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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, Altero Matteoli.
L'odierna audizione costituisce l'occasione per acquisire elementi informativi in ordine alle diverse problematiche inerenti la gestione del ciclo dei rifiuti derivanti dalla rottamazione degli autoveicoli usati, anche in relazione all'attuazione della direttiva 2000/53 del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai veicoli fuori uso.
Ricordo che la Commissione ha già ascoltato in audizione, su tale materia, i rappresentanti dell'ADA, della FISE Assoambiente, dell'ANFIA, dell'Unione nazionale distributori autoveicoli esteri (UNRAE), dell'ASSOFERMET, dell'ACI, del Consorzio nazionale volontario riciclaggio gomma (ARGO), dell'Associazione nazionale riciclatori materie plastiche (Assorimap), del Consorzio obbligatorio batterie al piombo esauste e rifiuti piombosi (COBAT) e del Consorzio obbligatorio per il recupero degli oli minerali usati (COOU), nonché il dottor Giorgio Cesari, direttore generale dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), il sottosegretario di Stato per le attività produttive, Mario Valducci ed i rappresentanti del gruppo FIAT Auto.
L'audizione del ministro Matteoli potrà altresì costituire l'occasione per fornire alla Commissione ulteriori elementi di conoscenza sullo stato di attuazione della vigente normativa in materia di gestione del ciclo dei rifiuti nelle regioni in stato di commissariamento, anche alla luce delle recenti ordinanze di proroga dello stato di emergenza.
Nel rivolgere un saluto ed un ringraziamento per la disponibilità manifestata, do subito la parola al ministro Matteoli, riservando eventuali domande dei colleghi della Commissione al termine del suo intervento.
ALTERO MATTEOLI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. Ringrazio la Commissione per questo invito, che mi consente di illustrare in una sede parlamentare la situazione relativa alle ordinanze di proroga dello stato di emergenza e quella concernente la rottamazione delle auto a fine vita.
Vorrei iniziare trattando proprio quest'ultimo tema, facendo presente che le problematiche relative sono strettamente connesse all'attuazione della direttiva 2000/53/CE. Do assicurazione che il recepimento della stessa è abbastanza prossimo; stiamo risolvendo, sia pur con i ritardi accumulati in precedenza, i numerosi problemi ancora aperti. Si tratta di una direttiva difficile, che copre un settore economico tra i più rilevanti, tanto che a
luglio 2002 solo cinque paesi su 15 l'avevano recepita; tra l'altro non era stata recepita da quattro paesi importantissimi come la Germania, la Francia, l'Inghilterra e la Spagna. Negli ultimi mesi c'è stata un'accelerazione, ed anche noi siamo quasi pronti.
Il fatto che l'Italia sia l'unico paese europeo in cui esiste un PRA, essendo l'auto un bene mobile registrato, consente una valutazione abbastanza precisa dei veicoli a fine vita. Nel 2001 le cancellazioni dal PRA sono state 1.946.000, di cui 1.525.000 per demolizione; il rimanente riguarda in parte i veicoli esportati, ma rimane un elevato numero (14-15 per cento) di veicoli che risulterebbero «circolanti su aree private», ma che probabilmente corrispondono a veicoli abbandonati o demoliti illegalmente.
Uno degli obiettivi che il recepimento si porrà è quello del raggiungimento di standard qualitativi elevati da parte dei demolitori, anche per il raggiungimento dei target di riciclaggio e recupero fissati dall'Unione europea (85 per cento nel 2006; 95 per cento dal 2015). In questo senso il Governo sta lavorando a sistemi che incentivino l'utilizzo dei materiali derivanti dallo smontaggio; se il 75 per cento dell'auto è costituito da metallo, che viene già tradizionalmente riciclato, per quanto riguarda il rimanente 25 per cento sarà molto importante creare mercati di sbocco, quali quelli attivati dal provvedimento che prevede, per enti e società a prevalente capitale pubblico, di acquistare almeno il 30 per cento di manufatti e beni realizzati con materiale riciclato. L'attivazione di mercati adeguati potrà permettere ai demolitori di coprire gran parte dei propri costi e allontanerà dalle discariche una frazione rilevante dei rifiuti derivanti dalla demolizione.
Oggi è addirittura fortemente incerto il numero dei demolitori: da un confronto tra dati ACI (che riceve dai demolitori le indicazioni per la cancellazione dal PRA) e il MUD (modello unico di dichiarazione ambientale, che pur essendo obbligatorio potrebbe essere omesso illegalmente da alcuni soggetti) emerge una differenza di ben 581 impianti (2150 da dati ACI, 1569 da MUD), che si accentua nelle regioni meridionali.
Un problema, nell'attivazione di un sistema efficiente di demolizione, è rappresentato anche dalle piccole dimensioni degli impianti: oltre l'80 per cento degli impianti tratta meno di cinque veicoli al giorno, ed è quindi problematico effettuare gli investimenti necessari al rispetto delle norme tecniche. La necessità di conformarsi a regole ambientali più stringenti, quali quelle previste dalla direttiva, comporterà inevitabilmente una modifica strutturale del settore, dato che molti operatori inadeguati si verranno a trovare fuori mercato.
