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Seduta del 12/2/2004


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Audizione di associazioni che si occupano dei soggiorni in Italia dei minori delle regioni circostanti Chernobyl.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva su adozioni e affidamento, l'audizione di associazioni che si occupano dei soggiorni in Italia dei minori delle regioni circostanti Chernobyl.
Ricordo che le associazioni presenti - dato il numero elevatissimo (circa trecento) di quelle che si occupano del settore - sono state scelte dalla Commissione nell'auspicio che possano costituire un campione rappresentativo, mentre altre hanno inviato o potranno inviare per iscritto agli uffici eventuali contributi.
Ringraziando i rappresentati delle associazioni qui presenti, sottolineo che ci interessa conoscere quali sono le difficoltà che incontrano nello svolgimento del loro lavoro e quali i suggerimenti che ritengono di fornire al fine di agevolare e completare il lavoro della Commissione.
In particolare, chiediamo la loro opinione circa un problema, estremamente grave e sconcertante, emerso nel corso di audizioni già svolte. Abbiamo constatato come, nell'ambito dell'affido temporaneo - avviato come gara di solidarietà verso i bambini in difficoltà nei paesi dell'Est europeo -, la crescita dei bambini comporti problemi quasi insolubili. Infatti, al raggiungimento di circa i quattordici anni, i ragazzi vengono mandati in collegi (tra l'altro di tipo quasi militare), perdendo così i legami con la famiglia affidataria che vorrebbe invece continuare a seguirli e non permettendo la realizzazione di un tipo di affido prolungato nel tempo per studio o per inserimento nel mondo del lavoro. In Moldavia, ad esempio, i genitori biologici, al compimento del sedicesimo anno del ragazzo, devono presentare una domanda all'ambasciata per poter avere un affido per motivi di studio, la quale, però, anche se accolta, non evita che il ragazzo venga mandato in collegio, al quale, peraltro, la stessa famiglia è tenuta a depositare una somma in denaro pari al suo sostentamento durante il periodo di permanenza. Ripeto che questo è un problema estremamente grave sia per i bambini sia per le famiglie e chiediamo quale sia l'opinione dei nostri interlocutori al riguardo, anche al fine di studiare eventuali modificazioni legislative.
Do ora la parola ai nostri ospiti.

SALVATORE PALAZZI, Rappresentante dell'Associazione Garda solidale. Sono membro direttivo dell'associazione Garda solidale, insieme alla signora Lucia Villani presente al mio fianco. Siamo stati contenti di ricevere questo invito. Noi operiamo esclusivamente con la nazione bielorussa, in particolare con la città di Gomel, situata a circa 100 chilometri a


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nord di Chernobyl e la nostra esperienza è legata all'affido temporaneo terapeutico. Le difficoltà che incontriamo sono di natura squisitamente burocratica, in particolare modo nella preparazione della documentazione che deve essere fornitain Bielorussia dall'associazione referente.
Si tratta di difficoltà burocratiche legate al fatto che da parte italiana, in particolare modo da parte del Ministero degli affari esteri, si ragiona con una mentalità legata alla nostra organizzazione ed alle possibilità che abbiamo nel nostro paese a livello tecnologico e di mezzi di comunicazione. Invece in Bielorussia le famiglie incontrano notevoli difficoltà anche per presentare un semplice documento.
Siamo venuti proprio in questi giorni a conoscenza del fatto che quest'anno vi sono disposizioni nuove per cui si prevede che il documento che i genitori firmano per dare l'assenso all'espatrio del minore dovrà essere tradotto in italiano e legalizzato. Tutto ciò a spese della famiglia e dell'associazione referente con i problemi ovvi legati al tempo ed ai mezzi che si hanno a disposizione.
Per quanto riguarda i minori che accogliamo, le famiglie legate all'associazione sono sparse sul territorio della regione Lombardia. L'accoglienza solo in minima parte è realizzata presso famiglie, dato che di giorno i bambini hanno la possibilità di essere aggregati tra loro. Principalmente vivono presso le famiglie e non siamo a conoscenza di difficoltà quali quelle che il presidente ha espresso in relazione alla Moldavia.

PRESIDENTE. Hanno permessi per studio e rimangono presso la famiglia?

SALVATORE PALAZZI, Rappresentante dell'Associazione Garda solidale. La nostra associazione opera esclusivamente in estate e non abbiamo, quindi, esperienze al riguardo.

PRESIDENTE. Insisto per togliere qualsiasi dubbio. Voi avete soltanto una sorta di agenzia che si occupa della sicurezza del viaggio del bambino, che passa un periodo di vacanza presso una famiglia.

SALVATORE PALAZZI, Rappresentante dell'Associazione Garda solidale. Sì, abbiamo iniziato con il risanamento terapeutico legato all'invito all'ospitalità del bambino per l'affidamento temporaneo.

PRESIDENTE. Mi scusi, ma il discorso riguardante il risanamento terapeutico era valido dieci anni fa. Oggi non ha senso parlarne, altrimenti ci prendiamo in giro da soli.

SALVATORE PALAZZI, Rappresentante dell'Associazione Garda solidale. Il 90, anche il 99 per cento dei bambini che ospitiamo, su quattrocento circa, provengono dalla zona di Gomel che è a circa centoventi chilometri a nord in linea d'aria da Chernobyl. Si tratta della zona maggiormente colpita perché la nube, quando fuoriuscì, fu diretta dai venti verso nord.

