Seduta del 13/11/2003


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ENZO TRANTINO

La seduta comincia alle 14,05.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Comunicazioni del presidente.

PRESIDENTE. Comunico che sono stati acquisiti dalla Commissione i seguenti atti e documenti:
una lettera del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Torino, dottor Marcello Maddalena, acquisita agli atti in data 12 novembre 2003, concernente richiesta di atti e recante in allegato copia del verbale della deposizione del dottor Guido Nicolò Longo del 9 ottobre 2003; la copia del citato verbale di deposizione è classificata segreta;
una lettera del procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Torino, dottor Bruno Tinti, acquisita agli atti in data 12 novembre 2003, con la quale si richiede copia del resoconto stenografico, classificato segreto, dell'audizione della dottoressa Barborini, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma, svoltasi il 12 febbraio 2003;
una lettera degli avvocati Cesare Zaccone e Marcello Melandri, difensori di fiducia del dottor Tomaso Tommasi di Vignano, acquisita agli atti in data 12 novembre 2003, con allegata copia del ricorso in Cassazione e dell'istanza di sollecita fissazione dell'udienza, nella quale si informa che l'eventuale accoglimento del ricorso «determinerà la conclusione delle indagini e la conseguente rimozione dell'ostacolo che si frappone alla disponibilità del dottor Tommasi a rispondere alla onorevole Commissione»; la copia del citato ricorso in Cassazione è classificata riservata;
un documento elaborato dai consulenti Salvatore Sbrizzi, Rosario Di Legami e Antonio Bello, acquisito agli atti in data 12 novembre 2003, contenente osservazioni in materia di legislazione notarile italiana e olandese; tale documento è atto libero;
una lettera del ministro degli affari esteri, onorevole Franco Frattini, pervenuta il 13 novembre 2003, concernente aggiornamenti sull'iter delle rogatorie della Commissione, in cui sono illustrati i passi che sono stati compiuti e certi movimenti esistenti all'interno di certe cancellerie, in modo che ognuno di noi possa conoscere lo stato degli atti.

Sui lavori della Commissione.

ACCURSIO MONTALBANO. Chiedo di intervenire sui lavori della Commissione.

PRESIDENTE. Prego, senatore Montalbano.

ACCURSIO MONTALBANO. Presidente, chiedo se l'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, abbia già stabilito di richiedere alla procura della Repubblica di Torino copia dell'interrogatorio, svoltosi a Bangkok, dei signori Romanazzi, Ciappa e De Simone in esecuzione della rogatoria di quella procura.


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PRESIDENTE. Faccio presente che tale richiesta non è stata ancora deliberata dalla Commissione e che opportunamente il senatore Montalbano potrà proporla nella seduta del prossimo 26 novembre destinata a delineare la futura attività istruttoria della Commissione, compito che peraltro compete non all'ufficio di presidenza ma alla Commissione plenaria.

Seguito dell'audizione del signor Antonio Volpe.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione del signor Volpe, che è stata rinviata, da ultimo, il 29 ottobre 2003.
Dottor Volpe, l'avverto che lei ha la facoltà di farsi assistere da un difensore, in quanto imputato o indagato per reato connesso, ed ha inoltre la facoltà di non rispondere alle domande ove esse venissero rivolte.
Risultano ancora iscritti a parlare i seguenti commissari: il senatore Paolo Brutti (che deve completare le proprie domande), l'onorevole Taormina, l'onorevole Tanoni, il senatore Montalbano, l'onorevole Fanfani, l'onorevole Minniti, il senatore Petrini, il senatore Forlani, l'onorevole Zanotti ed il senatore Bonavita.
Do la parola al senatore Paolo Brutti.

PAOLO BRUTTI. La precedente seduta si è conclusa con una discussione procedurale complicata. Per riprendere le fila del discorso, lei conferma che quando le fu mostrato l'anonimo pervenuto all'onorevole Vito, nel quale si parlava di Finbroker e così via, lei dichiarò al magistrato di averlo ricevuto con le lacerazioni e con le cancellazioni, diciamo così, dell'intestazione del fax?

ANTONIO VOLPE. Lo confermo.

PAOLO BRUTTI. Abbiamo chiesto molte cose, ma vorrei che lei ci confermasse due questioni. Lei ha dichiarato di essere un militante della Casa delle libertà.

ANTONIO VOLPE. No.

PRESIDENTE. Mi scusi, ma dobbiamo essere «storicizzanti». Occorre riformulare la domanda, perché così è inammissibile: lei si riconosce in qualche area politica?

PAOLO BRUTTI. In realtà qui si tratta di una lettera...

PRESIDENTE. Le cose stanno così: un cosiddetto comitato di cittadini sollecitò la sua candidatura in una delle liste della Casa delle libertà, senza che il dottor Volpe avesse aderito o ne fosse a conoscenza. Questo non significa riconoscersi in un'area politica. Facciamolo dire a lui.

ANTONIO VOLPE. Confermo quanto ha detto il presidente.

PRESIDENTE. Deve dirlo lei. Io sto confermando quello che ha detto lei.

ANTONIO VOLPE. Esattamente.

CARLO TAORMINA. Signor presidente, secondo me questa domanda è inammissibile. Ricordo un episodio in cui un imputato difeso da Giuliano Vassalli fu interrogato dal presidente della corte che gli chiese se era a favore o contro le Brigate rosse; il presidente fu rimbrottato da Vassalli, che disse che si trattava di interna corporis su cui nessuno, davanti a nessuno, può essere richiesto delle proprie convinzioni.
Credo che qui si tratti di essere militanti o non essere militanti: ci manca solo che ci metta le Brigate rosse, dopo di che abbiamo chiuso il capitolo. Pertanto, ritengo che la domanda sia inammissibile.

PAOLO BRUTTI. Qui non si tratta di conoscere le opinioni politiche del dottor Volpe. Io chiedo al dottor Volpe se conferma che nella lettera da lui inviata all'avvocato Taormina - che qui abbiamo sentito un attimo fa - ci sia scritto esattamente che lui è un aderente alla Casa delle libertà.


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ANTONIO VOLPE. No, non c'è scritto questo. C'è scritto che quel comitato cittadino mi aveva proposto per la Casa delle libertà. E che io sia simpatizzante di uno o dell'altro... Comunque, non appartengo a nessuno schieramento.

PAOLO BRUTTI. No, questo non c'entra. Lei non ha scritto di essere simpatizzante e di essere perseguitato a causa di questo fatto?

ANTONIO VOLPE. Che io abbia delle idee personali...

PRESIDENTE. Lei non è tenuto a rispondere sulle sue idee politiche.

PAOLO BRUTTI. Vorrei solo sapere se in questa lettera abbia scritto o meno queste due cose, vale a dire di essere un simpatizzante della Casa delle libertà e di subire una certa persecuzione da ambienti giornalistici a causa di questa sua opinione politica.

ANTONIO VOLPE. Io sono diventato simpatizzante della Casa delle libertà, comunque, se lo vuole sapere.

PAOLO BRUTTI. Vorrei sapere un'altra cosa. Lei è vicepresidente della LUF?

ANTONIO VOLPE. No, lo sono stato quindici anni fa.

PAOLO BRUTTI. Cos'è la LUF?

ANTONIO VOLPE. Lega universale dei framassoni. Non è una loggia, come è stato impropriamente scritto.

PAOLO BRUTTI. Non ha collegamenti con la massoneria?

ANTONIO VOLPE. No. Si ispira a principi massonici, ma non ha collegamenti con nessuna loggia della massoneria.

PAOLO BRUTTI. Chi era il presidente di quest'associazione?

ANTONIO VOLPE. All'epoca era Mario Mortera.

PAOLO BRUTTI. Lo stesso nella casa del quale si dice che Romanazzi abbia confessato a padre Loche la necessità di dargli il dossier che poi ha ricevuto lei.

ANTONIO VOLPE. Non credo che sia stato nella casa del professor Mortera.

PRESIDENTE, Senatore, quando si indicano queste circostanze, al fine di agevolare il ricordo della persona che risponde, bisogna citare anche la fonte.

PAOLO BRUTTI. Certo.
Dottor Volpe, se non ho capito male, lei ad un certo punto ricostruisce, sulla base della sua conoscenza della questione pay order, IOR e così via, in particolare la vicenda del self keeping, sostanzialmente dell'esistenza del rubino, che è la cosa sulla quale mi sembra che lei stesso affermi ci possa essere una maggior solidità del punto di partenza (mentre per altre - la garanzia della Banca indonesiana- non è certo che fosse così, almeno per quanto riguarda il rubino le è stato detto che quella era una cosa solida). Quando lei ricostruisce dice che mediante queste garanzie, mediante l'esistenza del rubino, e un contratto dell'avvocato Paoletti, siglato sotto il titolo di rappresentante legale della Compagnia di Gesù, titolo che poi si rivelerà falso... È così? Lei su questo ha svolto un'indagine, se non sbaglio.

ANTONIO VOLPE. Sì.

PAOLO BRUTTI. Ed ha scoperto che quel titolo era falso.

ANTONIO VOLPE. Così mi hanno detto persone qualificate.

PAOLO BRUTTI. Mediante questo contratto si voleva costituire presso lo IOR un deposito fondi, chiamiamolo così, che lo IOR avrebbe investito... È giusto quanto sto dicendo?


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ANTONIO VOLPE. Più o meno.

PAOLO BRUTTI. Più o meno. ...in operazioni finanziarie che lei definisce con un contorno non del tutto chiaro, perché si tratterebbe di acquistare, da parte dello IOR, titoli che già si sa a quale prezzo saranno rivenduti. Lei fa anche degli esempi.

ANTONIO VOLPE. No, lei sta facendo un collage di cose diverse, sta facendo un po' di confusione.

PAOLO BRUTTI. Ci spieghi lei come ha ricostruito la vicenda.

ANTONIO VOLPE. Io le posso riferire quello che c'era scritto nel contratto, perché l'ho visto, l'ho letto insieme alle persone a cui mi sono rivolto per sapere, appunto, se quella procura data all'avvocato Paoletti fosse vera o meno. Nel contratto c'era scritto che questo titolo veniva fornito a garanzia di un conto corrente nella disponibilità dello IOR, mi pare presso la Cassa di risparmio di San Marino, per ottenere una linea di credito che sarebbe servita ad un utilizzo finanziario che la banca stessa avrebbe fatto.

PAOLO BRUTTI. Quindi i pay orders sarebbero stati il versamento sulla Cassa di San Marino del ricavato di questa transazione finanziaria.

ANTONIO VOLPE. No, è sbagliato anche questo. I pay orders erano indirizzati ad una banca inglese; quindi, secondo il contratto, doveva essere la Banca di San Marino a versare sulla banca inglese, mi pare fosse la Barclay's. Vado a memoria, perché non ho il documento.

PAOLO BRUTTI. A parte la destinazione, i pay orders riguarderebbero i risultati finanziari delle transazioni che la banca avrebbe fatto con il denaro ottenuto.

ANTONIO VOLPE. Esattamente.

PAOLO BRUTTI. Lei poi dice che esistono studi professionali in Italia che sono in certi circuiti: alcuni fondi pensionistici hanno dato già ordine di acquistare ad una certa cifra determinati titoli; sapendo questo, si possono acquistare prima sul mercato gli stessi titoli e poi venderli al fondo previdenziale, realizzando ingentissimi guadagni.

ANTONIO VOLPE. Ingentissimi, no.

PAOLO BRUTTI. Ingenti.

ANTONIO VOLPE. Potrebbe essere.

PAOLO BRUTTI. Lo IOR sarebbe stato dentro questi meccanismi.

ANTONIO VOLPE. Non credo.

PAOLO BRUTTI. Come faceva allora a fare le transazioni finanziarie?

ANTONIO VOLPE. Non credo. Lo IOR non poteva fare questo tipo di operazione, perché si tratta di un'operazione che di solito fanno la banca o dei delegati della banca. Sicuramente comunque l'ambiente bancario.

PAOLO BRUTTI. Lo IOR aveva una sezione riservata per fare questo?

ANTONIO VOLPE. Questo non lo so.

PAOLO BRUTTI. Che magari aveva sede all'hotel Columbus?

ANTONIO VOLPE. No.

PAOLO BRUTTI. Lei non è mai stato lì?

ANTONIO VOLPE. Io conosco l'hotel Columbus, però non sono mai stato...

PAOLO BRUTTI. Lì c'è una sede riservata dello IOR che tratta questi affari speciali?


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ANTONIO VOLPE. Non lo so. Non mi faccia dire cose che non so.

PRESIDENTE. Lei può dire tre cose: «lo so», «non lo so» o «non intendo rispondere». Non deve dire per forza una cosa.

ANTONIO VOLPE. In questo caso, la risposta è: non lo so.

PAOLO BRUTTI. Se dunque i pay orders di cui si fa menzione fossero stati falsi, tutta questa operazione non esisterebbe. Lei li ha visti; non ha avuto mai il sospetto che fossero falsi?

ANTONIO VOLPE. Io ho visto la copia che mi ha fatto vedere Romanazzi all'epoca, ma poi non ho più avuto...

PAOLO BRUTTI. Le sono sembrati buoni, diciamo così.

ANTONIO VOLPE. Mah, sono operazioni in ordine alle quali non si può mai dire se siano vere o false. Bisognerebbe essere dentro...

PAOLO BRUTTI. Sono borderline.

ANTONIO VOLPE. Borderline, diciamo così.

PAOLO BRUTTI. Mi perdoni se ora le chiedo una valutazione, ma la tangente Telekom-Serbia con questa vicenda cosa c'entrerebbe?

ANTONIO VOLPE. Così, a prima vista, assolutamente niente.

PAOLO BRUTTI. Però lei ha voluto portare un documento che sapeva che conteneva queste cose.

ANTONIO VOLPE. No.

PAOLO BRUTTI. In Commissione Telekom-Serbia.

ANTONIO VOLPE. No. Quando sono stato contattato da Romanazzi, egli mi ha detto che nel plico che aveva consegnato a monsignor Loche c'erano dei documenti relativi alla questione Telekom-Serbia, che io però non ho mai visto. Dovreste averli visti voi. Spero che li abbiate esaminati.

PAOLO BRUTTI. Solamente questa è la questione?

ANTONIO VOLPE. Sì.

PAOLO BRUTTI. Però fanno riferimento a questi fatti, secondo quanto lei diceva, perché erano queste le transazioni di cui si parlava. Romanazzi era preoccupato...

ANTONIO VOLPE. Quando parlai di questo fatto con Romanazzi non si accennò assolutamente a Telekom-Serbia; non si poteva neanche immaginare che fosse una cosa che poteva essere collegata con questa Commissione. Solo dopo l'audizione di Marini, quando parlò di quei pay orders con quei nomi e quelle circostanze, allora sì, allora mi chiamò; Romanazzi andò via e poi mi fece consegnare questo plico.

PAOLO BRUTTI. In ogni caso, anche con l'audizione di Marini, se i pay orders sono falsi, cade tutta la vicenda.

ANTONIO VOLPE. Certo.

PAOLO BRUTTI. Lei conosce il conte Umberto Verecondi Scortecci?

ANTONIO VOLPE. Sì, l'ho conosciuto.

PAOLO BRUTTI. Per cortesia, ci dice chi è?

ANTONIO VOLPE. Io l'ho incontrato a Montecarlo. Era funzionario di una banca.

PAOLO BRUTTI. Per caso della Merrill Lynch?

ANTONIO VOLPE. Sì.


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PAOLO BRUTTI. In quella banca si doveva realizzare una sorta di operazione di creazione di evidenza fondi? Lei l'ha conosciuto in questa circostanza?

ANTONIO VOLPE. No, io l'ho conosciuto quando stava per lasciare la banca, probabilmente era ai limiti della pensione e voleva avere un mandato dalla fondazione per dare una sede alla fondazione presso il Principato.

PAOLO BRUTTI. Lei questa conoscenza l'ha avuta tramite il signor Deiana?

ANTONIO VOLPE. No, non me lo ha presentato lui.

PAOLO BRUTTI. Non è questa la trafila?

ANTONIO VOLPE. No, non ricordo neanche come l'ho conosciuto.

PAOLO BRUTTI. Io glielo posso dire, perché lei in quella occasione sottoscrisse un contratto di garanzia di 35 milioni di dollari.

ANTONIO VOLPE. No, mai.

PAOLO BRUTTI. Non esiste questo contratto?

ANTONIO VOLPE. Non ho mai sottoscritto una cosa del genere. È una cosa inventata. Se lei mi fa vedere il contratto sottoscritto!

PAOLO BRUTTI. Se vuole e se il presidente richiederà gli atti relativi al procuratore della Repubblica che sta seguendo o ha seguito l'indagine.

ANTONIO VOLPE. Benissimo: non c'è nessuna firma. Fu una cosa preparata - di cui io sono venuto a conoscenza dopo - dal dottor Scortecci con il mio nome, senza la mia autorizzazione e senza che io avessi mai parlato con lui di quel fatto.

PAOLO BRUTTI. Quindi lei dice che non l'ha firmato.

ANTONIO VOLPE. Mai. L'ho saputo dopo.

PRESIDENTE. Quindi si tratta di una bozza?

ANTONIO VOLPE. Esatto.

Sull'ordine dei lavori.

GIUSEPPE CONSOLO. Chiedo di intervenire sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Prego, senatore Consolo.

GIUSEPPE CONSOLO. Signor presidente, non sono intervenuto prima perché qualcuno, in via malevola, avrebbe potuto pensare che si temessero le risposte del dottor Volpe, però mi chiedo e chiedo a lei che dirige questa Commissione quale sia la differenza tra il dottor Volpe, imputato di un reato connesso, e il dottor Tommasi, indagato di un reato connesso. Perché tutte queste domande possono essere rivolte al dottor Volpe e non al dottor Tommasi? Qualcuno mi potrebbe dire: perché il dottor Tommasi voleva avvalersi della facoltà di non rispondere e il dottor Volpe no, ma il dottor Tommasi aveva cominciato a rispondere ad alcune domande, però c'è stata una sollevazione di scudi.
Non sono intervenuto prima perché il senatore Brutti poteva pensare, anche nella più perfetta buona fede, che qualcuno temesse le risposte del dottor Volpe, però dal punto di vista del metodo credo che il problema vada affrontato. Non capisco perché l'onorevole Taormina ieri ha formulato delle domande e la sinistra (il senatore Zancan, il presidente Calvi, il senatore Petrini, il senatore Lauria) è intervenuta impedendo al dottor Tommasi, che su alcune cose voleva rispondere, di dare risposta.


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ACCURSIO MONTALBANO. Non può dire «impedendo»!

PRESIDENTE. Ha chiesto a me un chiarimento e non a voi.

