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Seduta del 7/4/2004


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Audizione del dottor Maurizio Prato.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del dottor Maurizio Prato.
Lei è stato sentito da altra autorità istituzionale in merito alla sua attività?

MAURIZIO PRATO. No.

PRESIDENTE. Lei è stato consigliere d'amministrazione di STET durante la gestione Agnes e Pascale e quindi, successivamente, sotto quella di Rossi e Tommasi di Vignano. Conferma?

MAURIZIO PRATO. Confermo, per la seconda fino ad ottobre 1997. Ho rassegnato le dimissioni il 24 settembre 1997.

PRESIDENTE. Nella sua qualità, lei ha avuto modo di riscontrare un atteggiamento diversificato in tema di privatizzazione tra le due gestioni di STET? Per meglio dire, corrisponde al vero quanto detto da alcuni, cioè che Agnes e Pascale fossero contrari al processo di privatizzazione della Telecom?

MAURIZIO PRATO. Non mi risulta.

PRESIDENTE. Lei, nel consiglio d'amministrazione del 6 giugno 1997 si espresse in qualche modo a proposito dell'operazione riguardante l'acquisizione del 29 per cento di Telekom-Serbia, espresse cioè criticità nel modo di acquisizione di tale società? Se sì, quali soluzioni furono prospettate a tal riguardo?

MAURIZIO PRATO. L'ho letto sulla stampa, ma non ricordo di aver fatto un intervento specifico.

PRESIDENTE. Voglio essere chiaro, affinché non ci siano equivoci. Le ho chiesto se lei espresse criticità; non lo sto dando per scontato.

MAURIZIO PRATO. Ho letto successivamente di aver richiesto delle precisazioni.


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PRESIDENTE. Per quanto tempo si parlò nel consiglio d'amministrazione del 6 giugno dell'affare Telekom-Serbia?

MAURIZIO PRATO. Non sono assolutamente in grado di ricordarlo, ma sicuramente se ne parlò per qualche minuto. Si trattava di una semplice informativa al consiglio di amministrazione della STET.

PRESIDENTE. Visti i suoi trascorsi, può riferirci quale altra acquisizione estera non venne effettuata dalla STET International?

MAURIZIO PRATO. L'articolazione del gruppo STET, come tutti i gruppi industriali, si basa su un decentramento di autonomie per aree di business e la STET aveva all'epoca oltre 150 società, alcune delle quali molto importanti. La STET era una holding finanziaria di partecipazione, non era una società operativa, tranne che per alcuni segmenti marginali che riguardavano l'editoria, la divisione Seat, che poi, in sede di privatizzazione, venne previamente scorporata su direttiva del Governo. Quindi, a livello di consiglio di amministrazione della STET, venivano normalmente portati, in fase deliberativa, soltanto gli accordi di livello generale di ampia portata che interessavano il gruppo, ovvero indirizzi di carattere strategico generale, come, ad esempio, i piani triennali del gruppo, il budget e le alleanze di tipo strutturale che coinvolgevano direttamente la STET, non le società partecipate.
Per quanto riguarda il processo di internazionalizzazione che è esploso negli anni novanta, la struttura deputata sul piano organizzativo del gruppo è sempre stata la STET International. Questo ha trovato specifiche conferme con le situazioni organizzative del gruppo STET, che sono state fatte in particolare nel 1996, quindi nel periodo della gestione del dottor Agnes e del dottor Pascale, che affidavano in modo specifico l'attività di scouting, valutazione, definizione di alleanze internazionali alla STET International.
In quel periodo, in cui tutti i competitori internazionali andavano alla ricerca di mercati vecchi o nuovi, la STET International fu strutturata con due sub-holding, la STET International Netherland 1 e la STET International Netherland 2, con ingresso anche della TIM, perché su questi mercati aveva importanza offrire globalmente i servizi di telecomunicazione. Il «mobile» in quel periodo era una delle operatività che avevano maggiore sbocco e la STET International era partecipata dalla Telecom Italia, con competenze nella telefonia fissa, e dalla TIM, con competenze nella telefonia mobile.

PRESIDENTE. Questo ci è noto.
Seduta del 30 gennaio 1997: nel corso della riunione del consiglio di amministrazione di STET viene deliberata l'attribuzione dei poteri all'amministratore delegato, il quale assume la figura di capo azienda. I poteri attribuiti al dottor Tommasi di Vignano, beneficiario di questa nomina, in virtù di tali deleghe, erano superiori, uguali o inferiori rispetto a quelli del precedente amministratore delegato?
Se possibile le chiedo di essere asciutto nelle risposte, cercando ovviamente di essere completo.

MAURIZIO PRATO. Nella precedente gestione c'era una gradazione di deleghe, nel senso che c'era il comitato esecutivo. Con la nuova gestione, il comitato esecutivo è stato tolto.

PRESIDENTE. Lei faceva parte del comitato esecutivo?

