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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'infanzia in stato di abbandono o semiabbandono e sulle forme per la sua tutela ed accoglienza, l'audizione del dottor Antonio Bianchi, presidente della Federazione delle associazioni di volontariato italiane della Bielorussia (AVIB), e del dottor Geo Bosini, rappresentante dell'associazione «Stella Cometa», in materia di soggiorni temporanei da Chernobyl. Con l'accordo dei colleghi, si è aggiunto alla discussione il vicepresidente dell'AVIB, dottor Antonio Corvino.
Nell'imminenza della missione che stiamo per intraprendere, ci piacerebbe sapere - a parte le aspettative delle associazioni degli affidatari e degli enti che si occupano di questa materia, che sicuramente sono massime - che cosa vi aspettate di poter ottenere, limitatamente ai rapporti tra Parlamenti. Vi chiedo, dunque, di farci conoscere il vostro punto di vista su quello che dovremmo chiedere, ma anche su quello che non dovremmo chiedere, indirizzandoci verso l'atteggiamento che, a vostro giudizio, dovremmo assumere. Ovviamente, saremo noi, nell'autonomia della Commissione, a scegliere la strada da intraprendere, ma riteniamo comunque molto utile il vostro giudizio in merito.
Vi do pertanto la parola.
ANTONIO BIANCHI, Presidente della Federazione delle associazioni di volontariato italiane per la Bielorussia. Innanzitutto, ringrazio la Commissione per aver invitato la federazione che presiedo. Preciso che il collega Bosini, oltre a ricoprire la carica di presidente dell'associazione «Stella Cometa», è consigliere della federazione AVIB, nonché nostro consulente legislativo ed esperto di leggi relative alla tutela dell'infanzia.
Come federazione, fin dalla nostra nascita, quindi da circa un anno e mezzo, auspichiamo che, insieme alle istituzioni bielorusse, si realizzi un'armonizzazione fra le norme italiane di accoglienza temporanea e quelle che consentono ai minori bielorussi di andare all'estero. È questo un aspetto importantissimo, ed è per tale ragione che al dottor Corvino, oggi presente, è stato affidato recentemente il mandato di rappresentare la federazione presso le istituzioni bielorusse. Tra l'altro, solo venerdì egli è tornato dalla Bielorussia, dove ha avuto diversi importanti incontri.
Stiamo cercando in tutti i modi di sfatare la convinzione bielorussa che l'accoglienza temporanea per risanamento, l'obiettivo perseguito dalle associazioni aderenti alla federazione, sia sinonimo di adozione. Purtroppo, in alcune fasce della popolazione italiana, ma soprattutto in Bielorussia, la pratica dell'accoglienza temporanea per risanamento viene intesa come un presupposto per l'adozione. Questo fraintendimento ci ha creato in passato, e ci sta creando tuttora, diversi problemi.
Pertanto, il nostro obiettivo, soprattutto in questo momento, è quello di ottenere norme e riconoscimenti precisi per quanto riguarda l'accoglienza e di rimarcare il più possibile la differenza fra accoglienza e adozione. Sebbene entrambe legittime e sostenibili da parte nostra, si tratta di due pratiche assolutamente diverse, come ci dicono anche i numeri. L'adozione, rispetto all'accoglienza, rappresenta solo l'1 per cento, se non meno. Ogni anno, da ormai 15 anni, in Italia vengono accolti oltre 30 mila minori bielorussi, a fronte di un numero di adozioni di circa 100-150 minori ogni anno, molte delle quali al di fuori delle esperienze di accoglienza.
Rifiutiamo, dunque, l'assimilazione tra accoglienza e adozione, che ci sta creando tantissimi problemi.
ANTONIO CORVINO, Vicepresidente della Federazione delle associazioni di volontariato italiane per la Bielorussia. Vi ringrazio per avermi consentito di partecipare a questa audizione, insieme ai colleghi dell'AVIB. La mia presenza è dovuta soprattutto al fatto che recentemente sono stato in Bielorussia, dove ho avuto contatti con le autorità e le istituzioni locali e ho incontrato il nostro ambasciatore a Minsk.
Solo ed esclusivamente in atteggiamento di servizio nei confronti di questa Commissione, vorrei sottolineare alcuni punti, ferma restando la discrezionalità superiore della Commissione stessa di decidere se accogliere o meno le mie considerazioni.
In riferimento alle adozioni, credo che sia opportuno chiedere la sanatoria per le pratiche giacenti in Bielorussia. Si tratta di un numero molto ridotto: risultano giacenti 172 pratiche, 71 delle quali si troverebbero addirittura nel cassetto del ministro. Dunque, parliamo di numeri la cui rilevanza non è stratosferica.
Come ho anticipato, signor presidente, ho incontrato anche il signor ambasciatore e credo che avanzare una richiesta, con lo stile che la caratterizza, per la sanatoria di queste pratiche sarebbe importante. Come certamente saprà, nel frattempo alcuni documenti sono scaduti, altri sono in via di scadenza e avviarne nuovamente l'iter richiederebbe tempo e, soprattutto, soldi. Le nostre famiglie sono stremate, anche per la situazione di carattere generale che voi conoscete bene.
Un'ulteriore questione da affrontare è quella dell'apertura delle adozioni, autorizzando l'ambasciata bielorussa a Roma ad accettare le domande. Signor presidente, sicuramente le riferiranno di anomalie, definiamole così in modo generico. A mio parere, anomalie forse si sono verificate anche in Italia, da parte di alcune associazioni autorizzate. Mi risulta che lei ne conosca anche qualcuna, che ha criticato fortemente questa associazione. Questo è vero, ma è altrettanto vero - e questa è una posizione dignitosamente ferma - che il «marcio» riguarda prevalentemente situazioni bielorusse. Sono certo che lei, come presidente della Commissione, saprà avvalersi di accorgimenti ed eufemismi per contenere questa mia affermazione.
