![]() |
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente dell'Associazione nazionale industrie automobilistiche (ANFIA), Carlo Sinceri.
La Commissione intende verificare lo stato di attuazione delle normative vigenti, sia di carattere nazionale che regionale, in materia di gestione e smaltimento dei rifiuti.
La Commissione ha ritenuto opportuno procedere ad una serie di audizioni mirate ad approfondire l'attuale sistema della rottamazione degli autoveicoli usati, anche in relazione all'attuazione della direttiva 2000/53 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa ai veicoli fuori uso. L'audizione del presidente dell'Associazione nazionale industrie automobilistiche (ANFIA), dottor Carlo Sinceri, potrebbe costituire un utile contributo al fine di acquisire dati ed elementi informativi, per quanto di competenza dell'ANFIA, sulle diverse problematiche inerenti ai rifiuti derivanti dai veicoli fuori uso e le prospettive di riforma delineate dalla suddetta direttiva.
Nel rivolgere un saluto ed un ringraziamento per la disponibilità manifestata, do la parola al dottor Sinceri - che è accompagnato dal direttore generale, dottor Emilio Di Camillo, e dal responsabile della sede di Roma, Severino Breccarello - riservando eventuali domande dei colleghi della Commissione al termine del loro intervento.
CARLO SINCERI, Presidente dell'Associazione nazionale industrie automobilistiche (ANFIA). Ringrazio la Commissione per l'opportunità che ci ha dato di manifestare le nostre valutazioni in merito alla direttiva 2000/53. Abbiamo predisposto una breve nota, di cui lasceremo delle copie affinché possiate acquisirla, ed alla quale farò riferimento per svolgere una breve introduzione.
Siamo di fronte ad una direttiva ambientale, il cui obiettivo è quello di minimizzare l'impatto dei veicoli a fine vita, attraverso una serie di misure a livello preventivo, volte ad assicurare una progettazione del veicolo che ne faciliti il futuro riciclaggio, e una serie di misure atte a garantire metodi corretti di raccolta e di trattamento di tutti i rifiuti collegati al veicolo stesso.
Noi riteniamo che la corretta applicazione della direttiva richieda una serie di condizioni, anche di mercato, che consentano di realizzare un sistema in grado di assicurare, al 1o gennaio 2007, sia il funzionamento efficiente della filiera di raccolta, recupero e riciclaggio dei materiali, sia la sostenibilità economica delle stesse attività.
Per quanto riguarda la fase preventiva, è chiaro che il costruttore, fin dalla progettazione del veicolo, deve essere consapevole delle necessità di rendere più facile ed economico, alla fine del ciclo di vita, il riutilizzo e riciclaggio dei materiali impiegati, in modo da ridurre al minimo possibile il loro invio in discarica.
Ricordo che la direttiva prevede che dal gennaio 2006 - questo è il primo step - per tutti i veicoli che raggiungeranno la condizione di «fuori uso» a quella data, la percentuale di recupero debba essere almeno dell'85 per cento del peso medio (di cui il 5 per cento per recupero energetico); un secondo step è previsto al 1o gennaio 2015.
È chiaro che su questi standard si deve attestare la progettazione dei veicoli. Ciò comporta evidentemente investimenti importanti in termini di ricerca e industrializzazione. Riteniamo però che questo debba essere accompagnato dall'efficienza e dalla sostenibilità economica del sistema complessivo. In altre parole, non possiamo prescindere dalla modernizzazione dell'intera filiera industriale del riciclaggio, sempre nel rispetto del principio della libera concorrenza.
In Italia la razionalizzazione della filiera è resa più complessa rispetto ad altri paesi con i quali siamo soliti confrontarci per una serie di condizioni: assistiamo ad una frammentazione maggiore che negli altri paesi e ad una disomogeneità del sistema che sono il portato di una regolamentazione sviluppata ai vari livelli locali che ha creato talvolta condizioni e vincoli, anche differenti, in grado di incidere non positivamente sui costi e sulle capacità concorrenziali dei singoli operatori.
Inoltre l'attuale struttura della filiera nel nostro paese si è sviluppata in funzione del recupero delle sole parti metalliche, mentre siamo in ritardo per quanto riguarda il recupero e il riciclaggio degli altri materiali.
Abbiamo poi un problema di carenza di inceneritori e la difficoltà di creare nuovi impianti più avanzati dal punto di vista tecnologico. Ciò ostacola il perseguimento degli obiettivi posti dalla direttiva che vuole ridurre al massimo il fluff da avviare in discarica.
