARLO CARLI. Abbiamo capito che non avete proceduto a mettere in atto ciò che era dovuto, cioè ad avviare l'azione penale rispetto a nove notizie di reato.
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Non c'erano nove notizie di reato.
CARLO CARLI. Sì, lo abbiamo già detto e lo abbiamo mostrato, dottor Scandurra. Comunque questo ormai è agli atti della Commissione e credo che ripetere ciò che abbiamo già detto non sia utile.
Desidero ora rivolgere una domanda al dottor Bonagura, che, per un certo periodo, ha avuto i 202 fascicoli. C'è stata una certa corrispondenza tra l'ufficio superiore e l'ufficio inferiore. Il dottor Bonagura invia poi una lettera alla procura generale della Repubblica presso la Corte suprema di cassazione e per conoscenza a noi: «Facevano parte della documentazione relativa ai crimini di guerra rinvenuta nel 1994 nel noto archivio i 202 fascicoli che nel 1997 vennero trasferiti alla procura generale militare di Cassazione per la prosecuzione della ricerca di carattere storico-giudiziario già avviata». Poi, più avanti nella lettera, in un altro passaggio si legge: «Questi vengono pertanto restituiti a codesto ufficio generale unico».
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare d'appello. Presso la Cassazione.
CARLO CARLI. Avvertendo che la Commissione parlamentare in indirizzo «ha fatto richiesta di copia di tutta la documentazione rinvenuta nel 1994». Le chiedo: lei conosceva i contenuti di questi fascicoli?
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare d'appello. No, non per quella delibazione che avevamo fatto a suo tempo, quando avevamo esaminato tutto il materiale rinvenuto nell'armadio, delibazione finalizzata a stabilire quali atti dovessero essere trasmessi alle autorità competenti a provvedere.
CARLO CARLI. In secondo luogo le chiedo se, a suo giudizio, fosse legale questa indagine storico-giudiziaria, nelle forme e nei modi in cui l'ha fatta il dottor Scandurra, e in base a quale norma poteva o doveva, secondo lei, essere fatta, stante il ruolo svolto dallo stesso dottor Scandurra.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. Onorevole, questa domanda mi è già stata fatta in occasione delle precedenti audizioni e già nelle precedenti audizioni ho detto che non intendo entrare nel merito di valutazioni che sono state compiute da uffici diversi dal mio. Anche oggi non intenderei discostarmi da questa linea; non mi si chiedono informazioni su fatti, ma valutazioni e vorrei astenermi dall'esprimerle.
CARLO CARLI. Nella sua lettera dell'11 marzo 2004, a noi pervenuta per conoscenza, lei dice anche che alla Commissione deve essere inviata copia di tutta la documentazione rinvenuta nel 1994. Le chiedo cosa intendesse dire con questo, perché lei sa che nei fascicoli c'erano anche documenti post 1994.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. Io non sapevo - l'ho saputo successivamente - che la procura generale militare di Cassazione era stata inizialmente richiesta di trasmettere tutta la documentazione perché, evidentemente, la Commissione riteneva che la documentazione fosse in possesso di tale procura. Quando ho scritto quella lettera, quindi, l'ho scritta non sapendo che il procuratore generale militare Scandurra era informato sulla necessità di trasmettere alla Commissione tutti i documenti. Ecco perché scrivendo al procuratore generale Scandurra ho inteso anche informarne la Commissione. Se non ricordo male, in quella lettera dico a Scandurra: se vuoi trasmetterli tu, trasmettili tu; se non li vuoi trasmettere, dal momento che non sei stato tu richiesto di questa trasmissione, mandami le copie e ci penserò io a trasmetterle. Però mi risulta che, poi, il procuratore generale Scandurra li abbia trasmessi, perché già aveva avuto una richiesta in questo senso. Non so se ho risposto in maniera soddisfacente alla sua domanda.
PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, sospendo brevemente la seduta.
La seduta, sospesa alle 21, 40, è ripresa alle 21,50.
PRESIDENTE. Se l'onorevole Carli ha concluso, ha chiesto di intervenire il senatore Guerzoni.
CARLO CARLI. Per ora ho finito, presidente, ma mi riservo di intervenire di nuovo successivamente.
LUCIANO GUERZONI. Vorrei innanzitutto ringraziare i nostri ospiti per la loro disponibilità e chiedere, poi, al dottor Scandurra con quali criteri egli abbia scelto per quella ricerca quei 202 fascicoli.
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione. Perché erano i 202 fascicoli che erano stati inviati nel 1945-46 all'autorità giudiziaria ordinaria, non a quella militare, e che riguardavano denunzie di cui non si era saputo più nulla.
LUCIANO GUERZONI. Allora lei esclude che tra i 2.274 fascicoli ve ne siano altri con questa caratteristica?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione. Inviati all'autorità giudiziaria ordinaria?
LUCIANO GUERZONI. Sì. Lei lo esclude?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione. Per quanto mi risultava allora, era forse elemento da escludere.
LUCIANO GUERZONI. Come le risultavano quei 202, se ci fosse stato altro le sarebbe risultato.
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione. No, perché i 202 erano così evidenti in quanto portavano tutti quanti l'indicazione di quella velina di atti a firma di Borsari e inviati in quella data all'autorità giudiziaria ordinaria, cioè alle corti d'assise straordinarie. Erano atti che erano giunti all'autorità giudiziaria ordinaria e dei quali non si sapeva più nulla. E nel ruolo generale non risultava alcuna notazione.
LUCIANO GUERZONI. Dunque, la sua risposta si deve intendere nel senso che lei ha scelto quei fascicoli perché c'era la grafia del dottor Borsari, mentre fascicoli sui quali non c'era la grafia di Borsari e, magari, erano uguali nella sostanza lei esclude che siano stati scelti.
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione. Preciso che non c'era grafia. Erano soltanto degli incarti privi di elenco di denunzie, privi di un elenco degli atti in esso contenuti e contenenti soltanto la minuta, neanche firmata, ma soltanto dattiloscritta, in cui si diceva che Borsari li aveva inviati alle corti d'assise straordinarie.
LUCIANO GUERZONI. In sostanza, lei esclude che vi fossero, oltre quei 202, altri fascicoli con le stesse caratteristiche?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione. Può darsi che ci siano altri fascicoli che meritassero la stessa attività di ricerca che fu espletata per i 202. Può darsi.
LUCIANO GUERZONI. Grazie per la risposta. Seconda valutazione: a che punto è la ricerca, è conclusa o no?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione. Io la riterrei conclusa e potrei indicare quali sono gli elementi di risposta avuti; però c'è qualche autorità che in relazione a quelle lettere spedite ancora risponde. Per esempio, l'Archivio di Stato di Vercelli ha risposto con una nota, dicendo di aver trovato venti denunzie inviate allora all'autorità giudiziaria di Vercelli o delle zone vicine.
LUCIANO GUERZONI. È una risposta come quella che mi ha dato prima, che va interpretata. Allora perché lei nel 1996 al Consiglio della magistratura militare dice che la richiesta è conclusa?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione. No, non ho detto che è conclusa.
LUCIANO GUERZONI. Sì, è agli atti.
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione. No, la richiesta è in corso. È quella lettera che ho letto e potrei leggerne altre. Abbiamo ricevuto solo 30 risposte; per altre 22 si attende risposta e, quindi, stiamo cercando di avere altri elementi di risposta. Non avevo elementi per affermare la circostanza contraria.
LUCIANO GUERZONI. Lei, dottor Scandurra, ci ha inviato le prime risultanze di quest'inchiesta?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione. La copia degli atti che sono stati inviati alla Commissione è interamente...
LUCIANO GUERZONI. Comprende anche quanto lei ha detto in apertura, parlando degli 80 procedimenti ed altro?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione. Certo, tutti gli atti, cioè le lettere scritte al Consiglio sono lettere che sicuramente la Commissione ha.
LUCIANO GUERZONI. Probabilmente, mi sono spiegato male. All'inizio lei ci ha fornito dei dati che indicavano un bilancio attuale di questo lavoro: quei dati lei li ha dati a questa Commissione?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione. No, non li ho dati, né sono in condizione di poterli dare, anche perché le dico subito che sul ruolo generale, di cui certo non ho l'originale, che credo sia custodito in cassaforte presso il collega Bonagura, le attività di ricerca e di indagine sono così complesse, così difficili che vi sono degli atti e delle annotazioni che si possono riferire all'uno come all'altro. Le confesso che ogni giorno, poiché dovevo venire davanti a questa Commissione, ho consultare questo ruolo e ogni volta ho trovato elementi di risposta leggermente diversi rispetto al giorno precedente. Perché questo? Perché l'attività di accertamento è difficile.
LUCIANO GUERZONI. Comunque, ripeto che, in apertura di questa seduta, lei ha fatto un riassunto.
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione. Posso ripeterlo.
LUCIANO GUERZONI. Ce lo dia anche se con tutte le cautele, con tutti gli asterischi, con tutte le annotazioni, in modo da farci capire meglio cosa sia questa ricerca, che, tra l'altro, sappiamo essere stata decisa senza una delibera scritta (come è accaduto per molte cose anche più importanti).
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione. Se vuole, posso dargliela. Ad esempio, ho ora in mano uno specchietto fatto questa mattina, in cui compaiono tutte le indicazioni che, allo stato attuale, risultano sulla base di questi 202 fascicoli.
LUCIANO GUERZONI. In una precedente audizione, in risposta all'onorevole Carli lei disse, riferendosi al materiale contenuto nell'armadio: «il resto della documentazione rinvenuta, di carattere amministrativo, lettere, scambi di carteggio tra diversi uffici (...) e questi 220 non è stata ritenuta di interesse giudiziario e per questo motivo è stato emesso quel provvedimento senza motivazione. Si è ritenuto che si trattasse semplicemente di un'attività amministrativa, per cui non dovevamo provvedere». Le vorrei chiedere se è ancora convinto che quelle carte non potessero avere rilevanza giudiziaria, trattandosi di fascicoli occultati. Quelle carte di trasmissione non potevano più dei fascicoli stessi dare traccia a noi di eventuali volontà, politiche o non politiche, di occultamento?