Tuttavia, in qualità di presidente dell'associazione Puer, credo di potermi esprimere in questo modo. Se la Puer, infatti, dovesse chiudere i rubinetti, 300 bambini adottati a distanza morirebbero di fame, per non parlare di una serie di iniziative, di cui lei sarà sicuramente a conoscenza, che verrebbero bloccate. L'ala dell'ospedale, ad esempio, ci è costata 240 mila euro, l'autoambulanza 70 mila euro, un bambino portato in Italia, dove ha subito 11 interventi chirurgici, è costato 50 mila euro. Mi fermo qui, sebbene potrei proseguire con un lungo elenco. Tuttavia, è bene che lei sappia e sottolinei tutto
quello che le associazioni di volontariato, prevalentemente italiane, realizzano in Bielorussia.
Ci sono numerosi aspetti legati alla nostra azione in Bielorussia (scusate se parlo a braccio, senza seguire una scaletta precisa). Si pensi che, secondo nostri conteggi - sono un imprenditore e sono abituato a fare i conti -, per la Belavia, un'azienda bielorussa, come associazioni di volontariato rappresentiamo il 57 per cento della loro attività.
ANTONIO BIANCHI, Presidente della Federazione delle associazioni di volontariato italiane per la Bielorussia. Abbiamo calcolato, ma credo per difetto - non riusciamo a tenere un conteggio esatto, poiché quando i bambini rientrano in Bielorussia, la famiglia italiana di accoglienza nasconde gli euro nell'orlo della loro gonna o dei loro pantaloni - che gli aiuti italiani in Bielorussia ammontano a 150-200 milioni di euro l'anno. Rappresentiamo, dunque, la maggior parte del PIL bielorusso.
ANTONIO CORVINO, Vicepresidente della Federazione delle associazioni di volontariato italiane per la Bielorussia. Riprendo la parola per richiamare l'errata assimilazione, della quale a volte come presidenti delle associazioni di volontariato veniamo rimproverati, dell'accoglienza all'adozione. I dati che ha citato il dottor Bianchi chiariscono questa vicenda: le adozioni rappresentano, a livello nazionale, meno dell'1 per cento. Dato significativo, se si pensa che l'Italia accoglie circa 30 mila bambini all'anno. Considerando che questo avviene dal 1994, è facile fare i conti. Le stime della Puer raccontano che, dal 30 giugno 2004, le accoglienze sono state 62 mila, le adozioni 105, pari allo 0,17 per cento, direi un numero fisiologico. Del resto non possiamo certo criminalizzare le famiglie che intraprendono una strada così bella come quella dell'adozione!
A quanto ci risulta, il protocollo di intesa non contiene novità rilevanti. Sembrerebbe che si voglia portare a cinque anni il periodo delle relazioni, ma in questo caso si dovrebbe richiedere alle famiglie adottive una relazione all'anno, anziché due, sull'inserimento del bambino nella scuola o nel consorzio sociale. Non mi pare, quindi, che vi siano variazioni rilevanti rispetto a quanto già previsto.
Di certo, signor presidente, è importante che il prossimo 20 ottobre si svolga l'incontro programmato, e vi rivolgiamo, al riguardo, un accorato appello al fine di impedirne l'ulteriore differimento. In quell'occasione non si parlerà solo delle adozioni, ma anche delle accoglienze, delle cure sanitarie e di altre attività.
Noi, come AVIB, abbiamo già pensato a un progetto per gli scambi culturali. Si tratta di un progetto molto difficile e costoso, ma cercheremo di realizzarlo. Approfittando della vostra benevolenza, voglio ribadire con forza che le istituzioni bielorusse si aspettano che questo incontro si tenga, non accetterebbero di buon grado - i bielorussi sono permalosi, oltre che bugiardi - un suo differimento a data da destinarsi.
GEO BOSINI, Rappresentante dell'associazione «Stella Cometa». Ringrazio questa Commissione innanzitutto per aver avviato un'indagine conoscitiva che si occupa in modo concreto anche di accoglienza.
Il vero problema è legato alle difficoltà che il tema dell'accoglienza pone nei confronti delle normative italiane e nei confronti della Bielorussia. In particolare, in Bielorussia un decreto del Presidente sul traffico delle persone, che risale a ottobre del 2004, ma è entrato in vigore il 1o luglio 2005, limita l'attività dell'accoglienza. Questo ci ha molto preoccupato; abbiamo pertanto intensificato i nostri viaggi in Bielorussia, da ultimo quello citato da Antonio Corvino, per cercare di ricucire rapporti che sembravano ormai persi.
Il Presidente sembrava assolutamente determinato a non mandare più neanche un bambino in Italia, innanzitutto per mancanza di fiducia nelle istituzioni italiane. Del resto, come risulta anche dal vostro resoconto, un minore in Italia è
privo di tutela. In alcuni casi, siamo dovuti intervenire direttamente noi, come AVIB. Ad esempio, il nostro presidente si è attivato moltissimo per far rientrare un bambino da Civitavecchia, dopo che un tribunale aveva emanato un decreto adottivo. Vi prego, inoltre, di tener presente il caso della signora Cuffaro riguardante un bambino con passaporto italiano che attualmente è in Bielorussia. Questi sono i problemi che abbiamo vissuto nel corso di questo anno.
Quello che la Bielorussia oggi si aspetta dall'Italia credo sia un segnale importante dal punto di vista politico. In questi dieci mesi ci siamo sentiti stretti in una morsa, nella quale l'unica via d'uscita poteva essere quella di prevedere che la Commissione parlamentare si recasse in Bielorussia per discutere tutti i problemi sul tappeto. In realtà, oltre ad un protocollo d'intesa noi abbiamo bisogno di attivare diverse forme che riguardino sempre l'accoglienza; più precisamente, mi riferisco alla permanenza per soggiorni di studio e solidaristici, all'ottenimento del visto per studio e alla documentazione relativa, all'ottenimento del visto per cure mediche.
È innegabile che ospitare dei bambini per diversi anni, per 90 o 150 giorni all'anno, comporta la nascita di rapporti affettivi, tutti naturalmente a favore del minore. Sicuramente si tratta di minori che devono essere aiutati, in uno Stato - lo stesso Presidente bielorusso lo riconosce - che non è in grado di gestire il fenomeno dei bambini abbandonati, strettamente collegato all'alto tasso di alcolismo che contraddistingue il paese.
