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Seduta del 7/7/2004


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Audizione dell'amministratore unico della società ECO.EL - Ecologia Elettronica, Marco Corà, e del responsabile operativo della società TRED SUD Srl - Trattamento elettrodomestici, Amadio Santacroce.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'amministratore unico della società ECO.EL - Ecologia Elettronica, Marco Corà, e del responsabile operativo della società TRED SUD Srl - Trattamento elettrodomestici, Amadio Santacroce.
La Commissione, nello svolgimento delle proprie attività istituzionali, intende acquisire dati ed elementi conoscitivi sullo stato di attuazione della vigente normativa in materia di gestione del ciclo dei rifiuti.
La Commissione ha ritenuto opportuno procedere ad un ciclo di audizioni in merito alle problematiche ed ai profili di criticità che ineriscono al sistema della gestione dei rifiuti derivanti dall'impiego delle apparecchiature elettriche ed elettroniche, con particolare riferimento all'attuazione delle direttive 2002/95/CE, sulla restrizione dell'uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche, e 2002/96/CE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche.
L'audizione dell'amministratore unico della società ECO.EL - Ecologia Elettronica, Marco Corà, consentirà di assumere elementi di conoscenza e valutazione sulle specifiche questioni che riguardano tale tipologia di rifiuti e sulle prospettive di riforma delineate dalla legislazione comunitaria. Ascolteremo anche, con grande piacere, il responsabile operativo della società TRED SUD Srl - Trattamento elettrodomestici, Amadio Santacroce.
Nel rivolgere un saluto ed un ringraziamento ad entrambi per la disponibilità manifestata, do subito la parola al dottor Marco Corà e, a seguire, al dottor Santacroce, riservando eventuali domande dei colleghi della Commissione al termine del loro intervento.

MARCO CORÀ, Amministratore unico della società ECO.EL - Ecologia Elettronica. Ringrazio, innanzitutto, la Commissione per l'invito rivoltoci e per l'opportunità di illustrare l'attività da noi finora svolta.
È dal 1994 che Eco.el. opera nel trattamento dei rifiuti elettrici ed elettronici ora noti come RAEE. Eco.el. si occupa esclusivamente e direttamente sia della raccolta con propri automezzi e proprio personale che del successivo trattamento dei RAEE provenienti direttamente dalle isole ecologiche comunali o da centri di raccolta sovra-comunali di aziende pubbliche di igiene ambientale, oltre chiaramente a fornire un capillare servizio alle aziende private.
Il sistema di raccolta da noi adottato prevede esclusivamente l'uso di automezzi attrezzati con sistemi di caricamento idraulici ed ogni automezzo è gestito da un equipaggio di 2 persone, le quali provvedono al carico manuale dei rifiuti depositati a terra. Tale sistema permette di ottimizzare le operazioni di carico con riduzione dei costi di gestione da parte dei comuni (infatti è il cittadino che provvede al deposito dei rifiuti negli appositi spazi); inoltre, permette a noi di operare in sicurezza nelle fasi di scarico evitando la manipolazione di rifiuti altrimenti rotti,


