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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'amministratore unico della SIAT Srl, Luigi Catterina.
La Commissione, nello svolgimento delle proprie attività istituzionali, intende acquisire dati ed elementi conoscitivi sullo stato di attuazione della vigente normativa in materia di gestione del ciclo dei rifiuti. La Commissione ha ritenuto opportuno procedere ad una serie di audizioni in merito alle problematiche ed ai profili di criticità che ineriscono al sistema della gestione dei rifiuti derivanti dall'impiego delle apparecchiature elettriche ed elettroniche, con particolare riferimento all'attuazione delle direttive 2002/95/CE, sulla restrizione dell'uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche, e 2002/96/CE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche.
L'audizione dell'amministratore unico della società SIAT Srl, Luigi Catterina, consentirà di assumere utili elementi di conoscenza e valutazione sulle specifiche questioni che riguardano tale tipologia di rifiuti e sulle prospettive di riforma delineate dalla legislazione comunitaria. Ricordo che nel mese di agosto è scaduto il termine previsto per l'attuazione delle predette direttive.
Nel rivolgere un saluto ed un ringraziamento per la disponibilità manifestata, do la parola all'ingegner Luigi Catterina, riservando eventuali domande dei colleghi della Commissione al termine del suo intervento.
LUIGI CATTERINA, Amministratore unico della SIAT Srl. Signor presidente, onorevoli commissari, ho ricevuto il vostro invito e sono onorato di poter contribuire, per quanto nelle mie possibilità, a fornirvi gli elementi informativi che riterrete utili.
La società che dirigo, la SIAT - Società italiana ambiente e territorio - ha sede in Castenedolo (Brescia) e può vantarsi di essere stata la prima in Italia ad occuparsi professionalmente dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (appunto i RAEE), iniziando nel 1989, con la prima autorizzazione regionale ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1982, l'attività di smaltimento tramite recupero indiretto di apparecchiature elettriche ed elettroniche obsolete.
All'epoca, svolgendo l'attività di consulente ambientale di alcune società multinazionali, mi resi conto personalmente delle difficoltà normative e tecnologiche in cui ci saremmo potuti trovare nel caso in cui il ritmo di obsolescenza delle apparecchiature
elettriche ed elettroniche fosse rapidamente cresciuto, come era nelle stime degli osservatori. Illuminante è stata, in questa scelta, una sentenza del pretore Platè di Brescia che interveniva, appunto in quegli anni, a sanzionare il comportamento di una grande impresa che aveva alienato, senza le precauzioni prescritte dalla normativa vigente, apparecchiature che contenevano sostanze pericolose (olio con PCB): studiando il caso specifico, mi resi conto dell'ampia area di evasione esistente e dell'opportunità operativa che scaturiva dalla mancanza di strutture ricettive adeguate ed anche dallo scarso interesse che il settore suscitava negli operatori tradizionalmente coinvolti nello smaltimento dei rifiuti.
Da quest'intuizione nasceva SIAT, come branca operativa di una realtà esistente dal 1980, rivolta soprattutto allo studio e alla consulenza nelle tematiche dell'ambiente e dei rifiuti. Oggi SIAT è un gruppo che comprende: una sezione autonoma sempre rivolta allo studio delle norme esistenti e delle nuove, fin dalle fasi di preparazione, dove possibile, per poter offrire un servizio ottimale di consulenza ed assistenza in materia di ambiente; due sezioni operative di trattamento, recupero e logistica di tutto l'universo delle apparecchiature elettriche ed elettroniche (dai televisori ai computer, dai frigoriferi alle fotocopiatrici, dalle apparecchiature biomedicali alle lampade fluorescenti e via dicendo), con l'introduzione di proprie tecnologie specifiche e mirate, nate dallo studio e dall'esperienza, una delle quali situata a Castenedolo - la più consolidata - e l'altra a Prato Calenzano (ES Logistica) - la più recente - che opera a supporto del centro di Brescia, per il pretrattamento e la logistica dei rifiuti prodotti nel centro Italia.
Il gruppo SIAT conta circa 35 dipendenti, suddivisi nelle varie società, e tratta complessivamente 2.000 tonnellate di rifiuti elettrici ed elettronici l'anno (1.500 a Brescia e 500 a Prato), pur avendo una potenzialità di 10.000 tonnellate l'anno. La performance di recupero monitorata in tempo reale è circa l'85 per cento; in pratica di 100 chilogrammi di apparecchiature in ingresso, circa 85 vengono recuperati come materia prima per successivi cicli di lavorazione e solamente 15 chilogrammi vengono avviati a smaltimento secondo le metodiche tradizionali. Quest'ultima frazione è costituita essenzialmente da plastiche rigide non identificate, che solamente alcune volte possono trovare sbocchi nel recupero che purtroppo, per questi materiali, non è molto diffuso per motivi tecnici ed economici.