L'obiettivo della razionalizzazione del sistema, con la riduzione degli impianti marginali e lo sviluppo di quelli di maggiori dimensioni, comporta un altro aspetto rilevante dei problemi connessi all'implementazione della direttiva: la riduzione di costo di trattamento. La direttiva stabilisce infatti che dal 2007 per i veicoli vecchi (e dal luglio 2002 per quelli nuovi) l'ultimo detentore dovrà essere in grado di consegnare l'auto da demolire senza alcun costo per il medesimo; si tratta di una soluzione che contiene elementi di equità, non facendo pesare eccessivi costi sull'elemento più povero e debole della catena, e scoraggiando l'abbandono.
Tuttavia, dato che la direttiva prevede che l'eventuale valore negativo del veicolo deve gravare in tutto o in quota rilevante sul produttore, questi ultimi sollecitano la creazione di un sistema in cui i costi eventualmente da sostenere siano minimi, e non tali da penalizzare un mercato già in difficoltà.
In un'ottica liberista questo risultato non può essere ottenuto con sistemi rigidi, quali un consorzio, meno che mai obbligatorio; la nostra proposta prevede la costituzione di un gruppo di lavoro interministeriale di controllo, che miri all'ottimizzazione del sistema, verifichi il reale rispetto delle prescrizioni, vigili sul raggiungimento dei target e, solo nel caso di impossibilità dello smaltimento a costo
zero, identifichi eventuali elementi correttivi. In pratica, i veicoli catalizzati (dal 1992 in poi) non hanno problemi di mercato; il solo valore del catalizzatore (contenente metalli preziosi) è in grado di pagare la demolizione; per quelli più vecchi invece occorre approfondire il problema.
Un altro aspetto delicato è la definizione del momento nel quale il veicolo diventa rifiuto; il fatto che il veicolo a fine vita rappresenti oggi un rifiuto pericoloso comporterebbe notevoli complicazioni nella gestione dello stesso da parte di diversi operatori (i concessionari si troverebbero nella necessità di tenere una contabilità impropria, la demolizione di flotte di veicoli aziendali diventerebbe un'operazione di smaltimento di rifiuti pericolosi); il nostro orientamento è che il veicolo diventi rifiuto contemporaneamente alla sua detargazione e cancellazione dal PRA, utilizzando al meglio questa specificità nazionale. La definizione delle modalità per accertare il raggiungimento dei target rappresenta un'attività importante, parallela a quella dell'implementazione della direttiva, sulla quale si sta muovendo l'Unione europea; il Governo sta lavorando perché i questionari e le modalità di calcolo siano quelle più confacenti al nostro sistema di registrazione (PRA) e alla realtà nazionale di produzione e demolizione.
Anche la realizzazione di impianti di incenerimento con recupero energetico può rappresentare un elemento importante, soprattutto per il cosiddetto fluff, la componente non ferrosa che deriva dalla frantumazione delle carcasse; si tratta di un ottimo combustibile, che oggi va in discarica perché non esistono impianti per la sua utilizzazione. Sulla base del nuovo decreto legislativo sulle discariche, dal 2007 i rifiuti con oltre 13.000 kilojoule per chilogrammo, tra cui rientra il fluff, non potranno più andare in discarica e occorrerà trovare soluzioni adeguate.
Un corretto recepimento della direttiva deve tener conto anche delle esigenze di altri soggetti: i cittadini, che devono comprare il veicolo al prezzo più basso possibile e senza incorrere in costi impropri; la sostituzione dei veicoli vecchi con veicoli nuovi rappresenta un elemento di sviluppo positivo per l'economia e per l'ambiente. I demolitori devono diventare impianti di trattamento «autorizzati» e seguire regole rispettose dell'ambiente, adeguandosi ed investendo; devono poter vivere ed operare e il sistema deve proteggere quelli corretti ed efficienti. In conclusione: occorre rispettare la libera concorrenza, ma modernizzare e razionalizzare il sistema, limitando al massimo l'intervento pubblico.
Quest'ultimo deve invece contribuire attivamente al raggiungimento degli obiettivi di recupero, aiutando gli operatori, ad esempio attraverso la creazione di aree attrezzate per localizzare gli impianti di demolizione (con variazione dei piani urbanistici, ove necessario); la semplificazione delle procedure e la definizione dei tempi per l'ottenimento delle autorizzazioni; la definizione di piani organici, soprattutto nelle situazioni difficili. Si devono poi incentivare i mercati di sbocco: anche in questo caso il ruolo è quello di offrire agli operatori certezze, sia nel campo autorizzativo, sia in quello della certezza di diritto, consentendo loro di programmare su base pluriennale i propri investimenti; anche provvedimenti di aiuto al mercato, quali quello già citato del 30 per cento di materiale riciclato, possono validamente contribuire.
Quanto alla problematica concernente la gestione del ciclo dei rifiuti nelle regioni in stato di commissariamento, va ricordato che le regioni dove vige questo particolare stato sono la Campania, la Puglia, la Sicilia, la Calabria ed il Lazio, elencate in ordine di tempo dal quale è stato dichiarato. Più in particolare, per la Campania esso dura dall'11 febbraio 1994 (nove anni e ben diciannove ordinanze di protezione civile che lo regolano); in Puglia dall'8 novembre 1994 (anche in questo caso poco meno di nove anni e 10 ordinanze); in Calabria dal 12 settembre 1997 con nove ordinanze; in Sicilia dal 22 gennaio 1999, con sei ordinanze; e infine nel Lazio, buon ultimo, dal 19 febbraio 1999 per la città di Roma e provincia, esteso poi a tutto il
Lazio appena il 24 maggio 2002 (in questo caso va anche segnalato che l'ordinanza di protezione civile che lo regola è stata promulgata solo 1'8 novembre 2002).
