CAMERA DEI DEPUTATI - SENATO DELLA REPUBBLICA
XIV LEGISLATURA

Resoconto stenografico della Commissione d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti


PARTE SEGRETA DELLA SEDUTA N. 61 DEL 24 GIUGNO 2003, DECLASSIFICATA AI SENSI DELLA DELIBERA DELLA COMMISSIONE DEL 15 FEBBRAIO 2006


PRESIDENTE. L'odierna audizione del generale Carlo Jean, presidente della Sogin, nonché commissario delegato per la sicurezza dei materiali nucleari, potrà costituire l'occasione per acquisire dati ed elementi informativi sullo stato d'attuazione della vigente normativa in materia di gestione dei rifiuti radioattivi e sulle problematiche connesse alle funzioni esercitate dalla Sogin in tale specifico settore.
In particolare interessa alla Commissione assumere informazioni in ordine allo studio preliminare, predisposto della Sogin, nel quale vengono indicati i criteri tecnico-scientifici per l'individuazione dell'area più idonea alla localizzazione del deposito nazionale per le scorie radioattive; la Commissione intende altresì comprendere le procedure e le metodologie adottate nell'elaborazione di tale documento, che sarà trasmesso al Governo per il seguito di competenza, e gli eventuali profili problematici riscontrati in relazione a tale delicata questione.
Nel rivolgere un saluto ed un ringraziamento per la disponibilità manifestata anche in altre occasioni, do la parola al generale Carlo Jean, riservando eventuali domande dei colleghi della Commissione in esito alla sua relazione.

CARLO JEAN, Presidente della Sogin. Signor presidente, un particolare saluto da parte della Sogin, che è qui rappresentata dai suoi vertici, agli onorevoli componenti di questa Commissione, che abbiamo già avuto l'onore di incontrare lo scorso mese di febbraio e a cui abbiamo fornito i dati fondamentali concernenti la messa in sicurezza degli impianti nucleari e, in particolare, delle centrali elettronucleari allora della Sogin, nonché degli impianti nucleari del ciclo di combustibile dell'ENEA e della fabbricazione nucleare in un periodo in cui non era ancora stato dichiarato lo stato di emergenza e non ero ancora stato nominato, in quanto presidente della Sogin, commissario delegato alla sicurezza nucleare. Il 14 febbraio il Governo ha dichiarato lo stato di emergenza e il 7 marzo ha emanato un'ordinanza relativa ai compiti del commissario. Successivamente è entrato in funzione il commissario delegato, che ha essenzialmente tre compiti.
Il primo compito è la messa in sicurezza - contro nuove configurazioni del terrorismo transnazionale - delle centrali elettronucleari e degli impianti del ciclo del combustibile. In sostanza, anziché dover fronteggiare dei ridotti gruppi armati di kalashnikov si deve affrontare la minaccia del terrorismo internazionale, che usa camion carichi di esplosivi ed utilizza hacker per bloccare i dispositivi automatici di controllo e di sicurezza degli impianti.
Il secondo compito è strettamente collegato con il primo e concerne lo smantellamento degli impianti, con particolare riguardo alla messa in sicurezza del combustibile nucleare, che è la parte più pericolosa e che in Italia esiste ancora in quantità notevoli e purtroppo esiste ancora allo stato liquido soprattutto in due siti ENEA, a Saluggia e a Trisaia, in quanto il riprocessamento del combustibile nucleare, per ragioni varie, negli anni '90 è stato bloccato. Quindi tale combustibile, altissimamente radioattivo, è conservato in questi impianti e crea grosse preoccupazioni; infatti, in caso d'incidente - che purtroppo è sempre possibile, anche se la probabilità è piuttosto limitata - si potrebbero determinare contaminazioni molto estese, che causerebbero lo sgombero di ampie zone fortissimamente popolate del nostro territorio, come la Pianura padana. Si tratta di una preoccupazione sottolineata soprattutto dal professor Carlo Rubbia, che ha fornito anche dei dati tecnico-scientifici al riguardo, e che non può essere eliminata con un colpo di bacchetta magica: richiede infatti la costruzione di impianti di riprocessamento per la vetrificazione, la solidificazione e la cementificazione di questo materiale prima di poterlo trasportare altrove. Solamente in questi ultimi tempi la Francia ha messo a punto una tecnologia, che noi stiamo esplorando anche in ordine alla possibile applicazione in campo nazionale, per il trasporto di questo combustibile liquido, che consentirebbe di ridurre da 5-6 anni a 3-4 anni lo sgombero di questi elementi particolarmente pericolosi.
Il terzo compito affidato al commissario delegato riguarda l'individuazione delle modalità per la gestione centralizzata delle scorie nucleari. Questa definizione delle modalità deve essere effettuata d'intesa con la Conferenza dei presidenti delle regioni; il 16 aprile si è tenuta una riunione di tale organismo, durante la quale sono state decise le modalità generali con cui effettuare questo studio, che non è completamente nuovo; è infatti dal 1968 che l'Italia ha iniziato a pensare alla creazione di un deposito nucleare come quello esistente in tutti gli altri Stati europei. In particolare ci siamo rifatti molto ad uno studio completato nel maggio-giugno 2001 per conto della Conferenza Stato-regioni dall'assessore all'ambiente della regione Emilia-Romagna, Cenerini; tale studio rappresenta quanto di più completo esista al riguardo ed ha un approccio di carattere non soltanto tecnico-scientifico ma anche politico-sociale-economico, il che può essere di notevole interesse per il prosieguo delle decisioni governative a tale riguardo, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni e con le autorità locali, che faranno seguito soprattutto al disegno di legge Marzano sul riordino del settore energetico, che all'articolo 29, ex 27, prevede la costruzione di questo deposito, che costituisce un'esigenza di carattere nazionale.
Quanto ai tentativi che noi stiamo esperendo per esportare il combustibile all'estero, come potete vedere sulla stampa si dà un grande rilievo al trasporto di cask, di parti del combustibile solido custodito nel deposito Avogadro di Saluggia, a Sellafield, in Gran Bretagna. Questo fatto ha sollevato notevole interesse nelle popolazioni coinvolte, ma va detto che l'esportazione di questo combustibile non risolve il problema delle scorie nucleari, perché il pericolo comunque esiste e non è assolutamente risolvibile con l'esportazione di circa 50 mila metri cubi di scorie di seconda categoria e di circa 8 mila di scorie di terza categoria. Inoltre, ospedali, industrie siderurgiche e raffinerie producono all'incirca 500 tonnellate l'anno di scorie radioattive, che per ora sono disperse sul territorio nazionale, e diverse zone del nostro paese, soprattutto le grandi città dove si trovano i grossi ospedali che impiegano parecchi mezzi di medicina nucleare, sono trasformate in vere e proprie pattumiere, con condizioni di sicurezza che lasciano alquanto a desiderare. Si tratta di una notizia molto riservata, perché in questo momento il Ministero dell'interno sta compiendo ogni sforzo per tenere sotto controllo cobalto, aghi di radio e così via, che vengono normalmente utilizzati negli ospedali, che per ora sono custoditi in circa 80 siti disseminati sul territorio nazionale spesso anche di difficile controllo e monitorizzazione. Sono i materiali preferibili per le cosiddette bombe sporche: in sostanza, si prendono cobalto esaurito e aghi di radio, si avvolgono in un po' di esplosivo plastico, si mettono su un pallone aerostatico che si fa brillare a 1.000-2.000 metri di altezza, e si devono sgomberare interi quartieri. È una situazione che lascia molto a desiderare e che solleva notevoli preoccupazioni in tutti gli organi di sicurezza dello Stato, in particolare dipartimento della protezione civile e Ministero dell'interno.
Le azioni che sono state svolte dal commissario delegato sono sancite da una serie di ordinanze, che descriverò brevemente: la prima si riferisce all'organizzazione del commissariato delegato (la trovate allegata al documento che lascerò agli atti della Commissione).

PRESIDENTE. A questo proposito dobbiamo decidere se segretare o rendere riservata questa documentazione, ma lo potremo valutare dopo che qualcuno di noi la avrà letta.

GIUSEPPE SPECCHIA. Io l'ho già visionata e ritengo che non vada segretata.

PRESIDENTE. Io non ho avuto questo privilegio, e ritengo che si debba discutere della questione in sede di ufficio di presidenza.