PRESIDENTE. Ma coloro che erano bambini ormai sono cresciuti!

SALVATORE PALAZZI, Rappresentante dell'Associazione Garda solidale. Il dramma persiste anche attraverso l'inquinamento legato all'alimentazione. I livelli di radioattività non sono ancora nella norma.
Inoltre l'associazione ha organizzato, ogni sei mesi, viaggi umanitari con cui inviamo materiale di vario genere presso ospedali e orfanotrofi locali con cui siamo venuti in contatto tramite un'associazione nostra referente che si occupa esclusivamente di questi aiuti.

PATRIZIA MORANDI, Vicepresidente dell'Associazione PUER. Per prima cosa vorrei dire che ho con me la delega dell'ANPAS, Solidarietà internazionale, Insieme per un futuro migliore e Help for children.
Per quanto riguarda la nostra associazione, abbiamo una rappresentanza a livello nazionale e ci occupiamo anche di altri aspetti, oltre all'accoglienza ed al risanamento dei bambini di Chernobyl. Lavoriamo soprattutto con bambini provenienti dalla Bielorussia. La quota dei minori ucraini è nettamente inferiore


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perché abbiamo trovato maggiori difficoltà in merito alla trasparenza nel rapporto con fondazioni locali che mirino ad una scelta dei bambini con reali necessità.
Lavoriamo in questo campo già da 11 anni e dopo un anno circa abbiamo scoperto la realtà di questi istituti estremamente diffusi tra orfani naturali ed orfani sociali ed abbiamo scelto di privilegiare questi ragazzi che sono gli «ultimi». Essi hanno subito, e continuano a subirla attraverso l'alimentazione, non solo la contaminazione ma anche l'emarginazione sociale.
Si nota una differenza di impostazione culturale estremamente grande tra la pedagogia «occidentale» e la loro. Tutto ciò che è psicologico è normalmente disatteso e la pedagogia adoperata è essenzialmente punitiva, per noi totalmente errata. I ragazzi così non solo portano con sé la possibilità di avere in embrione una malattia conseguente alle radiazioni, ma anche situazioni psicologiche difficili. Accanto alla questione sanitaria si innesta la situazione psicologica ed il problema di una crescita equilibrata del ragazzo.
I ragazzi sono ospitati soprattutto in famiglia dato che le strutture sono poche ed il contatto con la famiglia è molto importante perché diminuisce il concetto di solitudine, il problema più grande che i bambini portano con sé anche nell'atteggiamento fisico, come i dondolii. Sapere che vi è una famiglia, un punto fermo da qualche parte, anche se lontano (non dei genitori, perché non siamo questo ma un punto di riferimento), è molto importante per creare le basi per una ricostruzione più armonica dello sviluppo psicofisico del bambino. La consideriamo ospitalità (affido è forse una parola un po' grossa). Inoltre, ogni gruppo territoriale è lasciato libero di scegliere come realizzarla; la famiglia, se vuole, può continuare ad aiutare il bambino fino alla fine della scuola dell'obbligo, quando tornerà nel paese di origine, oppure, può decidere di effettuare rotazioni.
Riguardo allo studio, ricordo che il comitato per la tutela dei minori permette la realizzazione dei progetti scuola, che prolungano il periodo di permanenza in Italia dai novanta ai centocinquanta giorni. Voglio precisare che la nostra associazione intende evitare il più possibile che i ragazzi perdano la loro identità culturale e nazionale ed il nostro scopo è sempre stato quello di trovare il modo di aiutarli nel loro paese. L'adozione è certamente un atto d'amore meraviglioso ma non il solo e abbiamo scelto di non occuparcene in quanto la nostra scelta è stata di portare a compimento progetti nei paesi dai quali i bambini provengono, come, ad esempio, quello per il risanamento delle strutture sanitarie.
Il problema più grande che ci siamo anche posti è quello relativo al futuro di questi bambini, quando sia terminata la scuola dell'obbligo, soprattutto nei casi in cui non ci sono prospettive di lavoro in patria.
A tale proposito, tengo a ricordare che stiamo portando avanti un progetto simile a quelli che la Comunità europea sostiene per i paesi del terzo mondo. Si tratta di un progetto di studio e di avviamento al lavoro, della durata di due anni, per un gruppo di ragazzi di diciassette anni, che, da bambini, erano stati da noi aiutati ed ospitati; essi, il primo anno, seguiranno a scuola corsi di preparazione professionale di informatica, mentre il secondo anno verranno direttamente inseriti nelle aziende. Torneranno così a casa dopo aver vissuto una esperienza professionale davvero unica. Nel periodo di permanenza in Italia vivranno in una struttura messa a disposizione dalla provincia di Viterbo e, durante i fine settimana e le vacanze, saranno presso le famiglie che li hanno ospitati in passato e che, peraltro, partecipano anche economicamente a questo progetto. Speriamo che sia un successo in modo da poterlo in seguito ripetere.
Le difficoltà che incontriamo nell'ambito del nostro lavoro, al di là dei problemi che derivano dall'essere tutti noi volontari, consistono nel fatto che ci sentiamo un po' soli, non avendo alcun aiuto, a livello istituzionale, che ci semplifichi la strada; anzi, periodicamente, sorgono nuove complicazioni. È evidente che dobbiamo attenerci a disposizioni ben precise che sono garanzia