Non ultimo, si pone il punto riguardante Chernobyl. La relazione di un mese fa evidenzia i grandi problemi esistenti ancora oggi, legati al cesio e a tutto quello che esso ha comportato. Per questo abbiamo bisogno che questa Commissione si rechi in quelle zone per portare il nostro messaggio. Ritengo di poter dire che noi abbiamo portato avanti un lavoro molto importante. La cooperazione internazionale si costruisce piano piano, e devo dire che, tutto sommato, questo è anche un sistema di esportazione di democrazia, in quanto fa conoscere a tanti bambini di allora, ragazzi di oggi, uomini di domani il valore della famiglia. Credo che questo sia un motivo di orgoglio per l'Italia e per le famiglie italiane che hanno intrapreso, da sole, senza nessun appoggio, questo cammino. Questa Commissione ci è stata vicina, nel corso di questi anni, e per questo ringrazio tutti voi, augurandovi buon lavoro con la Bielorussia.
PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti e formulare osservazioni.
MARIDA BOLOGNESI. Ringrazio i nostri ospiti. Sono convinta che sarebbero per noi molto utili ulteriori interventi o eventuali appunti scritti che ritenessero di inviarci prima del nostro viaggio in Bielorussia. Un viaggio che sicuramente ci sarà; del resto sono mesi che parliamo di questa missione. Personalmente mi auguro che non si farà proprio il 20 ottobre, ma qualche giorno dopo; tuttavia, al di là della data, riteniamo di poterci recare a Minsk prima della fine del mese.
Indubbiamente questo viaggio sarà vantaggioso, sia dal punto di vista delle relazioni internazionali, fondamentali in questa materia, sia per stringere con le associazioni che svolgono questo tipo di attività un rapporto più stretto di quello che abbiamo avuto nel corso di questi anni.
Credo che l'aiuto ai bambini in difficoltà socio-economiche e familiari si sviluppi lungo tre canali: quello della cooperazione in loco; quello dell'adozione da parte di una famiglia europea, che si faccia pienamente carico dei bambini, obiettivo questo riconosciuto da tutte le convenzioni internazionali e dalla nostra coscienza; quello dei soggiorni solidaristici, tema come sapete molto discusso. La presenza di una federazione che lega tra loro le diverse associazioni e consente uno scambio di progetti e di obiettivi, credo che sia davvero fondamentale.
Spesso, come rappresentanti del volontariato, siete stati ambasciatori dell'Italia in Bielorussia. Mi rendo conto della necessità di inaugurare una stagione nuova,
nei rapporti con questo paese. Una stagione nuova significa anche regole nuove; si potrebbe pensare anche a un protocollo o ad un accordo, che ponga al centro le motivazioni per cui esistono i soggiorni.
Per quanto riguarda l'aspetto più specifico della famiglia, dobbiamo dire che viviamo in una società dinamica, sotto il profilo delle relazioni familiari e sociali. I bambini, nel nostro paese, possono avere una famiglia che può rompersi o ricomporsi. Insomma, possono esserci anche più nuclei familiari come riferimento. Credo che nella società moderna questo possa avvenire, anche su una scala geografica più allargata. In altre parole, oggi più di ieri, dovremmo essere in grado di offrire ai bambini che non hanno una famiglia o ne hanno una che non riesce a occuparsi di loro altre famiglie che ne sostengano la crescita e la formazione.
Non credo che sarà facile far capire tutto questo ai bielorussi. Se esiste l'assimilazione tra soggiorni solidaristici e adozioni (e spesso si tratta di adozioni da paesi dell'est, prima di tutti la «mamma Russia») e questo viene considerato un problema di difficile gestione politica interna, dobbiamo aiutare questi paesi a sviluppare con noi forme moderne che, nel rispetto della loro dignità - non dimentichiamo che questi paesi hanno le loro regole, storie e culture -, valorizzino lo scambio.
Ora, in questo benedetto protocollo, che ha girato più o meno «clandestinamente», abbiamo ovviamente il dovere di chiedere che vengano risolti i famosi casi sospesi di adozione. È importante che queste adozioni - peraltro una piccola parte rispetto al flusso dei soggiorni solidaristici - vengano considerate non come una disgrazia, ma come un elemento fisiologico. Questo è ciò che deriva dal bilancio di questa esperienza: fisiologicamente, è possibile che una parte di queste esperienze portino all'adozione. Non credo, dunque, che queste adozioni possano essere viste come un elemento negativo. È necessario individuare la maniera per prevedere questa eventualità nell'ambito del protocollo e per riconoscere il valore di questo percorso. Certo, si tratta di un percorso minoritario nell'ambito dei soggiorni solidaristici, ma che comunque ha piena dignità. Pertanto, oltre a risolvere i casi sospesi, forse bisognerebbe riconoscere il percorso di adozione come elemento fisiologico minoritario.
Del resto, in Italia sono altre le regole per l'adozione, dunque anche per le nostre leggi non può che trattarsi di un percorso, se non incidentale, comunque diverso, in quanto rientra in un'altra tipologia: ad esempio, esso si rivolge a bambini più grandi, come generalmente sono i bambini interessati da soggiorni solidaristici.
In primo luogo, come dicevo, è necessario chiudere i casi sospesi; da questo punto di vista è necessario un impatto piuttosto deciso, e voi potrete aiutarci. In secondo luogo, occorre considerare gli eventi adottivi - oggi un po' più numerosi in quanto si sono accumulati, ma pur sempre residuali - come un elemento fisiologico legato a questo tipo di esperienze. Infine, è necessario rafforzare il canale del soggiorno per motivi di studio.
Vorrei capire se tutte le associazioni - a dire il vero, la vostra è una realtà che conosco meno, rispetto agli enti che si occupano di adozione - predispongono dei progetti sui bambini, sul gruppo bambini o sul singolo bambino, se si tratta di progetti biennali, triennali o se la scelta di ripetere l'esperienza viene lasciata più all'iniziativa delle singole associazioni e delle singole famiglie. Insomma, la famiglia si impegna a farsi carico, per i successivi due o tre anni, di un pezzetto della vita di quei bambini? A mio parere, se questa esperienza ha una continuità, dunque non è un evento occasionale che fa intravedere ai bambini un mondo dorato, per abbandonarli nuovamente in una situazione di stenti e di difficoltà, se esistono dei progetti precisi e si chiede alla famiglia di investire su un bambino o ad un ente locale di investire su un gruppo di bambini, è probabile che le tante controindicazioni che si vedono in questa esperienza si riducano.