CARLO JEAN, Presidente della Sogin. Quest'ordinanza, come dicevo, riguarda l'organizzazione del commissariato e ricalca più o meno l'organizzazione della Sogin, in quanto l'attuazione di queste misure non rappresenta altro che un'accelerazione dei compiti normali della ragione sociale della Società.
Il secondo documento contiene un allegato che non è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale in quanto si riferisce agli standard di sicurezza, alle misure da adottare nelle centrali nucleari contro le offese terrestri, mentre invece per quelle aeree o altro sono ancora in corso degli studi, da parte del Ministero dell'interno con l'ENAV, l'EPAC e via dicendo, per determinare esattamente il rischio di impatti di aerei commerciali oppure di piccoli velivoli di aeroclub carichi di esplosivo su questi impianti nucleari.
La terza ordinanza concerne la messa in sicurezza delle centrali nucleari e prevede 37 misure, che evidentemente sono state mantenute riservate, alcune delle quali - 11 - sono state completate, mentre altre sono in corso di progettazione oppure di appalto.
La quarta ordinanza riguarda sempre gli impianti nucleari dell'ENEA, del FN e del Nucleco, e prevede un complesso di 53 misure, di cui 21 sono già state attuate.
La quinta ordinanza concerne l'estensione a tutti gli impianti dei limiti di rilascio dei materiali che erano previsti solamente per la centrale di Caorso, così da poter allontanare dalle zone di deposito dei siti e delle centrali elettronucleari il materiale di demolizione e per rendere possibili ulteriori demolizioni.
Inoltre, sono state adottate altre iniziative, di intesa con i Ministeri dell'ambiente e delle attività produttive, con l'APAT, con la commissione VIA, eccetera, per dare certezza temporale a determinate procedure autorizzative che stanno diventando oggetto di un accordo di cooperazione istituzionale tra tutti questi organismi in modo da sveltirle e portarle più o meno a livello europeo. Gli altri paesi hanno un termine di 120 giorni, noi ne abbiamo previsti 180, anche perché il personale in servizio all'APAT e alla commissione VIA è molto carente dal punto di vista quantitativo, pur essendo di eccellente qualità, e quindi occorre quindi maggior tempo per completare le procedure autorizzative necessarie.
Con i Ministeri della salute, dell'ambiente e delle attività produttive, nonché con altri organismi, sono stati abbozzati dei provvedimenti attuativi della legge n. 230 del 1995, che non erano stati mai emananti e che riguardano i limiti di rilascio, che vanno allineati al livello europeo e che concernono i parametri relativi al deposito di materiale nucleare, anch'essi allineati al livello europeo, pur mantenendosi leggermente al di sotto per questioni di particolare sensibilità che l'opinione pubblica e le forze politiche italiane dimostrano a questo riguardo. Comunque, si tratta di una decisione che è stata adottata al di fuori della Sogin da parte dei ministeri interessati.
Queste prime misure sono state attuate con una forte collaborazione, di cui devo rendere atto, dell'ingegner Cesari, capo dell'APAT, dell'ingegner Giulianelli, che si occupa della parte nucleare dell'APAT, dell'ingegner Agricola, che fa parte della commissione VIA, e dell'ingegner Ortis, direttore generale dell'energia, che hanno dato un forte impulso, insieme al comitato scientifico della Sogin, che ha continuamente monitorato la nostra attività e che è costituito dai luminari della fisica italiana, da Colombo a Salvini, da Ricci - ex capo dell'APAT - a Bernardini, che è stato uno dei direttori dello studio ENEA.
La situazione attuale non esclude la possibilità di eventi catastrofici, perché il processo di riduzione della vulnerabilità richiede la demolizione completa degli impianti, che richiederà molti anni; si sono semplicemente ridotte le vulnerabilità ad offese di carattere terrestre, in particolare a camion carichi di esplosivi, che possono provocare comunque un disastro. Nel contempo hanno avuto notevole impulso le collaborazioni internazionali e le esplorazioni per cercare di portare fuori dall'Italia gli elementi più pericolosi, in particolare il combustibile irraggiato. Sono intercorsi contatti con la Gran Bretagna, oltre che per l'invio del combustibile situato ad Avogadro e proveniente dalla centrale del Garigliano, per cercare di svuotare Trino e per svuotare il combustibile solido esistente ad Eurex. Con il Kazakistan sono in corso trattative per trasferire materiale di fabbricazione nucleare di Bosco Marengo. Sono stati presi contatti con la Francia, che sta mettendo a punto quella tecnologia di trasporto di combustibile liquido fortemente irraggiato cui ho accennato prima e che consentirebbe di accelerare l'eliminazione di questo che costituisce il maggiore pericolo. Sono proseguiti i contatti con la Francia per cercare di risolvere il problema, finora mai risolto da nessun paese, dell'eliminazione della grafite fortemente irraggiata esistente in Italia, nella centrale di Latina, che anche se molto protetta e in condizioni di sicurezza tutto sommato accettabili, presenta una grande pericolosità in quanto la penetrazione di aria provocherebbe l'incendio automatico della grafite e quindi la ricaduta di una nube radioattiva che, se spirasse il ponentino, arriverebbe anche qui.
Quanto al grosso delle collaborazioni con la Federazione russa, la Sogin collabora al programma Global partnership con i 20 miliardi di dollari stanziati dai paesi del G8, con 6 progetti che per adesso sono stati concordati con il Minatom e che costituiscono oggetto di trattativa a livello governativo tra i due paesi, nonché con un progetto fortemente innovativo, ideato dal professor Rubbia. Quest'ultimo progetto consiste in un acceleratore, cui l'energia sarà fornita dal motore di un sottomarino tipo Alfa da 150 megawatt, quindi piuttosto grosso, che dovrebbe distruggere e ridurre allo stato naturale alcuni nuclidi artificiali provocati dall'irradiamento del combustibile nucleare che ha un lunghissimo tempo di decadimento. A questo programma è associato un progetto di accordo bilaterale con la Russia per trasferire il combustibile esistente in Italia e soprattutto quello che ci vorrebbe restituire la Francia: si tratta di 62 tonnellate di combustibile irradiato, cosiddetto Mox, plutonio e uranio, che si trovano a Creys-Malville (dove era il Superphénix), che sono di proprietà italiana e che la Francia dovrebbe cominciare a restituirci dal 2005. Essendo note le preoccupazioni che già l'allontanamento del combustibile dall'Italia provoca, per il trasporti e così via, immaginate quanto il Governo sia preoccupato dal fatto di dover importare questo materiale, che comunque, secondo accordi internazionali, dovrebbe essere preso dall'Italia.
Sono stati formalizzati anche degli accordi, un protocollo ed una convenzione con ENEA e con FN che prevede il comando ed il distacco del personale di questi enti alla Sogin entro la fine di giugno e il trasferimento delle licenze e delle autorizzazioni, che inizialmente avverranno con ordinanza; entro la fine di settembre si concretizzerà un conferimento di ramo d'azienda con il trasferimento di licenze e di autorizzazioni secondo le procedure normali, con decreti del ministro delle attività produttive.
L'argomento che ha attirato maggiormente l'attenzione in quest'ultimo periodo è stato lo studio per la definizione delle cosiddette modalità di gestione centralizzata delle scorie nucleari, studio che deve essere condotto dal commissario delegato d'intesa con la Conferenza dei presidenti delle regioni. Come vi ho anticipato, il 16 aprile si è tenuta una riunione in cui il gruppo tecnico-scientifico costituito nell'ambito del commissariato, con tutte le varie istanze scientifiche e tecnologiche (università, ENEA, APAT e così via), ha delineato ai presidenti delle regioni - in realtà erano assessori all'ambiente, alla protezione civile e alle attività produttive di alcune regioni - i fondamenti di questo studio, che si rifà soprattutto a quello redatto per conto della Conferenza Stato-regioni dall'assessore Cenerini della regione Emilia Romagna. Tale studio, terminato nel 2001, è sembrato il più idoneo e su di esso sono stati fatti confluire tutti gli altri effettuati in Italia dal 1968 ad oggi, in particolare uno dell'ENEA.
Ciò che ha scioccato l'opinione pubblica, soprattutto in Sardegna, è stato il fatto che alcune esclusioni effettuate aprioristicamente nello studio ENEA non sono state considerate, così come non erano state considerate nello studio Cenerini, in quello Barberi, in quello dell'ANPA e così via. In particolare le isole erano state escluse a priori, come pure una fascia di 50 chilometri dal confine nazionale, anche per la buona ragione che la Svizzera costruisce il deposito nel cantone Ticino, proprio in prossimità del nostro confine. Anche i depositi in Belgio, in Olanda e così via, sono in prossimità del confine.
Per quanto riguarda le isole, non si è ritenuto di seguire i criteri adottati dallo studio dell'ENEA che aveva portato all'individuazione di 200 siti sul territorio nazionale, iniziato da Ippolito, proseguito da Bernardini e alla fine da Risoluti, in quanto escludeva le isole adducendo che ci sarebbero state, tra parentesi, delle interferenze di movimenti come Greenpeace rispetto ai trasporti via mare. Se pensiamo che il combustibile irradiato viene trasportato dal Giappone all'Inghilterra oppure che noi lo trasportiamo in ferrovia a Dunkerque e poi a Dunkerque viene imbarcato su nave e portato in Gran Bretagna, evidentemente ci rendiamo conto che si tratta di una questione che a priori non può costituire motivo di esclusione. Beninteso, la modalità del trasporto costituisce uno dei criteri di preferenza che verranno considerati nel prosieguo dello studio ed è stato sottoposto alla Conferenza dei presidenti delle regioni. Sono state considerate poi anche le aree demaniali, che alcuni studi precedenti avevano escluso, non si sa perché, forse perché si parlava di aree particolarmente necessarie per la difesa nazionale e così via.
Per tutto il territorio nazionale sono stati previsti cinque criteri di esclusione e due criteri di preferenza nelle proposte che sono state presentate il 17 giugno all'assemblea delle regioni. La prima esclusione è per motivi di sicurezza e riguarda aree vulcaniche, ad alta attività sismica, zone di inondazione e così via.
Il secondo criterio d'esclusione riguarda misure di salvaguardia ambientale: sulle aree protette, su quelle soggette a vincolo paesaggistico-ambientale e archeologico definite da documenti ufficiali dei ministeri interessati (per esempio, il Ministero dell'ambiente per le aree protette e il Ministero dei beni culturali per le aree paesaggistico-ambientale e archeologico), sulle aree di applicazione della legge Galasso e su quelle d'importanza comunitaria e di protezione speciale, elencate in documenti ufficiali. Con la Conferenza delle regioni abbiamo cercato di oggettivare il più possibile questi documenti in modo da dare una definizione una volta per tutte e di stabilire il documento di riferimento, quello da applicare. Se il documento deve essere differente, la Conferenza ci suggerirà o ci imporrà di utilizzarne un altro.
Il terzo livello d'esclusione concerne l'impatto antropico: gli abitati, gli usi del suolo secondo i parametri considerati dal centro interregionale delle informazioni territoriali, la densità della popolazione in un raggio di 10 chilometri intorno al baricentro dei possibili siti, densità della popolazione rilevata dall'ISTAT per quadrati di 250 metri per 250 metri (quindi non per comune, come ha fatto per esempio lo studio di Scaldati), a scalare in alto. Grosso modo abbiamo attinto dai documenti della AIEA, l'Agenzia di Vienna, da Euratom e così via, e abbiamo escluso le zone con una densità di popolazione da 30 a 50 abitanti, lasciando comunque una certa flessibilità, in modo da sentire il parere dei presidenti delle regioni. Questo criterio di esclusione (da 50 abitanti in su, in un raggio di 10 chilometri, quindi circa 300 chilometri quadrati, non più di 15 mila abitanti, quindi circa 50 abitanti per chilometro quadrato) costituisce anche un criterio di preferenza; è chiaro infatti che viene preferita un'area con 5 abitanti per chilometro quadrato ad una con 25.
Il quarto livello di esclusione concerne le dimensioni dell'area di deposito; in questo caso ci siamo rifatti completamente agli studi svolti dall'assessore Cenerini e ai documenti ufficiali della Commissione europea, nonché all'esperienza di persone che hanno costruito depositi in altri paesi. In sostanza, se il deposito dovesse essere di tipo superficiale - è superficiale un deposito che deve contenere una quantità di scorie tipo quelle esistenti in Italia - sarebbe di circa 10 chilometri quadrati, con una zona di rispetto intorno che coprirebbe all'incirca un'area di 100 chilometri quadrati, considerati anche nello studio della Conferenza Stato-regioni. Qualora invece il deposito fosse sub-superficiale - cioè fosse in zona profonda, nelle due configurazioni che sono state realizzate al mondo, con una galleria elicoidale oppure con una galleria a doppio pettine o a spina di pesce - le zone considerate di 50 chilometri quadrati sarebbero sufficienti ai fini delle misure di sicurezza. In queste zone verranno ubicati tutti gli impianti industriali necessari per il funzionamento del deposito che sono abbastanza standardizzati in tutto il mondo per il confenzionamento, il controllo e così via.
Il quinto livello di esclusione riguarda criteri geomorfologici ed idrogeologici; abbiamo considerato le fotografie aeree, le mappature geografiche in varie successioni di tempo per vedere dove siano avvenute frane, dove ci siano problemi idrogeologici e così via ed è stato proposto alla Conferenza dei presidenti delle regioni di utilizzare questo criterio, compresi gli strumenti che lo quantificano.
Sempre alla Conferenza abbiamo proposto due criteri di preferenza: il primo è un criterio standard, secondo il metodo del performance assessment, denominato codice AMBER, un codice abbastanza complicato che riguarda l'impatto su composizioni geologiche, sulla possibilità di fessurazioni, di infiltrazioni sabbiose in strati di argilla e così via, che è utilizzato in tutta Europa e la cui applicazione è consigliata anche nei documenti AEA ed Euratom. Il secondo criterio di preferenza considera rischi, difficoltà, tempi e costi dei trasporti, l'impatto ambientale, il tipo di proprietà - demaniale o privata - del sito. Questi criteri sono contenuti in un documento sottoposto alla Conferenza con l'intesa che, come il presidente della regione Piemonte ha voluto evidenziare, che questi pareri delle regioni verranno elaborati in forma sufficientemente riservata per non creare caos inutile o polemiche strumentali ad altri motivi. Alla fine delle valutazioni, secondo gli standard internazionali, dovremo concordare questi criteri e, una volta concordati, i documenti cartografici statistici verranno caricati su computer, i criteri verranno trasformati in programma di computer e verrà effettuato uno screening completo sul territorio nazionale per individuare una serie di siti potenziali che orientativamente, con i parametri adottati tenendo conto dell'esperienza estera, che dovrebbero variare da 3 a 10, classificati secondo un ordine di priorità. Il Governo dovrà decidere se questa seconda fase verrà effettuata e chi dovrà occuparsi dello studio: se sarà il commissario delegato, lo studio verrà presentato alla Presidenza del Consiglio dei ministri; se sarà fatto secondo l'articolo 29 del disegno di legge Marzano, verrà presentato al ministro delle attività produttive e, attraverso lui, al Governo.
Quanto ai costi di un deposito superficiale di 70-80 mila metri cubi, che tenga conto anche delle 500 tonnellate di rifiuti prodotti ogni anno e di quelli già immagazzinati in varie parti, essi si aggirano sui 200 milioni di euro per la sola costruzione del deposito; con le attrezzature, con i laboratori e con gli impianti di trattamento delle scorie (che dovrebbero creare 150-200 posti di lavoro, a seconda delle soluzioni che verranno adottate, di cui metà ad altra tecnologia, quindi ad alto valore aggiunto e con stipendi più che rispettabili), la somma dovrebbe essere doppia. Il costo per un deposito sub-superficiale aumenta del 20-25 per cento, e dipende dalle soluzioni adottate (elicoidale, a pettine o via dicendo), mentre i costi di gestione sono inferiori - almeno stando alle esperienze della Svezia e della Germania, che in alcuni casi sono ricorse a questo sistema - a quelli del deposito superficiale.
Un'ultima raccomandazione che è stata rivolta alla Conferenza dei presidenti delle regioni è di carattere «etico», ed ha accompagnato la valutazione dei componenti del gruppo di lavoro, vale a dire che il problema venga risolto definitivamente, senza essere procrastinato di uno o due secoli, adottando una soluzione come quella presa dai calvinisti olandesi, che hanno optato per un deposito che tra un secolo, un secolo e mezzo, dovrà essere completamente dismesso. Invece l'altra soluzione che, ad ogni buon conto è cautelativa, è che in qualsiasi sistema di immagazzinamento delle scorie nell'ambito del deposito devono essere consentiti non solamente il controllo ma anche la possibilità di spostare il materiale per trasferirlo eventualmente all'estero qualora le condizioni venissero rispettate.
Come dicevo, aspettiamo l'intesa della Conferenza dei presidenti delle regioni ed abbiamo sollecitato il Governo a definire quanto si debba fare.
Infine, nessuno del gruppo di lavoro ha parlato di alcuna particolare regione, mentre la stampa lo ha fatto, e parecchio; tutto dipenderà dall'intesa che interverrà su questi parametri nonché dai documenti statistici e cartografici delle carte tematiche che verranno impiegate per questa scelta.
Ringrazio il presidente e i commissari per il gentile ascolto.

PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre domande o per chiedere chiarimenti.

GIUSEPPE SPECCHIA. Ringrazio il commissario e i suoi collaboratori, nonché il presidente e l'ufficio di presidenza per aver indetto l'incontro di oggi su questo argomento, che è veramente di grande attualità. Spero che attraverso tale incontro si chiariscano una serie di equivoci che sono emersi nei giorni scorsi, fino a ieri, sui giornali. È questo il motivo per cui sono intervenuto sulla questione della segretazione o meno dei documenti; penso che vi siano delle questioni che necessariamente debbano avere una grande riservatezza, mentre tutto il resto deve essere conosciuto da tutti, non solo dagli addetti ai lavori, tra i quali mi includo, come parlamentare. Infatti, il Parlamento deve essere informato e forse, non qui ma in altra sede, andrebbe valutata l'opportunità, dopo il parere delle regioni, dell'emanazione di un parere parlamentare, attualmente non previsto da alcuna disposizione di legge, o quantomeno di un approfondimento nelle Commissioni parlamentari, vista l'importanza del problema, che riguarda tutti gli italiani.
Come dicevo, informazione non solo agli addetti ai lavori ma alla gente, al cittadino, perché da quanto si sta leggendo sui giornali, anche su quelli ritenuti seri, a grande diffusione e con grandi tradizioni, scaturiscono mille preoccupazioni e sembra che già siano stati decisi i siti, come è stato detto da qualche collega di questa Commissione, e che la scelta dei criteri di individuazione dei siti sia già stata effettuata. Invece, da quanto ho avuto modo di apprendere e di leggere, il discorso è molto aperto; le regioni avranno il tempo necessario - mi pare dispongano di tre mesi - per esprimersi su questi criteri, che sono fondamentali per arrivare ad una scelta.
Premesso tutto questo, egregio presidente Russo, ritengo che anche noi come Commissione, per la parte che può essere conosciuta, dovremmo cercare di dare già oggi dei riferimenti agli organi di informazione perché vi siano elementi di certezza e si eliminino le confusioni e le strumentalizzazioni politiche, che sono veramente deleterie ed incomprensibili, anzi scellerate su una materia come questa.
Passando alle domande, generale Jean, quali sono i tempi che lei reputa necessari per pervenire ad una scelta definitiva e per iniziare a realizzare questo deposito? Infatti, con tutto quello che si sta facendo, che si è apprestato e che si farà nei prossimi tempi, se non si smantella, se non si crea un deposito e se non si raggiungono accordi con altre nazioni europee per alcuni tipi di rifiuti radioattivi, certamente saremo, come siamo, in una situazione di possibile grave rischio, come ha detto il professor Rubbia. Da ciò deriva l'esigenza di accelerare i tempi e di riguadagnare gli anni perduti finora. Quali saranno, dopo il parere delle regioni, gli ulteriori passaggi per arrivare alla scelta definitiva e poi alla costruzione del deposito?

DONATO PIGLIONICA. Generale, non mi appare oggettivamente ottenuta l'accelerazione che la nomina di un commissario aveva come elemento intrinseco; la nomina di un commissario con due funzioni, quella della sicurezza e quella dell'identificazione dei criteri e del sito, in termini di accelerazione e di risultati mi ha un po' deluso. È vero che il 15 giugno era una data individuata da tempo per la presentazione del risultato del lavoro del commissario, preannunciata a marzo-aprile, ma ci si aspettava probabilmente qualcosa di più di una semplice elencazione di criteri. Evidentemente la mission, strada facendo, si è un po' diluita, perché l'insorgere delle popolazioni ha consigliato sempre maggiore prudenza.
La segregazione della documentazione, alla luce di quanto è stato detto, appare inaccettabile, perché la maggior parte delle ordinanze sono pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale (non so se lei ci abbia fornito dati che non sono apparsi sulla Gazzetta Ufficiale) e soprattutto se il documento è stato consegnato alla Conferenza Stato-regioni o addirittura alla stampa. Sembriamo quella santa che chiuse il cancello della stalla dopo che i buoi erano fuggiti. Ritengo dunque che il documento possa essere consultato.
Generale, non ritiene che siano state previste molte iniziative abbastanza in contrasto tra di loro? C'è il decreto Marzano, c'è la nomina di un commissario: quale sarà la procedura? Questi lavori procedono separatamente o confluiscono? C'è un pizzico di confusione? Quante risorse sono state utilizzate finora sul fronte della sicurezza e quali sono gli interventi realizzati? Al di là degli studi e degli approfondimenti, cosa è stato realizzato in concreto per aumentare la sicurezza dei siti dove al momento è stoccato il materiale, che rappresenta il vero, grande nodo della questione che le era stata sottoposta?
Non ritiene che si configurino degli aspetti un po' conflittuali? Si può progettare un sito con costi di realizzazione e di gestione di quelle dimensioni in presenza di un provvedimento che la identifica come il gestore di questo sito? Pensa che le due cose debbano essere separate, nel senso che c'è chi realizza e poi si dà luogo ad una gara per chi gestisce questo sito nella prospettiva successiva? Forse i due momenti non andrebbero separati già ora? Non c'è nel management di Sogin anche qualche presenza che aumenta il rischio di conflitti di interesse? Mi riferisco alla presenza di rappresentanti di ministeri che sono allo stesso tempo i committenti. Si rischia di non capire più nulla. Non posso io affidare una funzione così delicata ad una società di cui poi sono uno dei componenti. Un pizzico - mi consenta l'eufemismo - un po' più di un pizzico, di confusione comincia a delinearsi. Non ritiene che forse le questioni andrebbero semplificate?

