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Seduta del 16/4/2003


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Audizione del dottor Giorgio Gavelli, direttore «Protezione e sviluppo dell'ambiente e del territorio» dell'ENEA e dell'ingegner Maurizio Coronidi, funzionario dell'ENEA.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del dottor Giorgio Gavelli, direttore «Protezione e sviluppo dell'ambiente e del territorio» dell'ENEA e dell'ingegner Maurizio Coronidi, funzionario dell'ENEA.
L'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha convenuto sulla opportunità di procedere ad una serie di audizioni in merito alle problematiche inerenti la definizione normativa della nozione di «rifiuto». Ricordo che la Commissione ha già ascoltato su tale materia i rappresentanti di Greenpeace, dell'UNI (Ente nazionale di unificazione) e di Ambiente Italia.
L'audizione del dottor Giorgio Gavelli, direttore «Protezione e sviluppo dell'ambiente e del territorio», e dell'ingegner Maurizio Coronidi dell'ENEA, potrebbe costituire un utile contributo al fine di acquisire dati ed elementi informativi sulle problematiche che afferiscono alla questione della esatta definizione giuridica della categoria dei rifiuti.
Nel rivolgere un saluto ed un ringraziamento per la disponibilità manifestata, do la parola al dottor Gavelli e all'ingegner Coronidi, riservando eventuali domande dei colleghi della Commissione al termine del loro intervento.

GIORGIO GAVELLI, Direttore «Protezione e sviluppo dell'ambiente e del territorio» dell'ENEA. Vorremmo esprimere un ringraziamento al Presidente della Commissione bicamerale d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti, ed alla Commissione tutta, per aver invitato l'ENEA a questa audizione su di una tematica di grande interesse per l'opinione pubblica ma anche di forti contenuti e risvolti tecnici, tecnologici e gestionali.
Crediamo sia opportuno, benché l'ENEA sia un ente a vocazione tipicamente tecnico-scientifica, la cui missione si attua principalmente nel campo della ricerca e dello sviluppo tecnologico, premettere una breve considerazione sulla normativa afferente alla gestione dei rifiuti e, in particolare, sulla questione inerente alla definizione di rifiuto ed alla distinzione fra rifiuto e «non rifiuto» (inteso come materia prima secondaria).
Sulla definizione di rifiuto si è aperto, all'interno dell'Unione europea, un dibattito che affonda le sue radici negli anni. La questione presenta forte implicazioni sia per la salvaguardia e la tutela della salute e dell'ambiente, che è il principio informatore di tutta la normativa in materia di rifiuti, sia per gli aspetti connessi ad una


