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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'abuso e lo sfruttamento di minori, l'audizione del ministro delle comunicazioni, Maurizio Gasparri, sul rapporto tra TV e minori.
questi ultimi si trovano certamente di fronte alla televisione, desideriamo invitarla ad esprimere il suo pensiero in merito alle cosiddette linee erotiche, quali il 144 o il 166, vietate dalla legge, ma che vengono tuttavia pubblicizzate ovunque. Anche per questo motivo, abbiamo intenzione di presentare una risoluzione, frutto del lavoro di questa Commissione. Al comma 26 dell'articolo 1 del decreto legge n. 545 del 23 ottobre 1996, convertito nella legge n. 650 del 23 dicembre 1996, si sancisce il divieto assoluto dei servizi audiotex ed internazionali che presentino forme o contenuti di carattere erotico, pornografico od osceno. Ad oltre cinque anni di distanza dall'approvazione della suddetta legge n. 650 del 1996, detti servizi telefonici continuano ad essere effettuati, con una sistematica pubblicità delle linee vietate dalla legge da parte di quotidiani, periodici e di numerose emittenti locali televisive. Le sanzioni finora applicate dall'Autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni sono state evidentemente poco efficaci.
MAURIZIO GASPARRI, Ministro delle comunicazioni. La ringrazio, signor presidente, e saluto i colleghi parlamentari presenti. Spero che il testo del mio intervento vi venga fatto pervenire quanto prima. Desidero soffermarmi su alcuni aspetti in particolare.
tale indice statistico sia rivolto alla fascia compresa tra le 23 e le 24 e non oltre. Speriamo che non vi siano minori davanti alla televisione alle quattro del mattino. La statistica viene dunque condotta su fasce orarie. Tutto ciò indica comunque che, nella tarda serata (e comunque dopo le 22,30), i minori sarebbero, secondo le citate rivelazioni statistiche, 1.258.000.
CE, n. 39 del 1997, che impegnano gli Stati membri ad adottare una serie di misure per tutelare i minori.
vedete, questi atti europei e dell'ONU presentano una comune filosofia che è stata recepita ampiamente dalla legislazione italiana, sia dalla cosiddetta legge Mammì sia da tanti altri provvedimenti.
televisive che possano nuocere al suo sviluppo. Le aziende televisive firmatarie di tale codice - Rai, Mediaset, La7 e due tra le principali associazioni dell'emittenza locale, la FRT e la AER (oggi Aeranti-Corallo), che raggruppano il 90 per cento delle emittenti locali - si impegnano a rispettare alcuni principi generali. Fra questi vi sono il miglioramento della qualità delle trasmissioni televisive destinate ai bambini, lo stimolo ad un uso corretto ed appropriato della televisione, la collaborazione col sistema scolastico per educare bambini e ragazzi ad una corretta alfabetizzazione televisiva. Vi sono ulteriori impegni affinché venga assegnato alle trasmissioni per bambini personale qualificato e preparato a questo tipo di comunicazione, capace anche di sensibilizzare in maniera specifica il pubblico ai problemi dell'handicap, del disadattamento sociale, del disagio psichico in età evolutiva. Tale codice di autoregolamentazione, tra i più recenti, contiene pertanto grandi enunciazioni, tutte condivisibili.
un altro filone di ricerca, quello che cerca di sondare la possibilità di usarli per indurre comportamenti socialmente desiderabili. Non bisogna dimenticare che i media sono appunto mezzi e che possono essere usati per promuovere effetti socialmente positivi: le ricerche internazionali dicono che possono essere efficaci, ad esempio, per rimuovere fobie, per promuovere la relazionalità, per rimuovere stereotipi etnici. Evidentemente, il problema si pone anche in termini squisitamente politici: l'efficacia della televisione in senso negativo o in senso positivo è ampiamente dimostrata.
LUIGI GIACCO. Sarebbe un buio completo.
MAURIZIO GASPARRI, Ministro delle comunicazioni. Un'iniziativa più incisiva potrebbe riguardare l'approvazione di una legge che superi l'attuale disorganicità del quadro normativo e convenzionale, con la fissazione di principi generali e un contestuale richiamo alle norme contenute in un codice unico di autoregolamentazione. Chiaramente, si tratta di materia de iure condendo, delicata e complessa, tenuto conto che si deve contemperare da un lato la tutela dei minori, dall'altro la salvaguardia della libertà di espressione del pensiero sancita dalla Costituzione.