GIUSEPPE CONSOLO. A chi se non a lei che dirige il dibattito devo chiedere i chiarimenti?

PRESIDENTE. Sull'ordine dei lavori ho il potere di interrompere: una volta per tutte capite che la procedura non è elastica. Ieri l'onorevole Fanfani ha chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori in corso di domande: su questo sarò custode vigile del regolamento nei confronti di chiunque farà richiesta di intervento sull'ordine dei lavori.

GIUSEPPE CONSOLO. La procedura non è una sorta di orizzonte di Kierkegaard che cambia ad ogni passo, ma dovrebbe essere la stessa rigidamente applicabile per tutti. Ed io, presidente, le chiedo come sia possibile un atteggiamento difforme da parte degli stessi parlamentari che ieri sostenevano una tesi completamente diversa.

PRESIDENTE. Le dico subito che l'atteggiamento dei colleghi parlamentari fino a questo momento è stato legittimo, nel senso che il dottor Volpe potrebbe avvalersi della facoltà di non rispondere e dichiarare - così come è stato dichiarato ieri - che intende utilizzare questa facoltà anche per le domande successive.
Devo dire che ho trovato dei «soloni» della VI giornata, i quali hanno inventato nuove forme di procedura che non sono quelle del conflitto compatibile per opinione differente, poiché qualcuno si è permesso di dire - e di questo renderà conto alla sua correttezza - che non era «corretto», non che era opinabile, ammettere o non ammettere determinate cose.
Non mi faccio forte della ritorsione dicendo «lo avete voluto», perché sono legato, per coerenza, alla mia impostazione: ove il dottor Volpe intendesse avvalersi della facoltà di non rispondere, egli non solo potrebbe avvalersene, ma se lo dichiarasse in via programmatica, dovrebbe valere il principio - che sottoporrò poi alla vostra considerazione - che non si può procedere oltre in quella direzione.
Come sapete, la mia opinione è diversa, ma questo conta poco perché quando si deve stabilire un principio, il presidente non ha poteri autoritativi tali per cui il suo orientamento diventa dogma; esso diventa soltanto un contributo, che può anche essere errato, ma che comunque si deve misurare con la valenza degli argomenti contrari.
Allora, il dottor Volpe sa che, fino a quando egli non si avvarrà della facoltà di non rispondere, è tenuto a dire un sì o un no. E fino a questo momento il dottor Volpe non ha chiesto di utilizzare questa sua facoltà, per cui la domanda è legittima.

Si riprende l'audizione.

PRESIDENTE. Riprendiamo l'audizione del dottor Volpe.

PAOLO BRUTTI. Questa interruzione ha permesso a tutti quanti di riflettere meglio: a me, ma anche al dottor Volpe. Non so se le cose vadano bene così.

CARLO TAORMINA. È un'insinuazione.

PRESIDENTE. Cosa vuol dire? Ieri andavano bene? Cosa è successo oggi?

PAOLO BRUTTI. Se il dottor Volpe risponde, per me va benissimo, però rispondere a domande, poi interrompere e fare altro non è la condizione migliore.
Dunque: si tentò di costituire un'evidenza fondi o comunque una linea di credito presso la Marrill Lynch da parte di Scortecci insieme a Deiana.

ANTONIO VOLPE. No. Cosa c'entra Deiana con questo?


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PAOLO BRUTTI. Lo faccia dire a me; non le chiedo una conferma di questo fatto. A lei fu intestato un contratto con il quale doveva sottoscrivere una garanzia; avrebbe dovuto vedere se trovava i soldi a far aggio sui Caschi bianchi.

ANTONIO VOLPE. No, non è vero neanche questo. Lei si riferisce ad un documento, del quale io non ero a conoscenza quando è stato preparato, una bozza di documento mai sottoscritta e mai vista da me. Ne sono venuto a conoscenza soltanto successivamente, perché me lo ha detto una persona.

PAOLO BRUTTI. Chi glielo ha detto?

ANTONIO VOLPE. Me lo ha detto una persona.

PAOLO BRUTTI. Avrà un nome e un cognome.

ANTONIO VOLPE. Se ricordo il nome glielo dico, non c'è problema.

PAOLO BRUTTI. In questo momento non ricorda il nome.

ANTONIO VOLPE. Mi è stato detto in una fase successiva che era stato preparato il documento del quale - ripeto - io non ero a conoscenza.

PRESIDENTE. Il «non ricordo» vale anche per il teste sotto giuramento.

ANTONIO VOLPE. Certo, se lo ricordo glielo dico senz'altro.

PAOLO BRUTTI. Lei non ha riscontrato in questa vicenda qualche somiglianza con la questione della linea di credito presso lo IOR?

ANTONIO VOLPE. Questa non è una vicenda che mi riguarda. È stata preparata a mia insaputa.

PAOLO BRUTTI. Non le è parso strano essere stato messo come intestatario di un documento di cui non sapeva niente?

ANTONIO VOLPE. Non sono intestatario di un documento, perché deve dire una cosa che non è?

PAOLO BRUTTI. Lei non era nominato in quel documento?

ANTONIO VOLPE. Certamente. E se io preparassi un documento del genere con il suo nome e poi fra due o tre anni le chiedessero la stessa cosa?

PAOLO BRUTTI. E questa cosa l'ha lasciato tranquillo? Non è andato ad investigare?

ANTONIO VOLPE. No, gli ho revocato l'incarico che gli avevo dato.

PAOLO BRUTTI. A chi aveva dato questo incarico?

ANTONIO VOLPE. Avevo dato al dottor Verecondi Scorteccia l'incarico di rappresentare la fondazione presso Montecarlo. Quando sono venuto a sapere di questo l'ho pregato di dare le dimissioni.

PAOLO BRUTTI. Lei aveva dato l'incarico a Verecondi Scorteccia...

ANTONIO VOLPE. ...di aprire una sede della fondazione presso il suo studio a Montecarlo.

PAOLO BRUTTI. Lui invece ha tentato di intestare a suo nome un contratto?

ANTONIO VOLPE. Io non ho mai visto quel contratto. Lui ha fatto una bozza; sicuramente me la voleva proporre, ma comunque io non avrei mai potuto firmare una cosa del genere.

PAOLO BRUTTI. Le debbo dire, presidente, che questo contraddice quello che sembra apparire dalle carte processuali, che sarebbe il caso di acquisire.


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PRESIDENTE. Non ho io l'incarico...

ANTONIO VOLPE. Certamente non sono dichiarazioni mie. Lei è la prima persona che mi chiede conto di questa cosa e queste sono le mie dichiarazioni ufficiali. Le garantisco che è così.

PRESIDENTE. Lo dico informalmente: questo sembra l'istituto delle adozioni a distanza del presidente, in quanto sono diventati tutti figli miei!

PAOLO BRUTTI. Lei deve soltanto acquisire delle carte.

PRESIDENTE. Lei può farne richiesta e la richiesta sarà valutata.

PAOLO BRUTTI. Nell'immediatezza della contestazione, lei capisce l'importanza!

PRESIDENTE. Ne ha diritto, infatti non l'ho interrotta.

PAOLO BRUTTI. La ringrazio.
Quindi, lei non conferma che questi fatti avvennero tramite lo IOR all'hotel Columbus?

ANTONIO VOLPE. Assolutamente, non sono mai stato presente. Qualunque cosa abbia fatto il dottor Scortecci, ne risponderà lui.

PAOLO BRUTTI. Tornando alla linea di credito che dovrebbe essere alla base della vicenda dei pay orders, se questi non esistono o sono falsi cade tutto. In ogni caso, quando lei ebbe notizia dell'interrogatorio di Marini, dove collocò la tangente? In che modo la tangente Telekom-Serbia entra in questa vicenda?

PRESIDENTE. Senatore Brutti, precisi la domanda.

PAOLO BRUTTI. In questo momento vado avanti a memoria. Lei disse che aveva pensato che, tutto sommato, non c'erano questioni di tangenti fino ad un certo punto quando, avuto conoscenza della deposizione di Marini, le si illuminò la scena e pensò che effettivamente le cose potessero essere diverse. Nella sua comprensione di questo risvolto, dove avrebbe collocato il problema della tangente?

ANTONIO VOLPE. Le dichiarazioni di Marini hanno fatto luce sulla motivazione dell'operazione, perché se il pay order è falso, allora è falso anche il contratto e sono falsi anche i protagonisti, tutti, in quanto sia l'uno che l'altro avrebbero detto il falso sempre, ma non riesco a capire che motivo ci sia a fare una cosa falsa fin dall'inizio per poi arrivare ad avere un falso completo.
Io non ho collocato nessuna tangente da nessuna parte perché non sono nell'operazione quindi non so come stanno le cose.

PAOLO BRUTTI. Però ha capito come funzionava la cosa.

ANTONIO VOLPE. Ho capito perfettamente, però ho capito l'operazione finanziaria non la tangente.

PAOLO BRUTTI. Lei capì che era stata depositata la tangente presso lo IOR per farci poi le transazioni.

PRESIDENTE. La domanda è suggestiva, nella misura in cui lei utilizza un'ipotesi alla quale l'audito deve rispondere come se fosse un fatto storico.

PAOLO BRUTTI. Io gli ho chiesto la sua ipotesi: come ha intuito la questione? Cosa ha capito?

PRESIDENTE. Il dottor Volpe ha visto che vi era un rapporto tra le notizie che aveva appreso dall'interrogatorio di Marini e le eventuali tangenti?

ANTONIO VOLPE. In quel momento non c'era assolutamente alcun tipo di collegamento fra questa operazione ed eventuali tangenti. Quando Marini ha dichiarato che invece c'era...anche perché le


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ricordo che sia nel contratto sia nel pay order il nome di Marini non figurava mai. Io non sapevo che fosse all'interno della questione e credo che non lo sapesse neppure Romanazzi, perché non me lo aveva mai detto.

PAOLO BRUTTI. E lei dove l'ha collocata?

ANTONIO VOLPE. Non posso collocarla da nessuna parte.

PAOLO BRUTTI. Dopo l'interrogatorio di Marini lei non collocò la tangente a capo della vicenda?

ANTONIO VOLPE. Come si fa a collocare una cosa che non si conosce? Poteva essere una spiegazione dell'operazione che era stata fatta e che era un'operazione finanziaria apparentemente legittima.

PAOLO BRUTTI. Quindi, in sostanza, se i pay orders sono falsi, è inutile immaginare che ci sia stata una tangente e così via, perché l'operazione è tutta falsa. Chi ha messo in moto tutto questo processo, dalla tangente ai falsi pay orders ha attuato un importante e complesso tentativo di coinvolgere delle persone in questa vicenda.

ANTONIO VOLPE. Sì, però non si capisce lo scopo.

PAOLO BRUTTI. Lo scopo è quello di tirare in ballo... Io intravedo uno squarcio di questa vicenda di grandi proporzioni, un'architettura truffaldina di grandi proporzioni, se i pay orders sono falsi. Capisce cosa voglio dire?

ANTONIO VOLPE. Potrebbe essere. Non lo so.

PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Taormina.

CARLO TAORMINA. Lei ha parlato dei suoi rapporti con il Segretario generale alla Presidenza della Repubblica.

ANTONIO VOLPE. Sì.

CARLO TAORMINA. Ce li può spiegare bene? Innanzitutto nella persona di chi?

ANTONIO VOLPE. Il dottor Gifuni.

CARLO TAORMINA. Ci può dire dei suoi rapporti col dottor Gifuni?

ANTONIO VOLPE. Parliamo del 1992.

PRESIDENTE. Chi era il Presidente della Repubblica?

ANTONIO VOLPE. L'onorevole Scalfaro.

CARLO TAORMINA. Il suo rapporto aveva una ragione professionale? Una ragione collegata ad altri rapporti di carattere politico?

ANTONIO VOLPE. Non rapporti di carattere politico. Ero collaboratore del presidente della Giunta per le autorizzazioni a procedere ed ero assistente dello stesso presidente del Comitato parlamentare per i procedimenti d'accusa contro i ministri e il Capo dello Stato.

CARLO TAORMINA. Cose con le quali né il Presidente della Repubblica né il suo Segretario generale c'entrano. Quindi, non erano queste le ragioni per le quali aveva rapporti con il Segretario generale della Presidenza della Repubblica.

ANTONIO VOLPE. In quel periodo?

CARLO TAORMINA. Ci spieghi. Non facciamo deduzioni né ammiccamenti. È meglio sapere come stanno le cose.

ANTONIO VOLPE. Posso dire che erano questioni relative alle funzioni che svolgevo presso la Giunta per le autorizzazioni a procedere.

PRESIDENTE. Credo che l'onorevole Taormina - che non ha bisogno del mio completamento - voglia sapere quale collegamento


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possa esserci tra un organo parlamentare e la Presidenza della Repubblica. Ho diretto l'organismo parallelo, cioè la Giunta delle elezioni, e non mi sono mai sognato di andare al Quirinale, se non per le feste di Natale per fare gli auguri al Presidente.

ANTONIO VOLPE. Il presidente Vairo aveva buoni rapporti col Presidente Scalfaro e quindi c'era stato motivo in alcune occasioni di accompagnare il presidente Vairo e in un'occasione di essere chiamato direttamente.

CARLO TAORMINA. Da chi?

ANTONIO VOLPE. Dal dottor Gifuni.

CARLO TAORMINA. Lei andava al Quirinale? C'è andato più volte? Ci andava da solo?

ANTONIO VOLPE. Sono stato al Quirinale.

CARLO TAORMINA. Sempre con Vairo o da solo?

ANTONIO VOLPE. Una volta da solo.

CARLO TAORMINA. E le altre volte con Vairo. Quando lei andava con Vairo - al quale rivolgo il mio ricordo, perché era un mio amico - incontrava soltanto Gifuni o anche Scalfaro?

ANTONIO VOLPE. Quando andavo con Vairo aspettavo che finisse le conversazioni.

CARLO TAORMINA. Lei non partecipava alle conversazioni, quindi non sapeva quali fossero le ragioni del loro rapporto. Intuisce che fossero di origine amichevole. O no?

ANTONIO VOLPE. Sì, alcune volte se ne parlava anche dopo col presidente.

CARLO TAORMINA. E cosa le ha riferito Vairo dei suoi rapporti con Scalfaro?

ANTONIO VOLPE. Non so se è il caso di parlarne in questo momento.

CARLO TAORMINA. Se vuole segretare, può anche segretare.

PRESIDENTE. Se ci sono interessi alla segretazione, lei non ha che da chiederla ed ha il diritto di ottenerla.

ACCURSIO MONTALBANO. In ogni caso, sarebbe difficile il riscontro.

CARLO TAORMINA. Scalfaro però è vivo.

PRESIDENTE. Stiamo parlando dell'atto formale. Dottor Volpe, desidera che venga segretata la seduta per questa parte della risposta, o è in condizione di rispondere?

ANTONIO VOLPE. No, no. Se può segretare, le chiedo di farlo.

PRESIDENTE. Certo. Con il consenso della Commissione, proseguiamo quindi i nostri lavori in seduta segreta. Dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo interno.

(La Commissione procede in seduta segreta).

PRESIDENTE. Avendo il dottor Volpe dato le sue risposte, riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo interno.

CARLO TAORMINA. Le chiedo, presidente, di tornare in seduta segreta, poiché vorrei fare ancora una precisazione sulle risposte che sono state date.

PRESIDENTE. Sta bene. Non essendovi obiezioni, proseguiamo i nostri lavori in


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seduta segreta. Dispongo nuovamente la disattivazione del circuito audiovisivo interno.

(La Commissione procede in seduta segreta).

PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo interno.

CARLO TAORMINA. Dottor Volpe, lei ha parlato di un certo Pasquali.

ANTONIO VOLPE. Sì.

CARLO TAORMINA. Mi dice chi è questo Pasquali?

ANTONIO VOLPE. Era un collaboratore della Finbroker. Adesso non conosco con precisione i ruoli e le funzioni che avesse, però sicuramente era presso la Finbroker.

CARLO TAORMINA. Quando l'ha conosciuto?

ANTONIO VOLPE. L'ho conosciuto immediatamente dopo la sua uscita dalla Finbroker.

CARLO TAORMINA. Di che anno si tratta?

ANTONIO VOLPE. L'ho conosciuto nel 2002, credo.

CARLO TAORMINA. E come glielo hanno presentato? Poi ha saputo chi fosse questo Pasquali?

ANTONIO VOLPE. Sì, lui mi ha spiegato che era prima all'interno della Finbroker, eccetera, e che poi era stato allontanato, probabilmente - lui ritiene - perché il titolare della Finbroker non voleva che venisse a conoscenza di alcune questioni che stavano trattando.

CARLO TAORMINA. Possiamo mettere l'accento su queste questioni che stavano trattando? Lei sa di quali questioni si trattasse?

ANTONIO VOLPE. Sì, mi ha spiegato.

CARLO TAORMINA. Questioni dalle quali Pasquali doveva essere tenuto lontano, o sbaglio?

ANTONIO VOLPE. Dalle quali doveva essere tenuto lontano.

CARLO TAORMINA. Ecco. Quali erano queste questioni?

ANTONIO VOLPE. Erano quelle relative al versamento di più di 13 miliardi intestato al conte Vitali.

CARLO TAORMINA. Cioè, lui doveva essere tenuto lontano da questa operazione?

ANTONIO VOLPE. Esattamente.

CARLO TAORMINA. La ragione di questo versamento al conte Vitali...

ANTONIO VOLPE. Non sono a sua conoscenza, quindi non me le ha dette.

CARLO TAORMINA. Non erano a sua conoscenza.

ANTONIO VOLPE. No, no.

CARLO TAORMINA. Perché queste sono le notizie che lei trae da Pasquali?

ANTONIO VOLPE. Sì, esattamente.

CARLO TAORMINA. Ho capito. Senta, Pasquali le ha parlato di qualche parentela particolare?

ANTONIO VOLPE. No. Me lo ha già chiesto...

PRESIDENTE. È stata già posta la domanda.


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CARLO TAORMINA. Mi scusi.

ANTONIO VOLPE. No, per lo meno non mi risulta. Potreste accertarlo voi, sicuramente. O, se volete, glielo posso chiedere.

PRESIDENTE. Non è necessario.

CARLO TAORMINA. Forse sbaglio, ma mi sembra che lei abbia ricordato che aveva intenzione di fare dichiarazioni alla procura di Torino.

ANTONIO VOLPE. Cosa ho ricordato?

CARLO TAORMINA. Che voleva rendere dichiarazioni alla procura di Torino.

PRESIDENTE. Ma le ha rese, onorevole Taormina.

ANTONIO VOLPE. Le ho rese.

CARLO TAORMINA. Ma c'è stata una circostanza nella quale lei ha chiesto di fare delle dichiarazioni e la procura di Torino non ne ravvisò l'urgenza?