La SIAT ha promosso un impegnativo percorso di accreditamento volontario del proprio sistema di qualità con l'adesione, ne11996, alle norme UNI EN ISO 9001, cui ha fatto seguito, nel 1997, l'accreditamento del proprio sistema di gestione ambientale alle norme UNI EN ISO 14001, completato con la registrazione EMAS nel 2003.
Ho avuto modo di leggere, dal sito della Camera dei deputati, i resoconti delle relazioni svolte dai colleghi che mi hanno preceduto sull'argomento e ho notato come la loro esposizione sia stata chiara e puntuale nel soffermarsi sulle problematiche del nostro settore. Non posso far altro che confermare quanto lamentato dai miei predecessori e rimarcare la difficoltà nella quale il nostro settore si dibatte, anche per la poca chiarezza normativa in proposito. Come si sa, l'attenzione verso il problema del corretto trattamento dei RAEE giunti a fine vita è negli ultimi anni fortemente aumentata, favorendo interventi normativi tesi a realizzare due obiettivi fondamentali: la promozione del recupero, in modo da ridurre il più possibile il ricorso allo smaltimento tradizionale; la necessità di intervenire per ridurre l'inquinamento dovuto all'abbandono o ad un recupero perverso di questi rifiuti che spesso, a causa del loro contenuto pericoloso, senza un adeguato trattamento preliminare, possono provocare gravi problemi ambientali. Quest'ultimo aspetto è molto importante perché mette in relazione la necessità di trattamento dei RAEE con la loro pericolosità intrinseca, non d'uso ma di contenuto. Pertanto, nello spirito di riduzione dell'impatto ambientale causato dal forte incremento dei
RAEE, gli operatori coinvolti nelle operazioni di trattamento delle apparecchiature a fine vita sono chiamati ad intervenire su due fronti: diminuire la pericolosità dei materiali, attraverso operazioni di rimozione delle componenti inquinanti e loro bonifica; favorirne il riuso o il recupero.
Il ciclo di trattamento si configura così come un'operazione duplice: una parte a valenza ambientale, qualificante dell'intervento di bonifica «vero e proprio», ed una seconda parte a valenza prevalentemente economica, di separazione ottimale dei materiali, in modo da valorizzarne il contenuto in materie prime immediatamente riconvertibili nell'industria di processo primaria. Quindi, se non viene posta in giusta luce la potenziale pericolosità intrinseca di questi rifiuti e non si provvede ad un loro corretto trattamento, i risultati in termini ambientali potrebbero essere devastanti.
I due aspetti inesorabilmente conseguenti, ambientale ed economico, devono essere considerati distintamente, per evitare che la sovrapposizione avvenga solamente a vantaggio del secondo. Infatti, esemplificando, l'operatore più spregiudicato potrebbe essere indotto a cercare di ritirare più RAEE possibile, di qualsiasi tipo e genere, nella speranza di trovare materiale pregiato facilmente commercializzabile e di valore, relegando la necessaria operazione di valutazione e bonifica ad un secondo livello, forse anche facoltativo, al fine di massimizzare i profitti. Avviene infatti che spesso, per vincere la concorrenza, il raccoglitore offra i propri servizi a prezzi molto bassi che non gli consentono di riservare a questi rifiuti l'attenzione che invece richiedono per il loro possibile contenuto di componenti o sostanze pericolose. Quindi, in caso di competizioni basate esclusivamente sul prezzo e sui soli titoli burocratici (autorizzazione o comunicazione), l'operatore «disinvolto» ha indubbiamente maggiori chance, perché può contare su una controparte che ha scarsa conoscenza del settore, sia dal punto di vista tecnologico, sia da quello normativo.
È fuori dubbio che ogni decisione legislativa assunta in questa materia, al di là dei risvolti ambientali connessi, ha un impatto economico rilevante sul comparto industriale interessato. Il fine vita di un'apparecchiatura, secondo la direttiva 96, può spaziare dalla semplice commercializzazione di prodotti o componenti usati - appunto l'attività di reimpiego - alle operazioni più complesse di disassemblaggio, con la rimozione ed il trattamento delle componenti o sostanze pericolose, mettendo in gioco differenti professionalità e tassi di produttività. Di conseguenza, si comprende facilmente come anche i costi dei servizi relativi, pur portando alla fine al medesimo risultato, siano differenti, in termini sia economici sia ambientali.
