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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente della Polieco, Enrico Bobbio, del responsabile ambiente e qualità della Confederazione nazionale dell'artigianato (CNA), del consulente legale della Polieco, Andrea Calisse, e del responsabile area ambiente di Confagricoltura in ordine alle problematiche inerenti all'attività del consorzio per il riciclaggio del polietilene (Polieco), ai compiti ad esso attribuiti ed alle modalità operative di intervento nel settore di competenza.
Tale audizione, richiesta dalle stesse associazioni, si inserisce nell'ambito dell'indagine che la Commissione sta svolgendo sul settore dei consorzi di filiera; in particolare, sui profili connessi alla gestione e al funzionamento dei consorzi medesimi, che rivestono un ruolo di primaria importanza nel complessivo sistema del ciclo dei rifiuti, soprattutto in relazione alle fasi del recupero e del riutilizzo di specifiche tipologie di rifiuti.
Nel rivolgere loro un saluto, ringrazio per la disponibilità manifestata il dottor Enrico Bobbio, presidente di Polieco, il dottor Tommaso Campanile, responsabile ambiente e qualità della Confederazione nazionale artigianato, il dottor Marco Taddei,
responsabile area ambiente di Confagricoltura e l'avvocato Andrea Calisse, consulente legale Polieco.
Cedo subito la parola al dottor Enrico Bobbio, presidente di Polieco, quindi agli altri rappresentanti delle associazioni, riservando eventuali domande dei colleghi della Commissione al termine del loro intervento.
ENRICO BOBBIO, Presidente della Polieco. Signor presidente, onorevoli commissari, vi ringraziamo per la sollecitudine con la quale avete risposto alla nostra richiesta di essere ascoltati, motivata dal fatto che noi - ho portato una documentazione, che lascerò agli atti della Commissione - siamo figli del decreto Ronchi, articolo 48, il quale ha subìto una serie di vicissitudini, prima di diventare operativo.
Da dove deriva il nostro compito? Non so se qualcuno ricorda che a un certo punto l'Italia fu messa in mora da Bruxelles (era allora ministro delle attività produttive l'onorevole Bersani) in quanto aveva istituito una tassa di riciclo - mi riferisco agli inizi degli anni novanta - prima sulle shopper e sul polietilene dopo (all'inizio si trattava di 100 lire e poi fu modificata del 10 per cento), con una legge giudicata illegittima, dopo un certo numero di anni, e Bruxelles mise l'Italia sotto infrazione. L'allora ministro Bersani colse l'occasione del fatto che in quel momento si stava discutendo della legge Ronchi per inserirvi l'articolo 48, che doveva occuparsi di organizzare la raccolta ed il riciclo del polietilene in sostituzione della tassa, il cui importo secondo Bruxelles doveva essere restituito. Pensate che fino a quel momento l'erario aveva incassato 75 miliardi e il fatto di restituirli era impensabile. Nacque così l'articolo 48, con cui l'Italia uscì dall'impasse ed in teoria il consorzio doveva nascere con questa dote di 75 miliardi che dovevano servire per attivare l'attività di riciclo; i 75 miliardi si sono persi nei passaggi, qualcuno ha scritto a memoria, è un sistema che nelle scritture contabili dello Stato esiste, a memoria in tutti i sensi perché nessuno ha mai utilizzato o riscosso questa cifra. Nonostante ciò, fin dalla sua nascita il consorzio Polieco si è attivato e qualcuno ricorda che la legislazione di allora prevedeva i consorzi volontari, su pressione di Confindustria, salvo poi, fatta la legge ed accortisi che difficilmente in Italia qualcuno spontaneamente si preoccupa di tassarsi per far funzionare qualcosa, la Confindustria si rivolse al Governo per chiedere l'obbligatorietà. Questa richiesta fu accolta, ma non furono previste sanzioni, ed allora i famosi consorzi di filiera (CONAI, Corepla e così via), che ereditarono l'allora Replastic, ebbero vita facile perché beneficiarono di 75 miliardi di lire, con i quali iniziarono la loro attività. La prima cosa che fecero riguardò l'inserimento di sanzioni nell'ambito del Ronchi-bis; da quel momento, con l'obbligatorietà e con le sanzioni, il consorzio cominciò a funzionare. Noi arrivammo qualche mese dopo, seguimmo la stessa procedura, soltanto che le sanzioni le inserirono nel Ronchi-ter, il famigerato Ronchi-ter perché, per chi non lo ricorda, si portava dietro la definizione di rifiuti, che è ancora lì che aspetta. Riuscimmo, grazie all'interessamento di buona parte dell'allora maggioranza e della minoranza, a far passare le sanzioni prima della fine della legislatura; noi pensavamo che, una volta previste le