PRESIDENTE. Non ricordo ovviamente al collega Piglionica che le modalità circa la segretazione degli atti e dei documenti appartiene alla nostra valutazione.

DONATO PIGLIONICA. La riflessione deve essere da parte nostra.

PRESIDENTE. Comunque credo la definizione «riservato» sia largamente sufficiente e non comporterebbe nulla dal punto di vista della riservatezza ma solo nelle modalità di esercizio di tale riservatezza.

GIANFRANCO TUNIS. Sono nativo della Sardegna e speravo di poter tornare nella mia isola, dopo questa audizione, più sereno, con alcune certezze, che ancora non ci sono. Non sono affatto tranquillo. È stato fatto un esame di tutti i possibili problemi che possono sorgere, però oggi vorrei che il presidente della Sogin mi chiarisse una volta per tutte se rispondano al vero quelle dichiarazioni da lui rese e pubblicate dalla stampa circa la preferenza da accordare al trasporto via mare, ai fini dell'individuazione del sito, e in caso di risposta affermativa se questa sia già da intendersi come una decisione presa.
Confido molto anche nell'unica sicurezza che noi potremo avere, quella da parte della Conferenza dei presidenti delle regioni, perché credo che non vi sarà alcuna regione che accetterà tranquillamente un'ipotesi di individuazione come sito. In ogni caso, gradirei conoscere gli ulteriori passaggi che si avranno dopo il pronunciamento della Conferenza.

DONATO PIGLIONICA. Vorrei riprendere la parola per ribadire quanto ha già detto il collega Specchia: il coinvolgimento della pubblica opinione è sicuramente indispensabile, anche perché l'interesse e le discussioni sul nucleare si riaffacciano in alcune Commissioni parlamentari e in qualche passaggio del disegno di legge Marzano. Probabilmente andrebbe fatta una riflessione sulle difficoltà della gestione dei residui del nucleare, in vista di ipotesi di ripensamento in ordine al nucleare come potenziale fonte di produzione di energia.

MARCO LION. Come antinuclearista vedo che vengono al pettine i problemi sollevati diversi anni fa in Italia sulla questione, che riguarda naturalmente sia l'individuazione del sito della centrale sia la gestione del post mortem di questo sito. Infatti, anche se nel nostro territorio la produzione di scorie nucleari ha un basso impatto rispetto ad altri paesi, vediamo cosa sta succedendo in determinate aree del nostro paese.
Per questo, generale, c'è una ragione di fondo: lei è stato nominato commissario; c'è una società, anche se pubblica, di proprietà del Ministero del tesoro; adesso in aula, con il provvedimento sul riordino del settore energetico, si mette nuovamente mano a tutta la partita ridando le deleghe e dettando determinati percorsi. Il modo in cui si sta procedendo in Italia, non per sua responsabilità - io mi riferisco alle responsabilità di ordine politico di gestione della questione - è estremamente confusionario, vede sovrapposizioni e comporta difficoltà a capire dove si voglia andare a parare. Questo anche perché - è questa essenzialmente la domanda che volevo porle - io ritengo che una gestione coerente e condivisa di un problema difficile come quello delle scorie nucleari possa dare risultati positivi solamente in presenza della massima trasparenza; non credo infatti che dando un contributo economico ad un determinato territorio si riescano a superare i problemi, le difficoltà e le reazioni degli abitanti, e non penso siano i 2 milioni di euro previsti dal riordino del settore energetico a cambiare la situazione. La trasparenza significa pure che non è possibile - articolo 29 del disegno di legge - utilizzare di nuovo le procedure della cosiddetta legge-obiettivo e quindi la semplificazione della procedura VIA in un settore come il nucleare, che richiede a mio avviso un approfondimento maggiore.
Da quanto ci ha dichiarato, la Sogin inizia a racchiudere in sé importanti settori anche specialistici prima dentro altre realtà. Mi interessa molto la questione della cessione del ramo d'azienda di taluni settori dell'ENEA alla Sogin: vorrei capire esattamente di cosa si tratti. Io le illustro la mia posizione: non ritengo che debba essere una società, anche se pubblica, a gestire partite di questo genere, così come ritengo che il Parlamento e le Commissioni parlamentari, oltre alla Conferenza Stato-regioni, debbano intervenire su questioni di tale importanza. Occorrerebbe secondo me stralciare l'articolo 29 - lo dirò in aula quando ne tratteremo - e pensare ad un'agenzia nazionale sotto l'egida e con la collaborazione di realtà già esistenti (ENEA, ARPA e quant'altro), perché tutta questa mole di polemiche nasce da una dichiarazione di stato d'emergenza per problemi di terrorismo che a me lasciano molto perplesso, tanto più oggi che la guerra è finita. Ma non credo che esista solo su questo versante un problema di dichiarazione di stato d'emergenza; poiché in Italia ultimamente si va avanti a colpi di decreti, di commissari straordinari, di commissari per la protezione civile e addirittura per realizzare i passanti autostradali, e ricordando invece quanto è accaduto sulle questioni dell'emergenza (penso alla realizzazione delle carceri di massima sicurezza qualche anno fa, sempre dettata da uno stato d'emergenza, da semplificazione delle procedure e quant'altro), sono molto, molto preoccupato. Grazie.

EGIDIO BANTI. Signor generale, ho notato nella sua esposizione, della quale la ringrazio, un elemento di possibile contraddizione. Ho ascoltato con grande interesse l'elencazione dei criteri di esclusione, che mi sembrano molto precisi e tali da portare ad una scrematura notevole rispetto alle possibilità offerte dal territorio nazionale. Non sono un tecnico, ma sulla base di quei criteri di esclusione mi sembra difficile non arrivare in tempi abbastanza veloci all'individuazione di un numero ristretto di siti, anche non proprio ristrettissimo, comunque con un elemento di priorità abbastanza insito nell'applicazione stessa dei criteri.
A fronte di questo lavoro - non si può che ringraziare chi lo ha predisposto - noto invece, come ha fatto presente il collega Piglionica, un evidente allungamento dei tempi della politica. Tutta la seconda parte della sua esposizione è aleatoria quanto ai tempi, per cui sono convinto che lei non potrebbe, e non è certo sua responsabilità, indicare dei tempi precisi per una decisione; anzi, questa esposizione tende a sottolineare da parte sua alcuni elementi, con molto garbo e rispetto nei confronti dei politici, di grande incertezza. Infatti ci avviciniamo alle elezioni regionali del 2005 e a momenti in cui sarà molto difficile immaginare che la Conferenza Stato-regioni possa assumere una decisione politica in merito.
Io non voglio difendere i giornalisti, che non hanno bisogno di essere difesi da un parlamentare, ma non v'è dubbio che, di fronte all'individuazione di criteri di esclusione molto precisi, se io fossi un giornalista non avrei difficoltà ad immaginare che in qualche cassetto esista già, almeno ipoteticamente, un elenco di siti molto ristretto; ed è giusto che ci sia, se l'intenzione è quella di applicare, sulla base di una carta geografica, i criteri di esclusione come da lei indicati e che non sono cervellotici e nemmeno molto ampi, anzi sono molto precisi. I giornalisti fanno il loro mestiere, e non possiamo prendercela con loro. Occorrerebbe invece capire come si possa collegare un evidente impegno della parte tecnica con una dilatazione dei tempi della parte politica. Su questo chiederei una precisazione.
Infine, le chiedo se sia stata mai presa in considerazione l'ipotesi di una collocazione di queste scorie fuori del territorio nazionale. Grazie.