La direttiva promuove il reimpiego come mezzo prioritario per la soluzione del problema dei rifiuti elettronici, relegando l'attività di recupero ad un livello meno privilegiato. Ma si può affermare che le due metodiche (reimpiego e recupero) sono analoghe? No, perché da una parte, in caso di reimpiego, l'apparecchiatura rimane tale con il suo potenziale di inquinamento intatto, dall'altra invece, in caso di recupero dei materiali di cui l'apparecchiatura è composta, si ha il definitivo ritorno alle origini dei materiali stessi come materia prima, nonché la rimozione di quanto considerato pericoloso da ritrattare o comunque da destinare ad operazioni successive di recupero o smaltimento.
Discende da quanto detto che, nel caso del reimpiego, sono necessarie professionalità specifiche per la rifabbricazione o la manutenzione di apparecchiature, che nulla hanno a che fare con le professionalità connesse al recupero dei rifiuti. Il mercato dell'usato o delle parti di ricambio usate è ormai ampiamente noto e radicato sul territorio. Tutt'altra cosa invece è l'attività di recupero, che richiede professionalità che mirano ad individuare e rimuovere gli impatti ambientali connessi alla dismissione dell'apparecchiatura. L'operatore che ha di fronte, per esempio, una scheda elettronica rimossa da un'apparecchiatura elettronica non
deve sapere se quella scheda sia o meno riutilizzabile per i medesimi o per altri scopi, ma deve vedere se in quella scheda ci siano pile o condensatori da rimuovere, in quanto componenti pericolose. Si capisce, da questo semplice esempio, come le operazioni di «reimpiego» e «recupero», pur accomunate in uno stesso provvedimento comunitario, appartengano in effetti a due sfere economiche e tecniche assolutamente distinte.
Per quanto riguarda l'analisi economica del servizio e il sorgere dei comportamenti illeciti, circoscrivendo l'analisi economica all'attività del solo recupero di materia prima, così come classificata nel decreto legislativo n. 22 del 1997, esistono 4 aspetti fondamentali che ne definiscono il valore: il valore intrinseco dei materiali riutilizzabili che lo compongono (R); il valore intrinseco dei materiali non riutilizzabili da smaltire (S); il valore del lavoro necessario per separare (R) da (S), ossia (L); il valore dell'ammortamento degli impianti installati (M). Da tali considerazioni, il prezzo del servizio (P) è ovviamente: P=L+S+M-R. I comportamenti più virtuosi sono quelli da cui derivano maggiori performance di recupero (aumento di R), ma che comportano, necessariamente, maggiori costi di lavoro e maggiori costi per lo smaltimento dei materiali non recuperabili (aumento di L e S). L'uso di tecnologie complesse, come per esempio la triturazione, fa diminuire il peso della componente lavoro (L), ma inevitabilmente fa aumentare l'incidenza di M, che rappresenta la componente economica dell'ammortamento degli impianti. Paradossalmente se R tende a 0 (cioè non si effettua alcun recupero), anche L tende a 0 (non serve alcuna manodopera), M è pure insignificante, in quanto non serve alcun impianto ed S si allinea ai prezzi di discarica dei rifiuti assimilati agli urbani (circa 100 euro per tonnellata).
È ben vero che esiste una normativa sulle discariche che vieta il deposito di rifiuti non trattati (articolo 7, comma primo, del decreto legislativo n. 36 del 2003), ma la stessa viene spesso disattesa, in quanto il pianeta RAEE, soprattutto nelle apparecchiature più comuni (frigoriferi e televisori), è ancora legato alla definizione del rifiuto elettrico ed elettronico come rifiuto assimilabile agli urbani, ai sensi della tabella 1.1.1. del decreto di prima applicazione dell'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1982 del 27 luglio 1984, che ne consente la gestione nel circuito dei rifiuti urbani, con il disinteresse pressoché totale dell'opinione pubblica e degli organi di controllo più operativi.
