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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del dottor Franco Bernabè, che ringrazio di essere presente.
Dottor Bernabè è già stato sentito da altre autorità istituzionali a proposito dell'affare Telekom-Serbia?
FRANCO BERNABÈ. Sì, sono stato interrogato dalla procura della Repubblica di Torino.
PRESIDENTE. Quindi, è generalizzato in atti?
PRESIDENTE. Quale incarico ha ricoperto in Telecom Italia e in quale periodo?
FRANCO BERNABÈ. Sono stato amministratore delegato di Telecom Italia dall'ottobre 1998 alla fine di maggio 1999.
PRESIDENTE. A seguito di notizie giornalistiche americane, si è appreso che lei in Telecom Italia commissionò due diversi tipi di accertamento circa la regolarità della conduzione dell'affare che aveva portato all'acquisizione del 29 per cento di Telekom-Serbia. Uno di essi, quello che si può ritenere il più generico, venne affidato all'ingegner Braidotti, allora capo ufficio ispettivo di Telecom Italia. L'altro, molto più tecnico, risulta essere stato commissionato alla direzione della pianificazione. Potrebbe specificare le motivazioni che stavano alla base di questa sua iniziativa e gli esiti che sortirono nell'uno e nell'altro caso? Risulta a verità che lei sollecitò più volte Braidotti?
FRANCO BERNABÈ. Feci fare due verifiche, una non specificatamente in relazione alla problematica Telekom-Serbia, di cui peraltro non sapevo niente, quasi all'inizio del mio mandato perché volevo sapere se erano stati fatti dei contratti di intermediazione che, in qualche modo, non fossero coerenti con la legislazione americana del Foreign corrupt praticies act. Affidai al dottor Braidotti l'incarico di verificare se ci fossero dei contratti di intermediazione che non rispondevano ai criteri di legittimità stabiliti dal Foreign corrupt pratices act.
A questa richiesta l'ingegner Braidotti diede seguito con un accertamento dal quale risultò che non c'erano incarichi di intermediazione che non risultassero agli atti e che non fossero coerenti con la legislazione; quindi non risultavano problemi.
Il secondo accertamento lo disposi in seguito alle notizie di stampa, che credo appartenessero ad un giornale americano ed erano state riportate da un'agenzia italiana - penso fosse l'ANSA -, nell'aprile 1999, cioè in piena battaglia Telecom Italia; l'articolo americano parlava di problematiche collegate all'acquisizione di Telekom-Serbia e di come questa vicenda si inserisse nella complessa situazione dei Balcani. Diedi incarico al mio assistente, non ricordo l'altro nome citato...
PRESIDENTE. Non ho citato nessun altro nome oltre a Braidotti, perché si parla di direzione della pianificazione.
FRANCO BERNABÈ. Diedi incarico al mio assistente, direttore della finanziaria, dottor Gianni Stella, di fare una verifica in relazione agli articoli apparsi sulla stampa americana ed a quelli riportati dalle agenzie italiane, per verificare di che cosa si trattasse. Il dottor Stella fece gli accertamenti, a seguito di quell'incarico, convocando o sentendo una serie di persone, incluso Braidotti, ma non emerse niente che non risultasse agli atti; da quello che riportava il giornale non si riusciva, attraverso le carte interne, ad accertare se vi fossero o non vi fossero problemi collegati.
PRESIDENTE. Ci risulta che il secondo tipo di accertamento sia stato condotto dal professor Francesco De Leo, allora direttore della direzione della pianificazione di Telecom Italia (ecco perché non ho evocato altri nomi). Il professor De Leo le inviò mai un dossier riservato concernente gli esiti dei suoi accertamenti?
FRANCO BERNABÈ. Onestamente non ricordo; credo che il materiale fosse nelle
mani di Gianni Stella, al quale chiesi di fare la verifica. Il materiale eventualmente risultante dagli accertamenti presso specifici funzionari era in mano a Stella.
PRESIDENTE. Il professor De Leo è persona a lei nota?
FRANCO BERNABÈ. Sì, era il responsabile della pianificazione.
PRESIDENTE. Quindi, c'era un rapporto istituzionale corretto, corrente?
FRANCO BERNABÈ. Sì, c'era un rapporto istituzionale, anche se non era suo compito fare accertamenti specifici. Se De Leo è stato sentito, lo è stato per ragioni specifiche collegate forse all'attività internazionale. Non ricordo se De Leo seguisse anche l'attività internazionale.
PRESIDENTE. Il documento elaborato e licenziato dal dottor Stella è acquisibile agli atti della Commissione?
FRANCO BERNABÈ. Io non ho alcuna documentazione relativa a Telecom Italia, che è comunque nella disponibilità di Telecom Italia. Se c'è della documentazione, sta negli archivi di Telecom Italia.
PRESIDENTE. La documentazione che intenderemmo chiedere può riferirsi agli accertamenti del dottor Stella?
FRANCO BERNABÈ. Io non ho alcun documento di Telecom Italia.
PRESIDENTE. Questo lo abbiamo capito; nel caso in cui richiedessimo della documentazione all'attuale dirigenza di Telecom, dovremmo orientare la richiesta nello spazio e nel tempo: a quale periodo dovremmo riferirci approssimativamente?
FRANCO BERNABÈ. Dovrebbe essere aprile-maggio 1999, un periodo piuttosto confuso.
PRESIDENTE. Quindi, dovremmo richiedere un documento relativo a questo periodo a firma Stella?
PRESIDENTE. Perfetto. Il giornalista Giuseppe Scanni, durante la sua audizione dello scorso aprile, ha riferito di essere stato messo a conoscenza del fatto che il professor De Leo è in possesso di un dossier riservato contenente le risultanze degli accertamenti da lui esperiti sull'affare Telekom-Serbia. Per tale motivo più volte chiese un'intervista a De Leo, che poi ottenne; stranamente, però, un paio di giorni prima dell'appuntamento fissato, De Leo comunicò di non essere più disponibile a rilasciare l'intervista: si è mai sentito su questo punto con il professor De Leo?
FRANCO BERNABÈ. Assolutamente no.
PRESIDENTE. È una circostanza del tutto nuova?
FRANCO BERNABÈ. Del tutto nuova.
PRESIDENTE. Con riferimento agli accertamenti condotti dall'ingegner Braidotti, le fu mai riferito che per l'affare Telekom-Serbia non venne mai effettuata due diligence?
FRANCO BERNABÈ. Che non sia stata effettuata una due diligence onestamente non ricordo.
PRESIDENTE. Le ricordo che in quel periodo la Serbia era una nazione di 11 milioni di abitanti, con un reddito pro-capite pari a 1.900 dollari l'anno, con due milioni di clienti business, con una valuta non convertibile (il dinaro) e con un rischio paese uguale a cinque in una scala da uno a cinque. L'ho ricordato affinché lei, rispondendo, possa dire se una due diligence fu fatta e se era imprescindibile.
FRANCO BERNABÈ. In caso di acquisizione, normalmente la due diligence
viene fatta; immagino che sia stata fatta per Telekom-Serbia, compatibilmente con la situazione politica e militare... No, quando fu acquistata credo che la guerra non fosse ancora scoppiata; certamente c'era molta confusione nei Balcani. Se hanno fatto la due diligence, hanno avuto parecchie difficoltà a farla con criteri normali.
PRESIDENTE. Non pensa che le difficoltà in cui versavano i Balcani imponessero la due diligence? Quest'ultima non era un optional, ma imprescindibile perché il rischio paese, dilatato al massimo per l'aleggiare della guerra, imponeva una migliore condizione di conoscenza e di valutazione.
FRANCO BERNABÈ. In caso di acquisizione la due diligence è della natura più varia; non c'è uno standard di due diligence anche se nei manuali di procedura amministrativa ci sono delle guide lines per fare due diligence. Dipende dalla sensibilità del soggetto o della società di revisione incaricata la definizione del livello di approfondimento della due diligence, perché, lo ripeto, non c'è uno standard specifico.