ANTONIO VOLPE. No. Forse lei si riferisce a Pio Maria Deiana, che aveva chiesto di incontrare i magistrati di Torino e gli dissero di scrivere...

PRESIDENTE. Certo, non ha molta fortuna. Non lo ascolta nessuno.

ANTONIO VOLPE ....di fare un fascicolo di cui poi è stata mandata copia anche qui.

PAOLO BRUTTI. Non è vero che non lo ascolta nessuno.

PRESIDENTE. E chi lo ha ascoltato? Noi non lo abbiamo mai posto alla nostra attenzione. Credo che dovremmo chiedere un posteggio per la mole imponente di documenti che è arrivata a questa Commissione!

CARLO TAORMINA. Per quello che lei sa, Deiana si recò a Torino?

ANTONIO VOLPE. Sì.

CARLO TAORMINA. Si recò a Torino convocato dalla procura. Lei sa se andò da solo o con qualcuno?

ANTONIO VOLPE. Andò da solo, almeno così mi ha detto.

CARLO TAORMINA. Non andò con Anello?

ANTONIO VOLPE. No, non c'entra niente! Credo che non si conoscano neanche. Non c'entra assolutamente.

CARLO TAORMINA. Andò da solo. Poi riferì a lei? Cosa le riferì?

ANTONIO VOLPE. Mi riferì che aveva incontrato il dottor Storari e che questi gli aveva detto che non avevano tempo, in quel momento, di ascoltarlo e quindi di scrivere una relazione e di mandarla. E lui l'ha mandata.

CARLO TAORMINA. Nonostante fosse stato convocato espressamente?

ANTONIO VOLPE. Nonostante fosse stato convocato.

CARLO TAORMINA. Lei ha detto di essere stato in contatto prima di tutto, anche da un punto di vista cronologico, come cliente, con l'avvocato Paoletti.

ANTONIO VOLPE. Sì.

CARLO TAORMINA. Lei è stato nello studio dell'avvocato Paoletti? Ha lavorato con lui?

ANTONIO VOLPE. No, sono stato diverse volte nello studio dell'avvocato Paoletti.

CARLO TAORMINA. Diverse volte? Vorrei capire.


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ANTONIO VOLPE. Fino alla fine del 1997, inizio 1998.

CARLO TAORMINA. Questo lo ha già detto. Lei può dire, con sufficiente approssimazione alla realtà, quale fosse il tipo di attività che Paoletti svolgeva, quale fosse il cuore della sua attività?

ANTONIO VOLPE. Il cuore della sua attività era fare l'avvocato. Aveva anche diversi clienti su Milano, mi pare, con uno studio collegato al suo e come legale assisteva l'ambasciata norvegese, alcuni componenti dell'ambasciata norvegese per le cause... ed era anche avvocato contrattualista, di operazioni sia finanziarie che mobiliari.

CARLO TAORMINA. Ecco, parliamo delle operazioni finanziarie. A parte la ragione per la quale divenne cliente di Paoletti, lei che tipo di operazioni ha fatto con Paoletti o ha visto che Paoletti faceva, come cliché del suo lavoro? Parlo delle operazioni finanziarie.

ANTONIO VOLPE. Dunque, l'avvocato Paoletti era avvocato dell'avvocato Roland Straub. E per l'avvocato Straub, che è svizzero e voleva effettuare degli investimenti in Italia, chiese l'apertura di un conto corrente presso la BNL; fece delle operazioni insieme all'avvocato Straub per consentire questi investimenti che poi, oltretutto, non sono stati fatti. Non sono stati effettuati, pur essendo arrivate delle garanzie bancarie, da banca a banca, sulla BNL.

PAOLO BRUTTI. Operazioni per la banca russa?

ANTONIO VOLPE. Sì, quelle, esatto.

CARLO TAORMINA. Voglio capire... (Commenti del senatore Brutti).

ANTONIO VOLPE. Se l'ha fatto, l'ha fatto la banca. Ma non credo.

PRESIDENTE. Mi scusi, non c'è un'altra linea di risposte. Ora sta rispondendo all'onorevole Taormina, non raccolga interruzione.

ANTONIO VOLPE. Ha ragione, mi scusi.

CARLO TAORMINA. Io vorrei capire, e per questo userò una parola forte. Queste operazioni finanziarie spesso sono denominazioni di qualcosa di diverso, pure il riciclaggio è un'operazione finanziaria: lei ha avuto modo di capire se un settore di interesse di Paoletti potesse implicare - e per questo, magari, allontanarsene pure - operazioni di riciclaggio?

ANTONIO VOLPE. No. Fino al momento in cui ho avuto rapporti con l'avvocato Paoletti non ho mai potuto pensare una cosa del genere. Poi ho interrotto i rapporti proprio perché non c'era più motivo di averne. Basta. Credo che in quel periodo... era stato anche poco bene precedentemente, proprio nell'ultimo periodo di conoscenza, diciamo. Andai a trovarlo all'ospedale dopo l'intervento alla carotide, eccetera.

CARLO TAORMINA. E dei rapporti di Paoletti con la Cassa di risparmio di San Marino?

ANTONIO VOLPE. Questi non li ho mai conosciuti.

CARLO TAORMINA. Ma lui li ricordava nei suoi discorsi oppure no?

ANTONIO VOLPE. No, no. Perlomeno nel periodo in cui l'ho frequentato io, San Marino... forse c'era stato una volta, ma non avevo idea di quali rapporti avesse lì a San Marino. Questa questione di San Marino l'ho vista solo nel contratto, dove, appunto, si prevedeva questo versamento sul conto della Cassa di risparmio di San Marino.

CARLO TAORMINA. Non le ha mai dato nessun'altra indicazione?


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ANTONIO VOLPE. No. Per me, per quello che l'ho conosciuto io, è un professionista serio. Forse dopo...

CARLO TAORMINA. Con riferimento a Finbroker ed ai pay orders di cui ha parlato il collega Brutti...

ANTONIO VOLPE. Con riferimento a Finbroker?

CARLO TAORMINA. A Finbroker e ai pay orders...

ANTONIO VOLPE. L'avvocato Paoletti?

CARLO TAORMINA. Esatto.

ANTONIO VOLPE. No.

CARLO TAORMINA. Le è mai stato fatto riferimento a collegamenti che passassero per Paoletti e portassero a San Marino?

ANTONIO VOLPE. No. Fino al momento... Io non ho più incontrato da allora l'avvocato Paoletti.

CARLO TAORMINA. Dal 1998?

ANTONIO VOLPE. Dal 1998. Non l'ho mai più visto. Quindi, per me sarebbe come ipotesi...

CARLO TAORMINA. Qualche accertamento personale, per curiosità, più che altro, lei lo ha fatto?

ANTONIO VOLPE. Sulla Finbroker?

CARLO TAORMINA. Sì.

ANTONIO VOLPE. Ne abbiamo parlato l'altra volta.

CARLO TAORMINA. Ma il risultato complessivo delle sue rilevazioni qual è stato?

ANTONIO VOLPE. Che alcune operazioni descritte nel documento che mi era stato consegnato erano state effettivamente fatte.

CARLO TAORMINA. Invece sui pay orders di cui si è parlato prima lei ha soltanto recepito quello che veniva detto. Mi scusi, lei l'ha visto il pay order o non l'ha visto?

ANTONIO VOLPE. Io ho visto solo il pay order che mi fece vedere Romanazzi, quello dei 512 mila dollari.

CARLO TAORMINA. Quello l'ha visto con i suoi occhi.

ANTONIO VOLPE. Sì, lo ho visto con i miei occhi. Me lo ha fatto vedere.

CARLO TAORMINA. Pure le annotazioni di cui diceva l'altra volta le ha viste con i suoi occhi, oppure le hanno raccontato?

ANTONIO VOLPE. Quali annotazioni?

CARLO TAORMINA. L'annotazione Ranoc. e Mortad.

ANTONIO VOLPE. No, queste le ho viste pubblicate sui quotidiani.

CARLO TAORMINA. Quindi non l'ha viste sui pay orders.

ANTONIO VOLPE. No, su quei pay orders non c'era assolutamente...

CARLO TAORMINA. Ma le era stato riferito che avevano come destinatari...

ANTONIO VOLPE. No, quel pay order che mi è stato fatto vedere era relativo ad un versamento che doveva essere fatto sulla società Lannock, a Londra. Basta.

CARLO TAORMINA. Invece queste indicazioni cosa riguardavano?


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ANTONIO VOLPE. Quelle indicazioni riguardano altri pay orders, che io ho visto pubblicati su un giornale. Adesso non mi ricordo se su Repubblica o su L'Espresso.

CARLO TAORMINA. Ma di cui nessuno le ha parlato, però.

ANTONIO VOLPE. No. All'epoca no.

CARLO TAORMINA. E chi gliene ha parlato poi?

ANTONIO VOLPE. Me ne ha parlato Romanazzi quando mi ha detto di ritirare quel plico chiuso che aveva lasciato presso...

CARLO TAORMINA. Ho capito.

ANTONIO VOLPE. ...dicendo: ci sono delle cose che interessano la Commissione, desidero...

CARLO TAORMINA. Questo lo ha già detto. Un'altra cosa che ricordo - può darsi che sbagli - è che lei ha detto che Romanazzi era disponibile a rientrare. È così?

ANTONIO VOLPE. Sì, questo sì.

CARLO TAORMINA. In che epoca?

ANTONIO VOLPE. Romanazzi era disponibile a rientrare a settembre.

CARLO TAORMINA. Settembre del 2002?

ANTONIO VOLPE. Settembre 2003. Adesso. Ma lui è andato via... Qui c'è un problema di anni: anche nella prima audizione si è parlato del 2001 e del 2002, invece sono sempre 2002 e 2003.

CARLO TAORMINA. Ho capito. A chi ha detto che era disponibile a rientrare, l'ha detto a lei?

ANTONIO VOLPE. Sì, certo.

CARLO TAORMINA. L'ha detto a lei.

ANTONIO VOLPE. Che aveva bisogno di un aiuto economico per poter riprendere l'aereo per rientrare e venire sia qui in Commissione, se volevate, sia alla procura di Torino, a deporre. L'ho detto anche ai magistrati.

CARLO TAORMINA. L'ha detto ai magistrati?

ANTONIO VOLPE. Sissignore.

CARLO TAORMINA. Quando gliel'ha detto? E a quali magistrati?

ANTONIO VOLPE. Gliel'ho detto quando sono stato sentito il 3 settembre.

CARLO TAORMINA. In quella occasione lei ha detto che era disponibile. E i magistrati cosa le risposero?

ANTONIO VOLPE. Che non avevano la disponibilità economica di aiutare nessuno per farlo rientrare, e che non gli interessava.

CARLO TAORMINA. Ecco, non gli interessava.

ANTONIO VOLPE. Credo che non sia stato messo a verbale, però posso confermare di averglielo detto. O non so, forse è anche stato scritto...

CARLO TAORMINA. Al di la delle sue intuizioni, l'altra affermazione che lei ha fatto e che mi ha colpito è che quando, poi, Marini ha fatto quelle dichiarazioni che tutti quanti conosciamo - o che, forse, non conosciamo, perché non le abbiamo esaminate attentamente, almeno per quanto mi riguarda - lei ha ritenuto che tutte le sue consapevolezze potessero essere ricollegate a quanto diceva Marini. E lei ha detto che da quel momento capì che Marini era attendibile. Allora le domando: è una sua intuizione o lei ha elementi da


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offrire alla Commissione per dire che Marini, secondo la sua valutazione, è attendibile?

ANTONIO VOLPE. Posso dare una mia valutazione: quando Marini ha fatto quella deposizione per me era una spiegazione di quello che era stato fatto, come ho detto prima al senatore Brutti.

CARLO TAORMINA. Quindi le operazioni delle quali lei era a conoscenza quadravano con quello che descriveva Marini, secondo quanto lei ha appreso dai giornali, perché più di questo non poteva sapere.

ANTONIO VOLPE. Sì, poteva essere. Quadrava.

PRESIDENTE. Scusi, la prima dichiarazione di Marini, quella resa il 7 maggio?

ANTONIO VOLPE. Sì. Io ho avuto modo di vedere solo quella.

CARLO TAORMINA. Sotto quali aspetti le tornava il conto relativamente ai contenuti della dichiarazione del 7 maggio, ricordata dal presidente un attimo fa? Su quali aspetti e perché?

ANTONIO VOLPE. Operazioni come questa, di dare una garanzia per ricevere una linea di credito per poi fare delle altre operazioni finanziarie, non vengono effettuate a persone qualunque. Se io mi presento ad una banca e dico di avere una garanzia di questo genere, probabilmente la banca mi dice che non serve a niente, che non le interessa. Se invece viene fatta attraverso strutture tipo quelle che venivano descritte nel contratto - questo l'ho detto anche ai magistrati di Torino - che mi era stato sottoposto in visione, allora poteva essere possibile effettuare quel tipo di operazione, perché si tratta di strutture collegate con banche importanti, che possono sicuramente fare operazioni di questo genere. Inoltre bisogna presentare dei progetti da finanziare; io non so se li abbiano presentati, ma se non l'hanno fatto ancor più mi convinco che non sono operazioni fatte per persone normali, ma per degli istituti importanti.

CARLO TAORMINA. E con le persone, oppure con gli pseudonimi...

ANTONIO VOLPE. Se sono veri.

CARLO TAORMINA. Certo. Con gli pseudonimi dei quali fece menzione il Marini nella sua prima dichiarazione, il conto le tornava per la questione che le aveva riferito Romanazzi a proposito degli altri pay orders? Lei già sapeva questo, no?

ANTONIO VOLPE. Sì. L'ingegner Romanazzi mi aveva parlato di questi altri pay orders ed infatti non riusciva a spiegarsi come, da un'operazione che doveva essere circoscritta ad un determinato numero di milioni di euro - in quel caso di dollari -, potessero essere rilasciati altri pay orders per un ammontare complessivamente molto superiore sia alla linea di credito, sia eventualmente ai riscontri finanziari che si potevano ottenere con un lavoro anche bancario, come era stato detto; l'unica possibilità, anche secondo lui, era che probabilmente dovessero essere mossi dei soldi non dare la giustificazione dei movimenti di soldi. Questo dopo che si è ascoltata la deposizione di Marini.

CARLO TAORMINA. Ma lei della Sparkasse di Innsbruck aveva sentito mai parlare?

ANTONIO VOLPE. No.

CARLO TAORMINA. Nemmeno dalle persone con le quali ha avuto contatti in quel periodo, quanto meno fino al 1998?

ANTONIO VOLPE. Assolutamente no. Della Sparkasse di Innsbruck ho letto sui giornali.

CARLO TAORMINA. E di conti in Libano lei ha mai sentito parlare?


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ANTONIO VOLPE. Relativamente a questa questione?

CARLO TAORMINA. Sì.

ANTONIO VOLPE. Relativamente a questa questione o per lo meno, che io sappia, in collegamento con essa, no.

CARLO TAORMINA. Non ne hanno mai parlato?

ANTONIO VOLPE. No.

CARLO TAORMINA. E di conti o di operazioni sulle isole Cayman, in particolare con la Banca centrale, ha saputo niente?

ANTONIO VOLPE. No. C'era la provenienza di quel versamento al conte Vitali, che arrivava - adesso non ho il documento e non riesco a ricordare con precisione - più o meno da quella zona.

CARLO TAORMINA. Altre due domande. In primo luogo, che rapporti ha intrattenuto o intrattiene con i Servizi di sicurezza dello Stato italiano?

ANTONIO VOLPE. In questo momento?

CARLO TAORMINA. In questo momento li intrattiene o no?

ANTONIO VOLPE. Assolutamente no.

CARLO TAORMINA. Da quanto tempo sono cessati?

ANTONIO VOLPE. Dal 1990.

CARLO TAORMINA. Da allora non ha avuto più alcun rapporto con i Servizi?

ANTONIO VOLPE. No.

CARLO TAORMINA. Nemmeno indiretto?

ANTONIO VOLPE. Indiretto... no.

CARLO TAORMINA. Ha fatto mai operazioni di copertura, dal 1990 ad oggi?

ANTONIO VOLPE. Dal 1990 ad oggi mai.

CARLO TAORMINA. In precedenza ne ha fatte?

ANTONIO VOLPE. In precedenza qualcosa sì.

CARLO TAORMINA. Con il SISMI o con il SISDE?

ANTONIO VOLPE. Con l'uno e con l'altro.

CARLO TAORMINA. I rapporti si sono interrotti per sua volontà o per volontà delle istituzioni?

ANTONIO VOLPE. Si sono interrotti perché io sono partito nel 1990 per andare in America, alle Nazioni Unite.

CARLO TAORMINA. In tempi recenti, prima che lei venisse evocato con riferimento a questa vicenda, ha avuto contatti o è stato contattato da personalità dei Servizi?

ANTONIO VOLPE. In che periodo?

CARLO TAORMINA. L'anno scorso.

ANTONIO VOLPE. No.

CARLO TAORMINA. Dopo?

ANTONIO VOLPE. No, neanche adesso, assolutamente.

CARLO TAORMINA. Va bene.
Lei ha detto che era segretario, non so se particolare, del sottosegretario...

ANTONIO VOLPE. No, non ero segretario, ero collaboratore esterno.


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CARLO TAORMINA. Mi pare che lei abbia parlato di delega per le aree metropolitane. È esatto?

ANTONIO VOLPE. Aree urbane e metropolitane, Roma capitale e Giubileo.

CARLO TAORMINA. Questa era la delega del sottosegretario. Come si chiamava?

ANTONIO VOLPE. Nicola Scalzini.

CARLO TAORMINA. Lei che faceva rispetto a questi tre settori?

ANTONIO VOLPE. Mi dovevo interessare, secondo l'incarico ricevuto, di informazione e di sicurezza...

CARLO TAORMINA. Allora il sindaco di Roma era Rutelli, se non sbaglio.

ANTONIO VOLPE. Sì.

CARLO TAORMINA. Lei aveva rapporti con Rutelli?

ANTONIO VOLPE. No, in quel periodo ho avuto rapporti con tutti i tecnici che dovevano preparare il sottopasso di Castel Sant'Angelo, quello vero, che poi è stato ridotto per due volte, fino ad arrivare al sottopassino attuale. Mi interessavo di un progetto volto a creare delle zone di sicurezza nel tratto Roma-Fiumicino aeroporto per eventuali attentati e di altre realizzazioni, ed avevo predisposto diverse cose, in base ad una quantità di denaro che doveva essere disponibile per realizzare questi progetti. Poi mi venne detto che questi soldi non c'erano più.

CARLO TAORMINA. Chi glielo disse?

ANTONIO VOLPE. Proprio l'onorevole Scalzini.