MAURIZIO PRATO. Sì. La maggior parte dei poteri del comitato sono stati riassunti dal consiglio d'amministrazione e all'amministratore delegato sono state conferite le deleghe per l'ordinaria amministrazione e per la straordinaria amministrazione in casi di urgenza. Mi pare che l'unico criterio distintivo fondamentale fosse proprio in tema di acquisto di partecipazioni: nel precedente regime l'acquisto di partecipazioni era sottoposto a delibera del comitato esecutivo quando era superiore a certe percentuali e ad un certo


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valore, mentre con le deleghe che sono state assegnate al dottor Tommasi c'era la facoltà di costituzione di società, purché non di controllo, senza limiti di importo.

PRESIDENTE. L'operazione Telekom-Serbia, date le precisazioni che lei ha fornito, se avesse avuto luogo prima della soppressione del comitato esecutivo, sarebbe rientrate tra le attribuzioni di quest'ultimo. Quindi, la soppressione, non che sia nata per agevolare ma, di fatto, ha agevolato i poteri del dottor Tommasi in ordine all'acquisizione.

MAURIZIO PRATO. A mio avviso, non è esatto, perché non era materia di competenza del consiglio di STET, tant'è che è stata operata attraverso una società di secondo livello. Alla STET sono state portate le informative, come in tutte le altre operazioni, anche nel periodo precedente. Non c'era un atto deliberativo. Nella precedente struttura dei poteri, probabilmente, questa informativa sarebbe stata portata, anziché al consiglio d'amministrazione, al comitato esecutivo.

PRESIDENTE. Questo è il punto: il comitato esecutivo avrebbe avuto cognizione dell'operazione.
Le risulta - lei ha già fatto un cenno in proposito ma vorremmo un approfondimento - che provvedimenti analoghi a quello descritto (soppressione del comitato esecutivo ed esaltazione della figura del capo azienda) furono adottati anche in altri gruppi o imprese che, nel gennaio del 1997, passarono sotto il controllo del Tesoro?

MAURIZIO PRATO. Non ci furono altre imprese che in quel periodo passarono sotto il controllo del Tesoro.

PRESIDENTE. Quindi, non le risulta perché non ci furono.
Nel corso della riunione del 6 giugno 1997, il consiglio d'amministrazione di STET venne informato dall'amministratore delegato della prossima conclusione dell'operazione Telekom-Serbia. I consiglieri furono previamente informati del fatto che sarebbe stata affrontata tale questione?

MAURIZIO PRATO. No.

PRESIDENTE. A suo avviso, l'inserimento dell'operazione Telekom-Serbia tra le «varie ed eventuali» può ritenersi regolare e per quali motivi?

MAURIZIO PRATO. Per il fatto che si trattava di una semplice informativa. Ero nel consiglio della STET e nel comitato esecutivo dal 1994 e tutte queste comunicazioni, che non erano nelle valutazioni discrezionali del consiglio della STET ma erano nell'autonomia delle società a ciò deputate, venivano portate - e non sempre perché ci sono stati dei casi in cui sono state portate successivamente - o nelle comunicazioni del presidente o nelle «varie ed eventuali». Si è sempre fatto così.

PRESIDENTE. Si compie un affare di quasi 900 miliardi, che comporta la scelta strategica di un teatro difficile, con rischio paese e con tutto ciò che le è noto e che è ormai materia oggettiva. In questa situazione lei pensa che sia un atto di responsabilità aziendale, oltreché di responsabilità nei confronti del denaro pubblico (ancora eravate sotto il controllo dello Stato per il 61 per cento nel giugno 1997, in quanto la privatizzazione è intervenuta ad ottobre), che un argomento di tale portata sia non divulgato tra i consiglieri, inserito tra le «varie ed eventuali» e delibato, almeno sul piano dell'informativa, in qualche minuto? A me non interessa dare un giudizio di merito su questa operazione, ma, secondo lei, si tratta di un'operazione che lascia soddisfatti?

MAURIZIO PRATO. Con il senno di poi è molto semplice; tra l'altro, si tratta di operazioni industriali che hanno in sé delle alee e dei rischi e il cui successo o insuccesso si possono valutare soltanto nel tempo, ma queste sono valutazioni personali.


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Credo di avere spiegato quale fosse la strutturazione del gruppo: queste operazioni non erano soggette a delibere da parte del consiglio d'amministrazione; erano prese d'atto di attività compiute, nella loro autonomia e sulla base delle deleghe organizzative del gruppo STET, dalle varie società.

PRESIDENTE. Quindi, una presa d'atto. Non dico che voi deliberavate e quindi la vostra decisione diventava operativa, ma presa d'atto significa che c'è una funzione di informativa, che diventa di controllo, altrimenti tutto diventa una messa celebrata in fretta perché il prete deve andare altrove. In una situazione del genere, dal punto di vista della responsabilità, un affare di tale rilevanza non avrebbe avuto dignità di approfondimento se non in modo diverso da come è stato?

