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Seduta del 6/11/2003


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Discussione in materia di programmazione delle attività istruttorie.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione in materia di programmazione delle attività istruttorie.
Nel corso dei lavori della Commissione taluni commissari, anche a nome dei rispettivi gruppi, hanno formulato diverse richieste istruttorie e di audizioni, sulle quali invito la Commissione a discutere al fine di individuare i filoni di indagine e le relative attività istruttorie cui dedicarsi nei prossimi mesi.
Do la parola al senatore Cantoni sull'ordine dei lavori.

GIAMPIERO CANTONI. In merito all'ordine dei lavori, ritengo estremamente importante analizzare il problema Igor Marini, cioè quale sarà la nostra strategia, di cosa intendiamo avvalerci, se intendiamo che sia necessaria un'altra audizione, tenendo presente che Igor Marini è stato audito da questa Commissione la prima volta in maggio e successivamente nel carcere di Torino, e quindi la Commissione


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ha visto le sue dichiarazioni in funzione di atti che ci sono pervenuti dalla procura di Torino. Ritengo che dobbiamo dare una svolta ai nostri lavori e quindi prendere una decisione in merito ad Igor Marini.

PRESIDENTE. La ringrazio, perché mi dà l'occasione di sottoporre alla Commissione e di chiedere, poi, l'approvazione di questo percorso, se esso sarà considerato concorde alla volontà comune, per stabilire ora e per sempre - nel senso che resta fermo come un principio - che la Commissione d'inchiesta su Telekom-Serbia non è la Commissione d'inchiesta sull'attendibilità di Igor Marini, il quale è apparso nei nostri lavori come una tempesta estiva, con effetti gravi, anzi gravissimi, che hanno coinvolto, inevitabilmente, personaggi di spicco delle istituzioni.
Quindi, io non manifesto alcuna prevenzione e alcuna affezione. Ho perciò il dovere di precisare che la Commissione - dico «la Commissione» perché è mio pensiero dopo aver sentito alcuni componenti della Commissione stessa, ma sarà il pensiero comune della Commissione se esso sarà approvato - ritiene che non sussistano le condizioni per procedere ad una ulteriore audizione di Igor Marini, in quanto il racconto del medesimo, fatto in merito al presunto pagamento di tangenti ad alcuni personaggi politici in relazione all'affare Telekom-Serbia, è da tempo demandato alla procura della Repubblica di Torino e dagli atti a noi trasmessi non si rinvengono elementi suscettibili di nostra attività istruttoria in ordine alla vicenda Telekom-Serbia.
La Commissione, pertanto, prenderà atto delle conclusioni cui perverrà la procura di Torino al fine di valutare definitivamente l'utilizzabilità o meno delle dichiarazioni precedentemente rese da Marini, ribadendo che sin dall'8 agosto scorso, come è stato richiamato dal senatore Cantoni, esauriti tre interrogatori - atto dovuto - non sono state svolte indagini di qualsiasi natura, né attività alcuna di verifica, escludendo le audizioni qualificate del maresciallo Quaresima, decise all'unanimità. Ciò comporta che per noi il problema Marini non è suscettibile di apprezzamento attuale, in quanto le considerazioni su Marini restano affidate ad ognuno dei commissari, le dichiarazioni che ha fatto Marini sono in questo momento verificate dall'autorità giudiziaria di Torino e noi non vogliamo creare né contrasto né conflitto, ma ci rimettiamo a questi apprezzamenti perché siano poi oggetto di valutazione nostra ai fini dell'eventuale attendibilità di atti raccolti. Mi pare che questo, sul piano delle garanzie, sia il massimo di lealtà nei confronti della Commissione e nei confronti delle istituzioni che si sono occupate del caso.
Do la parola al senatore Zancan.

GIAMPAOLO ZANCAN. Presidente, le sue dichiarazioni non mi possono acquietare e non credo possano acquietare neppure la Commissione. Noi siamo di fronte ad un fatto eccezionale, ovverosia ad una calunnia - qui sto parlando secondo la mia opinione, ma sono convinto che questa diventerà presto documentazione recepibile in toto dalla Commissione -; siamo in presenza di una calunnia che avviene davanti alla Commissione parlamentare Telekom-Serbia in forza - e questo non suoni offesa per la Commissione stessa - di una elezione, piaccia o non piaccia, voluta dal signor Marini, il quale, avendogli lei richiesto, signor presidente, se avesse già esposto quanto si accingeva a narrare ad altra autorità, ha risposto (siamo alla seconda o alla terza riga dell'interrogatorio del 7 maggio) «ho tentato di raccontarlo al pubblico ministero di Roma» (il cui nome non imparerò mai)...

GIUSEPPE CONSOLO. Barborini.

GIAMPAOLO ZANCAN. La ringrazio. «...ma questo pubblico ministero ha detto che erano cose che non riguardavano il suo fascicolo». Allora, noi ci troviamo di fronte a questo fatto eccezionale (quando ci vuole, ci vuole) della storia repubblicana di una scelta elettiva per compiere una calunnia nei confronti dei massimi esponenti


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dell'opposizione, cioè la scelta del terreno della Commissione parlamentare. Marini ebbe, nell'anno precedente, pluralità di incontri con le forze dell'ordine e con la magistratura; ebbe, dunque, occasioni plurime per dar corso alla sua calunnia: scelse, purtroppo per la Commissione, il terreno della Commissione stessa.
Allora, quella calunnia che Marini ha scelto il 7 maggio, ha poi reiterato l'8 agosto a Torino ed ancora reiterato nell'interrogatorio in Svizzera, non più davanti alla Commissione, è un problema che la Commissione nella sua interezza non può risolvere lavandosi le mani e dicendo che è competenza dell'autorità giudiziaria. Questo perché è stata chiamata in causa e, signor presidente - non ho portato con me il verbale, ma nella prossima occasione le citerò il passo - è stato lei per primo, il 7 maggio, a porsi questo problema dicendo (se non letteralmente, la cito nella sostanza): «se Marini sarà rivelato falso, noi saremo i primi a denunziarlo per calunnia», «a ritenerci parte offesa» (è la citazione letterale che il collega Fanfani giustamente mi suggerisce).
In questa situazione, dunque, la Commissione non può tirarsi fuori, specie tenendo presente non solo che il terreno elettivamente prescelto è la Commissione, ma soprattutto che i calunniati non sono dei cittadini, pur rispettabilissimi, degni di tutela, ma sono tre illustri esponenti dell'opposizione, tutti e tre parlamentari o ex parlamentari, per cui si tratta di una calunnia dentro il Parlamento nei confronti di parlamentari. Questo è il nodo che noi dobbiamo sciogliere e che abbiamo il dovere di sciogliere, perché non possiamo trascurare uno snodo di questo tipo e con queste caratteristiche. Aggiungiamo poi che all'attività diretta di calunnia del Marini si sono affiancate delle attività di favoreggiamento, fiancheggiamento, collusione, apporto, supporto, aiuto, soccorso, chiamiamole come vogliamo, ma certamente dei fatti di concorso, anche qui con una elezione che certamente non giova alla Commissione e che noi dobbiamo respingere. Qui sì, io credo di parlare a nome di tutta la Commissione: la dobbiamo respingere, perché l'elezione di questa attività di fiancheggiamento e di collusione è stata per l'ennesima volta la Commissione. Non dimentichiamo, infatti, che all'interno di quel plico che ci è giunto in modo molto rocambolesco, ma che ormai abbiamo sufficientemente ricostruito (ovverosia un plico che parte da Romanazzi, discende a monsignor Loche, arriva al dottor Volpe e poi alla Commissione, previo appuntamento prestabilito, concordato o quanto meno ricercato con l'onorevole Vito), c'è quella che dovrebbe essere «la ciliegina sulla torta» della costruita calunnia, ovvero l'indicazione Ranoc. e Mortad. su quei pay order e così sui documenti contabili. Quindi, la prova nominativa necessaria per aversi, diciamo così, riscontro documentale alla calunnia.
Per questo le dico, signor presidente, che pur apprezzando il suo dire e il dire del senatore Cantoni che questa Commissione non ha in questo momento elementi per proseguire oltre nella istruttoria relativamente alle dichiarazioni di Marini e pur apprezzando che la Commissione sin da ora si dichiari disponibile ad accettare la valutazione della magistratura ordinaria, io credo che tutto questo non ci sia possibile, per rispetto per la Commissione.
La Commissione - lo ripeto per l'ennesima volta - non può essere indifferente. Siamo stati, purtroppo, scelti e dobbiamo reagire a questa scelta; altrimenti è una scelta che aveva nel pensiero di chi l'ha fatta una ipotetica connivenza: noi questo non lo possiamo accettare, quindi lo dobbiamo respingere. E il modo per respingerlo è chiudere rapidamente l'istruttoria, proseguire nell'ascolto del dottor Volpe, fare quelle poche indagini che si rendono necessarie successivamente (e i nomi sono abbastanza collegati e chiari rispetto all'audizione di Volpe) e, proseguito su questo terreno, trarre noi una parola, che io mi auguro, presidente, anteceda addirittura la parola della magistratura ordinaria. Anzi, per la verità io l'avevo chiesta già questa parola della Commissione, perché, signor presidente, se non vogliamo citare le carte, essendo vincolati in questa seduta pubblica al rispetto


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degli atti segretati, c'è tuttavia un passaggio che ricordiamo tutti, quello relativo ad una previsione di un futuro Papa, di un futuro nome, di una lotta fra cardinali, rispetto al quale nessuna persona che lo legge e che abbia ancora l'uso corretto del discernimento e dell'attendibilità può dire che chi afferma tali cose abbia una benché minima credibilità. A questo noi dobbiamo reagire.
Quindi, chiudendo il mio già troppo lungo discorso, le dico, signor presidente, che mi auguro che questa Commissione, svolgendo su questo punto lavori molto celeri ma anche molto efficaci, arrivi per prima, a breve, a dire, come lei ha fatto, che noi ci faremo portavoce della nostra dichiarazione di calunnia nei confronti di Marini, sempre che lo riscontriamo falso; ma, ripeto, è ormai nelle carte un'abbondanza tale che non ha ormai più bisogno di alcuna sottolineatura.