A mio avviso, un'impostazione di questo tipo potrà tranquillizzare anche i bielorussi,
più delle relazioni. Certo, nel protocollo dovremo offrire elementi di certezza circa i rapporti con le autorità italiane. È chiaro che non possiamo abdicare a questo impegno; del resto, abbiamo istituzioni che si occupano dei minori e, avendo in esse piena fiducia, vogliamo che instaurino rapporti con le istituzioni bielorusse.
Potremmo prevedere, nell'ambito di un accordo, che alcuni soggetti, forti delle istituzioni dei due paesi, si pongano come garanti? Innanzitutto, dobbiamo accertarci che sia previsto un investimento annuale, che esistano progetti che interessano i bambini o i gruppi, dunque possiamo affrontare il tema dei permessi di soggiorno. Vi faccio notare che questi bambini entrano in Italia con il visto turistico - un altro falso italiano -, sebbene facciano parte di un progetto di solidarietà internazionale. A mio parere, quindi, dovremmo ragionare sull'individuazione di visti di natura umanitaria.
La legge Bossi-Fini prevedeva decreti successivi che non sono mai stati emanati e dubito che, in campagna elettorale, qualcuno si premurerà di scrivere decreti che riguardino l'accoglienza, i visti e argomenti del genere. Tuttavia, anche per consegnare un testimone al prossimo Parlamento, credo che dovremmo stabilire un punto fermo almeno su alcune questioni. È assurdo, lo ripeto, far entrare i bambini in Italia con un visto turistico.
ANTONIO CORVINO, Vicepresidente della Federazione delle associazioni di volontariato italiane per la Bielorussia. Lo dice a noi!
MARIDA BOLOGNESI. Appunto. Vi chiedo di sollecitarci su questi argomenti, non so se sono stata chiara. Accanto a questa, se ci sono altre questioni che meritano la nostra attenzione, dovete dircelo chiaramente. Si tratta di capire, nel rapporto con questi paesi - fermo restando il rispetto delle regole e della storia di tutti i paesi, pur nella diversità di opinioni - che cosa noi possiamo offrire loro, di quanto a loro interessa, e che cosa, invece, chiediamo loro di quanto sta a cuore a noi.
Di certo, non possiamo accettare che i bambini siano usati dalla politica internazionale come elementi di ricatto. Diversamente dovremmo fare un passo indietro e precisare che siamo disposti a recarci in Bielorussia - e sappiamo che tengono particolarmente al nostro viaggio - solo a determinate condizioni. È vero, noi dobbiamo dare, ma siamo anche nelle condizioni di chiedere. Non andiamo in Bielorussia per «fare vetrina», ma per portare a casa dei risultati, anche se questi non saranno così evidenti il giorno successivo al nostro rientro.
Signor presidente, chiedo che ci sia un momento di riflessione comune con la missione tecnica, che sta per essere avviata. In altre parole, prima di partire vorrei incontrare qualcuno che è già stato in Bielorussia e capire cosa hanno prodotto i negoziati e gli incontri che si sono svolti, quali sono i limiti, e quant'altro, altrimenti il nostro rischia di diventare un viaggio turistico.
Se, invece, conosciamo il bilancio della missione tecnica e focalizziamo i punti deboli e le prospettive emersi da quel viaggio, arriveremo preparati in Bielorussia. Sarà necessario, dunque, un momento di incontro, che ci permetta di prepararci al meglio per quell'appuntamento.
PRESIDENTE. Do ora la parola all'onorevole Ruzzante, che è entrato a far parte della Commissione al posto dell'onorevole Pisa e gli porgo il benvenuto.
PIERO RUZZANTE. Credo che vi sia un elemento di valutazione di carattere generale sul quale, almeno per quanto riguarda la Commissione infanzia, non vi è mai stato alcun dubbio. Mi riferisco alla necessità di inserire, all'interno delle riflessioni che riguardano i rapporti con la Bielorussia, anche il tema dell'ospitalità, dei soggiorni e delle accoglienze, come parte integrante di un'azione di solidarietà che dall'Italia si indirizza verso questo paese.
Al di là di questo, credo si debba sottolineare il fatto che, anche nell'incontro
con i rappresentanti dell'associazione delle famiglie in attesa di adozione, il tema dell'accoglienza è stato posto come uno dei temi importanti del rapporto fra Italia e Bielorussia, inteso come elemento da rilanciare dal punto di vista della solidarietà.
La nostra riflessione, dunque, ci porta a definire le accoglienze, le ospitalità e i soggiorni come parti integranti del lavoro verso i minori della Bielorussia. Non c'è ombra di dubbio, qui non si parla solo di un aspetto solidaristico, ma anche della salute di quei bambini e, come giustamente qualcuno ha ricordato, sarebbe bene acquisire dati precisi anche dal punto di vista medico-scientifico.
ANTONIO CORVINO, Vicepresidente della Federazione delle associazioni di volontariato italiane per la Bielorussia. Siamo in grado di fornirvi i dati.
PIERO RUZZANTE. Credo che sia importante, per la Commissione, acquisire questi dati. Le notizie in mio possesso, in materia di salute, spingono assolutamente verso i percorsi di accoglienza, affinché questi bambini - 30 mila ogni anno - almeno per un periodo all'anno abbiano la possibilità di non essere a contatto con zone inquinate dal punto di vista radioattivo, di non mangiare cibo, respirare aria e bere acqua in territori contaminati.
Questo è l'elemento che dobbiamo sempre tener presente, altrimenti non comprendiamo l'importanza di questa azione dal punto di vista della salute.
La mia seconda riflessione parte dalla percentuale, relativamente bassa, di accoglienze che si trasformano in adozioni. Credo che sia interesse di questa Commissione ragionare anche sulla qualità di quelle adozioni. Nella mia città, Padova, ho partecipato ad un convegno, nel quale sono stati presentati i dati relativi alle adozioni di bambini bielorussi. Ebbene, non c'è un paese al mondo che abbia una percentuale di adottati così alta come la Bielorussia. L'età media di queste adozioni, se non ricordo male, si aggira intorno ai 12 anni. Questo è un elemento piuttosto rilevante rispetto alle valutazioni di questa Commissione, che ha sempre sottolineato, in tutti i suoi atti di indirizzo, il tema della necessità di adozione anche per i bambini più sfortunati, quelli che nessuno vorrà mai adottare, che probabilmente hanno una sola possibilità di trovare una famiglia.