PRESIDENTE. Con esito agli accertamenti da lei disposti, le fu mai rappresentato che la conclusione dell'affare Telekom-Serbia aveva come cornice il pagamento di 30 miliardi di vecchie lire a titolo di mediazione ad una insolita società macedone, la Mak Enviroment, che produceva mangimi per animali? In questa occasione, le fu mai indicata la circostanza che l'insolito mediatore Dimitrijevic Srdja - che lei non poteva conoscere - era dei servizi serbi, se è vero quanto ci ha detto un alto funzionario?
FRANCO BERNABÈ. Credo che venne accertato che ci fu il pagamento di una intermediazione che era regolarmente registrata nei libri contabili della società. Essendoci stata una controprestazione, gli uffici di Telecom avevano assunto che fosse legittima. Il problema «normale» delle intermediazioni è che non vengono registrate o passano attraverso società offshore oppure vengono pagate attraverso fondi non contabilizzati. Dal punto di vista bilancistico va accertato se vi sia stata una controprestazione, cioè se sia avvenuta la transazione, e se l'intermediazione sia stata regolarmente registrata nei bilanci, cosa che dagli accertamenti disposti era stato fatto.
PRESIDENTE. Dottor Bernabè, questa circostanza è a noi nota, io le ho chiesto una cosa diversa. Le dinamiche di questa mediazione; la qualità dei soggetti; l'esistenza di una società che produce mangimi per animali, ma è interessata a fatti quanto meno inomologabili con la materia; la quantità del denaro pagato, furono elementi che, una volta appresi, suscitarono in lei qualche perplessità?
FRANCO BERNABÈ. La dimensione probabilmente era un po' elevata, ma non al di fuori degli standard di intermediazione per grandi operazioni internazionali. Di che cosa si occupasse la società, non sapevo assolutamente.
PRESIDENTE. La vicenda della mediazione non fu tra i suoi argomenti di perplessità? Abbiamo appreso che, in genere, la società da lei rappresentata non aveva mai pagato mediazioni e che questa era anomala ed originale: indipendentemente dalla congruità, può suscitare perplessità? È una domanda, non un'affermazione. Dalla sua competenza la Commissione attende di sapere di più.
FRANCO BERNABÈ. Essendomi occupato in quel periodo di ben altro, cioè dell'OPA ostile su Telecom che ha provocato i problemi noti, devo dire che gli accertamenti disposti presso gli uffici e l'incarico al dottor Stella, il quale aveva sentito indifferentemente e individualmente i diversi uffici, mi davano la tranquillità che le cose erano a posto. Una volta che Stella mi aveva riferito che le cose erano regolarmente registrate, che non c'erano elementi che potessero risultare
anomali dal punto di vista contabile o bilancistico, non ho approfondito ulteriormente. Peraltro era un tema che all'epoca non era assolutamente in evidenza.
PRESIDENTE. Insisto su un punto perché lei non ha risposto. Ha mai avuto notizia di intermediazioni pagate per acquisizioni all'estero a trattativa privata, indipendentemente da questa vicenda?
FRANCO BERNABÈ. In Telecom non lo so; l'unica cosa che feci è stata quella di chiedere a Braidotti se le modalità seguite per le acquisizioni, che avevano comportato il pagamento di oneri di intermediazione, fossero soddisfacenti dei requisiti del Foreign corrupt practices act, cioè che non fossero state pagate delle intermediazioni a membri ufficiali del Governo. Immagino che la Telecom abbia fatto parecchie transazioni all'estero, ma onestamente non ho approfondito se e con quali modalità.
PRESIDENTE. Scusi, poco fa lei ha detto che vi è un rapporto di congruità, anche se la somma poteva essere eccessiva, derivante dal confronto con altre operazioni, posto che non esiste un tariffario dei pagamenti da effettuare. Se lei afferma che vi era questo rapporto di congruità, vuol dire che per altre operazioni si era pagato sullo stesso livello, approssimativamente, oppure non si era pagato affatto?
FRANCO BERNABÈ. Essendomi costituito parte civile nelle vicende dell'ENI ed avendo avuto modo di approfondire una serie di problematiche collegate alle intermediazioni, onestamente devo dirle che, non avendo una specifica conoscenza dei problemi di Telecom, l'ordine di grandezza delle commissioni di intermediazione internazionali in alcune circostanze era non molto dissimile.
PRESIDENTE. Dire «in alcune circostanze» significa affermare che c'è stato!
FRANCO BERNABÈ. Non per Telecom, di cui non so assolutamente niente.
PRESIDENTE. Lei, quindi, non ha fatto una rassegna delle varie vicende operative di Telecom in quel periodo per acquisizioni all'estero?
FRANCO BERNABÈ. No, assolutamente no.
PRESIDENTE. Di conseguenza il suo giudizio di apparente congruità o di prossimità alla congruità è in astratto?
FRANCO BERNABÈ. È molto astratto.
PRESIDENTE. E non è rapportato agli andamenti delle acquisizioni estere di Telecom: è così?
PRESIDENTE. In qualità di amministratore delegato di una holding come Telecom Italia, le risulta che un dirigente possa autorizzare e sottoscrivere pagamenti che raggiungono cifre molto elevate come, per esempio, 30 miliardi?
FRANCO BERNABÈ. Dipende dai poteri che gli sono stati attribuiti. Non so quale fosse la struttura delle deleghe di poteri attribuite ad un dirigente piuttosto che ad un altro.
PRESIDENTE. Secondo lei, quindi, un dirigente munito di delega poteva operare in tal senso?
FRANCO BERNABÈ. Sì, se ha le deleghe.
PRESIDENTE. In astratto, sia chiaro.
FRANCO BERNABÈ. Sì, dal punto di vista tecnico.
PRESIDENTE. Dunque, potrebbe essere legittimo se avesse avuto la delega?
FRANCO BERNABÈ. Indubbiamente, se ha la delega può operare per qualsiasi cifra.
PRESIDENTE. Chiedo aiuto alla logica di Bertoldo, che non so se lei conosce dato che è cara soprattutto ai siciliani, perché è uomo di buon senso. Nel caso in cui il funzionario non avesse la delega, si potrebbe dire che il suo operato è illegittimo?
FRANCO BERNABÈ. Nel caso in cui non abbia la delega, il contratto non esiste.
PRESIDENTE. Le risulta, in assoluto, che all'interno della holding Telecom Italia fosse possibile nominare un semplice impiegato quale membro supplente di un consiglio di amministrazione?
FRANCO BERNABÈ. Sì, credo sia prassi comune.
PRESIDENTE. Conosce il dottor Baldizzone?
FRANCO BERNABÈ. No, non credo.
PRESIDENTE. In che modo accertò che l'operazione era stata gestita per intero - se lo accertò - da Tommasi di Vignano, così come ha dichiarato in altra sede?
FRANCO BERNABÈ. Per intero, in che senso?
PRESIDENTE. Io sto usando le sue espressioni, quindi non è una mia interpretazione.
FRANCO BERNABÈ. Onestamente, ora non ricordo.
PRESIDENTE. L'aiuto nel ricordo, perché non siamo ad un quiz. Lei è stato interrogato presso altro soggetto istituzionale - non ci interessa sapere quale, ma lei lo sa - e in quella occasione ha detto che il dottor Tommasi di Vignano gestì l'operazione per intero, vale a dire dal principio alla conclusione.
FRANCO BERNABÈ. Evidentemente, mi riferisco al fatto che Tommasi di Vignano era amministratore delegato di Telecom a quell'epoca. «Per intero» significa integralmente, cioè dall'inizio alla fine del processo.