MICHELE VIANELLO. Non ho domande da rivolgere al generale, ho problemi di cui discutere fra di noi. Noi stiamo ponendo al commissario questioni che riguardano noi; lo dico con molta franchezza, colleghi. Sono abbastanza esterrefatto dall'andamento di questa audizione. Sulle possibili esclusioni, visto che c'è un provvedimento il cui esame inizia domani alla Camera e che poi sarà valutato dal Senato, è in quei luoghi che la politica deciderà.
Semmai sarebbe da discutere il fatto che il presidente della Sogin sia diventato commissario, ma non spetta a lui darci spiegazioni, spetta a chi l'ha nominato. Occorre capire in che veste ci risponda oggi; se nella sua qualità di presidente della Sogin, si tratta di un'azienda che è stata istituita per uno scopo che però non è ancora stato riconosciuto per legge, e ciò dovrebbe avvenire con il famoso articolo ex 27, oggi diventato 29-ter, se non ricordo male. Se invece risponde nel suo ruolo di commissario, gli poniamo alcune domande in questa veste, lasciando stare la Sogin, perché è incidentalmente presidente della Sogin, altrimenti non ci comprendiamo.
L'odierna audizione è stata chiesta perché la stampa ha parlato di individuazione del sito e al sottoscritto, nella sua qualità di parlamentare, interessa capire, non dalla stampa ma dal commissario, se il sito sia stato individuato. Il commissario ci ha spiegato che esistono dei criteri di esclusione e dei criteri di preferenza, ma questi ultimi non sono ancora stati concordati con la Conferenza dei presidenti delle regioni. Quando entrambi i criteri saranno definitivi, un bel computer - ho qualche dubbio che sarà il computer, ma mettiamo sia così - selezionerà, con le preferenze e con le esclusioni, otto o dieci siti. Comunque, non spetta al commissario individuare il sito, semmai lo farà il Governo.
Il tema vero, cari colleghi, è che un minuto dopo l'approvazione della legge dovrà aver termine il commissariamento, per entrare nell'ordinarietà; se resterà in piedi il commissariamento in vigenza della nuova legge, sarà veramente un problema, in quanto non si capirà bene come funziona il sistema. Allora, semmai, le contingenze su cui il commissario dovrà decidere rapidamente, in queste settimane, altrimenti sarà stato lavoro sprecato e tempo perso; si tratta più che di contingenze legate al terrorismo, è tutta una partita che si comincia adesso ma temo non sia legata solo alla guerra; probabilmente dovrà diventare uno standard di sicurezza nuovo per tutti i depositi, per il sito, ma il pericolo del terrorismo permane, guerra o non guerra. Ma lì non serve un commissario, probabilmente servono degli standard che poi dovranno perpetuarsi nel tempo.
Le tematiche sono duplici: una riguarda le scorie ed il sito unico, un'altra concerne il trattamento di una serie di altre sostanze. Qui invece il commissario probabilmente deve accelerare i tempi, perché è un tema che va affrontato rapidamente. Per questo motivo, non c'è niente da segretare nella seduta di oggi, onestamente, perché il fascicolo che ho sfogliato contiene notizie ampiamente risapute; se ci fosse stato scritto il sito, sarebbe stato diverso. Forse è l'unico modo per evitare di trovare scritto sul Gazzettino che il presidente Illy dice «non passeranno sul mio cadavere», che all'audizione di oggi siamo tutti parlamentari sardi, perché così diventa complicato riuscire a risolvere i problemi. Si renda pubblica la documentazione, si sappia che non è ancora deciso niente in questo momento e che semmai si tratta dell'individuazione di criteri di esclusione e di preferenza non ancora concordati, e poi si vedrà. L'unico dato nuovo è dato dal fatto che le isole sono rientrate e prima non c'erano, che le aree a 50 chilometri dal confine sono rientrate e prima non c'erano, quindi Illy è preoccupato, che le aree demaniali a questo punto sono all'interno della partita.
Abbiamo all'esame una proposta di legge: domani i parlamentari sardi, quando si discuterà di questo, potranno presentare un emendamento volto ad escludere la possibilità di scegliere il sito in Sardegna. È legittimo: noi alziamo la mano e votiamo, se vogliamo assumere il nostro ruolo. I parlamentari hanno un ruolo: domani discuteranno la proposta di legge. Più ruolo di quello! Si presentano gli emendamenti e si votano. Non è il generale a doverci risolvere il problema, dobbiamo risolverlo noi, amici miei. Scusate la brutalità, ma funziona così; altrimenti demandiamo tutto, ma poi non arrabbiamoci.

MARIA GABRIELLA PINTO. Commissario, vorrei sapere se risponda al vero che la nuova bozza della Commissione europea sullo smaltimento dei rifiuti radioattivi e degli elementi a combustibile e di combustibile esaurito lascia una certa libertà agli Stati membri riguardo ai tempi e alla scelta del deposito geologico dei rifiuti ad alta attività.
Un collega prima di me ha posto una domanda: si potrebbe ipotizzare, quindi, sulla scorta di questo, un deposito non in Italia, ma di trovare una soluzione tecnico-gestionale alternativa, che garantisca comunque lo stesso livello di sicurezza e protezione sanitaria della popolazione? Mi pare sia stata avanzata dalla Commissione l'ipotesi che possa essere utilizzato un deposito regionale a livello europeo localizzato in uno Stato ed utilizzato da più Stati membri confinanti. Questa è la prima domanda. Potrebbe anche essere che si proceda in questa direzione?
Mi pare di avere capito che i criteri di esclusione non siano rimasti gli stessi; infatti, come ha detto il collega Vianello, sono mutati rispetto a quelli stabiliti negli studi dell'ENEA. Vorrei sapere se ci si possa ancora riferire in qualche modo alla guida tecnica n. 26, esattamente nel punto in cui diceva che le caratteristiche idrogeologiche del sito fra le diverse aree devono essere tali da minimizzare la possibilità di lisciviazione dei rifiuti da parte delle acque sotterranee e del ritorno delle acque eventualmente contaminate in superficie e/o comunque nella biosfera. Questa è una domanda molto precisa, perché vorrei sapere se sia ancora in gioco oppure no.
Quanto alla stampa e agli articoli pubblicati, la cosa infastidisce ma non stupisce. Era nella responsabilità di chi ha partecipato alla Conferenza Stato-regioni di avere quella sensibilità istituzionale, che evidentemente a qualcuno è mancata, per evitare di far comparire irresponsabilmente sulla stampa alcuni articoli. L'Unione sarda ha pubblicato - l'avvocato Ceccarello me l'ha confermato, attraverso l'ingegner Spezia, che ha fatto una verifica su quanto pubblicato da un giornalista sardo - alcune parti (spero relativamente alla premessa) del rapporto presentato; irrita vedere che queste cose vengono pubblicate, perché poi i parlamentari sono sottoposti ad un linciaggio morale da parte di chi - organi di stampa, gente comune - accusa della non conoscenza o della scarsa partecipazione a questo problema. Non è vera l'una e non è vera l'altra: noi non abbiamo - probabilmente l'avremo fra qualche giorno - il rapporto che lei, commissario, ha presentato alla Conferenza Stato-regioni. Se questi rapporti sono segretati o riservati, questo deve essere fatto comprendere anche al destinatario primario, vale a dire alla conferenza delle regioni, perché diversamente il lavoro che voi state affrontando e che è prodromico a momenti difficili - perché naturalmente le regioni non saranno felici di accogliere dei siti nel proprio territorio - sarà ulteriormente ostacolato.
In Sardegna vi è quasi una sollevazione popolare; addirittura le parole del ministro Giovanardi, che io ho ascoltato, sono state stravolte e fraintese. Vi è un atteggiamento nei confronti di questo Governo e suo, commissario, quasi foste degli Attila; quindi, dobbiamo essere in grado di dare una corretta informazione, anche noi parlamentari - perché non è il giornalista che viene chiamato dal cittadino, ma è il parlamentare - oggi che scopriamo che non è stato identificato alcun sito. Per come è stata presentata la questione dell'isola su la Repubblica e sull'Unione sarda, addirittura siamo arrivati al Presidente della Repubblica Ciampi: più in alto di così non so dove si potesse arrivare! E non è stato ancora identificato nulla; non si è ancora arrivati ad un confronto nel merito fra lei, commissario, e le regioni; se queste sono le premesse, figuriamoci cosa succederà dopo. Altro che attacchi terroristici! Non so se abbiate ascoltato le parole dette dal ministro Pisanu, persona molto moderata, più volte e non in questi ultimi giorni. In Sardegna vi è uno stato di allarme; non c'è un terrorismo come quello che si immagina nell'opinione comune, ma l'isola è costantemente attaccata dal di dentro; le caserme dei Carabinieri sono attaccate, è attaccato qualunque tipo di istituzione. Avevamo 13 paesi commissariati da più di dieci anni, e quindi viviamo già una situazione difficilissima sotto il profilo dell'ordine pubblico.
Commissario, chiedo veramente un momento di attenzione in più, perché altrimenti gli attacchi terroristici in Sardegna non dobbiamo aspettarli da fuori, in quanto si avranno atti di terrorismo all'interno della regione; già comunque, nei confronti delle istituzioni, diversamente rappresentate, avvengono attacchi dinamitardi e quant'altro. Non abbiamo bisogno di aumentare la tensione, anzi, assolutamente il contrario. Se domani comparirà su un qualunque giornale che questo rapporto è segretato noi saremo sottoposti ad un altro calvario per un'altra settimana, perché si darà: ci sono i siti. Ci sarà un movimento di masse popolari infinito, il che non ci consentirà di lavorare serenamente, in quanto occorrerà passare il tempo a tamponare gli attacchi piuttosto che ad utilizzare la testa per pensare a quanto realmente deve essere fatto. Non possiamo passare un paio d'ore al giorno a giustificarci. Non solo, ma nascerà una pletora d'interrogazioni parlamentari, a destra e a sinistra, al ministro delle attività produttive, a quello dell'ambiente e non so a quali altri ministri, presentate al Senato e alla Camera, dalla maggioranza e dall'opposizione, tutti uniti contro questo pericolo.
Allora, commissario, la sua azione, che deve essere volta alla sicurezza, viene vista quasi come un'attività dalla quale bisogna proteggersi, e si stravolge completamente la finalità della sua operazione. Occorre dunque rimodulare il messaggio che va all'esterno. Presidente Russo, non so come verrebbe letta all'esterno la segretazione del rapporto; temo infatti la reazione. Potrebbe rappresentare per i giornalisti lo strumento per creare una sorta di enigma dal quale non usciremo per un'altra settimana. Grazie.

GIUSEPPE ONORATO BENITO NOCCO. Quella al nostro esame è una problematica così difficile che non vorrei venisse trattata come al solito, all'italiana, con i guelfi e i ghibellini, facendo gli ipocriti e volendo che tutti gli altri subiscano le scelte negative dalle quali noi siamo esenti.
Ritengo che questa Commissione abbia il dovere e l'obbligo di vigilare perché ci siano due momenti, quello tecnico, con gli organi tecnici che ci devono informare attraverso le analisi più approfondite, accurate ed obiettive possibili e poi, come ha detto il collega Vianello, quello politico. Noi abbiamo il momento politico, che significa dare gli indirizzi e fare le scelte, ma se dobbiamo risolvere il problema nell'ottica di paventare le sommosse popolari, i giornalisti, gli schieramenti politici di opportunismo, che volta per volta si riversano a difesa di cause anche non giuste o contro cause giuste, allora non abbiamo capito. Si tratta di un problema talmente delicato e serio per cui dovremmo avere fiducia negli organi tecnici; io personalmente non so molto e penso che i miei colleghi siano tutti nella stessa condizione, a meno che non ci sia un professionista del ramo. Se si nominano gli organi tecnici, bisogna averne fiducia, ed i loro risultati alla fine devono essere esaminati dalla politica; quando si faranno delle scelte non dovremo avere timore dei nostri elettori ma dovremo avere la capacità di convincere.
Io non faccio delle guerre generalizzate tra nucleare e antinucleare; ritengo che per alcuni versi abbiamo sbagliato, all'epoca, quando non abbiamo scelto il nucleare e oggi piangiamo perché la nostra economia va in prestito alla Francia. Si tratta di scelte, e quando si fa una scelta la decisione finale deve essere la risultante della tecnica e della politica, ma la politica deve scegliere senza il timore della piazza. Coinvolgere le popolazioni è la cosa peggiore: si coinvolgono gli organi eletti dalle popolazioni, vale a dire la Conferenza dei presidenti delle regioni ed i parlamentari. Ma se noi facciamo l'assemblearismo su questo argomento, non ne usciamo più.