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di serietà e di trasparenza - non dimentichiamoci mai che stiamo parlando di bambini e che le preoccupazioni sono numerose (si pensi ai maltrattamenti o alla pedofilia) - ma stiamo assistendo, contemporaneamente, alla semplificazione della burocrazia interna al comitato per la tutela dei minori per l'organizzazione di questi progetti ed alla creazione di ulteriori barriere, come quelle per ottenere i visti per l'ingresso in Italia. La nostra ambasciata, nei momenti di maggiore afflusso di soggiorni temporanei, va davvero in tilt, dato il numero elevatissimo di bambini (solo quelli provenienti dalla Bielorussia sono trentamila) e spesso non si riescono a rispettare i tempi previsti per la presentazione di tutti i documenti necessari.
Vorremmo, quindi, essere meno soli di fronte a questi problemi perché ci sentiamo come «i polli di Renzo» sbattuti a destra e a sinistra. Aiutateci, per favore, a non perderci nei lacci e lacciuoli della burocrazia.

DANILO BAZZONI, Vicepresidente dell'Associazione AGIO. La nostra associazione, che è molto piccola, ospita bambini solo durante il periodo estivo e natalizio e non si è mai occupata dei visti per motivi di studio. Le difficoltà che incontriamo sono le stesse già descritte dal collega dell'associazione Garda solidale e condividiamo quanto appena detto dalla collega della PUER, circa l'esigenza di rendere le procedure più semplificate.

GEO BOSINI, Rappresentante dell'Associazione Stella cometa. In merito all'argomento introdotto dal presidente, riguardante i bambini ed il loro futuro, l'associazione Stella cometa è impegnata su tutti i campi, dopo aver capito che l'esperienza dell'ospitalità, da cui abbiamo iniziato, era troppo «stretta» per dare garanzie ai bambini ed agli effetti che si creavano con le famiglie.
Quando l'allora senatrice Mazzuca Poggiolini era presidente della Commissione speciale infanzia, l'associazione ha condiviso il passaggio della norma sulle adozioni anche se eravamo preoccupati in merito all'istituzione degli enti. Oggi in questo settore si sta verificando un fenomeno che non interessa l'attività dell'accoglienza, ma di cui parlo in quanto sono interessato al futuro dei bambini ed al fatto che essi non siano strumento di speculazioni commerciali, come invece sta avvenendo. Vi sono enti che hanno l'autorizzazione ad effettuare quaranta adozioni ma con trecento persone in attesa che hanno versato anche quattromila euro come spese di segreteria. Chi si interessa al futuro dei bambini deve sottrarre determinate situazioni a questo mercato.
Ho fatto questa parentesi perché la nostra associazione non ha mai ritenuto l'adozione l'unico strumento per aiutare un bambino; vi sono anche l'affido internazionale o altre situazioni che impegnano meno la famiglia a livello giuridico, ma offrono comunque garanzia al bambino di costruire un'identità più europea ed internazionale, come il visto per studio. Si tratta di un percorso che la nostra associazione ha iniziato nel 1998.
Abbiamo stipulato una convenzione tra la provincia di Forlì e l'allora Ministero dell'educazione bielorusso ed abbiamo ospitato quindici bambini; alcuni di questo sono stati poi adottati, mentre altri intendono rimanere bielorussi. Tra di essi vi è la bambina che ospito personalmente; la porto regolarmente in Bielorussia due o tre volte l'anno dove lei mantiene le proprie amicizie ed i rapporti con il nonno. Questi bambini parlano perfettamente il russo (fanno quattro ore settimanali) e sono ben inseriti nel tessuto sociale. Sono tutti bambini orfani. L'esperienza è positiva ed abbiamo cercato di «tradurla» con un progetto normativo riguardante l'affido internazionale che, purtroppo, non è proseguito.
In una seduta della Camera deputati del 3 giugno 2002 è stato presentato un ordine del giorno approvato dall'Assemblea che impegnava il Governo a valutare una modifica riguardante i visti per studio. Abbiamo anche scritto al Presidente del Consiglio ed a tutti ministri un documento in cui abbiamo evidenziato la necessità di effettuare una correzione; infatti la norma


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considera i bambini di quattordici anni, in conflitto con il nostro sistema scolastico. A questa età in Italia si frequenta la nona classe, mentre in Bielorussia i bambini che hanno compiuto la nona classe hanno almeno sedici o diciassette anni; dovremmo così inserirli alla prima classe delle «superiori» con compagni di classe più piccoli. Da ciò emerge la necessità dell'intervento.
Laddove una famiglia ritenga di adempiere a questo compito dovrà, naturalmente, attraversare prima il controllo dei servizi sociali e dei giudici tutelari, strumenti di garanzia cui è stata data attuazione dal 1998. Inoltre, con regolarità semestrale, presentiamo relazioni al ministero bielorusso sulla situazione dei bambini.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERO PELLICINI