MAURIZIO PRATO. Io ritengo di no. Non è stato fatto in nessuna delle molte...

PRESIDENTE. Era prassi.

MAURIZIO PRATO. Questo potrebbe significare che i consiglieri sono stati sempre negligenti in tutte le situazioni, ma non è mai stato fatto.

PRESIDENTE. Prendo atto di questo.

MAURIZIO PRATO. Sono state compiute moltissime operazioni in quel periodo e devo dire, per obiettività e serenità, che in termini di contenuto, nel senso di elementi di ordine economico, patrimoniale, strategico, di dati valutativi, l'informativa presentata il 6 giugno era estremamente più esaustiva di tante altre presentate in passato su molte altre operazioni, anche più consistenti.

PRESIDENTE. Il che significa che, se non fosse stata così esaustiva, invece che qualche minuto avreste impiegato qualche secondo! La mia non è ironia. In quel momento c'era la vigilanza del Tesoro nel consiglio d'amministrazione o no?

MAURIZIO PRATO. Tutti i consiglieri erano stati nominati dal Tesoro.

PRESIDENTE. Ciò significa che il denaro pubblico era sotto controllo. Che senso ha questa presenza del Tesoro se tutto poteva essere fatto anche per telefono o dicendo «Signori, dovete approvare il punto 7 o il punto 28»?

MAURIZIO PRATO. Nessuno ha mai detto...

PRESIDENTE. Il paradosso serve a dire che in pochi istanti solo questo poteva essere detto, come nelle barzellette numerate dei pazzi. Non riesco a capire come il denaro pubblico possa essere considerato con tale valutazione negligente, minimale da parte di chi dovrebbe controllarlo. Questo non è uno sfogo, è una considerazione tecnica, politica e morale.
Prego, senatore Consolo.

GIUSEPPE CONSOLO. Dottor Prato, che attività svolge attualmente?

MAURIZIO PRATO. Sono presidente e amministratore delegato della Fintecna, società partecipata al cento per cento dal Ministero dell'economia.

GIUSEPPE CONSOLO. Può indicare la genesi della Fintecna? È l'erede di cosa e di che si occupa?

MAURIZIO PRATO. Fintecna nasce nel 1994 a seguito del fallimento di un progetto industriale che prevedeva la fusione di Italstat con Italimpianti, allo scopo di costituire un gruppo nel settore dell'ingegneria e dell'impiantistica.

GIUSEPPE CONSOLO. Sempre nel settore pubblico.

MAURIZIO PRATO. Assolutamente sì.

GIUSEPPE CONSOLO. Dottor Prato, dico il falso (lo potrei confermare per scienza diretta, ma non è il mio ruolo in questo momento) affermando che lei è


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considerato oggi uno dei maggiori esperti ed una sorta di memoria storica nel settore delle partecipazioni statali?

MAURIZIO PRATO. Se è una considerazione positiva, ringrazio.

GIUSEPPE CONSOLO. Certamente è positiva: la stima che personalmente posso avere per il dottor Prato mi ha indotto a porre questa domanda. Noi non manchiamo mai di rispetto a nessuno, figuriamoci in questo caso!
Dottor Prato, lei oggi - procedo per paradosso - viene nominato amministratore delegato e presidente con pieni poteri dell'Alitalia.

MAURIZIO PRATO. Ho già declinato a suo tempo.

PRESIDENTE. La domanda non è né ingenua né fuori luogo.

GIUSEPPE CONSOLO. Lei viene a sapere di una linea aerea jugoslava della quale, d'accordo con la Olimpic Airways, società greca, lei deve acquistare il 29 per cento, riservando il 20 per cento alla Olimpic Airways. Oggi, 7 aprile 2004, lei che cosa fa?

MAURIZIO PRATO. Svolgo le normali attività di verifica e di analisi per vedere se l'investimento richiesto rientri...

GIUSEPPE CONSOLO. Questo è il merito. Diciamo che lei ha effettuato già tutte queste verifiche ed è assolutamente convinto dell'operazione.

MAURIZIO PRATO. La sottopongo al consiglio d'amministrazione.

GIUSEPPE CONSOLO. È ipotizzabile che lei, oggi amministratore delegato e presidente con pieni poteri dell'Alitalia, investa 900 miliardi di pubblico denaro (mi sembra che l'Alitalia sia ancora posseduta dall'Economia) senza informare il ministro Tremonti?

MAURIZIO PRATO. Non lo so, perché è un fatto di ordine quantitativo.

GIUSEPPE CONSOLO. La prego di non scantonare la mia domanda.

MAURIZIO PRATO. Lei intende io personalmente?

GIUSEPPE CONSOLO. Lei è un manager di chiara fama ed è anche una persona perbene. Lasci stare il resto, perché questa è un'ipotesi scolastica e il presidente ha consentito la mia domanda perché sto procedendo per paradosso.