PRESIDENTE. Le risulta che lo stesso Tommasi fosse legato, per ragioni di lavoro o di amicizia diretta personale, a soggetti istituzionali della politica del tempo?
FRANCO BERNABÈ. No, non mi risulta personalmente.
PRESIDENTE. Lei è a conoscenza della svalutazione in bilancio della partecipazione Telekom-Serbia? E, in caso affermativo, perché si procedette alla svalutazione?
FRANCO BERNABÈ. Da quello che so io, la svalutazione venne fatta successivamente. Noi facemmo delle riflessioni sull'opportunità o meno di operare una svalutazione, ma concludemmo che non c'erano gli elementi per farlo; cioè, non c'erano gli elementi per determinare che il valore della partecipazione fosse diverso dal costo della partecipazione, dal costo che risultava a bilancio.
PRESIDENTE. Per quanto mi riguarda, io ho finito.
Colgo l'occasione per dire, senza alcun rilievo polemico, poiché sarebbe fuori luogo, di aver letto, tra le tante cose che ho letto in questi giorni (per cui sono felice che la nostra Commissione d'inchiesta sia diventata protagonistica; speriamo che lo sia sempre, in positivo) la dichiarazione resa da un commissario il quale, per distrazione sua propria, non ci degna della sua presenza. Ognuno, alla fine, spera di essere all'altezza della fiducia altrui, vuol dire che non la meritiamo; ma le critiche sono venute soprattutto dagli apprendisti stregoni, quelli che non sono mai venuti e pretendono di sapere tutto: mi aiuta Oscar Wilde il quale ricorda chi «parlava spesso di nulla, unico argomento di cui sapeva tutto». Quindi, questo saper tutto di cose che non conosce ha portato quel collega a dire che c'è un presidente-avvocato
che gioca a fare il magistrato. Io mi chiedo come potrei fare domande, poiché le domande che pongo provengono soltanto dalla fonte istituzionale dei doveri che il presidente ha. Come onore e come croce.
Do la parola ai colleghi.
ALFREDO VITO. Dottor Bernabè, quando lei studiò, con i suoi collaboratori, l'opportunità di operare una svalutazione della partecipazione in bilancio, quali elementi prese in considerazione? Come siete arrivati alla conclusione che non si dovesse svalutare, atteso che, poi, l'anno dopo si fece una svalutazione per oltre cento miliardi?
FRANCO BERNABÈ. Certo. Ma io penso che per determinare una svalutazione bisogna avere elementi certi. Quindi, direi che il ragionamento funziona a contrariis: se ci sono determinati elementi si opera una svalutazione, altrimenti si mantiene il valore di carico della partecipazione. Il problema in realtà riguardava la presenza in Kosovo e l'entità dei danni subiti dalle infrastrutture; peraltro, essendo inaccessibili, dal momento che la Serbia si trovava in quel momento in piena guerra, non si poté operare alcun riferimento allo stato delle infrastrutture fisiche, per cui non c'era alcun elemento oggettivo per poter decidere un'eventuale svalutazione. Immagino quindi che, se gli amministratori successivi hanno operato una svalutazione, abbiano compiuto delle opportune verifiche anche in loco sullo stato degli impianti e sulla loro accessibilità.
ALFREDO VITO. Tuttavia, anche durante i sette mesi in cui lei fu amministratore delegato, da parte di Telekom-Serbia è stato effettuato un notevole impiego di investimenti destinato al rifacimento della rete; si era recato in Serbia un funzionario della Telecom Italia, Giovanni Garau: lei lo ha mai conosciuto?
ALFREDO VITO. Fu nominato vicepresidente di Telekom-Serbia. Quest'ultima ordinò ad alcune imprese italiane ed estere lavori per oltre un centinaio di miliardi di lire - questo avvenne già nel primo anno, quindi in un'epoca in cui lei era amministratore delegato - per il rifacimento della rete. Questo dato non vi fu rappresentato come un elemento che avrebbe dovuto quantomeno insospettirvi in ordine alla validità della rete?
FRANCO BERNABÈ. Non credo, perché normalmente una società di telecomunicazioni fa parecchi investimenti, per cui non c'era alcun motivo per ritenere che determinati investimenti fossero in relazione con carenze specifiche di Telekom-Serbia. Certamente quest'ultima era una società di un paese che aveva vissuto in isolamento per parecchi anni, per cui era naturale che facesse investimenti.
ALFREDO VITO. Quindi, lei non ha mai conosciuto Giovanni Garau?
FRANCO BERNABÈ. No: onestamente non lo ricordo.
GIUSEPPE CONSOLO. Dottor Bernabè, lei è stato amministratore delegato di Telecom Italia tra l'ottobre 1998 e il maggio del 1999. Durante la sua gestione vi furono acquisizioni di società estere?
FRANCO BERNABÈ. Non ricordo, ma se ci sono state certamente non dovevano essere di grande entità. Onestamente devo dirle che eravamo impegnati su un altro fronte, ma comunque non credo ci siano state grandi acquisizioni.
GIUSEPPE CONSOLO. Alla Commissione invece risulterebbe che durante la sua gestione ve sono state.
FRANCO BERNABÈ. Ora non ricordo. Certamente andava avanti il lavoro ordinario.
GIUSEPPE CONSOLO. D'accordo, non ricorda. Se si fosse dovuto procedere all'acquisizione di società estere, lei avrebbe disposto per il valore delle medesime una due diligence?
FRANCO BERNABÈ. Certamente. Era una prassi normale.
GIUSEPPE CONSOLO. Questo è conforme alle risposte che ci hanno fornito tutti i manager ascoltati, ma nel caso di Telekom-Serbia non fu effettuata una due diligence. C'è di più. Non fu effettuata una due diligence e la valutazione richiesta ad un istituto di credito fu disattesa in quanto la valutazione medesima era di importo troppo basso. Mi permetto di ricordare che Telecom acquistava. Questo risulta documentalmente alla Commissione. Come giudica queste «stranezze»?
FRANCO BERNABÈ. Non sono a conoscenza del fatto che non fosse stata effettuata la due diligence e neanche dei dettagli di cui lei sta parlando: quindi, onestamente, non ho commenti da fare.
GIUSEPPE CONSOLO. Lei però ha detto che aveva disposto due tipi di accertamenti nel momento in cui, da organi di stampa, era venuto a conoscenza dell'operazione Telekom-Serbia per come era stata riportata all'epoca dalla stampa stessa. Tali accertamenti non avevano portato alla sua attenzione neanche questo, vale a dire la mancanza di due diligence?
FRANCO BERNABÈ. Evidentemente no.
GIUSEPPE CONSOLO. Mi consenta: che accertamenti sono stati? Lei, come amministratore delegato, ha chiesto - a mio avviso giustamente - accertamenti ispettivi: questi accertamenti non portano alla sua attenzione neanche la mancanza di due diligence e la discussione sul prezzo, il quale non era troppo alto, ma al contrario troppo basso per gli acquirenti?
FRANCO BERNABÈ. Evidentemente, chi doveva riferire ai miei funzionari che stavano verificando si era dimenticato di farlo.
GIUSEPPE CONSOLO. Vede, la Commissione trova strane tutte queste dimenticanze, non sue ma di chi operava all'interno. La situazione è la seguente: il presidente oggi non l'ha chiesto a lei - è stato un caso - ma l'abbiamo sempre chiesto a tutti i soggetti che all'epoca ricoprivano cariche ed erano interessati alla vicenda. Le ricordo delle cifre che lei sicuramente conosce: la valutazione per il 49 per cento di Telekom-Serbia fu di millecinquecento miliardi di lire; tutti i testimoni auditi in questa Commissione hanno dato una valutazione massima di 800 miliardi, e non di millecinquecento. Mancherebbero quindi all'appello 700 miliardi, o meglio sono presenti ma risultano pagati in eccesso. Inoltre, non vi è stata alcuna due diligence, come le ho appena ricordato. L'operazione è stata fatta con compensi di mediazione da altri giudicati troppo alti ed è stata oggettivamente - a prescindere dalla valutazione degli 800 miliardi - un disastro economico, tanto è vero che Telecom Italia attuale ha dovuto ridurre le appostazioni di bilancio. Come giudica lei l'operazione Telekom-Serbia in termini economici? Un trionfo, un vantaggio, un disastro, una cosa inconcepibile? Ogni persona da noi ascoltata ha dato la sua valutazione sintetica.