PRESIDENTE. La ringrazio. Do la parola all'onorevole Nan.

ENRICO NAN. Presidente, desidero esprimere apprezzamento per i contenuti del suo intervento che, a mio modo di vedere, traccia in maniera precisa sotto il profilo giuridico e, mi permetto di dire, anche politico, per quanto riguarda la nostra competenza, quella che deve essere la posizione della Commissione nei confronti di Igor Marini, quando dice che non è né prevenuto, né affezionato a quelle dichiarazioni. Io credo che questa sia la traccia da seguire, perché l'intervento del senatore Zancan sposta, invece, l'analisi su un tipo di valutazione che, a mio modo di vedere, stravolgerebbe i compiti per i quali noi dobbiamo svolgere la nostra indagine.
Noi abbiamo ricevuto dal Parlamento un mandato preciso, quello di indagare e concludere sull'operazione Telekom-Serbia. Il senatore Zancan, in buona sostanza, propone di chiudere l'istruttoria Igor Marini, portandoci, in qualche modo, ad aprire un'inchiesta nell'ambito dell'inchiesta, fatto che credo sarebbe fuori dalle regole del mandato che abbiamo ricevuto e che, dal punto di vista pratico e temporale, sarebbe impossibile, in quanto vorrebbe dire aprire un'inchiesta con dei risvolti di rogatoria internazionale ed approfondimento dei 1.800 fogli che abbiamo in archivio, cioè, in pratica, chiudere la Commissione Telekom-Serbia ed aprire una Commissione Igor Marini. A me pare che nel momento in cui seguiamo la traccia data dal presidente, non facciamo che accogliere quello che la magistratura di Torino ci ha segnalato, evidenziando in taluni casi l'esigenza che ognuno svolga il compito che gli è stato assegnato. È chiaro che se calunnia c'è stata o non c'è stata è un tema che dovrà approfondire la magistratura e lo dovrà fare, evidentemente, seguendo tutte le procedure e passando la pratica ad un collegio giudicante, che dovrà esprimere un giudizio del quale noi prenderemo atto. Ritengo che, diversamente, ci sarebbe una totale devianza di quello che è l'indirizzo che abbiamo avuto.
Né mi trova d'accordo il passaggio in cui il senatore Zancan sostiene che il 7 maggio fu proprio il presidente ad affermare che se il teste fosse risultato falso, saremmo stati noi a denunciarlo. È vero che disse questo, ma non dobbiamo dimenticare che il 7 maggio non esisteva alcun procedimento penale: noi andammo al seguito di Igor Marini perché era un libero cittadino, che veniva con alcuni riscontri e diceva che si sarebbe recato in Svizzera per raccogliere documenti, che affermava essere in sua proprietà, per portarli a noi. Non esisteva alcun procedimento penale a suo carico, non esisteva alcun fumus che potesse in quel momento far sì che vi fossero preoccupazioni di diversa natura. Ora la situazione è diversa. È intervenuta la magistratura, l'ha arrestato, è la magistratura che ha quel compito. Quando il presidente ha fatto l'affermazione ricordata, non esisteva una magistratura che si occupasse del caso; ora la situazione, ripeto, è diversa e dunque credo sia giusto che sia la magistratura ad occuparsi della vicenda, della quale noi aspetteremo gli esiti proseguendo serenamente con gli atti che abbiamo


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e che ci consentiranno di approfondire meglio il mandato che abbiamo ricevuto dal Parlamento.

PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Minniti.

MARCO MINNITI. Sarò breve, presidente, anche perché dopo di me prenderà la parola il collega Fanfani, che ha anche altri impegni politici. Sinceramente, non posso non apprezzare che anche da parte di colleghi della maggioranza si sia giunti al convincimento che Igor Marini sia una persona di difficile credibilità. Io dico: meglio tardi che mai. Naturalmente non sfugge a nessuno, ed è giusto ricordarlo qui, che il signor Marini è stato per lungo tempo agli onori della cronaca, non sfugge a nessuno che nel corso di sue audizioni qualcuno evocò, proprio in questa sede, l'emissione di mandati di cattura. Lo dico perché quando si discute di quello che bisogna fare domani, non bisogna mai dimenticare quello che è successo, poiché si tratta di cose pesanti.
Oggi è stato posto un problema che, tuttavia, non può essere risolto nel modo che ci è stato proposto dal presidente. La mia opinione, che non ho maturato in questi ultimi minuti è, al contrario, un opinione della quale sono convinto ormai da un certo tempo e che ho avuto modo di esprimere anche in un'altra seduta di questa Commissione: ritengo che non sia possibile separare il giudizio su Igor Marini e sulle sue dichiarazioni da questa Commissione; non è possibile farlo per la ragione semplicissima che quelle dichiarazioni sono state fatte in questa Commissione. Poi, c'è un'inchiesta della magistratura di Torino, la quale valuterà legittimamente tutto ciò che deve valutare; tuttavia, non ci può essere una evidente discrasia - perché così viene proposta dai colleghi della maggioranza - per cui il Marini fa le sue dichiarazioni in questa sede e la fondatezza di tali dichiazioni viene valutata dalla magistratura ordinaria. Così non va bene, questa impostazione non è convincente.
A questo punto noi pretendiamo - perché voi comprendete che c'è una parte lesa - che questa Commissione esprima un giudizio su ciò che è avvenuto prima - naturalmente non sappiamo quali saranno i tempi della procura di Torino, ma auspico, se possibile, una corsa contro il tempo - che la procura di Torino si pronunci, perché nel momento in cui questa dovesse pronunciarsi su Igor Marini, la nostra Commissione apparirebbe come una Commissione che viene colpita nella sua credibilità.
Dobbiamo intenderci. Non so se sono già stati acquisiti gli atti che avevo chiesto nella precedente seduta, ma ho letto sui giornali che sui personaggi che hanno girato intorno a questa storia, da Igor Marini ad Antonio Volpe, il giudizio dei direttori dei Servizi è un giudizio pesante. Non parlo dei direttori dei servizi di una parte, ma dei Servizi del nostro paese: quando arriveranno, se arriveranno, ognuno di noi potrà prendere visione delle carte. Non avevamo a che fare con dei personaggi «assolutamente al di sopra di ogni sospetto». I direttori dei Servizi ci hanno detto che non solo non erano al di sopra di ogni sospetto, ma erano al di sotto di ogni sospetto. Viene, allora, normale chiedersi perché una Commissione di inchiesta, che ha i poteri della magistratura e che, quindi, ha la possibilità di utilizzare le risorse informative dello Stato, non vi abbia pensato prima; e non abbia pensato prima a definire un identikit delle persone che chiedevano di essere ascoltate.

PRESIDENTE. Per essere chiari, quali? Perché io mi trovo come in L'anno scorso a Marienbad: una realtà immaginata.

MARCO MINNITI. Igor Marini e Antonio Volpe.

PRESIDENTE. Ma chi l'ha chiamato mai Antonio Volpe?

MARCO MINNITI. No, Igor Marini.

PRESIDENTE. Per ognuno chiediamo ai Servizi? Va bene, scusi l'interruzione.


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MARCO MINNITI. Io sto facendo un ragionamento, presidente; ho posto un problema. Stiamo discutendo. Lei comprende che una vicenda così non può essere archiviata facilmente. Allora, il punto che ha già posto il collega Zancan e che io, personalmente, condivido è che questa Commissione deve pronunciarsi e deve pronunciarsi nel merito delle dichiarazioni di Igor Marini. Non è possibile né, per quanto ci riguarda, in alcun modo accettabile, il rinvio alla procura di Torino, del cui giudizio, come è stato detto, la Commissione prenderà atto. Ci mancherebbe altro! Cosa dovremmo fare? Non prenderne nemmeno atto? È una concessione prendere atto?
Seconda questione. Noi abbiamo in sospeso l'audizione del signor Antonio Volpe il quale sarà ulteriormente ascoltato: è una questione sulla quale bisognerà andare fino in fondo. Come bisogna andare fino in fondo sul ruolo dell'onorevole Vito, che io vorrei ascoltare.

GIAMPIERO CANTONI. Prima l'onorevole Kessler, poi l'onorevole Vito.