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. A chi avremmo dovuto trasmettere questo carteggio di carattere amministrativo? Noi avevamo i verbali della famosa riunione tenutasi nell'agosto 1944; avevamo le lettere scambiate tra alcuni ministri nel dopoguerra; avevamo questi documenti e li abbiamo trattenuti nell'archivio perché non ce ne sfuggiva la rilevanza ai fini della valutazione storica degli avvenimenti, ma non ci sembrava che contenessero notizie di reato da trasmettere ad autorità competenti in quel momento a provvedere. Il nostro compito era quello di selezionare dal complesso del materiale rinvenuto nell'armadio quelle denunzie che non avevano avuto esito nel momento in cui erano state proposte e che, quindi, andavano inoltrate alle autorità competenti a provvedere. Non ci è sembrato, e tuttora non mi sembra, che quel materiale di carattere amministrativo potesse essere oggetto di trasmissione ad alcuna autorità giudiziaria. Quanto ai 202 fascicoli, credo di aver già detto che valutammo che non fosse il caso di trasmetterli, trattandosi di copie i cui originali risultavano essere già stati trasmessi, a suo tempo, alle autorità competenti a provvedere.
LUCIANO GUERZONI. Prima dell'occultamento. Ma quelle carte, che lei dice ancora oggi non avere rilevanza, sono carte successive all'invio alla magistratura ordinaria di quei fascicoli. Sono carte degli anni successivi. Carte nelle quali si dimostra come gli uffici, ed anche i politici, abbiano governato tutta questa partita.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. Non c'è dubbio.
LUCIANO GUERZONI. Mi segua, per cortesia. Voi avete le mani su carte di rilevanza penale di diverso rilievo, occultate da decenni. Su tutti i giornali di quei giorni, italiani e stranieri, a titoli cubitali si parla di questa cosa. Lei non ritiene che avesse rilevanza mandare al magistrato di Roma quelle carte, appunto per vedere se vi fossero tracce di chi aveva occultato?
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. Io trovo una lettera molto importante - credo sia stato oggetto di attenzione da parte di tutti -, la lettera del ministro dell'epoca Taviani il quale, in risposta al ministro Martino, concorda...
LUCIANO GUERZONI. Sì, la conosciamo.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. Ecco. Ho questa lettera, risalente, credo, ai primi anni cinquanta: avremmo dovuto trasmettere quella lettera?
LUCIANO GUERZONI. Tutto.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. A chi?
LUCIANO GUERZONI. Al magistrato di Roma; ci avrebbe pensato poi lui. Lei ha le mani su dei reati: tutto quello che è connesso può essere rilevante. Comunque, la sua risposta c'è. Io resto della mia convinzione, probabilmente sbagliata.
PRESIDENTE. Voi avevate davanti una serie di fascicoli. Mi sembra di avere capito che il criterio di trasmissione per unione agli atti sia stato quello di trasmettere i fascicoli la cui competenza era dell'autorità militare e di non trasmettere quelli la cui competenza era dell'autorità ordinaria.
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare d'appello di Roma. Se già ne avevano avuto notizia.
PRESIDENTE. Il criterio di trasmissione qual è stato? Lei ha sottoscritto il «non luogo a provvedere» e vi ha apposto la data. Ora, alcuni di questi fascicoli sono stati trasmessi per unione agli atti, altri no. Vorremmo capire i motivi che vi hanno indotto a questa scelta.
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare d'appello di Roma. Francamente non ricordo. Forse il motivo era il seguente: erano state soppresse le corti d'assise straordinarie, per cui non c'era una possibilità di facile trasmissione, mentre invece per i tribunali militari sapevamo come fare.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare d'appello. In ogni caso, presidente, se risultava che una determinata denuncia era stata trasmessa, a suo tempo, alla corte d'assise straordinaria di Savona, nel momento in cui rinvenivamo una copia della denuncia, anche se avesse avuto una rilevanza trasmetterla per l'unione agli atti, forse avremmo avuto difficoltà ad individuare l'ufficio che deteneva gli atti a cui unire le copie.
PRESIDENTE. La commissione era formata da due autorevolissimi magistrati e lei mi sta dicendo che non ha trasmesso gli atti perché avevate difficoltà ad individuare l'ufficio competente!
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare d'appello. Dal momento che vengono rivolte domande molto puntuali, si cerca di rispondere. La sostanza è che è del tutto irrilevante che siano stati trasmessi per l'unione agli atti, oppure che non lo siano stati - naturalmente secondo la nostra valutazione del momento - perché erano copie di atti originali che risultavano già trasmessi. Questa è la ragione di base del nostro comportamento; questa è stata la nostra valutazione che può essere opinabile, ma che noi all'epoca abbiamo espresso e che io personalmente continuo a ritenere valida, pur rendendomi conto che può essere opinabile.
GIAMPAOLO ZANCAN. Signor presidente, vorrei riprendere un dato offerto dal dottor Scandurra, il quale, con riferimento ai 202 fascicoli (quelli del «non luogo a provvedere», che sono altri rispetto ai 695), ci ha detto che su 80 è stato rinvenuto un esito giudiziario e che, impegnandosi, forse potrebbe provare che addirittura sui 202 c'è stato un esito giudiziario. Siccome su 122 non avevate un esito giudiziario, non era opportuno, prudente, conveniente mandare, quantomeno per questi, gli atti all'autorità giudiziaria competente, visto che avete avuto gli esiti soltanto per 80? Questo è il problema. Se su uno di questi fatti non si procede, le conseguenze sono chiare, perché l'azione penale è obbligatoria e l'omissione...
Io gioco molto a carte scoperte, però il dato numerico è che di 80 sappiamo che sono duplicati, di 122 no.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. Questa risultanza, senatore, è qualcosa di successivo alla nostra attività.
GIAMPAOLO ZANCAN. A maggior ragione, perché se voi avete appreso successivamente che vi erano questi esiti, se non li avevate nel momento della vostra delibazione, dovevate fare l'invio.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. Al momento della nostra delibazione avevamo delle copie e dei documenti da cui risultava che gli originali erano stati già trasmessi alle autorità competenti a procedere.
GIAMPAOLO ZANCAN. Mi tolga un'altra curiosità, sempre sui 202 fascicoli: come mai non se ne parla nella relazione del Consiglio della magistratura militare?
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. Si indica un numero diverso, ma se ne parla. Mi sembra si parli di 260.
CARLO CARLI. C'è una bella differenza!
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. Ma quali altri possono essere? A meno che questi 40 non li abbiamo presi e non ce li siamo portati a casa il collega Nicolosi ed io. Ci sarà stato un conteggio opinabile da parte del relatore della delibera del Consiglio della magistratura militare.
GIAMPAOLO ZANCAN. Controllerò poi questo punto.
PRESIDENTE. Questo per quanto riguarda i 202, ma i 71 fascicoli?
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. Anche in quel caso è stata una nostra valutazione. Ripeto che abbiamo trovato una copertina sulla quale era scritto: «ignoti militari tedeschi, omicidio». Poi tramite il registro si può anche acquisire qualche indicazione circa il nome delle presunte vittime, però riteniamo comunque che non esistano elementi sufficienti per attivare un qualsiasi ufficio giudiziario per un'indagine che possa avere qualche prospettiva di sviluppo. Questa è stata la nostra valutazione.
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare di appello di Roma. Vorrei chiarire che all'interno di queste false copertine, in cui era scritto soltanto questo, non c'era uno straccio di carta, non c'era nulla, salvo il decreto di archiviazione provvisoria. Non c'era un rapporto giudiziario, non c'era assolutamente nulla. Pertanto, non eravamo in grado di valutare cosa contenessero questi fascicoli.
CARLO CARLI. Però nel registro generale era scritto anche l'ente denunciante, c'erano altri riferimenti, per cui una valutazione incrociata tra il fascicolo ed il registro generale avrebbe portato immediatamente ad inviarli alle autorità giudiziarie competenti territorialmente e comunque, anche dal punto di vista dell'informazione, voi potevate avere una valutazione più completa. Invece, c'è stato un atto di non luogo a provvedere oppure, nel caso dei 71, non si è fatto l'invio e si è tenuto tutto più o meno dove era stato rinvenuto il materiale.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. Noi abbiamo ritenuto che inviare nel 1994 ai «reali carabinieri di Macerata» una falsa copertina, in cui era scritto: «ignoti militari tedeschi», «ignote le vittime» oppure il nome della vittima, fosse un'operazione inutile. Noi ritenevamo che il nostro compito essenziale e prioritario fosse selezionare da quelle migliaia e migliaia di carte quelle che dovevano andare agli uffici competenti ad attivarsi, cosa che non era stata fatta cinquant'anni prima.
Dopodiché, nell'ambito delle valutazioni relative alla selezione che abbiamo operato, abbiamo ritenuto che non fosse il caso, che non vi fosse la necessità, che non vi fossero i presupposti per ulteriori trasmissioni.
GIAMPAOLO ZANCAN. Purtroppo non eravate competenti, perché qualsiasi archiviazione è ormai di competenza del giudice e mai della procura generale o di funzionari amministrativi che stanno riordinando delle pratiche, e purtroppo non siete voi i titolari dell'azione penale. Quindi, il non luogo a provvedere - ma lo dico con molto rispetto per l'onestà delle sue dichiarazioni di questo momento - è un provvedimento certamente sbagliato. È molto facile il senno del poi, ma che sia sbagliato credo non sia discutibile. Io debbo esprimermi esattamente come si è espresso il dottor Scandurra nei confronti del provvedimento del dottor Santacroce: un provvedimento che più sbagliato non ci può essere.
Credo che purtroppo qualsiasi esperto di diritto debba esprimersi così. Dopodiché si può anche sbagliare in «ottimissima» fede, come è certamente nel loro caso, ma lo sbaglio mi sembra indiscutibile.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. Senatore, lei dice che noi avremmo dovuto trasmettere comunque quegli atti ad una qualche autorità giudiziaria competente ad emettere il decreto di archiviazione?
GIAMPAOLO ZANCAN. No, competente per iniziare l'azione penale e poi, eventualmente, per trasmettere ad un giudice per le indagini preliminari competente per l'archiviazione. Siamo nel 1994, in pieno codice nuovo.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. Ma sarebbe stato anche per il codice vecchio. Il problema è che è necessario che ci sia un qualche fatto, che abbia una consistenza tale da poter essere presa in esame, ma se noi abbiamo come uniche indicazioni: «ignoti militari tedeschi» ...
GIAMPAOLO ZANCAN. Mi scusi: di questi 202, per 80 casi si è arrivati ad una sentenza.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. In questo momento non mi riferivo ai 202, ma ai 70.
PRESIDENTE. Ma voi il registro generale lo vedevate?
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. Certo.
PRESIDENTE. Lo spuntavate?
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. Non solo lo spuntavamo, ma la verbalizzazione - che in effetti non è stata fatta al termine, perché quel resoconto conclusivo non può essere considerato un verbale, al di là della denominazione impropria che gli abbiamo dato - avveniva sul registro, man mano che noi esaminavamo gli atti e decidevamo il da farsi riguardo a questi atti.