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oltre ai danni ambientali che inevitabilmente - in caso di rottura dei rifiuti - ne deriverebbero.
Infatti, con l'uso dei cassoni scarrabili i rifiuti devono invece essere posizionati in maniera tale da ridurre gli sprechi di carico e per far ciò i comuni debbono impiegare proprio personale con maggiori costi per la collettività; inoltre nelle fasi di aggancio del cassone e di carico dello stesso sugli automezzi i rifiuti all'interno si rompono e ciò si ripete anche nella fase di deposito a terra del cassone per le operazioni di scarico. Il rifiuto, a questo punto, è per nostra esperienza per la gran parte compromesso nella sua riciclabilità, oltre a rappresentare una criticità in termini di sicurezza per gli operatori addetti allo scarico e alla preliminare gestione dei rifiuti.
Attualmente, la nostra clientela è rappresentata da circa 400 comuni, per un bacino di utenza di circa 4 milioni di abitanti. Il servizio che noi forniamo ai comuni è capillare e prevede passaggi continuati con periodicità settimanale su tutte le isole ecologiche, indipendentemente dalle quantità di rifiuto prodotto. In tal modo, siamo così in grado di fornire in uguale misura e con pari qualità sia il piccolo o piccolissimo comune che il grande comune.
Ho, a titolo esemplificativo, portato alcuni dati di raccolta differenziata dei RAEE dei comuni della provincia di Vicenza: da tali dati si evince che gli obbiettivi previsti dalla direttiva 2002/96/CE non sono difficili da raggiungere, anzi, in alcuni comuni i 4 kg per abitante sono già stati raggiunti se non superati. In particolare, i migliori risultati di raccolta differenziata si ottengono in quei comuni dove da tempo vi sono isole ecologiche ben gestite, aperte tutti i giorni della settimana, con possibilità di accesso e conferimento gratuito dei RAEE sia da parte dei cittadini che da parte dei rivenditori, purché i rifiuti da questi ultimi conferiti derivino da cittadini residenti nel comune. In alcuni comuni della provincia di Vicenza, come ad esempio il comune di Valdagno - dove io risiedo - la certificazione che il rifiuto conferito dal negoziante è di un cittadino residente viene ottenuta attraverso l'esibizione della tessera del cittadino/utente produttore del rifiuto e distribuita dal comune a ciascun utente, che il negoziante deve esibire all'atto della consegna del rifiuto elettronico all'isola ecologica.
Oggi, l'inserimento del costo di trattamento nella tassa rifiuti o nella tariffa da parte dei comuni è determinante perché i RAEE arrivino realmente presso gli impianti di trattamento. Infatti, qualora il comune applichi un costo diretto e specifico per il trattamento dei RAEE, il cittadino normalmente opterà per qualsiasi soluzione meno onerosa di quella proposta dal comune stesso. Le soluzioni per le quali, in tal caso, il cittadino normalmente opta vanno dall'abbandono del rifiuto nel territorio dei comuni limitrofi, con successivo costo a carico di questi, alla cessione dei rifiuti agli extracomunitari per l'esportazione; oppure, si ricorre all'affidamento dei rifiuti a soggetti non attrezzati e non qualificati ed autorizzati per la gestione dei RAEE - a costi naturalmente inferiori a quelli proposti dal servizio pubblico - i quali poi a loro volta provvedono all'esportazione dei rifiuti verso paesi terzi o al loro deposito in discarica dopo riduzione volumetrica.
Riteniamo importante sottolineare che quando il servizio pubblico è efficiente ed esiste la precisa volontà amministrativa di offrire al cittadino un buon servizio e di garantire l'effettivo avvio dei rifiuti presso impianti qualificati e selezionati per mezzo di gare o richieste di offerte gestite con responsabilità ambientale, e non solo con sistemi rispondenti al criterio del massimo ribasso, i rifiuti effettivamente arrivano agli impianti in quantitativi soddisfacenti sotto l'aspetto industriale.
A tal proposito, può essere utile osservare che il settore dei RAEE permetterebbe, se gestito correttamente, di produrre a regime una opportunità non trascurabile di impiego di manodopera. Infatti, se pensiamo che la direttiva europea