FRANCO BERNABÈ. Ogni operazione si giudica in relazione alle circostanze in cui nasce e nelle quali si sviluppa. Evidentemente fu un'operazione effettuata in un contesto che presentava delle opportunità: comperare una partecipazione di una società in un contesto in cui c'era uno stato di belligeranza, poteva anche far immaginare che l'asset venisse ceduto a prezzi relativamente più bassi di quelli di mercato. Ricordo che le valutazioni delle società di telecomunicazioni fra il 1997-
1999 ed il 2000 erano stravaganti: società che fatturavano dieci miliardi di dollari venivano pagate 100 miliardi di dollari. Insomma, vi fu un'epoca in cui le valutazioni relative alle società di telecomunicazioni avevano oggettivamente raggiunto cifre stratosferiche; ma quando vengono effettuate le valutazioni, si prende come riferimento il valore intrinseco della partecipazione ed i parametri di mercato. Onestamente, quindi, non ho gli elementi per giudicare se, all'epoca in cui viene effettuata l'operazione (perché con il senno di poi tutti sono capaci di dire che una cosa non si doveva fare)...
GIUSEPPE CONSOLO. Io chiedevo un giudizio - ovviamente ex post, perché lei lo fornisce ora - di una persona relativamente estranea ma comunque intranea all'operazione, perché lei ha ricoperto la carica subito dopo. Il presidente Trantino non le aveva posto, probabilmente per dimenticanza, quella domanda che invece è stata posta a tutti. Ma oggi la massima valutazione per quella quota è di 800 miliardi e non di millecinquecento, la due diligence - lei ha detto che naturalmente l'avrebbe fatta - non è stata eseguita, i suoi uffici incaricati di presentarle una relazione non le hanno neanche parlato della carenza di due diligence, l'unico istituto di credito interessato (non certo una «banchetta», ma l'UBS, che era il primo istituto di credito svizzero, anche prima della fusione con la SBS) ha avuto un certo atteggiamento: ritengo quindi che lei oggi sia in condizione di poterci fornire un giudizio, condensato in una frase, sull'operazione medesima.
Lei afferma: occorre valutare le condizioni dell'epoca. Io le ho fornito dati cui la Commissione è pervenuta dopo un anno di lavoro.
FRANCO BERNABÈ. Spetta alla Commissione dare dei giudizi: onestamente non do giudizi su una operazione che non conosco nel dettaglio.
GIUSEPPE CONSOLO. Ne prendo atto.
CARLO TAORMINA. Vorrei tornare sull'argomento degli incarichi di accertamento che lei ha dato nelle due occasioni che ha già ricordato: l'ultima a Stella e la prima volta a Braidotti. Cominciamo con quest'ultimo. Anzitutto, c'è stato un incarico formale oppure è stato solo verbale?
FRANCO BERNABÈ. Credo sia stato verbale: normalmente questi incarichi si affidano verbalmente.
CARLO TAORMINA. Però la conclusione sarà stata scritta?
FRANCO BERNABÈ. Immagino di sì.
CARLO TAORMINA. Quindi, ad un incarico verbale corrisponde una risposta scritta?
FRANCO BERNABÈ. Normalmente l'ispettorato fornisce una documentazione scritta.
CARLO TAORMINA. Perfetto. Lei è in grado, allora, di ricordare quale incarico e che tipo di accertamento chiese con precisione a Braidotti?
FRANCO BERNABÈ. Per quello che ricordo, feci fare una analisi dell'eventuale esistenza di incarichi di intermediazione che non risultassero a bilancio e quindi che in qualche modo non fossero compatibili con la legislazione americana, tenendo conto che la società era quotata e che quella legislazione sul foreign corrupt practices act è severa. Diedi quindi disposizione a Braidotti di accertare che non ci fossero intermediazioni che non fossero in qualche modo rispondenti a questi criteri.
CARLO TAORMINA. Questa esigenza di accertare l'eventuale pratica di intermediazione da che cosa nacque?
FRANCO BERNABÈ. È un'esigenza generale.
CARLO TAORMINA. Mi riferisco a quel caso specifico: nacque da una sua perplessità e, se sì, maturata come? Da qualche notizia che lei aveva avuto?
FRANCO BERNABÈ. Nessuna notizia e nessuna perplessità. Fu un fatto riconducibile a doverosa diligenza.
CARLO TAORMINA. Una doverosa diligenza dovuta a che cosa? Lei entra in Telecom quando l'affare Telekom-Serbia è già alle sue spalle perché il contratto era stato stipulato nel giugno 1997. Quindi non aveva motivo, se non fosse stato in qualche modo sollecitato o avesse ricevuto qualche indicazione da parte di qualcuno: scusi la franchezza, ma lei in sostanza si è svegliato la mattina e si è detto «faccio questo accertamento»?
FRANCO BERNABÈ. In un certo senso sì, anche perché esistono delle strutture standard di verifica amministrativa che vengono effettuate dall'internal auditing, fra le quali c'è anche questa. È semplicemente una lista di domande che un buon auditor deve normalmente porsi nel corso di una campagna di accertamento.
CARLO TAORMINA. Mi perdoni, dottor Bernabè. Ho compreso la sua risposta, ma continuo ad esprimere la mia perplessità, che probabilmente è dovuta al fatto che non ho la sua esperienza manageriale. Tuttavia mi chiedo: se lei, in una certa data del 1998 o del 1999 (se non vado errato si tratta del 1999)...
FRANCO BERNABÈ. Credo alla fine del 1998.
CARLO TAORMINA. Lei avverte l'esigenza di fare questo tipo di accertamento: o lei mi dice che si è trattato di un accertamento che rientrava in un quadro generale, nell'ambito del quale c'erano stati anche altri accertamenti che il dottor Braidotti ebbe ad effettuare...
FRANCO BERNABÈ. Naturalmente, non c'è dubbio.
CARLO TAORMINA. ...altrimenti mi sembra strano che ci si ricordi soltanto di Telekom-Serbia. Che cosa era successo per far sì che lei facesse concentrare l'attenzione del dottor Braidotti su Telekom-Serbia nel dicembre 1998?
FRANCO BERNABÈ. Assolutamente: non si trattava di Telekom-Serbia. Era una richiesta generale e rientrava nell'ambito di alcune richieste che erano state rivolte all'internal auditing in relazione al lavoro di predisposizione del bilancio. Era quindi una richiesta del tutto generale ed entrava in un pacchetto che veniva elaborato abbastanza di routine.
CARLO TAORMINA. Di questo pacchetto di richieste - e quindi non in relazione all'accertamento calibrato su Telekom-Serbia - ci può essere traccia negli atti degli uffici?
FRANCO BERNABÈ. Certamente c'è la lista dei rapporti ispettivi fatti in quel periodo.
CARLO TAORMINA. Anche in questo caso, nonostante si trattasse di un quadro di riferimento globale, lei conferma che l'incarico dato al dottor Braidotti fu verbale?
FRANCO BERNABÈ. Sì, normalmente gli incarichi ispettivi sono verbali.
CARLO TAORMINA. Per una cosa lo capisco, per dieci lo capisco meno.
