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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva su adozioni e affidamento, comunicazioni del presidente sulla missione svolta a Bruxelles concernente la situazione delle adozioni dalla Romania.
Ricordo che la delegazione era composta da me stessa, dall'onorevole Bolognesi e dal senatore Tredese e che la missione si è inserita nel discorso che abbiamo avviato relativamente alle adozioni internazionali in seguito all'allargamento dell'Unione europea. Nel corso della missione, molto interessante da un certo punto di vista, abbiamo potuto constatare che la terribile legge che la Romania è stata costretta ad approvare adesso aspetta solo il parere della Corte costituzionale per diventare operativa (occorreranno circa venti giorni). Questa legge interrompe qualsiasi possibilità di accoglienza dei bambini rumeni. Oggi ho saputo che il numero dei bambini rumeni affidati ad istituti è di 98 mila, una cifra davvero imponente. In questa cifra non sono compresi tutti i bambini presi in affido (si tratta di un istituto completamente diverso da quello italiano) da famiglie che, a pagamento, mantengono uno o due bambini presso di loro. Anche in questo caso ci sono delle relazioni che lo Stato rumeno è in grado di fornire circa lo stato di questi bambini. Loro stessi non vogliono ampliare questa categoria perché molti di questi bambini sono costretti a vivere in case molto piccole e con una grande promiscuità tra adulti, adolescenti e bambini e, quindi, si trovano in una situazione di grandissimo disagio psichico. Ciò è stato constatato anche da famiglie italiane, che sono riuscite ad ottenere l'affidamento di alcuni bambini rumeni, che sono tuttora in cura psichiatrica.
La nostra missione ci ha portato a concludere che il problema sta nel Comitato europeo per l'allargamento della Commissione europea. Abbiamo capito infatti che da parte loro vi è una totale chiusura rispetto al concetto di adozione internazionale. Essi non prendono in considerazione la Convenzione dell'Aja e si rifanno ad una erronea interpretazione dell'articolo 21 della Convenzione di New York, che pure ammette l'adozione internazionale, sia pure come ultima ratio. Nessuno di noi si sogna di dire che i bambini non debbano trovare una famiglia soprattutto nel proprio Stato di origine, in modo da mantenere i legami di tradizione, di lingua, di cultura, di religione, eccetera; tuttavia, questo è un altro discorso che l'Unione europea dovrà affrontare rispetto
alla kafala, alla quale si riferisce l'articolo 20 della Convenzione di New York, ossia l'adozione islamica.
Di fronte a questi problemi ci siamo chiesti cosa fare e pongo tale domanda anche ai membri di questa Commissione. Indubbiamente, il passaggio primario è quello di intervenire presso il Presidente Prodi per poter bloccare questo andazzo, che si vuole estendere anche agli altri Stati, perché esiste una precisa dichiarazione della parlamentare europea, baronessa Nicholson, rapporteur su questi argomenti, che vuole chiudere le adozioni internazionali in tutti i paesi dell'est europeo. Per esempio, vi è una precisa dichiarazione nei confronti della Bulgaria. Fortunatamente la Bulgaria ha ormai una legislazione avanzata che non può essere bloccata. Il dramma rumeno, tuttavia, scuote le coscienze.
Un altro intervento che come Commissione possiamo adottare è quello di inviare una nota alla Farnesina per segnalare il problema.
Vi assicuro, colleghi, che gli argomenti sostenuti dai componenti del Comitato europeo per l'allargamento erano allucinanti. L'onorevole Bolognesi e il senatore Tredese vi potranno dire quali ragionamenti antieuropei e razzisti siano stati compiuti.
Mi prendo la responsabilità di dire queste cose perché non è pensabile che si dica «ognuno a casa sua», in un momento in cui si allarga la Comunità europea e si vuole fare in modo che i bambini del mondo stiano bene ed abbiano una famiglia.