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pone come obiettivo il raggiungimento di 4 chili per abitante - e tale dato è a nostro avviso facilmente raggiungibile e superabile con gli opportuni interventi e le opportune attenzioni, nonché con la precisa volontà di tutti i soggetti coinvolti (produttori, pubbliche amministrazioni, enti competenti, aziende) - e considerato che il nostro paese ha attualmente circa 65 milioni di abitanti, è facile prevedere un quantitativo di rifiuti pari a circa 250-300 milioni di chili/anno di rifiuto: in termini occupazionali diretti, senza quindi considerare le attività di filiera, si possono produrre, in base ai dati in nostro possesso, derivati da decennale esperienza maturata, qualche migliaio di posti di lavoro.
Premesso che nella zona in cui Eco.EI. opera (Triveneto più una parte non trascurabile dell'Emilia) si sono già creati i presupposti ottimali per una perfetta raccolta differenziata dei RAEE - grazie ad un forte impegno delle aziende presenti e da anni operanti nello specifico settore, unitamente alla sensibilità e alla volontà delle pubbliche amministrazioni, le quali hanno fin da subito intrapreso la strada della raccolta differenziata spinta -, non possiamo comunque trascurare i pericoli e le difficoltà che ogni giorno incontriamo e che sono sentiti da tutti noi, operatori qualificati.
Vorrei illustrarvi le principali problematiche attualmente esistenti: innanzitutto, la presenza sul territorio di operatori disinvolti che gestiscono i rifiuti elettrici ed elettronici alla stregua di rottami ferrosi, avviandoli verso paesi extracomunitari; vi ricordo che la Cina e i paesi africani, trovandosi in una fase di espansione dei mercati, hanno forte necessità di approvvigionamento di materie prime di ogni sorta (in genere, plastiche, metalli, eccetera) e stanno quindi assorbendo enormi quantità di rifiuti al solo scopo di ricavare dagli stessi i metalli o le materie prime a loro necessarie. In tal caso non si tratta più di reimpiego, ma di trattamento di rifiuti. In questi paesi, naturalmente, i costi di trattamento dei rifiuti, una volta arrivati a destinazione, sono ridicoli in quanto lo smaltimento della frazione non recuperata avviene in siti ed in modi «liberi» e con sfruttamento di manodopera anche minorile.
Si stanno quindi creando un mercato ed un commercio di rifiuti che sfuggono a ogni controllo ed escono dal nostro paese sotto diverse forme. Questa è una situazione generale che coinvolge e riguarda l'intero mondo dei rifiuti. Per quanto riguarda i rifiuti elettrici ed elettronici, le problematiche sono ancora maggiori in quanto si tratta di una tipologia di rifiuti particolarmente ambita e ricercata, perché contenente forti percentuali di componenti metallici o tecnologici.
Il problema, quindi, è particolarmente rilevante, in quanto le sostanze nocive contenute nelle vecchie apparecchiature elettriche ed elettroniche, se non trattate con criteri e metodi adeguati, vanno ad incidere pesantemente anche sul macroambiente (CFC, metalli pesanti, eccetera). Non per nulla, alcune tipologie di rifiuti elettronici sono stati catalogati come rifiuti pericolosi. Nel settore del recupero dei rifiuti elettronici l'Italia si è in questi ultimi anni adeguata ed ha posto limiti molto severi ai processi di lavorazione, con limitazioni particolari nella fase di emissioni in atmosfera dei gas contenuti nei rifiuti e lesivi dell'ozono stratosferico, nonché nelle fasi di trattamento dei diversi componenti.
È chiaro che tali trattamenti, perché necessitanti di elevata tecnologia e notevole apporto di manodopera, costino. Siamo stati noi - le aziende -, assieme alle istituzioni, a volere tali norme; in tale contesto le aziende serie si sono adeguate e le istituzioni, a nostro avviso, devono tutelarle. Una sana e corretta concorrenza permetterebbe anche di trovare soluzioni meno onerose di quelle attuali, ma è ben chiaro che nel caso di esportazioni di rifiuti e di trattamento degli stessi presso impianti non adeguati e con criteri non rispettosi delle normative poste a fondamento di una migliore tutela ambientale, non possono considerarsi come sana concorrenza,