PRESIDENTE. Noi prendiamo atto delle valutazioni che avete fatto.
GIAMPAOLO ZANCAN. Il problema è che questi errori si uniscono ad un ritardo di cinquant'anni.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. Quali errori, senatore?
GIAMPAOLO ZANCAN. Questi eventuali errori valutativi relativi ai 202 fascicoli o questi ritardi, senza colpa vostra personale, nell'espletare i lavori della commissione, si uniscono ad un ritardo di cinquant'anni e, nel mezzo, vi è un provvedimento che più errato non si può, sempre citando il dottor Scandurra. Pertanto, voi capite quale può essere la valutazione globale della vicenda.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. Lo capisco, ma, senza voler assolutamente assumere posizioni che riflettano uno spirito corporativo, queste considerazioni riguardanti il ritardo di cinquant'anni sono state prospettate dalla stessa magistratura militare, dal Consiglio della magistratura militare. Del provvedimento «che più errato non si può», del provvedimento illegale si parla nella delibera del Consiglio della magistratura militare; lo dico senza voler minimamente assumere una difesa di categoria, ma per la realtà dei fatti.
Sia pure a cinquant'anni dall'omissione gravissima che vi fu a suo tempo, qualcosa è stato fatto, forse con qualche errore, con qualche sbavatura, ma in fondo è stata la stessa istituzione che ha cercato, in qualche modo, di correggere quello che era stato sicuramente un suo grosso passato errore.
GIAMPAOLO ZANCAN. Debbo dirle con estrema franchezza che apprezzo molto le sue parole, ma forse sarebbe stato più opportuno se l'istituzione militare avesse comunicato all'esterno e avesse chiesto aiuto all'esterno, perché di fronte ad una risposta in ritardo - eventuale ritardo: questo dovremo valutarlo - si sarebbe potuta fare un'immediata comunicazione alla procura della Repubblica competente per dire: ci sta succedendo questo, abbiamo accertato questo, dateci una mano, le nostre forze sono scarse. Bene o male, c'è stata un'omissione di atto d'ufficio clamorosa, che dura cinquant'anni.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. Una omissione di atti d'ufficio che dura cinquant'anni, ma che, stando ai documenti, è attribuibile ad una persona in particolare, defunta trent'anni prima del fatto. A questa persona, in particolare, al massimo potrebbe attribuirsi un reato prescrivibile ...
GIAMPAOLO ZANCAN. Non voglio attribuire reati ai vivi e tanto meno ai morti, ma mi permetto di ricordarle, visto che si è instaurato un dialogo, che spero la Commissione consenta, tra lei e me, che si è accertato anche che tra il 1965 ed il 1968 vengono inviati alle procure territorialmente competenti i fascicoli inutili e vengono invece trattenuti i 695 che voi ritrovate nel giugno del 1994, quelli che hanno la polpa probatoria per fare i processi. Quindi, c'è una gravissima attività di occultamento attraverso una finzione, nel senso di mandare fascicoli inutili trattenendo quelli buoni. Questo è certamente un gravissimo reato, a prescindere dal provvedimento illegale del compianto dottor Santacroce.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. Non c'è dubbio e del resto questo è detto a chiare lettere nella delibera del Consiglio della magistratura militare.
GIAMPAOLO ZANCAN. Ma allora se io penso che l'istituzione militare, la magistratura militare avrebbe dovuto investire la procura ordinaria, forse dico una cosa che ha un substrato sostanziale.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. Senatore, come è stato detto, il fatto destò immediatamente clamore e diventò immediatamente di dominio pubblico. Quindi, forse, ai fini di un'attivazione della procura della Repubblica ordinaria non era necessaria una specifica denunzia.
Del resto, io ho letto attentamente nelle precedenti audizioni pubblicate su Internet una sua osservazione, che mi sembra assolutamente pertinente, riguardo al fatto che, se anche non ci fu l'inoltro delle denunzie, i fatti di Marzabotto, di Sant'Anna di Stazzema esistevano ed erano noti non solo nell'ambito delle comunità locali, ma anche in ambiti più allargati. Questo per dire che a volte non serve la trasmissione formale di documenti.
GIAMPAOLO ZANCAN. Però lei mi insegna che né con la memoria singola né con quella collettiva si possono fare i processi.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. Certamente.
GIAMPAOLO ZANCAN. Se non c'è un fascicolo, i processi non si possono fare.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. Non c'è dubbio.
PRESIDENTE. Voi, quindi, vi ritenevate competenti a svolgere quell'esame e ad adottare quel provvedimento?
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare di appello di Roma. Io ho ricevuto dal mio capo la delega a svolgere questa indagine e l'ho svolta.
PRESIDENTE. Mi scusi, dottor Nicolosi: lei ha emesso una mera annotazione o un provvedimento di carattere giurisdizionale? Che delega ha avuto?
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare di appello di Roma. Di esaminare gli atti e di trasmettere quelli che ritenevo dovessero trasmessi alle varie procure militari competenti.
PRESIDENTE. Questo su delega del suo capo?
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare di appello di Roma. La delega era molto generica. Verbalmente ...
PRESIDENTE. Dottor Nicolosi, lei mi dice che la delega era questa?
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare di appello di Roma. La delega era estremamente generica. D'altra parte, un'ora fa l'ha letta il procuratore ...
PRESIDENTE. Lei ha la delega?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione. È la designazione del dottor Nicolosi ad esaminare i fascicoli o, meglio, ad esaminare le carte, delle quali non si conosceva nulla, né la consistenza né la finalità né i presupposti. Si trattava di accertare di quali atti si trattasse e di inviarli all'autorità giudiziaria militare qualora si fossero trovati elementi di riscontro e di risposta positivi, ciò che il collega Nicolosi ha fatto inviando gli atti all'autorità giudiziaria competente.
Laddove non ha ritenuto che gli atti dovessero essere inviati, perché notori o irrilevanti, naturalmente non li ha inviati.
PRESIDENTE. Quindi, il provvedimento di non luogo a provvedere di che natura è?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione. Non è una dichiarazione di volontà, come diciamo noi, ma è una dichiarazione di conoscenza: è un apprezzamento che egli fa su atti per i quali non occorreva prendere alcuna decisione perché erano stati già inviati all'autorità competente. Quante volte leggo sui documentari di fatti gravissimi che sono accaduti ed evidentemente non prendo alcuna decisione, perché si tratta di atti già portati a conoscenza dell'autorità giudiziaria ordinaria?
PRESIDENTE. Lei mi sta dicendo che il non luogo a provvedere del dottor Nicolosi è un mero apprezzamento?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione. È una valutazione che egli fa rispetto agli atti che ha avuto la possibilità di considerare e di studiare.
PRESIDENTE. È questa la delega che lei ha fatto al dottor Nicolosi? «In riferimento al foglio n. 31/R del 24/6/1994 di codesto ufficio, comunico di aver già disposto ricerche nei registri e negli archivi di questa procura generale militare in relazione ai carteggi e nei locali ora di questo ufficio, a seguito dell'attribuzione del pubblico ministero presso i tribunali di guerra soppressi. Ho incaricato altresì il sostituto procuratore generale militare anziano, dottor Nicolosi, di seguire attentamente l'intera questione e di esaminare gli eventuali atti di risulta. La prego pertanto, nell'ambito di una reciproca collaborazione, di voler comunicare l'eventuale disponibilità del magistrato di codesto ufficio che ella ritenga di nominare, da affiancare nel lavoro predetto al designato sostituto procuratore generale militare».
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione. Questa è la designazione.
PRESIDENTE. In questa designazione lei che cosa dice al dottor Nicolosi?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione. Di valutare, nell'ambito dell'autonomia che egli ha come magistrato, le conseguenze che ritiene necessario o doveroso adottare nei singoli casi.
PRESIDENTE. Se io dovessi prendere per buona la sua versione - e la prendo per buona - ciò significa che quello del dottor Nicolosi è un provvedimento e non un mero apprezzamento.
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione. Io mi riferivo al non luogo a provvedere. Io non esprimo ora un giudizio, una valutazione rispetto al provvedimento, all'atto, alla dichiarazione che ha emesso il dottor Nicolosi. Io dico che il dottor Nicolosi in quel caso non ha ritenuto che quegli atti dovessero essere trasmessi ad alcuna autorità giudiziaria.
PRESIDENTE. Questo lo abbiamo capito. Stiamo solo cercando di capire che tipo di competenza avesse il dottor Nicolosi e che natura abbia il suo provvedimento. Lei ha detto che è un mero apprezzamento, il dottor Bonagura ha detto che era una mera annotazione; il dottor Nicolosi, invece, che cosa dice?
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare di appello di Roma. È una valutazione che è stata fatta concordemente da me e dal dottor Bonagura; una valutazione per cui non era necessario trasmettere quegli atti ad alcuna autorità giudiziaria.
PRESIDENTE. Ma il dottor Scandurra ha appena detto che, su sua delega, lei è stato designato per fare una valutazione di quei fascicoli e ciò significa che lei doveva decidere se trasmettere il fascicolo per l'esercizio dell'azione penale o meno.
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare di appello di Roma. Cominciamo con il dire che come ero stato delegato io era stato delegato anche il dottor Bonagura e, quindi, ogni decisione andava presa collegialmente. Non ero soltanto io a dover prendere le decisioni.
PRESIDENTE. Ma lei ha detto mezz'ora fa che comunque era stato sempre autonomo nella sua decisione e, in ogni caso, il provvedimento lo ha sottoscritto lei.
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare di appello di Roma. Sì, l'ho sottoscritto io, in piena intesa con il collega Bonagura.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. Io ero d'accordo. Nessun palleggiamento di responsabilità.
PRESIDENTE. Quindi, c'era una commissione? Se ci riuniamo io, lei ed il dottor Bonagura per decidere qualcosa, su designazione di tre nostri superiori che ci dicono di decidere su una determinata questione ...
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare di appello di Roma. È una commissione?
PRESIDENTE. Mi dica lei che cos'è, dal momento che dovremmo decidere quale iniziativa assumere. Voi vi siete riuniti ed avete deciso di operare in quella maniera, e lei ha sottoscritto quel provvedimento.
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare di appello di Roma. Come poteva sottoscriverlo tranquillamente il collega.
PRESIDENTE. Però lo ha sottoscritto lei, dottor Nicolosi.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. Tuttavia, in qualche caso, riguardando alcune carte, ho visto che io avevo scritto la parte precedente alla firma ed il collega Nicolosi ha messo la firma. Quindi, in qualche caso c'è stata una mia collaborazione materiale anche nella stesura del provvedimento, chiamiamolo così.