Per contro il costruttore nazionale FIAT Auto ha un'esperienza ormai decennale in termini di network di raccolta, trattamento e riciclaggio (il famoso FARE, FIAT Auto Recycling), che ha dimostrato come si possa migliorare la percentuale di riciclaggio e recupero in una condizione di sostanziale autosostenimento per gli operatori della filiera stessa.
Nel decennio 1992-2001, FARE ha trattato circa un milione 650 mila vetture, con un totale di materiali non metallici riciclati di oltre 40 mila tonnellate. Ciò, rispetto agli approcci più tradizionali, ha permesso di guadagnare circa 5 punti in termini di riciclaggio (anziché il 75 per cento, siamo intorno all'80 per cento). Considerando che le parti non metalliche rappresentano solamente un quarto circa del peso di una vettura media, 5 punti su 25 rappresentano una cifra piuttosto importante.
Tornando al tema della realizzazione di un sistema efficiente e sostenibile, riteniamo che si debbano promuovere diverse misure: certamente occorre lavorare a livello territoriale per assicurare una corretta e adeguata capillarità, oltre che uno sviluppo tecnologico degli operatori economici, favorendo peraltro tutte le forme possibile di razionalizzazione del processo di trattamento dei veicoli fuori uso. Occorre poi creare adeguati mercati di sbocco, per favorire il reimpiego dei materiali recuperati, in via prioritaria quelli non metallici, a vantaggio dell'effettivo miglioramento strutturale del sistema e della sua effettiva sostenibilità economica (tra l'altro, favorire i mercati di sbocco dei rifiuti è questione generale che non può essere limitata al solo prodotto veicolo ed è in grado di coinvolgere scelte fondamentali di politica ambientale).
Vi sono poi il tema del recupero energetico dei materiali non riciclabili a fine trattamento (anche questo è un aspetto generale che abbraccia la totalità dei rifiuti) e quello della facilitazione delle operazioni di aggregazione di operatori che integrino le funzioni operative della filiera di trattamento dei veicoli fuori uso.
La direttiva 2000/53, a nostro avviso, contiene due punti qualificanti: il primo è rappresentato dalla responsabilità condivisa dagli operatori, che debbono facilitare la consegna dei veicoli fuori uso a impianti di raccolta e trattamento autorizzati, anche attraverso la rete dei concessionari (ciò può rappresentare un grosso vantaggio anche in termini di capillarità per il cliente utilizzatore del veicolo), oltre a conseguire gli obiettivi di recupero e riciclaggio fissati dalla direttiva stessa. Tutto ciò ferme restando le responsabilità di ciascun operatore all'interno dell'attività complessiva da svolgere.
Il secondo punto qualificante è la disciplina della raccolta dei veicoli a fine vita che vanno consegnati dall'ultimo detentore o proprietario ad un centro autorizzato, prevedendo che tale conferimento avvenga senza spese a carico dello stesso ultimo detentore o proprietario.
Tale condizione, nell'ambito di un circuito virtuoso che deve comunque essere innescato, non può essere concretamente realizzata se non creando le condizioni di efficienza e di mercato atte a rendere il processo economicamente sostenibile. In questa ottica, la direttiva non esclude che i costruttori possano organizzare sistemi di raccolta e trattamento dei veicoli a fine vita in collaborazione con altri operatori economici della filiera.
D'altro canto, se il sistema non riuscirà ad organizzarsi in modo da garantire la propria sostenibilità economica, è facile prevedere che qualcuno, da qualche parte, dovrà pagarne l'inefficienza o la mancanza di adeguati mercati di sbocco o il permanere di situazioni inquinanti.
Da questo punto di vista riteniamo anche che il rispetto della direttiva costituisca, da un lato, una nuova sfida per le case costruttrici, per i fornitori e per tutti gli operatori economici del settore del trattamento dei veicoli a fine vita e, dall'altro, un'opportunità per realizzare un salto di qualità effettivo e strutturale nel recupero di materiale ed energia nei processi di produzione dei beni.
Nel richiedere che il sistema nazionale venga reso efficiente, l'industria automobilistica sottolinea che intende assumere le responsabilità che le derivano dall'attuazione della direttiva, ritenendo che una corretta lettura della stessa comporti l'attribuzione all'industria automobilistica dei seguenti compiti: il rispetto dei requisiti costruttivi atti ad assicurare la riciclabilità dei veicoli (standard omologativi), comprese le necessarie informazioni agli operatori; la responsabilità di rispondere di eventuali (non sono certi) costi residui o temporanei che dovessero verificarsi in connessione con la parte di veicoli più vecchi, e quindi a minor valore commerciale, anche attraverso la possibilità di indicare una propria rete convenzionata per la raccolta e il riciclaggio.