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bensì come casi di concorrenza sleale che tutti noi pagheremo sia in termini economici che ambientali.
Un altro problema da noi avvertito è la forte richiesta di alcune tipologie di RAEE da reimpiegare da parte dei paesi extracomunitari, i quali raccolgono tali rifiuti attraverso operatori individuali o aziende di import ed export e li esportano senza alcuna documentazione amministrativa e contabile. Rammentiamo che, per definizione, l'apparecchiatura elettrica ed elettronica diviene rifiuto fin dal momento in cui il suo detentore decide di disfarsene; tale situazione dovrebbe essere maggiormente regolata e controllata, in quanto i rifiuti raccolti dagli extracomunitari e da vari soggetti non sono riutilizzati tali quali e pertanto reimpiegati, bensì - al fine di ottimizzare le operazioni di spedizione ed esportazione - vengono normalmente cannibalizzati e privati delle parti interessanti, lasciando abbandonata sul territorio la frazione di rifiuto senza alcun valore economico.
Il reimpiego è giusto e condivisibile ma dovrebbe, come l'attività di recupero, essere sottoposto a specifiche tecniche e svolto solo da soggetti ben definiti e in modo trasparente. E ciò soprattutto perché, se - attraverso la visible fee o attraverso l'inserimento del costo di trattamento nel prezzo del prodotto nuovo - il consumatore paga, deve avere certezza delle attività a cui il rifiuto sarà sottoposto: se un rifiuto viene reimpiegato, non dovrebbe avere costi di trattamento, soprattutto se esportato in paesi extracomunitari dai quali non rientrerà più e per il quale si perderà la tracciabilità.
Altro aspetto attualmente critico è quello della durata delle gare di appalto: le gare di appalto pubbliche sono di durata troppo breve, quindi non danno certezza agli impianti; molto spesso, sono basate solo sul fattore prezzo, senza tener conto di minimali requisiti tecnici e qualitativi e senza successiva verifica dell'effettivo avvio a recupero. Inoltre, poca rilevanza viene ancora data alla qualità e vi è una certa indifferenza verso le certificazioni ambientali (14001 ed EMAS), sia da parte di soggetti pubblici che da parte di soggetti privati.
Altro problema attualmente riscontrabile è la presenza sul mercato di una moltitudine di operatori che a vario titolo ritirano rifiuti elettrici ed elettronici, senza alcuna dotazione impiantistica e senza alcuna struttura industriale; sarebbe opportuno che, fin dal momento della raccolta sul formulario o sul documento di accompagnamento, fosse indicato in modo inequivocabile l'impianto di destinazione finale dei RAEE, altrimenti arriviamo all'assurdità che i depositi temporanei sono economicamente più convenienti degli stessi impianti di trattamento!
Per quanto riguarda l'aspetto prettamente tecnico del trattamento dei RAEE, possiamo affermare che allo stato attuale la percentuale dì recupero, come dato aggregato delle diverse tipologie di rifiuto, è pari al 70-75 per cento del peso complessivo. Tale dato si differenzia notevolmente a seconda delle diverse tipologie di rifiuto, raggiungendo la massima riciclabilità in termini di peso nei frigoriferi (attorno al 90 per cento) e la minima riciclabilità, sempre in termini di peso, nei televisori e soprattutto nei monitor (dove si raggiunge il 55- 60 per cento). Pur ammettendo che stiamo parlando di apparecchiature progettate e prodotte 15 anni fa, prima quindi che fossero sviluppati metodi di design for environment, riteniamo comunque che anche per le apparecchiature di più recente realizzazione le prospettive di riciclabilità non siano migliori, ma piuttosto vi è un rischio di peggioramento. Le cause di questa valutazione critica sono identificabili nell'adozione, in anni più recenti, di materiali e soluzioni tecniche applicabili nei RAEE all'insegna della massima economicità per i produttori, che nella fase di recupero vanno nella direzione contraria a quella dell'incremento delle percentuali di prodotto riciclato.
Secondo la mia opinione, finora, in fase progettuale, delle apparecchiature elettriche ed elettroniche si è più perseguita la