Tutti i detti stati di emergenza sono stati prorogati fino al 31 dicembre 2003, salvo che per la Sicilia, in cui questa situazione era già stata prolungata fino al 31 dicembre 2004. Ovviamente la situazione, a livello della attuazione dei dettami delle suddette ordinanze, appare estremamente variegata: posso così molto brevemente riassumerla.
In Campania risulta vigente il piano regolatore di gestione dei rifiuti, approntato ed approvato dal commissario delegato presidente della regione Rastrelli fin dal giugno 1997 (primo piano conforme al decreto legislativo n. 22 del 1997), ma che, dall'inizio del 1999, epoca delle dimissioni dello stesso Rastrelli, non è ancora riuscito a decollare. Con la prima operazione di project financing avviata nel nostro paese in tema di rifiuti urbani (la relativa gara, il cui valore stimato era di circa 1.600 miliardi di vecchie lire, venne esperita nel dicembre del 1998) fu assegnata ad un soggetto privato la concessione della realizzazione e gestione, per la durata di dieci anni, di nove impianti di produzione del CDR e di due termovalorizzatori, la cui costruzione e messa in esercizio doveva essere terminata nel tempo offerto di due anni.
Allo stato, come purtroppo è ben noto, si registrano gravi ritardi, dal momento che la raccolta differenziata, salvo pochi e sporadici casi in comuni di piccola dimensione, ha avuto scarsi risultati, mentre risultano costruiti ed in esercizio otto dei nove impianti di produzione del CDR (al riguardo molte sono le proteste delle popolazioni dei territori interessati, dal momento che il CDR stesso non sembra essere di qualità idonea). A loro volta solo da pochi giorni risultano consegnati i lavori, ad Acerra, per la costruzione del primo impianto di termovalorizzazione e sono ampiamente riportate dalla stampa locale vibranti proteste, tra l'altro capeggiate anche dal vescovo locale che, di fatto, hanno impedito al cantiere l'accesso dei mezzi ed i lavori, in pratica, si sono interrotti.
Si tratta di una situazione di estrema gravità, dal momento che, anche se trasformati in CDR (tra l'altro, come già detto, di scarsa qualità), le circa 6.500 tonnellate al giorno di rifiuti urbani dovranno essere stoccate fino alla costruzione dei termovalorizzatori, i cui tempi di realizzazione non possono tecnicamente durare meno di due anni.
Ai primi di gennaio, dopo il rinnovo dello stato di emergenza, il commissario Bassolino ha richiesto la emanazione di una nuova ordinanza, nella quale prevedere alcune ulteriori clausole che, a suo parere, dovrebbero favorire la realizzazione delle opere anzidette. Le richieste sono all'esame dei miei uffici, ma il problema non si risolve con ordinanze o altri provvedimenti amministrativi.
A mio parere, si rende invece necessario riuscire ad acquisire il consenso della popolazione, con una campagna di corretta informazione in merito al paventato pericolo che rappresenterebbero i termovalorizzatori oltre che al miglioramento della qualità del CDR. Senza questi impianti, purtroppo, il problema potrà solo ulteriormente aggravarsi, rischiando di dare luogo ad ulteriori situazioni di tensione e di pericolo anche per l'ordine pubblico.
Per le parti già attuate del piano di gestione dei rifiuti, ho comunque già istituito un Comitato di rientro nell'ordinario, che provvederò a nominare nei prossimi giorni e che non solo rappresenterà, almeno lo spero, l'occhio vigile del mio ministero sulla situazione, ma avrà anche la funzione di aiutare il commissario, per quanto possibile, a rientrare in Campania alle normali condizioni di vita.
Per quanto concerne poi la regione Puglia notevole incentivazione è stata data alla raccolta differenziata, mentre le frazioni residuali dei rifiuti urbani indifferenziati vengono tutte conferite in discariche controllate ed autorizzate e realizzate in aderenza al piano regionale di gestione dei rifiuti, approvato con due
successivi atti del marzo 2001 e del 30 settembre 2002. Sulla base di esso sono state istituite specifiche Autorità per la gestione dei rifiuti urbani in 15 bacini di utenza, individuati nel territorio regionale ricorrendo ai sindaci quali commissari ad acta.
Per quanto riguarda gli interventi strutturali, l'azione commissariale ha promosso la realizzazione di sei impianti di selezione di rifiuti indifferenziati, la realizzazione di sette linee di trattamento dei materiali di raccolta differenziata, l'adeguamento di un impianto di compostaggio ed un altro di compostaggio/biostabilizzazione, nonché l'integrazione degli impianti già realizzati con le linee di biostabilizzazione e di produzione di CDR.
Sono stati infine definiti i bandi di gara, con la previsione di un cofinanziamento pubblico-privato, per procedere al completamento della produzione di CDR del quale, però, allo stato, non si è ancora avviata la fase di termovalorizzazione.