Non dovrebbero quindi essere attribuite ai costruttori responsabilità diverse da quelle sopra enunciate, riferibili alle funzioni tecniche ed alle relazioni che coinvolgono gli operatori deputati al processo di trattamento dei veicoli.
Avendo considerato l'autosostenibilità economica del processo come uno degli obiettivi fondamentali del recepimento, la responsabilità economica del costruttore non potrebbe che essere strettamente legata all'eventualità che si determini un effettivo costo. Pertanto andrebbero evitati sistemi che comportino sia l'affermazione generica che le attività di recupero e riciclaggio non sono sostenibili, sia la definizione a priori di contributi certi che richiederebbero ai costruttori la necessità di accantonamenti che sarebbero sicuramente pesanti per il settore automobilistico in un momento critico e per l'impatto che, per effetto dell'estensione all'intero parco circolante, determinerebbe conseguenze negative dirompenti sulle prospettive future dell'interno comparto nazionale ed europeo, mettendone in gioco anche la competitività.
Su tale posizione è stata verificata la convergenza anche degli altri operatori della filiera appartenenti al sistema di Confindustria.
Quindi, a nostro giudizio, il recepimento in Italia della direttiva europea dovrebbe contenere la chiara indicazione della priorità che riveste l'individuazione delle misure necessarie a creare le condizioni di mercato e di sviluppo degli operatori economici coinvolti nel trattamento dei veicoli a fine vita; l'individuazione delle responsabilità dei costruttori dei veicoli e dei fabbricanti dei materiali ed equipaggiamenti in ordine all'eliminazione di sostanze pericolose nella produzione dei veicoli stessi; misure atte a favorire l'adeguamento degli operatori che effettuano il trattamento agli standard a ai sistemi certificati di gestione ambientale; misure coerenti all'indicazione comunitaria secondo cui «gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per incoraggiare
il reimpiego dei componenti idonei, il recupero di quelli non reimpiegabili, nonché, come soluzione privilegiata, il riciclaggio...», come recita il comma 1 dell'articolo 7.
Si dovrebbero inoltre prevedere: la definizione dei valori di mercato del veicoli fuori uso, correlata con l'integrità del veicolo, la sua anzianità, la presenza di materiali e componenti che abbiano un valore sul mercato, nonché i costi di trattamento e smaltimento; la facoltà per i produttori di organizzare una propria rete, dove viene garantito il ritiro gratuito; il sottoporre, in analogia con quanto avviene in altri paesi dell'Unione europea, il veicolo a fine vita alla normativa dei rifiuti dal momento in cui viene detargato per demolizione e, in ogni caso, dal momento in cui entra in un centro di raccolta.
Sono a vostra disposizione per eventuali richieste di chiarimenti ed approfondimenti.
PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che desiderano intervenire.
LOREDANA DE PETRIS. Mi pare di comprendere che la vostra posizione rispetto agli obiettivi indicati dalla direttiva sia quella di non stabilire a priori un costo, per quanto riguarda la responsabilità del produttore.
Auspichiamo che il processo risulti autosostenibile, però per ottenere ciò occorre che i produttori e gli operatori della filiera lavorino affinché il sistema possa funzionare, anche perché - qui chiedo il vostro parere - per quanto concerne gli obiettivi fissati (85 per cento), dovrà esserci un organismo terzo che ne attesti il raggiungimento.
È evidente che non è interesse di nessuno, anzitutto dei costruttori, che la direttiva sia formalmente recepita ma che poi tutto in Italia rimanga così com'è. Infatti non si può pensare di rimanere sempre indietro rispetto agli altri paesi: questo sì che rappresenterebbe un serio problema sul mercato.
PRESIDENTE. Avendo apprezzato molto la relazione che ci avete offerto, che sarà utile argomento di riflessione e che aderisce all'iniziativa assunta da questa Commissione, pongo anch'io alcune questioni per meglio comprendere il fenomeno. Siamo, attualmente, in una condizione nella quale si recupera il 75 per cento dell'autovettura e le province italiane hanno individuato, in modo più o meno articolato e diverso, in circa 50 euro il costo del conferimento dell'autovettura. Ora, la direttiva europea prevede che nei prossimi anni si debba raggiungere prima l'85 per cento e successivamente il 95 per cento. Immagino che questo differenziale, prima del 10 per cento e poi, complessivamente, del 20, costituisca il vero nodo, l'elemento centrale di una politica ambientale sana e saggia, che passi attraverso i meccanismi che voi utilmente avete ricordato, il primo dei quali è quello della progettazione (direzione nella quale mi pare che già molto si stia facendo e più ancora si dovrà fare, per cui saranno anche necessarie iniziative normative che agevolino tale processo).