MAURIZIO PRATO. Personalmente non avrei dubbi, perché per me, nella mia responsabilità di amministratore, è una forma di copertura.

GIUSEPPE CONSOLO. Questo sarebbe il suo modo di procedere. Chiedo al presidente se possa autorizzare gli uffici a mostrare la documentazione giuridica in possesso della Commissione, che ho chiesto di predisporre e che obbliga il dottor Prato, presidente e amministratore delegato di Alitalia, ad informare l'azionista. Possiamo mostrarla?

PRESIDENTE. Dobbiamo.
(La documentazione viene mostrata al dottor Prato).

GIUSEPPE CONSOLO. Vorrei sapere se riconosca la documentazione, le firme e il contenuto.

MAURIZIO PRATO. È la procedura IRI?

PRESIDENTE. Sì.

MAURIZIO PRATO. L'ho firmata io.

GIUSEPPE CONSOLO. Lo so, dottor Prato, ma io non glielo posso dire; è lei che mi deve dire queste cose.


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MAURIZIO PRATO. L'ho portata con me.

PRESIDENTE. Il senatore Consolo è così culturalmente incontinente che ha voluto che lei precedesse l'altra persona convocata per oggi.

MAURIZIO PRATO. Questi sono antecedenti alle partecipazioni statali.

GIUSEPPE CONSOLO. Vanno dall'inizio ad oggi.

MAURIZIO PRATO. Le ho riepilogate e comunque ricordo benissimo che fino al 1992, cioè fino al momento della trasformazione dell'IRI da ente pubblico in Spa, e poi con l'abolizione del Ministero delle partecipazioni statali, c'era un regime procedurale che imponeva all'IRI, e agli altri enti economici di gestione, di porre in essere con le società partecipare un sistema di informativa molto dettagliato.
Con l'abolizione del Ministero, l'IRI comunicò a tutte le società che venivano meno questi adempimenti, perlomeno nella forma particolarmente analitica prevista; confermò, peraltro, con un'altra circolare, che rimaneva in vigore l'obbligo di informazione preventiva per tutta una serie di operazioni, tra le quali c'erano sicuramente la costituzione, l'acquisizione e la dismissione di partecipazioni. Questa circolare fu riveduta e corretta nel 1996 - lo ricordo perché l'ho firmata io - quando venne riconfermata e vennero dati ulteriori elementi di analisi. È rimasta in vigore nel gruppo finché c'è stato l'IRI.

GIUSEPPE CONSOLO. Questa circolare, quando il patrimonio passò al Tesoro e poi cambiò la ragione sociale, passò anche a chi avrebbe acquisito i cespiti dell'ex IRI. Alla luce di quella documentazione che arriva ad oggi, le pongo di nuovo il quesito: non c'è un'opportunità, come lei prima ha sottolineato, ma vi è un obbligo, prescindendo dalla sanzione, di informativa preventiva per l'Alitalia oggi?

MAURIZIO PRATO. L'Alitalia non fa parte dell'IRI, quindi non so. C'era un obbligo di informativa preventiva per le società partecipate dall'IRI.

MAURIZIO EUFEMI. Possiamo acquisire questa circolare?

PRESIDENTE. Certo.
Andiamo al concreto: a giugno 1997 c'era l'obbligo di riferire circa l'operazione Telekom-Serbia?

MAURIZIO PRATO. Non so quali disposizioni abbia emanato il Tesoro dopo il trasferimento della partecipazione dall'IRI al Tesoro stesso. Questa era una richiesta all'interno del gruppo che valeva per le società controllate dall'IRI e la STET il 20 dicembre 1996 è uscita dal gruppo IRI ed è andata al Tesoro. Quali criteri o quali indirizzi abbia dato il Ministero dell'economia per le partecipazioni dirette, io non lo so.

GIUSEPPE CONSOLO. Allora, le pongo la domanda in modo diverso. Le risulta che vi fu una revoca scritta di queste disposizioni che vigevano per l'IRI fino al dicembre 1996, al momento del trapasso dei cespiti dall'IRI al Tesoro?

MAURIZIO PRATO. No.