A questo proposito ricordo che l'articolo 21 della Convenzione di New York inizia in questo modo: «Gli Stati parti che ammettono e/o autorizzano l'adozione, si accertano che l'interesse superiore del fanciullo sia la considerazione fondamentale in materia»; quindi, basterebbe questa dichiarazione per giustificare qualsiasi forma di adozione internazionale trasparente fatta secondo le regole. Inoltre, alla lettera b) dello stesso articolo si dice: «Riconoscono che l'adozione all'estero può essere presa in considerazione come un altro mezzo per garantire le cure necessarie al fanciullo, qualora quest'ultimo non possa essere affidato a una famiglia affidataria o adottiva oppure essere allevato in maniera adeguata nel paese d'origine»; quindi, non si può considerare come maniera adeguata un orfanotrofio, perché nessuno può pensare che un istituto possa supplire a una famiglia.
Per maggiore informazione ho fatto distribuire a tutti i commissari le dichiarazioni della Nicholson affinché ne possiate constatare la gravità; altresì, vi comunico che le associazioni di famiglie italiane che hanno adottato bambini rumeni si stanno costituendo in giudizio contro la Nicholson perché le sue dichiarazioni sono altamente lesive della dignità di queste famiglie.
AUGUSTO ROLLANDIN. Quanto è stato riportato sulla questione penso meriti una risposta forte e tempestiva, ma quello che è paradossale è che noi protestiamo, o comunque facciamo un intervento presso la Comunità o nei confronti del suo Presidente, per cercare di evitare che si verifichi ciò è stato causato da un organismo della stessa Unione europea.
La Comunità europea ha richiesto alla Romania una legge di questo tenore che grida vendetta; quindi, mi domando, al di là delle dichiarazioni della Nicholson: chi ha predisposto questi atti che sono stati proposti alle nazioni che desiderano aderire all'Unione europea? Chi ha avallato una posizione del genere?
A questo punto sarebbe necessaria una riflessione che ci faccia comprendere in che modo si determinano atti che formalmente poi impegnano le nazioni e che, francamente, rappresentano tutto il contrario di quello che si vorrebbe per un'Europa allargata.
Condivido, quindi, l'esigenza di valutare come intervenire, tenendo conto dei tempi, ma soprattutto mi preoccupa la modalità con cui si è giunti a questa situazione.
MARIDA BOLOGNESI. Non ripeterò gli aspetti che il presidente Burani Procaccini ha già sottolineato sulla nostra missione a
Bruxelles; mi preme, però, sottolineare che questo incontro, che avevamo chiesto già da molti mesi per avere ulteriori chiarimenti, è stato più volte rinviato dai funzionari europei che, evidentemente, si aspettavano una nostra dura presa di posizione.
A tal proposito penso che, se non ci fossero stati questi continui rinvii e avessimo ottenuto questo raffronto quando la legge in Romania era ancora in bozza, forse avremmo potuto ottenere qualche risultato.
Finalmente, vista la nostra insistenza, ci hanno concesso - non contenti - questo appuntamento e a questo proposito vorrei evidenziare che il dottor Barbaso, direttore generale italiano preposto all'allargamento, non era presente alla riunione e anche questo non mi è sembrato positivo.
Evidentemente, a Bruxelles il tema dell'infanzia è considerato secondario rispetto al fatto che ci siano le condizioni - almeno di facciata - per l'ingresso della Romania nella Comunità europea; infatti, impedire totalmente l'adozione internazionale, prevista dalle convenzioni internazionali, è fuori da ogni regola, e quindi accordarla solo quando in un'altra nazione esiste un parente di quarto grado significa negarla, perché in questo caso non si tratterebbe più di adozione internazionale. Oppure significa - cosa ancor peggiore - dar vita a nuove forme di illegalità rappresentate da falsi matrimoni con cittadini rumeni affinché sia lecito adottare in quel paese.
Comunque, la cosa più grave è negare alla radice l'istituto dell'adozione internazionale previsto dalle Convenzioni di New York e dell'Aja, delle quali a Bruxelles non sembra si tenga gran conto; infatti, quando abbiamo evidenziato il contrasto esistente tra la legge rumena e le norme previste dalle due convenzioni, i funzionari della Comunità europea ci hanno risposto che la Convenzione dell'Aja si può o meno sottoscrivere e che quella di New York indica l'istituto dell'adozione internazionale ma non lo obbliga, quindi un paese può anche negarlo.