PRESIDENTE. Ripeto la domanda: quel provvedimento è un mero apprezzamento, è una mera annotazione o che cos'è, secondo voi?
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. Sicuramente non è un provvedimento di natura giurisdizionale. Secondo me, è un provvedimento di natura amministrativa, perché in fondo l'attività per la quale avevamo ricevuto questa designazione era un'attività amministrativa, che presupponeva qualche conoscenza in relazione al compito di selezionare nell'ambito di quei documenti quelli che andavano trasmessi alle procure competenti.
PRESIDENTE. Dottor Bonagura, se il procuratore della Repubblica di Ancona designa la dottoressa Giaquinto per una questione, secondo lei la dottoressa Giaquinto svolge un'attività di natura amministrativa o un'attività di natura diversa, di carattere giurisdizionale? Lei è stato designato dal dottor Maggiore, mentre il dottor Nicolosi è stato designato dal dottor Scandurra.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. Io ed il collega Nicolosi non siamo stati designati per il compimento di attività giudiziarie, come un'udienza in corte di cassazione o la redazione di requisitorie.
PRESIDENTE. Allora non eravate competenti?
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. Siamo stati designati per svolgere un'attività di natura amministrativa, perché nell'ambito di un ufficio giudiziario, oltre alle attività propriamente giudiziarie, si svolgono anche una serie di attività di carattere amministrativo che normalmente vengono compiute in prima persona dal titolare dell'ufficio, ma che spesso vengono anche delegate o comunque in relazione ad esse vengono designati i sostituti.
Nella fattispecie, per come io ho inteso la vicenda - parlo di me -, io sono stato designato al compimento di un'attività di carattere amministrativo; un'attività con riflessi di natura giudiziaria, ma di natura materialmente amministrativa. Il nostro compito era di controllare tutta una serie di documenti per selezionare quelli che dovessero avere un certo esito giudiziario.
PRESIDENTE. Ma ad un certo punto vi sarete resi conto che questa attività che lei definisce di carattere amministrativo aveva dei risvolti e delle conseguenze di carattere giurisdizionale?
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. Certo che ce ne siamo resi conto.
GIAMPAOLO ZANCAN. Presidente, vorrei soltanto fare una rettifica sul problema della pubblicità: i fascicoli sono stati ritrovati in data antecedente al 24 giugno 1994; per tutto il 1994 e il 1995 nessuno sa niente di questo rinvenimento, salvo la magistratura militare, perché la prima nota, che dà poi luogo alla relazione del Consiglio della magistratura militare, è quella del 19 marzo 1996 da parte del magistrato militare, dottor Antonio Sabino, il quale segnalava che in un servizio de L'Espresso in edicola - è il servizio del 19 marzo 1996 - vi era l'indicazione del ritrovamento di questi fascicoli.
La seconda denunzia proviene, il 15 aprile 1996, dal magistrato militare, dottor Sergio Dini, sostituto procuratore presso il tribunale militare di Padova, che denunziava che erano cominciati a pervenire dei fascicoli e chiedeva al Consiglio della magistratura militare come mai ciò avvenisse.
Questo per dirle che c'è un silenzio che dura da una data antecedente al 24 giugno sino al 19 marzo 1996, che tradotto in buon italiano significa un anno e dieci mesi, che non è un periodo da poco. Quindi, una segnalazione immediata alla procura ordinaria avrebbe avuto la sua significanza per mille ed una ragione.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. In genere alla procura si segnalano delle notizie di reato.
GIAMPAOLO ZANCAN. Mi scusi, ma in questo caso un ritardo di cinquant'anni è un clamoroso reato. Il provvedimento «che più sbagliato non si può» sarà stato anche adottato da un magistrato ormai defunto, ma se poi si accerta che non solo vi è questo provvedimento che più sbagliato non si può, ma c'è anche l'occultamento attraverso l'invio dei fascicoli fasulli ed il trattenimento dei fascicoli buoni, vi è un reato di abuso di ufficio enorme, quindi credo che investire la procura ordinaria sarebbe stato un provvedimento di immediata necessità.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. Può darsi, ma resta il fatto che dalle carte in nostro possesso non avevamo indicazioni riguardo a persone viventi che potessero essersi rese responsabili di questi fatti.
CARLO CARLI. Vorrei chiedere al dottor Nicolosi in che periodo è stato giudice istruttore militare a Roma.
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare di appello di Roma. Se ricordo bene, nel 1965 o nel 1966.
CARLO CARLI. Ricorda quante sentenze di non doversi procedere in ordine ad un fatto per essere rimasti ignoti gli autori del reato ha emesso?
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare di appello di Roma. No.
CARLO CARLI. A noi risulta che ne ha emesse 171.
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare di appello di Roma. Non lo metto in dubbio, se lo dice lei, ma a quarant'anni di distanza non lo ricordo.
CARLO CARLI. Nel 1966 il dottor Nicolosi, in qualità di giudice istruttore militare, provvede a 171 sentenze di non doversi procedere in quanto «rimasto ignoto autore del reato».
Vorrei chiedere al dottor Nicolosi da dove provenissero questi fascicoli e chi glieli abbia forniti.
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare d'appello di Roma. Lei si riferisce alle sentenze del 1966?
CARLO CARLI Sì.
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare d'appello di Roma. Erano fascicoli spediti dalla procura.
CARLO CARLI. Posso mostrargliene uno.
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare d'appello di Roma. Immagino che provenissero dalla procura militare.
CARLO CARLI. Quindi dal dottor Santacroce?
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare d'appello di Roma. No. All'epoca il procuratore militare non era certamente il dottor Santacroce, il quale era procuratore generale militare. Non ricordo chi fosse il procuratore militare nel 1966.
CARLO CARLI. Pantano.
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare d'appello di Roma. Può darsi.
CARLO CARLI. Lei, con il dottor Santacroce, ha mai avuto rapporti d'ufficio?
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare d'appello di Roma. Col dottor Santacroce ho avuto dei rapporti ma non di carattere giurisdizionale. Sono stato per qualche anno consulente del segretario generale dell'Esercito, allora generale Borra, che poi è diventato segretario generale della Difesa. In questo incarico di consulenza, riferivo spesso al dottor Santacroce. Però, ripeto, i miei rapporti col dottor Santacroce non sono stati mai di carattere giudiziario, in quanto erano legati a questa attività di consulenza che svolgevo al ministero.
CARLO CARLI. Quindi, avete parlato di crimini nazifascisti?
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare d'appello di Roma. No, mai.
CARLO CARLI. Le sentenze che lei ha emesso a che cosa si riferivano? Qui ne ho una delle 171, ma possiamo trovarne anche altre.
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare d'appello di Roma. Leggo che si tratta di una rapina: il 17 maggio 1944, in un paese vicino a Viterbo, «per procurare ingiusto profitto, mediante minaccia con pistola, si impossessava della somma di lire 300 e chilogrammi 3 circa di maiale salato».
CARLO CARLI. Ce ne sono anche di più gravi, purtroppo.
Il punto è il seguente: 171 sentenze sono molte. Non sembra che da parte delle autorità militari ci sia stata una certa frettolosità nell'archiviare o nel dichiarare di non doversi procedere, in quanto non sono stati rinvenuti elementi di prova a carico di qualcuno? Come venivano svolte le indagini? Francamente, in tutta questa attività da voi svolta, anche in quel periodo (l'archiviazione di Santacroce è del 1960), per quanto riguarda i crimini nazifascisti, non mi risulta ci sia una diffusione di processi, se non nell'immediato dopoguerra. Evidentemente, erano stati occultati, però alcuni vengono estrapolati. Ciò vuol dire che è stata fatta una selezione dei fascicoli.
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare d'appello di Roma. Su questo non posso rispondere, posso solo dire che la procura faceva le indagini e le trasmetteva, con le sue richieste, al giudice istruttore, il quale, esaminati gli atti, ritenuto che le indagini svolte erano adeguate, emetteva la sentenza.
CARLO CARLI. Sa in questo caso chi fosse il pubblico ministero?
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare d'appello di Roma. Non lo ricordo.
CARLO CARLI. Può leggerlo sugli atti.
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare d'appello di Roma. Scandurra.
CARLO CARLI. C'è un rapporto d'ufficio anche negli anni sessanta.
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione. È sbagliato. Poi vorrei intervenire.
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare d'appello di Roma. Qui ci riferiamo ad una sentenza del 1966 e siamo al 2004: sono passati quasi quarant'anni. Lei mi chiede chi era il pubblico ministero... Leggo qui: «visto il procuratore militare, il 19 dicembre 1966, il sostituto, dottor Scandurra». Non so altro; non le posso dire altro, non ricordo nulla.
CARLO CARLI. La mia domanda è la seguente: lei ha avuto anche negli anni sessanta dei rapporti d'ufficio con il dottor Scandurra?
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare d'appello di Roma. Continuamente, perché negli anni sessanta eravamo entrambi magistrati presso la procura militare di Roma, io giudice istruttore e lui pubblico ministero; per alcuni anni, entrambi sostituti.
CARLO CARLI. Questa è una scoperta che ho fatto.
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare d'appello di Roma. Non occorreva una particolare attività di indagine: se lei lo avesse chiesto, io avrei risposto. Il dottor Scandurra ed io siamo dello stesso concorso; tra il 1960 e il 1964, sono stato a Firenze e poi a Roma dove c'era il dottor Scandurra.
CARLO CARLI. Comunque, ci sono decine di sentenze archiviate, perché non si trovano gli autori dei reati.
GIAMPAOLO ZANCAN. Dottor Nicolosi, il problema è questo: lei in data 19 dicembre 1996, emette un certo numero di sentenze, anche per fatti di omicidio.
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare d'appello di Roma. Nel 1966?
GIAMPAOLO ZANCAN. Sì, 1966. Lei emette tutte queste sentenze in un solo giorno. Si tratta di quell'attività di occultamento fatta dalla procura della Repubblica, dopo avere provveduto all'archiviazione che «più sbagliata non si può», mandando alle autorità competenti, e quindi anche a quella di Roma, dei fascicoli a carico di persone non individuabili. Lei non può non essersi reso conto, nel 1966, di questa ondata di carta che le arriva dalla procura, anche perché lei in un giorno fa tutte queste sentenze. Il problema è che in questi fascicoli c'è anche l'archiviazione provvisoria del dottor Santacroce, quella fatta nel 1960.
Alla luce di un numero così elevato di sentenze, che trovano la loro genesi nella diaspora occultativa della procura della Repubblica, lei conferma ancora di non avere saputo nulla di questa archiviazione provvisoria del dottor Santacroce e di questo occultamento di fascicoli?