GIUSEPPE CONSOLO. Prima c'è stato un qui pro quo con il presidente: lei pensava che quando il presidente le chiedeva se fosse possibile che i consiglieri non venissero informati ipotizzasse una negligenza. Non era così. Il presidente si riferiva ad un suo specifico intervento in cui lei puntualmente ha fatto presente (mi riferisco al verbale del 6 giugno 1997) testualmente al dottor Tommasi e al consiglio quanto segue: «considerato che l'operazione di acquisizione è definita in marchi tedeschi, il consigliere Prato chiede se il business plan, e conseguentemente il tasso di rendimento interno dell'iniziativa, sconta il rischio del possibile deprezzamento del rapporto di cambio tra moneta locale e marco tedesco». Questo è uno dei


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punti per cui questa Commissione, oggi possiamo dire cognita causa, ritiene, secondo le risultanze e le testimonianze univoche di tutti, che quell'operazione non si doveva fare.
Quindi, dottor Prato, lei ebbe qualcosa da dire, perché l'amministratore delegato aveva l'obbligo di informare il consiglio d'amministrazione e, infatti, quest'obbligo fu puntualmente assunto in data 6 giugno. Quello che non soddisfa la curiosità giuridica di questa Commissione - alcuni componenti della quale, tra cui chi le parla, sono laureati in giurisprudenza - è la risposta del dottor Tommasi: «precisa infine che la convalida economica dell'investimento in Telekom-Serbia tiene conto del possibile deprezzamento del rapporto di cambio e l'accordo prevede una specifica clausola contrattuale concernente l'adeguamento delle tariffe in valuta locale correlato all'andamento del marco tedesco». La documentazione che abbiamo ci dice esattamente il contrario.

MAURIZIO PRATO. Ho fatto questa notazione perché l'ho riletta sulla stampa, ma non ricordavo di avere svolto questo intervento. Mi pare, sempre in base a ciò che ho letto sulla stampa, che il mio intervento sia scaturito da un intervento del consigliere Izzo.

GIUSEPPE CONSOLO. Esatto. Vede che la memoria torna!

MAURIZIO PRATO. Non è la memoria: l'ho letto.

GIUSEPPE CONSOLO. Il consigliere Izzo non ricordava neanche di essere intervenuto e ha detto che tutto si chiuse in qualche minuto «4 o 5, ma forse 6». Ora noi abbiamo provato solo a leggere la parte riguardante una «modesta» operazione di 900 miliardi di denaro pubblico e ciò ha richiesto 10-15 minuti.
Quando ho letto che lei era presente ed è intervenuto non mi sono meravigliato, perché il consigliere Prato svolge realmente il suo ruolo.
A proposito, chi le comunicò di essere stato nominato nel consiglio della STET?

MAURIZIO PRATO. Il dottor Tedeschi.

GIUSEPPE CONSOLO. Vuole dire alla Commissione che carica aveva il dottor Tedeschi?

MAURIZIO PRATO. Era direttore generale dell'IRI o forse era presidente.

PRESIDENTE. Lei è stato trattato con molto riguardo, perché al povero - chiede lui di essere chiamato tale - professor Izzo fu comunicato da una segretaria, in modo molto veloce.

GIUSEPPE CONSOLO. Il rilievo non è formale, è sostanziale. Il problema non è se la comunicazione fu data materialmente dall'uno o dall'altro, ma ognuno di voi consiglieri rappresentava un ministero. Lei da chi era stato indicato?

MAURIZIO PRATO. Per me c'era una motivazione particolare, nel senso che, con il trasferimento della partecipazione al Tesoro nel dicembre del 1996, tutti i consiglieri avevano ovviamente rassegnato le dimissioni. Il nuovo consiglio d'amministrazione, quando fu costituito a febbraio del 1997, aveva un compito specifico: avviare gli atti propedeutici alla privatizzazione della STET. Credo - perlomeno così mi riferì il dottor Tedeschi - che il Tesoro avesse chiesto all'IRI, come segno di continuità, che l'IRI indicasse una persona.

GIUSEPPE CONSOLO. Quindi era il Tesoro che decideva chi fossero i suoi consiglieri.

MAURIZIO PRATO. Assolutamente sì.

GIUSEPPE CONSOLO. Ne terremo conto nella relazione per quanto riguarda la testimonianza, peraltro inviata alla procura della Repubblica di Roma, del professor Izzo.


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Lei, nella sua lunga carriera di manager, ha mai verificato che sia stata effettuata un'acquisizione per centinaia di miliardi senza una preventiva due diligence?

MAURIZIO PRATO. Direi di no. Due diligence è un termine, per certi versi, abbastanza generico. Non c'è dubbio che quando si acquisisce una partecipazione tutte le analisi di ordine economico, finanziario, patrimoniale, sulle previsioni di sviluppo, sul contesto competitivo, sulle linee strategiche, vanno valutate.

PRESIDENTE. Prego, senatore Eufemi.

MAURIZIO EUFEMI. In primo luogo desidero chiedere al dottor Prato di farci avere la circolare cui ha fatto riferimento.

MAURIZIO PRATO. Senz'altro.

MAURIZIO EUFEMI. Per la prima volta abbiamo sentito parlare di STET International Netherland 1 e 2. Ci può illuminare su questo punto? In particolare credo che sia importante conoscere la distinzione dei ruoli.

MAURIZIO PRATO. Posso consultare qualche carta?

PRESIDENTE. Prego.

MAURIZIO EUFEMI. Vorrei conoscere le funzioni, i ruoli e che tipo di operazioni si facevano, o meno.