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corretta ed efficiente gestione del ciclo dei rifiuti, rispetto alla quale risulta necessario garantire agli operatori del settore la chiarezza della norma, la certezza del diritto, la trasparenza e l'applicabilità delle procedure.
La direttiva-quadro sui rifiuti 75/442/CEE, come modificata dalla direttiva 91/156/CEE, istituisce un Comitato per l'adattamento della normativa comunitaria in tema di rifiuti allo sviluppo tecnico; nell'ambito di tale Comitato la discussione ha evidenziato, a più riprese, la necessità di pervenire ad una più chiara interpretazione della definizione di rifiuto, stante anche l'evidenza che alcuni Stati membri hanno introdotto delle specifiche o delle definizioni addizionali o complementari nella propria normativa interna.
Le questioni sul tappeto, relativamente alla definizione di rifiuto, sono sostanzialmente riconducibili alla duplice necessità: di individuare, da un lato, quando viene generato un rifiuto, ossia quando il rifiuto comincia ad esistere come tale: è da tale punto che subentra la normativa sui rifiuti, finalizzata a garantire, mediante procedure autorizzative e di controllo, un elevato livello di protezione dell'ambiente e della salute; di definire, d'altra parte, quando un rifiuto cessa di essere un rifiuto, in quanto è stato sottoposto ad una o più operazioni di recupero che hanno prodotto una materia prima secondaria, avente caratteristiche merceologiche del tutto comparabili alla materia prima equivalente.
A nostro giudizio l'individuazione di questi due punti può avvenire mediante una analisi tecnica, condotta caso per caso, flusso per flusso, partendo da alcuni casi esemplari, che permetta come primo risultato l'approntamento di standard specifici per tali «casi studio» e che, in prospettiva, conduca alla definizione di linee guida di valenza generale, che indichino metodologie, criteri, procedure e parametri per la valutazione (tecnica, ambientale ed economica) della sussistenza di condizioni tali da prefigurare l'esistenza, o meno, della fattispecie «rifiuto».
Il lavoro di individuazione di caratteristiche tali da «consentire» che un materiale, o meglio una materia prima secondaria (MPS), perda la sua caratteristica di rifiuto, deve, a nostro giudizio, cominciare dalla analisi dei flussi di materiali ben individuati quali: carta, vetro, legno, acciaio, plastica, gomma, tessili.
Si tratta di materiali che presentano elevata riciclabilità ed intrinseca non pericolosità, ed i cui quantitativi avviati a riciclo sono piuttosto rilevanti.
Per questi flussi riteniamo sia opportuno, laddove mancanti o carenti, definire standard merceologici di qualità e caratteristiche tecniche e/o commerciali che garantiscano l'idoneità di impiego della materia prima secondaria per definite destinazioni d'uso.
Le norme tecniche potrebbero «appoggiarsi» su norme o specifiche esistenti, quali ad esempio le norme UNI-EN 643 per la carta, o le norme CECA o AISI per il ferro, ed essere sviluppate a livello nazionale, o meglio ancora comunitario, con riferimento specifico alle materie prime secondarie.
L'ENEA è pronto e disponibile a fornire il proprio contributo tecnico-scientifico, di supporto alla pubblica amministrazione ed agli altri soggetti istituzionali, ed in collaborazione con gli operatori industriali.
Sulla base delle metodologie e dei criteri sviluppati relativamente ai citati «casi esemplari» si ritiene auspicabile, in una seconda fase, pervenire a linee guida, di valenza generale, che costituiscano uno strumento tecnico per l'analisi dei flussi di materiali/rifiuti mediante l'individuazione di standard di qualità, quali la purezza del materiale, la presenza di contaminanti, le specifiche e/o i limiti inerenti al flusso quali-quantitativo, le possibilità di descrivere e controllare il trattamento a cui il materiale è sottoposto, l'idoneità tecnica ed ambientale del suo utilizzo.
Riteniamo anche opportuno sottolineare che l'esigenza di pervenire ad una individuazione tecnica, se non ad una vera e propria definizione normativa di materia prima secondaria, rientra a pieno titolo


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nelle finalità della direttiva-quadro sui rifiuti, la quale dispone che gli Stati membri adottino «le misure appropriate per promuovere il ricupero dei rifiuti mediante riciclo, reimpiego, riutilizzo o ogni altra azione intesa a ottenere materie prime secondarie».
Manca peraltro, a livello comunitario, una definizione di materia prima secondaria.
L'elaborazione di specifiche tecniche per le MPS, appena abbozzata nell'ambito delle caratteristiche dei prodotti e delle materie prime secondarie individuate dal decreto ministeriale 5 febbraio 1998 (che disciplina il recupero di rifiuti in procedura semplificata) dovrà ovviamente tenere in conto: a) dell'effettivo livello di rischio che può derivare per la tutela della salute e dell'ambiente in termini di possibilità di una non corretta gestione e di entità delle relative conseguenze - non possono, cioè, essere individuate come MPS tutte quelle sostanze ed oggetti che, qualora fossero abbandonati nell'ambiente, determinerebbero un danno o un elevato rischio per la salute e l'ambiente -; b) del fatto che l'esigenza dei controlli sulle destinazioni finali delle MPS possa essere soddisfatta, limitando l'individuazione come MPS solo a quei materiali che presentano basso rischio per la salute e l'ambiente, attribuendo esplicitamente al detentore/produttore la responsabilità dell'effettivo ed oggettivo utilizzo delle MPS in un ciclo produttivo, e rimanendo comunque applicabile alle MPS la disciplina dei rifiuti se il detentore se ne disfi o decida di disfarsi delle stesse; c) della richiesta del mercato, cioè della remuneratività nel suo complesso dell'operazione di recupero e riutilizzo delle MPS.
Un ulteriore, successivo passo nella elaborazione tecnica in materia di standard e di specifiche riconducibili alla definizione di rifiuto ed alla individuazione delle materie prime secondarie può utilmente essere imperniata proprio sul citato decreto ministeriale 5 febbraio 1998.
Tale norma tecnica, che disciplina il recupero di rifiuti in procedura semplificata, costituisce, nei fatti, un ponte fra il «rifiuto» e la «materia prima secondaria», nel senso che definisce, per ciascuna tipologia di rifiuto individuata, le caratteristiche del rifiuto, le operazioni di recupero a cui sottoporlo e le prescrizioni tecniche connesse a ciascun tipo di attività, le caratteristiche del prodotto o della materia prima ottenuta.
Il suddetto decreto, che è in realtà una norma tecnica, presenta una elevata valenza tecnologica; in quanto individua, descrive e detta prescrizioni inerenti ad una ingente «fetta» dell'industria nazionale (solo per citare alcuni esempi, cartiere, cementifici, centrali termiche, impianti metallurgici, vetrerie, industrie chimiche) che tradizionalmente utilizza materie prime secondarie per la produzione dei propri manufatti: basti pensare alla produzione di carta e cartone con carta da macero, alla rifusione del vetro, alla produzione di acciaio da rottami ferrosi, alla produzione di calce e di cemento.
Nei cinque anni di sua attuazione il decreto ha evidenziato, al di là dei presupposti, delle problematiche e degli effetti meramente amministrativi, alcune carenze essenzialmente riconducibili alla, a volte, scarsa conoscenza dei flussi quali-quantitativi dei rifiuti, dei cicli industriali di recupero, della economicità dei processi, degli effetti (cross media) connessi alla attività di recupero stessa. È emersa, anche a livello di amministrazione centrale, l'esigenza di aggiornare la norma, tenendo conto, ad esempio, di sviluppi tecnologici nel frattempo intercorsi e di mutate condizioni di mercato.
Riteniamo che lo studio dei flussi di rifiuti potenzialmente interessati da operazioni di recupero, abbinato alla conoscenza delle tecnologie di recupero industrialmente disponibili ed applicabili, secondo criteri di compatibilità ambientale e di remuneratività economica, rappresenti un ulteriore positivo contributo per la individuazione delle opportunità di riciclo e di recupero dei rifiuti.
L'obiettivo tecnico che riteniamo di porre all'attenzione di questa Commissione bicamerale è, in ultima analisi, quello di pervenire ad una migliore definizione


