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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente di Federambiente, Guido Berro.
La Commissione intende verificare lo stato di attuazione delle normative vigenti in materia di gestione e smaltimento dei rifiuti. In particolare, nella giornata odierna si è convenuto di proseguire nella serie di audizioni programmate in merito alle problematiche inerenti alla definizione normativa della nozione di rifiuto.
L'audizione del dottor Guido Berro, presidente di Federambiente, accompagnato dal dottor Antonio Stifanelli, direttore di Federambiente, potrebbe costituire un utile contributo al fine di acquisire ulteriori dati ed elementi informativi sulle diverse problematiche inerenti alla questione dell'esatta definizione giuridica della categoria di rifiuti.
Nel rivolgere un saluto ed un ringraziamento per la disponibilità manifestata, do subito la parola al dottor Berro, riservando eventuali domande dei colleghi della Commissione al termine del suo intervento.
GUIDO BERRO, Presidente di Federambiente. Signor presidente, ringraziamo per l'invito, che abbiamo accolto volentieri. Credo che la nostra testimonianza, come penso quella del collega che mi ha preceduto, possa attestare alla Commissione che la situazione di indeterminatezza in cui ci troviamo, nel contesto sia europeo sia italiano, crea una serie di problemi agli operatori del settore. Arrivare nei tempi più brevi possibile ad una definizione chiara e certa o quantomeno comune, anche se non condivisa in tutto da tutti, perché qualche problema si presenterà comunque, ritengo sia una necessità per mettere gli operatori in condizioni di svolgere il loro lavoro e di farlo entro limiti facilmente comprensibili di legittimità e di adeguatezza. È necessario anche per consentire alle autorità pubbliche di effettuare controlli che non siano solo di tipo punitivo ma che costituiscano un controllo di gestione di un ciclo intero che, come l'esistenza di questa Commissione testimonia, può avere ed ha delle problematicità che vanno oltre il rifiuto in se stesso, visto che possono essere sottesi interessi economici anche rilevanti, a seconda della possibilità o meno di gestire qualcosa che non è un prodotto e che può essere valorizzato lecitamente o illecitamente come prodotto creando forti margini di valore aggiunto. Questo valore può essere sul prodotto stesso o essere, come spesso è, sul valore dello smaltimento, del far sparire qualcosa che ha una problematicità e un costo sempre più rilevanti nel momento in cui le normative e le percezioni dell'opinione pubblica metabolizzano il valore della componente costo ambientale, che ahimè, fino a poco tempo fa, non era stata sufficientemente considerata o era stata ignorata.
Federambiente in questo campo usa quel po' di risorse che riesce ad ottenere
come associazione di categoria e, oltre a fare gli interessi delle imprese associate, cerca anche di sviluppare ed approfondire studi e conoscenze. Per esempio cerchiamo di sviluppare, anche in collaborazione con qualche università, la capacità di accertare sempre di più e di fare dei bilanci economico-ambientali sempre più corretti. Lo sviluppo di questa parte dell'analisi del lavoro secondo noi, oltre a consentire agli operatori di conoscere meglio i costi e quindi alla fine di far comprendere meglio la situazione al cittadino, che sostanzialmente è colui che paga il costo del ciclo, serve anche per allontanare o per rendere più difficile l'operatività di soggetti che agiscono invece con criteri economici totalmente diversi.
A nostro giudizio, nel momento in cui si cambia o si innova bisogna tener conto delle situazioni realmente esistenti, che a volte non sono percepite neanche dal legislatore in maniera corretta. Questa è un'idea assolutamente personale, ma opero nel settore ormai da più di dieci anni ed ho una provenienza culturale di tipo economico: ho la percezione che spesso, a livello europeo ma anche a livello nazionale, il legislatore sia stato fortemente interessato a raggiungere obiettivi di carattere strategico-ambientale un po' viziati da insufficienza di considerazione dei reali aspetti economici del settore.
Quando è stato emanato il decreto Ronchi, nel 1997, io ero già presidente di Federambiente, che ha avanzato delle osservazioni al decreto, riconoscendo a quelle norme una grossa valenza in fatto di sistemazione e di riordino ma non del tutto sufficiente, perché poi si legavano ad un'eccessiva quantità di decreti delegati ed erano fortemente condizionate da risultati che io definirei di immagine, oppure di un forte recupero rispetto ad un passato inadeguato. Credo sia arrivato il momento, dopo l'esperienza dell'applicazione del decreto Ronchi, di completare, modificare o innovare con una cognizione più attenta e più presente, con la preoccupazione che non si passi all'estremo opposto, vale a dire che da una concezione un po' dirigistica che in qualche caso il decreto Ronchi poteva avere non si vada ad un liberismo spinto. In questo settore infatti il mercato non sarà mai autosufficiente, quanto alla sua regolamentazione; è il classico esempio di un settore di mercato regolato e quindi la presenza del legislatore deve avere una sua valenza rispetto ad altri settori più forti. Ciò anche perché il rifiuto urbano e l'igiene ambientale della città resta un problema di carattere gestionale-collettivo, è un servizio spurio tra il servizio alla persona come singolo e alla collettività come insieme, che ha delle forti connotazioni sanitarie ed ambientali che devono essere tutelate e difese.