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semplice riciclabilità tecnica, cioè basata su ipotesi astratte di riciclaggio, anziché guardare alla reale riciclabilità tecnico-economica, facente riferimento ai reali processi di trattamento ed agli effettivi sbocchi di mercato dei materiali e dei componenti recuperati.
Per permettere a chi effettua il trattamento dei RAEE di accrescere le percentuali di riciclato, è necessario che i produttori conoscano i processi adottati, basati sia sul disassemblaggio manuale sia sulla frantumazione e macinazione delle apparecchiature bonificate, seguita da operazioni di selezione e separazione dei materiali. A valutare i costi ed i benefici della riciclabilità di un prodotto dovrebbero essere i riciclatori assieme ai produttori, in tavoli permanenti di confronto e non solo i produttori. Infatti è colui il quale recupera che ha una conoscenza approfondita sulle possibili condizioni di recupero, reimpiego o smaltimento.
Quello che auspichiamo è, innanzitutto, un passaggio graduale dall'attuale sistema al nuovo sistema, con passaggio di responsabilità in tempi e modi certi, tali da evitare buchi di responsabilità che ricadrebbero inevitabilmente sugli attuali operatori e sui cittadini. Per il futuro, auspichiamo la creazione di un apposito albo o registro pubblico dei recuperatori e di un pubblico registro anche per chi svolga attività di reimpiego specifico per i RAEE, nel quale potranno essere inserite aziende rispondenti a requisiti minimali e operanti secondo criteri tecnici e procedure già stabilite dall'APAT e che abbiano già superato le procedure di qualificazione ambientali 14001 ed EMAS. Tali registri dovranno avere pari dignità e riconoscimento del già previsto registro dei produttori ed essere anzi, per questo, interlocutori primari. Ciò permetterebbe a tutte le aziende di concorrere sul mercato a parità di requisiti minimi, oltre a rappresentare per i diversi soggetti, sia pubblici sia privati, garanzia di qualità e fonte di informazioni.
Qualora fosse istituito un consorzio nazionale dei produttori, a nostro avviso dovrebbe servirsi, per il trattamento ed eventualmente per il reimpiego e per la gestione dei RAEE, solamente di quelle aziende iscritte nei rispettivi pubblici registri: ciò per garantire ed informare fin da subito il consumatore sulla effettiva destinazione dei rifiuti per il cui trattamento ha versato, contestualmente all'acquisto del nuovo prodotto, una somma di denaro.
Inoltre auspico che, nel caso in cui si istituisse un sistema di gestione collettivo dei RAEE, questo sia governato da adeguati meccanismi, onde evitare distorsioni del mercato. Nel decreto attuativo della direttiva, dovrebbero a nostro avviso essere salvaguardate le imprese qualificate che finora hanno operato ed investito: ciò al fine di non disperdere un patrimonio di conoscenze e di tecnologia che al mondo non è secondo a nessuno.
Quel che ancora non è chiaro, infatti, è il meccanismo di affidamento del servizio di raccolta e trattamento dei rifiuti da parte di un eventuale sistema collettivo. Non sono ancora stati finora discussi in modo serio né i costi né i modi di operare e ciò pone noi operatori del fine vita in serie difficoltà, dati i tempi stretti previsti per l'avvio del sistema. Inoltre, i costi attualmente sostenuti dal comune per la gestione dei RAEE nelle isole ecologiche verranno ancora coperti attraverso il loro caricamento sulla tassa o tariffa rifiuti, oppure li sosterrà il futuro consorzio? È un aspetto importante, che non deve essere trascurato: se il cittadino non trovasse benefici economici diretti ed immediati sulla tassa o tariffa rifiuti, percepirebbe la visible fee come un costo aggiuntivo, visto che oggi, in un modo o nell'altro già paga per l'avvio a recupero dei RAEE.
Il sistema, dunque, dovrebbe essere regolato in base a mandati territoriali - in condizioni di libera concorrenza - alle aziende qualificate ed iscritte nel pubblico registro dei recuperatori, le quali dovrebbero operare in un ambito territoriale tale da garantire pari qualità del servizio a tutti i soggetti coinvolti (grande distribuzione, piccola distribuzione, piccole e


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grandi isole ecologiche). Un ambito ottimale proposto dovrebbe essere il risultato di un rapporto tra distanza dell'impianto, punti di raccolta e popolazione residente nel territorio, prevedendo che la gestione di un impianto non può essere economicamente conveniente al disotto di una soglia minima di chilogrammi annui trattati.
Non vediamo altro percorso che quello di un sistema col1ettivo, sia per i rifiuti storici che per i nuovi rifiuti; qualora, invece, dovesse essere intrapreso da parte di alcuni produttori un percorso individuale, riteniamo indispensabile che il singolo produttore dichiari esplicitamente - nel momento in cui opterà per tale scelta - il sistema adottato nonché l'impianto di destinazione finale dei rifiuti. È chiaro che il sistema individuale comporterebbe maggiori oneri e costi di selezione da parte di tutto il sistema, che inevitabilmente ricadrebbero sul consumatore utente.

PRESIDENTE. La ringrazio. Do ora la parola al dottor Amadio Santacroce, responsabile operativo della società TRED SUD Srl - Trattamento Elettrodomestici.