ANTONIO BIANCHI, Presidente della Federazione delle associazioni di volontariato italiane per la Bielorussia. Oltre al dato anagrafico, vorrei mettere a disposizione anche i dati relativi allo stato di salute dei minori bielorussi adottati.
PIERO RUZZANTE. Anche da questo punto di vista la Commissione ha sempre sottolineato, nei suoi atti di indirizzo, sia la necessità di adottare bambini non piccolissimi sia l'esigenza di tenere conto dello stato di salute.
Credo che l'esperienza dell'accoglienza di bambini che, in alcuni casi, sono gravemente malati e vengono comunque adottati da famiglie italiane dimostri tutta la validità e l'importanza di un percorso che porta alla consapevolezza che anche un bimbo malato, anche un bimbo in età non più tenerissima, necessita dell'amore di una famiglia. Su questo argomento credo sia necessario riflettere.
Mi pare di aver capito che la missione della CAI sia stata confermata per il 13 ottobre - così almeno riporta il sito della commissione - e questa è una buona notizia per noi tutti.
Prima di concludere, vorrei porre due domande. La prima si ricollega alle considerazioni dell'onorevole Bolognesi ed è relativa sostanzialmente all'applicazione della legge Bossi-Fini. Proprio in questi giorni, il Presidente Lukashenko ha varato un decreto relativo ai soggiorni, nel quale, a mio parere, vi è una finestra che potrebbe consentire tempi di permanenza forse un po' più lunghi rispetto ai 90 giorni precedentemente stabiliti. Vorrei capire se ciò è vero, se in sostanza potete confermare questa notizia. Inoltre, vorrei sapere se ritenete che l'allungamento dei soggiorni - non penso a soggiorni annuali,
ma ai 120-150 giorni precedentemente acquisiti - possa rappresentare una soluzione positiva.
La seconda valutazione è di carattere generale. Credo che dobbiamo ammettere l'esistenza di un difetto, che riguarda noi tutti - e noi istituzioni in primo luogo -, nel rapportarci con la Bielorussia. Ognuno porta la sua esperienza vedendola dal suo punto di vista e ragionando solo nei termini della propria associazione. Quello che ci manca, forse, è una capacità, che hanno invece altri paesi, di presentare il pacchetto complessivo delle iniziative che l'Italia svolge nei confronti della Bielorussia, ossia di fare sistema. Insomma, il pacchetto delle iniziative italiane - 30 mila accoglienze, numerose iniziative di solidarietà da parte di centinaia di comuni, e via dicendo - rende bene l'idea di un paese che è coinvolto in maniera forte.
Credo che tutto questo debba essere sottolineato in sede di tavolo di trattativa o in occasione di una riflessione sul protocollo. Dovremmo evidenziare che non è in ballo solo il tema delle adozioni, ma una solidarietà complessiva, che ogni giorno parte dall'Italia verso la Bielorussia.
Lo dico alle associazioni, come lo abbiamo detto anche agli enti e alle famiglie: fare sistema è davvero importante.
CARLA MAZZUCA POGGIOLINI. Non ripeterò quanto hanno affermato i colleghi che mi hanno preceduto, in quanto condivido perfettamente la loro impostazione e, soprattutto, la profondità della loro analisi su come si svolge la nostra azione di accoglienza e su come si debba essere attenti a non perdere nulla, cercando semmai di guadagnare qualcosa.
Ciò premesso, mi limiterò a porre delle domande secche. In primo luogo, in merito alla circostanza, riferita dal dottor Bosini, secondo la quale il presidente Lukashenko avrebbe accusato l'Italia di una mancata tutela dei minori, vorrei sapere quando ci è stato mosso questo rilievo e, soprattutto, in che modo abbiamo risposto, se esso sia stato mosso attraverso una dichiarazione giornalistica o attraverso qualche atto ufficiale. Quest'ultimo, ovviamente, avrebbe un peso diverso, dal punto di vista istituzionale, considerato che noi rappresentiamo un'istituzione che si rapporta con un'altra «istituzione», peraltro non riconosciuta da nessuno.
In secondo luogo, l'Italia tiene moltissimo a portare avanti quest'opera fortemente umanitaria, ma anche fortemente gratificante, perché l'affetto si dà e si riceve. La gratificazione - almeno per quel che riguarda chi vi parla e, penso, tanti altri - viene ancor più dal dare, dal poter offrire, a chi non ce l'ha, una famiglia e la possibilità di vivere in modo sano. Tuttavia, sappiamo quanto siano reali i fatti cui si è accennato più volte. Lo sappiamo anche dall'atteggiamento dell'ambasciatore, che in questi due anni è mutato. Anche nell'incontro che abbiamo avuto, nelle tre o quattro volte in cui ha affermato: «Sì, ma non parliamo solo di minori», non credo che l'ambasciatore intendesse parlare delle opere che si possono realizzare, come le scuole, o quant'altro. Ritengo, piuttosto, che con quelle parole si riferisse all'aspetto squisitamente politico della loro situazione internazionale.
Il valore politico della nostra missione lo conosciamo tutti, ma dobbiamo stare attenti, in quanto siamo borderline, sul filo del rasoio: non possiamo sconfessare l'Europa - apparteniamo ad essa e ne siamo parte costituente - ma nemmeno rischiare di perdere i minori.
È innegabile che in Bielorussia qualcuno sta strumentalizzando la questione dei minori. Ebbene, noi dobbiamo cercare di essere più furbi di loro, ma istituzionalmente corretti. Di fronte alla loro strumentalizzazione, noi possiamo sempre tirarci indietro, lasciando ai nostri interlocutori tutta la responsabilità della vicenda. Naturalmente questa è solo una tattica, perché è evidente che vogliamo ottenere esattamente il contrario. Come istituzione parlamentare dell'Italia, uno dei paesi fondatori dell'Unione europea, non possiamo permettere che qualcuno pensi di giocarci in questo modo.