FRANCO BERNABÈ. Esistono prassi di auditing che si discutono con il capo dell'auditing e normalmente si decidono le priorità: c'è una lista di attività da svolgere nel corso dell'anno, di cui si discute la priorità.
CARLO TAORMINA. Prendo atto della sua risposta. Vorrei incidentalmente capire: in quel periodo - e anche in riferimento
al periodo successivo, su cui le rivolgerò qualche domanda, quello che si conclude con l'incarico a Stella - Telecom Italia, nel suo rapporto con le partecipazioni in Telekom-Serbia, stava svolgendo qualche attività, dei contratti, stava attivando, riattivando o rafforzando la rete? Insomma, che interesse aveva in quel momento Telekom-Serbia per la Telecom? Ci stavate lavorando sopra (uso una formula onnicomprensiva) per qualche motivo, per fare contratti, per fare appalti?
FRANCO BERNABÈ. Francamente non sono a conoscenza di quanto avvenisse in modo specifico, anche perché ci sono strutture preposte alla gestione delle partecipazioni, la STET International, che avevano piena autonomia: erano loro a tenere i rapporti con le società partecipate e ad occuparsi della pianificazione operativa. Quindi non ho idea di che cosa concretamente venisse fatto in relazione a Telekom-Serbia.
CARLO TAORMINA. Ad esempio, investimenti di Telecom per l'ampliamento della rete o per l'installazione di nuove strutture? Lei sa che il contratto postulava, per così dire, lo svolgimento di attività ulteriori, di investimenti attraverso varie società, come la Ericsson: lei di questo non ha mai saputo nulla?
FRANCO BERNABÈ. Assolutamente no.
CARLO TAORMINA. Diciamo che se non vi fosse stato il «pacchetto» sul quale lei intendeva svolgere questa rilevazione di routine, lei di Telekom-Serbia non si sarebbe affatto interessato.
PRESIDENTE. Questa domanda, onorevole Taormina, ha ribadito un'altra mia domanda, cioè se la relazione del dottor Stella rivenisse agli atti, e l'audito ha detto che sicuramente sarà agli atti.
MAURIZIO EUFEMI. Ha detto che immagina di sì.
PRESIDENTE. Allora, io do uno sconforto a questa sua convinzione, perché, da noi interpellata, la direzione internal auditing di Telecom Italia ha detto, nella persona del presidente Tronchetti, che «questa direzione non ha svolto indagine alcuna». Quindi non abbiamo noi atto alcuno.
CARLO TAORMINA. La ringrazio, presidente, dell'interlocuzione. In questo momento stavo parlando del primo intervento, quello del dottor Braidotti, ma viene bene la sua puntualizzazione.
Le è stato fatto, dottor Bernabè, il nome di De Leo: lei può escludere tassativamente, al di là degli accertamenti - che, poi, mi pare di capire siano stati molto scarni, poiché, in fin dei conti, si trattava soltanto di stabilire se la posta di bilancio relativa alla intermediazione ci fosse o non ci fosse -, l'esistenza di un dossier riservato, che sarebbe stato a lei recapitato, sui contenuti dell'operazione Telekom-Serbia in esito a questa prima indagine, o primo accertamento, che lei aveva disposto?
FRANCO BERNABÈ. Onestamente, non lo ricordo. Comunque, non avendo portato via niente da Telecom Italia, se non risulta agli atti della direzione dell'internal auditing, può darsi che sia negli archivi dell'amministratore delegato o in quelli della direzione pianificazione. Immagino che da qualche parte ci sia traccia di questa documentazione.
CARLO TAORMINA. Prendo atto.
Venendo al secondo accertamento, mi pare di ricordare, dalla risposta che lei ha dato al presidente, che fu sollecitato, invece, da una lettura di articoli di stampa.
CARLO TAORMINA. Cosa dicevano questi articoli di stampa che sollecitarono la sua curiosità?
FRANCO BERNABÈ. Era un articolo, molto dettagliato, in cui si parlava di
intermediari, di... Onestamente, adesso non ricordo, perché è una cosa di quattro anni fa. Non ricordo concretamente di cosa parlasse, però parlava di alcune stranezze relative all'affare Telekom-Serbia, ed era un articolo apparso, abbastanza sorprendentemente, su un giornale americano e neanche dei più famosi, che però venne riportato con evidenza da ANSA, all'epoca.
CARLO TAORMINA. A Stella... Come si chiamava di nome?
FRANCO BERNABÈ. Giovanni Stella.
CARLO TAORMINA. A Giovanni Stella, lei che in carico ha dato?
FRANCO BERNABÈ. Diedi l'articolo e gli dissi...
CARLO TAORMINA. Anche in questo caso oralmente?
FRANCO BERNABÈ. Sì, certo. Diedi l'articolo e gli chiesi di fare accertamenti sull'articolo.
CARLO TAORMINA. Quindi, diciamo che l'accertamento era più «puntuto».
FRANCO BERNABÈ. Chiesi di verificare se le strutture di Telecom fossero a conoscenza dei fatti in qualche modo descritti dall'articolo.
CARLO TAORMINA. A parte l'intermediazione, che lei aveva già accertato - poiché aveva accertato che stava in bilancio -, l'incarico dato a Stella doveva essere qualcosa di ulteriore. Ad esempio, chiese a Stella se si potesse accertare quali fossero state le modalità di pagamento di questa intermediazione, o no?
FRANCO BERNABÈ. Non ricordo, perché non ricordo cosa era scritto...
CARLO TAORMINA. L'intermediazione c'era: stava in bilancio. Non so se, poi, attraverso i registri societari o altro, fosse possibile stabilire se era stata pagata in contanti, con bonifico bancario... Lei l'accertamento sulle modalità di pagamento di questi soldi non l'ha fatto?
FRANCO BERNABÈ. Non mi sembra.
CARLO TAORMINA. Allora mi dica quale è stata la commissione data al dottor Stella.
FRANCO BERNABÈ. La commissione data al dottor Stella era di accertare se in relazione alle notizie apparse sul giornale ci fossero delle evidenze interne...
CARLO TAORMINA. Lei capisce che quel giornale, che, per di più, era un giornale straniero, io non lo lessi, per cui, se lei riuscisse a ricordare il contenuto dell'incarico conferito al dottor Stella, forse noi potremmo capire meglio il tipo di approfondimento e, quindi, delle risposte.
FRANCO BERNABÈ. Lei deve pensare, peraltro, che eravamo...
CARLO TAORMINA. Documenti scritti non ce ne sono, no? Non abbiamo documenti scritti.
FRANCO BERNABÈ. Questo io non lo so. Per quel che mi risulta, qualche documento scritto certamente c'è ed è agli atti di qualche archivio di Telecom.
PRESIDENTE. Ciò che l'onorevole Taormina vuole sapere è se quell'articolo fosse di elogio, di attacco o altro. Noi sappiamo che era fortemente critico.
FRANCO BERNABÈ. Molto critico, molto critico.
CARLO TAORMINA. Ma per l'intermediazione lei non poteva essere colpito più di tanto, poiché già aveva fatto l'accertamento sull'intermediazione. Lei ha detto che era normale che si pagasse tale intermediazione; probabilmente sulla base delle esperienze da lei fatte in altri settori,
ha ritenuto che fosse normale pagare intermediazioni, magari anche quella percentuale. Dunque, questo problema lei, ormai, l'aveva superato. Non so se rendo l'idea.
CARLO TAORMINA. Forse, per esempio, ha chiesto a Stella di accertare se Telecom praticasse intermediazioni o se quella fosse l'unica intermediazione pagata in un contratto privato? Questo è un accertamento che lei ha demandato?
FRANCO BERNABÈ. Questo era già stato l'oggetto del precedente incarico.
CARLO TAORMINA. No, per quello che lei ha risposto un attimo fa, oggetto del precedente incarico era stato di stabilire se la posta di bilancio ci fosse o non ci fosse.