MAURIZIO EUFEMI. Prima Kessler.

MARCO MINNITI. Io sto parlando di un'altra questione.

PRESIDENTE. Se ci limitiamo, onorevole Minniti, al tema Marini, perché l'altro sarà posto in coda ai lavori del giorno 26 novembre, credo che utilizzeremo migliori argomenti, per il tempo e per la qualità delle dibattito.

MARCO MINNITI. Perfetto. Chiedo scusa. Non sapevo che ci fosse questo tipo di orientamento e di calendario. Nel momento in cui lei mi dice questo, mi riservo di intervenire sulla questione il giorno 26 novembre. Penso, tuttavia, che la proposta che da lei è stata avanzata, presidente, nei termini in cui l'ha avanzata e sulla quale è poi intervenuto l'onorevole Nan, sia da parte nostra una proposta non accoglibile.

PRESIDENTE. Do ora la parola all'onorevole Fanfani.

GIUSEPPE FANFANI. Chiedo scusa sin d'ora, presidente, se fra sette minuti dovrò assentarmi, dovendo partecipare ad altri lavori parlamentari.
Le valutazioni che intendo svolgere ricalcano sostanzialmente quelle dei colleghi Zancan e Minniti, alle quali mi riporto. Questa sede è stata scelta in maniera - oggi possiamo dirlo - organica e sistematica per introdurre elementi di distorsione rispetto a quelle che erano le sue finalità originarie ed alle quali, se ho bene inteso il suo dire e, soprattutto, quello dell'onorevole Nan, intendereste a questo punto riportare l'indagine. Al riguardo io non ho elementi di obiezione, anche perché si tratta di perseguire le finalità originarie della Commissione ed il mandato che il Parlamento le ha dato; guai se non fosse così. Però, non possiamo non prendere atto che all'interno di questa nostra finalità si è introdotta una parentesi che è stata aperta e che non possiamo non chiudere.
Tale parentesi si è aperta con le telefonate anonime, con le lettere anonime, con l'introduzione di elementi che sono stati oggetto di valutazione e di giudizio - da alcuni inizialmente ritenuti credibili, a questo punto, mi sembra, universalmente ritenuti calunniosi -, che si chiamano dichiarazioni di Paoletti, che si chiamano dichiarazioni di Marini, che si chiamano supporto documentale alla partita introdotta da Marini attraverso l'acquisizione di documenti che sono stati preconfezionati chissà dove e chissà da chi, ma che sono stati portati materialmente in questa sede dal signor Volpe. Per ora si è aperto questo, diciamo, fatto incidentale e, badate bene, colleghi, può avvenire in qualsiasi processo, perché in qualsiasi procedimento, in qualsiasi indagine nella quale ci si attribuisce una finalità specifica, quella di indagare un determinato fatto, possono incidentalmente verificarsi fatti diversi che inducono accertamenti che vengono dichiarati incidentali proprio perché hanno la caratteristica di non riferirsi all'oggetto


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principale, ma di introdurre un tema che, comunque, può avere influenza sull'accertamento del fatto principale. Non a caso a questo fatto dalla stampa è stata attribuita una rilevanza enorme per un anno intero. E non a caso questa Commissione ha ritenuto di analizzare a fondo le dichiarazioni che pervenivano da questi personaggi, ritenendo all'epoca che ad esse si sarebbe dovuta dare una rilevanza che, oggettivamente, se fossero state dimostrate, avrebbero avuto.
Oggi, se ho ben capito, non si vuol chiudere questa parentesi, ma si vuol passare ad altro argomento. Questo non è consentito per tutta una serie di motivi. Innanzitutto, per un rispetto formale non della Commissione né del nostro ruolo, ma del Parlamento, perché noi agiamo su mandato del Parlamento per acquisire determinate nozioni, per indagare su un determinato fatto. Sarebbe terribile riferire al Parlamento di questo fatto senza accertare quale è stato il grado di inquinamento che soggetti terzi hanno voluto portare nell'attività parlamentare; e dico nella attività parlamentare perché il presidente ha ragione: noi oggi siamo parte offesa. Il presidente ha posto il problema in termini ipotetici, né poteva fare diversamente, dicendo che se dovessero essere accertate falsità introdotte in questa Commissione noi saremmo persone offese. Ha ragione, ma proprio per questo motivo, come veniva ricordato dalla collega Zancan, noi abbiamo il dovere di andare in fondo ed abbiamo il dovere di riferire al Parlamento, accanto all'accertamento più ampio che ci è stato demandato, anche dell'accertamento incidentale; abbiamo, cioè, il dovere di dire se è vero o non è vero che le cose che sono state dette in questa sede abbiano valenza di falsità, abbiano capacità di trarre in inganno o di distorcere il giudizio complessivo nostro, e quindi la conoscenza del Parlamento. Questo è il primo aspetto.
Il secondo aspetto è di ordine tecnico. Noi agiamo - per dirla con le parole dell'articolo 12 del regolamento - con gli stessi poteri e limitazioni dell'autorità giudiziaria, come prevede la Costituzione, e da noi si applicano, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura penale. Tra queste norme c'è l'articolo 331, che obbliga i pubblici ufficiali - e questa Commissione e i suoi componenti è indubbio che abbiano tale qualità - a riferire all'autorità giudiziaria i fatti che costituiscono reato dei quali siano venuti a conoscenza durante i lavori o durante l'esercizio delle funzioni specifiche alle quali sono chiamati. Dunque, questa parentesi noi non possiamo chiuderla, a questo punto. Noi abbiamo sul tavolo le testimonianze di Marini, di Volpe, di altre persone e se ci siamo convinti, come mi sembra che emerga, che tali testimonianze hanno dei lati oscuri, hanno introdotto elementi di falsità, abbiamo il dovere di riferire all'autorità giudiziaria. Non possiamo farne a meno, altrimenti commetteremmo noi un reato, chiamato omissione di atti d'ufficio. E io questo non lo voglio commettere. Quindi, se la Commissione decidesse di non farlo, è bene che lo faccia attraverso una decisione collegiale, che metta tutti - dico: tutti - al riparo anche da qualsiasi contestazione. Non ne faccio un fatto di timore personale; ne faccio un fatto di cautela collettiva ed anche di dignità, perché non mi sta bene, né a titolo personale, né a titolo collettivo, né come parlamentare, ritenere di essere stato preso in giro da alcuni signori che sono venuti in questa sede a raccontare fandonie.
Allora, noi abbiamo solo due possibilità - la prima è un dovere -: quella di accertare questo fatto e poi di concludere con una relazione parziale, qualora ritenessimo che queste persone sono false, dicendo, appunto, che sono state introdotte delle falsità. Ma va fatto in maniera tale da chiudere definitivamente la parentesi ed anche da riabilitare coloro che sono stati ingiuriati, vilipesi e calunniati da quei soggetti.

PRESIDENTE. Do ora la parola all'onorevole Consolo.

GIUSEPPE CONSOLO. Attesa la linearità delle sue considerazioni, presidente,


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non sarei voluto intervenire oggi, poiché mi sembrava che oggetto di questa discussione fosse il nulla. Invece ho sentito, sotto il profilo meramente giuridico, delle eresie madornali, non me ne vogliano i colleghi.
Dobbiamo partire dall'articolo 1 della nostra legge istitutiva, che prevede che la Commissione ha il compito di indagare sulle vicende relative all'acquisto da parte di STET-Telecom del 29 per cento di Telekom-Serbia e sugli atti presupposti, connessi o conseguenti all'acquisto, da chiunque compiuti. Quindi, i colleghi dell'opposizione - è la prima volta che distinguo tra colleghi di opposizione e di maggioranza -, passi per l'onorevole Minniti, che mi pare non si occupi istituzionalmente di diritto, ma il senatore Zancan e l'onorevole Fanfani, che fanno di professione gli avvocati, mi devono sciogliere un dubbio: sono le dichiarazioni di Marini atti presupposti, connessi o conseguenti all'acquisto? Quindi, le dichiarazioni del signor Marini sono dichiarazioni legate all'acquisto di Telekom-Serbia? Se sì, allora mi devono spiegare di cosa stiamo parlando. Se no, mi devono spiegare perché e con quale legge nuova, quale ius praetorium honorandi vel supplendi vel corriggendi iuris civilis gratia integriamo l'articolo 1 della legge n. 99 delle 2002 e ci sostituiamo noi a quella autorità giudiziaria che, invece, deve indagare sue eventuali reati. Peraltro non ho capito, forse perché ho perso il primo minuto della seduta, se qualcuno in questa sede abbia la sicurezza che Marini sia un calunniatore o se qualcuno abbia la sicurezza che Marini sia l'oracolo di Delfi. Io ricordo i fatti così come si sono svolti: di quel gruppo in questa sede abbiamo sentito Marini e per due volte il dottor Volpe. Fine: non è stato sentito nessun altro. Tutte le altre audizioni hanno riguardato esclusivamente l'acquisto.
Si potrebbe domandare: allora perché è stato sentito Marini? Bene, rovesciamo il problema. Viene un signore che ci dice che al fine di acquistare il 29 per cento di Telekom-Serbia tre deputati, vale a dire gli onorevoli Fassino, Prodi e Dini, avrebbero percepito un compenso non dovuto. In quel momento eravamo in pieno nell'ambito di cui all'articolo 1: Marini, calunniose o reali che fossero, le sue dichiarazioni le ha rese. Quando l'onorevole Fanfani - lo dico con rispetto - giuridicamente delirando ci dice che abbiamo l'obbligo, in base all'articolo 331, di riferire all'autorità giudiziaria, mi domando: Marini non lo abbiamo forse mandato immediatamente all'autorità giudiziaria? Di che stiamo parlando? «C'è un obbligo penalmente sanzionabile ed io voglio - è Fanfani che parla - mettere per iscritto che intendo dividere le mie responsabilità qualora la Commissione decida...» Ma di cosa stiamo parlando? Noi stiamo parlando della Commissione Telekom-Serbia, colleghi; Commissione che, non appena Marini ha fatto quelle dichiarazioni, ha informato l'autorità giudiziaria, senza alcun bisogno di richiamo all'articolo 331. Altro che omessa informativa! Di che cosa stiamo parlando? Noi abbiamo informato immediatamente.
E, caro onorevole Minniti - mi rivolgo a lei, perché non era presente, così come al senatore Zancan, che non era presente - per ribadire che il garantismo non è a senso unico ricordo che quando fu fatto il nome di tre parlamentari fui proprio io - credo che i verbali lo confermino - a dire «fermi tutti, perché non si possono infangare così». Fummo noi a dirlo, per evitare che lo faceste voi, essendo la vostra parte politica in una situazione più delicata. E tutto questo cancan procedurale - per cui il senatore Cantoni è intervenuto non per polemica o come capogruppo di Forza Italia, bensì cognita causa - tutto il pasticcio, cari colleghi che oggi invocate chiarezza sull'onorevole Vito, nacque perché (fu in quell'occasione che la Commissione finì sui giornali per la prima volta) uno dei vostri colleghi, certamente nella massima buona fede, violando peraltro il segreto e la riservatezza che dovrebbe contraddistingue i nostri lavori, senza interpellare il presidente, anzi bypassandolo, telefonò ad un consulente della Commissione chiedendogli: caro consulente (si trattava di un magistrato) «lei che conosce bene alcuni magistrati svizzeri