La situazione, come appare evidente, è ancora lontana dal prevedere possibili spiragli di uscita dall'emergenza e vi è solo da sperare che nell'anno in corso una più incisiva azione possa essere condotta dal commissario delegato.
Per quanto riguarda la situazione nella regione Calabria, la situazione appare molto più avanzata che nelle altre regioni commissariate, dal momento che dall'8 ottobre 2001 risulta predisposto ed approvato il piano regionale di gestione rifiuti della regione sulla cui base il commissario delegato sta operando con sollecitudine.
Numerose ed importanti sono le opere già realizzate ed entrate in esercizio; tra l'altro, vanno citati tre impianti tecnologici di selezione secco-umido, tre impianti di produzione di CDR, cinque stazioni di trasferimento per rifiuti urbani, mentre sono stati iniziati i lavori, in project financing, dell'impianto di termovalorizzazione che dovrebbe risolvere il problema dello smaltimento finale per tutta la Calabria.
Apprezzabili risultati sono stati conseguiti dalla raccolta differenziata per la quale sono state bandite 38 gare per la realizzazione di altrettante isole ecologiche. In linea di massima, quindi, e salvo specifiche ma non augurabili esigenze, il regime di straordinarietà potrebbe chiudersi con un positivo bilancio anche prima della fine del 2003.
Per quanto riguarda la regione Sicilia, prima della dichiarazione dello stato di emergenza e la nomina del presidente della regione quale commissario delegato, i comuni siciliani, tranne sporadici casi, non avevano, in generale, dato alcuna esecuzione al decreto legislativo n. 22 del 1997.
Con l'avvento della gestione commissariale, con il coinvolgimento delle prefetture, delle provincie regionali e dei comuni, la situazione ha iniziato un lento miglioramento: sono stati adottati centinaia di provvedimenti per assicurare la raccolta differenziata dei rifiuti, per il riutilizzo della frazione residuale e per la messa in sicurezza d'emergenza e per la bonifica dei siti inquinati.
Con varie ordinanze emanate dal presidente della regione-commissario delegato dal luglio 2000 sono stati approvati numerosi atti di pianificazione settoriale, quali il regolamento delle discariche dei rifiuti urbani, la suddivisione del territorio regionale in ambiti territoriali ottimali, il piano stralcio per il settore dei rifiuti e il piano per il settore dei centri di raccolta per la messa in sicurezza, la demolizione, il recupero dei materiali e la rottamazione dei veicoli a motore e dei rimorchi, il programma di interventi per le attività di caratterizzazione, messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale delle discariche comunali autorizzate e non più in esercizio, il documento di indirizzo per la gestione dei rifiuti inerti e relativi allegati tecnici, le linee guida per la raccolta differenziata e quelle per la progettazione degli impianti di compostaggio.
Nel settembre del 2002 è stato predisposto il piano regionale per la gestione integrata dei rifiuti in Sicilia, con il quale si è anche provveduto a coordinare, integrare e completare i citati atti di pianificazione e che, dopo un confronto con i rappresentati degli enti locali, degli operatori
del settore, delle parti sociali e delle associazioni ambientalistiche, è stato formalmente adottato con ordinanza commissariale del 18 dicembre 2002.
Un'attività molto significativa per incentivare la raccolta differenziata è stata quella volta alla realizzazione di circa 50 centri comunali di raccolta nei comuni di oltre 10 mila abitanti e di oltre 200 isole ecologiche nei comuni con meno di 10 mila abitanti, per lo stoccaggio provvisorio delle frazioni raccolte in maniera differenziata.
Un'attività di comunicazione e sensibilizzazione sui temi della raccolta differenziata rivolta ai giovani in età scolare è stata dispiegata nell'anno scolastico 2001/2002 ed è in fase di avvio per l'anno scolastico 2002/2003.
Altro intervento è stato dispiegato a favore di circa 200 comuni con popolazione inferiore a 10 mila abitanti per attività di informazione, sensibilizzazione e partecipazione della cittadinanza alle attività di raccolta differenziata.
Per il trattamento della frazione residuale dei rifiuti prodotti in Sicilia, a valle della raccolta differenziata, è stato predisposto e pubblicato apposito avviso pubblico per la stipula di convenzioni con operatori industriali in grado di impegnarsi, a far data dal 31 marzo 2004, a trattare in appositi impianti per la frazione residuale dei rifiuti a valle della raccolta differenziata e destinarla ad essere utilizzata in impianti di termovalorizzazione con recupero di energia. Questi impianti potranno essere realizzati in siti idonei, ovvero essere costituiti da opere già esistenti nel territorio della regione siciliana, compresi quelli per la produzione di energia elettrica in sostituzione totale o parziale dei combustibili ora impiegati, e dei quali i detti soggetti abbiano la disponibilità gestionale.
Il termine per la presentazione delle proposte da parte degli operatori industriali interessati è scaduto il 28 ottobre 2002 e la commissione incaricata dell'esame e della valutazione delle suddette proposte ha appena concluso la fase dell'ammissibilità delle stesse.