AMADIO SANTACROCE, Responsabile operativo della società TRED SUD Srl - Trattamento Elettrodomestici. Grazie, presidente. La Tred Sud è una società a responsabilità limitata, con sede a Sessano del Molise, in provincia di Isernia. È una società che opera nel settore del recupero e trattamento di beni durevoli, ai sensi dell'articolo 44 del decreto legislativo n. 22 del 1997 e delle altre leggi e direttive in materia di tutela dell'ozono stratosferico e dell'ambiente in generale.
Il trattamento è finalizzato ad intercettare le componenti nocive presenti e ad individuare materiali da avviare al recupero di materia - quali ad esempio ferro, rame, alluminio e acciaio - oppure verso un recupero energetico (è il caso del poliuretano contenuto nelle pareti per la coibentazione di alcuni elettrodomestici).
L'impianto opera secondo le linee guida elaborate dall'APAT (Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i sevizi tecnici), con l'obiettivo principale di soddisfare le esigenze dei clienti sulla dismissione dei beni durevoli a fine vita: frigoriferi, congelatori, televisori, personal computer e altre apparecchiature per ufficio. Proprio la TRED SUD è stata l'azienda dove è stata sviluppata e realizzata la tecnologia italiana per il trattamento dei frigoriferi dismessi che, successivamente, è stata utilizzata da altre aziende in altre parti della penisola.
L'esperienza della TRED SUD, unica nel centro-sud d'Italia per qualità del trattamento e capacità produttiva, è anche una risposta sul piano occupazionale in un settore delicato come quello della tutela dell'ambiente popolato, a volte, da persone con pochi scrupoli che sono interessate esclusivamente al profitto (le cosiddette ecomafie).
Il nuovo impianto di Sessano del Molise rappresenta un sicuro punto di riferimento per tutte le aziende pubbliche di igiene urbana, consorzi di comuni ed operatori privati coinvolti nella raccolta e nella gestione di beni durevoli a fine vita. Le referenze maturate - ad esempio, le multinazionali che gestiscono la catena del freddo, le basi NATO in Italia, e così via - testimoniano, al di là delle parole, la bontà del servizio e del trattamento: sono state servite, infatti, multinazionali della distribuzione alimentare oltre a primarie aziende di igiene urbana.
Vorrei fare una piccola integrazione, parlandovi della Refri Srl, ovvero la società che controlla il gruppo Tred Sud. Ebbene, la Refri Srl è una società del gruppo Unieco di Reggio Emilia ed è specializzata nel settore del trattamento dei rifiuti elettrici ed elettronici. Attualmente, l'azienda controlla tre impianti dislocati nella penisola: Tred Carpi, in provincia di Modena, Tred Livorno e Tred Sud a Sessano del Molise. Ed è proprio grazie a questa organizzazione che Refri è in grado di offrire risposte complete alla clientela in termini di servizi offerti e di copertura territoriale.


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La Refri ha realizzato tre impianti gemelli presso la Tred Carpi, con sede a Carpi (in provincia di Modena), la Tred Livorno e la Tred Sud, ovvero la sede dove è stata sviluppata la tecnologia fin dal 1996. Il sistema Refri, pertanto, risulta costituito da tre identiche realtà che garantiscono a livello nazionale il servizio di ritiro e corretto trattamento finalizzato al recupero dei rifiuti elettrici ed elettronici.
Sia Tred Livorno Spa che Tred Carpi Srl sono realtà industriali nate da progetti finanziati dai ministeri del lavoro e dell'ambiente per la stabilizzazione di lavoratori socialmente utili; il grande orgoglio è rappresentato dall'aver assunto, al termine del progetto stesso, tutti i lavoratori che erano in forza, integrandoli poi negli anni con altri.
Tutte e tre le società sono certificate UNI EN ISO 9000 edizione 2000; Tred Sud è anche certificata UNI EN ISO 14001, percorso già intrapreso dalle altre aziende per garantire un elevato grado di sicurezza dei processi e di salvaguardia ambientale.
Passo ora ad esporre alcune caratteristiche particolari dell'impianto, per poi soffermarmi sulle problematiche esistenti a livello nazionale e a livello territoriale.

PRESIDENTE. Mi scusi, dottor Santacroce: quali sono i vostri committenti?