Ma pare evidente che per giungere dal 75 prima all'85 e poi al 95 per cento un qualche costo ci sia e pare ugualmente evidente che, secondo quanto prevede la direttiva europea, i costi derivanti dalla adozione delle misure necessarie dovrebbero essere assunti dai produttori.
Esiste il principio della responsabilità condivisa - principio innovativo ma anche straordinariamente positivo - che interessa non solo chi ha una singola responsabilità ma anche una intera filiera complessivamente intesa: ognuno per la sua parte dovrà fare il proprio dovere per giungere al risultato. Ecco, dunque, le questioni che io pongo: come l'ANFIA intende contribuire a rendere questa responsabilità condivisa più partecipe? Cosa può dirsi dell'esperienza del FARE, sicuramente positiva, ma che, probabilmente, si è arenata anche per i costi determinatisi mano a mano che si procedeva in un incremento significativo della quota recuperata? Infine, rispetto al panorama dei paesi che hanno già recepito la direttiva, l'ANFIA ha una preferenza particolare per una delle diverse normative, tedesca, olandese
o spagnola che sia? Chiedo, in definitiva, quali indicazioni possano venire dalla privilegiato osservatorio del mondo della produzione.
CARLO SINCERI, Presidente dell'Associazione industrie automobilistiche (ANFIA). Cercherò di rispondere alle domande di entrambi i commissari, che hanno dei punti di sovrapposizione; se dimenticherò qualcosa, mi richiamerete.
Il mio punto di partenza è il seguente. Noi oggi siamo in presenza di un'autosostenibilità effettiva, nel senso che non ci risulta che quando i concessionari portano un veicolo alla demolizione siano costretti a pagare delle fee agli operatori del riciclaggio, fatti salvi i costi della radiazione dal PRA, che sono a carico dell'ultimo proprietario, e, probabilmente, il costo del trasporto, per il quale presumo vi siano accordi specifici tra il singolo concessionario ed il singolo operatore della filiera. Ci risulta - possiamo anche chiedere alla FIAT un aggiornamento della situazione e trasmetterla alla Commissione nei prossimi giorni, mentre domani il presidente dell'UNRAE, di cui è prevista l'audizione, potrebbe fornire analogo aggiornamento per quanto riguarda le case estere -, ci risulta, dicevo, che, almeno in un recente passato, i concessionari guadagnassero anche qualcosa nel cedere i rottami ai demolitori. Quindi, oggi siamo in una situazione di equilibrio; domani, certamente questo equilibrio sarà più difficile, perché salire nella percentuale di recupero avrà dei costi non proporzionali: ci saranno dei salti. Tuttavia, il FARE, che è nato come fatto non governato, come attenzione all'ambiente senza intervenire sui sistemi di contorno, ma cercando di far funzionare al meglio le cose tra i concessionari ed una serie di operatori e che abbiamo ritenuto qualificati nel campo della demolizione, ha permesso di dimostrare che almeno un 5 per cento poteva essere recuperato senza svantaggi economici.
Certamente, per questo sviluppo è stato importante un impegno diretto da parte di FIAT Auto, perché è stata proprio FIAT Auto ad andare a cercare quelli che fabbricavano bottiglie di vetro e convincerli a prendere il vetro delle auto da demolire; non avremmo potuto chiedere questo approccio all'associazione dei demolitori o ai demolitori stessi, i quali avevano di certo minore potere negoziale. Dalle moquette alle bottiglie ne abbiamo usate un certo numero, alleggerendo il problema del riciclaggio; comunque, concordo che in un prossimo futuro la situazione sarà un po' più impegnativa dal punto di vista economico. Nel frattempo, però, è cresciuta la sensibilità nei confronti del tema ambientale ed abbiamo anche qualche anno di tempo per prepararci. Finora, al di là di azioni volontaristiche (io conosco quelle di FIAT, ma sicuramente altri, in altri settori, avranno fatto altrettanto), non è stato particolarmente preso a cuore l'obiettivo, ad esempio, della creazione di mercati di sbocco. Ci sono quattro anni di tempo, durante i quali qualcosa, da questo punto di vista, potrà essere fatto.