sanzioni, avremmo cominciato ad operare e a svolgere la nostra mission. Come funziona il consorzio? Dovrebbe ottenere delle risorse in base al concetto «chi inquina paga», trasferirle dal comparto produttivo a quello che si occupa di pulizia ambientale ed aiutare le aziende che riciclano. L'Italia è il paese che ricicla la maggior quantità di materie plastiche non in Europa ma nel mondo. Per darvi un'idea, l'Italia immette sul mercato 5 milioni di tonnellate di polimeri, 2 dei quali sono di polietilene; a questi 2 milioni di tonnellate di polietilene si devono aggiungere 800 mila tonnellate che provengono da riciclo, il che significa che il nostro paese da solo, con il beneplacito dei nostri fratelli europei, ricicla più di tutti gli altri stati messi insieme. Quindi, noi abbiamo ereditato una struttura eccezionalmente valida, florida e dinamica, che
però risente delle variazioni di prezzo di questi materiali nel corso degli anni; quando il prezzo del polimero vergine è basso, il riciclo non si fa, perché il costo tecnico è superiore a quello di vendita, ed il materiale viene portato in discarica. La funzione del consorzio è quella di supplire a questi momenti di disagio con un «contributo» ambientale.
Questa premessa è d'obbligo per capire la funzione del consorzio. La filosofia dei consorzi di materiale sta diventando premiante in Europa, dove si sta trasformando il concetto del riciclo da quello di beni a quello del materiale; infatti, quest'ultimo è più facilmente indirizzabile. Non dimentichiamo che l'Italia è leader mondiale in ordine a molti materiali riciclati, come nel settore tessile, in quello del vetro, in quello della carta; noi importiamo moltissime navi di carta straccia dagli Stati Uniti d'America da avviare a riciclo. Abbiamo quindi una grande tradizione in questi settori nel loro complesso, e questa scelta operata dall'Italia è premiante, salvo poi non cogliere nel giusto verso questo orientamento, mantenendoci ancorati al vecchio sistema dei mercati. Per mercati intendo l'imballaggio ed altri materiali, che si riciclano per filiera; che poi il riciclo riguardi una carta di giornale o di una che abbia contenuto un panino, l'importante è che questo materiale nel suo complesso venga riciclato. È questa la filosofia con cui operiamo.
In tale contesto, abbiamo ottenuto un sostegno dovuto, perché la legge non è fatta né dalla Polieco né dalle varie confederazioni più o meno velate di lobbismo, non è fatta da Confindustria ma è fatta dal Parlamento; quando però le leggi non piacciono, si trovano gli escamotage per aggirarle. Noi abbiamo avuto un fortissimo sostegno e siamo ancora qui perché il tavolo dei dieci, forse per sensibilità politica, forse per sensibilità operativa, ha fatto una rilevante azione di raccordo con la Polieco, convincendo le aziende ad iscriversi e ad operare, tanto che oggi il consorzio è una realtà. Abbiamo raggiunto gli obiettivi, li abbiamo raddoppiati: nel rapporto stilato lo scorso anno che abbiamo sottoposto ai ministeri competenti, abbiamo dichiarato 300 mila tonnellate di polietilene avviate a riciclo che il consorzio, in un modo o nell'altro, ha indirizzato. Questo grazie alla presenza nella struttura, nel consiglio e negli organi tecnici del consorzio, di queste organizzazioni che ci hanno sempre appoggiato ed aiutato. Pensate che delle oltre 1500 aziende che fanno parte del consorzio più della metà sono confindustriali. Confindustria ha pensato bene di fare la fronda e di non collaborare alla funzionalità del consorzio, cosa che invece fa ad esempio nei confronti degli altri. Le motivazioni possono essere di qualunque tipo e natura, ma ciò non mette in difficoltà il consorzio, mentre crea difficoltà alle aziende che, rispettose della legge, hanno operato in conformità delle normative, si sono iscritte, hanno contribuito al bene ambientale, contro aziende che non lo hanno fatto, rischiando molte volte di andare fuori concorrenza, perché il contributo di riciclaggio è pari a 60 lire e su molti articoli con questa cifra si sta o si esce dal mercato. Tra l'altro, va tenuta in considerazione l'attuale quotazione del dollaro. Pensate che Confindustria fa questo ostruzionismo mentre poi in ordine agli imballaggi paga tranquillamente 160 lire; i nostri fratelli del consorzio Corepla sommano 250 miliardi e riciclano 90 mila tonnellate di materiale; noi, con un decimo di questa cifra, siamo riusciti l'anno scorso a riciclare 300 mila tonnellate e quest'anno 330 mila, con un incremento del 10 per cento, raddoppiando il limite che i ministeri competenti ci hanno dato come target, vale a dire il 15 per cento.