FRANCESCO CARBONI. Concordo con la prima parte del ragionamento del collega Vianello, quando ha affermato che i parlamentari hanno i luoghi ed i tempi per una riflessione incisiva su questa materia; tuttavia dobbiamo fare anche i conti con la situazione in atto, ed oggi è quella della nomina di un commissario che sta affrontando un problema che è all'attenzione del percorso legislativo e quella di una richiesta da parte dei commissari di audizione del commissario governativo perché riferisca su una situazione che non ha più segnali di trasparenza.
Io invito il generale - ma sono convinto che l'abbia già fatto - a leggere l'Unione Sarda di questi ultimi venti giorni, che riporta in maniera circostanziata alcune delle questioni che oggi sono state esposte alla Commissione. Su questo è evidente che si innestino le affermazioni rese poc'anzi dalla collega Pinto. Noi, che istituzionalmente abbiamo il diritto ed il dovere di renderci conto di questa situazione, ci troviamo di fronte ad una condizione che ci esclude totalmente da qualsiasi conoscenza, e peraltro constatiamo - almeno io oggi lo sto facendo - che quanto è emerso su un organo di stampa trova puntuale riscontro nelle cose che il commissario ci ha detto. Credo quindi che ci sia anche un dovere ed una necessità di trasparenza in riferimento all'opinione pubblica. Certamente sono le rappresentanze istituzionali ad avere il diritto ed il dovere di gestire le scelte, ma è evidente che, in assenza di chiarezza, nel percorso queste scelte vengono in qualche modo manipolate. Non voglio con ciò attribuire a chicchessia la responsabilità della propalazione di queste notizie, ma è evidente che la Sardegna era lì e le cose che sono emerse nell'isola sono rappresentate da livelli istituzionali i quali risponderanno anche di questa situazione di disinformazione di notizie esatte.
Credo che a questo punto sia necessario dire qualcosa rispetto alla situazione precedente: alcuni criteri sono cambiati e la preoccupazione emersa sulla stampa sarda ha trovato puntuale riscontro perché nella nuova previsione vengono escluse anche le aree demaniali; e la Sardegna, ahinoi, parlamentari sardi, è la regione più ricca di aree demaniali. Le deduzioni che sono state fatte sui giornali sono giuste, logiche ed evidenti in riferimento ai nuovi criteri che sono stati stabiliti.
Quindi l'invito che rivolgo, per la strada che ancora rimane da fare, è quello di dare trasparenza ai lavori svolti soprattutto in sede di Conferenza Stato-regioni e comunque di mettere i parlamentari a conoscenza della situazione, il che non può essere negato. Davvero oggi ci siamo trovati, nella riflessione - giustissima - da parte del presidente, che ha riunito la Commissione, a discutere sulla segretazione o meno di un documento che ormai è di pubblica conoscenza e che sta suscitando, proprio perché non vi è una testimonianza di paternità e di certezza da parte di chi dovrebbe darla, notevoli apprensioni.
Inoltre, chiedo se vi sia una dimensione della consistenza degli interventi; i siti che verranno individuati saranno dimensionati al materiale che dovranno ricevere e garantire e quindi credo che anche sotto questo profilo ci debba essere maggiore chiarezza sul percorso che l'attività commissariale e quella istituzionale e regionale stanno compiendo. Penso non si possa non considerare, anche da parte del commissario, che in una regione che in base ai precedenti criteri era esclusa per l'insularità e oggi invece è compresa, vi è una presa di posizione che non è quella della diffusione della protesta popolare ma che è totale a livello istituzionale locale. Oltre la metà dei sindaci dei 300 comuni della Sardegna, per quel che può valere a livello effettivo e giuridicamente apprezzabile e rilevante, ha assunto già posizioni precise in riferimento a questo problema.

BENITO SAVO. Vorrei svolgere alcune brevissime considerazioni. Innanzitutto, quanto al segretare o meno questa documentazione, si tratta di un argomento delicatissimo e la gente ha bisogno di affermazioni certe. Alla luce di quanto si è verificato sul territorio italiano, ed in particolare in Sardegna, non possiamo permettere che avvengano delle sommosse che si basano su congetture, le meno esatte possibili e le più arbitrarie, che creano danni al Governo che noi sosteniamo. Quindi, sarei per la non segretazione.
Inoltre, ritengo che occorra confrontarsi con l'opinione pubblica sull'obiettività dei parametri di esclusione. Io posso essere di Trieste o di Palermo, conosco il mio territorio e lo raffronto con quello delle altre regioni: così forse si può stabilire che i criteri adottati in questo momento sono obiettivi. Quindi, occorre mettere l'opinione pubblica a conoscenza del punto al quale siamo arrivati, vale a dire dei parametri di esclusione; la gente si raffronta con tali parametri ed ognuno comincia a fare i dovuti confronti e le dovute rappresentazioni per la loro accettabilità o meno. Tra l'altro, come abbiamo sentito, prima i parametri erano alcuni ed ora sono altri, taluni territori prima esclusi ora sono inclusi e via dicendo.
La fase successiva è il confronto politico. Qual è il problema? Noi abbiamo la sede per il confronto politico. Alla luce di parametri di esclusione che siano il più possibile obiettivi, ragioneremo nella sede propria, dove il risultato tecnico si confronta con l'equilibrio politico, ed allora forse avremo reso un servizio, in questa Commissione ed altrove, all'informazione, all'opinione pubblica e alla tranquillità dei cittadini, altrimenti quello che oggi accade in Sardegna domani si verificherà in Calabria o in Lombardia.
Generale, le premetto che questa confusione è stata la causa del rallentamento della regolarizzazione di rifiuti ben più semplici di quelli di cui stiamo trattando. La non chiarezza sulla scelta dei siti e su certi parametri obiettivi hanno costituito una difficoltà anche per lo smaltimento dei semplici rifiuti solidi urbani; si immagini, in proporzione, la delicatezza di questo problema che si trascina da tanto tempo, una realtà con la quale purtroppo dobbiamo confrontarci, ma ritengo che lo si debba fare alla luce del sole, con equilibrio e determinazione. È questo infatti che la gente si aspetta: non congetture, non nebbie, a danno di questo o di quel governo, in questo caso dell'esecutivo che sosteniamo noi.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola al presidente Jean, vorrei fare un po' di chiarezza in ordine al problema della segretazione e della riservatezza. La proposta di segretazione da me formulata si riferiva ad un documento che ignoravamo; avendo avuto la possibilità di consultarlo, si è riscontrato che non esiste alcun profilo di segretezza rispetto all'oggetto - perdonatemi se esprimo una volgarità - «pruriginoso» della questione in esame, non contenendo alcuna indicazione specifica o dilemmatica rispetto ai siti.
Vorrei solo farvi valutare l'opportunità di segretare l'ultimo capoverso di pagina 6, dalla parola «beninteso» in poi, dove si fa riferimento ai criteri di cautela rispetto alle aree esistenti, ed anche rispetto a condizioni di carattere di criticità sul piano del terrorismo internazionale. Questo non precluderebbe comunque la possibilità dei commissari di leggere le righe interessate. Tutto il resto mi pare utile per una valutazione e per un approfondimento.
Mi permetto di accogliere l'indicazione della collega Pinto anche rispetto alla preoccupazione che si potrebbe ingenerare all'esterno in ordine a considerazioni che noi invece abbiamo fatto con la massima serenità.
Commissario Jean, vorrei capire se abbiamo inteso il percorso: la Commissione già in altra sede si è ripetutamente espressa sull'esigenza di operare una scelta, e dal 1968 ad oggi si è tentato di farla. Noi abbiamo detto che è certamente meglio avere una scelta, ovviamente con i caratteri ed i criteri di assoluta tutela nei confronti della salute dei cittadini e dell'ambiente, rispetto alla moltitudine di siti oggi esistenti, che non possono garantire la massima sicurezza per la tutela dei cittadini e della loro salute. Certamente è meglio una scelta saggia, intelligente e coinvolgente rispetto ad una decina di siti con un'appena sufficiente sicurezza.
L'ordinanza prevede un percorso, se ho ben compreso, quello della predisposizione di uno studio, volto a definire le soluzioni idonee, di intesa con la Conferenza dei presidenti delle regioni, intesa che mi pare ad oggi non esservi ancora.
Vorrei che la Commissione acquisisse lo studio presentato; mi permetto di chiederlo formalmente alla Sogin e, se sarà necessario, lo faremo nei modi e nelle forme dovute, in quanto ritengo sia utile che la Commissione ne disponga.
Giacché questo non è chiarito nell'ordinanza, generale, le chiedo quali siano i tempi dell'intesa sui quali si sta ragionando. Mi permetto di dire questo partendo dal presupposto che dal 1968 ad oggi non si è fatto nulla o si sono tentati tanti studi che hanno prodotto il nulla (gli studi Cenerini, Barberi, ANPA, ENEA e così via). Qual è la tempistica che si ipotizza ragionevolmente?
Ho sentito ripetute domande e ho letto notizie sulla stampa circa l'ipotesi di nostre scorie fuori dal territorio italiano. Prendetela come una considerazione personalissima, non può essere diversamente, non essendosi la Commissione espressa su questo, ma ho qualche perplessità a pensare che esista un paese più moderno del nostro che accolga con spirito di straordinaria solidarietà le scorie del nostro e - immagino - anche di altri paesi, soprattutto quando un percorso del genere viene fatto fuori dell'Unione europea o addirittura fuori dell'Europa. Occorre una riflessione su questo da parte dei paesi industrializzati, i quali devono avere la capacità di trattare gli altri meno industrializzati e meno fortunati di loro con pari dignità: non si tratta solo di fornire ristori sul piano economico tali da determinare una certa accondiscendenza ad accogliere le nostre scorie, si tratta di garantire la tutela della salute umana e dell'ambiente. In questo senso mi permetto di domandare al generale Jean quale sia il percorso avviato, anche alla luce di quanto abbiamo ascoltato in questa Commissione dal professor Rubbia, circa la collaborazione su un'iniziativa posta in campo tra il nostro paese e la Russia sul riprocessamento di scorie nucleari.