ministeriale per il riassetto del sistema radiotelevisivo - un organo che svolge una funzione di consulenza per conto del Ministero delle comunicazioni, costituita da rappresentanti delle emittenti nazionali, pubbliche e private, e di tutte le associazioni delle emittenti private e locali, nonché dai quelli delle regioni e da tecnici; una commissione dove tutti gli operatori del settore, grandi, medi e piccoli, sono rappresentati) - il compito di redigere, entro tre mesi a partire da oggi, il citato codice unico di autoregolamentazione, che renda il vigente sistema dei controlli convenzionali più efficace, organico e, soprattutto, univoco, superando la frammentazione determinata dalla presenza di ben 11 codici (probabilmente ce ne saranno anche di più), la cui osservanza sembra spesso pari a quella delle «grida» di manzoniana memoria. D'altronde, troppe leggi, nessuna legge. Il problema è non tanto quello di predisporre il codice di autoregolamentazione (sottoscritto da tutte le parti interessate), perché è sufficiente trarre le parti migliori dei testi già esistenti e rifarsi agli orientamenti internazionali dell'ONU e dell'Unione europea, quanto di renderlo efficace.
né ad una regolamentazione legislativa che, quand'anche fosse organica, non potrebbe contemplare l'enorme varietà dei casi e dovrebbe comunque tradursi in pratica attraverso interpretazioni e applicazioni concrete delle quali, in ultima analisi, dovrebbe farsi carico il sistema giudiziario. È, quindi, opportuno predisporre apposite iniziative di tutela, di sensibilizzazione, di promozione di un uso costruttivo dei media, di appoggio alle strutture familiari, di sviluppo di una concezione più adeguata del rapporto tra media e minori.
PRESIDENTE. Ringrazio, anche a nome della Commissione, il ministro per il suo intervento.
che è nostra intenzione svolgere un'azione positiva sia nei confronti della Commissione di vigilanza, sia nei confronti del nuovo Consiglio di amministrazione della RAI (che sarà prossimamente audito) perché possa essere inserito, nell'ambito della definizione dei nuovi palinsesti RAI, un programma dai risvolti culturali, che permetta di uscire dalla logica dei semplici cartoni animati.
CARLA MAZZUCA POGGIOLINI. Desidero innanzitutto ringraziare il ministro delle comunicazioni per la sua relazione. Infatti, pur appartenendo allo schieramento politico di opposizione, così come in politica estera abbiamo già realizzato una comunione di intenti in Assemblea, ritengo che, anche nell'ambito di questa Commissione, rispetto alla questione della TV e dei minori, debba stabilirsi una medesima comunione di intenti. Per questo, rispetto a quanto affermato finora, desidero esprimere il mio completo accordo (anche da parte del gruppo della Margherita) riguardo alla serietà dell'analisi da lei svolta e ad alcune indicazioni da lei preannunciate rispetto alle azioni che il Governo intenderà compiere in merito alla questione della tutela dei minori nell'ambito dell'utenza radiotelevisiva.
più spesso premio su considerazioni molto più nobili ed aderenti al portato sociale del ruolo che la televisione dovrebbe avere.
o «ti uccido». La violenza, in termini «puri», del cowboy, di Zorro, e così via, è qualcosa che entra nel loro immaginario e nelle loro modalità comunicative ed espressive, le quali servono anche a scaricare l'aggressività e, comunque, sono espressioni che appartengono ad un linguaggio noto.
UGO LISI. Signor ministro, prendo la parola con sommo piacere dato che, essendo lei notoriamente molto impegnato, oggi possiamo per la prima volta affrontare insieme gli argomenti in materia di tutela dei minori, di cui ci stiamo occupando già da qualche mese grazie all'attività del presidente Burani Procaccini e dell'intera Commissione.
LUIGI GIACCO. Vorrei procedere ad alcune considerazioni di carattere generale e ad alcune proposte. Certamente, la relazione del ministro è estremamente ampia e racchiude la sintesi del lavoro svolto dal Parlamento, anche nelle precedenti legislature. Penso che dobbiamo partire dal concetto che la televisione deve essere uno strumento da non enfatizzare più di tanto e da non demonizzare, perché serve comunque per la crescita personale e per la conoscenza da parte del bambino. Sicuramente, stiamo assistendo ad un appiattimento culturale e ad una omologazione dei programmi televisivi e questo diventa sempre più pericoloso, soprattutto per i bambini che non dispongono di quegli strumenti critici attraverso i quali analizzare ed interpretare la realtà che è loro presentata. Da questo punto di vista, inviterei la presidente a deliberare audizioni per ascoltare non soltanto il nuovo Consiglio di amministrazione della RAI ma
anche gli amministratori delegati e i responsabili delle altre reti televisive, sia nazionali sia locali (dal momento che ne esistono 11 nazionali e, credo, 700 locali), affinché questo ragionamento possa essere svolto a 360 gradi e ci possa essere un intervento in materia il più possibile uniforme. Sono convinto che non riusciremo ad affrontare e risolvere questo problema con le leggi; sicuramente, è necessaria una forte consapevolezza e presa di coscienza da parte della società civile, degli operatori e delle istituzioni perché lo strumento televisivo, come gli altri mass media, sono sicuramente mezzi che contribuiscono alla crescita dei bambini.
dagli Stati Uniti; esiste, pertanto, la necessità di un'offerta televisiva, di produzione italiana, capace di rispondere in maniera più attenta alle esigenze, ai valori e agli schemi di vita della nostra società. Se riusciremo insieme a fare questo, signor ministro, la ringrazierò.