Non escludo, lo ripeto, che possano esservi dei costi; però, è anche evidente che noi dovremo operare (dicendo «noi» non mi riferisco soltanto a noi costruttori, ma all'intera classe dirigente del paese, alla classe politica, alla classe industriale) affinché tutti i processi si svolgano ricercando il massimo di efficacia ed il massimo di efficienza. Si parla di costo attribuito al costruttore: se con ciò si intende che l'ultimo proprietario non debba pagare una lira per consegnare il proprio veicolo, questo è pacifico; la direttiva, tra l'altro, lo impone. Ma se si pensa che questo possa non avere effetti sui costi del prodotto finale, soprattutto nel caso in cui tali costi non fossero governati, quindi fossero liberi, è chiaro che o l'industria muore (non parlo di un singolo costruttore, che può anche morire a vantaggio degli altri) o i costruttori dovranno recuperare quei costi all'interno del prezzo di vendita. Mi sembra abbastanza evidente. L'Olanda - mi richiamo all'esempio internazionale che è stato fatto - non ha questo problema perché in quel paese, da tempo quasi immemore, tra i costi che il primo acquirente sostiene per l'immatricolazione della vettura è compresa anche
una cifra che va ad alimentare un fondo che oggi è divenuto cospicuo, perché nel frattempo si è fatto poco anche in Olanda in termini di riciclaggio, quindi si è prelevato poco da quel fondo.
Dunque, senza escludere che un problema di costi possa presentarsi, ritengo che tutti quanti si debba lavorare nella logica di abbattere questi costi, poiché ciò sarà un vantaggio per il consumatore e per il paese. Questo anche perché oggi parliamo di vetture, ma è chiaro che in futuro il problema si porrà per gli elettrodomestici bianchi e per tutta una serie di altri prodotti interessati da direttive di questo tipo, per cui è bene trovare per tutti i costi di riciclaggio e di recupero una soluzione che si ispiri all'efficienza. Da questo punto di vista, il prodotto automobile può prestarsi a fare, per così dire, da capofila.
La cifra di 50 euro (che tutti abbiamo letto) come costo di conferimento francamente ci sembra un po' inventata, nel senso che non è suffragata né da situazioni esistenti (che, ripeto, almeno per l'Italia indicherebbero il contrario), né da serie analisi. Sembra più una cifra tanto per sapere quanto accantonare, rinviando al futuro l'analisi. Credo, invece, che si debba avere su questo argomento un approccio più attivo e come ANFIA siamo disponibili, come già abbiamo fatto in passato, a contribuire allo sviluppo di ipotesi e scenari. Dopodiché, concordo con lei, presidente, che debba esservi qualcuno che assicuri un corretto monitoraggio, anche per capire quali siano le distanze rispetto ad un percorso ottimale, cioè dove siano le maggiori inefficienze e come recuperarle.
Per quanto riguarda le esperienze internazionali - prima ho parlato dell'Olanda, che rappresenta, però, un caso unico - non mi sembra da scartare l'ipotesi francese, che prevede due livelli. Uno, che ritroviamo anche nel testo tedesco e spagnolo, prevede che se il costruttore non si fida dei costi indicati, può crearsi una sua rete: il cliente che va lì non paga, ovviamente, nulla e poi sarà il costruttore ad ottimizzarsi. Ma i francesi hanno introdotto un anche un secondo livello, cioè una variante: la distinzione tra frantumatori e demolitori: al demolitore viene concessa la facoltà di ritirare o meno gratuitamente il veicolo, mentre per il frantumatore è un impegno. Questo nella presunzione che saltando un anello, avendo un processo di lavorazione più ampio, il frantumatore possa essere più efficiente e quindi in grado di garantire o, quanto meno, di avvicinarsi meglio all'ipotesi dell'autosostenibilità. C'è da dire che la Francia ha 40 o 42 (non ricordo esattamente) frantumatori, mentre l'Italia ne ha soltanto 18, peraltro concentrati in buona parte nel nord, vicino alle acciaierie: tra 18 e 40-42 la differenza in cifre assolute è piccola, ma in percentuale è abbastanza significativa.
PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Carlo Sinceri, presidente della Associazione industrie automobilistiche, non soltanto per l'approfondita ed esauriente relazione ma anche per la squisita disponibilità manifestata ad approfondire ulteriormente, se fosse necessario, aspetti specifici della materia. La Commissione ha interesse a che il recepimento della direttiva europea non sia soltanto cartaceo, ma che vi sia una efficace azione - anche minimale, ma efficace - che individui anche, come ha sottolineato la collega De Petris, meccanismi di controllo e di verifica dell'attuazione del percorso complessivamente inteso.
Rinnovando il mio ringraziamento al dottor Sinceri ed ai collaboratori che lo hanno accompagnato, dichiaro conclusa l'audizione e la seduta.
La seduta termina alle 15.30.
![]() |