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degli ambiti di applicazione della normativa sui rifiuti e di perseguire la finalità di chiusura dei cicli dei rifiuti, mediante recupero degli stessi nei processi produttivi o attraverso la produzione di materie prime secondarie, favorendone il perseguimento con norme che presentino valenze e contenuti tecnici elevati.

PRESIDENTE. Abbiamo rilevato, anche in base alle sollecitazioni giunte alla Commissione nel corso di precedenti audizioni, che vi è sempre la ricerca di una compatibilità tra due esigenze, quella relativa alla semplificazione - che ci viene continuamente richiesta da parte delle associazioni delle imprese - e quella tesa ad una chiara definizione in linea con la direttiva europea in materia. Su questo fronte, lo straordinario osservatorio da voi rappresentato ritiene che vi siano margini per rendere compatibili tali due diverse esigenze, apparentemente contrapposte e inconciliabili?

GIORGIO GAVELLI, Direttore «Protezione e sviluppo dell'ambiente e del territorio» dell'ENEA. È proprio il concetto che stavamo cercando di introdurre nella relazione. Un margine è forse nella chiara identificazione di tutti i passaggi di un materiale che potrebbe essere definito rifiuto, ma che, se rientrante nelle previsioni di una norma che permette di individuarne le caratteristiche in termini di pericolosità o di composizione o un determinato percorso tecnologico, lo fa diventare una materia prima seconda, tramutandolo quindi in un fattore positivo utilizzabile da altri settori industriali. Si tratta quindi di un valore che si recupera.

MAURIZIO CORONIDI, Funzionario dell'ENEA. Anche a livello europeo ci si sta spostando da una procedura che consisteva essenzialmente nel command and control ad un discorso più incentrato sulla responsabilità del produttore. Probabilmente, perciò, la semplificazione si accorda con questo nuovo modo di puntare non solo sui controlli dell'autorità amministrativa, ma anche sugli autocontrolli e sulla responsabilizzazione dell'operatore.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Gavelli, l'ingegner Coronidi e la dottoressa Martini che li accompagna per la disponibilità manifestata. L'osservatorio privilegiato costituito dall'ENEA rappresenta un punto di osservazione utile per noi al fine di meglio comprendere e di meglio emendare, se occorre farlo, la nozione del termine «rifiuto». Su questo tema penso avremo modo di incontrarci nuovamente, e saranno confronti sicuramente utili alla comprensione del fenomeno da parte della Commissione. Grazie e buon lavoro. Dichiaro conclusa l'audizione.

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