CARLO TAORMINA. La disponibilità di questi soldi era a vantaggio del Ministero degli affari esteri?

ANTONIO VOLPE. No, doveva essere il comune di Roma...

CARLO TAORMINA. No. Scalzini era sottosegretario presso quale ministero?

ANTONIO VOLPE. Presso la Presidenza del Consiglio, aveva la delega come sottosegretario...

CARLO TAORMINA. Ma i soldi erano a beneficio della Presidenza del Consiglio o di Roma capitale?

ANTONIO VOLPE. Per le opere del Giubileo.

CARLO TAORMINA. A disposizione di chi?

ANTONIO VOLPE. Dovevano essere a disposizione in parte della Presidenza del Consiglio e in parte del comune di Roma.

CARLO TAORMINA. E quali soldi mancarono, nel senso che non c'erano più?

ANTONIO VOLPE. Erano stati impiegati per altre cose, per cui non era più possibile effettuare i lavori.

CARLO TAORMINA. Ma quali? Quelli della Presidenza del Consiglio o quelli in dotazione di Roma capitale?

ANTONIO VOLPE. Penso quelli della Presidenza del Consiglio.

CARLO TAORMINA. E lo storno avvenne a beneficio di quali altre operazioni?

ANTONIO VOLPE. Non lo so.

CARLO TAORMINA. Qual era la consistenza di questi soldi?

ANTONIO VOLPE. Si trattava di 300 miliardi di lire. Ho della documentazione, se vuole.


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CARLO TAORMINA. Quindi, avete lavorato inutilmente per tanto tempo. Fino a che anno? Fino al 2001?

ANTONIO VOLPE. No, fino alla fine del Governo Dini.

CARLO TAORMINA. La ringrazio.

PRESIDENTE. La data e la fonte, vale a dire quando e da chi ebbe in visione l'originale o la copia del pay order del rubino?

ANTONIO VOLPE. Era il pay order che scadeva il 30 aprile, se non sbaglio, del 2002. Sicuramente si trattava del 30 aprile; lo ricordo perché è il giorno del mio compleanno. Era il primo pay order da 512 mila dollari.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tanoni. Poiché non è presente, si intende vi abbia rinunciato.
Do la parola al senatore Montalbano.

ACCURSIO MONTALBANO. Dottor Volpe, rispondendo ora ad una domanda dell'onorevole Taormina lei ha detto di aver collaborato con i Servizi fino al 1990, che si è trattato di collaborazioni saltuarie, su richiesta degli stessi, e che dopo quella data non ha più collaborato.

ANTONIO VOLPE. Sì.

ACCURSIO MONTALBANO. Tuttavia - è giusto che lo sappia - agli atti vi è una sua dichiarazione...

ANTONIO VOLPE. Non è una mia dichiarazione, mi pare sia un rapporto dei carabinieri.

ACCURSIO MONTALBANO. Non credo sia così, ma in ogni modo si dice che anche in fase recente lei ha avuto saltuarie collaborazioni. Lei dunque non ha fatto questa dichiarazione, oppure, se l'ha fatta, ha mentito?

ANTONIO VOLPE. No, non l'ho fatta. È impossibile che l'abbia fatta.

ACCURSIO MONTALBANO. Dunque, lei smentisce ciò che risulta agli atti in possesso della Commissione.

ANTONIO VOLPE. Sì.

ACCURSIO MONTALBANO. Poiché non intendo chiedere la segretazione della seduta, non li rivelo qui. Comunque, lei smentisce?

ANTONIO VOLPE. Sì.

ACCURSIO MONTALBANO. Il 7 gennaio ha interloquito con il signor Romanazzi e gli ha chiesto notizie in ordine al pay order ed alla società Lannock. Risponde al vero?

ANTONIO VOLPE. La data non la ricordo, comunque era sicuramente gennaio.

ACCURSIO MONTALBANO. Poiché si tratta del 7 e dato che queste notizie erano contenute in un anonimo che la Commissione ha avuto modo formalmente di appurare l'8, esattamente il giorno dopo, le chiedo: lei non era per caso a conoscenza dell'anonimo?

ANTONIO VOLPE. No. Io ho parlato con Romanazzi di questo fatto quando si seppe che era stato convocato l'avvocato Paoletti. Se lei lo colloca temporalmente...

ACCURSIO MONTALBANO. Il 7 gennaio.

ANTONIO VOLPE. Quando è stato chiamato l'avvocato Paoletti?

ACCURSIO MONTALBANO. Il 14 gennaio.

ANTONIO VOLPE. E quando si è deciso di convocarlo ufficialmente?


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PRESIDENTE. Vorrei specificare meglio la domanda. Lei non deve conoscere tanto l'anonimo quanto il documento. Noi vorremmo sapere se era a conoscenza del documento.

ANTONIO VOLPE. Gliel'ho chiesto.

PRESIDENTE. Ha parlato lei dell'anonimo. Quindi, poiché l'anonimo contiene il documento in cui si parla di 512 mila dollari, vorremmo sapere se lei era a conoscenza di tale documento. Sapeva che girava questo documento?

ANTONIO VOLPE. Ho visto questo documento nell'aprile 2002. Non l'ho mai avuto, l'ho solo visto.

ACCURSIO MONTALBANO. Noi parliamo del 2003. C'è una singolare coincidenza temporale fra l'esistenza di questo anonimo che arriva alla Commissione, i contenuti dell'anonimo e le cose che lei chiede a Romanazzi; c'è anche una sua conoscenza...

ANTONIO VOLPE. Io ho interloquito con Romanazzi solamente quando si è saputo della convocazione da parte della Commissione Telekom-Serbia dell'avvocato Paoletti e perché in quel caso...

ACCURSIO MONTALBANO. Esattamente il 7 gennaio.

ANTONIO VOLPE. Uscì sui giornali.

ACCURSIO MONTALBANO. Non lo dico io, lo dice Romanazzi.

ANTONIO VOLPE. Se lui è così preciso da ricordare perfettamente la data... Io non la ricordo.

ACCURSIO MONTALBANO. Dottor Volpe, sempre in quella circostanza, sempre sulla base di questi riferimenti, lei ha avuto modo di comunicare a Romanazzi che c'erano gli amici della Commissione... e forse - anzi, senza forse - ha detto, sempre sulla base di questi riferimenti, che anche gli amici dei Servizi erano interessati a questa vicenda. Può confermarlo?

ANTONIO VOLPE. No. Io avvisai Romanazzi che, per la questione avuta con l'avvocato Paoletti, lo stesso avvocato era stato convocato dalla Commissione. E lui cadde dalle nuvole, chiedendosi per quale motivo.

ACCURSIO MONTALBANO. Poiché l'attività della Commissione non finisce qui, ma continuerà, le chiedo se lei abbia fatto dei riferimenti agli amici della Commissione o agli amici dei Servizi.

ANTONIO VOLPE. Assolutamente no.

ACCURSIO MONTALBANO. Dato che io mi sono permesso di chiedere al presidente il testo dei verbali del signor Romanazzi, una motivazione...

ANTONIO VOLPE. Ci incontrammo anche con lui, proprio in quell'occasione...

ACCURSIO MONTALBANO. Sì, magari questo lo vedremo.
Il cosiddetto dossier Romanazzi fa un giro molto articolato per arrivare in Commissione - è una premessa che le faccio - e la cosa mi impressiona, perché la Commissione ha ricevuto molti documenti, in ultimo quello a cui poco fa ha fatto riferimento il presidente, voluminosissimo, del signor Pio Maria Deiana. Questi documenti arrivano facilmente: vengono spediti e la Commissione li riceve; questi, come quelli del signor Pazienza. Siamo adeguatamente forniti di memorie e di documenti.
Le chiedo: perché, tra tutti questi, il «documento Romanazzi», chiamiamolo così per comodità, fa questo giro? Da Romanazzi, che dovrebbe esserne l'autore o il detentore iniziale, passa a Loche, poi a Volpe, ad Anello, a Vito...

ALFREDO VITO. Io non l'ho proprio toccato!


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ACCURSIO MONTALBANO. Questa è un'altra questione. Si passa per Anello, Vito e poi finalmente arriva in Commissione.

ANTONIO VOLPE. Non c'è nessuna...

ACCURSIO MONTALBANO. Mi scusi. Il documento fa tutto questo giro per arrivare in Commissione, e probabilmente passa anche per la casa o per una vicenda che coinvolge il signor Mortera. Lei peraltro conosce sia Romanazzi, sia Loche, sia Anello, sia Vito, e poi è conosciuto alla Commissione. Come mai questo documento ha fatto tutto questo giro per arrivare alla Commissione Telekom-Serbia?

ANTONIO VOLPE. C'è una sola spiegazione: Romanazzi aveva paura.

ACCURSIO MONTALBANO. Di cosa?

ANTONIO VOLPE. Dopo l'audizione del signor Marini, Romanazzi fu colto da paura fisica, anche perché sembra avesse ricevuto diverse minacce; si organizzò per lasciare l'Italia anche se in quel momento, colto da paura, sicuramente non avrebbe mai presentato il dossier. Poi ha deciso, ma io non sapevo, all'epoca in cui l'aveva deciso e l'aveva consegnato a monsignor Loche, che l'aveva fatto; l'ho saputo dopo, quando era al sicuro, secondo il suo punto di vista. Mi sono spiegato?

ACCURSIO MONTALBANO. Lei si è spiegato, ma non è stato chiaro.

ANTONIO VOLPE. Allora, mi rifaccia la domanda e io sarò più chiaro.

ACCURSIO MONTALBANO. Può essere un mio difetto, può essere una mia difficoltà.

ANTONIO VOLPE. Non mi sarò spiegato.

ACCURSIO MONTALBANO. No, lei si è spiegato. Questo documento è consegnato a monsignor Loche in una circostanza quanto mai estemporanea, quasi casuale, in occasione del battesimo del figliolo del signor Mario Mortera, come ha dichiarato monsignor Loche...

ANTONIO VOLPE. Credo che lei si sbagli.

ACCURSIO MONTALBANO. Non lo dico io, lo dice monsignor Loche.

ANTONIO VOLPE. Allora non lo so.

ACCURSIO MONTALBANO. Se lei smentisce quello che dice monsignor Loche...

ANTONIO VOLPE. No. Monsignor Loche è una persona assolutamente...

ACCURSIO MONTALBANO. Il documento viene consegnato in quella circostanza, che appare assai estemporanea, trattandosi di un battesimo; monsignor Loche partecipa a questo battesimo, Romanazzi è presente e, in quella circostanza, folgorato da non so cosa, sente l'esigenza impellente di confessarsi e di consegnare il dossier a monsignor Loche. Allora le chiedo: dato che tutta questa catena di persone è da lei conosciuta...

ANTONIO VOLPE. E allora?

ACCURSIO MONTALBANO. Allora, niente.

ANTONIO VOLPE. Ah!

ACCURSIO MONTALBANO. Lei potrebbe spiegarci perché Romanazzi lo consegna a Loche e perché Loche sostiene - lo ha scritto in un bigliettino che accompagnava il documento - che quel documento andava consegnato a lei? Perché Romanazzi scelse di consegnarglielo?

ANTONIO VOLPE. Vorrei innanzitutto fare una correzione. Per quello che so io, monsignor Loche ha conosciuto Romanazzi al battesimo del figlio di Mario Mortera. Io non ero presente.


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ACCURSIO MONTALBANO. Fin qui siamo d'accordo.

ANTONIO VOLPE. Non credo che questa confessione sia avvenuta durante il battesimo, ma credo che sia avvenuta dopo. Io non ne ero a conoscenza ma penso che lo stesso Romanazzi, che viveva il momento di maggior paura per la sua incolumità, abbia approfittato dell'occasione di aver conosciuto una persona così importante come monsignor Loche per essere sicuro che i suoi documenti non avrebbero preso strade diverse da quelle per cui li consegnava. Di conseguenza li avrà consegnati utilizzando un sistema che credo sia il più sicuro da tutti i punti di vista; anche io farei lo stesso se dovessi mettere da qualche parte qualcosa per la quale ho paura per la mia vita: quello della confessione è l'unico segreto che non si può sciogliere, finché non lo faccio io stesso e finché la persona non viene sciolta dal vincolo. Però non c'è nessuna relazione.

ACCURSIO MONTALBANO. Se dovessi consegnare un documento di così grande rilevanza ed importanza non lo consegnerei alla prima persona che conosco, ancorché importante. Lei ha mai detto a Romanazzi, prima che questi partisse, a chi consegnare il documento?

ANTONIO VOLPE. Mai.

ACCURSIO MONTALBANO. E allora com'è che monsignor Loche scrisse di suo pugno a chi doveva essere consegnato il documento?

ANTONIO VOLPE. Evidentemente in base a quello che gli aveva detto Romanazzi in confessione.

ACCURSIO MONTALBANO. Che lo doveva consegnare a lei.

ANTONIO VOLPE. L'ho saputo dopo, quando mi ha chiamato per dirmi che dovevo andare a ritirare il documento perché aveva ricevuto una comunicazione da Romanazzi. A quel punto seppi che era lui a detenere il plico, che era stato chiuso, sigillato e firmato da Romanazzi. Nessuno di noi lo ha mai visto, né monsignor Loche, né io. Poteva anche contenere pezzi di giornale.

PRESIDENTE. Cerchi di essere più asciutto; abbandoni le ipotesi.

ACCURSIO MONTALBANO. Ricorda quando Romanazzi è partito per la Thailandia?

ANTONIO VOLPE. A giugno, credo.

ACCURSIO MONTALBANO. Da gennaio a giugno ha avuto incontri?

ANTONIO VOLPE. Ho avuto qualche incontro.

ACCURSIO MONTALBANO. Più volte?

ANTONIO VOLPE. Due o tre volte.

ACCURSIO MONTALBANO. In quelle circostanze lei ha mai parlato con Romanazzi della possibilità che lui fosse attenzionato - usiamo questo brutto vocabolo - dalla Commissione o dalla magistratura, che potesse incorrere in una situazione giudiziaria delicata in ragione del possesso di quella documentazione?

ANTONIO VOLPE. Lui mi aveva detto che era stato contattato da qualcuno perché gli consegnasse i documenti, ma non so di chi si trattasse perché non me lo ha mai detto. Io gli ho consigliato di fare quello che credeva più opportuno. Comunque, dopo la dichiarazione di Marini cominciò a preoccuparsi e a dirmi che quei documenti potevano avere attinenza con quello che Marini aveva dichiarato.

ACCURSIO MONTALBANO. Ma lei non ha mai consigliato il signor Romanazzi?

ANTONIO VOLPE. Io gli ho consigliato di consegnare i documenti alla Commissione,


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affinché fossero esaminati, o alla procura di Torino e lui mi disse che preferiva la Commissione.

ACCURSIO MONTALBANO. Lei ha mai detto al signor Romanazzi che poteva incorrere in vicissitudini giudiziarie?

ANTONIO VOLPE. In quel momento non si pensava a questo; si pensava più che altro all'incolumità fisica, perché era stato inseguito da una motocicletta, aveva avuto minacce varie, come lui stesso ha dichiarato. Aveva chiesto l'intervento della polizia municipale a causa dell'inseguitore che si era presentato con il casco affiancando la sua macchina. Io non ho mai vissuto queste storie; non sono mai stato minacciato da nessuno.

ACCURSIO MONTALBANO. Le rivolgo queste domande perché il signor Romanazzi ha affermato che ricevette delle pressioni da lei sotto forma di consigli, perché potesse tutelarsi il più adeguatamente possibile. Lei avrebbe introdotto nella mente di Romanazzi la possibilità di incorrere in qualche rischio di carattere giudiziario.

ANTONIO VOLPE. No. Io ho sempre detto a Romanazzi di consegnare i documenti di cui era in possesso, quelli ed altri che poteva avere, alla Commissione o alla procura, tant'è che abbiamo parlato con gli stessi procuratori di Torino. Ho detto che avrebbero potuto aiutarlo a rientrare e che poi si sarebbe presentato lui.

ACCURSIO MONTALBANO. Sono stati i procuratori di Torino a presentarsi. Poi vedremo se ci sono riscontri oggettivi.
Lei ha mai valutato, in coscienza, che nel consegnare il dossier Romanazzi alla Commissione, si potesse, anche in ragione dell'evidente falsità di alcuni contenuti, incorrere in qualche ipotesi di reato?

ANTONIO VOLPE. No.

ACCURSIO MONTALBANO. E che lei potesse incorrere, in quanto destinatario di quel documento, in qualche ipotesi di reato?

ANTONIO VOLPE. Non l'ho mai pensato, perché l'ho fatto - e lo rifarei se mi dovesse essere chiesto da qualcuno - nello spirito di collaborazione con un'istituzione, qual è la Commissione d'inchiesta. Non sto consegnando dei documenti alla persona che incontro per strada. Non sono io poi a dover valutare il contenuto dei documenti o la loro veridicità.

ACCURSIO MONTALBANO. Ma la Commissione parlamentare non glielo aveva chiesto!

ANTONIO VOLPE. Non fa niente. Nel momento in cui vengo a sapere...

ACCURSIO MONTALBANO. È il suo spirito di cittadino amante delle istituzioni che la spinge a questo.

ANTONIO VOLPE. Certo.

ACCURSIO MONTALBANO. La Commissione non le ha chiesto di consegnare quella documentazione.

ANTONIO VOLPE. Assolutamente no. Me lo ha chiesto Romanazzi.

ACCURSIO MONTALBANO. È stato lei ad attivarsi.

ANTONIO VOLPE. Non mi sono attivato. Romanazzi mi ha chiesto di consegnare i documenti alla Commissione ed io l'ho fatto. E lo rifarei.

ACCURSIO MONTALBANO. Romanazzi avrebbe anche potuto farlo da solo.

ANTONIO VOLPE. No, non poteva, perché era partito.

ACCURSIO MONTALBANO. Oltre alla sua parola, alla quale, fino a prova contraria, siamo tenuti a credere, può esibire dei riscontri oggettivi che dimostrino che lei è stato in possesso del dossier Romanazzi per poco tempo, al massimo qualche ora?


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ANTONIO VOLPE. Neanche un'ora.

ACCURSIO MONTALBANO. Per questo glielo chiedo.

ANTONIO VOLPE. Basta richiedere il verbale di interrogatorio di monsignor Loche che sa quando me lo ha consegnato e sa che immediatamente dopo è stato consegnato alla Commissione. Mi pare che ci siano dei riscontri oggettivi che vanno al di là di quello che posso dichiarare io. Questa è la realtà, anche se qualcuno ha cercato di dire diversamente.

ACCURSIO MONTALBANO. Poco fa è stato evocato il nome del signor Deiana: lo conosce?

ANTONIO VOLPE. Conosco il signor Deiana.