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si informi se possiamo andare ad indagare in Svizzera». La domanda così posta impose un chiarimento: «Cosa vuol dire ad indagare?». «Vorremmo andare a raccogliere dei documenti».

PRESIDENTE. Non «vorremmo andare»: «stiamo partendo per raccogliere»?.

GIUSEPPE CONSOLO. Ci stavo arrivando. «Vorremmo andare a raccogliere dei documenti. Lo possiamo fare? ».«Mi faccia informare». È Kessler che parla: «Guardi che noi partiamo domani mattina alle 8». È chiaro? Perché dico questo? Kipling diceva: «se vuoi sentire le verità che hai dette trasformate dai cattivi per trarre in inganno gli ingenui». Qui ingenui non ce ne stanno; cattivi non lo so e penso sicuramente di no. Però attenzione al fatto che noi abbiamo posto all'autorità giudiziaria un quesito che era suicida. Quesito che ha portato in cella di sicurezza il qui presente onorevole Nan, in buona compagnia con l'onorevole Kessler, insieme a consulenti e magistrati.

GIAMPAOLO ZANCAN. È questo un problema che ho posto al presidente.

GIUSEPPE CONSOLO. Sto arrivando al problema. Sto spiegando punto per punto, perché in questa sede non ci si nasconde dietro un dito. Il punto, ovviamente, è Marini. La Commissione è finita sui giornali perché? Cosa voleva fare in realtà? Quando Marini - e qui vengo al punto, senatore Zancan - ha detto: «guardate, di tutto quello che sto dicendo ho prove documentali»; «dove sono queste prove? Sospendiamo», nessuno aveva sentito niente, solo noi colleghi della Commissione. Il presidente chiese: «dove sono le prove?» e Marini rispose: «in una cassetta di sicurezza che avevo presso il compianto notaio Boscaro». A quel punto, per garantire tre persone per noi innocenti fino a prova contraria - sempre, questo, e per tutti. Così come non abbiamo certezze sulla colpevolezza o meno di chi poi, di Marini? Noi possiamo dare dei giudizi etici, ma giudizi giuridici non possiamo darne, perché c'è un organo, che si chiama magistratura, che deve indagare su ogni reato commesso da chicchessia - dunque, dicevo che fu proprio il presidente, su indicazione unanime - attenti: indicazione unanime vuol dire concorde da parte di tutti -, a dire che, per evitare che Marini cambiasse le carte, ci voleva qualcuno che controllasse i documenti che egli acquisiva. Noi non andavamo a compiere alcuna attività di indagine, tanto è vero che fu posto il problema se andasse svolta una rogatoria o meno e si rispose che non si trattava di rogatoria, poiché noi assistevamo esclusivamente come osservatori a che non venissero inquinate le prove. Giusta o sbagliata che sia, questa fu la cosa, che poi andò male. E non sapremo mai la verità o, perlomeno, non sapremo una verità assoluta, per il semplice motivo che quelle carte non le abbiamo mai acquisite direttamente. Ne è stata fatta una cernita da parte dell'autorità giudiziaria svizzera e dobbiamo stare a quello che ci hanno mandato. Quindi non sapremo mai...

GIAMPAOLO ZANCAN. Vi siete tenuto quello che interessava a voi!

GIUSEPPE CONSOLO. Ci siamo tenuti cosa? Ma cosa stai dicendo? Cosa ci siamo tenuti, quando le carte erano andate all'autorità giudiziaria svizzera?!

PIERLUIGI PETRINI. Allora cosa sta ipotizzando, Consolo? Stai ipotizzando che in Svizzera...

GIUSEPPE CONSOLO. Assolutamente no, caro Petrini. Siccome tu sei il campione del mondo per stravolgere la verità - l'altro giorno ho letto delle dichiarazioni che con la realtà non avevano proprio nulla a che fare -, ti voglio riferire che non sto dicendo questo, perché non sono della scuola del retropensiero. Sono della scuola della verità e la verità la sto ricostruendo... (Vivi commenti del senatore Petrini).

PRESIDENTE. Scusi, senatore Petrini, non credo che questo sia a lei consentito. Non glielo consento io.


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PIERLUIGI PETRINI. Me lo consento io.

PRESIDENTE. Lei si consenta a casa sua, non qui.

PIERLUIGI PETRINI. Mi prendo la libertà, signor presidente.

PRESIDENTE. Non può permettersi di rivolgersi ad un collega dicendo che è il nulla.

PIERLUIGI PETRINI. Accetto il suo parere, ma mi prendo la libertà di dirlo.

PRESIDENTE. Questa è licenza, non è libertà.

PIERLUIGI PETRINI. La libertà me la prendo.

PRESIDENTE. Le tolgo la parola. Continui, senatore Consolo.

GIUSEPPE CONSOLO. Ricordo a chi si permette di parlare di scuola del nulla che io fui tra i pochi - e me ne diedero atto i colleghi dell'opposizione - che disse, nel momento in cui il problema sembrava essere Marini: guardate che a noi di Marini poco interessa, a noi interessa sapere perché, perché ero, sono e sarò sempre su questa linea, che non è la mia linea di saggezza: è la linea che l'articolo 1 ci impone. Oggi - e torno al discorso principale - come potremmo noi sostituirci all'autorità giudiziaria nell'indagare se Marini abbia detto o no il vero? Io non ho certezze di alcun tipo. Ha detto il vero Marini? È un calunniatore? Può esserlo e può non esserlo. A questo punto esula dall'indagine. L'indagine che noi dobbiamo svolgere è sul perché fu comprato il 29 per cento di Telekom-Serbia da parte di quelle società e gli atti conseguenti. Questa è la mia linea. Non si può parlare della linea del nulla, la linea di questo o di quell'altro. Queste sono affermazioni prive di ogni supporto. La realtà è che non vedo come oggi noi possiamo andare a giudicare di eventuali reati commessi, tanto è vero che da quei banchi il collega Russo Spena, che certamente lo ricorderà, ebbe a dire: io ho esperienza parlamentare, avendo svolto analoga attività in altre Commissioni, e vi dico che dobbiamo stare ai fatti di cui all'articolo 1.
Chiedo scusa al presidente se parlo un po' più del tempo che mi sarebbe concesso, ma dobbiamo fare chiarezza, dicendoci tutto quello che pensiamo. Il voto, poi, è un fatto che esula: a noi interessa il confronto, ci è sempre interessato e sempre ci interesserà, con calma. E chiedo scusa se ho esagerato nei toni. Dunque, quando un signore viene e ci dice che tre parlamentari hanno chiesto delle provvigioni, significa che hanno commesso un reato. Noi avremmo potuto parlare di reato, corruzione, eccetera; non abbiamo fatto niente di tutto questo. Abbiamo cercato di accertare la verità: la verità politica, quella verità già portata avanti dall'onorevole Selva, il quale, essendo intervenuto nella scorsa legislatura, fu tacciato di bugiardo perché si era permesso di fare delle affermazioni che poi, invece, pare i fatti confermino essere veritiere. Fate un'analisi di coscienza. Se in quel momento il signor Marini, persona a noi del tutto sconosciuta, avesse detto «io ho curato questo perché i signori Berlusconi, Fini e Casini avevano chiesto delle provvigioni per non combattere come opposizione questa operazione», cosa sarebbe successo? Chiedetelo a voi stessi, non mi dovete una risposta. Noi di fronte a queste accuse - e la calunnia è un reato grave, non è un reato «bagatellare» - abbiamo tenuto un comportamento esemplare. L'unico scivolone c'è stato, ahimè - io credo sempre alla buonafede - per il fermo del vicepresidente di Forza Italia e del capogruppo dei DS: il colpo di teatro che poi ha scatenato la rissa mediatica sul caso Telekom-Serbia.
Io ricordo - lo ricordo ai colleghi Minniti, Petrini e Zancan perché all'epoca non facevano parte di questa Commissione - che tutte le decisioni erano sempre prese all'unanimità, che il presidente, a volte subendo le nostre rimostranze, poiché obiettavamo di essere tutti d'accordo,