SILVANA PISA. Vorrei esordire riconoscendo che in questa materia esiste un ingorgo normativo e, probabilmente, si rende necessario pervenire ad un testo unico; ritengo opportuno, tuttavia, tener conto dei punti di eccellenza ottenuti a livello legislativo: al riguardo, mi sembra che l'autoregolamentazione del 1997 sia quanto di più avanzato sia stato finora prodotto.
di rapporti competitivi. Questi aspetti, a mio avviso, sono infatti molto più nocivi, perché subdoli, rispetto a tante scene erotiche o violente.
PIERA CAPITELLI. Signor presidente, mi limiterò ad affrontare le parti essenziali trascurando l'intera l'analisi di carattere socio-educativo, che pure mi è tanto cara e che condivido, di cui hanno già parlato i colleghi. Innanzitutto, vorrei ringraziarlo, signor ministro, perché avevo iniziato ad ascoltare il suo intervento con una certa perplessità, non diffidenza, e questo atteggiamento è molto lontano...
PRESIDENTE. Perché in questa Commissione non c'è.
PIERA CAPITELLI. È molto lontano perché in questa Commissione, come lei avrà già notato, ci vogliamo bene!
LUIGI GIACCO. Ci vogliamo tutti bene!
PIERA CAPITELLI. Ci vogliamo bene e prendiamo le distanze quando occorre prenderle.
PRESIDENTE. Dobbiamo prenderle!
MAURIZIO GASPARRI, Ministro delle comunicazioni. Si parla dei bambini!
PIERA CAPITELLI. Mi sembra che l'obiettivo e il significato della nostra presenza sia fondamentalmente sincero, così come ritengo che la sua relazione sia stata sincera, puntuale e, a mio avviso, efficace, anche se alla fine occorrerà assumere degli impegni: accolga non solo i complimenti, signor ministro, ma anche gli impegni!
che tanto più è elevato il livello socio-culturale ed economico della famiglia tanto più la TV diventa un mezzo individuale (con una televisione in ogni stanza), finendo per non rappresentare più un mezzo di socializzazione della famiglia. Ecco perché auspico che vengano prodotte delle trasmissioni televisive di qualità elevata; in particolare, per quanto concerne i bambini, è opportuno spendere di più purché si acquistino programmi migliori di quelli attualmente in commercio, incentivando anche la produzione di buoni prodotti televisivi italiani.
MAURIZIO GASPARRI, Ministro delle comunicazioni. Ho ipotizzato di fare riferimento ad un codice di autoregolamentazione unico, sottoscritto da tutte le parti interessate in una sede istituzionale.
PIERA CAPITELLI. Ciò perché l'iter legislativo non sia troppo lungo e complicato, aspetto questo che ritengo particolarmente importante.
MAURIZIO GASPARRI, Ministro delle comunicazioni. Proprio ieri ho avuto modo di trattare questo tema con il nuovo consiglio di amministrazione della RAI, ma poiché il contratto di servizio scade alla fine del 2002, per legge si potrà affrontare la questione soltanto dal primo luglio 2002; ho anche richiesto ai componenti del consiglio di anticipare la discussione inserendovi, fra l'altro, il tema della tutela dei minori.
PIERA CAPITELLI. La sua proposta in tema di codice di autoregolamentazione mi trova consenziente, però è necessario adoperarsi affinché esso venga applicato concretamente. Il fatto che ci siano stati fino ad ora degli insuccessi o dei parziali successi non significa che non si debba percorrere questa strada che risponde a criteri di carattere non censorio ma educativo.
TIZIANA VALPIANA. Ricordo che, nella scorsa legislatura, nell'ambito di questa Commissione, ho fatto parte del comitato TV e minori, lavorando molto sui temi citati, attraverso audizioni e incontri con le personalità più svariate e producendo alla fine una risoluzione.
vista del minor danno possibile per i bambini.
di più facile applicazione in Francia dove le televisioni sono solo quattro o cinque contro le circa 700 italiane), consistente in un monitoraggio puntuale, ventiquattr'ore su ventiquattro, di tutto ciò che passa per la televisione, con la segnalazione, non tanto ai cittadini di non guardare determinati programmi, bensì alle televisioni stesse degli errori commessi e degli abusi in cui esse sono incorse.