FRANCO BERNABÈ. Se fosse prassi di Telecom avere delle intermediazioni alle quali non corrispondeva una controprestazione e che non fossero registrate in bilancio.
CARLO TAORMINA. Questa è una puntualizzazione della quale, ancora una volta, prendo atto. E le rispose, il dottor Braidotti, che Telecom non aveva mai praticato intermediazioni o non glielo rispose?
FRANCO BERNABÈ. Mi rispose che non c'erano problemi del tipo di quelli che io sollevavo.
CARLO TAORMINA. Mi scusi. Se lei dà l'incarico per stabilire se quelle intermediazioni potessero essere praticate...
FRANCO BERNABÈ. No, no, scusi. L'incarico, come ho detto chiaramente prima, era se ci fossero delle intermediazioni che non rispettavano i criteri del foreign corrupt practices act. Braidotti mi disse di no: per me quella era la risposta.
CARLO TAORMINA. Sì, ma che significa «la risposta»? Una risposta di carattere astratto, generico, o calibrata su Telecom?
FRANCO BERNABÈ. Calibrata su Telecom.
CARLO TAORMINA. Se era calibrata su Telecom, siccome noi abbiamo come dato acquisito che certamente Telecom non praticava intermediazioni, allora le chiedo: una domanda come questa, formulata al dottor Braidotti, avrebbe dovuto tradursi nella puntualizzazione - se non lo ha fatto, ce lo dica - che quella era nella storia di Telecom l'unica intermediazione?
FRANCO BERNABÈ. Così non mi disse Braidotti. Questo non emerge...
CARLO TAORMINA. E lei dai bilanci non poteva capire se quella fosse l'unica intermediazione pagato alla Telecom?
FRANCO BERNABÈ. Assolutamente no.
CARLO TAORMINA Questa volta, però, compare nei bilanci l'intermediazione.
FRANCO BERNABÈ. A parte che erano bilanci precedenti e io, onestamente, avevo la responsabilità dei bilanci miei...
CARLO TAORMINA. Nessuno parla delle sue responsabilità, ma siccome sorge un problema di accertamento attorno a quello che era accaduto per effetto dell'articolo, che lei ha ricordato, riguardo a Telekom-Serbia, io le chiedo - non si tratta di un problema di responsabilità sue, per carità, nessuno sta discutendo di questo, altrimenti sarebbe qui in altra veste o non ci sarebbe affatto - se di fronte all'accertamento di carattere meramente documentale, che avrebbe portato a concludere in una direzione, forse, l'amministratore delegato della Telecom di allora, cioè lei, avrebbe potuto valutare dal
punto di vista dell'esigenza di approfondimenti di altre autorità, e magari anche di carattere giudiziario.
FRANCO BERNABÈ. Guardi, una delle cose che credo mi venne detta in quell'epoca - era il momento in cui stavano bombardando in Serbia, quindi la Serbia era difficilmente accessibile -, uno degli elementi che viene addotto - diciamo - per non approfondire l'analisi, per non darmi elementi di dettaglio sull'analisi, fu che l'accesso ai documenti di Telekom-Serbia era impossibile perché la Serbia era in isolamento, in quanto in quel momento in stato di guerra.
CARLO TAORMINA. Sì, ma io parlo dei documenti di Telecom riguardanti Telekom-Serbia.
FRANCO BERNABÈ. Dai documenti di Telecom, evidentemente, emergeva quello che poteva emergere.
CARLO TAORMINA. Cosa significa questo? È come quando nelle lettere si risponde «con la considerazione che merita».
FRANCO BERNABÈ. No, no. Che la maggior parte dei documenti rilevanti verosimilmente stava con Telekom-Serbia.
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Taormina, ma mi inserisco in quanto lei ha ribadito un precedente da noi ormai acquisito, quindi storico: che Telecom Italia per le acquisizioni all'estero non pagava intermediazioni.
C'è ad aggravare il quadro della originalità, dottor Bernabè, il fatto che, in genere, non si procedesse mai a trattativa privata. Nel caso di specie si procede a trattativa privata e c'è un'intermediazione. Queste novità non allerta i suoi poteri di indagine, visto che aveva conferito quell'incarico al dottor Stella?
FRANCO BERNABÈ. Il fatto della trattativa privata, onestamente, non suscita alcuna perplessità, nel senso che la maggior parte delle operazioni, negli ultimi cinque anni, anche nel settore delle telecomunicazioni, sono state fatte a trattativa privata. Quindi, diciamo che la maggior parte degli asset sono stati fatti con operazioni...
PRESIDENTE. Mi scusi, ma la Serbia voleva l'asta pubblica. È stata Telecom Italia ad insistere perché fosse a trattativa privata.
FRANCO BERNABÈ. Naturalmente, se una società ottiene il vantaggio, nel corso del negoziato, di procedere a trattativa privata al posto di fare un'asta pubblica, evidentemente...
CARLO TAORMINA. Non è un problema soltanto di vantaggio, mi scusi, dottor Bernabè.
FRANCO BERNABÈ. Vantaggio per la società...
CARLO TAORMINA. C'è anche un problema di osservanza delle leggi.
FRANCO BERNABÈ. Però erano le leggi serbe. Quindi, dal punto di vista...
CARLO TAORMINA. No, io parlo delle leggi italiane. Le leggi serbe non so nemmeno se esistessero.
FRANCO BERNABÈ. Trattativa privata per l'acquisto di una società serba.
FRANCO BERNABÈ. Se il governo serbo decide di procedere a trattativa privata, ovviamente: peggio per il governo serbo, meglio per il Governo italiano.
PRESIDENTE. Non ha deciso di procedere a trattativa privata: è il contrario. Il governo serbo fa muro perché si proceda ad asta pubblica. È la Telecom che insiste per la trattativa privata e poi, migliorando le cifre, la ottiene.
CARLO TAORMINA. Quindi, quali furono le risposte che Stella dette? Stella si pronunciò sulla congruità?
FRANCO BERNABÈ. No. Non credo neanche fosse l'oggetto dell'incarico. E poi la congruità è impossibile da accertare.
CARLO TAORMINA. Quindi, fece esattamente quello che aveva già fatto Braidotti.
FRANCO BERNABÈ. Accertò presso gli uffici se c'erano... Però l'articolo era un articolo molto fantasioso, molto fantapolitico, nel quale si raccontavano...
CARLO TAORMINA. La realtà dei fatti ha poi dimostrato che, forse, tanto fantapolitico non era.
FRANCO BERNABÈ. Però ex post sono in grado tutti di fare accertamenti! All'epoca, appariva molto fantasioso l'articolo, pieno di intrighi. Quindi, evidentemente, le domande rivolte agli uffici furono per accertare se alcune delle cose che emergevano dall'articolo rispondessero, in qualche modo, a verità. E le risposte degli uffici furono negative.
CARLO TAORMINA. Quindi lei, praticamente, non ha avuto motivo di nutrire perplessità sull'operazione.
FRANCO BERNABÈ. Direi che non mi sono nemmeno posto il problema, onestamente. La mia preoccupazione era che gli atti che noi facevamo fossero legittimi, cioè che il bilancio che io andavo a firmare fosse...
CARLO TAORMINA. Formalmente legittimo.
FRANCO BERNABÈ. Formalmente e sostanzialmente, per quanto la dirigenza mi imponeva di accertare.
CARLO TAORMINA. Se avesse accertato un pagamento fatto con modalità non proprio di quelle che si debbono usare, probabilmente il «formalmente» sarebbe tale.
FRANCO BERNABÈ. Guardi, io ho usato la massima diligenza nel fare quello che la responsabilità dell'amministratore mi imponeva di fare allora. Certamente, non avevo né i tempi, né i mezzi, né i modi per fare ulteriori accertamenti in un momento in cui era in corso la guerra, era in corso l'OPA di Telecom e evidentemente c'erano...