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chiedeva comunque che si votasse. Tutti alzavamo la mano dichiarandoci favorevoli, e ancora il presidente domandava se vi fossero astenuti. Queste precauzioni del galantuomo sono precauzioni che oggi vengono invocate per dire che abbiamo seguito perfettamente le regole. Come possiamo dire, con l'onorevole Minniti, che se la magistratura si dovesse pronunciare noi saremmo colpiti nella nostra credibilità? Onorevole Minniti, ma di cosa stiamo parlando? Appena abbiamo avuto le dichiarazioni di Marini - che per noi non sono veritiere o calunniose, ma sono solo dichiarazioni - le abbiamo immediatamente trasmesse a Torino; quindi su reati, perché la calunnia è un reato, è la procura di Torino che deve indagare.
Il collega Minniti dice che in questa sede furono addirittura chiesti gli arresti. Devo sperare che siano colpi di folklore, perché non c'è norma del nostro codice che prevede che una Commissione parlamentare arresti. Anzi, se pure servisse, giurisprudenza e dottrina sono concordi nel sottolineare che ha gli stessi poteri dell'autorità giudiziaria salvo, ovviamente, i casi di restrizione della libertà personale. Tanto è vero che quando qui dovessero i testimoni, o gli auditi che poi diventano testimoni, riferire il falso, in quel caso noi non potremmo giudicarli. Questo per dare la prova provata di quanto è giusto sotto il profilo giuridico quello che sto dicendo. Noi dovremmo, in quel caso, esclusivamente prendere gli atti e trasferirli all'autorità giudiziaria. Ma allora la Commissione si spoglia della problematica - lo dico con rispetto ed anche con amicizia, dati i miei rapporti personali con l'onorevole Minniti -? No, non si spoglia della problematica di una falsa testimonianza; semplicemente non può indagare, perché è fuori della sua giurisdizione, della sua attività. In quel caso si potrebbe abusare: il senatore Zancan ora mi dirà che l'articolo 323 del codice penale è stato modificato e ci vuole il fine patrimoniale, ma il vecchio articolo 323 parlava di abuso innominato in atti di ufficio nel caso in cui, abusando, si indagasse su una cosa sulla quale non si può indagare.
Quindi - e con questo concludo - io credo che nessuno di noi, di nessuna parte politica abbia dato una patente di credibilità o di non credibilità circa le affermazioni rese davanti a questa Commissione, ma anche davanti all'autorità giudiziaria, sia in Italia che all'estero, dal signor Marini. Credo che a questo punto, dal punto di vista processuale, per quanto ci è consentito, il signor Marini quello che poteva lo ha detto, come altri auditi lo hanno detto. Noi abbiamo trasmesso all'autorità giudiziaria, ma non pensate minimamente di sfuggire al compito impostoci dall'articolo 1 della legge 21 maggio 2002, n. 99 e non pensate minimamente che il signor Marini sia una sorta di salvacondotto di richeliana memoria per cui...

MARCO MINNITI. L'avete mandato voi qua!

GIUSEPPE CONSOLO. No, Marini non l'abbiamo portato né io né te.

PRESIDENTE. È un'altra cosa. Onorevole Minniti sta dicendo un'altra cosa: sta ricordando lo scopo della legge. Marini non c'entra.

GIUSEPPE CONSOLO. Allora non pensiamo...

MARCO MINNITI. No.

PRESIDENTE. Che vuol dire «no»?

GIUSEPPE CONSOLO. Allora non ho più la parola, presidente? (Commenti dell'onorevole Minniti).

PRESIDENTE. Mi scusi, che vuol dire «no»? Faccia concludere e poi porrà il suo quesito.

MARCO MINNITI. Non si può continuare a parlare attribuendo ad altri cose che non sono assolutamente fondate.


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PRESIDENTE. Sta facendo un'ipotesi, quindi non si trovi nelle condizioni di essere chiamato in causa.

MARCO MINNITI. Ma quale ipotesi...!

PRESIDENTE. È un'ipotesi dialettica, via.

GIUSEPPE CONSOLO. Io sto richiamando esclusivamente, modestamente, visto che qualcosa l'articolo 1 della legge istitutiva varrà, a meno che ce se ne voglia fregare...

MARCO MINNITI. Finora ve ne siete fregati voi della legge istitutiva!

GIUSEPPE CONSOLO. Usciamo dall'equivoco!

PRESIDENTE. Lei è venuto tardi, ma a questo punto entra male, perché su 67 sedute che ci sono state, 62 sono state dedicate alla legge istitutiva.

MARCO MINNITI. Presidente, in quale momento lei ha potuto trarre la convinzione che da parte nostra ci sia un voler violare l'articolo 1 del nostro regolamento?

PRESIDENTE. In nessuno (Commenti del deputato Minniti). Gliene do atto.

GIUSEPPE CONSOLO. Siccome questo non è un dibattito, presidente, e lei ancora non mi ha tolto la parola, vorrei, ragionando con me stesso, ricordare ancora - forse sarò noioso, ma preferisco esserlo, perché ho il diritto dalla mia parte - che l'articolo 1 dice che è istituita una Commissione d'inchiesta con il compito di indagare sulle vicende relative all'acquisto da parte di STET e Telecom del 29 per cento di Telekom-Serbia e sugli atti presupposti, connessi e conseguenti all'acquisto; questo è chiaro. Noi su questo dobbiamo indagare. Cosa abbiano a che vedere le false testimonianze, le calunnie o altri reati eventualmente commessi innanzi a questa Commissione, dei quali reati è già stata puntualmente investita dalla Commissione medesima l'autorità giudiziaria, io non riesco a capire.
Concludo dicendo - e non ho retropensieri - che non si pensi che noi adesso ci mettiamo ad indagare su Marini, sull'onorevole Kessler, sull'onorevole Vito, se abbia chiamato in buona fede o no e su altre cose del genere, sottraendo del tempo prezioso al compito che ci è stato demandato. L'articolo 1 l'ho citato più volte e le domande alle quali dobbiamo dare risposta sono sempre tre: perché quella quota è stata comprata? Perché è stata pagata? I politici sapevano o non sapevano? Tutto il resto non ci è consentito dalla legge. Grazie, signor presidente.

PRESIDENTE. La parola al senatore Petrini.

PIERLUIGI PETRINI. Signor presidente, debbo innanzitutto scusarmi con lei per il tono che ho assunto poco fa. Le faccio peraltro notare, poiché lei giustamente mi ha redarguito per un'espressione non offensiva ma certo non rispettosa nei confronti del collega Consolo, che quell'espressione era la risposta ad una espressione dello stesso collega, che mi attribuiva primati mondiali nella menzogna, che non era parimenti rispettosa nei miei confronti.

GIUSEPPE CONSOLO. Non ho mai detto «menzogna», ho detto «travisamento».

PRESIDENTE. «Menzogna» non l'ho sentito.

PIERLUIGI PETRINI. È la stessa cosa, Consolo, suvvia!

GIUSEPPE CONSOLO. Non ho mai detto «menzogna», presidente. Non mi sarei mai permesso.

PIERLUIGI PETRINI. È assolutamente la stessa, identica cosa. Tu mi hai detto


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che sono il campione del mondo del travisamento della verità, e cos'è il travisamento della verità?

GIUSEPPE CONSOLO. Se dici che è una splendida giornata di sole e invece piove, hai travisato la realtà.

PIERLUIGI PETRINI. Ho travisato la realtà ed ho detto una balla, se vogliamo dirla chiara.
Chiarito questo, signor presidente, ho già avuto modo di rappresentarle il mio pensiero rispetto a quello che è una sorta di peccato originale di questa Commissione, che nasce in modo del tutto improprio, per delle finalità improprie e che per questo ci ha portato in una situazione che è obiettivamente aggrovigliata e difficilissima da districare. Difficilissima da districare perché ci ha portato sulla strada di un accertamento di responsabilità penali che sono necessariamente individuali: accertamento per il quale noi non siamo assolutamente attrezzati e per il quale nemmeno siamo legittimati. Infatti, la Costituzione prevede certo che la Commissione di inchiesta parlamentare abbia gli stessi strumenti della magistratura ordinaria, ma non prevede che abbia le stesse finalità. Gli strumenti sono gli stessi, le finalità sono diverse. E quelle dell'accertamento di responsabilità penali individuali sono finalità pertinenti alla magistratura e non pertinenti alle Commissioni d'inchiesta parlamentari.
Io non so se il discorso che ha fatto fino ad ora il senatore Consolo intendesse affermare questo. In qualche modo poteva anche leggersi questa interpretazione.