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare d'appello. Nei fascicoli relativi a queste sentenze era presente il provvedimento del procuratore Santacroce?
GIAMPAOLO ZANCAN. C'era stato il provvedimento e il cancelliere ci ha detto che era stato unito al fascicolo, ma questo è da accertare. Mi interessa capire: di fronte ad un'ondata di piena di 171 fascicoli a carico di ignoti, non si rende conto che c'è qualcosa di strano?
PRESIDENTE. Senatore Zancan, il materiale ci è stato trasmesso dal dottor Bonagura unitamente ai provvedimenti di archiviazione provvisoria del 1960.
GIAMPAOLO ZANCAN. Non so se fossero dentro il fascicolo. Non posso saperlo.
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare d'appello di Roma. Questo non lo ricordo assolutamente.
GIAMPAOLO ZANCAN. A prescindere dall'archiviazione, lei in un giorno fa 171 provvedimenti di «non luogo a provvedere», perché sono ignoti gli autori dei reati, alcuni dei quali gravi. Penso che lei debba ricordare qualcosa.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare d'appello. Noi non avevamo i fascicoli; abbiamo trasmesso solo le sentenze di archiviazione provvisoria.
GIAMPAOLO ZANCAN. Possiamo controllare se nei fascicoli ci sia anche la copia dell'archiviazione provvisoria.
PRESIDENTE. Il dottor Bonagura ci ha trasmesso due plichi, in uno ci sono le sentenze e nell'altro ci sono le archiviazioni provvisorie relative a quelle sentenze.
GIAMPAOLO ZANCAN. Siccome siamo tutti d'accordo che se c'è una sentenza c'è un fascicolo, a me interessa averne copia perché voglio verificare i dati a conoscenza del dottor Nicolosi. In ogni caso non credo che un tale numero di sentenze di archiviazione, fatte tutte lo stesso giorno, possano sfuggire alla memoria del dottor Nicolosi e vorrei capire cosa lui sapesse circa questi fascicoli.
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare d'appello di Roma. Se lei parla di occultamenti, non sapevo assolutamente nulla: lo confermo e insisto. Se lei mi chiede qualcosa sui fascicoli, le dico che francamente non ricordo.
GIAMPAOLO ZANCAN. Le sto dicendo che vi è stata un'ondata di fascicoli, provenienti dalla procura, a carico di ignoti, che lei definisce con una sentenza di non luogo a provvedere. Questa ondata di piena giunge nell'anno di grazia 1966 e a lei non può essere sfuggita perché è anomala. In quell'anno le arrivano almeno 171 fascicoli per fatti del 1944 e lei il 19 dicembre fa una sentenza.
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare d'appello di Roma. Non ricordo assolutamente.
PRESIDENTE. Ricorda l'archiviazione provvisoria?
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare d'appello di Roma. Non si tratta di archiviazione provvisoria, ma di sentenza in cui si dichiara di non doversi procedere perché rimasto ignoto l'autore del reato. Per quanto riguarda poi l'archiviazione provvisoria, non penso di averla vista. Non mi risulta che fosse nel fascicolo; non ricordo assolutamente.
PRESIDENTE. Dottor Nicolosi, ogni sentenza è corredata da un provvedimento di archiviazione provvisoria (il dottor Bonagura gentilmente ci ha spedito tutto).
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare d'appello. Doverosamente.
PRESIDENTE. Il senatore Zancan le rivolge la seguente domanda: nel momento in cui lei ha messo mano a 171 provvedimenti di quel tipo, dovrebbe ricordarsi che c'erano le archiviazioni provvisorie.
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare d'appello di Roma. Non lo ricordo.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare d'appello. I fascicoli non sono nell'archivio della procura generale; noi abbiamo soltanto le sentenze. Credo che per stabilire se i provvedimenti di archiviazione provvisoria fossero nei singoli fascicoli bisognerebbe acquisire i fascicoli stessi presso il tribunale militare di Roma.
GIAMPAOLO ZANCAN. La ringrazio perché lei ha anticipato una mia richiesta.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare d'appello. Alla procura generale militare presso il Tribunale supremo militare vennero trasmesse soltanto le sentenze.
GIAMPAOLO ZANCAN. Signor presidente, chiedo formalmente che questi fascicoli vengano acquisiti, anche perché siamo in presenza di provvedimenti assunti lo stesso giorno.
PRESIDENTE. Su questo punto, mi sembra di ricordare che già nella precedente occasione il dottor Scandurra disse qualcosa. Sbaglio?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Sì, perché mi è stato chiesto il motivo del visto apposto sulle sentenze.
PRESIDENTE. Che è suo?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Certo. Ricordo che lei mi ha chiesto anche a proposito di un altro sostituto e io le ho detto che non è più in vita.
PRESIDENTE. Mi sembra di ricordare che lei avesse dichiarato che le aveva solo vistate.
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Sì, appunto per questo, poco fa, quando si parlava della richiesta del pubblico ministero, ho cercato di specificare che il pubblico ministero è diverso da quello che ha messo il visto: è un altro soggetto che agli atti non risulta, ma che emerge dal fascicolo.
GIAMPAOLO ZANCAN. Vorrei sapere dal dottor Nicolosi che spiegazione dia del fatto che nel 1996 gli arrivano 171 fascicoli a carico di ignoti, tutti insieme e lui li liquida tutti insieme il 19 dicembre.
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare d'appello di Roma. Credo che la spiegazione debba darla l'ufficio del pubblico ministero che ha esaminato gli atti e ha svolto le indagini, è il pubblico ministero che ha fatto richiesta di emettere sentenza di non doversi procedere. Io ho controllato le indagini che erano state fatte e ho ritenuto che non potessero essere fatte altre indagini, per cui ho emesso la sentenza. Questo era il mio compito.
PRESIDENTE. Se lei ha ritenuto di non dover fare altre indagini, ha esaminato gli atti.
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare d'appello di Roma. Certo che ho esaminato gli atti, perché mi è arrivato il fascicolo con la richiesta del pubblico ministero.
PRESIDENTE. Allora non è che lei pedissequamente ha controfirmato la richiesta del pubblico ministero! Lei ha esaminato gli atti, per cui non può dirmi che bisogna chiederlo al pubblico ministero. Il collega Zancan giustamente lo chiede a lei.
GIAMPAOLO ZANCAN. Soprattutto lei non si è chiesto perché le fossero arrivati 171 fascicoli tutti insieme? Come mai la procura si è svegliata? Che spiegazione dà? Non va dal pubblico ministero a chiedere perché se li sia tenuti fino al 1966, se concernevano fatti del 1944? Visto che prima avete parlato di uffici piccoli, credo che una richiesta di spiegazioni di questo tipo fosse doverosa.
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare d'appello di Roma. Avrei dovuto chiedere al pubblico ministero come mai mi avesse trasmesso dei fascicoli?
GIAMPAOLO ZANCAN. Sissignore: come mai glieli avesse trasmessi tutti insieme nel 1966 per fatti del 1944. Si tratta di un movimento quantomeno anomalo. Noi sappiamo perché sia avvenuto: per occultare i veri fascicoli sulle stragi.
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare d'appello di Roma. Tutto questo non lo sapevo.
GIAMPAOLO ZANCAN. Lei non lo sapeva, ma non può non convenire che fosse anomalo. Siccome acquisiremo i fascicoli, vedremo quando sia stata fatta la richiesta dal pubblico ministero e quanto abbia investigato: mi incuriosisce anche questo aspetto.
CARLO CARLI. Mi associo alle valutazioni fatte dal collega Zancan, anche per quanto riguarda la gravità del fatto che in un giorno siano state fatte 171 sentenze di non doversi procedere in quanto ignoti gli autori dei reati. Valuteremo successivamente, anche in base ai documenti che acquisiremo.
GIAMPAOLO ZANCAN. I 171 procedimenti sono stati vistati dal signor sostituto procuratore militare della Repubblica lo stesso giorno, tanto che la sentenza diventa definitiva il 25 dicembre (allora il termine era di tre giorni e probabilmente in mezzo ci sarà stato qualche giorno festivo). Il visto è coevo: nella stessa giornata ci sono la sentenza e il visto del signor procuratore.
CARLO CARLI. È quantomeno anomalo.
GIAMPAOLO ZANCAN. Siccome il visto presuppone che si esaminino i fascicoli, il numero 171 appare quantomeno anomalo.
CARLO CARLI. Vorrei tornare sull'indagine storico-giudiziaria del dottor Scandurra, questione affrontata anche dall'indagine promossa dal Consiglio della magistratura militare. Ho rinvenuto il verbale della seduta del 18 settembre 1996 e mi limito a leggerlo, in modo che sia chiaro a tutti che cosa sia stato detto allora.
Alla pagina 23 del verbale si legge: «In sintesi posso dire» - parla Scandurra - «che vi sono stati diversi procedimenti tra i quali esattamente 203 trasmessi all'autorità giudiziaria ordinaria. Ora sto cercando di apprendere quale esito abbiano avuto. Presidente: appartengono al gruppo dei procedimenti dei quali ci stiamo interessando? Dottor Scandurra: erano già stati trasmessi all'autorità giudiziaria ordinaria e quindi appartengono al gruppo rinvenuto nell'ambito di quest'altro faldone relativo ai crimini di guerra nazisti. Presidente: non c'era (incomprensibile)? Dottor Scandurra: no, tant'è vero che ora la mia ricerca si fa abbastanza difficile perché gli atti furono indirizzati inizialmente, tanto per fare un esempio, all'ufficio del pubblico ministero presso la sezione speciale della Corte d'assise di Ancona ed ora sto cercando di individuare quale ufficio si sia sostituito o abbia preso il posto di quello vecchio. Carmona: comunque, non si tratta di quei fatti che hanno ricevuto l'archiviazione provvisoria. Dottor Scandurra: certamente no. Presidente: insomma questi procedimenti sono stati in parte archiviati provvisoriamente e in parte trasmessi all'autorità giudiziaria ordinaria. Dottor Scandurra: certo, per quanto riguarda quelli già trasmessi all'autorità giudiziaria militare dopo il 1994, sono già a conoscenza dei provvedimenti di archiviazione emessi dalla stessa autorità giudiziaria alla quale sono stati inviati. Presidente: questo è l'esito attuale. Dottor Scandurra: sì, cioè successivo al 1994. Presidente: quanti ne sono stati archiviati? Dottor Scandurra: non ho un riferimento preciso allo stato attuale, perché non ho ricevuto tutte le risposte. Presidente: comunque ci sarebbe stata una conferma della cosiddetta archiviazione provvisoria. Dottor Scandurra: sì per una buona parte di questi, anzi direi la maggior parte. Presidente: potremmo dire che sono stati riarchiviati, se potessimo. Dottor Scandurra: sì, però in una formula aderente alle norme del codice di procedura penale».