AMADIO SANTACROCE, Responsabile operativo della società TRED SUD Srl - Trattamento Elettrodomestici. In generale, amministrazioni comunali, consorzi ed aziende private.
Dunque, per quanto riguarda l'impianto di trattamento dei frigoriferi, questo ha una potenzialità di circa 120.000 pezzi/anno; è stato commissionato alla ditta Refri di Reggio Emilia, (del gruppo UNIECO), la quale in poco più 6 mesi lo ha progettato, montato e collaudato ottenendo risultati confortanti fin dall'inizio. I dati relativi alla produzione ed al recupero di materiali sono ottimi e l'estrazione del freon R 11 dalle schiume poliuretaniche dell'armadio frigorifero è un successo. Questo inciso, presidente, è un po' particolare, perché non tutti sanno che all'interno delle schiume poliuretaniche è contenuto un gas, al pari del CFC, il cosiddetto freon R 11, che si differenzia dai gas R 22, R 12, R 502 e R 410, utilizzati come gas refrigeranti.
Passo, ora, a trattare le problematiche a livello nazionale, che ci coinvolgono direttamente. La situazione del mercato del riciclaggio dei rifiuti elettrici ed elettronici in Italia ha visto un'evoluzione in termini di volumi trattati. Sul mercato, oggi, sono presenti una moltitudine di operatori che a vario titolo ritirano rifiuti elettrici ed elettronici, ma pochi sono quelli che hanno dotazioni impiantistiche, strutture, risorse umane per affrontare in modo industriale un flusso di rifiuti imponente.
Vorrei illustrare quali sono, a nostro giudizio, le insidie che vengono maggiormente avvertite sul mercato. Innanzitutto, grossi flussi di materiali vengono ad oggi dirottati verso la Cina ed altri paesi terzi, per essere trattati con standard qualitativi molto bassi o per essere venduti come prodotti senza nessuna garanzia per il consumatore (per verificarlo, basta collegarsi al sito www.ban.org, che presenta tale problematiche e fornisce valide informazioni).
Non vi sono controlli, o meglio sono controllati e parecchio quelli che - come noi - sono visibili, mentre non vengono affatto visitati coloro che non hanno infrastrutture: Tred sud nell'ultimo anno ha ricevuto ben tre visite del NOE - il nucleo operativo ecologico dell'Arma dei carabinieri - e quattro controlli dell'APAT molisana, mentre nostri concorrenti sono totalmente fuori dal controllo.
Laddove questi rifiuti vengono raccolti dalle aziende pubbliche - nel sud Italia, ancora dai singoli comuni - gli stessi vengono affidati con logiche del massimo ribasso, incuranti degli standard minimi di salvaguardia ambientale.
Si ritiene inoltre che, pur nella legittima competizione del libero mercato, non si debba consentire che questi rifiuti giungano in paesi dove le norme ambientali e