Infine, va citato che alla data del 31 dicembre 2002 sono state costituite le società di ambito che dovranno provvedere, entro giugno 2003, a predisporre i piani comunali e il piano d'ambito, nonché ad affidare con procedura ad evidenza pubblica il servizio di raccolta di RSU a società di capitali.
La situazione, come appare evidente, è in pieno movimento ed il traguardo di chiudere lo stato di emergenza entro il termine previsto del 31 dicembre 2004 sembra non essere irraggiungibile.
Solo con l'ordinanza dell'8 novembre 2002 la gestione commissariale dei rifiuti è stata estesa all'intera Regione Lazio con la specifica finalità di attuare nel più breve tempo possibile tutte le procedure intese alla messa in essere delle previsioni del piano regionale di gestione dei rifiuti.
In detto piano, approvato nel settembre 2002 dal consiglio regionale, oltre a dare forte incentivazione alla raccolta differenziata (i cui rendimenti appaiono, allo stato, tra i più modesti d'Italia) e favorire l'investimento di privati nel settore, sono in fase di attivazione specifici accordi di programma che vedono coinvolti il mio ministero, la regione, il Conai, le aziende regionali del settore.
Lo smaltimento finale dei rifiuti urbani, a valle della raccolta differenziata anzidetta e in conformità alle previsioni del piano, è previsto che avvenga a mezzo della realizzazione di cinque impianti di termovalorizzazione dei rifiuti urbani e della impiantistica connessa per la produzione del combustibile.
Come è evidente, non appare facile prevedere oggi l'evoluzione di una situazione che è appena allo stato iniziale, ma che il rapido avvio dell'attività della gestione commissariale potrebbe lasciare intravedere.
Spero con questo di avere risposto esaurientemente alle richieste che, tramite il presidente della Commissione, mi sono state poste. Resto a disposizione per ulteriori chiarimenti.
PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che desiderano intervenire.
EGIDIO BANTI. Ringrazio il ministro per la sua interessante relazione e gli rivolgo una domanda, apparentemente incidentale, ma comunque connessa con il tema della demolizione - pur riguardando anche altre categorie di impianti - in modo particolarmente significativo, perché essi, per definizione, richiedono un'estensione di spazio ragguardevole. Mi riferisco ad una sentenza della Corte di cassazione del settembre scorso, intervenuta sulla questione della superficie tassabile ai fini della tassa di raccolta rifiuti solidi urbani, in attesa del passaggio dalla tassa alla tariffa. Secondo la sentenza, nella determinazione della superficie tassabile non si deve tenere conto della parte in cui, per specifiche caratteristiche strutturali e per definizione, si formano di regola rifiuti speciali. Purtroppo in quasi tutti i comuni questa parte è soggetta alla tassa, per cui, di fatto, gli operatori (in genere artigiani o piccoli industriali) si trovano a pagare due volte per la stessa superficie. Evidentemente ciò altera il principio di libera concorrenza e di libero mercato cui il ministro faceva riferimento e sul quale mi trovo d'accordo.
Vorrei chiedere al ministro se il problema sia presente e se, in questo periodo, possa essere inserita in qualche provvedimento una norma che chiarisca definitivamente che la superficie cui ho fatto riferimento non deve essere tassata in quanto viene già effettuato un pagamento attraverso lo smaltimento. In questo modo si agevolerebbe anche la definizione del sistema dei rifiuti speciali.
RENZO MICHELINI. Ringrazio il ministro per la sua relazione e mi riallaccio ad un argomento che ha trattato, quello cioè del termovalorizzatore di Acerra. L'argomento è già stato rappresentato in questa Commissione ed abbiamo avuto modo di incontrare rappresentanti della popolazione in merito alla realizzazione dell'impianto: abbiamo così preso atto della situazione di forte tensione. Credo che tutto ciò derivi dal fatto che l'impianto non garantisce la popolazione sotto il profilo della salubrità ambientale. Ovviamente, se esso verrà realizzato, dovrà essere fatto secondo i canoni e i parametri previsti dalla legislazione vigente. Se è così, quali sono le ragioni per le quali l'autorità (in questo caso l'autorità commissariale) non è in grado di dimostrare che un impianto di termovalorizzazione ha comunque in sé determinate garanzie sotto il profilo ambientale?
Sul territorio nazionale ci sono tanti altri casi simili a quello di Acerra, sui quali magari ci si confronta in termini più democratici, ma il risultato è lo stesso: gli impianti non vengono realizzati.
GENNARO CORONELLA. Ringrazio il ministro per la relazione. Per quanto riguarda la prima parte non ho domande da porgli, mentre ho qualcosa da dire rispetto alla seconda parte, riguardante la situazione delle regioni in regime di emergenza.
Poiché il ministro, molto prontamente, ci ha comunicato che è in fase di elaborazione un'ordinanza che darà le indicazioni su come il commissario straordinario deve muoversi, non voglio perdere questa occasione per dare al ministro alcune notizie che ritengo utili.
Innanzitutto il piano regionale per la gestione dei rifiuti in Campania è stato straordinariamente stravolto nel passaggio dalla presidenza Rastrelli al presidente cosiddetto «ribaltonista». Infatti, i termovalorizzatori erano più di uno, ma alcuni impianti sono stati dirottati altrove. Inoltre, il motivo vero che ha determinato la fase emergenziale, che è stata affrontata con mille difficoltà, sta nel fatto che la gara è stata bloccata per più di un anno; da gennaio a dicembre 1999, le buste non sono state aperte: è stato questo il motivo che ha causato il ritardo e l'emergenza.