MAURIZIO PRATO. Parto da quello che ho citato prima: la STET International, dagli inizi degli anni novanta, cioè perlomeno da quando sono nel consiglio della STET e all'IRI (perché anche all'IRI sono dal 1994), ha sempre avuto questo ruolo di presidio sui mercati internazionali.
Tutte le acquisizioni, tranne quelle che non avessero valenza strategica per il gruppo (tipo AT&T, IBM, eccetera), che erano a livello di capogruppo, venivano compiute dalle società sottostanti. Teniamo presente che in STET c'erano Telecom, Sirti e altre, e che tutte queste società hanno compiuto investimenti di migliaia di miliardi, che però non sono stati portati, come informativa, al consiglio della STET perché ogni società ha un suo settore di intervento e ha una sua autonomia. Comunque, nel 1996 - lo so perché, all'epoca, vi era il regime di informativa all'IRI -, la STET informò l'IRI e si procedette ad un riassetto della partecipazione STET International che prevedeva proprio questo. Innanzitutto, prevedeva l'ingresso nel capitale di STET International della TIM. Il capitale della STET International, all'epoca, era detenuto per il 51 per cento dalla STET e per il 49 per cento dalla Telecom. E proprio perché ormai sui mercati il mobile e il fisso erano abbinati, fu ritenuto opportuno dal management della STET far entrare nel capitale della STET International anche la TIM. Poi, proprio per il diverso modo di porsi, in diversi sistemi tecnologici, della telefonia fissa e della telefonia mobile, sotto STET International - è del 1996 la prima revisione riorganizzativa che ha ancor di più focalizzato chi doveva fare e che cosa - furono costituite due società, o meglio fu costituita la seconda società, perché la prima, la STET International Netherland, era già presente nella prima SIN. Ed è interessante, a mio avviso, proprio per capire quali fossero le competenze, vedere come si sono atteggiate le partecipazioni nelle due SIN.
Nella SIN1, quella che aveva il compito di presiedere, di fare gli interventi nella telefonia fissa, il 51 per cento era per la STET International e il 49 per cento per la Telecom, cioè la telefonia fissa. Nella SIN2, che doveva presidiare il mobile, la partecipazione era del 51 per cento per la STET International e del 49 per cento per la TIM.
Questa era la struttura organizzativa del gruppo incaricato sull'estero.

PRESIDENTE. Si fermi qui.

MAURIZIO EUFEMI. C'è un punto sul quale noi abbiamo bisogno di un chiarimento, che credo essenziale, data la sua


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lunga esperienza. Come sono stati conferiti i poteri in quel famoso consiglio di amministrazione (perché eravate tutti nominati dal Tesoro, giusto?)? Quindi, lei ha ricevuto la relativa comunicazione da Tedesco, ma gli altri l'hanno ricevuta da una segretaria. Però, ci sarà stato qualcuno che avrà detto: da oggi i poteri dell'amministratore delegato sono questi?

MAURIZIO PRATO. Ho ricevuto la comunicazione dal dottor Tedesco prima, e poi c'è stata l'assemblea e quindi l'ho appresa dall'assemblea. Nel nuovo consiglio di amministrazione, il consiglio post assemblea del febbraio 1997, non ricordo adesso chi abbia fatto le proposte per i poteri (non ho il verbale).

GIUSEPPE CONSOLO. Va bene, un rappresentante del Tesoro.

MAURIZIO PRATO. Comunque, l'ha fatto un rappresentante del Tesoro.

MAURIZIO EUFEMI. Una persona deve aver fatto la comunicazione «in nome di» e «per conto di», o no?

MAURIZIO PRATO. Sicuramente. Ha elencato i nuovi poteri del presidente, e le materie riservate al consiglio. Non vorrei essere stato io, ma non ricordo. Non mi pare proprio che me l'abbiano detto.

GIUSEPPE CONSOLO. Comunque fu il ministero. È questo che vuole sapere il collega.

MAURIZIO EUFEMI. È questo che voglio dire, ci deve essere qualcuno che dà comunicazione.

PRESIDENTE. È l'azionista.

MAURIZIO EUFEMI. Altrimenti, non è che ci si poteva alzare e dire: da oggi ho tutti i poteri. Non era così.

MAURIZIO PRATO. Sicuramente, il Ministero dell'economia, perché era l'azionista.

MAURIZIO EUFEMI. Non siamo ancora al Ministero dell'economia, ma a quello del tesoro, poiché siamo in un periodo precedente la riforma Bassanini.
Avrei un'altra questione da sottoporle. Lei prima ha parlato di STET International, società di secondo livello, credo.

MAURIZIO PRATO. Sì.

MAURIZIO EUFEMI. Una società di secondo livello non fa operazioni autonome. Naturalmente c'è una direttiva da parte della società di comando della holding, della società di riferimento, che stabilisce quali siano le operazioni da compiere.