PRESIDENTE. L'ho affermato io quando ancora lei non c'era.

PIERLUIGI PETRINI. La ringrazio. Però, signor presidente, questo discorso viene fatto oggi, nel momento in cui si parla di responsabilità penali inerenti alla persona di Igor Marini, ma non è stato fatto ieri, quando si è parlato di altre responsabilità penali. Questo è il problema.
E però, signor presidente, a parte questa recriminazione che io porto a lei e al collega Consolo, il problema non è neanche questo. Perché quello che noi chiediamo non è l'accertamento di una responsabilità penale di Igor Marini. Questo lo farà la magistratura, e insieme a questo accertamento erogherà anche una pena, se lo riterrà responsabile. Noi, invece, chiediamo che si accerti la natura e la finalità di questa eventuale calunnia, che non ci riguarda come reato penale ma ci riguarda per gli effetti che ha prodotto e introdotto in questa Commissione. Che ha prodotto e introdotto nella Commissione che lavorava secondo le funzioni precisate dall'articolo 1. Certo, noi dobbiamo valutare gli atti presupposti, connessi e conseguenti all'acquisto di Telekom-Serbia; questo, però, comporta anche che dobbiamo valutare se ci sia qualcuno che in quegli atti, in quell'acquisto intende introdurre elementi distorsivi e per quali finalità intende farlo. Non possiamo, infatti, pensare che da una parte ci sia una eventuale responsabilità politica nell'acquisizione di Telekom-Serbia e dall'altra - ma non ci riguarda - una responsabilità politica intesa a creare altre responsabilità politiche: non so se sono stato chiaro, ma devo parlare un po' per metafora, perché certi sospetti ci animano - è inutile nasconderlo - ma devono essere espressi con la dovuta prudenza e la dovuta cautela. Tuttavia questi sospetti ci sono, e siamo responsabili anche di fronte ad essi. È stato un malaffare quello di Telekom-Serbia o c'è qualcuno che ha interesse a dipingerlo come tale? È stato un malaffare quello di Telekom-Serbia o c'è qualcuno che intende inquinare quell'affare per farlo credere tale? Non è anch'esso fatto connesso?

GIAMPIERO CANTONI. Non possiamo parlare in questo modo!

PRESIDENTE. Il collega è libero di esprimere le sue teorie.

PIERLUIGI PETRINI. Naturalmente, io mi sto riferendo ad Igor Marini e, eventualmente, ad Antonio Volpe. È questo il


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punto della questione, non siete certo voi. A voi chiedo l'atto di responsabilità di affrontare questa realtà, però. Possiamo eluderla? Possiamo ritenere che l'affare abbia una vita indipendente rispetto al modo in cui certuni cercano di rappresentarlo? Oppure è un tutt'uno? Oppure nella valutazione dell'affare deve rientrare anche la valutazione di inquinamenti che possono averlo accompagnato? È questo il problema, assolutamente indipendente da quelle che sono le responsabilità penali di Igor Marini, il quale andrà ad affrontare le magistratura. In proposito, mi fa piacere che si sia addivenuti a questa risoluzione, anche se sarebbe stato meglio dirlo fin dall'inizio dei lavori, perché si sarebbero risparmiate molte situazioni imbarazzanti, nelle quali è parso che - dobbiamo dirlo, signor presidente - questa Commissione avesse, invece, la precisa, precipua funzione di identificare delle responsabilità penali.
Detto questo, signor presidente, in estrema sintesi, fermo restando che delle responsabilità penali Marini risponderà di fronte alla magistratura, è fatto indifferente a questa Commissione che un certo mondo ambiguo, preoccupante, in qualche modo inquietante abbia cercato di distorcere la realtà di quei fatti su cui noi stiamo indagando? È fatto secondario? È fatto irrilevante o è, invece, fatto primario?

PRESIDENTE. Mi consenta un'interruzione. Io vi chiedo, per senso di responsabilità collettiva, una volta per tutte di uscire dagli annunci. Io chiedo di sapere, a nome di questa Commissione che ho l'onore di presiedere, di specificare, una volta per tutte, quali sono questi mondi ambigui che hanno nei confronti della Commissione proiettato questa luce sinistra, attività distorsive e tutto il resto. Per nome e per cognome: quale personaggio è entrato in quest'aula e l'ha infettata? Quale attività distorsiva, oltre a sentire Marini, di cui nessuno poteva avere notizia, si è mai svolta che abbia cercato di adulterare la verità? Solo per mia scienza, e correggerò anche le mie impressioni.

PIERLUIGI PETRINI. Signor presidente, non posso darle la verità perché non la posseggo; quello che so, che mi inquieta e che mi induce a chiedere alla Commissione ed a lei di fare luce è che una persona ha raccontato delle storie rivelatesi del tutto infondate, che purtroppo hanno dominato per buona parte i lavori della Commissione e campeggiato sulle prime pagine dei giornali. C'è da chiedersi: questa persona è semplicemente un folle oppure ha una finalità, persegue un disegno? Ha dei complici con cui, dopo aver ordito il disegno, ha definito le finalità? Questo è il problema! Non sono in grado di dire se questa sia la verità, così come lei, signor presidente, non è in grado di dimostrarmi che Marini è uno schizofrenico che ha avuto una visione. E allora? Allora sono legittimi i miei interrogativi oppure no? Marini ha una finalità? Persegue un disegno? Ha elaborato un disegno ed ha una finalità? Lo ha fatto insieme con altre persone? Chi e perché? Questo è il problema! Possiamo ritenerlo ininfluente ed estraneo rispetto ai lavori della nostra Commissione che pure lo hanno fatto emergere? Ovviamente senza volontà e senza responsabilità, come accerteremo e, come è auspicabile, da parte di nessun commissario. Tuttavia, una risposta va data (ed è cosa assolutamente diversa dalle responsabilità penali di Marini) perché attiene alla sostanza dell'affare Telekom-Serbia, che fu un cattivo affare o vuole essere rappresentato come cattivo?
Sappiamo di dover appurare gli atti presupposti, connessi o conseguenti all'acquisto nella misura in cui questi atti dimostrino l'incongruità dell'acquisto: quindi, anche gli atti tendenti in qualche modo a contraffare o mal rappresentare l'acquisto sono assolutamente pertinenti alla nostra indagine. Per questo non riteniamo possibile che Marini possa uscire in silenzio, in punta di piedi, da questa Commissione e rispondere unicamente delle proprie responsabilità penali dinanzi alla magistratura, come dovrà sicuramente fare.


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PRESIDENTE. La parola al senatore Eufemi, poi mi consentirete di rispondere.

MAURIZIO EUFEMI. Riteniamo accettabile la proposta del presidente Trantino così come integrata dal senatore Cantoni, per una serie di ragioni che mi accingo ad esporre. Non riteniamo di dover sentire Marini e, quindi, non possiamo accedere alla proposta del senatore Zancan, perché non abbiamo i dati che invece possiede la procura di Torino; non possiamo invadere quel campo, né possiamo prevaricare l'autorità giudiziaria, perché sarebbe una grave interferenza rispetto al reato di calunnia, che è stato ipotizzato. Del resto, ciò è in linea con quanto a più riprese ha dichiarato il senatore Calvi, che ha raccomandato di tenere una linea ben distinta da quella dell'autorità giudiziaria che abbiamo sempre rispettato e continuiamo a farlo.
La Commissione si è mossa con prudenza e circospezione tant'è che abbiamo ascoltato Marini dopo la verifica con la dottoressa Barborini, della procura di Roma; Volpe non volevamo neppure incontrarlo (sebbene la sua audizione fosse stata sollecitata dall'opposizione) perché non volevamo che questi personaggi comparissero dinanzi alle Commissioni parlamentari, così come è stato fatto per molti pentiti.
Le questioni sollevate saranno oggetto e tema della relazione conclusiva o delle relazioni di minoranza; sarà quella la sede in cui, sulla base di quanto disposto dall'articolo 19 del regolamento interno, verrà data una risposta al senatore Petrini, fermo restando che oggi non dobbiamo dare alcuna risposta in materia.
In relazione alle considerazioni svolte dall'onorevole Fanfani, invito il presidente Trantino a tranquillizzare la Commissione - posto che noi non ci facciamo spaventare - in ordine al disposto dell'articolo 68 della Costituzione: è suo dovere dire se esso vige ancora in quest'aula, cioè se siamo o meno liberi di esprimere le nostre opinioni e se vi è libertà di voto.
In conclusione, rivolgendomi al senatore Petrini dico che non si può far torto alla nostra intelligenza, al lavoro svolto, agli elementi acquisiti, alle sedute svolte in orari certamente difficili ed alla conoscenza dei fatti!

GIAMPAOLO ZANCAN. Ieri si era concordato con il senatore Calvi, il quale le aveva segnalato un suo impegno per oggi, che la discussione si sarebbe sviluppata sulle attività istruttorie...