In questa sede avete audito Polimeri Europa: dei 2 milioni di tonnellate immesse sul mercato, un milione sono di Polimeri Europa, 500 mila tonnellate prodotte in Italia, 500 all'estero, e l'altro milione sono tutti polimeri venduti da aziende straniere che vengono in Italia e non pagano il contributo ambientale. Siamo colonizzati. Provate a pensare di esportare una bottiglia di vino in Germania senza pagare la legge Toeffer, che non è una legge ambientale ma è una normativa di protezione del mercato mascherata
da ambientale, perché per un tedesco costa una lira, per un italiano incide per 100 lire, perché è riportata a tutta una serie di parametri.
Mentre succede questo, noi stiamo combattendo con queste realtà: polimeri stranieri che entrano in Italia non pagano e noi dobbiamo comunque attivarci per il riciclaggio. Sempre la lobby di Confindustria. Perché quest'urgenza? Nello strano omnibus di fine anno è passata al Senato e in questo momento è in discussione alla Camera la famosa legge sul differimento dei termini, cioè l'articolo 10 del decreto-legge n. 355. Differimento dei termini vuol dire che termini che sono in scadenza vengono differiti: una piccola barzelletta, i nostri termini sono scaduti quattro anni fa; non sappiamo cosa stia succedendo, ma ce lo siamo domandati. Dunque, i termini vengono differiti al 31 marzo e tutti quelli che hanno evaso non devono più pagare: se questo è il sistema Italia, possiamo sempre adeguarci! È una vergogna e noi siamo venuti qui a denunciare questa vergogna.
Mentre stiamo facendo questo, abbiamo allertato le Commissioni competenti con una memoria (che è quello che possiamo fare), abbiamo attivato l'Antitrust, perché chiaramente esiste una distorsione di mercato tra chi ha pagato e chi non ha pagato - l'Antitrust, cosa insolita, ha già aperto un procedimento durante l'iter della legge: credo sia la prima volta -, contemporaneamente abbiamo attivato i tribunali amministrativi sollevando eccezioni di incostituzionalità.
Il nostro è un grido d'allarme. L'ambiente sta a cuore a tutti; è vero che a qualcuno sta più a cuore che ad altri, però le disparità in questo settore rischiano di essere punitive per chi è stato correttamente ligio ai dettami di legge. Pensate che quella comunicazione è stata fatta da Confindustria in un'assemblea pubblica, alla quale erano presenti aziende che avevano aderito e correttamente operato e aziende che non l'avevano fatto, sbeffeggiando quelle che erano state rispettose della legge italiana. Vi ringrazio.