ACCURSIO MONTALBANO. Sa di che cosa si sia occupato o si occupi in tutto o in parte?

ANTONIO VOLPE. Lo conosco dal 1989 e so che si è sempre prodigato per portare avanti un progetto in Cina di trasformazione di rifiuti urbani.

ACCURSIO MONTALBANO. Il signor Deiana si occupava di smaltimento di rifiuti particolari in paesi del terzo mondo o in Cina?

ANTONIO VOLPE. In Cina, non in paesi del terzo mondo. Si trattava non di rifiuti speciali, ma di rifiuti tossici non nucleari.

ACCURSIO MONTALBANO. Quindi, speciali.
Il signor Deiana ha sostenuto che lei lo ha messo in contatto con esponenti dei servizi. È vero?

ANTONIO VOLPE. Sì.

ACCURSIO MONTALBANO. Perché questa necessità?

ANTONIO VOLPE. Lui aveva viaggiato molto e nel 1989, quando io lo conobbi, aveva delle informazioni che potevano essere utili e lo sono state. Non mi chieda riguardo a che cosa.

ACCURSIO MONTALBANO. No, infatti non glielo chiedo.
Mi sa dire lei, che ne deve essere informato in virtù della sua attività di collaborazione più o meno saltuaria con i servizi, che cosa sia il «collar»? Il signor Deiana dice che quando lei lo ha messo in contatto con esponenti dei servizi, gli fu applicato il «collar».

ANTONIO VOLPE. Più che applicato, pianificato.

ACCURSIO MONTALBANO. Sì, pianificato. Cos'è questa pianificazione di «collar»?

ANTONIO VOLPE. Non conosco il termine, che probabilmente lui ha usato per indicare la parte operativa della cosa che doveva fare. Si tratta comunque di collaborazioni riservate.

ACCURSIO MONTALBANO. Dottor Volpe, conosce il signor Mario Mortera?

ANTONIO VOLPE. Sì, certo.

ACCURSIO MONTALBANO. Il signor Mario Mortera aveva incarichi particolari nella LUF?

ANTONIO VOLPE. Era presidente.

ACCURSIO MONTALBANO. E lei che incarico aveva?

ANTONIO VOLPE. Per sei mesi circa sono stato vicepresidente. Poi andai in America e non c'era più compatibilità fra il ruolo di vicepresidente e il fatto di avere una responsabilità presso le Nazioni Unite per conto di un'organizzazione non governativa.


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ACCURSIO MONTALBANO. Lei è a conoscenza del fatto che il signor Mortera ha avuto delle vicende giudiziarie in Italia e fuori dall'Italia?

ANTONIO VOLPE. Sì, ho saputo qualcosa; quello che mi ha detto lui.

ACCURSIO MONTALBANO. Lei ha fondato la sezione italiana dell'associazione Caschi bianchi. È corretto dire «associazione»?

ANTONIO VOLPE. Fondazione.

ACCURSIO MONTALBANO. Lei ha dichiarato che i Caschi bianchi godono o hanno goduto di finanziamenti di sostenitori e di soci. Solo di questi finanziamenti?

ANTONIO VOLPE. Certo. Quali altri?

ACCURSIO MONTALBANO. Perché mi fa questa domanda?

ANTONIO VOLPE. Se lei volesse fare qualche versamento...

ACCURSIO MONTALBANO. No. Ancora non sono stato fulminato sulla via di Damasco...
Lei conosce l'ingegner Emilio Paolella?

ANTONIO VOLPE. Sì, conosco l'ingegner Emilio Paolella.

ACCURSIO MONTALBANO. Sa del fatto che l'ingegner Paolella è titolare della società Dragomar?

ANTONIO VOLPE. Sì, certo.

ACCURSIO MONTALBANO. Ha ricevuto finanziamenti dall'ingegner Paolella nella qualità di dirigente della Dragomar?

ANTONIO VOLPE. No, a titolo personale.

ACCURSIO MONTALBANO. Dall'ingegner Paolella a titolo personale. È a conoscenza del fatto che l'ingegner Paolella e Francesco Pazienza sono stati rinviati a giudizio il prossimo 9 gennaio?

ANTONIO VOLPE. Sono a conoscenza di questo fatto perché me ne ha parlato l'ingegner Paolella, dopo che è uscita la notizia sui giornali.

ACCURSIO MONTALBANO. È anche a conoscenza del fatto che la Dragomar ha avuto difficoltà ad ottenere una certificazione antimafia?

ANTONIO VOLPE. Questo non mi risulta.

ACCURSIO MONTALBANO. Glielo dico io.

ANTONIO VOLPE. Questo è stato scritto sui giornali.

ACCURSIO MONTALBANO. La Commissione ha l'esigenza di capire. Poiché il dottor Volpe si è connesso con noi sulla base di un impeto di libero cittadino amante delle istituzioni, noi abbiamo il dovere di sapere perché buona parte dei documenti che ci sono stati consegnati risulti falsa, perché il dottor Volpe si sia fatto ambasciatore della documentazione e in quale contesto abbia agito. Se questo non ha importanza per alcuni colleghi, ne prendo atto.
Dottor Volpe, conosce il signor Renato D'Andria?

ANTONIO VOLPE. No.

ACCURSIO MONTALBANO. Lei può ipotizzare che il signor Renato D'Andria la conosca?

PRESIDENTE. La domanda è improponibile: non so chi mi odia e chi mi ama; so chi amo e chi odio. Veramente io non odio nessuno: dovrei cominciare a fare un lista, ma non la farò.


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ACCURSIO MONTALBANO. Risulta che lei avrebbe avuto un appuntamento con il signor D'Andria. Lo può confermare?

ANTONIO VOLPE. Forse con altre persone e magari lui era presente. Non lo so; io sono stato in diverse riunioni, anche all'hotel Parco dei principi, dove c'erano molte persone che non conoscevo, ma che mi hanno conosciuto perché ho fatto una relazione. Però non ho mai avuto nessun rapporto.

ACCURSIO MONTALBANO. Lei ha detto di conoscere l'avvocato De Gori?

ANTONIO VOLPE. Sì.

ACCURSIO MONTALBANO. E ha detto di aver conosciuto nello studio dell'avvocato De Gori il signor Pazienza?

ANTONIO VOLPE. Sì: lui stava uscendo ed io entravo. È stato solo un incontro.

ACCURSIO MONTALBANO. Lei conosce il signor Giulio Rocconi?

ANTONIO VOLPE. Mi fu presentato una volta.

ACCURSIO MONTALBANO. Quindi lo conosce?

ANTONIO VOLPE. C'ho parlato una volta e gli ho detto che non mi interessava quello che...

PRESIDENTE. Nella stagione in cui veniva «messo allo spiedo» il presidente, ci si chiese perché si facessero tante domande su chi conosceva o meno. Ora lei sta certificando quanto siano importanti quelle domande.

ACCURSIO MONTALBANO. Probabilmente è importante anche la conoscenza.

PRESIDENTE. O potrebbe esserlo.

ACCURSIO MONTALBANO. Forse, presidente, è la semplice lettura degli atti depositati nel nostro archivio. Se ci si innamora di questa defatigante attività, si possono leggere gli atti che possono suscitare l'esigenza di formulare alcune domande. Ed io prendo atto - lo dico anche al senatore Consolo - che il dottor Volpe conosce anche il signor Rocconi.
Dottor Volpe, conosce Flavio Carboni?

ANTONIO VOLPE. No. Mai conosciuto.

ACCURSIO MONTALBANO. Anche in ragione delle domande fatte dal presidente nel corso dell'interrogatorio dell'avvocato Paoletti. siccome l'onorevole Taormina poc'anzi ha chiesto se il dottor Volpe avesse frequentato o avesse avuto rapporti con lo studio Paoletti, mi sembra più che pertinente chiedere al dottor Volpe se conosca il signor Flavio Carboni.

ANTONIO VOLPE. No, mai incontrato.

ACCURSIO MONTALBANO. Lei ha mai avuto rapporti con la DEA americana?

ANTONIO VOLPE. In un'occasione, a proposito delle questioni che riguardano Pio Maria Deiana.

ACCURSIO MONTALBANO. Ricorre: lo dico anche a beneficio di alcuni colleghi. Ci è stato detto che la conosce anche Marini, per esempio.

PRESIDENTE. La conoscono in tanti.

ACCURSIO MONTALBANO. Non ci può essere nessun nesso, ci mancherebbe altro! Lo dico anch'io prima che lo dica lei.
Dottor Volpe, lei conferma di essere stato iscritto alla loggia massonica Oriente di Roma?

ANTONIO VOLPE. Ho già spiegato una volta, proprio in questa sede...

ACCURSIO MONTALBANO. Siccome io non credo alla episodicità di uno che si


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incontra per caso, un minuto, per strada e ci si iscrive a una loggia massonica, volevo capire meglio.

ANTONIO VOLPE. Io ho conosciuto il signor Spinello Salvatore...

ACCURSIO MONTALBANO. Appunto.

ANTONIO VOLPE. Parliamo di 15 anni fa - all'epoca io risiedevo a Napoli, a Roma ci venivo ogni tanto - e mi fu presentato da un signore napoletano, anche della Napoli bene; adesso non ricordo con esattezza, era un ispettore delle poste o qualcosa del genere. Mi fu presentato, e ho accompagnato questo signore napoletano presso gli uffici del signor Spinello due o tre volte.

ACCURSIO MONTALBANO. Quindi non era una conoscenza così episodica.

ANTONIO VOLPE. Non era neanche una cosa approfondita. Assolutamente. Non ho mai partecipato a nessuna riunione...

ACCURSIO MONTALBANO. Mi perdoni, dottor Volpe. Io posso conoscere per mille motivi qualunque personalità.

ANTONIO VOLPE. Certo.

ACCURSIO MONTALBANO. Ma perché poi mi iscrivo ad una loggia massonica? (Commenti dell'onorevole Taormina). Infatti è una domanda, onorevole Taormina: lo sta dicendo lei se è un delitto o meno.

PRESIDENTE. Faccia la domanda.

ACCURSIO MONTALBANO. Per me non è un delitto iscriversi a nessuna loggia, io sto chiedendo un fatto. Mi limito al fatto. Sto chiedendo al dottor Volpe se era iscritto alla loggia massonica. Siccome il dottor Volpe ha detto di essersi iscritto in un contesto quanto mai effimero....

ANTONIO VOLPE. Certo.

PRESIDENTE. Momentaneo.

ACCURSIO MONTALBANO. ...momentaneo, io mi permetto di chiedergli, dal momento che si tratta di cose che hanno una certa rilevanza - non ci si iscrive a una loggia massonica...

PRESIDENTE. Non faccia commenti sulla domanda.

ANTONIO VOLPE. Abbia pazienza, presidente... (Commenti del deputato Taormina).

PRESIDENTE. Continui, la prego.

ACCURSIO MONTALBANO. Lei quindi è stato iscritto, si è iscritto, al di là della episodicità dell'incontro, a quella loggia?

ANTONIO VOLPE. Io sono stato a Roma, presso gli uffici di Spinello, due o tre volte; quattro volte al massimo. E questa è stata la mia frequentazione con Spinello.

ACCURSIO MONTALBANO. Ma perché l'iscrizione alla loggia?

ANTONIO VOLPE. Io non ho mai firmato niente per essere iscritto. Il professor Spinello, se qualcuno lo conosce può confermare, aveva numerosi aderenti che non partecipavano, stranamente. Essere iscritto per me significa aver partecipato a delle riunioni, far parte di una loggia, eccetera, cosa che non ho mai fatto.

PRESIDENTE. Ha detto di non aver sottoscritto. Continuiamo.

ACCURSIO MONTALBANO. Lei non ha sottoscritto.

ANTONIO VOLPE. No.

ACCURSIO MONTALBANO. Però risulta essere iscritto.


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ANTONIO VOLPE. Benissimo. Risulto, allora, essere iscritto. È lo stesso discorso di quel...

ACCURSIO MONTALBANO. Lei è a conoscenza, prima, durante o dopo, che il signor Spinello ha avuto delle vicende giudiziarie in ordine alla deviazione di queste logge massoniche?

ANTONIO VOLPE. Non l'ho mai più incontrato. E la questione delle logge massoniche è una cosa ridicola, soprattutto quello che ha scritto l'Unità. P7: io avrei costituito una loggia P7. Io non ho mai costituito nessuna loggia, va bene? Quindi, le responsabilità del professor Spinello sono del professor Spinello, non sono certamente mie.

PRESIDENTE. Si fermi.

ACCURSIO MONTALBANO. Siccome ci sono...

ANTONIO VOLPE. Non lo so, non mi interessa e non mi riguarda.

ACCURSIO MONTALBANO. Eventualmente, io chiederò al presidente della Commissione di acquisire atti processuali che ineriscono a quel processo e, in quanto tale, capire...

ANTONIO VOLPE. Benissimo, mi fa una cortesia. Grazie.

ACCURSIO MONTALBANO. Lei ha detto di conoscere il signor Marco Affatigato. O no?

ANTONIO VOLPE. Sì.

ACCURSIO MONTALBANO. Conosce anche il signor Anghessa?

ANTONIO VOLPE. No. Mai conosciuto.

ACCURSIO MONTALBANO. Mai conosciuto.

ANTONIO VOLPE. So chi è.

ACCURSIO MONTALBANO. Grazie, presidente. ho finito.

PRESIDENTE. Il senatore Bonavita, se il mio ricordo è esatto, quando si iscrisse disse: «non è escluso che io vi rinunci». Le chiedo ora, senatore, se conferma la rinuncia o se intende intervenire. Ciò per organizzare il prosieguo dei nostri lavori. Infatti, se lei rinunciasse, sarebbero ancora presenti, tra i colleghi che avevano chiesto di intervenire, un senatore ed un deputato; pregherei, allora, l'onorevole Fanfani di dare il passo al collega senatore, che deve poi recarsi al Senato per partecipare ai lavori di quella Assemblea, mentre noi potremmo successivamente proseguire con le domande dell'onorevole Fanfani e così concludere l'audizione.

MASSIMO BONAVITA. Rinuncio ad intervenire, presidente.

PRESIDENTE. La ringrazio.
Era iscritto a parlare l'onorevole Minnitti, ma non essendo presente si intende che vi abbia rinunciato.
Do la parola al senatore Petrini.

PIERLUIGI PETRINI. Sarò breve, presidente, perché le cose sono abbastanza...

PRESIDENTE. I contadini dicono: quando si ara troppo il terreno, si agevolano i guasti delle piogge abbondanti...

PIERLUIGI PETRINI. ...chiare, come un collega mi suggerisce, sarebbe eccessivo, comunque possiamo dire abbastanza esplorate.
Signor Volpe, lei ha detto di aver fatto gli studi secondari in Italia, il liceo classico, se non sbaglio.

ANTONIO VOLPE. Sì.

PIERLUIGI PETRINI. Poi non si è iscritto all'università in Italia...

ANTONIO VOLPE. Sì, mi sono iscritto all'università.


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PIERLUIGI PETRINI. Si è iscritto?

ANTONIO VOLPE. Sì. Ho frequentato medicina a Modena.

PIERLUIGI PETRINI. Per quanti anni?

ANTONIO VOLPE. Due anni o tre.

PIERLUIGI PETRINI. Poi interruppe gli studi?

ANTONIO VOLPE. Perché decisi di andare a fare il servizio militare come ufficiale, e feci l'ufficiale come servizio di leva.

PIERLUIGI PETRINI. In Italia?

ANTONIO VOLPE. In Italia.

PIERLUIGI PETRINI. Ovviamente.

ANTONIO VOLPE. Certo.

PIERLUIGI PETRINI. Poi non riprese gli studi in medicina?

ANTONIO VOLPE. Non in Italia, perché alla fine del servizio militare fui trattenuto ancora per altri due anni in servizio - decisi di completare in questo modo il servizio militare - e poi cominciai a viaggiare. Mi iscrissi poi a Parigi e successivamente a New York.

PRESIDENTE. Le chiedo scusa, senatore Petrini, ma devo sospendere brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 15,50, è ripresa alle 15,55.

PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori. Prego, senatore Petrini.

PIERLUIGI PETRINI. Dunque, lei fa una ferma prolungata, poi si congeda, non riprende gli studi e inizia a viaggiare. Ci si può domandare che mestiere sia viaggiare, come si mantenga.

ANTONIO VOLPE. Lavorai in Spagna, subito dopo. In collaborazione con degli enti istituzionali spagnoli.

PIERLUIGI PETRINI. Queste opportunità di lavoro le trovava in modo estemporaneo, o aveva delle conoscenze?

ANTONIO VOLPE. Avevo conosciuto delle persone, che erano spagnole, appunto, e che poi sono state utili anche alle istituzioni italiane.

PIERLUIGI PETRINI. Quindi lavorò in Spagna: possiamo sapere presso quali enti?

ANTONIO VOLPE. Se è possibile...

PRESIDENTE. Può dire che non intende rispondere.

ANTONIO VOLPE. Non intendo rispondere a questo discorso, a meno che non ci siano relazioni con quello di cui...

PRESIDENTE. No. È lei l'arbitro. Lei può rispondere o non rispondere.

ANTONIO VOLPE. Allora, non rispondo.

PIERLUIGI PETRINI. Non risponde. E possiamo sapere fino a quando rimase in Spagna?

GIUSEPPE CONSOLO. Presidente, chiedo di intervenire sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Prego, senatore Consolo.

GIUSEPPE CONSOLO. Presidente, allora avevo ragione io ieri nel sostenere che si può rispondere ad alcune domande e ad altre no.

PRESIDENTE. Vuole convertire me?

GIUSEPPE CONSOLO. No. Voglio convertire una unicità di trattamento in questa Commissione (Commenti del senatore Montalbano). Se l'audito si avvale una


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volta, questa è la tesi Trantino, che io condivido in pieno, ma la tesi deve essere sempre...

PRESIDENTE. Senatore Consolo, lei in questo si è dimostrato - lo dico con il rispetto che lei sa - incontinente, perché così si accumulano i precedenti. La prego.

ANTONIO VOLPE. Comunque, erano collaborazioni con istituzioni del posto.

PIERLUIGI PETRINI. Istituzioni spagnole?

ANTONIO VOLPE. Sì.

PIERLUIGI PETRINI. Che poi furono utili anche all'Italia, lei specifica.

ANTONIO VOLPE. Sì.

PIERLUIGI PETRINI. Non intende spiegare in che modo furono utili?

ANTONIO VOLPE. Diciamo che le stesse persone con le quali io avevo collaborato in Spagna hanno, poi, collaborato con delle istituzioni italiane, fino al 1989.

PIERLUIGI PETRINI. Lei rimase in Spagna fino al 1989?

ANTONIO VOLPE. Io rimasi in Spagna fino al 1988-89, sì.