CARLO JEAN, Presidente della Sogin. Ringrazio tutti per le osservazioni e i quesiti che sono stati posti nonché per i suggerimenti, di cui evidentemente terremo doverosamente conto; infatti ritengo siano state dette cose molte interessanti.
Quanto al problema della segretazione, mi sono permesso di chiederla al presidente perché vi è una frase che rappresenta la realtà: grandi parti del territorio nazionale sono a rischio, ma a rischio veramente notevole, di cui si è già accennato nel rapporto della Conferenza Stato-regioni, il rapporto Cenerini. Gli impianti sono diventati vecchi, il trattamento del ciclo combustibile si è arrestato, anziché proseguire per vetrificare e solidificare il combustibile; ci sono combustibili allo stato liquido che presentano problemi.
Ho letto le preoccupazioni espresse dal presidente Illy, che dovrebbe proporre agli abitanti del Friuli di prendere un ombrello, perché se avviene qualcosa di grosso in Piemonte o in Lombardia a Trieste dovranno girare con l'ombrello. Il problema è difficile da risolvere politicamente, perché ci sono alcuni in condizioni di rischio, ma di rischio veramente elevato, che investono intere parti del territorio nazionale. Quando il professor Rubbia parla di eventi catastrofici si riferisce ad eventi che sono veramente tali; ho chiesto di segretare questa parte perché non vorrei provocare il crollo delle compagnie di assicurazione e disinvestimenti in intere aree. Il rischio attuale - perché purtroppo non ci sono né processioni, né spiriti santi, né fate turchine che possano diminuirlo - deve essere confrontato con una situazione di difficoltà psicologica ad accettare qualcosa che tutti gli altri paesi già hanno.
Il presidente ha parlato di tutela della salute e dell'ambiente: a mio avviso non sono questi i problemi e gli inconvenienti che un deposito nucleare può provocare; gli inconvenienti sono la non utilizzazione del suolo ed altri di carattere psicologico, perché la radioattività liberata sull'ambiente e sulla popolazione è dell'ordine di un duemillesimo rispetto a quanta ne assorbiamo ogni anno dai raggi cosmici (sono proprio i limiti che vengono considerati, circa un millesimo, praticamente zero).
L'invito che noi abbiamo rivolto al presidente del Piemonte, che presiede la Conferenza dei presidenti delle regioni, è di recarsi con qualche suo collega a visitare i siti in Spagna, in Francia, in Svizzera, in Belgio, in Olanda, in Germania, in Ungheria, in Inghilterra e così via; a mio avviso in questo modo il problema verrebbe sdrammatizzato con una reale conoscenza dei depositi nucleari, che secondo me è estremamente carente perché esiste una forte emotività rispetto al problema, che in parte è giustificata ma che scomparirebbe confrontando gli scenari di quanto potrebbe capitare. È chiaro che poi si può adottare un atteggiamento fatalistico, inshallah, e tirare a campare. Cosa aspettiamo a fare il deposito, che occorra sgomberare qualche paio di milioni di persone? Aspettiamo di avere intere parti del territorio nazionale che diventano inabitabili per anni e anni?
Secondo me è questo il punto su cui va presa una decisione, che non può essere tecnico-scientifica. Noi dovevamo semplicemente elaborare uno studio, d'intesa con i presidenti delle regioni, sui criteri da adottare; una volta che abbiamo avuto le idee su questo studio, li abbiamo chiamati per dir loro: noi vorremmo fare lo studio in questa maniera; lo facciamo insieme? Lo facciamo noi e poi ve lo sottoponiamo? Abbiamo deciso così e glielo abbiamo mandato nei tempi previsti. Vi è stato un minimo ritardo per l'assenza del presidente di una regione; doveva essere mandato il 13 e poi è stato mandato il 17, ambedue date forse infauste.
Quanto al problema della stampa, qualcuno ha immaginato l'utilizzazione di alcune miniere piene d'acqua della Sardegna; avrebbero potuto immaginare che utilizzassimo piazza San Pietro? Si può essere scemi, non ho alcuna difficoltà ad ammettere determinate limitazioni, tanto più che sono di Cuneo, ma come può saltare in mente ad un professore universitario di parlare del sospetto delle miniere? Nelle miniere di sale in Germania orientale l'hanno fatto, ma le miniere di sale in Germania orientale non hanno 100-120 metri d'acqua. Veramente occorre una certa fantasia, oppure qualcuno ha approfittato della bontà di una meravigliosa produzione sarda, quella della Vernaccia, nel senso che ne ha bevuto un po' troppa e ha cominciato ad immaginare cose strane.
Signor presidente, se guardiamo al modo in cui è stato montato il caso Sardegna è interessantissimo vedere l'impiego della teoria del sospetto, sistematico, una cosa addirittura folle. È interessantissimo perché praticamente uno ne parla, l'altro lo riprende e contraddice il primo, poi c'è l'escalation e si creano quelle che si chiamano le onde zumami dell'opinione pubblica, che sono tipiche delle onde di emergenze comunicative, come vengono definite. Ritengo sia un fenomeno da studiare.
Il senatore Specchia mi ha chiesto dei tempi necessari: abbiamo mantenuto il nostro tempo di marcia sottoponendo il documento alla Conferenza dei presidenti delle regioni, che non ha tempi stabiliti per legge se non quelli che può decidere autonomamente per esprimere l'intesa oppure per dare suggerimenti o per discutere con noi su come modificare lo studio. Mi hanno parlato di uno o due mesi, ma poi certamente saranno fatte delle osservazioni, per mettere a punto i criteri di preferenza cercando di renderli il più oggettivi possibile rispetto ad una necessaria soggettività; i presidenti delle regioni dovranno stabilire come aumentare quest'oggettività rispetto ad una necessaria soggettività dei criteri di preferenza, molto verosimilmente attraverso un'incorporazione di scienziati o tecnici esperti o responsabili politici delle regioni nel gruppo di lavoro, per definire esattamente per esempio il criterio con cui si valuta il rischio del trasporto. Possiamo chiedere ad esperti internazionali.
Ad ottobre dovremmo avere una serie di siti possibili, che devono essere scelti dal Governo, d'intesa con enti locali, regioni e così via, perché la scelta del sito potenziale (in quanto facendo uno screening non si può andare molto a fondo, soprattutto nelle prospezioni di carattere geologico) avverrà anche in dialogo con le regioni ed i comuni, tenendo conto delle misure di accompagnamento che verranno necessariamente previste e che - mi permetto di aggiungere - non sono per la diminuzione del rischio della vita di un deposito, ma sono per la diminuzione dell'utilizzazione del suolo, che sicuramente comporta un danno emergente ed un lucro cessante che dovrà essere stabilito dal Governo con gli enti locali. Successivamente avverrà la scelta di uno oppure di una serie di siti in priorità, vale a dire la conferma o meno delle priorità che sono state previste. Questa conferma darà luogo, un sito per volta, all'effettuazione di prospezioni di carattere geologico; per esempio, sono preferibili le lenti di argilla molto profonde, e per fortuna nel nostro paese abbiamo delle zone con lenti di argilla profonde anche chilometri, come ho appreso dai tecnici che hanno predisposto questi studi. Si dovranno fare dei sondaggi per verificare se esistano delle infiltrazioni di sabbia in mezzo all'argilla, per verificarne la tenuta; la progettazione dovrà tenere conto per esempio di misure ingegneristiche tali da correggere determinate imperfezioni naturali. Si tratta di tempi di prospezione e di progettazione dell'ordine di almeno un anno e mezzo, stando all'esperienza degli altri paesi.
Quanto ai tempi di realizzazione, ci vorranno almeno due anni, ma molto dipende dal tipo di realizzazione per cui si opta. Se per esempio viene scelto un deposito superficiale, man mano che si creano i bunker (praticamente si fanno dei bunker corazzati dopo aver effettuato tutto il drenaggio, tutti i circuiti di controllo e così via) si può cominciare a mandare materiale di demolizione del decommissioning delle centrali e degli impianti nella zona. Per quanto riguarda invece un deposito elicoidale, si può cominciare a caricare solo quando è terminato; di conseguenza, ci sarà sicuramente un rallentamento e dovranno essere adottate delle misure transitorie per accumulare il materiale di demolizione in siti delle stesse centrali e impianti nucleari, però con molta cautela in quanto si rischia di aumentare la criticità dell'impianto. È chiaro che la priorità è la protezione dei lavoratori, dei cittadini e dell'ambiente, anche per il semplice motivo che nessuno vuole andare in prigione. Un certo rallentamento a mio avviso è più teorico che reale, in quanto abbiamo accelerato al massimo; ho menzionato gli ingegneri Giulianelli, Cesari, Ortis e Agricola proprio in quanto hanno compiuto degli sforzi enormi.
Voi sapete che, stando alla nostra ordinanza, dobbiamo chiedere comunque il parere APAT, quando mettiamo mano ad un impianto o ad un'installazione nucleare, parere emanato in trenta giorni, qualora non siano necessarie ulteriori istruttorie; lo stesso parere della commissione VIA non è aggirabile, in quanto si tratta di una legislazione europea recepita nell'ordinamento italiano e quindi tale parere deve essere assolutamente rispettato. Di conseguenza, noi siamo vincolati all'emergenza, però mentre prima per ottenere un'autorizzazione aspettavamo due anni, grazie a quell'accordo di collaborazione istituzionale oggi pensiamo di averlo in centottanta giorni. Comunque, non si può andare allo sbando, trattandosi di un certo tipo di materiale.
Per quanto riguarda l'osservazione dell'onorevole Pinto, sì, l'articolo 26 - i tecnici me lo hanno confermato - è Vangelo. Onorevole, le sue osservazioni sono molto acute e dimostrano che lei è informata della situazione. In realtà di depositi dovrebbero essercene due: uno ingegneristico, per i materiali di seconda categoria, ed uno geologico, per i materiali di terza categoria ed il combustibile irradiato, purché condizionato in cask, in contenitori di lunga durata. La direttiva della Commissione europea della signora De Palacio si riferisce al deposito geologico, che è difficilissimo realizzare; in pratica al mondo ne esiste solamente uno certificato, quello di Yucca Mountain negli Stati Uniti, e i costi per gli studi per crearlo sono ammontati a 12 miliardi di dollari; è chiaro che i paesi europei che hanno poco materiale hanno interesse a costituire dei pool per costruirne uno solo, ed è questo il motivo della modifica della direttiva europea precedente, che vietava il trasferimento definitivo di scorie nucleari prodotte da centrali di potenza in altri paesi, mentre invece era ammesso per esempio per la parte radiologica, medica e così via, ma non per la parte di combustibile di terza categoria.
Quando noi parliamo di accantonamento, come nel rapporto Cenerini in cui si parla di accantonamento di materiali di terza e di combustibile temporaneamente presso il deposito dei materiali di seconda, si è in vista l'applicazione di questa direttiva di carattere europeo che consente di creare depositi geologici. Noi cerchiamo di mandare il materiale più pericoloso, il combustibile, immediatamente in Unione Sovietica; mi fa piacere che la Commissione abbia ascoltato il professor Rubbia sull'ADS, che è fortemente sostenuto dalla Sogin in campo sia nazionale sia internazionale; è un must per la tecnologia e l'industria italiana. L'ADS offre alla Russia delle condizioni di collaborazione tecnologico-scientifico-industriale che non solamente assorbono per dieci anni circa 300 scienziati ed ingegneri nucleari ma consentono di superare determinate difficoltà che adesso nella Duma, sia nazionale sia a livello locale, della Federazione russa incontra l'attuazione della legge che autorizza le importazioni in Russia di combustibili. La Russia negli ultimi tempi ha aumentato del 4-5 per cento annuo il prodotto interno lordo; migliorando il tenore di vita, sono sorte preoccupazioni di carattere ecologico e così via.
Quanto alle osservazioni dell'onorevole Lion circa ENEA e FN, in realtà quello che transita alla Sogin è finanziato con l'aliquota 2 della tariffa elettrica; sono gli impianti del ciclo di combustibile che l'ENEA ha ereditato dall'AGIP nucleare, quegli impianti che facevano sia la produzione del combustibile (FN) sia il riprocessamento del combustibile (Eurex, Itrec), nonché depositi particolari tipo celle calde e plutonio di Casaccia, oppure il deposito Nucleco, sempre di Casaccia, in cui però è conservato materiale ENEA derivante anche dal ciclo di combustibile. Di conseguenza l'ENEA mantiene la sua ragione sociale completa, concentrandosi in campi come quello delle energie alternative e quello che sembra notevolmente producente da un punto di vista di tutela dell'ambiente e della salute pubblica, senza produzione di CO2, evidentemente pagando il giusto ed onesto costo. Infatti l'energia eolica costa all'incirca 60-70 volte quella nucleare. Le produzioni a forte consumo di energia non troveranno posto in Italia, ma in questo caso si tratta di una scelta politica; se i politici decidono di fare così, se i cittadini rappresentati dai politici eletti dal popolo decidono di fare una determinata cosa, è chiaro che si tratta di una scelta che merita ogni rispetto, in quanto si deve tener conto dei vantaggi ma anche degli svantaggi.
Mi dispiace che l'onorevole Piglionica abbia avuto l'impressione che l'accelerazione non sia stata ottenuta. In realtà noi abbiamo ottenuto le autorizzazioni, per operazioni da svolgere nelle centrali, che giacevano da un anno e mezzo, due anni; per esempio, per quanto riguarda la diga sul Po di Trino, quella che provocava le esondazioni nella zona, ne è stata autorizzata la distruzione ed inizieremo i lavori quanto prima; gli scambiatori di calore della centrale di Latina, che sono piuttosto pericolosi per la stessa incolumità di Roma, sono stati autorizzati in tempi ragionevolissimi; abbiamo realizzato tutte le strutture necessarie per bloccare un camion; valutiamo, insieme al Ministero dell'interno, il modo di proteggere le strutture anche da cadute di aerei, fermo restando che se l'aereo è grosso non lo ferma nessuno. Non possiamo fare delle centrali con delle cupole corazzate sopra. Un aspetto particolarmente importante per l'accelerazione dei tempi è il fatto di aver convinto l'Ansaldo-Camozzi a comprare la licenza di produzione dei cask, che stanno andando a ruba in tutto il mondo, per cui non si trovano sul mercato e che sono fabbricati in Europa soprattutto da una ditta tedesca che li produce nella Repubblica Ceca. Questi nuovi cask non possono essere costruiti molto rapidamente perché devono essere certificati da un punto di vista della sicurezza; i cask che la Sogin ha approvvigionato - noi raggiungeremo il break even per questi cask anche con le esportazioni in Russia nel programma Global partnership cui ho prima accennato - saranno disponibili a partire dal giugno 2004, ma è sempre meglio il 2004 che il 2007, come era previsto. Questa è l'accelerazione. Purtroppo, come vi ho detto, facciamo il possibile, anzi in un certo senso abbiamo provocato anche reazioni negative.
Quanto all'osservazione circa le presenze conflittuali nella Sogin, a mio avviso ci sono rappresentanti di altri ministeri...