Qui interviene anche il dottor Bonagura, il quale dice: «Mi risulta che è stato effettuato un monitoraggio su tutti gli atti trasmessi alle varie procure e che ci sono cifre relative a quelli già trasmessi a suo tempo ai giudici ordinari, a quelli a suo tempo trasmessi ad alcune procure militari e agli atti di competenza di diverse procure militari mai trasmessi a questi uffici». «C'è stato questo monitoraggio?», chiede Bonagura a Scandurra e questi gli risponde «Sì». Bonagura: «Il procuratore generale può fornirci gli esiti di queste rilevazioni?». Presidente: «È in possesso di una documentazione risultata dal monitoraggio?». Scandurra: «Sono in possesso di una documentazione completa per quanto riguarda le richieste che ho inoltrato alle varie procure, ma non dispongo ancora degli elementi concernenti le risposte, poiché questo lavoro ha comportato un impegno notevole di assunzione e trascrizione di dati, sia per la procura generale sia per gli uffici destinatari». Il presidente: «Pur non conoscendo l'esito del monitoraggio è però in possesso della documentazione relativa a questa triplice destinazione: archiviazione provvisoria, trasmissione all'autorità giudiziaria ordinaria e trasmissione alle procure presso i tribunali militari competenti?». Risponde Scandurra: «Questi dati sono già in mio possesso». «Potrebbe fornirceli?». Risponde Scandurra: «Li ho portati con me, ma desidererei fornire questa documentazione in un secondo momento. Attualmente ho gli elenchi distinti per ciascuna procura, ma ho già dato disposizione al mio ufficio affinché si compilasse un elenco complessivo unitario, che mi riservo di farvi pervenire». Il dottor Scandurra si riserva di far pervenire i dati relativi al monitoraggio. Bonagura: «Credo che alla Commissione interessi conoscere il numero globale delle denunce che a suo tempo vennero archiviate provvisoriamente nel modo in cui sappiamo e che invece, successivamente, tra il 1994 e il 1995, sono state inviate alle procure militari competenti a decidere. Il numero globale ci interessa per poterlo isolare dal numero dei procedimenti che a suo tempo sono stati già inviati agli uffici giudiziari competenti». Il presidente dice: «Occorre distinguere i procedimenti ordinari da quelli militari. Comunque, nell'ambito delle tre voci che prima le ho elencato qual è l'entità dei procedimenti provvisoriamente archiviati e non inviati al giudice?». E qui risponde Scandurra: «In questo momento non potrei quantificarli. Dovrei fare la somma di quelli riportati negli elenchi; siccome sono diverse centinaia, non saprei indicarne il numero preciso». Il presidente: «Ci può fornire un dato approssimativo?». Risponde Scandurra: «Circa 200 o 300». Il presidente: «Allora, insieme all'esito di quel monitoraggio ci farà pervenire anche questo dato». Dottor Scandurra: «Certo». Il dottor Bonagura interviene dicendo: «Dovrebbe farci pervenire, se le è possibile, il totale comprensivo anche delle denuncie a carico di ignoti». Dottor Scandurra: «Certo».
Il dottor Scandurra - si legge nel verbale - «si riserva di far pervenire i dati relativi ai procedimenti di archiviazione provvisoria, inclusi quelli non inviati al giudice e quelli concernenti le denuncie a carico di ignoti». Interviene il dottor Bonagura: «Forse, allora, questo numero sarà molto superiore a 200 o a 300». Dottor Scandurra: «Questo numero potrebbe rilevarsi subito dal registro generale. In proposito vi ricordo che, dopo aver trovato questi atti, siamo anche venuti in possesso del registro generale a cui essi facevano riferimento e che nell'ambito del mio ufficio non esistevano. Ora, con questo registro generale possiamo fare un riscontro tra gli atti trovati e il numero dei procedimenti che verremo ad assumere da ciascuna procura». Il dottor Scandurra si riserva di far pervenire la documentazione relativa al registro generale. Dottor Scandurra: «Se lo desiderate, posso fornire fin d'ora una copia dei documenti che ho portato con me». Il presidente: «Alla commissione potrebbe essere utile anche questa documentazione, anche se priva dell'esito finale». Dottor Bonagura: «Vorrei chiedere se il risultato finale sarà possibile ottenerlo soltanto quando ciascuna procura avrà comunicato i propri dati». Il dottor Scandurra dice: «Già in una fase interlocutoria ogni procura, sulla base delle mie richieste, ha risposto comunicandomi i provvedimenti per i quali ha già provveduto all'archiviazione e quelli per cui sono in corso le indagini». Dottor Bonagura: «Le ho posto questa domanda per un motivo pratico, perché pensiamo di concludere il lavoro di questa commissione nel giro di poche settimane». (Mi pare che la commissione si conclude nel 1999). Il presidente: «Allora può farci pervenire i tabulati che sta consultando in questo momento, anche se incompleti?». Scandurra dice: «Posso farveli pervenire in mattinata. Non ve li consegno subito perché non so se ne ho un'altra copia nel mio ufficio, dovrei stamparla».
Termino questa lettura del verbale per dire che le indagini di carattere storico-giudiziario che si stavano avviando - perché, come abbiamo potuto constatare, procedono anche successivamente - erano un fatto noto, come mi sembra emerga anche dalle parole del dottor Bonagura; inoltre, mi pare che si parli solo di procure militari e non anche della possibilità di avvalersi dei comandi dei Carabinieri e così via. Ritengo grave che nessuno abbia rilevato che questa indagine storico-giudiziaria non era consentita dalle norme di legge, non era attribuita a chi aveva responsabilità quali quelle del dottor Scandurra e che il «non luogo a provvedere» scritto su quei 202 fascicoli è un provvedimento, non un'annotazione. Che si tratti di provvedimenti giudiziari, secondo me, è dimostrato anche dal fatto che le decisioni di non luogo a provvedere vengono annotate nel registro generale. Nel registro generale, infatti, è scritto «archiviazione provvisoria del 14 gennaio 1960» e poi è registrato anche il «non luogo a provvedere» del 14 novembre 1994, apposto dal dottor Nicolosi. Quindi, sono atti al di fuori della legge che vengono compiuti come atti giudiziari a tutti gli effetti. Francamente, io rimango profondamente colpito dalla situazione in cui voi vi siete posti e che in circostanze piuttosto frequenti disconoscete.
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione. Se si rivolge a me, vorrei sapere qual è la domanda.
CARLO CARLI. Intanto, la domanda io l'avevo rivolta al dottor Bonagura, perché ci era stato detto che non era a conoscenza dell'indagine storico-giudiziaria che veniva fatta dal dottor Scandurra, mentre qui risulta tutt'altro. In secondo luogo, osservo che il provvedimento di non luogo a provvedere sottoscritto dal dottor Nicolosi è stato un provvedimento giudiziario, tanto è vero che è stato annotato anche sul registro generale.
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare di appello di Roma. Per quanto riguarda l'annotazione sul registro generale, ha già detto poc'anzi il dottor Bonagura che noi, invece di fare un verbale fascicolo per fascicolo, annotavamo le decisioni adottate, decisioni di carattere amministrativo, peraltro, su quel famoso registro generale. Ecco il motivo per cui risulta quella annotazione.
PRESIDENTE. Dunque: avete trasmesso 695 fascicoli. In più ci sono i 202 e gli altri 70.
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare di appello di Roma. Sì.
PRESIDENTE. Per i 202 e per i 70 voi avete annotato «non luogo a provvedere»: questo mi voleva dire lei?
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare di appello di Roma. Sì.
PRESIDENTE. Quindi, questo per lei era sostitutivo di un'attività diversa che la commissione avrebbe dovuto fare.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. Diversa in che senso?
PRESIDENTE. Nel senso che la commissione, forse, avrebbe dovuto motivare per ogni fascicolo.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. Mi scusi, presidente, ma trovando, per esempio, la denuncia di una strage di 500 vittime a Sant'Anna di Stazzema cosa avremmo dovuto fare? Avremmo dovuto fare un provvedimento nel quale dire: dal momento che a Sant'Anna di Stazzema, in questa data, è avvenuto questo fatto; dal momento che questo fatto integra il reato di violenza con omicidio, eccetera, eccetera, trasmettiamo gli atti alla procura militare della Repubblica di La Spezia perché proceda. Avremmo dovuto far questo? Noi abbiamo ritenuto, dal momento che la realtà dei fatti risultata dai documenti, di annotare più sinteticamente: «visto, si trasmette alla procura militare di La Spezia». Nei casi in cui, invece, abbiamo ritenuto che non esistessero motivi suscettibili di sviluppo in sede giudiziaria o nei casi in cui risultava che le autorità competenti fossero già state informate, emettevamo quel provvedimento di non luogo a provvedere, che - insisto a dire - era un provvedimento di natura amministrativa e non giurisdizionale, perché non vedo quali caratteri possa avere per essere considerato di natura giurisdizionale.
PRESIDENTE. Secondo lei qual è un provvedimento di natura giurisdizionale?
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. È un decreto, un'ordinanza, una sentenza, un atto non giurisdizionale ma giudiziario, un atto del pubblico ministero con cui, ad esempio, si richiede al giudice un provvedimento di custodia cautelare. Provvedimenti che si inseriscono in un procedimento penale vero e proprio.
PRESIDENTE. Quindi lei mi sta dicendo che con un provvedimento di mera natura amministrativa voi avete archiviato un fascicolo.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. Non abbiamo archiviato un fascicolo...
PRESIDENTE. Non lo avete trasmesso.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. ...abbiamo archiviato delle carte che non davano nessuna contezza del fatto sottostante. Comunque, non le abbiamo archiviate: semplicemente abbiamo ritenuto che non esistesse un ente a cui trasmetterle utilmente, fruttuosamente. Torniamo sempre sullo stesso discorso; questa è la nostra posizione: sarà opinabile, ma questa è stata a suo tempo e, personalmente, continuo a ritenere che fosse corretta.
PRESIDENTE. Sulla posizione corretta o meno, poiché si è costituita una Commissione, sarà la Commissione a fare le sue valutazioni; non è questo il punto. Capisco, tuttavia, che lei mi dica che si tratta di una posizione corretta, anche se, ricordo tra parentesi, che nella precedente audizione lei, a un certo punto, ha detto «abbiamo sbagliato».