MAURIZIO PRATO. Devo ritenere che questo avvenga nell'ambito del normale rapporto tra il management della capogruppo e il management delle controllate. Normalmente, nei gruppi avviene così. Credo che le società, anche quelle importanti, debbano normalmente - così è l'uso - concertare le principali operazioni con il capo, con l'azienda madre. Non c'è dubbio.

MAURIZIO EUFEMI. Ho chiesto questo chiarimento perché abbiamo visto che poi il sistema di pagamento è stato operato per intero con la società di secondo livello.

MAURIZIO PRATO. Da quanto ho letto anch'io, l'operazione è stata fatta dalla società di secondo livello.

MAURIZIO EUFEMI. Appunto, e quindi voglio dire che l'amministratore delegato, il presidente di STET International, non poteva stabilire di compiere questa operazione da 900 miliardi autonomamente, se non c'era l'azienda madre che gli diceva: devi fare questo tipo di operazione.

GIUSEPPE CONSOLO. Esatto.

MAURIZIO PRATO. Torniamo alla posizione di prima. Personalmente, fossi io il responsabile di un gruppo, per le norme


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che regolano i rapporti (c'è un mandato di fiducia con gli amministratori delle società controllate), che si basano su certi criteri, sicuramente, quale amministratore delegato della STET avrei stabilito - ritengo - di essere preventivamente informato su operazioni di questo tipo.

MAURIZIO EUFEMI. Vi è stato, altresì, il problema della provvista. Secondo lei la STET International Netherland poteva rifiutarsi di procedere nell'operazione?

MAURIZIO PRATO. Come avrebbe potuto fare, se l'aveva deliberata?

MAURIZIO EUFEMI. Mi riferisco, in particolare ai mezzi di provvista.

MAURIZIO PRATO. Non so chi abbia fornito i mezzi di provvista.

MAURIZIO EUFEMI. I mezzi di provvista sono stati forniti da STET International Netherland.

MAURIZIO PRATO. Da STET International?

MAURIZIO EUFEMI. Certamente.

MAURIZIO PRATO. Evidentemente aveva le risorse finanziarie per farlo.

MAURIZIO EUFEMI. Dovendo operare sull'estero, era lei che doveva operare, o no?

MAURIZIO PRATO. Certo.

MAURIZIO EUFEMI. Quindi, la SIN, rispetto a una disposizione della casa madre non poteva opporre un rifiuto. Questo è ciò che voglio dire.

MAURIZIO PRATO. Non so se si parli in termini di rifiuto o di obbedienza. Secondo me, bisogna sempre rientrare in quelle che sono le autonomie.

GIUSEPPE CONSOLO. Dottor Prato, pensi alle date. Il senatore Eufemi le dice una cosa del 6, e la SIN ha deliberato dopo. Quindi la domanda del senatore è più che pertinente.

MAURIZIO PRATO. Veramente, se non ho letto male sulla stampa, la SIN aveva deliberato prima.

PRESIDENTE. Sì, è così.

GIUSEPPE CONSOLO. Formalmente.

MAURIZIO PRATO. Adesso non sono in grado di dire se sia stato prodotto un falso.

PRESIDENTE. Precedeva, per tempo, la deliberazione del giorno 9.

MAURIZIO PRATO. Era la società competente, e STET International avrà deliberato anch'essa, come credo anche Telecom, perché partecipava. Vi è una cosa molto importante da dire, secondo me - non penso di modificare gli orientamenti della Commissione -: quello che può stupire molto è come queste società controllate potessero procedere con una certa autonomia. Però, teniamo presente che in queste società era rappresentato il meglio delle conoscenze e delle competenze, sotto un profilo tecnologico, di finanza e di pianificazione, di tutto il gruppo STET.

PRESIDENTE. È quello che stupisce anche noi.

MAURIZIO PRATO. Credo che la Commissione avrà avuto modo di vedere com'era composta STET International e altro.

PRESIDENTE. Come dicevo, stupisce anche noi. Prego onorevole Nan.

ENRICO NAN. Dottor Prato, tutti gli aspetti sono stati toccati. Ne resta uno. Non so se lei ci possa dare qualche informazione per quanto riguarda i rapporti con l'OTE. In questa operazione ci fu anche un'acquisizione da parte dell'OTE.


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MAURIZIO PRATO. Dei greci? È citato nella norma.

ENRICO NAN. Lei ha memoria di questi rapporti?

MAURIZIO PRATO. Assolutamente, no.

ENRICO NAN. Ci può dire almeno se in operazioni di questo tipo fosse normale attribuire una mediazione per quanto riguarda i rapporti di acquisizione?

MAURIZIO PRATO. Nelle transazioni internazionali spesso accade. Non sono a conoscenza se in tutte le altre operazioni che sono state fatte...