Questa situazione di indifferenza generale ha suscitato l'interesse di un grande numero di operatori dotati di impianti più o meno adeguati e di commercianti di rottame «convertiti» all'ecologia, nella consapevolezza che, nella peggiore delle ipotesi, questi RAEE, comunque raccolti, avrebbero trovato destinazioni più economiche, rispetto ai prezzi richiesti dal mercato, necessari per effettuare correttamente le operazioni di recupero secondo le norme tecniche più diffuse (vedi norme ANPA o norme UNI-CEI 308). In questo modo, dai prezzi mediamente necessari per effettuare una corretta gestione del RAEE (circa 0,60 euro per chilogrammo) si è passati a prezzi assolutamente insostenibili per gli impianti di trattamento (0,20-0,25 euro). È chiaro che gli impianti di recupero, stretti da questo inesorabile gioco, essendo anch'essi soggetti alla stessa legge economica possono vedersi costretti a rivedere, per sopravvivenza, la loro politica ambientale, alleggerendo la loro tensione ambientale per cercare di ridurre al minimo tutte le voci passive (L, M, S), massimizzando R, cioè limitare le lavorazioni manuali (diminuire L), ridurre le tecnologie per abbassare il peso di M, recuperare meno S possibile, per non sopportarne i relativi costi, recuperare più R possibile, per trarne i vantaggi relativi.
Uno dei modi per ottenere facilmente questo effetto, in perfetta sintonia con la norma e con la direttiva, è quello di rivendere i rifiuti così come si trovano, su mercati paralleli comunitari o extracomunitari, che certamente reimpiegano queste tipologie di rifiuti, senza però alcuna garanzia né considerazione dei
costi ambientali connessi. Si ha la sensazione che qualche cosa non vada per il giusto verso o che qualche cosa non sia considerata in questo vorticoso giro dei rifiuti elettronici. Personalmente ritengo che fino a che ci sarà la possibilità per gli operatori del recupero di percorrere entrambe le strade, reimpiego e recupero, indifferentemente, dovremo abituarci alla possibilità che situazioni anomale, compresa la sparizione dei rifiuti elettronici, possano verificarsi con estrema facilità. Auspicabile sarebbe che quest'attività entrasse in una sfera di carattere più finanziario e, alla stregua dell'attività di distruzione dei beni registrati, gli operatori fossero chiamati a dimostrare, anche attraverso l'istituto dell'autocertificazione, il processo al quale hanno sottoposto le apparecchiature, certificandone anche, nel caso, l'avvenuta distruzione o comunque la loro trasformazione in materiali o prodotti riconducibili alle materie prime.
PRESIDENTE. Do ora la parola ai commissari per le domande e le richieste di chiarimenti.
TOMMASO SODANO. Ringrazio l'ingegner Catterina per averci dato alcune indicazioni utili dal punto di vista dei recepimenti normativi volti a rendere più agevole l'importante fase del recupero delle apparecchiature elettriche ed elettroniche. L'ingegnere ha indicato una tabella economica sull'utilizzo della manodopera: se ho capito bene, le tecniche più utilizzate hanno un'alta incidenza sul costo della manodopera in quanto, avendo pochissima tecnologia sviluppata, richiedono molta manualità. Vorrei comprendere meglio questo meccanismo.
PRESIDENTE. Ingegner Catterina, chi sono i suoi clienti? Per chi opera in modo proficuo la sua azienda? Questa Commissione non vuole individuare colpevoli, ma vuole capire i fenomeni per tentare di dare un contributo sul piano normativo. Ho fatto questa premessa per evitare di essere frainteso. Immagino che, a valle, ci sia un mercato del materiale recuperato: quali sono le filiere?
LUIGI CATTERINA, Amministratore unico della SIAT Srl. Quello a valle è un mercato ormai radicato sul territorio ed è costituito dai commercianti di rottami.
Nel momento in cui divido in due parti una bottiglia, ho due tipi di plastiche e, se trovo il commerciante di rottami che se ne occupa, gliele posso cedere. Il problema fondamentale sta nel fatto che questi importantissimi attori hanno bisogno di materiale pulito; non possono ricevere la bottiglia così com'è, perché ci sono due componenti che a loro danno fastidio. Per esempio, i commercianti che ritirano il ferro sono le acciaierie, che hanno bisogno di rottami rigorosamente di ferro che non contengano impurità, altri metalli, oli inquinanti, altre sostanze o addirittura materie plastiche. La filiera è fatta di operatori del recupero che già esistevano prima, cioè i classici rottamai, commercianti di vari tipi di rottame, dal vetro alla plastica, al ferro, all'alluminio, al rame, all'ottone, e le tecnologie di separazione possono essere estremamente sofisticate. Se dobbiamo trattare materiali misti, come una massa di frammenti di plastica e ferro, è molto facile separarli: è sufficiente far passare il materiale su una calamita dove le parti magnetiche si fermano, mentre la plastica prosegue; più complesso è il caso di materiali amagnetici, come l'ottone, l'alluminio e il rame: separare questi tre tipi di materiali non è semplice. Ci sono diverse tecnologie, come quella basata sulle correnti di Foucault, ma la migliore è quella più semplice, cioè la flottazione: si trovano dei liquidi più pesanti sui quali ogni materiale può galleggiare.