CARLO TAORMINA. Riferì a qualche autorità giudiziaria l'esito dei suoi accertamenti?
FRANCO BERNABÈ. All'autorità giudiziaria di Torino.
CARLO TAORMINA. No, dico: all'epoca.
FRANCO BERNABÈ. No. Onestamente, non ce ne era motivo.
ALDO SCARABOSIO. Dottor Bernabè, lei era amministratore delegato.
ALDO SCARABOSIO. Come tale, partecipava al consiglio d'amministrazione.
ALDO SCARABOSIO. Pertanto, lei sa meglio di me, per la sua esperienza, che ogni tanto viene presentato un ordine del giorno, che si discute nel consiglio d'amministrazione. È così?
ALDO SCARABOSIO. Questo ordine del giorno generalmente chi lo prepara?
FRANCO BERNABÈ. Lo prepara l'amministratore delegato.
ALDO SCARABOSIO. Quindi, quando lei preparava, attraverso i suoi uffici, l'ordine del giorno, indicava le materie da trattare.
ALDO SCARABOSIO. Era normale, pertanto, quando c'era una materia di una certa importanza, indicarla nell'ordine del giorno.
FRANCO BERNABÈ. Non c'è dubbio.
ALDO SCARABOSIO. Lei ha sempre fatto così?
FRANCO BERNABÈ. Così ho sempre fatto.
ALDO SCARABOSIO. Quindi, se c'era da fare un'acquisizione di qualsiasi tipo, indicava nell'ordine del giorno cosa c'era da fare?
FRANCO BERNABÈ. Se era materiale per la società, certamente.
FRANCO BERNABÈ. Però ci sono tante acquisizioni...
ALDO SCARABOSIO. Lei sa - glielo chiedo come informazione - che l'operazione è passata in un ordine del giorno sotto la voce «varie ed eventuali»?
FRANCO BERNABÈ. Ne prendo atto perché lei me lo dice. Non ne so niente.
ALDO SCARABOSIO. Le sembra normale? Lei ha fatto questo lavoro, è amministratore delegato: lo avrebbe messo nelle «varie ed eventuali»?
FRANCO BERNABÈ. Onestamente, è una materia sufficientemente rilevante da mettere all'ordine del giorno.
ALDO SCARABOSIO. Quindi, avrebbe dovuto avere la dovuta trasparenza?
FRANCO BERNABÈ. Normalmente, un'operazione di quel genere viene messa all'ordine del giorno.
ALDO SCARABOSIO. È molto strano che sia all'ordine del giorno tra le «varie di eventuali». Non le sembra sospetto? Non le dà un senso di disagio?
FRANCO BERNABÈ. Onestamente, io non posso commentare fatti che non conosco.
ALDO SCARABOSIO. Certo, non l'ha fatto lei. Ma io vorrei che lei facesse una valutazione in base alla sua esperienza. Ha già detto che non l'avrebbe mai messo in «varie ed eventuali». Questa operazione è stata trattata in maniera strana anche nel consiglio d'amministrazione.
FRANCO BERNABÈ. Un'operazione di queste dimensioni, se l'avessi fatta io, certamente l'avrei posta all'ordine del giorno.
PRESIDENTE. Vuole precisare? Fu posta all'ordine del giorno, ma lo fu tra le «varie ed eventuali». Intende dire all'ordine del giorno con punto specifico?
FRANCO BERNABÈ. Certo. Però dipende dalla sensibilità dell'amministratore farlo.
ALDO SCARABOSIO. Quindi questo fatto, secondo lei, è abbastanza anormale. Lei avrebbe sicuramente evidenziato un punto di questo genere, che riguarda 1.500 miliardi di investimento.
FRANCO BERNABÈ. Io non commento cose alle quali non ho partecipato. Dipende dalla sensibilità dell'amministratore, in relazione alle circostanze specifiche, fare una scelta piuttosto che un'altra. Io rispondo delle mie. Quello che fanno gli altri, onestamente, è una cosa che riguarda loro.
ALDO SCARABOSIO. Tuttavia, secondo lei, quale potrebbe essere il motivo per cui non è stato indicato?
FRANCO BERNABÈ. Non ne ho la più pallida idea.
PRESIDENTE. La domanda è improponibile, perché il teste può assumere un apprezzamento in ragione della sua esperienza diretta.
ALDO SCARABOSIO. Chiedo scusa, presidente. Ritiro la domanda e concludo l'intervento. Grazie.
PRESIDENTE. Avverto la Commissione che il senatore aveva già anticipato di avere una sola domanda da porre, per cui il «concludo l'intervento» non è detto in tono polemico.
La parola all'onorevole Zanotti.
KATIA ZANOTTI. La ringrazio, dottor Bernabè, sia per il quadro delineato, che è molto chiaro, sia per aver risposto ad alcune domande che considero imbarazzanti.
Può ripetere in che periodo è stato amministratore delegato di Telecom?
FRANCO BERNABÈ. Tra l'ottobre 1998 ed il maggio 1999.
KATIA ZANOTTI. Ritorno sull'articolo pubblicato da una rivista americana, che secondo lei è pieno di elementi fantasiosi, in base ai quali credo lei abbia attivato la verifica per accertare che non fossero state pagate intermediazioni a membri ufficiali del Governo. Posto che la verifica abbia avuto esito negativo, le domando: gli elementi fantasiosi descritti nell'articolo e gli accertamenti del dottor Stella hanno prodotto in lei qualche perplessità sull'affare Telekom-Serbia?
FRANCO BERNABÈ. Ho preso atto dell'accertamento svolto da Stella ed ho acquisito la documentazione che mi ha trasmesso. Dagli atti e dalle verifiche svolte presso gli uffici non risultava alcun elemento che potesse indurre a compiere ulteriori approfondimenti. D'altra parte, non spettava a me farli su temi che apparivano fantasiosi - come intrighi, intermediari o altro -. La nostra capacità di accertamento si limitava allo stato dei fatti, così come risultava per tabulas. Poiché l'articolo era stato pubblicato dall'ANSA, se fossero stati più forti all'epoca, qualche autorità giudiziaria, con ben altra capacità di intervento, avrebbe provveduto agli accertamenti del caso, che noi non potevamo eseguire.
KATIA ZANOTTI. Dottor Bernabè, lei ha detto che le strutture preposte alla gestione delle partecipazioni verificavano la collaborazione tra Telecom Italia e Telekom-Serbia: non le sono mai state evidenziate difficoltà nei rapporti? Le ho posto la domanda perché nel corso del nostro lavoro abbiamo rilevato che fu dato un incarico al conte Vitali - che non so se conosce - per sanare o risolvere alcune controversie tra le due società.
FRANCO BERNABÈ. Non conosco il conte Vitali e non mi sono occupato di questi problemi.
ENRICO NAN. Prima della sua nomina nel 1998 che attività svolgeva?
FRANCO BERNABÈ. Ero amministratore delegato dell'ENI.
ENRICO NAN. Conosceva Tommasi di Vignano?
FRANCO BERNABÈ. Sì, l'ho incontrato un paio di volte.
ENRICO NAN. L'ha incontrato prima o dopo la nomina?
FRANCO BERNABÈ. Prima di essere nominato.
ENRICO NAN. Dopo, non ha avuto modo di...?
FRANCO BERNABÈ. No, non mi sembra.
ENRICO NAN. Avendo lei un alto incarico, ha seguìto la nomina di Tommasi di Vignano?
ENRICO NAN. Fu una nomina improvvisa o annunciata?
FRANCO BERNABÈ. Onestamente non ricordo le modalità con le quali fu nominato Tommasi.