Perciò ritengo molto grave che i funzionari della Comunità europea pensino che negare un istituto importante come quello dell'adozione internazionale - peraltro dentro una cornice europea - sia pacifico, senza comprendere, invece, che tutto ciò rappresenta la negazione dell'idea stessa del futuro delle generazioni europee, che è quello di cittadinanza totale indipendentemente dal luogo fisico di nascita.
È chiaro che è stato considerato come un meccanismo necessario - voglio essere buona, ma dovremmo indagare se esistano altre verità dietro l'atteggiamento della Nicholson così conservatore e retrogrado nei confronti dei diritti dei bambini, il cui diritto fondamentale è quello di avere una famiglia - perché l'Europa, incapace di aiutare o indicare ai paesi - dove effettivamente problemi di corruzione nella tutela dei bambini ci possono essere stati - una legislazione trasparente, preferisce quelle proibizionistiche.
Si è scelta, quindi, una legislazione simile a quella che avevamo in Italia, in cui alcuni tribunali dei minori determinavano il tetto di età dei bambini da adottare affermando che le famiglie non erano in grado di crescere bambini di quattro/cinque anni che venivano dall'estero; ritengo, invece, che a questi problemi si possa ovviare preparando le famiglie ad adottare bambini in età prescolare e scolare senza bloccare l'ingresso a quelli che vivono negli istituti, che sono quasi tutti in età scolare.
Questo tipo di scelta viola i diritti dei bambini ma copre l'incapacità degli adulti che non sono in grado di promuovere legislazioni o regole che tutelino l'infanzia e, in primo luogo, il diritto ad una famiglia nel proprio paese o in un altro (e, a questo proposito, auspico una famiglia europea).
Che cosa fare? Siamo andati quasi a litigare - lo dico per i colleghi che non c'erano - perché in questi funzionari abbiamo trovato un'ostilità e un modo di comportarsi poco rispettoso delle istituzioni che rappresentiamo. Abbiamo due problemi: innanzitutto quello della nuova legge. La mia preoccupazione è quella che
gli stessi rumeni, costretti ad approvare questa legge che non volevano, preferiscano non muovere foglia finché il consolidamento non è sicuro. Questa è la mia paura, ma mi auguro che non sia così. L'altro problema è che ci sono quaranta famiglie italiane e dei casi sospesi che non si capisce in quale limbo finiscano. Ci sono bambini già abbinati e ci sono famiglie italiane che hanno già incontrato questi bambini più di una volta. Questa è l'emergenza.
La prospettiva è quella di far cambiare questa legge. Sicuramente può essere utile che la Farnesina compia un passo ufficiale. Secondo me dobbiamo scrivere anche alla CAI, la nostra autorità centrale, affinché anch'essa compia un passo ufficiale presso le autorità rumene e la Commissione europea. In caso contrario, non si capisce a cosa serva l'autorità centrale italiana, che dovrebbe dialogare con tutti, se non assume anche con Bruxelles una posizione netta rispetto a questa legge. Propongo, quindi, di sollecitare anche la CAI e di chiedere un incontro urgente come Commissione al Presidente Prodi. Questo incontro deve essere chiesto urgentemente e in modo ufficiale. Noi proveremo a cercarlo anche per vie traverse, ma ritengo che la richiesta ufficiale debba provenire dalla Commissione per l'infanzia e che debba avvenire a seguito dell'incontro di Bruxelles relativo alla legge approvata dalla Romania su spinta della baronessa Nicholson.
Ritengo che immediatamente si debba scrivere la nota alla Farnesina e all'autorità centrale italiana, richiedere un incontro urgente e ufficiale con il Presidente Prodi e scrivere due righe anche in merito all'assenza di Barbaso, che ci ha chiarito alcuni aspetti.
Noi abbiamo già iniziato a farlo con il gruppo socialista, ma credo che tutti i colleghi debbano agire sui propri gruppi parlamentari europei appena costituiti innanzitutto affinché alla Nicholson non sia riaffidato questo incarico, perché questa parlamentare del gruppo dei liberaldemocratici ha fatto più danni della grandine. Qualcuno sostiene che ella abbia speso una passione eccessiva in questo blocco delle adozioni nella Romania. Anche lì dobbiamo capire un po' di cose.