GEO BOSINI, Rappresentante dell'Associazione Stella cometa. Abbiamo già presentato una convenzione scritta da noi, anche se non siamo giuristi, per i visti di studio con la Bielorussia, in cui abbiamo inserito determinate garanzie. È stato chiesto per quale motivo una famiglia dovesse fornire una fideiussione a garanzia di un bambino ospitato. Il motivo è semplice; qualunque cosa avvenga in questa famiglia, dovendo il bambino usufruire di una scolarizzazione, è necessaria una garanzia economica che permetta comunque ad esso di terminare gli studi.
Sappiamo che il ministro per le pari opportunità ha ora allo studio una forma di adozione, cioè una norma che rispecchia l'affido internazionale. Si tratta di un fenomeno che riguarda ventiseimila bambini. Naturalmente non tutte le associazioni hanno la nostra stessa posizione; esistono molte sfaccettature e tutte debbono essere garantite.
È stata richiesta da parte dell'ambasciata una postilla, cioè una certificazione internazionale della documentazione, sui documenti dei bambini. Abbiamo cercato di fermare questa richiesta che ci «metterebbe in ginocchio» rapidamente ed abbiamo proposto un'area test sull'argomento. Se ciò dovrà costare denaro e tempo, sarà necessario riflettere attentamente sui pro ed i contro dell'intervento. Creare queste aree test permetterebbe all'associazione di portare avanti i progetti messi in cantiere e non escludere ma valutare giustamente la posizione delle associazioni verso questa documentazione.
Riporto alcuni dati per capire il fenomeno. Nelle carceri bielorusse vi sono cinquantaseimila persone di cui ventiseimila bambini provenienti dagli orfanotrofi.

PATRIZIA MORANDI, Vicepresidente dell'Associazione PUER. Su una popolazione di circa dieci milioni di persone.

GEO BOSINI, Rappresentante dell'Associazione Stella cometa. Circa quattromila di questi bambini hanno meno di quattordici anni. Il reato è omicidio. Essi sono lì proprio per questo e, quando escono dagli internati, non sanno dove andare, vengono lasciati soli sulla strada e solo alcuni mantengono rapporti dentro la casa famiglia, dove peraltro ci sono tanti altri ragazzi e non c'è controllo, oltre al fatto che ci sono due metri quadrati per dividere un letto e quattro per una cucina ed un bagno. Vi lascio, quindi, immaginare cosa può accadere.

ROSSANA LIDIA BOLDI. Essendo stata in Moldavia da poco tempo, ho potuto vedere tutto questo con i miei occhi ed è davvero terribile.

GEO BOSINI, Rappresentante dell'Associazione Stella cometa. Questo fenomeno ha bisogno di tutele che possono nascere solo grazie ad un accordo con la Bielorussia che pianifichi l'ospitalità, il sistema dei visti per studio ed anche le adozioni.
La nostra associazione, agendo su tutti i campi, vorrebbe avere più forza e più responsabilità. Come già altre associazioni hanno ricordato, spesso, siamo lasciati completamente soli. Vorremmo così che la Commissione, preso atto del fenomeno, ci aiutasse, non solo con l'incontro di oggi ma anche con altri che ci auguriamo seguiranno


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e che consentiranno di far emergere le problematiche nostre e quelle dei bambini. Spero di aver rappresentato a tutti voi l'importanza del nostro lavoro e la solitudine con cui lo stiamo portando avanti.

ENRICO CHERUBINI, Rappresentante della Fondazione Aiutiamoli a vivere. In Italia, le associazioni che accolgono bambini bielorussi, ucraini e moldavi sono circa trecentottanta e credo che ognuna di esse abbia una personale visione su come portare avanti il proprio lavoro. La nostra fondazione ha scelto la strada di accogliere questi bambini per un mese, una volta l'anno, in modo da evitare un ambientamento troppo esteso nel tempo in Italia che possa provocare la creazione di ulteriori disadattati nei paesi di origine; si tratta infatti di paesi in cui l'alcolismo e la criminalità sono molto diffusi (si pensi che la Bielorussia è un paese nel quale, su dieci milioni di abitanti, ventottomila sono i ragazzi che vivono negli istituti). Invitiamo le nostre famiglie ad effettuare rotazioni almeno ogni tre anni.
Ci stiamo ponendo il problema della fissazione dei limiti di età per l'ospitalità, dato con la crescita può essere difficile per il ragazzo rientrare nel paese di origine, dove esiste una realtà che si può paragonare, specialmente nelle campagne, alla nostra di cinquant'anni fa.
In Bielorussia, abbiamo anche realizzato progetti di avviamento al lavoro specialmente negli istituti - ricordo in particolare il progetto 'scuola fabbrica' che tra l'altro stiamo replicando - in modo da offrire ai ragazzi l'opportunità di imparare un mestiere che possano esercitare in futuro.
Ci occupiamo anche di ristrutturazione degli istituti (ne effettuiamo almeno due l'anno) e forniamo staff di medici ed infermieri per curare le malattie derivanti dalle radiazioni di Chernobyl. Faccio presente al riguardo che l'emergenza sanitaria non si è affatto placata, non essendovi alcun controllo sui prodotti alimentari che vengono consumati in tutta la Bielorussia. Oltretutto, si stanno verificando rilevanti problemi di ordine genetico, finora mai emersi, che colpiscono i figli nati da chi era ragazzo durante quegli anni.
Come già affermato dagli altri colleghi, la problematica relativa alle documentazioni è dovuta soprattutto alla mancanza di affidabilità da parte della Bielorussia, che, tra l'altro, ci sta chiedendo cose che non riusciremo a soddisfare (si parla di circa 15-20 dollari a ogni documento da presentare all'ambasciata per ogni bambino).
Per quanto riguarda le adozioni, crediamo giusto che le associazioni che fanno accoglienza non debbano più occuparsene, essendovi stata una netta distinzione nell'ambito delle associazioni legalizzate.
Non abbiamo mai predisposto progetti di studio, in quanto cerchiamo di aiutare i ragazzi direttamente in Bielorussia, ma non li consideriamo affatto negativamente. Crediamo, però, che debbano essere realizzati in ambiti molto precisi che diano garanzia al governo bielorusso.
Ritengo quindi che sia fondamentale il dialogo tra l'Italia e la Bielorussia, almeno tra i rispettivi comitati dei minori, in modo da trovare un accordo su come gestire questo fenomeno così rilevante.