È necessario far capire alle istituzioni bielorusse che non siamo disposti a tutto per ottenere qualcosa che loro, probabilmente, continueranno a non darci o a darci con il contagocce, sperando di far breccia nella nostra affettività (dico «nostra» pensando alle famiglie, alle associazioni e quant'altro) e di ottenere a loro volta qualcosa che, peraltro, non siamo nemmeno in grado di assicurare loro. Per essere più espliciti, l'Italia non può imporre all'Unione europea il riconoscimento della Bielorussia, per il solo fatto di ospitare bambini bielorussi.
Stando così le cose e non potendo modificarle, bisogna «giocare di fino» e chiedere alle istituzioni di quel paese di fare subito il loro dovere, prima di tutto nei confronti dei minori - di questo si tratta, considerato che essi già conoscono le famiglie e sono coinvolti in una relazione affettiva -, paventando in caso contrario la possibilità di un abbandono da parte nostra. Può sembrare un'esagerazione, ma è una tattica che chiedo venga presa in considerazione.
PRESIDENTE. Sotto questo punto di vista mi sento di dover richiamare la mia origine democristiana. Perciò, mi dispiace per la collega Mazzuca, sono abituata non all'aut aut, ma alla trattativa...
CARLA MAZZUCA POGGIOLINI. La trattativa può comportare anche momenti di rottura, che non impediscono di trovare un accordo un attimo dopo.
PRESIDENTE. A tal proposito, vorrei avere una nota precisa degli interventi complessivi che le associazioni hanno svolto sul territorio bielorusso, in quanto ritengo che su questo piano dobbiamo giocare le nostre carte. Possiamo affermare, certamente, che non abbiamo altri compiti se non quello di interessarci dei bambini e di favorire il loro ritorno in Italia, ma possiamo anche sottolineare che le associazioni con le quali collaboriamo spendono cifre che si avvicinano al PIL della Bielorussia. Questa è l'argomentazione estrema alla quale possiamo ricorrere, ma non posso condividere la proposta - mi perdoni la collega Mazzuca - di prospettare una nostra rinuncia all'accoglienza dei bambini. Al contrario, i 150 bambini già abbinati alle famiglie devono comunque venire in Italia, così come i bambini che versano in condizioni di salute particolarmente gravi.
Non è sufficiente che l'ambasciatore ci chieda di ospitare la commissione medica in Italia, per controllare se il bambino debba continuare effettivamente la cura. Questo, semmai, può farlo una coppia che ha una certa disponibilità di denaro, non certo una famiglia di normali condizioni economiche.
Gli argomenti da affrontare sono numerosi, e, certamente, il nostro impegno al riguardo è totale. Personalmente, mi impegno fin da ora - la missione tecnica parte giovedì e rientra sabato - a contattare la presidente Capponi e, possibilmente, anche il ministro degli esteri per conoscere i termini nei quali stanno portando avanti il lavoro. Il mandato che abbiamo concordato insieme prevedeva non solo un patto che valesse per il prosieguo, ma anche il riconoscimento (come aggiunta, come documento parallelo, o in qualunque altra forma ritenessero opportuno) dei diritti dei genitori già abbinati ai 130-150 bambini di cui abbiamo detto prima. Su questo non ci sono dubbi.
TIZIANA VALPIANA. Intervengo brevemente, per non sottrarre troppo tempo ai lavori della Commissione. Innanzitutto mi scuso per il ritardo, dovuto al fatto che ero iscritta a parlare in un'altra Commissione. Signor presidente, vorrei ricordarle - io non mai stata democristiana, ovviamente - che il premio Nobel per l'economia quest'anno è stato assegnato a chi ha inventato la «teoria dei giochi», che ci insegna come una minaccia credibile rappresenti un deterrente importantissimo e aiuti la cooperazione. Credo, dunque, che una minaccia credibile, sapendo che si tratta di una minaccia che non attueremo mai, potremmo anche farla.
La collega Mazzuca ha richiamato la sensazione - in realtà, credo sia più di una semplice sensazione - che tutti abbiamo avuto nell'incontro con l'ambasciatore: quella che sia in atto il tentativo di utilizzare questa vicenda per poter tirare l'elastico o mollarlo, a seconda delle convenienze su altri fronti, che possono essere commerciali, politici o quant'altro.
Ciò che possiamo assicurare, come Commissione parlamentare per l'infanzia, è una volontà univoca su questa vicenda, indipendentemente dalle provenienze politiche, dall'appartenenza alla maggioranza o alla minoranza. Tale volontà deriva dal fatto che sicuramente mettiamo al primo posto il benessere di quei bambini. Permettetemi di dire che, trattandosi di bambini di una certa età e spesso con problemi di salute piuttosto seri, la loro «appetibilità» è molto bassa. Le relazioni che si sono costruite in questi anni dipendono solo dalla buona volontà, dalla tenacia e dal lavoro delle associazioni.
Credo che dovremmo porre particolare attenzione alla definizione del protocollo, che è essenziale, e al lavoro della commissione tecnica. Se questa fallisce o non apre la giusta strada, la Commissione politica, specialmente la Commissione per l'infanzia, che ha poteri diversi dalle altre, può fare ben poco.
PRESIDENTE. In questo caso forse sì.
TIZIANA VALPIANA. Sono importanti i vostri suggerimenti e le vostre esperienze, ma soprattutto, come accennava il presidente, sarebbe utile avere una rendicontazione cumulativa di quanto le associazioni hanno fatto in questi anni e di quanto, anche dal punto di vista economico, esse hanno impegnato, per dare valore non tanto all'aspetto economico, quanto a quello affettivo, che si nasconde dietro il primo. Vi ringrazio, comunque, dei vostri suggerimenti.
PRESIDENTE. Esauriti gli interventi dei colleghi, do ora la parola agli auditi per le loro repliche.
ANTONIO CORVINO, Vicepresidente della Federazione delle associazioni di volontariato italiane per la Bielorussia. Grazie ancora per questa opportunità che ci avete offerto. Onorevole Bolognesi, lei ha parlato di una stagione nuova ed io, cogliendo subito il suo invito, rispondo che dobbiamo confrontarci più spesso.