PIERLUIGI PETRINI. Però lei ha parlato anche di Francia.

ANTONIO VOLPE. Sì.

PIERLUIGI PETRINI. Si sovrappongono..

ANTONIO VOLPE. Era in quel periodo.

PIERLUIGI PETRINI. ..il periodo francese e spagnolo?

ANTONIO VOLPE. Certo.

PIERLUIGI PETRINI. E in Francia cosa fa?

ANTONIO VOLPE. La stessa cosa che facevo per la Spagna, sempre per la Spagna. Anche prima mi è stata fatta una domanda sul signor Affatigato, se l'ho conosciuto, eccetera. Fare la domanda così significa tutto e non significa niente, nel senso che si può intendere tutto o niente. Io dico che per ogni cosa dovreste, cortesemente, darmi degli elementi fondamentali: il periodo, lo spazio e le funzioni che si svolgono nella conoscenza con una persona; se si sta da una parte o dall'altra della barricata. Altrimenti, è come se io chiedessi a lei se abbia conosciuto Marini; lei mi dovrebbe rispondere sì, però lei è il commissario che l'ha conosciuto quando è venuto davanti a questa Commissione. E che significa questo? È lo stesso tipo... Non so se...

PIERLUIGI PETRINI. Non capisco. Io sto semplicemente cercando di capire qual è stata l'avventura della sua vita.

ANTONIO VOLPE. Non è un'avventura, sono delle cose ben precise.

PRESIDENTE. Lasci completare la domanda.

PIERLUIGI PETRINI. Quindi lei lavora in Spagna ed anche in Francia, sempre però con questo rapporto spagnolo, che poi si riproporrà anche in Italia. E torna in Italia verso la fine degli anni ottanta. Giusto?

ANTONIO VOLPE. Sì, 1989; quando ho incontrato, appunto...

PIERLUIGI PETRINI. Poi incomincia la sua collaborazione con l'onorevole Vairo.

ANTONIO VOLPE. No, questa è iniziata tra la fine del 1991 e l'inizio del 1992. Perché nel 1990 e nel 1991 sono stato a New York.


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PIERLUIGI PETRINI. A questo punto il suo rapporto con i servizi segreti si è interrotto.

ANTONIO VOLPE. Sì. Prima della partenza per New York.

PIERLUIGI PETRINI. E a New York cosa va a fare?

ANTONIO VOLPE. Realmente, le ultime cose sono proprio quelle relative al signor Deiana, alla presentazione del signor Deiana ad alcune...

PIERLUIGI PETRINI. Quindi va a New York dopo essere stato l'assistente parlamentare...

ANTONIO VOLPE. No. Prima.

PIERLUIGI PETRINI. Prima va a New York.

ANTONIO VOLPE. Certo. Poi rientro da New York proprio su richiesta dell'onorevole Vairo, che voleva una collaborazione presso la Giunta.

PIERLUIGI PETRINI. A New York, se collego bene, è andato all'ONU?

ANTONIO VOLPE. Sì, presso le Nazioni Unite.

PIERLUIGI PETRINI. Con quale incarico?

ANTONIO VOLPE. Ero rappresentanti permanente dell'OIEC; già l'ho detto altre volte, comunque glielo ripeto.

PIERLUIGI PETRINI. Poi torna in Italia e collabora con l'onorevole Vairo.

ANTONIO VOLPE. Esattamente.

PIERLUIGI PETRINI. Poi ha ancora una collaborazione con il sottosegretario...

ANTONIO VOLPE. Sì, esatto, alla Presidenza del Consiglio dei ministri: l'onorevole Scalzini. Dopo di che...

PIERLUIGI PETRINI. Dopo di che inizia a fare l'imprenditore, immagino, a questo punto.

ANTONIO VOLPE. Esattamente.

PIERLUIGI PETRINI. E che cosa fa?

ANTONIO VOLPE. Riprendo i rapporti con il signor Deiana, che nel frattempo era andato avanti sul progetto Cina e era addirittura arrivato al punto di firmare un contratto con l'Ansaldo. Un contratto definitivo per lavori da fare, per migliaia di milioni di dollari.

PIERLUIGI PETRINI. Quindi lei era un collaboratore, consulente del Deiana?

ANTONIO VOLPE. Socio.

PIERLUIGI PETRINI. Socio.

ANTONIO VOLPE. Socio, perché promotore insieme a lui inizialmente di questi progetti. Lui mi riconobbe...

PIERLUIGI PETRINI. Socio della società di Deiana. Lei è in società...

ANTONIO VOLPE. Esattamente.

PIERLUIGI PETRINI. Come si chiama?

ANTONIO VOLPE. La Ianua Dei.

PIERLUIGI PETRINI. Però questa Ianua Dei non conclude nessun affare.

ANTONIO VOLPE. Come no! Firmò a suo tempo il contratto con l'Ansaldo, proprio. Facendo, precedentemente alla firma del contratto, una joint-venture italio-cinese, la Noriad, la quale, a sua volta, firmò il contratto con l'Ansaldo. Contratto che non è stato onorato dall'Ansaldo, la quale si è ritirata rinunciando ad un lavoro di


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migliaia di milioni di dollari, per che cosa? Per essere messa in liquidazione.

PIERLUIGI PETRINI. Esatto. Io intendevo appunto questo: che il contratto non va a buon fine, non che non aveste fatto niente.

ANTONIO VOLPE. Poi, a titolo di risarcimento danni l'Ansaldo ha pagato due miliardi e 600 milioni di vecchie lire, per essersi ritirata unilateralmente da questo contratto, e basta.

PIERLUIGI PETRINI. Dopo di che, lei intraprenderà altre attività? Cosa fa dopo questo fallimento...

ANTONIO VOLPE. Questo non è stato un fallimento, per quello che riguarda noi. Il fallimento è stato per quello che riguarda l'Ansaldo, per le vicissitudini dell'Ansaldo.

PIERLUIGI PETRINI. Sì, ci siamo intesi. Non è un fallimento tecnico...

ANTONIO VOLPE. Neanche un fallimento, diciamo... Perché noi abbiamo continuato comunque a portare avanti la cosa. Oltretutto, le dico che il signor Deiana era in Cina quando l'onorevole Prodi e l'onorevole Berlusconi sono stati in Cina ultimamente, perché era stato convocato dal Primo ministro cinese, il quale voleva conoscere lo stato dell'arte delle cose. E visto che l'Italia va a cercare lavori in Cina e poi, invece, i contratti si strappano in questo modo...

PIERLUIGI PETRINI. Mi sembra, appunto, che questo contratto non sia andato in porto. Allora, nel frattempo lei fa qualche altro...

ANTONIO VOLPE. Abbiamo avuto - le ho detto - un risarcimento di due miliardi e 600 milioni, che sono una stupidaggine rispetto a quello che doveva essere, perché è stato speso molto di più nel corso degli anni per portare avanti...

PIERLUIGI PETRINI. Quindi la sua rendita è questo risarcimento danni, non ha altre attività?

ANTONIO VOLPE. No, io ho fatto altre attività, perché, in Asia, la Cina la seguiva il signor Deiana, la Malesia la stavo seguendo io.

PIERLUIGI PETRINI. Per le fibre ottiche.

ANTONIO VOLPE. Esatto.

PIERLUIGI PETRINI. Però anche quello, purtroppo, non ha avuto un buon esito.

ANTONIO VOLPE. Io avevo già fatto il contratto finanziario con una società americana che mi avrebbe finanziato: firmato il 7 febbraio. Il pagamento del finanziamento avrebbe dovuto essere versato alla fine di febbraio. Non fu fatto grazie agli interventi vari della Guardia di finanza, eccetera, che dovevano distruggere tutto quello che era intorno a me. E che ho denunciato regolarmente.

PIERLUIGI PETRINI. Quindi, se ho ben capito, lei, purtroppo, come imprenditore, per vicissitudini varie, non è riuscito a portare a compimento nessuno dei suoi progetti. O ci sono altre cose che ha fatto?

ANTONIO VOLPE. No. In questo momento stiamo trattando... Ma non sono tenuto a dire qui delle cose di lavoro, che non riguardano la Commissione.

PRESIDENTE. Si avvalga della facoltà di non rispondere.

ANTONIO VOLPE. Stia tranquillo che non stiamo morendo di fame.

PRESIDENTE. Scusi. Lei deve alla domanda...

ANTONIO VOLPE. Intendo non rispondere.


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PIERLUIGI PETRINI. Benissimo. Lei non intende rispondere su quella che è la sua attività imprenditoriale in genere?

ANTONIO VOLPE. No, su quella che è l'attività imprenditoriale in genere ho già risposto. Io non intendo rispondere a quello che lei mi ha chiesto nell'ultima domanda, cioè da dove prendo i soldi per vivere, praticamente.

PRESIDENTE. Quindi non intende rispondere?

ANTONIO VOLPE. Non intendo rispondere.

PIERLUIGI PETRINI. Non era così brutale la mia domanda; comunque, io rispetto la sua volontà. Volevo soltanto sapere in quale settore lei lavori, che attività stia svolgendo.

ANTONIO VOLPE. Questo gliel'ho detto.

PIERLUIGI PETRINI. Se lei non intende, mi accontento di questo. Grazie.

ANTONIO VOLPE. Grazie a lei.

PRESIDENTE. Il senatore Forlani e l'onorevole Zanotti si erano iscritti per formulare domande, ma si intende che vi abbiano rinunciato.
Do la parola all'onorevole Fanfani. Dopo le sue domande si concluderà l'audizione del dottor Volpe.

GIUSEPPE FANFANI. Grazie, presidente.
Dottor Volpe, vorrei riprendere l'esame dall'ultima domanda che le era stata fatta pochi minuti fa. Non per sapere donde tragga i danari per vivere, perché sono, oggettivamente, affari suoi, ma per sapere esattamente il contenuto della sua attività. Se ho ben capito, si tratta di un'attività imprenditoriale all'estero. È così?

ANTONIO VOLPE. Sì.

GIUSEPPE FANFANI. Di ricerca di fasce di mercato, di contrattazioni estere?

ANTONIO VOLPE. Anche. Ma, a parte questo, soprattutto di due progetti in particolare, che abbiamo portato avanti fino a portarne uno alla conclusione, quello sulla Cina (con il ritiro, come ho detto prima dell'Ansaldo, eccetera): con una società di Stato italiana siamo andati a portare la bandiera italiana in Cina. Per quanto riguarda l'altro, lo stesso tipo di discorso sarebbe stato fatto in Malesia, nel senso che avremmo già iniziato i lavori abbondantemente se non ci fosse stato proprio l'intervento ultimo di questo problema della Commissione, perché già si muoveva tutta la macchina per distruggere tutto ciò che stava intorno a noi.

GIUSEPPE FANFANI. Vuol dire che il lavoro della Commissione...

ANTONIO VOLPE. No, non il lavoro della Commissione...

GIUSEPPE FANFANI. Il suo coinvolgimento le ha creato, immagino, dei problemi.

ANTONIO VOLPE. Esatto. Quando ancora non sapevo neanche io di essere coinvolto; parlo di febbraio, che per me era ancora niente, mentre per qualcun altro evidentemente c'era il lavoro di controllo e di (Commenti)...

GIUSEPPE FANFANI. Se non mi distraggono, capisco! Ho ben inteso.
Alle domande che le sono state rivolte lei ha risposto che presumibilmente dopo il servizio militare - ho visto che lei è nato nel 1956 -, quindi verso la metà o la fine degli anni settanta, inizia la sua collaborazione in Spagna, in Francia e poi negli anni 1990-1991...

ANTONIO VOLPE. Negli anni settanta?

GIUSEPPE FANFANI. Immagino che lei si riferisca alla fine degli anni settanta. Quando si è congedato?


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ANTONIO VOLPE. Mi pare nel 1983.

GIUSEPPE FANFANI. Poi è andato in Spagna, in Francia...

ANTONIO VOLPE. È l'anno in cui mi sono sposato, quindi è il 1983.

PRESIDENTE. Con quale grado ha fatto il militare?

ANTONIO VOLPE. Ero tenente anziano.

GIUSEPPE FANFANI. Lei non ha voluto rivelare i nomi degli organismi con i quali collaborava in Francia e in Spagna, però ci ha dato delle indicazioni che fanno presumere che fossero degli organismi collegati ai Servizi italiani. È così?

ANTONIO VOLPE. No, non erano collegati ai Servizi italiani.

GIUSEPPE FANFANI. Ci vuole spiegare meglio che tipo di lavoro era?

PRESIDENTE. Scusi, poiché ha fatto una premessa, vale a dire che non intendeva rispondere al nucleo principale, le ricordo che ha questa facoltà, rimanendo ovviamente libero di rispondere.

ANTONIO VOLPE. Dato che sono dichiarazioni che comunque ho reso alla procura di Torino, voi potete rilevarlo dai verbali, in parte.

GIUSEPPE FANFANI. Lei ha detto di aver avuto una collaborazione saltuaria con i Servizi, e poi ha lasciato intendere che questa sua attività all'estero era utile anche allo Stato italiano.

ANTONIO VOLPE. Si è rivelata utile anche successivamente alla...

GIUSEPPE FANFANI. Che tipo di attività era? Era attività di informazione? Lei ha fatto anche dei nomi.

ANTONIO VOLPE. Attività di verifica e di controllo di alcuni personaggi che circolavano all'epoca.

GIUSEPPE FANFANI. Sia in Spagna sia in Francia.

ANTONIO VOLPE. Sì.

GIUSEPPE FANFANI. Se ho ben capito, verso la fine degli anni ottanta termina questa sua attività e nel 1990-1991 va negli Stati Uniti con un organismo che si chiama OIEC.

ANTONIO VOLPE. Esattamente.

GIUSEPPE FANFANI. Di che organismo si tratta?

ANTONIO VOLPE. È un ufficio internazionale per l'educazione cattolica, una ONG.

GIUSEPPE FANFANI. Che tipo di collegamenti ha con istituti italiani? Ha collegamenti con i Servizi?

ANTONIO VOLPE. No, assolutamente.

PRESIDENTE. Ha collegamenti con il Ministero degli affari esteri?

ANTONIO VOLPE. No, è un'organizzazione collegata con il Vaticano, perché si interessa di problemi relativi all'educazione cattolica nel mondo.

GIUSEPPE FANFANI. È attraverso quest'associazione che lei entra in contatto con ambienti del Vaticano e che conosce monsignor Loche?

ANTONIO VOLPE. No. Ho conosciuto successivamente monsignor Loche.

GIUSEPPE FANFANI. Ne è diventato amico?

ANTONIO VOLPE. Sì. Ritengo di essere suo amico. Perlomeno lo ero, se non è successo qualcosa ultimamente.


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GIUSEPPE FANFANI. È la stessa qualifica che le attribuisce monsignor Loche.

ANTONIO VOLPE. Benissimo. Sono contento, perché è la verità.

GIUSEPPE FANFANI. Ed è in virtù di questa sua confidenza con monsignor Loche che lei gli presenta Romanazzi?

ANTONIO VOLPE. Io non ho mai presentato niente a nessuno. Monsignor Loche ha conosciuto casualmente Romanazzi. Non avrei mai pensato di presentare Romanazzi a monsignor Loche. Questo penso si rilevi da qualunque documento.

GIUSEPPE FANFANI. Questo lo diremo dopo. Restiamo nelle attività. Ad un certo punto lei dice di essere stato collaboratore del compianto onorevole Vairo nella Giunta per le autorizzazioni.

ANTONIO VOLPE. Esatto.

GIUSEPPE FANFANI. È possibile che nella Giunta questa sua collaborazione non risulti?

ANTONIO VOLPE. Guardi, ho prodotto già a questa Commissione - il presidente può confermarlo, se ritiene - i documenti (erano nel fascicolo che avevo consegnato all'avvocato Taormina), che erano le comunicazioni firmate dall'onorevole Vairo ed inviate anche ad alcuni funzionari della Camera (se non sbaglio al dottor Zampini, che all'epoca era il capo del Servizio del personale) per informare, appunto, che si avvaleva del sottoscritto come assistente del Comitato parlamentare per i procedimenti d'accusa. Se non risulta, sono problemi vostri, non miei.

GIUSEPPE FANFANI. È possibile che non risulti.

ANTONIO VOLPE. Io ho presentato copia delle lettere, di cui conservo l'originale.

GIUSEPPE FANFANI. D'accordo. Qui siamo nella parte che la riguarda, per capire con che abbiamo a che fare. Parliamo adesso dei suoi rapporti con tre soggetti: il signor Romanazzi, l'avvocato Paoletti e - mi scuserà - l'onorevole Vito, perché è quasi una domanda d'obbligo. Cominciamo con Romanazzi: quando lo ha conosciuto?

ANTONIO VOLPE. Nel 1997, nello studio dell'avvocato Paoletti.

GIUSEPPE FANFANI. Non è precedentemente che Romanazzi le chiede di interessarsi di altre cose? Lei non aveva rapporti prima con Romanazzi?

ANTONIO VOLPE. No.

GIUSEPPE FANFANI. Cosa faceva all'epoca Romanazzi?

ANTONIO VOLPE. Non lo so. Romanazzi, precedentemente al 1997, doveva essere un ex poliziotto, o qualcosa del genere, che si interessava di sicurezza e di scorte.

GIUSEPPE FANFANI. Non aveva anche lui rapporti...

ANTONIO VOLPE. Non avevo mai avuto rapporti con lui precedentemente.

GIUSEPPE FANFANI. Sa se anche lui avesse avuto rapporti con i Servizi segreti?

ANTONIO VOLPE. Non lo so. Dovete chiederlo a lui.

GIUSEPPE FANFANI. Lei viene interessato per quella famosa operazione e le viene chiesto da Romanazzi, almeno così ha detto, perché non voglio...

ANTONIO VOLPE. Nel 2002.

GIUSEPPE FANFANI. Precedentemente che rapporti aveva avuto con Romanazzi? Quando lo ha conosciuto?


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ANTONIO VOLPE. Gliel'ho detto, nel 1997.

GIUSEPPE FANFANI. Sì, ho capito, ma...

ANTONIO VOLPE. L'ho conosciuto nel 1997, o meglio l'ho incontrato di nuovo nello studio dell'avvocato Paoletti. Infatti forse l'avevo conosciuto precedentemente, ma conosciuto...

GIUSEPPE FANFANI. Lei ricorda che nell'intervista resa al giornale ha detto di averlo conosciuto undici anni fa, quindi, nel 1992?

ANTONIO VOLPE. Sì, conosciuto...

GIUSEPPE FANFANI. Siamo nel 1992.

ANTONIO VOLPE. Le spiego: conosciuto, nel senso che sapevo che faceva... L'avevo incontrato qualche volta. Si interessava di sicurezza. Accompagnava delle persone, non so se gli facesse da scorta o altro, ma non avevo mai neanche parlato con lui. L'ho incontrato realmente nel 1997. Sapevo della sua esistenza anche nel 1992.