Abbiamo avuto modo di audire il presidente della giunta regionale e gli operatori del settore, non solo della Campania ma anche delle altre regioni, per comprendere il fenomeno e abbiamo constatato che, anche per l'utilizzazione del personale, c'è stata una gestione «allegra». Si contano ormai a migliaia i dipendenti distaccati presso il commissariato di Governo, con stipendi da favola. Sono circa
1200 i miliardi utilizzati dal commissario per l'emergenza rifiuti in Campania: la notizia mi è stata data dal dirigente del settore. Penso che con una cifra simile si poteva risolvere qualche problema. Addirittura sono stati utilizzati i fondi che il ministero ha attribuito alle regioni per il risanamento ambientale dei siti di interesse nazionale (mi riferisco a quelli inseriti nella legge n. 426 del 1998). Quello che sto dicendo è stato commentato da una sentenza della Corte dei conti - che esegue il controllo sulla gestione di questi servizi - che ha inesorabilmente condannato, per questi motivi, la gestione del servizio in Campania. Ovviamente tutta la gestione è avvenuta senza minimamente coinvolgere le province, mentre, come il ministro sa bene, ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 22 del 1997, le competenze, per quanto riguarda la gestione e la programmazione, sono delle province.
Tutto questo non è avvenuto, con i conseguenti, ovvi disagi. Il collega che mi ha preceduto ha parlato delle tensioni che esistono ad Acerra; è inevitabile che sia così, dal momento che non si riesce a capire come sia stato scelto quel sito. Penso invece che se i livelli istituzionali, coloro che hanno competenze e funzioni, si mettessero intorno ad un tavolo i problemi si risolverebbero con una certa celerità.
Voglio far sapere al ministro che attualmente la Campania è letteralmente invasa da siti di stoccaggio di combustibile da rifiuti: non sappiamo più dove mettere le ecoballe ed occorre intervenire con decisione per risolvere questo problema. Come giustamente diceva il ministro, la raccolta differenziata è all'anno zero, tranne che per qualche piccola realtà. Ciò è dovuto al fatto che i consorzi di bacino, che dovrebbero occuparsi del problema, fanno altro: in particolare, si occupano della gestione, dal momento che quasi tutti hanno costituito società miste. Insomma, c'è sperpero di denaro, mentre non è neanche lontanamente prevedibile che si possa raggiungere l'obiettivo del 10 o 15 per cento di raccolta differenziata.
Tutto ciò si verifica in presenza non dico di una compiacenza, ma quasi, da parte delle autorità competenti: sono autorizzato a dirlo perché non faccio che ripetere quanto affermato in questa Commissione dal presidente di un consorzio - mi pare quello di Quarto - che denunciava che il commissario straordinario per i rifiuti, nell'ambito dell'emergenza, decideva anche cosa dovessero fare o meno i consorzi, assegnando a questo o quello...
PRESIDENTE. Era il presidente del consorzio di Pomigliano.
GENNARO CORONELLA. Se non erro era quello di Quarto, comunque risulta dal verbale.
Come parlamentare della Campania, confermo quanto detto dal ministro: ad Acerra i lavori non partiranno mai, e lo stesso accadrà a Santa Maria la Fossa. Ho avuto modo di confrontarmi con il dirigente del ministero competente per la VIA, ingegner Agricola, il quale mi ha detto che il decreto VIA rilasciato per Santa Maria la Fossa va rivisto, perché dopo due o tre anni, non essendo iniziati ancora i lavori, qualcosa è cambiato.
Infine chiedo al ministro di usare una certa cautela. Concordo con chi dice che i magistrati debbono fare il loro dovere e non invadere il terreno politico. Ricordo però che esiste una sentenza del 13 dicembre 2002 che ha dichiarato l'illegittimità di tutte le ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri - e non solo di quelle attuali - dal momento che lo strumento utilizzato (la legge n. 225 del 1992) evidentemente non era idoneo. Mi rendo conto che i governi dell'epoca non consentivano un percorso legislativo agevole, soprattutto per le difficoltà legate alla burocrazia. Oggi però occorre muoversi con estrema delicatezza, ripeto, per cercare di risolvere tutti i problemi che mi sono permesso di elencare. Se non si costruiscono i termovalorizzatori si arrecherà un danno senza precedenti alla regione Campania perché andranno perduti migliaia di miliardi.
PRESIDENTE. Vorrei a mia volta sottoporre al ministro alcuni elementi di riflessione. Nel corso delle audizioni svolte davanti a questa Commissione abbiamo ascoltato varie sollecitazioni che ci venivano dalla filiera del settore dell'auto demolizione, che poi erano quelle che hanno motivato la nostra iniziativa. La nostra intenzione è di evitare un'adesione puramente formale, burocratico-cartacea, alla direttiva e di trovare modi e forme per consentire alla stessa di produrre risultati concreti. Fino ad oggi, come anche lei ha detto, il 75 per cento delle autovetture viene recuperato; entro il 2006 dovremo raggiungere l'85 per cento: il 10 per cento di differenziale non è sostenuto dal mercato. Quest'ultimo dovrebbe quindi essere alimentato in qualche forma. Lei ha utilmente rivolto una sollecitazione al mercato «a valle», e tutti hanno affermato che un'iniziativa in tal senso sarà accolta con straordinario favore.