Quando è nata, la mia attività è stata tesa soprattutto a preparare il materiale per l'utenza finale, cioè per i recuperatori, togliendo le parti pericolose e nocive: l'olio con PCB, il mercurio, il cadmio, i metalli pesanti, le pile, le batterie e altro.
Per quanto riguarda la tipologia della nostra clientela, purtroppo noi abbiamo un livello di quotazioni un po' più elevato dei nostri concorrenti, per cui non vinciamo mai una gara pubblica. Quindi i nostri sono quasi essenzialmente clienti
privati; alcune società che gestiscono le piattaforme nella nostra zona, per una questione di comodità e facilità di trasporto, si rivolgono a noi (il consorzio del lago di Garda e alcune piccole società), però l'80 per cento del nostro fatturato è rivolto verso aziende private essenzialmente multinazionali, oppure aziende private che devono smaltire apparecchiature. Non riusciamo molto ad entrare nel pubblico.
Circa l'impiego di manodopera, nei nostri due centri abbiamo 15 persone legate strettamente all'operatività. Il nostro lavoro è quello di separare il buono dal cattivo, e si può fare in vari modi, ma un'operazione che noi facciamo su tutte le apparecchiature che arrivano è quello di smontarle materialmente, perché altrimenti non si sa cosa ci sia dentro (quello della valutazione è un problema fondamentale). Ci siamo trovati di fronte a scatolette poco più grandi di un pacchetto di sigarette che contenevano due etti di mercurio; se le avessi tritate insieme a tutti gli altri rifiuti, il mercurio sarebbe entrato nel ciclo vitale. È chiaro che in questo la componente manodopera è fondamentale, ma lo è anche nello scarico dei mezzi, nella movimentazione del materiale e indubbiamente nella gestione degli impianti, che sono abbastanza complessi.
Noi abbiamo una situazione mista: il nostro è uno dei pochi impianti in Italia che si occupano del trattamento delle lampade al neon, che sono lampade a luce bianca e contengono vapori di mercurio in goccioline; quando viene fatta passare una scarica elettrica, avviene l'evaporazione e si ha la luminescenza bianca. Il nostro compito è quello di separare il vetro dal mercurio, dal metallo, dalle polveri fluorescenti. Il nostro impianto assolve questo compito in modo automatico, con dei filtri particolari (gli operai che lavorano in questo settore sono monitorati sanitariamente, perché vi è sempre la possibilità di venire a contatto col mercurio nell'aria) che raccolgono la polvere, mentre il vetro e il metallo vanno al recupero. Le lampade, in questo modo, vengono recuperate quasi al 98 per cento.
TOMMASO SODANO. Lei ha detto prima che lavorate poco per il pubblico per un problema di costi. Poiché non è indifferente se si smonta manualmente l'attrezzatura elettronica o se si tritura, vorrei sapere se esistano dei protocolli che impongono determinate procedure e chi effettui i controlli, perché è del tutto evidente che se la bolla di mercurio fosse stata triturata avrebbe creato danni notevoli a valle del procedimento.
LUIGI CATTERINA, Amministratore unico della SIAT Srl. Esistono le norme ANPA, studiate nell'ambito del tavolo tecnico del Ministero dell'ambiente, iniziato nel febbraio 1997, che lavora tutt'oggi e di cui io faccio parte. L'ANPA, ora APAT, partecipa a questo tavolo dove, insieme ai produttori, con la supervisione dell'ANPA, sono state fissate delle norme standard di trattamento delle apparecchiature, norme che sono state pubblicate ma che non hanno mai avuto forza di legge. Successivamente, nel 2002 (io faccio parte della commissione UNI per quanto riguarda le apparecchiature elettriche ed elettroniche), è uscita la norma UNI CEI 308, che dà un protocollo molto simile a quello dell'ANPA, ma che si interessa di altri argomenti.
PRESIDENTE. Ringrazio l'ingegner Catterina, che è stato particolarmente prezioso per le indicazioni ed i suggerimenti offerti alle ulteriori valutazioni della Commissione.
Dichiaro conclusa l'audizione.
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