GIUSEPPE FANFANI. L'ha incontrato quando gli dette l'incarico di fare quella verifica relativa all'operazione Paoletti...

ANTONIO VOLPE. No, questo è successo nel 2002.

GIUSEPPE FANFANI. E nel 1997 cosa ha fatto?

ANTONIO VOLPE. Niente, ci siamo soltanto rivisti e lui mi spiegò dove l'avevo visto, perché mi sembrava una faccia conosciuta, una persona vista da qualche altra parte, e basta. Non ho avuto alcun rapporto con lui.

GIUSEPPE FANFANI. Poi si arriva direttamente al 2002?

ANTONIO VOLPE. Sì, non l'ho più incontrato.

GIUSEPPE FANFANI. E nel 2002 lei si occupa di quella...

ANTONIO VOLPE. Non è mai venuto presso la fondazione, non l'ho mai frequentato.

GIUSEPPE FANFANI. Nel 2002 lei si occupa di questa cosa nota, quella di cui abbiamo parlato tanto qui dentro.

ANTONIO VOLPE. Sì.

GIUSEPPE FANFANI. Se ho ben capito, Romanazzi le dice di non sapere se Paoletti lo avesse o meno buggerato in questo grosso affare e le chiede di controllare. È così?

ANTONIO VOLPE. Sì.

GIUSEPPE FANFANI. Allora, come spiega che una persona che con lei non ha rapporti le affida un incarico così delicato?

ANTONIO VOLPE. Evidentemente non aveva altre possibilità. Mi ha chiamato semplicemente perché sapeva che avevo dei buoni rapporti in Vaticano.

GIUSEPPE FANFANI. Sì, però, mi scusi, non le sembra una giustificazione debole? Una persona che non la conosce affatto, che l'ha vista due volte in dieci anni, una nel 1992...

ANTONIO VOLPE. No, nel 1997 ci siamo visti diverse volte, sempre nello studio dell'avvocato. Io entravo e lui usciva, ci fermavamo, prendevamo il caffè, abbiamo parlato un po'.

GIUSEPPE FANFANI. Allora avete avuto rapporti nel 1997?

ANTONIO VOLPE. Rapporti nel senso che ci siamo visti, abbiamo preso il caffè insieme.


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GIUSEPPE FANFANI. Ma lui la conosceva o no professionalmente?

ANTONIO VOLPE. Sapeva di me, ma perché lo sapeva lui.

GIUSEPPE FANFANI. Ma lei che lavoro faceva nel 1997?

ANTONIO VOLPE. Non era nel 1997, quando lui...

GIUSEPPE FANFANI. Nel 2002 che lavoro faceva?

ANTONIO VOLPE. Lui mi ha conosciuto, si ricordava di me e di avermi incontrato presso la Camera dei deputati o nei pressi di questa, quando ero collaboratore dell'onorevole Vairo, e quindi mi ricordò quando accompagnava delle persone...

GIUSEPPE FANFANI. Benissimo. Nel 2002 le affida questo incarico. Lei che lavoro svolgeva nel 2002?

ANTONIO VOLPE. Facevo l'imprenditore, una cosa completamente diversa da quella che facevo prima.

GIUSEPPE FANFANI. Appunto.

ANTONIO VOLPE. Facevo il mio lavoro.

GIUSEPPE FANFANI. Faceva il lavoro all'estero di cui parlava prima.

ANTONIO VOLPE. Certo.

GIUSEPPE FANFANI. Scusi, ma lei che fa un lavoro all'estero assume un incarico professionale diverso da un soggetto...

ANTONIO VOLPE. Non si tratta di nessuna assunzione di incarico professionale. Un amico, una persona che conosco, mi chiede...

GIUSEPPE FANFANI. Lei non ha mai detto che era un amico.

ANTONIO VOLPE. No, non era un amico. Una persona che conosco mi chiede una cortesia relativamente ad un'altra persona che conosco e che stimo, l'avvocato Paoletti (fino a prova contraria, perché quando si saprà qualcosa di più preciso forse la mia idea cambierà); mi sembrava impossibile perché il Romanazzi mi diceva di essere stato fregato dall'avvocato Paoletti. Non mi sembrava possibile, perché l'avvocato Paoletti è una persona seria, pertanto ho detto: vediamo di cosa si tratta.

GIUSEPPE FANFANI. Quindi, lei a titolo gratuito, per amicizia...

ANTONIO VOLPE. Gratuito, certo.

GIUSEPPE FANFANI. A titolo gratuito si presta a fare questa cosa.

ANTONIO VOLPE. Certo.

GIUSEPPE FANFANI. E che cosa accerta? Quali documenti le vengono dati da Romanazzi?

ANTONIO VOLPE. Mi viene dato esclusivamente il contratto firmato con l'avvocato Paoletti.

GIUSEPPE FANFANI. Però lei ha visto anche quella scheda...

ANTONIO VOLPE. Me l'ha fatta vedere, ma non me ne ha dato copia.

GIUSEPPE FANFANI. Lei fa gli accertamenti che deve fare.

ANTONIO VOLPE. Io sono andato nel posto giusto, vale a dire nel posto che era scritto nel contratto, e ho lasciato lì il contratto, senza farne copia. Dopo di che sono stato chiamato e mi è stato fissato un appuntamento con l'economo generale di quella compagnia.

GIUSEPPE FANFANI. Cosa intende dicendo che è andato nel posto giusto?


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ANTONIO VOLPE. Sono andato dall'unica persona che mi poteva dare una spiegazione, da monsignor Pittau.

GIUSEPPE FANFANI. È andato da monsignor Pittau e con lui ha ricostruito questa vicenda.

ANTONIO VOLPE. No, lui mi ha detto questo: non sono a conoscenza di questa situazione e non credo che sia mai stata data alcuna procura a questo avvocato, ma, poiché l'ufficio che dà le procure è rappresentato dall'economo generale, ti metterò in contatto con l'economo generale. Lo ha fatto, e costui mi ha riconfermato...

GIUSEPPE FANFANI. Lei ha raccontato, quando è stato intervistato, una storia molto più ampia.

ANTONIO VOLPE. Cioè?

GIUSEPPE FANFANI. Conosceva il contenuto del contratto, conosceva la garanzia prestata dal rubino, conosceva tutta l'evoluzione...

ANTONIO VOLPE. Sì, certo, ho letto il contratto. È tutto scritto nel contratto.

GIUSEPPE FANFANI. Quanto tempo le prese tutta questa indagine, questa ricerca?

ANTONIO VOLPE. Il tempo della lettura del contratto.

GIUSEPPE FANFANI. Quindi, fu una cosa da nulla, che lei fece a mero titolo di cortesia.

ANTONIO VOLPE. Certamente. Il contratto era fatto bene, per quel che doveva essere fatto. Chiaramente, se veniva a mancare un presupposto di quel contratto...

GIUSEPPE FANFANI. Le pongo un'altra domanda: non c'è un legame, diverso da quello della semplice conoscenza, tra lei e Romanazzi, tale da giustificare tutta questa quasi simbiosi di attività? Non c'è un legame diverso?

ANTONIO VOLPE. Scusi, cosa intende per «legame diverso»?

GIUSEPPE FANFANI. L'appartenenza a qualche associazione da noi non conosciuta.

ANTONIO VOLPE. No.

GIUSEPPE FANFANI. L'appartenenza a qualche loggia.

ANTONIO VOLPE. No.

GIUSEPPE FANFANI. Un interesse comune. Non le rivolgo questa domanda a caso, perché è assolutamente anomalo che di una persona vista due o tre volte, che sa fare altre attività, ci si fidi al punto da metterla a conoscenza di una sostanziale «bufala», come dicono a Roma.

ANTONIO VOLPE. Non si sapeva ancora, erano passati pochi giorni dalla scadenza...

GIUSEPPE FANFANI. Si mette questa persona a conoscenza di un affare estremamente delicato che doveva comportare il pagamento di diversi miliardi di vecchie lire da corrispondersi nel tempo, dandogli sostanzialmente in mano un affare che è fuori dalle sue competenze professionali, perché lei faceva l'imprenditore estero.

ANTONIO VOLPE. Certo.

GIUSEPPE FANFANI. Non trova anomalo tutto questo, nei confronti di una persona appena conosciuta?

ANTONIO VOLPE. Ma no...

GIUSEPPE FANFANI. Come giustifica...


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PRESIDENTE. Onorevole Fanfani, non sto facendo alcuna obiezione sulla domanda, ma se mi consente la voglio completare.

GIUSEPPE FANFANI. La ringrazio.

PRESIDENTE. Infatti la stazione terminale darebbe una risultato di 36 miliardi, trattandosi di 512 mila dollari la settimana, per 32 settimane.

GIUSEPPE FANFANI. Beato lui, come si suol dire!

PRESIDENTE. Quindi, a questo punto prende ancora di più consistenza la domanda come mai lei possa essere al corrente di un'operazione così importante in mancanza di un rapporto forte. È così? È questa la filosofia della domanda?

GIUSEPPE FANFANI. È così. La domanda è questa.

ANTONIO VOLPE. Io credo che Romanazzi fosse convinto che io potessi dargli una mano. Effettivamente gliela potevo dare, tant'è che sono riuscito ad ottenere quelle notizie che lui voleva. Ma solo per sua convinzione personale. Probabilmente se gli avessi risolto il problema in senso positivo avrebbe anche fatto una donazione alla fondazione. Non lo so. Sta al suo buon cuore.

GIUSEPPE FANFANI. Romanazzi quindi di lei si fidava.

ANTONIO VOLPE. Penso di sì, altrimenti non mi avrebbe mai fatto vedere cose del genere.

GIUSEPPE FANFANI. Benissimo.

ANTONIO VOLPE. Tutto è stato detto sul mio conto...

GIUSEPPE FANFANI. Per carità!

ANTONIO VOLPE. L'unica cosa che nessuno mi può contestare è la mancanza di correttezza, perché quando assumo un impegno lo porto a termine, sempre.

GIUSEPPE FANFANI. Gliel'ho mai contestato?

ANTONIO VOLPE. No. La ringrazio.

GIUSEPPE FANFANI. Io non ho alcun motivo per contestarle scorrettezze; cerco di capire questa faccenda, perché oltre tutto lei ha un modo di esporre che molto spesso lascia intendere anche delle valutazioni alle quali lei arriva, perché conosce fatti che noi non conosciamo, e noi - ahimè - non arriviamo.
Ma veniamo al dopo. Questa persona di lei si fida.

ANTONIO VOLPE. Sì.

GIUSEPPE FANFANI. Secondo lei perché? Sa dare una spiegazione del fatto che non le affida direttamente la busta ma che la dà a monsignor Loche?

ANTONIO VOLPE. Abbiamo fatto un salto di quasi un anno.

GIUSEPPE FANFANI. D'accordo. Lei nel frattempo non lo vede più?

ANTONIO VOLPE. Come no! L'ho già detto. Da febbraio ad aprile lo vedo due o tre volte.

GIUSEPPE FANFANI. Risulta anche questo.

ANTONIO VOLPE. Poi, a maggio, dopo l'audizione del signor Marini, lo rivedo un'altra volta, e poi un'ultima volta proprio prima che partisse, perché mi chiamò per dirmi che aveva dato a qualcuno di sua fiducia - all'epoca non mi disse chi - questo plico che doveva essere consegnato solo a me in caso di sua disposizione. Se vuole sapere il contenuto del discorso, chiesi anche perché per forza a me, in quanto io non ero sempre qui in Italia e


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quindi potevo anche non esserci, nel momento in cui... Questo fu uno dei problemi per cui dovetti aspettare.

GIUSEPPE FANFANI. Romanazzi sparisce dall'Italia in quanto ha paura fisica.

ANTONIO VOLPE. Certo.

GIUSEPPE FANFANI. Quindi, è una cosa molto importante.

ANTONIO VOLPE. Certo.

GIUSEPPE FANFANI. Affida le sue memorie, le sue ultime conoscenze, quelle più preziose...

ANTONIO VOLPE. Una parte, mi disse, quelle che aveva in Italia. Mi disse che aveva altro.

GIUSEPPE FANFANI. Le affida quello che di più prezioso ha in Italia, tanto prezioso che, accanto al pay order, c'era il famoso «Ranoc. e Mortad.», tanto prezioso da coinvolgere fatti di rilevanza nazionale e di grande livello istituzionale. Lo affida a lei.

ANTONIO VOLPE. Non a me.

GIUSEPPE FANFANI. Certo, a lei, perché dice: se per caso...

ANTONIO VOLPE. Se dovesse accadermi qualcosa, c'è una persona che ha un plico chiuso, che lui mi disse aver siglato in modo che nessuno potesse...

GIUSEPPE FANFANI. Monsignor Loche fa la parte del passacarte.

ANTONIO VOLPE. Fa la parte del notaio.

GIUSEPPE FANFANI. Esatto. Ma il destinatario della fiducia non è monsignor Loche, è lei.

ANTONIO VOLPE. Certo.

GIUSEPPE FANFANI. Infatti questa roba monsignor Loche, come qualsiasi altro notaio a cui fosse stata affidata, la doveva consegnare a lei. Come giustifica questo particolare rapporto? Da cosa nasce?

ANTONIO VOLPE. Non nasce da niente. Il signor Romanazzi sa perfettamente che, nel momento in cui io assumo un impegno, lo porto a termine. L'ho detto prima e lo ripeto.

GIUSEPPE FANFANI. Lei ha visto quello che ha detto Romanazzi nella...

ANTONIO VOLPE. No.

GIUSEPPE FANFANI. Si figuri se lei non ha letto l'intervista a L'Espresso!

ANTONIO VOLPE. L'intervista sì, ma ho letto anche quello che hanno scritto sul Barbiere della sera. Hanno pubblicato che non è assolutamente vero che la stampa ha riportato delle notizie false, indipendentemente dalle loro convinzioni riguardo al presidente.

GIUSEPPE FANFANI. Romanazzi ha riferito cose diverse, cioè che lui le aveva parlato di questa documentazione e che lei ha fatto i salti mortali per averla.

ANTONIO VOLPE. Io?

GIUSEPPE FANFANI. Questo dice Romanazzi.

ANTONIO VOLPE. Io gli ho sempre detto che la documentazione doveva essere presentata agli organismi inquirenti, alla Commissione, alla procura, o a tutte e due, in copia: «Io non faccio copia»; «Allora presentala ad una delle due».

GIUSEPPE FANFANI. Quindi lei ne conosceva il contenuto.

ANTONIO VOLPE. No. Dopo l'audizione di Marini - l'ho già detto mille volte e lo ripeto di nuovo - lui mi disse che,


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siccome c'erano questi nominativi sui pay orders, la documentazione di cui era in possesso era interessante per la Commissione Telekom-Serbia. A questo punto, cosa dovevo fare? Gli ho consigliato di presentarla in Commissione. Per me doveva venire lui a portarla, però non se l'è sentita, aveva paura. Allora l'ho fatto io; e lo rifarei.

GIUSEPPE FANFANI. C'è stata una diversità di visioni fra lei e Romanazzi su questo punto?

ANTONIO VOLPE. Perché diversità di visioni? I giornali sul mio conto hanno scritto il 99 per cento di falsità ed io non credo neanche un po' a quello che scrivono. Non mi può portare l'Espresso come prova!

GIUSEPPE FANFANI. Me ne guardo bene!

ANTONIO VOLPE. Li ho querelati.

GIUSEPPE FANFANI. Se ho ben capito, quello che ha detto Romanazzi a L'Espresso...

ANTONIO VOLPE. Se lo ha detto, è falso.

GIUSEPPE FANFANI. Questo volevamo sapere. La verità non è quella che dice Romanazzi...

ANTONIO VOLPE. Assolutamente.

GIUSEPPE FANFANI. ...ma è quella che dice lei.

ANTONIO VOLPE. Bisogna vedere se Romanazzi l'ha detto.

GIUSEPPE FANFANI. Ammesso che lo abbia detto.

ANTONIO VOLPE. Io penso di no, perché ho letto quello che hanno mandato in Internet...

PRESIDENTE. Se lo ha detto è falso.

GIUSEPPE FANFANI. Quando ha cominciato a sentir parlare di Igor Marini?

ANTONIO VOLPE. Dopo la sua audizione qui alla Camera. Precedentemente non mi era mai stato fatto il suo nome, neppure da Romanazzi, perché neanche lui sapeva che dietro la questione di quel contratto ci fosse Igor Marini.

GIUSEPPE FANFANI. Però, sembra che Igor Marini fosse stato della partita del famoso affare IOR, Paoletti, Romanazzi, la famosa «bufala».

ANTONIO VOLPE. Quale: quella descritta da la Repubblica? Mi faccia una cortesia: non parli dei giornali.

GIUSEPPE FANFANI. Lei, nel 2002, fu incaricato da Romanazzi di svolgere una determinata attività di indagine relativamente ai pay orders di 512 mila dollari.

ANTONIO VOLPE. Giusto.

GIUSEPPE FANFANI. Lei sa che a seguito di quell'operazione Paoletti venne arrestato. È così? Lei ha mai saputo dell'arresto di Paoletti?

ANTONIO VOLPE. Sì, l'ho saputo dopo la deposizione di Igor Marini, perché lo stesso Romanazzi me ne parlò.

GIUSEPPE FANFANI. Ha mai saputo che una delle parti di quell'affare era Igor Marini?

ANTONIO VOLPE. No.

GIUSEPPE FANFANI. Romanazzi glielo disse mai?

ANTONIO VOLPE. Me lo ha detto dopo la deposizione. Credo che non lo sapesse neanche Romanazzi, perché non me lo ha mai detto prima dell'audizione.


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GIUSEPPE FANFANI. Quindi il nome di Igor Marini per lei viene fuori dopo l'audizione.

ANTONIO VOLPE. Sì, dopo la prima audizione qui alla Camera.

GIUSEPPE FANFANI. Parliamo ora degli incontri con l'onorevole Vito.
Una volta ricevuta la documentazione, lei avrebbe dovuto consegnarla alla Commissione Telekom-Serbia: si ricorda di un parlamentare che aveva conosciuto tanti anni fa; sa che fa parte della Commissione e, attraverso un amico, Rocco Anello, lo contatta e il 31 luglio viene.

ANTONIO VOLPE. Esatto.

GIUSEPPE FANFANI. Ci può descrivere il contenuto del primo incontro di cui lei parla? Lei ha detto che il 22 o il 23 luglio ha parlato con l'onorevole Vito e ha concordato la data del 31 luglio per il deposito della documentazione. È così?

ANTONIO VOLPE. Sì.

GIUSEPPE FANFANI. Dove è avvenuto questo incontro?