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. No, forse ho detto «possiamo aver sbagliato», che è la stessa cosa che dire quello che è ovvio, cioè che le nostre valutazioni sono opinabili come qualsiasi altra valutazione. Posso anche aver detto che forse abbiamo sbagliato...
PRESIDENTE. Lei ha pieno diritto di...
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. Di difendermi.
PRESIDENTE. No, non dico questo. Ha pieno diritto di dire che, probabilmente, farebbe la stessa cosa.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare di appello. Pur essendo perfettamente consapevole, perché nessuno è detentore della verità, che c'è la possibilità che siano stati commessi degli errori. Però c'è anche la realtà di 695 denunzie che sono state trasmesse, sia pure in tempi un po' prolungati, come è stato osservato, e che hanno dato la possibilità agli uffici di attivare azioni che avrebbero dovuto essere attivate molto tempo prima.
PRESIDENTE. Dottor Scandurra, una curiosità: questa commissione era composta anche da lei?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione. No.
PRESIDENTE. Non ha mai fatto parte della commissione?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione. No. O meglio, non mi sono mai unito ai colleghi Nicolosi e Bonagura nella valutazione di questi atti.
PRESIDENTE. Quindi, lei si è limitato ad individuare il dottor Nicolosi. Ma allora perché davanti al Consiglio della magistratura militare il 18 settembre 1996 dichiara una cosa diversa?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione. Cioè?
PRESIDENTE. «Dopo questo rinvenimento, ho inoltrato al procuratore generale militare presso la Corte di Cassazione una richiesta, accompagnata da un invito allo stesso procuratore, in seguito alla quale ho potuto nominare una commissione composta da me e dai due sostituti procuratori, affinché si procedesse al vaglio di questi atti. L'esame è stato effettuato e ha dato il risultato che poc'anzi ho illustrato». Questo lo dice lei.
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione. Mi rendo conto che nel resoconto risulta questa annotazione, ma se andassimo a vedere le affermazioni da me fatte, queste risulterebbero sicuramente diverse, anche perché quelle sono dichiarazioni rese dinanzi al Consiglio, che non sono state né lette né sottoscritte. Del resto, anche le stesse dichiarazioni rese dinanzi al Consiglio contengono molti errori che non sono stati corretti; basti pensare che Santacroce qualche volte è indicato come Nico e il procuratore generale di appello invece che come Scandurra è indicato come Alberto.
PRESIDENTE. Allora, mi sta dicendo...
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione. Soltanto che laddove si dice «composta da me», forse si sarebbe dovuto mettere «designata da me» o «incaricata da me» in quanto il verbale non traduce esattamente il mio dire. Anche perché non avrei potuto dire una circostanza contraria alla verità dei fatti: io non ho mai fatto parte di questa commissione.
PRESIDENTE. Prendo atto, allora, che questi verbali...
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione. Sono veritieri. Ma ci può essere qualche imprecisione, come nel caso specifico che lei ora mette in evidenza.
PRESIDENTE. Vediamo, allora, cosa dice Maggiore di questa vicenda: «Ho poco da dire. Posso solo aggiungere che nella mia nota del 5 luglio dissi al collega Scandurra che Bonagura poteva offrire la sua collaborazione per conto del mio ufficio nell'ambito del lavoro che lo stesso Scandurra avrebbe disposto. Allora i colleghi Scandurra, Bonagura e Nicolosi, nel migliore spirito di collaborazione, concordarono tra loro di costituire una commissione composta di due membri, Nicolosi e Bonagura, per esaminare, valutare e quindi disporre qualcosa in ordine a ciò che sarebbe emerso dall'esame delle carte relative ai crimini di guerra in generale. Durante il lavoro di questa commissione (...) disposero una serie di riunioni, con cadenza per lo più settimanale (...)».
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione. Non dice una cosa contraria a quello che abbiamo affermato poco fa, cioè non dice che io facevo parte della commissione.
PRESIDENTE. Se lei mi dice che quella è una imprecisione, ne prendo atto.
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione. Non può che essere un'imprecisione, a meno che non abbia io pronunciato una frase di quel genere per un errore di dichiarazione. Ma io della commissione non ho mai fatto parte. E se ne avessi fatto parte non avrei motivo per negarlo.
PRESIDENTE. Mi incuriosiva semplicemente il fatto che in questo verbale risultasse tale sua dichiarazione.
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione. È una giusta osservazione. L'avevo rilevato anch'io, presidente.
PRESIDENTE. Ancora una cosa: lei ha presentato una relazione di minoranza, vero?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione. Come ho specificato nella precedente audizione, non era una relazione di minoranza, perché così non venne ritenuta dal Consiglio, anche perché le relazioni di maggioranza e di minoranza andavano precisate, come risulta dai verbali del Consiglio, in alcune circostanza. In questo caso specifico ho esposto alcune ragioni, nell'ambito dei miei interventi in seno al Consiglio, che riecheggiavano nelle linee di massima quelle che erano le decisioni del Consiglio stesso e inserivano alcuni elementi particolari, che ho indicato la volta scorsa.
PRESIDENTE. Quindi, agli atti del CSM non c'è.
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione. No, non c'è.
PRESIDENTE. Ce la può far pervenire?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione. Senz'altro. Mi riprometto di fargliela avere.
PRESIDENTE. Prego, senatore Zancan.
GIANPAOLO ZANCAN. Desidero rivolgere una domanda specifica al dottor Nicolosi, che ha firmato quelle 171 sentenze di non doversi procedere, e al dottor Scandurra, che le ha vistate. La domanda è la seguente: sono a conoscenza della raccomandata con la quale il dottor Santacroce, in data 10 marzo 1966, trasmetteva questi fascicoli «pregando di attenersi a queste direttive di massima» (così si esprimeva il dottor Santacroce)? Di tali direttive ne citò alcune: «La definizione dei procedimenti sia affidata, se possibile, ad un solo magistrato del pubblico ministero e al medesimo giudice istruttore. L'estratto dovrà consistere in un paradigma uniforme, contenente il titolo del reato, con l'indicazione dei relativi articoli di legge e la concisa enunciazione del fatto, nonché di eventuali altre circostanze utili al fine dell'anzidetto quadro storico». Questo sta a significare che il dottor Santacroce invitava a scegliere un unico giudice istruttore, invitava a scegliere un unico magistrato del pubblico ministero e dava indicazioni sulla stesura della sentenza. A questa trasmissione - risulta dal carteggio che abbiamo agli atti - il procuratore militare della Repubblica, devo dire con bella sintesi, risponde: «Assicuro».
In data successiva alla sentenza, sempre il procuratore della Repubblica trasmette alla procura generale 170 copie di sentenze «con le quali sono state definiti altrettanti procedimenti».
In particolare al dottor Scandurra, in qualità di magistrato della procura della Repubblica, domando se ricordi quella raccomandata, che spiegazione ne dia e, da ultimo, se tutto questo gli sembri commendevole.
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di Cassazione. Questa lettera che lei mi ha letto sarà non commendevole, è un giudizio che naturalmente possiamo esprimere aliunde e da terze persone; io, però, posso dirle che questa lettera non l'ho vista sino a due giorni fa, quando ho avuto possibilità di leggerla. Stavo proprio ora cercando di ricordare come e quando l'avessi letta. Ma l'ho letta due giorni fa.
GIANPAOLO ZANCAN. Che un procuratore della Repubblica inviti a scegliere un unico giudice e dia istruzioni sul modo di fare una sentenza è non commendevole, mi creda, qui e in qualsiasi tribunale del mondo.
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Io, per la verità, non contraddicevo il suo giudizio, ma rispondevo alla sua domanda. Io non sapevo di questa lettera che sicuramente non è giunta alla mia conoscenza di sostituto procuratore, in quanto era indirizzata al procuratore titolare, che ha risposto con la frase lapidaria che lei ha citato. Io non la conoscevo. Ho avuto la possibilità di leggerla due giorni fa e non ricordo in quale circostanza. Forse, l'ho letta per fare un discorso di carattere generale sui fascicoli che sono stati definiti dal giudice istruttore nel 1966. Naturalmente ciò si riferisce ad un fatto accaduto trenta o quaranta anni fa, però si inserisce nell'ambito di quel coacervo di azioni che nel 1965 erano iniziate nell'ambito della procura generale.
Avendo letto gli atti del consiglio e le dichiarazioni che sono state rese da tutti i soggetti interessati, posso dirle che nel 1965 c'era stato - ma questo è stato detto in consiglio ed io mi limito a ripetere frasi pronunziate da altri e da me apprese attraverso la lettura delle dichiarazioni - un «risveglio» di atti, nell'ambito della procura generale militare, originato da una richiesta dell'autorità federale di Germania, del 24 novembre 1964, con cui si chiedeva ai Governi e ai paesi amici di inviare tutte le carte relative a procedimenti che potessero essere instaurati a carico di criminali tedeschi. La richiesta era formulata, per la verità, in modo anche ipocrita perché, quando il 24 novembre 1964, si chiede ai Governi amici di avere gli atti entro il 1o marzo 1965, in modo tale che i fascicoli possano essere studiati e giungere dinanzi all'autorità giudiziaria tedesca entro l'8 maggio 1965, cioè a distanza di un mese, mi pare che il discorso non stia né in cielo né in terra.
GIAMPAOLO ZANCAN. Questo è assolutamente inconferente.
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Allora vengo subito al tema.
GIAMPAOLO ZANCAN. Il tema è il seguente: un procuratore generale che ha proceduto ad un'archiviazione sei anni prima con un provvedimento assolutamente errato, nel 1966 dà istruzioni al sostituto procuratore di scegliere un giudice e a questo di fare la sentenza in un certo modo.
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Posso convenire sul giudizio che lei esprime, però mi consenta una piccola rettifica: la lettera è indirizzata non al sostituto procuratore ma al procuratore. Poco fa, è stato chiesto chi fosse il sostituto procuratore che aveva presentato le richieste al giudice istruttore: non ero io.
GIAMPAOLO ZANCAN. Ma lei ha vistato quelle sentenze lo stesso giorno in cui sono state emesse.
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Per quanto riguarda il visto, vorrei chiarire alla Commissione quale ne sia la natura. Esso nasce dalla disposizione regolamentare per l'esecuzione del codice di procedura penale del 28 maggio 1931 e non era previsto da nessuna disposizione.
GIAMPAOLO ZANCAN. Credo che qui non siamo chiamati a fare delle discussioni di procedura penale. Però, la mia opinione - lei ne avrà una diversa - è che il visto significa che il procuratore non intende impugnare una sentenza.
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Mi permetta di dissentire rispetto a questa sua posizione.