Signor presidente, tutte le volte che la Commissione parlamentare per l'infanzia si è compiaciuta di invitarci, abbiamo sempre assicurato la nostra disponibilità. Ancora di più, adesso che si parla di una stagione nuova, siamo disponibili a un confronto più intenso, per realizzare progetti anche in Italia. Sappiamo, infatti, che situazioni difficili coinvolgono anche i bambini italiani.
Il dottor Bosini ha sostenuto che sono stati ricuciti i rapporti con le istituzioni bielorusse che autorizzano l'accoglienza in Italia. Ebbene, noi abbiamo dimostrato, numeri alla mano, che quel paese non può permettersi il lusso di non mandare i bambini in Italia. Personalmente ho avuto il privilegio di rappresentare le associazioni italiane di fronte alle istituzioni bielorusse, conti alla mano.
L'anno scorso, in seguito alla discussione sfociata nell'articolo del Presidente Lukashenko, ci siamo recati in Bielorussia e abbiamo ricucito i rapporti, ma lo abbiamo fatto - mi preme sottolinearlo - con un atteggiamento dignitosamente fermo. Abbiamo dimostrato che 30 mila bambini che vengono in Italia incidono fortemente sul bilancio della Bielorussia. Infatti, quando il Presidente ha assunto la presa di posizione cui abbiamo accennato, il ministro dell'economia è arrivato a chiedersi che cosa avrebbero dato da mangiare a quei bambini.
Per non parlare dell'indotto: si pensi, ad esempio, alle famiglie italiane che alloggiano negli alberghi bielorussi. Del resto, l'italiano è prossimo a diventare la seconda lingua in Bielorussia e conosco molti bambini bielorussi che tifano per la Lazio (e questo è davvero grave!).
Quello che la nostra associazione, che ho avuto il privilegio di rappresentare, ha mantenuto nei confronti delle istituzioni
bielorusse, è stato un atteggiamento fermo. Abbiamo detto chiaramente che, se non avessimo accolto i loro bambini in Italia, la loro economia sarebbe andata a rotoli e avrebbero avuto difficoltà a dare da mangiare ai bambini.
Scusate se mi sono accalorato, ma si tratta di argomenti che mi coinvolgono molto profondamente.
A proposito della sanità, ricordo che in quel paese la mortalità infantile - cito dati dell'Organizzazione mondiale della sanità - era del 37,9 per mille, mentre per i bambini accolti in Italia il dato scendeva a 7,4 per mille. Si tratta di situazioni molto delicate, ed è bene che questa onorevole Commissione ne venga a conoscenza.
Signor presidente, lei ha chiesto una rendicontazione delle attività delle nostre associazioni in Bielorussia. Le consegno, intanto, la presentazione dell'associazione che rappresento, ma sottolineo che esistono associazioni più piccole ed altrettanto meritevoli, perché svolgono attività parimenti importanti.
Onorevole Bolognesi, lei ha fatto riferimento alla gestione della politica interna, un argomento piuttosto difficile. Non esiste una politica interna, ma una persona che determina il destino di quel paese. Qualcuno ha affermato che i bambini che ritornano in Bielorussia dall'Italia esportano democrazia, ma io aggiungo che esportano anche cultura e valori.
Noi parliamo di famiglia dando per scontato che essa includa i nonni e i genitori. In Bielorussia non esiste questo valore, non esiste il focolare domestico. Sono stato invitato a cena, insieme a mia moglie, da un ministro. Ebbene, i figli del ministro erano seduti dietro di noi e hanno potuto cenare solo dopo di noi. Esattamente il contrario di quanto avviene in Italia. Cito questi particolari in quanto ritengo che la loro conoscenza potrebbe risultare importante in questa trattativa.
Qualcuno ha accennato ai progetti che prevedono l'assegnazione di borse di studio ai bambini bielorussi. Le istituzioni bielorusse temono che la nostra intenzione sia quella di trattenere in Italia i bambini. Da parte nostra, abbiamo spiegato che tali progetti comportano una permanenza in Italia di un certo numero di anni, trascorsi i quali il bimbo viene restituito alla Bielorussia. Un collega, che ha realizzato un progetto scolastico, ha addirittura ottenuto dalle famiglie - attraverso un documento redatto davanti a un notaio - l'impegno a restituire il ragazzo al termine della scuola.
Ultimo argomento, la questione dei 90 o 150 giorni. Signor presidente, mi piacerebbe averla come gradita ospite dell'associazione che rappresento, per illustrarle entrambi i progetti. Noi insistiamo e ci battiamo per i 150 giorni, e siamo pronti a spedire anche 7.635 fax al presidente Berlusconi, se non saremo accontentati. Non si tratta solo di una questione di salute, ma anche di integrazione e di cultura. Forse non sapete che diversi direttori scolastici si compiacciono di metterci a disposizione alcune aule, in modo che i ragazzi bielorussi possano frequentare la scuola insieme ai nostri bambini. L'onorevole Mazzuca sosteneva che forse è più quello che si riceve da queste esperienze che quello che si dà. Per quanto mi riguarda, è proprio così.
GEO BOSINI, Rappresentante dell'associazione «Stella Cometa». Parto dall'ultima domanda dell'onorevole Bolognesi: cosa pensano i bielorussi? Pensano questo: «Se si vuole prestare aiuto si devono rimettere a noi i soldi e controllare come li usiamo. La riabilitazione e la cura dei nostri uomini deve essere organizzata all'interno del nostro paese, dove vi sono sufficienti possibilità, e solo in casi eccezionali li si può portare all'estero, come nel caso di una complicata operazione, che non può essere eseguita in Bielorussia [...]».
Questo affermava Lukashenko nel novembre scorso - è evidente che le sue parole manifestavano l'intenzione di non mandare più i loro bambini in Italia - ma devo dire che finora abbiamo lavorato per modificare questa posizione. Ciò nonostante, come abbiamo avuto modo di verificare in occasione dell'incontro con l'ambasciatore all'inizio di settembre, le cose proseguono secondo quello schema,
in quanto vengono emanate normative che restringono sempre più il campo.
Ci viene chiesto di sapere che cosa pensano i bielorussi, prima di affrontare il viaggio in quel paese. Sappiamo che in questo momento è in atto un ripensamento su alcune particolari questioni. Tuttavia, non va nascosto l'aspetto politico evidenziato dall'onorevole Mazzuca, che io considero importantissimo.