Invito tutti i colleghi a prendere contatto con i propri colleghi parlamentari europei perché nella sessione di fine luglio si decidono i componenti delle Commissioni (tra le quali quella competente per l'estero e quella per gli affari sociali), nelle quali ritengo che debbano essere coinvolti i colleghi della Commissione europea. Penso anche agli altri paesi protagonisti dell'allargamento. Ritengo che vadano messi in atto tutti gli strumenti affinché chi debba sottoscrivere o firmare questa legge sollevi il problema dell'articolo 39. Infatti, in realtà, il resto della legge può essere compatibile con la Convenzione dell'Aja, ma il fatto che l'adozione internazionale si possa fare soltanto quando la richieda un parente rumeno vuol dire negare l'istituto stesso. L'esistenza di una Convenzione internazionale, sottoscritta e ratificata dalla Romania, apre lo spazio per fare pressione anche presso i parlamentari europei.
Cerchiamo, inoltre, di dare dei messaggi anche ai parlamentari rumeni che avevamo incontrato durante la nostra missione a Bucarest perché non si sentano soli. Chiedo che anche un resoconto di questa stessa seduta sia trasmesso all'ambasciata rumena in Italia. Con questo paese abbiamo un rapporto di vicinanza sotto tanti profili, non ultimi quelli culturale, economico, commerciale, eccetera. Sicuramente possiamo costituire un partner importante, ma dobbiamo essere vicini a questo paese perché, più che arrabbiarci con la Romania, dobbiamo farlo con chi nel Comitato per l'allargamento ha in qualche modo semplificato le cose eliminando le adozioni internazionali. La moratoria, tanto criticata con una risoluzione anche dal Parlamento europeo, nei fatti si traduce in una legge che nega l'adozione internazionale. Anche qui avremmo argomenti con il Parlamento europeo per dire che, tutto sommato, è stato disatteso anche l'invito ad uscire dalla moratoria. La moratoria si riduce ad una moratoria per
legge. Pertanto, ritengo che la situazione, anziché essersi risolta, si sia aggravata.
FLAVIO TREDESE. Ho avuto una doppia impressione. Il vicedirettore Ruete che abbiamo incontrato aveva giustificato l'intervento rumeno perché in Romania, secondo lui, succedevano delle cose che non andavano molto bene e che potevano essere ricondotte al traffico di bambini e di organi. Questa è la giustificazione che hanno addotto e che si deve dire.
D'altra parte, invece, ciò che ci preoccupa è la mancanza di dati perché, come avete visto, sembrava che in Romania non ci fossero bambini da adottare. Sembrava che tutti i bambini fossero già affidati a delle famiglie. Questo è quanto ci ha riferito la signora Post.
Si deve sottolineare la filosofia, sostenuta anche dal funzionario responsabile per gli accordi, relativa ai diritti umani perché, secondo loro, le adozioni internazionali non sono per niente utili e quindi ogni paese si deve in qualche modo arrangiare per conto proprio. Si sostiene che la Convenzione dell'Aja è stata firmata da tanti paesi, che però la disattendono. È facile dire che l'Italia la può disattendere perché non permette di adottare i propri bambini, come la Spagna, l'Inghilterra e la Francia. È troppo comodo dire che noi non rispettiamo la Convenzione dell'Aja perché non facciamo adottare i nostri bambini. Questa loro filosofia è preoccupante, perché mi sembravano anche molto convinti di quello che dicevano.
Il nostro intervento deve essere compiuto a livello legislativo ma anche rivolto a smascherare quest'aria, che è contraria a tutto ciò che pensiamo. Loro sono veramente convinti, soprattutto la Post, che aveva un comportamento molto duro, negando l'evidenza ed affermando che in Romania non ci sono bambini da adottare.
PRESIDENTE. Ringrazio i colleghi che sono intervenuti e faccio mie le loro osservazioni.
Gli interventi che dobbiamo adottare sono quindi una nota ufficiale al Presidente Prodi, una richiesta alla Farnesina affinché si attivi e, infine, una richiesta rivolta alla CAI affinché si muova, perché ne ha tutti i poteri.
Dichiaro conclusa la seduta.
La seduta termina alle 14,50.
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