GIAMPAOLO ZANCAN. Ah sì?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Sì, dissento pienamente e le dico subito perché.
GIAMPAOLO ZANCAN. Il dissenso suo e mio in materia di procedura non interessa alla Commissione. Ci interessa invece conoscere dal dottor Nicolosi la natura della consulenza di cui ci ha parlato e dei suoi collegamenti con il dottor Santacroce, visto che stiamo scoprendo questa attività di occultamento dei fascicoli alla firma del dottor Scandurra e del dottor Nicolosi.
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Non è una firma, è un visto.
GIAMPAOLO ZANCAN. E il visto è una presa d'atto che non si intende impugnare.
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. A questo riguardo le posso rispondere con una dichiarazione delle sezioni unite della Cassazione.
GIAMPAOLO ZANCAN. Lo so che si può impugnare anche dopo il visto. Ma questa non è un'aula di procedura penale, non è un seminario. Qui ci sono delle cose molto più serie e più gravi della procedura penale.
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Posso dirle che il visto che veniva apposto ai sensi dell'articolo 31 era di carattere amministrativo e non giudiziario, perché così è definito sia dalle sezioni penali unite della Cassazione, sia da numerose sentenze della stessa Cassazione che io qui ho indicato, sia dalla dottrina dominante.
L'appello o l'impugnazione si poteva proporre soltanto ai sensi dell'articolo 151; questo è un punto che entrambi possiamo ricordare perché abbiamo operato sicuramente in vigenza del codice di procedura penale del 1931. Ed è ai sensi dell'articolo 151 che si poteva proporre l'impugnazione. Il visto non era altro che un controllo di carattere amministrativo che, nell'ambito dell'esercizio della sua attività amministrativa, il pubblico ministero svolgeva sul controllo del giudice istruttore, controllo previsto dall'articolo 298 del codice di procedura penale...
GIAMPAOLO ZANCAN. Dottor Scandurra, mi scusi se la interrompo. Io mi do per vinto in materia di procedura penale. Riconosco che lei ha ragione, ma mi preoccupa molto, e credo che preoccupi molto anche la Commissione, il fatto che lei sia preparato su questo punto.
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Le dico subito perché sono preparato: la volta scorsa sono stato esaminato su questo punto specifico. Nel resoconto della precedente audizione si può leggere che si è rilevato che il sostituto procuratore militare Scandurra aveva posto un visto di carattere amministrativo e di controllo.
GIAMPAOLO ZANCAN. Di controllo su che cosa?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Se lei mi consente, le rispondo con l'affermazione delle sezioni unite della Cassazione: «la trasmissione viene eseguita per un fine amministrativo».
PRESIDENTE. Di quando è la sentenza?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Del 2 luglio 1955. Ad essa fanno seguito altre sentenze del 1964 e 1965. Nel 1994 c'era già il nuovo codice di procedura penale. Loro ricorderanno come si discutesse se il termine per l'impugnazione decorresse dal visto oppure dal deposito degli atti.
GIAMPAOLO ZANCAN. Lei, quando vista, non mi importa a che scopo, legge la sentenza e verifica il fascicolo o no?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Posso anche essere tenuto a non farlo, anche perché si trattava di un visto amministrativo in quanto bisognava vedere se le sentenze del giudice istruttore erano state emesse in relazione ad una richiesta del pubblico ministero.
A prescindere da questo, ignoro tutti questi aspetti e ripeto quello che ho già detto nella mia precedente audizione: l'impugnazione era ammissibile soltanto avverso la sezione istruttoria della Corte d'appello e i tribunali militari non avevano sezione istruttoria, non avevano giudizio di appello, non avevano secondo grado. Quindi, non c'era la possibilità di appello.
GIAMPAOLO ZANCAN. E lei non ha conosciuto la raccomandata del procuratore generale.
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Posso dire no con piena certezza. L'ho conosciuta soltanto due giorni fa.
VINDICIO BONAGURA, Procuratore generale militare presso la Corte militare d'appello. Vorrei esprimere un'osservazione in relazione a quella raccomandata che lei ha definito «non commendevole» e che sicuramente non è sorprendente in quanto rispecchia esattamente la realtà ordinamentale dell'epoca, in cui il procuratore generale era il capo della giustizia militare, sulla quale non solo aveva la sorveglianza ma da lui dipendeva, come diceva l'ordinamento dell'epoca. Le cose fortunatamente dal 1981 sono cambiate, tanto che se oggi io mi azzardassi a scrivere una lettera del genere mi impalerebbero e farebbero bene.
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Le sentenze inviate alla procura militare di Roma in numero di 171 hanno una buona compagnia perché nel 1965-1968 ben 441 furono trasmesse a Napoli, 205 a Verona, 47 a Padova, 174 a Roma, 144 a Torino e 259 a La Spezia.
GIAMPAOLO ZANCAN. Questo fu il fumo che il compianto dottor Santacroce mise in atto per cercare di coprire l'inerzia della magistratura militare che gli consentì di occultare 695 fascicoli relativi a stragi gravissime.
Il problema è vedere se il dottor Santacroce abbia agito da solo ovvero se vi siano state complicità. Purtroppo sul dottor Santacroce il mio parere è irreversibile.
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Posso dirle che certamente non c'è stata la mia complicità.
GIAMPAOLO ZANCAN. Benissimo.
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Come dicevo, ben 1.700 fascicoli sono stati distribuiti in tutta Italia.
GIAMPAOLO ZANCAN. In unione alla relazione del Consiglio superiore della magistratura, credo di poter qualificare degnamente l'attività del dottor Santacroce come una cortina fumogena di copertura dell'occultamento di fascicoli. Questo è il parere contenuto nella relazione del Consiglio, anche se un po' edulcorato.
PRESIDENTE. Poiché proprio io ho sollevato la questione nel corso della precedente audizione, vorrei chiarire questo aspetto. Lei, dottor Scandurra, non ha letto i 171 provvedimenti?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Io dovevo apporre un visto regolamentare per sapere se il giudice istruttore aveva emesso, sul piano amministrativo, quelle sentenze che gli erano state richieste.
PRESIDENTE. Non metto in dubbio l'aspetto processuale. Non voglio entrare in questo campo, perché rischiamo di affrontare di nuovo questioni di procedura.
Lei ha preso visione dei 171 provvedimenti?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Indubbiamente ne ho preso visione perché li ho vistati.
PRESIDENTE. Non ricorda le archiviazioni provvisorie, sempre rispetto ai 171?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. No. Non conoscevo affatto quella situazione.
PRESIDENTE. Non c'erano?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Io non lo sapevo e ciò vuol dire che negli atti non c'erano.
PRESIDENTE. Neanche lei, dottor Nicolosi?
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare d'appello di Roma. Assolutamente, non ne sapevo nulla.
GIAMPAOLO ZANCAN. Conosceva la raccomandata?
ALFIO MASSIMO NICOLOSI, Presidente della Corte militare d'appello di Roma. Della raccomandata non sapevo assolutamente nulla. Era indirizzata al procuratore militare. Posso chiarire soltanto una cosa: quando si parla di unico giudice istruttore vuol dire che ce n'era uno solo e non c'era la possibilità di scelta tra l'uno e l'altro.
GIAMPAOLO ZANCAN. Mi rincresce parlare di un morto, però il procuratore generale preferiva che ce ne fosse uno solo.
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Oltre a quello che ha già detto il collega Bonagura rispetto all'ambiente degli anni sessanta, diverso da quello degli anni settanta e ottanta, voglio dire che il giudice istruttore, in quell'epoca, non era neanche un magistrato militare - a conferma di quello che lei dice e che noi avalliamo - era un ufficiale che veniva comandato a fare il giudice istruttore.
Se vediamo le sentenze dei giudici istruttori dei tribunali militari, difficilmente troviamo un magistrato militare.
PRESIDENTE. In merito alla vicenda dell'indagine storico-giudiziaria, chi se ne occupava fattivamente, materialmente?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Era un incarico di natura prettamente amministrativa, per cui avevo dato incarico al colonnello Brunetti che si trovava nell'ambito del mio ufficio. Tant'è vero che le lettere sono tutte firmate «Bru», mentre nelle risposte si legge «A Bru», la sigla del cognome Brunetti.
PRESIDENTE. Lei non se ne occupava?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Me ne occupavo nel senso che alcune volte Brunetti mi diceva che bisognava scrivere al presidente della Corte d'appello e in quel caso la lettera avrei dovuto firmarla io per un atto di riguardo nei confronti dell'ente destinatario.
PRESIDENTE. Lei esaminava l'attività che svolgeva Brunetti?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Certamente. Lui mi riferiva, dicendomi che eravamo riusciti ad ottenere le sentenze di condanna oppure commentava la sentenza perché magari una pena di morte era stata convertita in ergastolo e poi, con i vari condoni ed amnistie, in tre, quattro anni o pochi mesi. Erano comunque commenti di carattere extragiudiziario, di nessun rilievo ai fini dell'indagine.
PRESIDENTE. Le riferiva quotidianamente?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Quotidianamente o quando capitava che io fossi libero e lui potesse entrare per riferirmi.
PRESIDENTE. Quando incardinavate un'indagine, seppur storica...
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Più che un'indagine era una richiesta scritta per sapere l'esito della denunzia.
PRESIDENTE. Scrivevate, ad esempio, ai carabinieri...
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Per sapere l'esito di quella denuncia.
PRESIDENTE. Brunetti esaminava le risultanze dei carabinieri?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Le esaminava Brunetti e me le faceva vedere. In relazione a questo, si vedeva se fosse necessario, ad esempio, scrivere alla cancelleria di una determinata Corte d'appello. Lui svolgeva una certa attività e mi chiedeva consiglio per la maggiore esperienza che io avevo.
PRESIDENTE. Quindi, lei era a conoscenza di tutta l'attività?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Certo.
PRESIDENTE. Lei vistava anche atti?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. No. Qualche volta firmavo le richieste, in relazione all'ente a cui erano dirette. Non vistavo gli atti che giungevano.
PRESIDENTE. Il colonnello Brunetti di che cosa si occupava nel suo ufficio? Che ruolo aveva?
GIUSEPPE SCANDURRA, Procuratore generale militare presso la Corte suprema di cassazione. Aveva un ruolo amministrativo. Era stato, in passato, un cancelliere militare; aveva perso questa sua qualifica perché aveva avuto un grado superiore ed era stato distaccato dal ministero, con funzioni amministrative. In tutti gli uffici giudiziari militari è facile trovare personale militare, in mancanza di personale civile. Nell'ambito di tali uffici non esiste personale civile, o quantomeno il suo numero è molto ridotto, per cui vi è un aiuto da parte del personale militare.