Pertanto, a nostro avviso la norma deve tener conto di questi fattori: consentire una maggiore libertà di movimento e di azione agli operatori, entro però una più forte identificazione di regole, meno numerose ma precise, con controlli più efficaci e soprattutto con l'individuazione di chi effettua i controlli e del modo in cui lo fa, altro aspetto problematico che abbiamo in Italia. Infatti a volte si subiscono contestualmente quattro controlli da parte di quattro soggetti diversi; molto spesso si va a controllare ciò che è più facile da controllare; i nostri impianti pubblici sono molto più controllati - ho le statistiche - di quelli privati. Per fare un esempio, alcune piattaforme di smaltimento degli elettrodomestici bianchi, dove vi è il CFC, sono gestite da nostre imprese e subiscono non pochi controlli; contestualmente, nella stessa zona e nella stessa regione vi è qualche azienda che, a metà del costo da noi praticato, dice - dice - di smaltire il rifiuto, il frigorifero. Noi sappiamo che è materialmente impossibile che questo avvenga, perché i costi di base sono sicuramente molto superiori al prezzo che fanno pagare questi soggetti. Questo vuol dire che non siamo ancora in una condizione soddisfacente di normativa e di controllo. È vero che forse noi abbiamo un difetto, come operatori di proprietà pubblica, anche se ormai abbiamo al nostro interno parecchie aziende miste, e i comuni sono gli azionisti di quasi tutte le nostre aziende; abbiamo questa sensibilità ulteriore per gli aspetti pubblici. Vediamo la
tariffa come pagamento del nostro servizio, ma subiamo anche la pressione del comune e dell'assessore che hanno un interesse di tipo collettivo; cerchiamo di distinguere questi due momenti, ma non sempre è facile.
Un altro punto su cui come Federambiente abbiamo condotto una battaglia è il seguente: noi siamo stati strenui fautori del passaggio dalla tassa alla tariffa fin dall'inizio, perché abbiamo visto e vediamo ancora oggi che il sistema della tariffa riesce a dare un po' più di autonomia alle aziende, che si assumono qualche responsabilità in più, ma soprattutto crea un rapporto più diretto e corretto tra cittadino e gestore del servizio. Poiché il nostro è un servizio diverso da quello dell'acqua - in quanto il nostro ciclo di produzione, dalla raccolta al recupero, comincia in casa, e quando organizziamo la nostra linea di produzione individuiamo come primo operatore il cittadino, al quale chiediamo di pagarci il servizio e che però deve anche fare alcune cose, a seconda del sistema che scegliamo - riteniamo che la tariffa sia un sistema migliore per avere un rapporto con il cittadino che dovrebbe capire meglio il motivo per cui paga 100 o paga 90 a seconda che usi un sistema o un altro, rendendosi così partecipe di un ciclo di produzione. Ci preoccupiamo di questo.
Alcuni provvedimenti dell'ultimo periodo - speriamo che con la delega il Governo riesca a mettere mano nel settore in maniera esaustiva - hanno avuto caratteri contingenti (li abbiamo criticati in una o due occasioni) e, a nostro avviso, hanno innescato in qualche caso problemi di interpretazione, che hanno creato qualche area di minor controllo.
Noi ci occupiamo principalmente di rifiuti urbani, anche speciali, e abbiamo la sensazione che il rifiuto tenda a sparire o a diminuire. Non riusciamo a capire bene questo processo. Non ho prove concrete e non faccio un'affermazione forte senza averne gli elementi, però forse in qualche caso si innescano situazioni poco chiare.
Per concludere il discorso, cito la situazione campana, che ha visto come attori all'interno dei meccanismi del commissariamento i soggetti pubblici, i consorzi che hanno gestito lo smaltimento in discariche dentro uno schema dirigistico con alcune sfasature: sono stati sbagliati i tempi e le interpretazioni, perché il sistema campano è andato in fibrillazione; poi vi è stata una tendenza alla soluzione e ora è di nuovo in fibrillazione perché non si chiude il cerchio. Se domandate all'azienda pubblica di Napoli come smaltisca, vi verrà risposto che non ha il problema in quanto fa la raccolta e la consegna all'impianto di produzione di CDR; poi non ne sa più niente.
Gli impianti fanno una lavorazione non sempre sufficiente dal punto di vista tecnico ed inoltre non è partita l'attività del forno o del recupero energetico. Quindi, la situazione è più pesante oggi di quanto lo fosse quattro anni fa. In più occasioni nei convegni in Campania ho denunciato la presenza di una sfasatura. Tra l'altro, quando sono state fatte le gare per l'impiantistica, i termini non erano perfetti. Due raggruppamenti di nostre aziende avevano dichiarato la propria disponibilità ma poi non hanno partecipato alle gare, perché i prezzi con cui si chiudevano risultavano non conformi ad una minima logica di mercato. Quindi, non sono solo il vescovo di Acerra o la popolazione che rendono difficile la posa della prima pietra per la costruzione dell'impianto, perché non ci sono le condizioni economiche per farlo.
PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Berro per l'approfondita relazione, per le indicazioni utili che ci consentono ulteriori valutazioni e per i suggerimenti che ha offerto alla Commissione che si occupa di questa materia avendo compreso come non solo sul versante propriamente economico ma proprio attraverso di esso sia importante un approfondimento sul tema della nozione di «rifiuto».
GUIDO BERRO, Presidente di Federambiente. Lascio alla Commissione il documento da cui ho preso spunto per la mia relazione.
PRESIDENTE. Grazie. Lo acquisiamo agli atti. Dichiaro conclusa l'audizione.
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