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di sicurezza per i lavoratori sono totalmente diverse da quelle europee e non vi è, pertanto, alcuna garanzia di effettivo riciclaggio; non ci pare corretto, ad esempio, fare del moralismo sui grossi produttori di articoli sportivi che fanno cucire i palloni in Cina, quando il trattamento dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (i cosiddetti RAEE) è decisamente più pericoloso per l'uomo e per l'ambiente!
Un altro elemento che ci crea problemi è rappresentato da un trattamento ambientalmente scorretto: un trattamento non appropriato e uno smaltimento non corretto dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche comporta la diffusione nell'ambiente di sostanze pericolose per la salute pubblica e la distruzione di materiali che possono essere reimmessi nel ciclo produttivo come materia prima seconda.
Un altro fattore di problematicità si ravvisa in un trattamento non appropriato: s'intende la cannibalizzazione dei beni, la macinazione delle carcasse-frigo in ambiente aperto, la non completa rimozione delle componenti nocive e, in generale, qualsiasi operazione che venga condotta in difformità ai criteri tecnici e alle procedure stabilite dall'APAT. Vanno pure tenuti presenti i rischi di uno smaltimento non corretto: mi riferisco alla messa in discarica o alla termodistruzione dei RAEE tali e quali o, comunque, di loro parti che contengano ancora sostanze utili o nocive.
Vorrei fare un inciso: considerando che in un frigorifero sono mediamente presenti dai 200 ai 300 grammi di CFC e HCFR e tenuto conto che ogni anno vengono residuati circa 1 milione e 500 mila frigoriferi, il potenziale inquinante lesivo dello strato di ozono stratosferico è valutabile in circa 300 tonnellate/anno CFC/HCFC. Questo attacco alla fascia protettiva di ozono genera il famoso «buco», responsabile di un sensibile incremento di tumori e altre malattie della pelle.
In generale, nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche sono presenti diverse sostanze pericolose come piombo, mercurio, cadmio, cromo esavalente, oli minerali e sintetici, PCB (policlorobifenili) e altri idrocarburi aromatici.; molte di queste sostanze si possono accumulare nell'ambiente e provocano effetti acuti e cronici sugli organismi viventi, sovente con danni irreversibili ala salute.
Un altro comportamento negativo che ci tocca a livello nazionale è il finto reimpiego: operatori presenti sul mercato - o, semplicemente, aziende di import/export - si accaparrano flussi ingenti di rifiuti che poi spediscono in Africa o in altri Paesi in via di sviluppo. È necessario, allora, assoggettare il procedimento a specifiche tecniche, volte a garantire la reintroduzione sul mercato in tutta sicurezza.
Vorrei passare, ora, alle problematiche che ci hanno riguardato a livello territoriale. Come area di competenza, ricordo che Tred Sud abbaraccia tutto il sud d'Italia, isole comprese. Dunque, tra le problematiche che ci hanno interessato, vorrei citare innanzitutto la limitatezza delle quantità raccolte e conferite presso impianti di trattamento simili al nostro; in secondo luogo, ci lamentiamo del fatto che le piattaforme ecologiche comunali sono inesistenti o in numero esiguo; vi è, poi, la presenza di intermediatori i quali, senza alcun supporto strutturale, garantiscono ritiri e trattamenti; posso proseguire, parlandovi dei controlli insufficienti o non mirati che incoraggiano comportamenti illegali; da ultimo, ma non certamente per importanza, vorrei citare le aggiudicazioni del servizio di smaltimento di apparecchiature contenenti CFC fatte con la tecnica e con il metro del maggior ribasso: un esempio - ritengo opportuno riportarlo in questa sede - ci è offerto da un'azienda di gestione rifiuti di un grande comune del sud Italia che, per lo smaltimento e il trasporto di apparecchiature contenenti CFC ha stabilito che il servizio sarebbe stato aggiudicato con il sistema del maggior ribasso, rispetto ad un prezzo posto a base di gara pari a 0,345 euro al chilo; quest'importo è risultato


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esageratamente basso, a maggior ragione se si considera che era comprensivo del servizio di trasporto e del noleggio di cassoni scarrabili.

PRESIDENTE. È stato affidato, poi, quel servizio?

AMADIO SANTACROCE, Responsabile operativo della società TRED SUD Srl - Trattamento Elettrodomestici. Sì, è stato affidato; non a noi, certamente (è una precisazione d'obbligo).
L'attuale sistema, che delega totalmente alle imprese pubbliche locali la gestione di questi rifiuti, vede l'affidamento del rifiuto stesso a recuperatori terzi, mediante gare al massimo ribasso, senza nessuna verifica dei requisiti tecnici delle imprese aggiudicatarie che sono molte volte piccoli centri di stoccaggio che non hanno nemmeno il possesso delle tecnologie necessarie minime.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Marco Corà e il dottor Amadio Santacroce per lo spaccato che ci è stato offerto con due punti di osservazione particolarmente sensibili ed attenti, l'uno al nord l'altro sostanzialmente al sud d'Italia; mi sembra, infatti, che le questioni siano state poste sullo stesso profilo di sensibilità.
Vi ringrazio, dunque, non solo per la squisita cortesia nell'essere stati qui, ma anche per le approfondite relazioni e per il contributo che avete dato alla Commissione - e che ancora vi chiederemo, se ve ne sarà la necessità e l'occasione.
In questo senso, ci candidiamo - qualora ve ne siano le condizioni, nei nostri spostamenti - a venire a conoscere de visu i vostri impianti, al fine di comprendere meglio come questo settore, per tanto aspetti negletto, sia invece di particolare traino sul fronte delle sensibilità ambientali.
Ringrazio, altresì, i colleghi intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16.05.

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