PRESIDENTE. Sulle ulteriori attività istruttorie si riprenderà la discussione il prossimo 26 novembre.

GIAMPAOLO ZANCAN. Signor presidente, il caso Marini non è un argomento di poco conto, quindi se chiudessimo oggi la discussione ...

PRESIDENTE. Se vi sono assenti, non posso farci niente. Ho garantito che si riprenderà il dibattito sulle ulteriori attività istruttorie il 26 novembre; se accadrà un fatto eccezionale, potremo anche riprendere la mia relazione, ma la «ribollita» non è un piatto digeribile.

GIAMPAOLO ZANCAN. Non è questione di «ribollita». Le segnalo che ieri, in mia presenza lei ...

PRESIDENTE. Ribadisco l'impegno assunto ieri; l'ordine del giorno riguardante l'elenco delle richieste istruttorie sarà trattato in presenza del senatore Calvi che me l'aveva richiesto, non questo oggetto della discussione, altrimenti rischiamo di impegnare la prossima e la successiva seduta della Commissione a scapito delle attività istruttorie che rappresentano il fondamento dei nostri lavori.
Onorevoli colleghi, mi guarderò da un peccato di generosità in cui sono incorso, che non ripeterò mai più, quello cioè delle cosiddette patenti di garantismo. Occorre essere parsimoniosi, perché ho constatato che molti colleghi, da me reputati testimoni se non protagonisti di garantismo, sono per il garantismo stagionale, ossia là dove conviene.


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Fatta questa premessa che non riguarda specificatamente alcuno, passo alla materia in discussione. Il senatore Zancan ha invocato l'articolo 368 del codice penale nei confronti di Marini, il quale ha compiuto una scelta elettiva, nel senso che ha cercato questa Commissione perché doveva riferire i fatti gravi a tutti noti. Chi è viandante in questa vicenda trae l'impressione che le dichiarazioni di Marini siano una «polpetta avvelenata» confezionata dalla maggioranza e introdotta in questa Commissione, ma i colleghi subentrati - ai quali chiedo un gesto di umiltà, cioè di non essere gladiatori e di accertarsi di quanto avvenuto prima - non possono dimenticare che l'audizione di Marini, come di tutti gli altri soggetti, è stata decisa all'unanimità; nessuno poteva ipotizzare che l'incensurato cittadino Marini - chiamato in causa da Paoletti come autore dell'anonimo (rispetto al quale abbiamo tentato di accertare la veridicità) - dichiarasse a noi le stesse cose riferite poi all'autorità giudiziaria di Torino, anche se nell'occasione le aveva aggravate dato che alla magistratura torinese ha indicato nomi che a noi non aveva mai fatto. Non è un Marini che si sceglie la giustizia «domestica», ma è un Marini che riferisce notizie che assume vere e rispetto alle quali avevamo il dovere (altrimenti saremmo incorsi nell'omissione di atti d'ufficio) di ascoltare - così avremmo fatto se avesse chiamato in causa quel Berlusconi, quel Fini o quel Casini di cui parlava paradossalmente e per dialettica di rapporto il senatore Consolo - senza alcun tampone, illegale, tra l'altro. Le responsabilità personali le assumeva lui, non le scaricava in questa Commissione.
In quell'occasione non fu contestato nulla, perché Marini aveva il diritto di parlare e di esprimere ciò che reputava opportuno, assicurando di avere la certezza di fornire la prova. I nuovi colleghi, lo dico in senso rispettoso non minimalistico, debbono sapere che si era in piena campagna elettorale per le amministrative e poteva fare buon gioco a qualcuno se i commissari di maggioranza o il presidente si fossero messi il distintivo partitico all'occhiello!
Si decise di andare in Svizzera, di prendere gli atti e di squalificare Marini se avesse detto il falso o di rinviare il tutto all'autorità giudiziaria se il falso non fosse emerso. Si è detto che se Marini fosse stato ritenuto falso - lo si è affermato in tono quasi intimidatorio perché non si tornasse indietro - noi ci saremmo considerati parte offesa ed io lo ribadisco. Quale parte offesa potrebbe essere più alta di noi, che abbiamo avuto la tempesta addosso quando le parole di Marini sono state riversate come olio bollente su di noi? Se risultasse che Marini ha ingannato la Commissione, noi saremmo la parte offesa, su questo non accettiamo richiami da parte di nessuno! Non mettiamo in vendita la coscienza che ognuno di noi ha preservato da tutta una vita!
Si è parlato di «calunnia nel Parlamento». Che cosa si sta dicendo? È previsto che vi sia «calunnia nel Parlamento»? Si è parlato di collusione, di favoreggiamento, di aiuto, di soccorso, ma da parte di chi? Lo dico una volta per tutte, in tono di richiesta pressante: non consentirei a nessuno di fare queste affermazioni generiche, da bar dello sport, senza che vi siano argomenti a sostegno, fermo restando che ognuno può dirlo fino a perdere la faccia! Collusi con chi? Marini soccorso da chi? Aiutato da chi? Favorito da chi?

GIAMPAOLO ZANCAN. Presidente, ho detto anche i nomi!

PRESIDENTE. I nomi fatti da lei non sono arrivati prima del 7 maggio, ma a ridosso di novembre. Marini non aveva bisogno di nessuna congiura, ma solo di 41 centesimi di euro per acquistare un francobollo e spedire una lettera alla Commissione Telekom-Serbia dal seguente contenuto: «sono il cittadino Igor Marini e chiedo di essere sentito su fatti importanti relativi alla vicenda Telekom-Serbia». E cosa avremmo fatto noi? Avremmo invitato il signor Marini a venire qui. Dunque,


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di quale concerto strategico aveva bisogno?
Chi ha parlato dopo, lo ha fatto a distanza di tre, quattro o cinque mesi dalle dichiarazioni rese da Marini a noi, quindi il cosiddetto concerto non c'era. Si richiama il plico dove si parla di Ranoc. e Mortad.: sfido chiunque a dire in quale occasione questo presidente o questa Commissione hanno contestato questi nomignoli a qualcuno! Mi dica se c'è una sola occasione senatore Zancan, posto che lei è così attivo nel leggere le carte ...

GIAMPAOLO ZANCAN. Non mi rimproveri per questo!

PRESIDENTE. È un elogio! Visto che lei è così attivo nel leggere le carte, mi dica in quale occasione uno di noi, persino tra i più esuberanti, ha parlato di Ranoc. e Mortad., pur essendo questi nomi inclusi nel pacco?
Mi si chiede perché abbiamo accolto il pacco. Non avevamo il laser e quel pacco era uno come tanti, che poteva contenere scartoffie o cose importanti; è stata data notizia il 6 agosto dell'arrivo - e di questo chiedo scusa all'onorevole Russo Spena, perché nella precedente dichiarazione mi sono riferito «alla successiva seduta» mentre era il 6 agosto - e conteneva i dati suggestivi di Ranoc. e Mortad., esclusi da noi come oggetto di contestazione.
Marini è stato ascoltato a Torino il 7 agosto, mentre il pacco era arrivato il 31 luglio: quale migliore occasione per tirare fuori l'abracadabra del Ranoc. e del Mortad.? Ma per serietà, responsabilità e coscienza nessuno si è permesso di parlare di questo. Non so più se ci conosciamo da tanto o da poco tempo, perché lavorando il tempo si annulla, ma la prego - è una sfida etica, nel senso rispettoso del termine - di considerare questi passaggi come ultimativi in quanto storici, non in quanto dettati dall'interpretazione dialettica: nessuno ci ha inquinato, perché non abbiamo permesso a nessuno di farlo, non perché non ce ne siamo accorti!
L'onorevole Minniti chiede se abbiamo riscontrato la fondatezza: quale fondatezza? Quali strumenti di verifica abbiamo? Signori, nel nostro paese ci sono pubblici ministeri che raccolgono dichiarazioni di pentiti o di incolpatori a seguito delle quali vengono comminati ergastoli, dopo la privazione della libertà; poi si ribaltano le sentenze: vengono ribaltate quelle notissime e attuali che prevedono ventiquattro anni di reclusione senza che alcuno abbia chiesto scusa a nessuno, perché questo è il rituale procedere e procedendo possono essere commessi anche errori. Noi, però, non abbiamo mai emesso sentenze poiché non rientra nei nostri poteri. Mentre quei pubblici ministeri avevano il dovere imprescindibile di sentire gli incolpatori, noi quello stesso dovere lo abbiamo riservato nel momento in cui abbiamo sentito tutti - dico tutti - quelli che sono passati da questa Commissione. E come potevamo evitarlo?
La Commissione è colpita nella sua credibilità se segue Torino, così è stato detto. Ma non avete detto voi stessi che abbiamo un dovere di collaborazione istituzionale per cui dobbiamo cooperare con quella magistratura? Osservo che in proposito è stata data una risposta, sia pur involontaria, da parte del senatore Petrini al quale risponderò per ultimo. Ebbene, appena l'autorità giudiziaria di Torino ci ha chiesto di collaborare, abbiamo immediatamente sottolineato - non eseguito, perché avevamo gli stessi poteri e qualcuno avrebbe potuto legittimamente impermalosirsi o rivendicare gelosie istituzionali - la giustezza della richiesta dato che la procura di Torino ha il potere di legge di privare della libertà, di contestare reati e via dicendo.
Non è da lei, onorevole - il mio non vuole essere un atteggiamento perché so con chi parlo - parlare di Servizi e di sospetti: quali sospetti dovevamo avere sul cittadino incensurato Marini? Volpe è venuto qui chiamato da voi - e bene avete fatto - per accertare possibili soluzioni, mentre Marini è venuto qui dalla strada