Resta tuttavia qualche perplessità sul costo residuo, il quale, anche alla luce della specificità del settore, nonché del momento particolare che sta vivendo, richiede soluzioni funzionali al raggiungimento del risultato. Crediamo che il mercato di per sé possa svolgere una funzione di controllo e rappresentare un meccanismo autoregolatore; tuttavia pensiamo anche che, in presenza di forti oligopoli, di operatori parcellizzati e di conseguenza più deboli, chi deve lavorare è costretto a sottostare alle condizioni decise da chi ha maggiore rappresentanza, forza e capacità di iniziativa. Se tutto ciò non avesse conseguenze negative sul risultato, rappresenterebbe solo un danno di carattere sociale, ma in realtà incide anche sull'ambiente.
Il sottosegretario Valducci ci ha detto che sta lavorando per istituire un tavolo operativo, un accordo di programma o comunque uno strumento che consenta di svolgere un'efficace azione di controllo - come ha giustamente sottolineato anche lei - cioè un'iniziativa più cogente rispetto ai doveri derivanti dalla direttiva.
Quel 15 per cento di vetture cancellate dal pubblico registro automobilistico le troviamo un po' dappertutto: probabilmente sono le auto abbandonate per strada ma anche quelle che finiscono dagli autodemolitori off shore. Sarà quindi utile incidere in modo significativo su questo problema, anche dal punto di vista normativo: non è credibile che ogni anno i nostri terreni o i campi da golf siano invasi da una tale quantità di vetture cancellate dal pubblico registro.
Per quanto riguarda il tema del commissariamento per l'emergenza rifiuti, questa Commissione ha approvato nel dicembre scorso un documento in cui si stigmatizza l'idea di un commissariamento cronico, di un'emergenza che si autoalimenta e che paradossalmente determina distorsioni anche rispetto alle esigenze di un controllo severo da parte degli organi ad esso deputati ed eventualmente una maggiore permeabilità nei confronti delle organizzazioni criminali. Abbiamo anche affermato che esiste una realtà che va misurata dopo l'emergenza, una realtà articolata e variabile da regione a regione; avevamo sollecitato l'opportunità che le ordinanze tenessero conto di tutto questo elaborando piani di rientro, che raccogliessero l'esigenza di dar vita ad un'efficace pianificazione territoriale, di completare l'impiantistica, di realizzare gli assetti istituzionali previsti dalla normativa (ATO, piani provinciali, eccetera).
In questa logica, ci aspetteremmo che le ordinanze tenessero conto della differente condizione in cui versano certe regioni rispetto ad altre, articolando anche nel tempo una ordinanza che «ceda» alcune funzioni in ragione della specificità territoriale.
Non mi sottraggo all'ultima questione sollevata, che è molto importante. Siamo assolutamente convinti che un ciclo integrato dei rifiuti sia tale se funzionano tutti i suoi segmenti: la raccolta differenziata può alimentare un CDR di qualità, il quale a sua volta può alimentare un termovalorizzatore, se questo esiste. In mancanza di queste tre condizioni, si verificano le disfunzioni che abbiamo registrato nelle regioni meridionali: mi riferisco all'emergenza rifiuti da discariche, talvolta gestite dalle organizzazioni criminali. Di qui a
qualche mese ci troveremo di fronte ad una nuova emergenza, quella del CDR: se non si realizzeranno i termovalorizzatori, le emergenze si esaspereranno sempre di più.
Tuttavia è vero anche il contrario: come abbiamo precisato in Commissione, quando si individuano tutti i siti a nord della città di Napoli, lasciando gran parte della regione immotivatamente al di là di questa linea di confine, si generano preoccupazioni e disagi che, come giustamente dice il ministro, non vanno risolti con le ordinanze ma con un meccanismo di pacificazione sociale. Le ordinanze possono fare ben poco quando, come noi stessi abbiamo registrato, in alcuni territori la Chiesa è schierata, nella persona di ben due vescovi, insieme con le amministrazioni comunali, con l'amministrazione provinciale, con i partiti politici, con tutte le associazioni ambientaliste a livello regionale (anche quelle favorevoli alla termovalorizzazione), contro la localizzazione.
Detto questo, do la parola al ministro per la sua replica, ringraziandolo per la sua squisita disponibilità: sappiamo che talvolta lo disturbiamo distogliendolo dai suoi importanti e numerosi impegni istituzionali, ma sono sicuro che egli comprenderà benissimo quanto sia importante l'informazione che può darci per il lavoro che stiamo svolgendo.
ALTERO MATTEOLI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. Sappia, presidente, che l'impegno istituzionale che concerne i rapporti con il Parlamento è quello che sento di più: la mia cultura è quella di un vecchio parlamentare che crede nel Parlamento.