TOMMASO CAMPANILE, Responsabile ambiente e qualità della Confederazione nazionale dell'artigianato. Sono responsabile della Confederazione nazionale dell'artigianato, ma qui parlo a nome di tutte le associazioni imprenditoriali della piccola impresa dell'artigianato, del commercio, dell'agricoltura e della cooperazione, che sono state tra i fondatori del consorzio e partecipano alla sua attività. Devo dire che come associazione di categoria, rappresentando, sostanzialmente, le piccole imprese di tutti i settori, abbiamo dovuto rispondere ad un obbligo di legge, in quanto il citato articolo 48 ci chiedeva di iscrivere le nostre imprese anche attraverso le associazioni. Quindi, da quando è nato - ahinoi!, non me ne voglia il presidente -, le associazioni stesse hanno dovuto sopportare i costi per l'avvio e il funzionamento di questo consorzio che, in qualche modo, veniva ad implementare un obbligo di legge per un discorso di tutela ambientale. Ora sono più di due anni che ogni sei mesi (la ricorrenza, infatti, è ormai semestrale) c'è un'iniziativa che tende a differire l'operatività del consorzio, facendogli mancare le risorse necessarie per il suo funzionamento, e, quindi, a procrastinare, come ho detto, sia la sua più completa operatività, sia l'adempimento degli obblighi che la legge pone in testa al consorzio stesso.
Noi abbiamo supposto che ci sia una ragione per cui questo avviene: probabilmente non si vuole che il consorzio raggiunga gli obiettivi di riciclaggio che la legge prescrive; probabilmente non si vuole che il consorzio ricicli e qui nasce, secondo me, un conflitto di interessi di cui la Commissione dovrebbe occuparsi, ed è il motivo per cui le abbiamo rivolto il nostro appello. Non è possibile che l'azione delle forze economiche sia rivolta contro i principi e le scelte di politica economica operate dal Parlamento e dal Governo anche in questa legislatura, con conseguenze negative per le imprese e le associazioni che, invece, immaginano che quei fini e quegli obiettivi si debbano raggiungere.
L'ultimo fatto in ordine di tempo è l'introduzione dell'articolo 10 nel decreto «mille proroghe» che prevede la proroga dei termini per l'iscrizione e per il pagamento dei contributi al consorzio. Tenuto conto che il 99 per cento delle piccole imprese di tutti settori è già iscritto al consorzio; tenuto conto che queste già pagano da due anni il contributo, quindi si aspettano un risultato, si sono determinati e continuano a determinarsi, anche con questo articolo, due fatti assolutamente negativi, che qui vogliamo denunciare. Il primo è che il consorzio, con questo atto, continua a non poter raggiungere i suoi obiettivi finali, che sono quelli del recupero e riciclaggio dei beni in polietilene. Il secondo è che chi ha versato al consorzio il contributo di riciclaggio si trova a vivere, ancora in questo periodo, una situazione di concorrenza sleale. Soprattutto le imprese che devono partecipare a gare pubbliche per forniture pubbliche, e quindi si trovano strette in quello che noi sappiamo essere il margine ridottissimo di offerta che bisogna fare, subiscono la concorrenza sleale da parte di imprese che non pagano il contributo ambientale, che sono sostenute dall'articolo 10 e che possono fare un'offerta assolutamente ridotta rispetto a chi paga, invece, quel contributo, subendo così un danno assolutamente rilevante. Così come ne ha un danno assolutamente rilevante l'economia di questo paese, perché in una situazione così contraddittoria e negativa dal punto di vista della gestione del patrimonio è ovvio che a rimetterci è l'economia. Per questo abbiamo chiesto l'audizione e chiediamo alla Commissione di farsi interprete di queste problematiche e di riportare la nostra denuncia nella sede più opportuna, che è il Parlamento che, in questi giorni, sta votando questo articolo 10, di cui chiediamo la soppressione, sostanzialmente garantendo che ci sia il ripristino della legittimità e della coerenza della legge che lo prevede con la legislazione ambientale.
ANDREA CALISSE, Consulente legale della Polieco. Desidero soltanto ricordare che non è la prima volta che in questa Commissione si parla del consorzio Polieco. La prima volta è stata il 30 giugno 1999, quando fu il presidente, sostanzialmente, a denunciare la situazione di stallo che si verificava non solo per la mancata partecipazione, nonostante l'obbligatorietà fosse già stata chiarita anche dei giudici, ma soprattutto per la mancanza di sanzioni. Poi, come il presidente ha ricordato, le sanzioni sono state previste per legge e si contava che questo risolvesse il problema: così non è.