ENRICO NAN. Fu una nomina molto improvvisa, che fu oggetto di dibattiti e di articoli di giornale. Una nomina così importante, secondo lei, è determinata da una decisione politica di alto livello? Lei fu nominato presidente dell'IRI, può dirci qualcosa?
FRANCO BERNABÈ. Nella nomina dell'amministratore delegato di Telecom certamente il Tesoro ha avuto un ruolo, essendo l'azionista di maggioranza. Spettava al Tesoro nominare l'amministratore delegato.
ENRICO NAN. Un'operazione così rilevante poteva avvenire senza alcun rapporto con i Ministeri di riferimento, ossia Tesoro e Poste? Se lei fosse stato al posto di Tommasi di Vignano, avrebbe assunto una decisione così importante senza rapportarsi con i Ministeri di riferimento?
FRANCO BERNABÈ. È una questione di sensibilità dell'amministratore; alcune volte, per operazioni molto importanti, ne ho parlato con il Tesoro, altre volte no. Ripeto, ne parlavo con il Tesoro, cioè con l'azionista di riferimento; peraltro il Tesoro aveva la maggioranza nel consiglio di amministrazione.
ENRICO NAN. Quindi, in presenza di operazioni importanti ne riferiva al Tesoro!
FRANCO BERNABÈ. Quando ritenevo che l'operazione avesse una rilevanza particolare, ne parlavo al Tesoro. Avrò parlato con il Tesoro due o tre volte in otto anni di incarico di amministratore delegato.
ENRICO NAN. Un'operazione da 1.500 miliardi è rilevante o no?
FRANCO BERNABÈ. Come dicevo prima, è una questione di sensibilità. Come amministratore delegato di ENI ho fatto operazioni da migliaia di miliardi senza parlarne al Tesoro. Dipende dalla qualità dell'operazione, dalla sensibilità dell'operazione e dalla sensibilità dell'amministratore parlarne o meno.
CARLO TAORMINA. Allora lei è insensibile!
FRANCO BERNABÈ. Non volevo scocciare il Tesoro per cose irrilevanti, per le quali mi assumevo la responsabilità.
PRESIDENTE. Dottor Bernabè, noi sprofondiamo nella tristezza: se 1.500 miliardi sono irrilevanti, qui c'è una corte di straccioni che chiede vendetta!
FRANCO BERNABÈ. L'ENI ha fatto operazioni da 10 mila-14 mila miliardi l'anno.
ENRICO NAN. Sì, ma informando il Ministero del tesoro.
FRANCO BERNABÈ. Qualche volta.
ENRICO NAN. Dopo essere stato nominato amministratore delegato di Telecom ha avuto contatti con qualche suo predecessore? Evidentemente mi riferisco alla STET. È normale che il nuovo amministratore delegato si rapporti con i suoi predecessori. Ha avuto contatti con Pascale o Tommasi di Vignano per parlare di operazioni ancora in corso?
FRANCO BERNABÈ. Io avevo sostituito Rossignolo ed era un periodo piuttosto
traumatico per Telecom. Non mi ricordo di aver parlato con Tommasi, mentre ricordo di aver parlato con Pascale e con Chirichigno.
ENRICO NAN. Si ricorda di aver parlato dell'affare Telekom-Serbia?
FRANCO BERNABÈ. No, assolutamente no.
ENRICO NAN. Durante il suo incarico fece delle acquisizioni in Bolivia o in Brasile?
FRANCO BERNABÈ. È possibile. Era STET International a fare acquisizioni; sì, credo che siano state fatte.
GIUSEPPE CONSOLO. A me aveva risposto negativamente.
ENRICO NAN. A me risulterebbe un'acquisizione in Bolivia: le risulta che siano state pagate delle mediazioni?
FRANCO BERNABÈ. Ad occuparsene era STET International; onestamente non mi ricordo assolutamente.
CARLO TAORMINA. Non avevate comprato Telecom-Brasile?
FRANCO BERNABÈ. Ripeto, era STET International che comprava le attività internazionali.
ENRICO NAN. Quindi, le eventuali intermediazioni erano pagate da STET International?
PRESIDENTE. Scusate, non è questo il modo di procedere. Queste sono domande in libertà; c'è una disciplina da osservare!
ENRICO NAN. Probabilmente, nel periodo del suo incarico STET International non esisteva più.
FRANCO BERNABÈ. Se ricordo correttamente, avevo dato disposizioni per una riorganizzazione che portasse all'eliminazione di STET International. Non credo che la riorganizzazione sia maturata in tempo. Allora, STET International c'era.
MAURIZIO EUFEMI. Nel corso della sua audizione, il professor Draghi ha dichiarato che il Tesoro proponeva una lista di consiglieri di amministrazione agli azionisti: quando lei era amministratore delegato, il Tesoro ha esercitato questo potere? E chi erano i nominativi indicati?
FRANCO BERNABÈ. Credo che il rappresentante del Tesoro in Telecom fosse Lucio Izzo.
MAURIZIO EUFEMI. Esercitò il suoi mandato di rappresentante del Tesoro in consiglio? Come lo ha riscontrato lei?
FRANCO BERNABÈ. Non c'erano materie su cui esercitare la golden share; lui si comportava come un normale consigliere.
MAURIZIO EUFEMI. Torno per un attimo su STET International. Durante il suo mandato di amministratore delegato, STET International era operativa sugli affari esteri - così pare di capire -: ha avuto contatti con i dirigenti di questa società? Hanno riferito? Esistevano delle società offshore in grado di consentire l'effettuazione di operazioni in libertà?
FRANCO BERNABÈ. Credo proprio di no. Che ci fossero società offshore, che fossero al di fuori del campo di consolidamento, credo proprio di no. Anzi.
MAURIZIO EUFEMI. Dico questo perché lei proviene dall'ENI che, in un certo senso, aveva società in grado di consentire operazioni internazionali.
FRANCO BERNABÈ. Di operazioni internazionali legittime ne aveva tantissime, oltre cento. Se questa è la domanda,
certamente si trattava di operazioni internazionali legittime; non c'erano società offshore.
MAURIZIO EUFEMI. Alla luce della sua esperienza di amministratore delegato dell'ENI le chiedo: un'operazione come quella di cui si parla, effettuata da una società privatizzata in presenza di una golden share, doveva essere rappresentata al Tesoro, al Governo oppure non se ne dovevaparlare? Se lei fosse stato al posto di Tommasi, come avrebbe determinato un'operazione del genere?
FRANCO BERNABÈ. Non posso parlare per Tommasi.
MAURIZIO EUFEMI. Certo, ma io parlo del dottor Bernabè amministratore delegato dell'ENI in rapporto ad un'operazione di acquisizione di questo livello.
PRESIDENTE. Scusate, non dobbiamo proporre modelli astratti, ma circostanze specifiche. Su questo tema il dottor Bernabè ha già risposto raccontando quello che sa. Vi sono altre domande?
MAURIZIO EUFEMI. Avendo letto le carte di Torino, ho capito che lei mise il suo assistente Stella alle costole di Braidotti: lo fece perché non si fidava di quello che Braidotti aveva detto oppure perché da notizie avute riteneva che esistesse una struttura parallela all'interno di Telecom che sfuggiva al suo controllo?
FRANCO BERNABÈ. Non pensavo che ci fosse una struttura parallela; immaginavo che una persona proveniente dall'esterno avesse meno vincoli e meno reticenze rispetto ad un soggetto interno, il quale necessariamente aveva più reticenze. Il senso letterale di quell'espressione è che Stella, non avendo vincoli né motivi per essere più discreto, poteva essere più efficace negli accertamenti.
PRESIDENTE. La ringrazio, dottor Bernabè, così come ringrazio i colleghi intervenuti, e dichiaro conclusa l'audizione.
Sospendo brevemente la seduta.
La seduta, sospesa alle 15.35, è ripresa alle 15.40.
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