Ho portato dei documenti, che poi consegnerò, contenenti le ultime disposizioni di legge bielorusse a proposito dei minori. Ebbene, se esaminate queste normative, vi renderete conto che in Bielorussia non troverete una strada facile. Certamente, come affermava il collega Corvino, è difficile per i bielorussi rinunciare a un indotto che rappresenta un'economia intera. Da parte nostra, non ci siamo mai interessati dei conti economici, abbiamo solo portato avanti la cooperazione internazionale. Il nostro obiettivo era e rimane la solidarietà.
Torniamo ad argomenti che ci riguardano più da vicino. Oggi abbiamo i visti turistici, i visti sanitari e quelli per solidarietà. Da tempo, precisamente subito dopo la legge Bossi-Fini, abbiamo chiesto di riunificare le diverse tipologie e di far entrare dalla stessa porta i problemi dell'accoglienza e dell'adozione: fino a quando rimarranno due ambiti separati, questo andrà a discapito della realizzazione di un progetto che riguarda i minori, che siano in accoglienza o in adozione.
Permettetemi una riflessione a proposito della commissione tecnica che sta per recarsi in Bielorussia. Onestamente, non so chi prenderà parte a questa missione: ho sentito parlare della commissione per le adozioni, ma mi chiedo se anche il comitato minori, che si occupa delle problematiche dell'accoglienza, sarà rappresentato all'interno di questa commissione. In caso contrario, pensate che sia utile inserirlo? A mio avviso, la sua presenza all'interno di questo staff tecnico sarebbe importantissima, anche al fine di avere maggiori relazioni politiche quando vi recherete in Bielorussia.
PRESIDENTE. Non sappiamo esattamente come sarà costituita la commissione. Comunque, oggi stesso cercherò di approfondire questo aspetto, contattando la presidente Capponi.
GEO BOSINI, Rappresentante dell'associazione «Stella Cometa». Consideriamo importante la presenza del comitato minori: se parliamo di accoglienza, non possiamo discutere solo dei problemi della documentazione e di quello che potrebbe essere un protocollo di accordo internazionale.
A proposito dei visti per studio - torno all'intervento dell'onorevole Mazzuca -, devo dire che, al riguardo, ho vissuto un'esperienza negativa. Due anni fa, una delibera autorizzava l'accoglienza di dieci bambini nella provincia di Forlì. Il Ministero dell'educazione bielorusso voleva le massime garanzie che questi bambini fossero strettamente controllati da parte delle istituzioni italiane. Ebbene, siamo arrivati ad offrire prima la copertura del Ministero degli affari esteri, poi addirittura una dichiarazione dello stesso comitato minori, ma questo non è stato sufficiente a far entrare questi bambini in Italia per motivi di studio. Questo è quello che vi aspetta.
Ho dovuto attendere il diciottesimo anno di età di questi ragazzi, per riuscire a portarli in Italia per motivi di studio. Credo che, se l'ambasciatore acconsentirà a portare avanti quel progetto (la delibera si riferiva all'anno scolastico 2004-2005), solo uno dei dieci ragazzi non verrà in Italia. Tuttavia, lo ripeto, abbiamo dovuto aspettare la maggiore età.
Noi teniamo moltissimo ai visti per studio, in quanto rappresentano un percorso continuativo. Al riguardo, la mia esperienza è bellissima: quando tornano in Bielorussia, i bambini sono felici. Sono partito con una bambina il giorno prima della festa nazionale e all'aeroporto lei piangeva perché non poteva partecipare a quella festa. Eppure sto parlando di una bambina che viene in Italia per motivi di studio dal 1998! Non è assolutamente vero, dunque, che facciamo perdere a questi bambini i loro valori.
Ribadisco, tuttavia, che abbiamo incontrato questo problema nel percorso di studio.
PRESIDENTE. Dottor Bosini, se è possibile, la preghiamo di lasciarci la documentazione.
ANTONIO BIANCHI, Presidente della Federazione delle associazioni di volontariato italiane per la Bielorussia. Vorrei ricordare che non tutti i minori vengono dalle zone contaminate. Al termine di quest'anno, la nostra ambasciata potrà fornirci delle percentuali al riguardo. Inoltre, non è affatto vero che i bambini che vengono in Italia non hanno una famiglia. I bambini che provengono dagli istituti sono una minima parte dei minori che vengono in Italia o vanno all'estero.
PRESIDENTE. Come vengono scelti i bambini?
ANTONIO BIANCHI, Presidente della Federazione delle associazioni di volontariato italiane per la Bielorussia. La scelta dei minori viene lasciata all'impostazione di ogni singola associazione italiana, che definisce il proprio progetto di accoglienza. La costituzione della Federazione ha rappresentato un salto di qualità, anche agli occhi dei bielorussi, e adesso stiamo creando un codice etico dell'accoglienza. Chiederemo anche l'aiuto delle varie istituzione italiane - quelle bielorusse ce l'hanno già promesso -, in quanto desideriamo che ogni associazione, pur mantenendo la propria autonomia, si adegui a questo codice etico, che sarà ampio e lascerà a ciascuno la possibilità di ospitare per un anno lo stesso bambino e di continuare fino alla maggiore età.
È importante avere un codice di comportamento, per distinguerci sempre più rispetto ad associazioni che si comportano ben diversamente. È vero che, per quanto riguarda le adozioni, il marcio è in Bielorussia, ma bisogna dire che il marcio è anche in Italia. Le nostre istituzioni, o almeno alcune di esse, sanno bene che esistono associazioni che lucrano sulle adozioni, utilizzando lo strumento dell'accoglienza per portare avanti altre attività, che tutto sono fuorché accoglienza.
Dunque, se il progetto oggi non ha più un carattere prevalentemente sanitario ed è diventato un fenomeno sociale, è perché qualcuno fa una cosa diversa dall'accoglienza. Questi soggetti sono una minoranza, certo, ma ci mettono ugualmente in crisi. Ricordate che in Bielorussia ci sono 500 mila italiani: tanti sono i minori che sono venuti in Italia.
PRESIDENTE. Vi ringrazio.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15,30.
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