Il 18 febbraio 2003 questa Commissione, credo esaminando la questione riguardante Priolo, ebbe ad ascoltare l'amministratore delegato di Polimeri Europa, contemporaneamente presidente di Federchimica Assoplast. Alla domanda del presidente Russo: «Sia la disciplina comunitaria in materia ambientale sia il decreto legislativo n. 22 del 1997 si fondano sul principio della responsabilità condivisa, per la quale chi inquina paga: come mai finora non avete inteso aderire al consorzio obbligatorio previsto dall'articolo 48 dal decreto Ronchi ed anzi avete attivato ogni iniziativa per sottrarre il polietilene - il vostro prodotto principale - a tale sistema di raccolta e di riciclaggio?», l'amministratore delegato della Polimeri Europa e presidente dell'associazione confindustriale risponde: «Ho cominciato ad occuparmi di Polieco un mese fa; prima non sapevo neanche cosa fosse.» (siamo nel 2003 e il consorzio è del 1999) «Ho trovato una situazione in cui vi era una diatriba (...) obbligatorietà o meno (...)» (ripeto che le sanzioni erano già in vigore da due anni). «Io, non come amministratore delegato di Polimeri Europa ma come presidente di Assoplast Federchimica, carica che ho assunto a novembre scorso, ho affrontato il problema Polieco e ho dato la disponibilità della azienda ad aderire;» (quindi non si capisce più se parla a nome dell'associazione o dell'azienda) «posso dire che siamo molto vicini a definire le modalità di adesione, che può portare ad una revisione del discorso». Tra una settimana sarà trascorso un anno esatto.
MARCO TADDEI, Responsabile area ambiente della Confagricoltura. Desidero soltanto integrare con alcuni elementi di riflessione le posizioni già illustrate dai colleghi che mi hanno preceduto, precisando innanzitutto che una ulteriore difficoltà è data proprio nei confronti del settore agricolo, che io rappresento. Cioè, l'agricoltura in questa diatriba soffre moltissimo, poiché essa ha una fetta più che cospicua del polietilene immesso sul mercato. Se si blocca, come si è bloccata, per motivi di palese interesse da parte di alcuni gruppi, l'operatività del consorzio, nei fatti si danneggia in maniera vistosa l'agricoltura, dal momento che noi abbiamo 200 mila tonnellate di questo prodotto che non viene recuperato.
Si pone, dunque, un problema grosso e imponente. Il polietilene rappresenta tra l'85 e il 90 per cento dei rifiuti prodotti in agricoltura; l'agricoltura è penalizzata dal fatto di essere dispersa nel territorio; se non viene compiuta una energica azione, come noi che sediamo in questo consorzio abbiamo intenzione di fare, per agevolare la raccolta sul territorio, montagne di plastica, signori, restano nell'ambiente, spesso, purtroppo, vanno in discarica, spesso vengono bruciate, e spesso sopportiamo pesantissime sanzioni da parte dei controllori. Questi applicano la legge in maniera, forse, giustamente corretta, ma dovete pensare che noi siamo colpiti due volte, perché abbiamo pagato all'origine, da sempre, il prodotto e non abbiamo nessun servizio per poterlo in qualche modo recuperare, essendo poi costretti a diecimila sotterfugi per poter andare avanti.
Finora, in molte aree il prodotto si è recuperato perché il prezzo era comunque remunerativo e un po' di prodotto, in qualche modo, l'abbiamo consegnato; i risultati sono lusinghieri e il fatto che l'obiettivo di smaltimento sia stato raggiunto due volte ne è la riprova: che dal 15 per cento il consorzio sia passato a raccogliere il 30 è già significativo. Però, a questo punto, abbiamo bisogno che il consorzio funzioni.