SERGIO FAZI, Coordinamento dei progetti del Forum per i diritti dei bambini di Chernobyl. L'associazione che rappresento, con sede centrale a Terni, è presente con comitati in diverse regioni italiane; Liguria, Piemonte, Valle d'Aosta, Lombardia, Veneto e ovviamente Umbria. Accogliamo circa millecinquecento bambini l'anno. Lo scopo dell'associazione è «accompagnare» i bambini verso la maggiore età.
La maggioranza dei bambini accolti provengono da istituti e, quando il rapporto è corretto e la famiglia a cui è affidato il bambino svolge bene il proprio ruolo, i risultati sono ottimi. I bambini presentano le tematiche tipiche di chi ha vissuto la maggior parte della propria vita in istituto. L'accoglienza è svolta nel periodo estivo e durante le vacanze di Natale, soltanto durante le vacanze scolastiche (come scelta non facciamo progetti scuola), ed il periodo di permanenza non supera i due mesi in estate ed uno in inverno per evitare che la


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vacanza diventi un ambientamento. La prima volta che arrivano il periodo è ridotto ad un mese perché l'impatto con la nostra società è forte.
Abbiamo formulato fin dall'inizio della nostra attività le linee guida dell'associazione avvalendoci dell'aiuto di psicologi di una certa rilevanza. Seguiamo i ragazzi anche dopo la maggiore età; quando la legislazione lo permetteva, qualcuno di loro è stato inserito nel mondo del lavoro in Italia. Abbiamo sei casi ben riusciti. Provvediamo anche agli studi e all'inserimento nella società bielorussa.
Ci occupiamo, inoltre, di progetti sanitari. Abbiamo curato vari bambini. Uno dei casi di cui andiamo più fieri è quello di un bambino, figlio dell'ultimo «eliminatore» bielorusso (gli eliminatori sono coloro che sono andati sopra il reattore per eliminare le scorie), che è stato sempre male; due anni fa ha avuto diagnosticato un tumore e ad aprile era stato dichiarato malato terminale. Il bambino aveva espresso il desiderio di tornare in Italia dove aveva vissuto l'unico periodo felice della propria vita, dato che la malattia aveva colpito anche il padre. Nel nostro paese è stato curato in due ospedali asportandogli il tumore sotto la mandibola ed ora ha una buona prospettiva di vita; sta terminando le cure presso l'ospedale di Pavia.
Tutti gli anni abbiamo curato tre o quattro bambini. Inoltre, da un anno abbiamo istituito un rapporto con un'associazione di madri di bambini invalidi della città di Gomel. In genere essi soffrono di distrofia muscolare e sono curati presso un ospedale specializzato in Siberia. L'associazione paga gli interventi che, tra l'altro, non sono neanche particolarmente costosi. È stata istituita una rete tipo affidamento a distanza ed ogni comitato ha adottato due o tre bambini. Attualmente ne stiamo assistendo ventisette e prima della primavera pensiamo di arrivare a trentatré.
Inviamo anche aiuti umanitari presso gli istituti e realizziamo interventi (come la ristrutturazione di cucine) che incontrano notevoli difficoltà sia dal punto di vista burocratico sia per la gestione economica e per la sorveglianza della buona riuscita.
Incontriamo alcune difficoltà poste dalle nostre autorità. Vi è un buon rapporto con il comitato dei minori che gestisce il flusso dei minori giunti in Italia e con le nuove norme si sta cercando di qualificare il nostro lavoro. Però quest'anno una circolare della nostra ambasciata richiede di apporre una postilla su ogni documento riguardante i bambini. Ricordo che in Bielorussia, nella città di Minsk vi sono soltanto tre uffici per apporre questa postilla, che mediamente ha un costo di otto euro, ma ne sono necessarie da un minimo di quattro, per bambini che hanno una famiglia «regolare», fino ad otto. Vengono circa ventisettemila bambini ogni anno in Italia e facendo un rapido conto emerge che l'importo finale è elevato. Dato ciò le accoglienze questa estate avranno forti difficoltà. La contraddizione di fondo è che mentre nel comitato dei minori si va alla ricerca di una maggiore qualificazione delle associazioni italiane e del relativo partner bielorusso, questa novità, che rappresenta certamente una garanzia rispetto al privato cittadino, è superflua e gravosa quando vi sono altri strumenti per controllare la veridicità dei documenti presentati, come nel caso della presenza di associazioni.
Durante la nostra attività ci siamo spesso chiesti se e quando sbagliavamo nei confronti dei bambini, trattandosi soprattutto di infanzia abbandonata. Un problema è come evitare che gli aspetti più negativi della nostra società siano assorbiti dai ragazzi ed anche fare in modo che essi non si abituino ad un tipo di vita che non sono in grado di avere nel proprio paese.
La maggioranza degli interventi che abbiamo svolto in territorio bielorusso sono resi possibili grazie a sovvenzioni private. Soltanto nella regione Valle d'Aosta, trattandosi di regione a statuto speciale, abbiamo percepito sovvenzioni da parte di un'istituzione pubblica.

PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che desiderano intervenire.

CARLA MAZZUCA POGGIOLINI. Innanzitutto ci tengo a ringraziarvi di cuore


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per il bellissimo lavoro che state svolgendo per questi bambini.
Va però messa in evidenza, ancora una volta, oltre alle problematiche forti che avete illustrato, la necessità di rispettare quel famoso superiore interesse del minore che è alla base della Convenzione di New York e della legislazione di tutti gli Stati che l'hanno sottoscritta.
Dobbiamo fare uno sforzo per produrre una serie di risposte articolate a quelli che sono i problemi dei minori; oltre all'affido internazionale, che implica una responsabilità della famiglia nella fase di studio, di sviluppo e di crescita dei bambini fino alla maggiore età ed al completamento degli studi, risposte più attente potrebbero proprio provenire dal lavoro che svolgete direttamente in quei paesi, tramite anche la nostra ambasciata. Sono stata anni fa presso la nostra ambasciata in Bielorussia - non so se ora la situazione sia migliorata - e non mi è sembrato che uno dei primi problemi fosse quello di aiutare i bambini.
Sappiamo invece perfettamente che il rapporto più forte tra i due paesi è proprio quello che passa attraverso le relazioni che si instaurano tra famiglie italiane e bambini che poi diventano giovani e che saranno la classe dirigente di quel paese. È vero che la Bielorussia è un paese piccolo, con soltanto dieci milioni di abitanti, ma è anche vero che si tratta di un paese che, ancora, non ha ben definito i propri «confini» con la grande madre Russia. Al fine di aiutare questo paese, con il quale ci sono legami di affetto molto forti, a crescere sulla strada della democrazia, dovremmo veramente sforzarci a non ingessarci solo sull'adozione internazionale, ma individuando una serie di utili iniziative legislative, sia a livello nazionale che regionale e provinciale.
Vi ringrazio ancora per le indicazioni che ci avete fornito che saranno certamente utili al fine di studiare e predisporre misure adeguate per aiutare questi bambini.

MARIDA BOLOGNESI. Vi ringrazio anche io per l'illustrazione della vostra esperienza relativa all'accoglienza temporanea. Si tratta certamente di una realtà molto complessa sulla quale sarebbe necessario approfondire meglio i rapporti con i paesi interessati e le problematiche derivanti dall'applicazione delle nuove leggi. Confesso di non avere al riguardo le idee chiare e credo che sia necessario riprendere questo filone per capire sia come voi che, come associazioni di volontariato siete la vera ricchezza del nostro paese, possiate sentirvi meno soli, sia come il nostro lavoro possa aiutare a rendere le regole vigenti più trasparenti e funzionali agli obiettivi della vostra missione. Vi faccio quindi alcune domande per cercare di comprendere meglio. Da quanto ho capito, non esiste un albo degli enti presso il Comitato minori stranieri.
La seconda domanda attiene ai criteri sulla base dei quali vengono scelti i bambini. La realtà è infatti complessa: vi sono bambini orfani o dichiarati in stato di abbandono, altri che hanno la famiglia ma vivono negli istituti - magari perché i genitori sono in carcere o hanno condizioni economiche e sociali che non rispondono alle esigenze dei bambini - altri ancora hanno problemi di salute, dovuti non solo alle radiazioni di Chernobyl, ma anche alla lunga permanenza negli istituti (malattie bronchiali, polmonari, o della pelle). Risulta difficile avere un quadro completo e vi chiedo di fornirci notizie sui requisiti che vengono seguiti nella scelta dei bambini che verranno ospitati in Italia.
Vorrei sapere, almeno in relazione alle associazioni più grandi (poiché complessivamente sono circa trecentottanta) che svolgono questi interventi, se sia possibile avere i dati sul flusso annuo di bambini.
Per quanto riguarda i costi, vorrei sapere se le associazioni abbiano finanziamenti per progetti di cooperazione o comunque come rientrino delle spese.
Avete una statistica su quanti soggiorni si siano trasformati in adozioni o se vi siano richieste di proseguire sulla strada dell'affido internazionale e sostegno a distanza che si trasforma in sostegno allo studio ed alla ricerca di professionalità nel caso dell'impossibilità di adottare i bambini?


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Sul problema del disadattamento, avete un riscontro di come la permanenza in Italia rappresenti un aiuto concreto alla vita materiale e alla crescita della formazione dei bambini? Quali dati avete sulle conseguenze dello spostamento da un paese all'altro con grandi differenze economiche, sociali e in generale delle condizioni di vita?
Infine, un vero affido internazionale presupporrebbe un rapporto di «paternariato» e di «maternariato» e di solidarietà tra famiglie. È accaduto ciò nella vostra esperienza e con quali frequenze?
Vi ringrazio in anticipo per le risposte ed aggiungo che i dati potranno anche essere inviati per iscritto.