ANTONIO VOLPE. A via Uffici del Vicario.

GIUSEPPE FANFANI. Fu un incontro a tre?

ANTONIO VOLPE. No. Io e l'onorevole Vito.

GIUSEPPE FANFANI. È sicuro di questo? L'onorevole Vito dà una versione un po' diversa: dice che c'era Rocco Anello.

ANTONIO VOLPE. Sì, c'era Rocco Anello, che è andato via immediatamente dopo.

GIUSEPPE FANFANI. Dice che non lo aveva riconosciuto ed è rimasto un po' perplesso per il nome.

ANTONIO VOLPE. Sì, c'era anche Rocco Anello.

GIUSEPPE FANFANI. Lei si presentò e disse che lo aveva già conosciuto tanti anni fa.

ANTONIO VOLPE. Sì, è la verità.

GIUSEPPE FANFANI. E lì cosa concordò con l'onorevole Vito?

ANTONIO VOLPE. Non concordai niente. Parlammo della questione perché io avevo ricevuto l'e-mail da Romanazzi con la quale mi pregava di consegnare il plico in Commissione. Avvisai l'onorevole Vito del fatto che dovevo effettuare la consegna.

GIUSEPPE FANFANI. Vi metteste d'accordo su quando la avrebbe effettuata?

ANTONIO VOLPE. Gli chiesi quale fosse l'ultimo giorno di lavoro della Commissione.

GIUSEPPE FANFANI. E cosa le disse l'onorevole Vito?

ANTONIO VOLPE. Il 31 luglio. Entro quella data avrei dovuto consegnare il plico.

GIUSEPPE FANFANI. E lei allora il 31 luglio andò a prendere la documentazione da monsignor Loche.

ANTONIO VOLPE. Sì, perché prima non potevo; solo per questo, altrimenti sarei andato prima.

GIUSEPPE FANFANI. Quindi, già nell'incontro del 22 luglio fu concordata la data del 31 luglio per il deposito della documentazione.

ANTONIO VOLPE. Era entro il 31 luglio. Mi pare che poi ho sentito l'onorevole per telefono per dirgli qual era il giorno in cui sarei stato disponibile.


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GIUSEPPE FANFANI. A che numeri di telefono vi sentivate? Quale era il suo numero di telefono? Che telefono usava?

ANTONIO VOLPE. Usavo il telefono... vuole il mio numero di telefono?

GIUSEPPE FANFANI. No. Voglio sapere che numeri di telefono usava.

ANTONIO VOLPE. Devo accendere il telefono e fare una telefonata, perché non lo ricordo.

GIUSEPPE FANFANI. È possibile che sia questo numero (Indica un numero di telefono cellulare)?

ANTONIO VOLPE. Potrebbe essere.

GIUSEPPE FANFANI. È lo stesso numero che lei indica in calce alla lettera del 7 ottobre 2003, indirizzata all'onorevole Carlo Taormina e da costui consegnata alla Commissione.

ANTONIO VOLPE. O questo o l'altro numero. Ho due numeri di telefono e li ho messi in calce alla lettera all'avvocato Taormina.

GIUSEPPE FANFANI. L'altro numero...

PRESIDENTE. Se lei deve riferire dei numeri di telefono devo secretare la seduta.

GIUSEPPE FANFANI. Sui numeri di telefono farò una domanda finale.
Dottor Volpe, lei quindi il 31 luglio consegna la documentazione alla Commissione: incontra l'onorevole Vito qua sotto, sale e consegna la documentazione. Come faceva a sapere che doveva effettuare la consegna il 31 luglio? Chi glielo disse? E quando?

ANTONIO VOLPE. Lo abbiamo detto due secondi fa: la Commissione doveva lavorare fino al 31 luglio.

GIUSEPPE FANFANI. Non è così. La Commissione si sarebbe riunita per l'ultima volta il 30 luglio, ma la riunione fu rinviata al 31 luglio nel pomeriggio dello stesso 30. Come faceva lei a saperlo e chi glielo disse?

ANTONIO VOLPE. L'altra volta ho detto che sono venuto il 30 luglio.

GIUSEPPE FANFANI. No, risponda a me. Deve essere preciso, perché la domanda è precisa: come fece a saperlo il 20 luglio, se non lo sapeva nessuno? Chi glielo disse?

ANTONIO VOLPE. Si parlò della fine di luglio. Ma per me la fine di luglio era il 30, tant'è che l'altra volta ho parlato del 30 luglio, e poi mi fu ricordato che era il 31.

GIUSEPPE FANFANI. Aveva ragione perché l'ultima seduta della Commissione era programmata per il 30 luglio.

ANTONIO VOLPE. Per me la fine di luglio era il 30.

GIUSEPPE FANFANI. L'ultima seduta della Commissione era stata programmata per il 30 luglio, ma nel pomeriggio fu rinviata al 31. Chi l'avvertì che era il 31? Fu un caso, fu la provvidenza che la illuminò?

ANTONIO VOLPE. Non ricordo, però parlai con l'onorevole Vito per telefono di questo fatto.

GIUSEPPE FANFANI. Quindi ci fu un contatto telefonico?

ALFREDO VITO. La domanda non è esatta.

GIUSEPPE FANFANI. La seduta è stata rinviata il 30.

PRESIDENTE. Storicamente la domanda dell'onorevole Fanfani è corretta. Noi avevamo previsto la chiusura dei nostri


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lavori per il 30 luglio. Lo stesso giorno vi è stato uno slittamento al 31. Che questo abbia a che vedere con gli uffici o con la Commissione è altra materia, ma la domanda dell'onorevole Fanfani è corretta.

GIUSEPPE FANFANI. Quindi siamo al secondo incontro: il primo avviene il 22 luglio e il secondo il 31 luglio.

ANTONIO VOLPE. Sì.

GIUSEPPE FANFANI. La prego di riflettere sul fatto che questa sua contraddizione...

ANTONIO VOLPE. Non c'è contraddizione. Contraddizione su che cosa?

GIUSEPPE FANFANI. Lei mi ha detto all'inizio di questo esame che il 22 o il 23 luglio, in occasione dell'incontro con l'onorevole Vito, fissaste per il 31 luglio, l'unica data che lei aveva a disposizione...

ANTONIO VOLPE. Si parlò della fine di luglio.

GIUSEPPE FANFANI. Lei ha detto il 31 luglio, perché era l'unica data che aveva a disposizione.

ANTONIO VOLPE. Ed io le dico che nella scorsa audizione io continuavo a parlare del 30 luglio, convinto che fosse l'ultimo giorno del mese. Poi sono stato corretto.

GIUSEPPE FANFANI. Lei ha studiato al liceo classico e ricorderà quello che dice Dante: «Volere e disvolere insiem non puossi per la contraddizion che nol consente».
Lei prima ha detto che il 31 luglio era l'unico giorno che aveva a disposizione. Ciò presuppone che lei, accordandosi il 22 o il 23 su quella data, avesse fatto già uno screening dei suoi impegni. Ma il 31 luglio lei qui non ci poteva venire perché la Commissione non c'era più. Allora le domando: chi la avvertì che la Commissione era stata rinviata dal 30 al 31 luglio? Aveva concordato il 30 o il 31?

ANTONIO VOLPE. «Aveva concordato» con chi?

GIUSEPPE FANFANI. Con l'onorevole Vito per depositare i documenti: lo ha detto lei prima.

ANTONIO VOLPE. Quando ci siamo incontrati non abbiamo concordato la data precisa; abbiamo detto «entro la fine del mese», e per me il mese finiva il 30 luglio. Dopo di che ci siamo sentiti solo per telefono e sicuramente in una telefonata, forse il 30 stesso - sono due i numeri di telefono: potete farvi dare i tabulati per vedere quando ho chiamato l'onorevole -, l'onorevole mi ha avvisato.

GIUSEPPE FANFANI. Prendo atto.

ANTONIO VOLPE. La contraddizione non c'è perché io ho sempre parlato del 30 luglio, anche per la data di consegna dei documenti, perché per me il mese di luglio, in quel momento, finiva il 30.

GIUSEPPE FANFANI. Non spetta a lei valutare se tutto quello che dice avrà una sua organicità e sarà credibile, spetta ai membri di questa Commissione perché è un loro compito precipuo. Io devo rispettare quello che lei dice e prenderne atto.
Che tipo di rapporto si instaurò in quel momento con l'onorevole Vito: di semplice conoscenza? Di distaccata collaborazione?

ANTONIO VOLPE. Ci siamo rivisti dopo dieci anni e ci siamo incontrati due, tre o quattro volte in tutto.

GIUSEPPE FANFANI. Lei ha detto due volte.

ANTONIO VOLPE. Poi ci siamo rivisti a settembre. In tutto quattro volte.


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GIUSEPPE FANFANI. Non le contesto nulla, cerco solo di capire.
In quel momento lei lo aveva visto solo due volte, la prima il 22, quando glielo aveva presentato Rocco Anello che aveva combinato l'appuntamento. In quella occasione avevate concordato la fine del mese (lei prima ha detto il 31 e dopo il 30, ma poco importa) per depositare i documenti. Lei è venuto e l'onorevole Vito l'ha accompagnato qui, le ha dato la mano e se n'è andato. È così?

ANTONIO VOLPE. Sì.

GIUSEPPE FANFANI. Che tipo di rapporto è questo?

ANTONIO VOLPE. Fino a quel momento è esattamente quello che ha descritto lei.

GIUSEPPE FANFANI. Allora mi spiega perché il 5 agosto l'onorevole Vito le ha dato un incarico delicatissimo, cioè quello di fare un accertamento a San Marino, che presuppone un rapporto di fiducia, di attenzione e di collaborazione professionale molto diverso?

ANTONIO VOLPE. L'onorevole Vito mi ha conosciuto quando ero con l'onorevole Vairo e credo che chiunque abbia parlato con l'onorevole Vairo all'epoca abbia appreso che io sono una persona seria, a parte quello che dicono i giornali.

GIUSEPPE FANFANI. Ma l'onorevole Vito ha collaboratori, rapporti e relazioni tali per cui non si può rivolgere ad uno sconosciuto, a una persona che ha visto due volte e che ha solo portato dei documenti per fargli fare un'indagine delicatissima come questa... La prego di dare alla Commissione una risposta decorosa sotto il profilo logico.

ANTONIO VOLPE. Con l'onorevole Vito ci siamo visti diverse volte dieci anni fa.

GIUSEPPE FANFANI. Lei ha detto due volte.

ANTONIO VOLPE. In questo caso due volte. Però io posso incontrarla oggi e non avere mai più stima di lei, oppure incontrarla una volta e avere stima di lei.

GIUSEPPE FANFANI. Ma lei tre minuti fa, interrogato da me sulla premessa, quando non si aspettava questa domanda, mi ha detto che il rapporto era puramente formale, come quello di due persone che si vedono per qualche minuto. Invece, quello che l'onorevole Vito le ha fatto fare presuppone fiducia.

ANTONIO VOLPE. Probabilmente la fiducia in più gli è venuta proprio dal fatto che sono riuscito ad arrivare in Commissione.

GIUSEPPE FANFANI. Presuppone anche la fiducia nel suo silenzio, nella sua riservatezza, perché le ha dato da fare un'indagine delicatissima.

ANTONIO VOLPE. Potrebbe anche essere. La mia riservatezza comunque ci sarebbe stata.

GIUSEPPE FANFANI. Ho capito. Ma da cosa nasce questa fiducia?

ANTONIO VOLPE. Lo chieda all'onorevole Vito.

GIUSEPPE FANFANI. Glielo chiederemo. Ora vogliamo conoscere la sua impressione.

ANTONIO VOLPE. Posso dirle che, se mi ha chiesto di fare questo, vuol dire che aveva quella fiducia. Se non l'aveva, lo dicesse lui.

GIUSEPPE FANFANI. L'onorevole Vito è persona che ha relazioni con mezzo mondo.

ANTONIO VOLPE. Lo immagino.

ENRICO NAN. Le domande devono essere domande e non conclusioni!


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GIUSEPPE FANFANI. Non mi insegni a fare esami né controesami perché sarebbe perdente.

PRESIDENTE. Onorevole Nan, sono in disaccordo con lei: la domanda è corretta e finalizzata. L'unica domanda eccessiva, tant'è vero che l'onorevole Fanfani non ha insistito, è quella relativa alla fiducia.

ENRICO NAN. Sono intervenuto su quella!

GIUSEPPE FANFANI. Di solito usiamo l'espressione «come spiega?».
Signor presidente, lei ha detto una cosa correttissima, anche perché la facoltà di fare domande o di esaminare qualsiasi persona è finalizzata non solo ad avere il contenuto delle risposte ma anche, come è noto a tutti, a valutare la credibilità del teste, per cui posso fare domande di tutti i tipi sotto questo profilo.
Il 14 agosto, lei, dottor Volpe, invia un fax a Ischia con un documento contabile che aveva acquisito a San Marino. È così?

ANTONIO VOLPE. Mandai una querela che avevo presentato.

GIUSEPPE FANFANI. Non era un documento che aveva acquisito a San Marino?

ANTONIO VOLPE. Era copia di una querela.

GIUSEPPE FANFANI. A me risultava che fosse un documento contabile con i primi accertamenti di San Marino. Non è così?

ANTONIO VOLPE. No.

GIUSEPPE FANFANI. Prendo atto. Poi vedremo i riscontri.

ANTONIO VOLPE. Era una querela che avevo presentato e di cui mandavo copia. Ho già risposto precedentemente a questa domanda.

GIUSEPPE FANFANI. Il 2 settembre c'è il quarto incontro, a piazza San Silvestro, che viene funestato dall'arrivo dei finanzieri.

ANTONIO VOLPE. Sì.

GIUSEPPE FANFANI. Era stato preceduto da un pedinamento. Sbaglio?

ANTONIO VOLPE. No, è esatto.

GIUSEPPE FANFANI. Durante il pedinamento telefonò dicendo che non poteva venire perché era seguito. Comunicò sempre da quei telefoni?

ANTONIO VOLPE. Sì, da uno dei due numeri.

PRESIDENTE. Lei, onorevole Fanfani, a differenza di altri suoi colleghi (non faccio pagelle, quindi non dico quali), ha un modo di porre le domande che coinvolge chi la ascolta. Ci sono altri che farebbero bene a ricordare la massima del saggio: se il silenzio è preferibile alla parola, perché usi la parola?

GIUSEPPE FANFANI. L'ultima domanda che le faccio è la seguente...

PRESIDENTE. La penultima.

GIUSEPPE FANFANI. Poi passeremo a quelle da fare in seduta segreta. L'ultima domanda in seduta pubblica è la seguente: che tipo di accertamento fece a San Marino? Accertò cosa a carico della Finbroker? So che parlò con una persona, perché lo ha detto l'altra volta.

ANTONIO VOLPE. Esattamente.

GIUSEPPE FANFANI. Possiamo sapere chi è oppure preferisce non dirlo?

ANTONIO VOLPE. L'ho già detto l'altra volta: non ricordo se era segretato oppure no.

GIUSEPPE FANFANI. Non l'ho letto.


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PRESIDENTE. Può non rispondere, se non è intenzionato a rispondere.

ANTONIO VOLPE. No, non è segretato, perché l'ho letto in Internet: quindi Pasquali. Il signor Pasquali.

GIUSEPPE FANFANI. E le dette delle informazioni relativamente a questo conto?

ANTONIO VOLPE. Sissignore.

GIUSEPPE FANFANI. Che valutazioni lei fece su questo conto?

ANTONIO VOLPE. Valutazioni?

GIUSEPPE FANFANI. Che conclusioni trasse dall'esame di questo conto corrente?

ANTONIO VOLPE. Che su quel documento erano riportate alcune operazioni che effettivamente corrispondevano al vero.

GIUSEPPE FANFANI. E non trasse altre conclusioni? Lei aveva conosciuto Vito per la questione Telekom-Serbia, aveva portato dei documenti che si riferivano a Telekom-Serbia, aveva parlato con Romanazzi proprio di questa questione Telekom-Serbia per la quale Romanazzi era fuggito: questo tipo di incarico aveva relazioni con la Telekom-Serbia o no? E lei trasse delle conclusioni che potevano riferirsi a Telekom-Serbia o no?

ANTONIO VOLPE. La richiesta era: questo documento può essere reale oppure no? Questa era stata la richiesta dell'onorevole Vito.

GIUSEPPE FANFANI. Non lo deve domandare a me.

ANTONIO VOLPE. Non lo sto domandando a lei. Le sto riferendo quello che l'onorevole Vito aveva chiesto a me: questo documento può essere reale oppure no? Io stavo tornando a dirgli che poteva essere reale, perché buona parte dei movimenti riportati in quel documento erano reali.

GIUSEPPE FANFANI. Quando l'onorevole Vito glielo mostrò, era la prima volta che lei vedeva quel documento?

ANTONIO VOLPE. Certo.

GIUSEPPE FANFANI. Non fu lei che lo mandò all'onorevole Vito a Napoli?

ANTONIO VOLPE. Questa è una cosa assurda che ha detto il senatore Brutti l'altra volta. L'ha accennato soltanto...

GIUSEPPE FANFANI. È uno dei sospetti che ha avuto l'onorevole Vito e come tale lo ha riferito ai giudici. Si figuri se è assurdo.

ANTONIO VOLPE. Per me è un'ipotesi assurda.

GIUSEPPE FANFANI. È il primo sospetto che ha avuto il collega Vito.

ALFREDO VITO. Poi ho detto che non era vero.

GIUSEPPE FANFANI. Sì, d'accordo. È il primo sospetto.
Presidente, le ultime domande sui telefoni e poi ho finito. Le chiedo dunque di segretare il seguito dei nostri lavori.

PRESIDENTE. Non essendovi obiezioni, proseguiamo i nostri lavori in seduta segreta. Dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo interno.

(La Commissione procede in seduta segreta).

PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo interno.
Innanzitutto, comunico che il dottor Volpe ha chiesto di depositare presso la


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segreteria della Commissione gli atti che aveva preannunciato di consegnare al termine della sua audizione.
In secondo luogo, a conclusione di questo incontro vorrei rivolgere al dottor Volpe ancora due domande.
Lei conosce il signor Thomas Mares?

ANTONIO VOLPE. No. Mai conosciuto.

PRESIDENTE. Pur senza averlo conosciuto, ne ha sentito parlare?

ANTONIO VOLPE. Sì, ne ho sentito parlare dai giornali.

PRESIDENTE. Come tutti, dai giornali. Monsignor Pittau non le ha mai parlato di Thomas Mares?

ANTONIO VOLPE. No, mai.

PRESIDENTE. Non ho altre domande.
Avverto che i documenti consegnati oggi dal dottor Volpe sono atti liberi.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,55.