Ricordo agli onorevoli commissari che l'agricoltura ha un credito, nei confronti di questo discorso, di almeno sessanta-settanta miliardi, perché quelli che pagano, alla fine, non sono gli industriali ma siamo noi, che siamo i clienti finali. Noi abbiamo sempre pagato tutto quello che ci è stato chiesto di pagare e abbiamo accumulato un credito che valutiamo attorno a sessanta miliardi, pagati appunto dall'agricoltura. Il risultato qual è? Lorsignori non sono d'accordo nel pagare, qualcuno non paga, creando problemi di ovvia distorsione di mercato, com'è stato giustamente osservato, e chi ci rimette, in ultima analisi, oltre all'operatività del consorzio e alla palese distorsione di concorrenza nei confronti delle imprese del riciclo, del trasporto, di tutta la filiera, è il settore agricolo, che ha pagato e non ha ricevuto proprio niente. Questo è un punto fondamentale.
Quindi, la mia Confederazione e la Confederazione italiana agricoltori, che io qui rappresento - quindi rappresento due grosse associazioni, direi più del 60-70 per cento della produzione lorda vendibile nazionale - si trovano in una condizione di estremo imbarazzo, vedendo che il consorzio ha tentato ogni via per andare incontro a questi «renitenti». Non è un caso che si sia addirittura pensato, cosa che noi abbiamo approvato in pieno, ad un ravvedimento operoso per poter in qualche modo consentire ai renitenti di rientrare, quindi restituendo le somme dovute in precedenza: cosa si deve fare di più? Noi siamo imbarazzati perché non sappiamo come venirne fuori. Ci rivolgiamo alla pubblica amministrazione, scriviamo a tutti: non ci viene data alcuna risposta. Forse contiamo poco. Va bene. Però di tutto questo ne teniamo conto, perché per noi è un grave problema.
Noi puntiamo sulla qualità; ma il nostro ambiente, il nostro paesaggio, i nostri prodotti di qualità si certificano dall'insieme delle cose. Se qualcuno scopre che abbiamo montagne di rifiuti da per tutto, può utilizzarlo come arma per poterci colpire, per distruggere le nostre produzioni. Ma noi vogliamo produrre l'ambiente,
signori. Noi abbiamo due ruoli: uno è di produrre qualità; l'altro di produrre ambiente, di valorizzare il paesaggio e di preservare le bellezze di questo nostro bel paese. Certamente questa situazione non ci aiuta, perché la filiera rifiuti è bloccata. E perché? Perché c'è qualcuno che non vuole fare. Purtroppo qualcuno dà sponda, perché quello che alcune aziende devono pagare è assai poco, spiccioli rispetto ai loro fatturati: evidentemente si tratta di una questione di principio. In questo consorzio siamo rappresentati tutti, noi dell'agricoltura non siamo presenti in nessuna organizzazione, del settore rifiuti o altro, ad eccezione di questo consorzio, perché ci siamo accorti che è stato dato un posticino per l'utenza ed intendiamo portarlo avanti e far presente in tutte le sedi che ci siamo e ringraziamo della possibilità che ci viene offerta di esprimere il nostro parere. Ovviamente, le organizzazioni della piccola e media impresa, che associano anche gli artigiani, la piccola e media industria della Confapi e le organizzazioni di CIA e di Confagricoltura, ma pensiamo che anche le altre organizzazioni qui presenti condividano in pieno la nostra battaglia, che è nell'interesse del settore. Vi preghiamo gentilmente di far presenti anche questi aspetti. Grazie.
PRESIDENTE. Se non vi sono altri interventi, ringrazio i rappresentati delle associazioni qui auditi e il presidente della Polieco. Noi abbiamo attivato, come Commissione, un'iniziativa che riguarda tutti i consorzi e, naturalmente, saremmo giunti ad approfondire la vicenda Polieco, nei tempi e nei modi opportuni. La vostra sollecitazione ha indotto la Commissione ad anticipare l'audizione non solo della Polieco, ma anche delle associazioni che utilmente sollecitano ad una riflessione su questa vicenda. Credo di interpretare il pensiero dei colleghi commissari nel dire che si tratta di una vicenda della quale la Commissione si farà carico - peraltro, sono state citate alcune domande che proprio io ho già avuto modo di formulare -, comprendendo come essa sia importante, non tanto per la sopravvivenza della Polieco quanto per un miglioramento della performance sul fronte delle politiche ambientali. In questo senso mi permetto di ringraziarvi nuovamente e di augurarvi buon lavoro.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15,55.
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