PATRIZIA MORANDI, Vicepresidente dell'Associazione PUER. Per i dati da lei richiesti, attualmente il comitato per i minori sta ultimando un check up di tutte le associazioni in cui vi sono le linee guida della politica del volontariato nei riguardi di questo settore.

PRESIDENTE. Intervengo per dare alcune risposte organiche ai quesiti da voi posti. Mi sembra che emerga complessivamente una lamentela circa i tempi ed i modi del rapporto tra le nostre ambasciate e quella bielorussa. Sono membro della Commissione esteri del Senato e stiamo organizzando un viaggio in Bielorussia per capire come funzioni il sistema. Vi sono molte questioni da esaminare, fra cui anche il tentativo, legittimo da parte della Bielorussia, di seguire l'onda dei paesi dell'est che intendono entrare a far parte dell'Unione europea. Esistono però diversi ostacoli a che ciò avvenga, tra cui la pena di morte, lo stato delle carceri, lo svolgimento delle elezioni e più in generale lo stato delle istituzioni democratiche.
Quanto voi riferite è come una campana a martello, che non suona però soltanto in Bielorussia. Sento le stesse lamentele da più parti riguardanti una mancanza di collegamento tra le nostre ambasciate e gli uffici consolari e quelle dei rispettivi paesi in cui operiamo; ne consegue una parcellizzazione delle situazioni. Ciò che posso garantirvi è che cercheremo di uniformare le procedure e far sì che vi sia una normativa di riferimento burocratico che valga per tutti. Bisogna mettere le numerose associazioni di volontariato, con i problemi derivanti dalle difficoltà di coordinamento, di fronte ad una normativa che valga per tutti, soprattutto nei rapporti con l'estero. Siamo di fronte ad assenze di regole che aumentano i ritardi, i costi e le incertezze. Aspetteremo i dati richiesti dall'onorevole Bolognesi, ma, giustamente, voi richiedete al Parlamento risposte operative.
Un secondo aspetto da affrontare è la valenza delle procedure. Come ho sentito, voi state operando in modo tale che i bambini abbiano un conforto, un periodo di vacanza, senza far sì che sia stravolta la loro vita. Ciò è molto importante. Questi bambini ed adolescenti venendo in Italia, grazie all'ospitalità delle nostre famiglie, potrebbero tornare «sbilanciati» nel proprio paese. L'imposizione che vi date da soli vi fa onore. Dobbiamo cercare di fare del bene senza creare adottandi anche perché il diritto primo del bambino è avere una famiglia di origine. L'adozione giunge, quando è necessaria, successivamente. La concreta risposta all'incontro di oggi è garantirvi un interessamento affinché tutto avvenga in modo trasparente, più diretto e più efficiente. Diciamolo chiaramente: le nostre ambasciate e consolati debbono smettere di essere una sede di bon ton dove si fanno mostre e ricevimenti. Come ha detto il Presidente Berlusconi, è necessario che nelle nostre ambasciate ci sia più efficienza. Questo è un dato di fatto che va assolutamente garantito. Bisogna uscire dalla diplomazia ricettizia dell'inchino, del baciamano - atti peraltro dovuti - ed assicurare che le nostre ambasciate siano efficienti. E l'efficienza nasce anche e soprattutto da come ci si rapporta con trecentottanta istituti di volontariato. Trasmetterò questo messaggio, da me ben recepito, al nostro Presidente, al Ministero degli esteri e lo faremo ben presente anche alle autorità competenti in Biolorussia.


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Lascio invece alla vostra sensibilità la valutazione circa la necessità di proseguire l'ospitalità nel tempo, non essendo né medico né psicologo; ho comunque qualche perplessità perché non vorrei che si creasse una fascia intermedia tra l'aiuto a un bambino a stare meglio e un'aspettativa del bambino stesso a crescere con quella famiglia e conseguentemente un'aspettativa da parte della famiglia su quel bambino.
Vi assicuro ancora che l'impegno sarà assolutamente rispettato da parte nostra.

GEO BOSINI, Rappresentante dell'Associazione Stella cometa. Riguardo al discorso relativo alla nostra ambasciata in Bielorussia, tengo a sottolineare che l'ambasciatore che ha preso l'incarico nei primi di luglio dell'anno scorso, ha fatto davvero un grande lavoro, portando a compimento tutti gli atti che risultavano arretrati che non permettevano ai bambini di arrivare in Italia. È chiaro che si sta muovendo in una situazione delicata, anche perché bisogna essere corretti nei rapporti con le istituzioni.
Come abbiamo esposto oggi al Ministero degli esteri, vogliamo essere attori al fine di poter modificare le regole vigenti, in modo di non danneggiare i progetti estivi che stanno per essere presentati nei prossimi giorni da tutte le associazioni, mettendo in atto magari delle «aree test» per studiare il miglioramento qualitativo della documentazione. Ribadisco comunque che l'ambasciata italiana di Minsk sta lavorando molto bene.
Per quanto riguarda le domande poste dall'onorevole Bolognesi, ricordo che le associazioni sono iscritte all'albo regionale e presentano al comitato dei minori il proprio statuto.

MARIDA BOLOGNESI. Non c'è quindi un albo del comitato minori?

PATRIZIA MORANDI, Vicepresidente dell'Associazione PUER. Non c'è un albo, ma c'è un elenco.