PRESIDENTE. Scusi se la interrompo. Abbiamo il dovere di informarla che coloro i quali avevano responsabilità apicali ci hanno detto che la mediazione era una prassi esclusa.

MAURIZIO PRATO. Bisogna considerare, allora, il termine mediazione.

ENRICO NAN. Mediazione vuol dire una percentuale. Qui si parla di 30 miliardi di mediazione.

GIUSEPPE CONSOLO. L'onorevole Nan non sta parlando di «robetta».

ENRICO NAN. Le chiedo se, sulla base della sua esperienza, le risulti.

PRESIDENTE. Il regalo della cravatta di Marinella posso capirlo, ma 30 miliardi...

ENRICO NAN. Si tratta di 30 miliardi per avere messo in contatto due persone. Perché poi non è una mediazione che comprende un'attività da professionista. Qui sono andati a caccia una volta e hanno organizzato un incontro.

MAURIZIO PRATO. Devo dire che nelle precedenti operazioni di questo tipo, operazioni importanti su mercati anche abbastanza difficili - cito Cuba, piuttosto che il Cile o la Bolivia - non è mai risultato agli atti, come peraltro non risultava neanche nell'informativa. Quindi, non sono in grado di dire se poi nell'attività gestionale siano stati corrisposti o non siano stati corrisposti.

ENRICO NAN. Comunque, non le risulta che nel passato fosse una prassi?

MAURIZIO PRATO. Non mi risulta.

PRESIDENTE. Scusi la domanda banale, ma lo è volutamente. Se ci fosse stata un'asta pubblica, la mediazione sarebbe stata inutile, imprevista, imprevedibile?

MAURIZIO PRATO. Ritengo di sì.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Vito.

ALFREDO VITO. Vorrei capire meglio come nasca a fianco della STET International Netherland...

PRESIDENTE. Scusate, informo i senatori che per la prossima audizione avrete la precedenza perché dovete raggiungere il Senato. Poi ci saranno le domande dei colleghi deputati che, a cominciare dalle mie, saranno poste dopo le vostre. Prego, onorevole Vito.

ALFREDO VITO. Lei ci ha parlato di Telecom e poi di TIM. Vorrei capire, siccome le acquisizioni venivano fatte sulla telefonia fissa e vi era anche il problema della telefonia mobile che in quel periodo si è andato sviluppando un po' ovunque, perché c'erano queste due società? Per esempio, è stata acquistata Telekom-Serbia, è intervenuta la STET International Netherland con Telecom poi, però, i lavori di telefonia mobile sono stati fatti dalla TIM. Qual era il motivo per cui si sono create due società? Vorrei capirne la ratio.

PRESIDENTE. Lei parla dei motivi della diversificazione.

MAURIZIO PRATO. Le motivazioni che sono state date quando è stata fatta questa


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ristrutturazione erano che spesso c'erano gare per avere la licenza per la telefonia fissa e per la telefonia mobile. Allora, laddove le gare, oppure le offerte, le ipotesi di partnership, su questi mercati comprendessero insieme telefonia fissa e mobile, sostanzialmente era la STET International che unificava le due competenze. Laddove, invece, ci fossero gare o interessi separati, solo per la telefonia mobile o per la telefonia fissa, non aveva senso che andassero insieme le competenze TIM con quelle Telecom. Questa è stata un po' la logica.

ALFREDO VITO. In tutti gli anni novanta sono state fatte acquisizioni anche nel settore della rete mobile, dalla TIM. I lavori che bisognava compiere nei vari paesi nei quali era necessario organizzare la rete, perché molte volte questa non esisteva, li faceva la TIM direttamente o attraverso imprese?

MAURIZIO PRATO. Non credo. Sicuramente, quando si va su questi mercati vi sono delle difficoltà. Lei può portare delle conoscenze tecnologiche, di processo, il know-how, ma è difficile portarsi al seguito le strutture per eseguire i lavori.
La linea della STET era quella di presentarsi come un'offerta globale che in alcuni casi poteva comprendere la parte impiantistica, che era la Sirti, o la parte manifatturiera dell'Italtel. Quindi, vi era il discorso di prendere sul mercato tutti i ritorni possibili per le varie aziende del gruppo.

ALFREDO VITO. Secondo le carte che abbiamo a disposizione, la TIM aveva costituito una piattaforma mobile - c'era soprattutto un certo ingegner Cristofori che si occupava di queste situazioni - che, in effetti, una sola società riusciva a emulare, per cui riusciva a lavorare su quella piattaforma mobile, ed era la Eriksson. Le risulta che a seguito di questo fatto sia stata la Eriksson a lavorare in tutto il mondo per conto della TIM quando sono stati fatti i lavori di telefonia mobile?

MAURIZIO PRATO. Non ne sono a conoscenza. Non sono in grado di dire se sì o no.

PRESIDENTE. Abbiamo concluso, la ringraziamo. Buona Pasqua.

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