Alcuni colleghi mi hanno posto delle domande, mentre altri hanno formulato riflessioni anche sulla base di quanto detto nel mio intervento introduttivo. Vorrei cominciare col rispondere alla domanda su cosa fare per evitare che piccole e medie imprese siano costrette a pagare due volte la stessa tassa. Non è giustificabile la presentazione di un decreto apposito; stiamo studiando la possibilità di inserire una norma in qualche provvedimento che abbia attinenza con questo tema. Nella mia lunga milizia parlamentare ho visto presentare provvedimenti che contenevano norme molto eterogenee al loro interno; negli ultimi tempi vi è una particolare attenzione - secondo me giustamente - ad evitare situazioni simili. Tuttavia cercheremo di fare chiarezza sul punto il prima possibile, perché il problema denunciato dal collega Banti contribuisce senz'altro ad alimentare quel 15 per cento di vetture cancellate dal pubblico registro automobilistico senza che si sappia che fine abbiano fatto.
Per quanto riguarda l'impianto di Acerra, l'onorevole Michelini chiedeva - in considerazione del fatto che esso non garantisce la salute dei cittadini - perché il commissario non sia in condizione di tranquillizzare questi ultimi. Nel mio intervento ho voluto fare una fotografia della situazione affinché la Commissione si rendesse conto di come stanno le cose nelle regioni commissariate e l'ho fatto secondo verità. Sono sorti comitati, capeggiati addirittura dal vescovo, contro Acerra; sarebbero nati altri comitati, forse non capeggiati da vescovi, se al posto di Acerra fosse stato individuato un altro sito. Di solito avviene così, sia quando la richiesta riguarda un termovalorizzatore, sia quando concerne una discarica.
In realtà occorre informare correttamente i cittadini in misura molto maggiore di quanto sia stato fatto in questa fase. Personalmente non conosco l'impianto di Acerra, ma credo che non si possa calare dall'alto una decisione senza coinvolgere il comune o il sindaco, intendendo con ciò riferirmi non alla persona ma alla comunità che rappresenta. Forse le proteste vi sarebbero ugualmente, ma credo che sarebbero più gestibili di quelle attuali. Il commissario quindi non è in condizione di tranquillizzare, ma sono convinto che non saremmo in condizione di farlo nemmeno noi, forse anche per il modo in cui si è arrivati a quella scelta. Tutto ciò deve però consigliarci di agire in maniera diversa nel futuro. Abbiamo bisogno dei termovalorizzatori; quanto al CDR, quello di buona
qualità si produrrebbe automaticamente se vi fosse la possibilità di bruciarlo, in quanto le ricadute economiche sarebbero assai rilevanti.
Come si fa a sostenere l'emergenza per dieci anni? Come si può dire che siamo nell'emergenza di fronte a 19 ordinanze? Questo è il punto. Bisogna quindi accelerare il rientro nel regime ordinario.
Per quanto riguarda il fatto che i consorzi di bacino si occupino di gestione, come sottolineava il collega Coronella, purtroppo lo abbiamo rilevato più di una volta. Condivido il suo invito al rispetto istituzionale per risolvere i problemi, onorevole Coronella. È necessario il coinvolgimento delle regioni ma soprattutto quello delle province, che vengono praticamente bypassate: se in tutta questa vicenda c'è un ente che non viene coinvolto è proprio quello che il legislatore aveva individuato come competente ad affrontare il problema dello smaltimento dei rifiuti, quanto meno sotto il profilo dell'individuazione dei siti.
Presidente, non vogliamo un'adesione soltanto formale alla direttiva, tanto è vero che abbiamo impiegato del tempo, forse più del necessario, per predisporre il suo recepimento. Come sapete, fra i paesi dell'Unione europea hanno aderito subito quelli più piccoli, dove i problemi sono minori. La Germania, che ha difficoltà simili alle nostre, la Francia, la Spagna, sono in ritardo.
Per quanto riguarda l'Italia c'è un problema in più, perché è il paese con il maggior numero di autoveicoli circolanti. Stavo preparando l'intervento da svolgere in questa sede ed ho chiesto per ben due volte ai miei uffici se fosse vero che nell'anno precedente fossero stati cancellati dal PRA più di un milione e novecentomila veicoli: sono dati incredibili. D'altra parte, basta girare per le nostre strade: quante volte si vedono abbandonati in un campo o sul ciglio di una strada veicoli senza targa, di cui è difficile rintracciare il proprietario? Sembrerebbe addirittura impossibile che si possa raggiungere questo livello, anche tenendo presente che ancora esiste un mercato - che mi dicono sia ridotto ai minimi termini - delle targhe o dei numeri di telaio utilizzati per operazioni ancora più spurie, per così dire. Questo problema è presente in Italia in misura proporzionalmente molto maggiore che in altri paesi; pertanto il recepimento delle direttive da parte nostra non può essere un atto formale ma deve rappresentare un momento molto importante, che si collega poi al problema del costo residuo di cui anche lei, presidente, parlava.
Non mi pare di dover aggiungere altro, almeno in questo primo incontro con la Commissione. Ripeto che sono comunque a vostra disposizione per ulteriori audizioni.
PRESIDENTE. La ringrazio nuovamente, signor ministro, per la sua disponibilità - che per la verità non ci meraviglia -, oltre che per le informazioni che ci ha fornito, che ci saranno straordinariamente utili per le nostre ulteriori riflessioni.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 14,35.
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