MICHELE VIANELLO. Generale, mi consenta: il problema non è la presenza nella Sogin, è che il soggetto è anche il suo vicecommissario. Il problema è che sia vicecommissario, non che sia in Sogin, perché quando diventa vicecommissario qualche problema si pone.

CARLO JEAN, Presidente della Sogin. Lo considero l'augurio di non finire sotto una macchina. Comunque, è commissario vicario. Essendo nominato commissario il presidente della Sogin ed essendo tutta l'operazione finanziata con i soldi Sogin, se mi investe una macchina, facendo i debiti scongiuri, chi può utilizzare i soldi della Sogin?
Mi dispiace che qualcuno sia venuto qui per avere certezze. È chiaro che io non posso dare certezze escludendo una regione. Come faccio? A parte il fatto che non posso farlo io ma lo devono fare d'intesa i presidenti delle regioni, se una regione o una provincia, a parte questi criteri, viene esclusa perché ha dato troppo alla nazione, quella è una decisione politica. Se le regioni si mettono d'accordo, sono contentissimo. Sento il dovere etico di diminuire il rischio per la grossa parte del territorio nazionale e per gran parte della popolazione, ma una volta che il rischio è diminuito e la sicurezza è garantita, utilizzando un'espressione che vige in campo militare, «saluto bandiera e bacio colonnello».

GIANFRANCO TUNIS. In pratica è da preferire l'utilizzazione della via marittima.

CARLO JEAN, Presidente della Sogin. Le preferenze chiaramente sono per una zona baricentrica rispetto all'esistenza delle scorie, e se poi si riesce a non cambiare mezzo di trasporto, tanto di guadagnato. Che però la via marittima sia perfettamente sicura è dimostrato dal fatto che addirittura per trasferire materiali dall'Inghilterra del sud all'Inghilterra del nord per il riprocessamento si utilizza la via marittima. L'esclusione non era dovuta alla pericolosità della via marittima, anche perché si tratta di navi speciali, che tra parentesi stiamo costruendo per la Russia nell'ambito del programma Global partnership: sono provviste di contenitori per trasportare motori di sottomarini, evidentemente nella speranza che non vadano a finire nell'artico. È comunque un criterio di preferenza e non di esclusione.
Quanto ai problemi della trasparenza e della pubblicità, sono perfettamente d'accordo: l'articolo 29 provvede a questo riguardo attribuendo un milione di euro nell'Agenda 2003, due milioni nel 2004 e due nel 2005, che verranno riportati nella prossima finanziaria ed estesi al 2006 proprio per l'azione di informazione. Abbiamo avuto un problema: noi utilizziamo i soldi della tariffa elettrica e quindi l'autorità ci deve autorizzare; noi siamo autorizzati ad accelerare le attività, a lungo andare sarà un risparmio, però nell'ambito della ragione sociale per cui l'autorità rappresentante dei consumatori dell'energia elettrica ci dà i soldi. Perché non abbiamo fatto una campagna di informazione sul deposito? Perché abbiamo ottenuto solamente la copertura degli studi relativi al deposito a valere sul costo del conferimento a carico di Sogin. D'altra parte, non potevamo certo metterci a far concorrenza in ordine all'informazione con i presidenti delle regioni.
I dirigenti apicali della Sogin non hanno ricevuto copia del rapporto e se ne sono doluti grandemente; sono andato a consegnarlo personalmente al presidente Ghigu, il quale mi ha detto di mandarne una copia alla Conferenza Stato-regioni, una copia per regione, alla segreteria della Conferenza dei presidenti delle regioni, e io l'ho fatto. La Commissione chiede di avere copia del rapporto, e non è necessario formalizzarla; è sufficiente la richiesta del presidente, che sarà soddisfatta entro questa sera.

MARCO LION. Il rapporto non sono le 18 paginette dei criteri, ma è composto da due faldoni di materiale, a quanto ne so.

CARLO JEAN, Presidente della Sogin. Il rapporto è questo che ho di fronte, poi ci sono le paginette sui criteri di valutazione, di preferenza, la flowchart con le procedure da seguire (capitoli 10 e 11 del rapporto). Ho avuto una richiesta formale da parte del presidente di questa Commissione, e consegno la documentazione perché devo ubbidire al Parlamento. Se il Parlamento chiede alla Conferenza dei presidenti delle regioni la diffusione a tutti del rapporto, penso che la Conferenza ci darà un colpo di telefono per dirci di stamparne altre copie, ma oltre questo, forse anche per delicatezza nei confronti della Conferenza, non è il caso di andare.

PRESIDENTE. Ringrazio il generale Jean, che ci ha fornito una serie di elementi che io ritengo di chiarezza, anche quelli tesi a spiegare che la chiarezza dovuta ancora non esiste, perché la questione è in itinere. Lo ringrazio per la cortesia di aver accolto il nostro invito e per la puntualità delle indicazioni che ci ha offerto e temo che questa non sarà l'ultima volta che lo disturberemo; infatti utilmente abbiamo colto quest'occasione anche nei tempi giusti per evitare anche dal punto di vista informativo una serie di elementi tesi a disinformare piuttosto che ad informare. Grazie.