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per spiegare, una volta evocato dall'avvocato Paoletti. Chi mai poteva prevedere che Marini portasse delle folgori? Pensavamo che dal regolamento dei conti tra i due emergessero le piste del riciclaggio.
In genere non rispondo agli assenti, ma non posso esimermi dal farlo nei confronti dell'onorevole Fanfani. Lui voleva che si usasse il laser per il pacco, per cui lo invito ad indicare gli strumenti che possiede perché possano essere utilizzati anche da noi. Si è detto di analizzare le dichiarazioni di questi personaggi: come si fa? Con un solo strumento, dando corso alle rogatorie. Marini ci ha detto che alle isole Cayman e ad Innsbruck vi è la prova delle fiches confidentielles e poiché noi, secondo perversione, siamo affezionati a Marini, affascinati da Marini, addirittura Marini- dipendenti, corriamo verso le isole Vergini e altrove a riscontrare Marini, a rincorrere Marini! Non si è mai verificato. Da un lato abbiamo incassato Marini e dall'altro lo abbiamo scaricato? No, perché non si scarica chi non si carica! Era compito dell'autorità giudiziaria di Torino che credo si sia mossa in questo senso, anche se non ci sono stati ancora trasmessi gli ultimi atti, da cui potremo controllare le dichiarazioni di Marini.
L'onorevole Minniti fa riferimento alla verità e alla valenza della falsità: questo è compito dell'autorità giudiziaria. Come possiamo noi giudicare della veridicità o della falsità di una dichiarazione? Se la persona viene sentita in qualità di teste, il nostro compito è di rinviarlo all'autorità giudiziaria; ma in quel caso era libero audito, con tutte le garanzie previste.
Il senatore Consolo dice una verità che diventa istituzionale: si vuole trasformare questa Commissione da organo di indagine in collegio giudicante, nel senso che dobbiamo alzarci in piedi e in nome del popolo italiano pronunciare una sentenza di condanna o di assoluzione per Marini. I fatti dimostrano che tutte le volte in cui abbiamo reputato falso o sospetto di falsità un teste, dopo un esame approfondito, abbiamo previsto il rinvio all'autorità giudiziaria.

GIUSEPPE CONSOLO. Così è stato fatto.

PRESIDENTE. Non solo. Quando si è rincorso Marini sino a Lugano, lo si è fatto con tutti i crismi delle garanzie dato che erano presenti i nostri consulenti e l'opposizione nella persona dell'onorevole Kessler, il quale chiese di partecipare a quella delegazione e partì, anche se poi successe quello che è a tutti noto, su cui non intendo ritornare.
La questione è stata risolta dall'onorevole Petrini, non volendolo...

PIERLUIGI PETRINI. Perché dice «non volendolo»?

PRESIDENTE. L'espressione «non volendolo» è un elogio, non una sottrazione di meriti, dato che è in rotta di collisione con le affermazioni della parte politica che sta portando avanti questa tesi. Se vuole, posso correggere la mia espressione dicendo «di contrario avviso alla tesi politica della parte di appartenenza».
Il senatore Petrini sostiene - e io ne convengo - che non siamo attrezzati né legittimati per gli accertamenti, dal momento che le nostre finalità sono diverse da quelle dell'autorità giudiziaria. Ciò significa non la responsabilità penale di Igor Marini, ma quale finalità abbia perseguito nell'elaborare un piano, così l'ha definito il senatore Petrini. Interpreto bene il suo pensiero, senatore?

PIERLUIGI PETRINI. Sì, che è complementare se vogliamo.

PRESIDENTE. Senatore, conosciamo il finale, ma non è questo il problema.
Il mio non vuole essere un atteggiamento capace di suggestionare i rapporti, abbiamo avuto pochi e fugaci rapporti dato che non ci siamo frequentati pur conoscendoci; presumo che ci sia stima reciproca, anche se questa è retorica, perché la stima o c'è o non c'è, ma nessuno di noi vive o muore di questi «eventi». Un fatto però è certo: mi sono


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interrogato e continuo a farlo per capire quale fine spinga un libero cittadino a venire in questa Commissione a riferire fatti di estrema gravità per conquistarsi, se falsi i fatti, una montagna di anni di galera! Qual è la ricompensa? O ci sono fattori caratteriali o ci sono elementi che devono ancora essere scoperti e siccome la gara è aperta, aiutateci a scoprirli. Non potete con eleganza lanciare la patata bollente e dire «siete voi che dovete scoprire gli elementi». Fare questo, significa dire a un cittadino «ti sospetto imputato di omicidio per cui mi devi dare la prova della tua innocenza»: non è così, anzi è l'esatto contrario in base ad una cultura ed una legislazione millenarie del diritto. Ripeto, aiutateci a scoprire questi elementi!

PIERLUIGI PETRINI. Siamo noi la Commissione.

PRESIDENTE. E la Commissione desidera sapere quali strumenti occorre mettere in campo per scoprire se Marini sia stato eterodiretto dall'esterno al punto da venire qui e sacrificarsi come il biblico agnello se fosse accertata la calunnia. Poiché avete voluto la convocazione di Volpe, ad essa do una chiave di lettura in questa direzione, nel senso che potremmo apprendere dell'esistenza di un «piano». Non solo: il signor Marini inganna la Commissione al punto che noi ci consideriamo parte offesa. Ben vengano allora gli accertamenti attraverso gli strumenti che ci indicherete.
È comodo dire «bisognava dirlo fin dall'inizio». Signori, non ci stiamo smarcando: riferiamo fatti. Poiché non lo sapevamo, questo mondo ambiguo di cui lei parla - se esiste - vorrei, vorremmo conoscerlo. Il senatore Petrini dichiara di non possedere la verità, il che è assolutamente onesto, ma vorremmo sapere se questo mondo ambiguo esiste veramente e fino a qual punto sia intervenuto. Una sola cosa intendo sottolineare, mai i lavori della Commissione sono stati improntati all'ambiguità, per la storia stessa degli atti! Non ci sono state intese o ammiccamenti con nessuno! Nessuno di noi vuole uscire dalla scena, quando Dio vorrà, portandosi la macchia di essere stato neppure tollerante!
Al senatore Eufemi che domanda un chiarimento tranquillizzante sull'applicazione dell'articolo 68 della Costituzione, dico che il suo è un interrogativo retorico. La disciplina vuole che non vi siano intimidazioni dialettiche di sorta in questa Commissione: questa è stata, è e sarà sempre, finché vi saranno questi componenti, di cui mi onoro di essere il primo tra pari, una Commissione che istituzionalmente può affermare di aver compiuto il proprio dovere, magari sbagliando perché non ci sono superuomini, ma mai nel sospetto che il dovere sia stato compiuto in parte, a metà o quasi! Grazie.
Passando al tema delle richieste istruttorie, avverto che la richiesta dell'onorevole Nan di acquisire dalla procura di Torino copia degli atti relativi alla rogatoria a Montecarlo effettuata da quella procura non è stata inserita nell'elenco in quanto gli atti in questione sono già stati trasmessi alla Commissione dalla stessa procura di Torino (si tratta di un verbale, classificato segreto, dell'interrogatorio di un funzionario della Banca Paribas).
Per lo stesso motivo sopra indicato non è stata inserita nell'elenco delle istanze la richiesta del senatore Cantoni di una rogatoria della Commissione nel Principato di Monaco per accertamenti e acquisizioni documentali da effettuare presso la Banca Paribas di Montecarlo.
Non è stata altresì inserita nell'elenco la richiesta dell'onorevole Taormina di acquisire copia delle fatturazioni di Ericsson per i lavori da questa effettuati in Serbia dopo l'acquisizione di Telekom-Serbia, in quanto Ericsson Telecomunicazioni Spa ha già inviato alla Commissione documentazione concernente i subappalti affidati da Ericsson per la realizzazione di lavori in Serbia, copia del contratto stipulato con Telekom-Serbia il 5 marzo 1998 per la fornitura e l'installazione del


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sistema di telefonia mobile nella Repubblica di Serbia e fatture di forniture ad Ericsson di materiali e servizi (dell'acquisizione agli atti di tale documentazione è stata data comunicazione nella seduta del 29 ottobre 2003).
La richiesta di rogatoria in Austria e l'acquisizione della documentazione relativa, che all'epoca poteva avere un significato, è superata avendo ricevuto dalla procura di Torino - che ci ha preceduto come ha fatto in passato dato che non abbiamo esperito queste vie rogatoriali - assicurazioni che è in itinere.
Rinvio il seguito della discussione sulle attività istruttorie alla seduta di mercoledì 26 novembre e dichiaro conclusa la seduta.

La seduta termina alle 15.55.

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