GEO BOSINI, Rappresentate dell'Associazione Stella cometa. Un albo non c'è, ma esiste un'iniziativa, contenuta nelle ultime norme del comitato dei minori del 2004, che prevede la creazione di una casistica sulle attività delle associazioni con la predisposizione ben precisa della documentazione ad esse relativa. Ricordo che, già alla vecchia gestione del comitato, con la presidenza Carlà, avevamo inviato la documentazione richiesta che però è andata dispersa, ma che naturalmente ripresenteremo.
Ho letto il resoconto stenografico dell'audizione dell'11 giugno 2003 della vostra Commissione, dove si dice che quattro associazioni ospitano l'80 per cento dei bambini. Voglio precisare che non si tratta solo di quattro associazioni e che le piccole hanno un ruolo pari alle grandi. Il valore della solidarietà non consiste nel fatturato ma nell'azione.
Ricordo che il 50 per cento dei bambini proviene dagli internati ed il restante 50 dalle famiglie. Proprio su quelli che provengono dagli internati, che vengono messi a disposizione dalle direttrici, vorrei precisare che c'è una grande attività da parte delle associazioni che si recano in centri davvero piccoli e lontani della Bielorussia, al fine di valutare quali sono le famiglie che hanno più necessità e bisogno. Nascono anche rapporti tra le famiglie italiane e quelle bielorusse e ricordo che, nel mese di ottobre, ho avuto modo di assistere ad incontri tra di esse ed è stato bellissimo.
I bambini, grazie a questi rapporti, hanno un miglioramento davvero evidente. A differenza di quelli che provengono dalle famiglie, ove il rapporto è diretto e costruttivo, gli internati, che hanno perso tutti i loro affetti, trovano nella famiglia un valore diverso nell'approccio di quella che è la relazione con la mamma o il babbo o come vengono chiamati (la mia bambina, ad esempio, mi chiama Geo). Ricordo a tale proposito che un viceministro, tanti anni fa, contrario all'ospitalità da parte delle famiglie italiane, un bel giorno mi disse che avevo ragione, aggiungendo: «Quando mi reco negli internati, guardando i bambini nel volto, posso capire dalla loro espressione chi di loro si è recato in Italia e chi no». La situazione lì


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è migliorata proprio grazie al rapporto educativo che le famiglie italiane instaurano durante il periodo di permanenza dei bambini. Ciò non toglie che ognuno di noi ha un valore aggiunto che porta aiuto al bambino. L'ONU stesso afferma che il bambino non ha bisogno soltanto della famiglia sul luogo. L'unica cosa su cui siamo tutti concordi è che il bambino non debba stare in orfanotrofio; lo Stato bielorusso chiuderà gli orfanotrofi nel 2006.
Sono anni che stiamo cercando di unire tutte le associazioni in una unica confederazione per avere una sola voce e portare avanti in comune tutte le istanze, dato che non esiste un'istanza diversa dall'altra. Speriamo di riuscirvi in un breve arco di tempo. Abbiamo dato incarico, in una convention a Minsk, ad un gruppo di lavoro di costituire uno statuto e presentare proposte in modo tale da avere un referente comune sia dinanzi allo Stato italiano sia dinanzi a quello bielorusso.
Oggi con la riforma del Titolo V della Costituzione gli accordi internazionali nella materia del welfare sono demandati alle regioni. Abbiamo sollecitato in tal senso la regione Emilia Romagna per capire come applicare ciò. Richiediamo attenzione alla Commissione affinché porti alla discussione parlamentare l'attività associativa che oggi portiamo avanti da soli auto finanziandoci. Si tratta di un fenomeno che rappresenta il «fiore all'occhiello» dell'Italia. Nella convention dell'anno scorso il precedente ambasciatore Benazzo ci ha detto che all'ONU il fenomeno dell'ospitalità ai bambini è rappresentato dall'Inghilterra che ospita mille bambini all'anno, mentre l'Italia che ne ospita ventiseimila non è stata presa in considerazione. Penso che la politica debba fare qualcosa.

ENRICO CHERUBINI, Rappresentante della Fondazione Aiutiamoli a vivere. Non sono ottimista come il collega sulla chiusura degli orfanotrofi; dubito molto che ciò avverrà in Italia, e sarà ancora più difficile in Bielorussia dove non sono assolutamente in grado di chiudere centosessantadue istituti in cui si trovano ventiseimila orfani sociali.
Penso che il problema in Italia sia la differenziazione dell'accoglienza. È diverso accogliere bambini con una famiglia in Bielorussia e bambini che si trovano in istituto, per la maggior parte dei casi rifiutati, violentati e picchiati. È necessaria una formazione completa e seria delle famiglie che ospitano i bambini. Diverse famiglie che hanno seguito corsi di formazione per ospitare i bambini, hanno proseguito la propria attività diventando famiglie affidatarie per bambini italiani.
Per quanto riguarda l'adottabilità dei bambini, le famiglie italiane che ospitano bambini in stato di adottabilità debbono dichiarare che non hanno in corso né hanno ottenuto adottabilità internazionale. La legge tutela i bambini. Ricordo che l'Italia è il paese che adotta il maggior numero di bambini bielorussi in età avanzata che, altrimenti, nessuno adotterebbe.

PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi per la loro presenza e per i loro interventi. Mi fa molto piacere quanto è stato detto sulla nostra ambasciata in Bielorussia. Terremo presente quanto da voi rappresentato.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,45.

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