LUIGI GIACCO. In relazione a quanto affermato dalla collega Valpiana in merito all'importanza di disporre di spazi per giocare, chiedo che sia posta in discussione la risoluzione sulla città dei bambini e delle bambine, da me presentata.
PRESIDENTE. È già stata inviata sia al Presidente della Camera sia al ministro.
LUIGI GIACCO. La ringrazio, signor presidente.
PRESIDENTE. Do la parola al ministro per la replica.
MAURIZIO GASPARRI, Ministro delle comunicazioni. Non ho particolari considerazioni da esprimere nella replica. Vi ringrazio per l'attenzione, per le riflessioni e, soprattutto, per l'apprezzamento dimostrato nei riguardi della sincerità dei nostri intenti che nascono non soltanto dall'esperienza politica ma anche da quella familiare.
della produzione. Come ho ricordato in varie occasioni, alcuni cartoni animati di importazione, a volte, contengono scene violente: questo è un fattore, a mio avviso, diseducativo. Non intendo citare singoli paesi, per evitare un incidente diplomatico, ma ci sono cartoni animati brutti - questo si può affermare - ed altri più belli. Esiste anche un problema di costi, sui quali mi sono informato e su cui abbiamo discusso: alcuni Stati si sono attrezzati per una sorta di produzione massiva, anche tecnicamente più brusca, con meno immagini, ed offrono, quindi, il servizio a costi più competitivi, grazie ai quali un editore di una emittente televisiva riesce a far quadrare i propri conti.
PRESIDENTE. Anche in questo plaudo al ministro. Giustamente, questi servizi devono essere garantiti da un certo spirito e non possono essere semplicemente una attività da intraprendere per volontà di speculazione economica.
La seduta termina alle 16.
Innanzitutto, desidero ringraziare il ministro per aver accolto il nostro invito. Signor ministro, da anni ci occupiamo del problema della comunicazione in generale verso l'infanzia, ma quest'anno abbiamo focalizzato il nostro interesse anche su Internet, affrontando, nel corso di una lunga indagine conoscitiva, i molti aspetti relativi ad un corretto utilizzo non solo di quest'ultimo, ma anche della telefonia mobile ed, in genere, dei sistemi multimediali, preoccupandoci di individuare soluzioni che consentano di usufruire di tali servizi in sicurezza, senza danno per l'infanzia e l'adolescenza.
Ho ritenuto giusto fare questa premessa perché, come i colleghi sanno, la Commissione ha intenzione di promuovere, per il 16 aprile prossimo, un convegno presso la Camera dei deputati dal titolo «Il bambino virtuale», allo scopo di preparare, a circa un mese di distanza dal suo inizio, il Forum parlamentare che si terrà a New York e che accompagnerà la sessione straordinaria dell'ONU dei Capi di Stato e di Governo, che, appunto, prevede un Forum dei fanciulli e un Forum dei parlamentari.
Nell'ambito del Forum dei parlamentari, signor ministro, vorremmo presentare anche del nostro materiale: l'importanza dell'audizione di oggi risiede anche in questo, poiché ci permetterà di capire che cosa il ministero che lei rappresenta abbia preparato in proposito. La Commissione potrà in seguito trarne spunto ed ispirazione al fine di elaborare documenti da presentare nell'ambito del convegno preparatorio del 16 aprile. In tale occasione saranno invitati anche i parlamentari europei, per far sì che, a differenza di quanto accaduto a Yokohama (ricordo che in quell'occasione si è verificata una sorta di sfaldamento di posizioni da parte dei parlamentari europei, nel senso che ognuno è andato per conto suo), si possa, da parte italiana, portare avanti un dibattito che, coinvolgendo soprattutto i paesi sviluppati, si incentri proprio sul tema della comunicazione, che riteniamo importantissimo.
Lei ha parlato di sistemi di autoregolamentazione: le chiediamo, anche a fronte di un documento già preparato e che rappresenterà uno dei capitoli della relazione finale della Commissione, se ci siano novità che possiamo far nostre.
Per quanto riguarda, infine, la pubblicità sulle emittenti locali (ma lo stesso dicasi per giornali e riviste che finiscono in mano ai minori) in fasce orarie nelle quali
Per questo, chiediamo un impegno urgente da parte del Governo ad adottare i provvedimenti atti a garantire il rispetto del citato comma 26, articolo 1, della legge n. 650 del 1996, allo scopo di far cessare la pubblicità attualmente diffusa dei citati servizi vietati. Ricordo che hanno per ora firmato tutti i deputati (il Senato questa settimana ha sospeso i propri lavori, ma il documento in oggetto sarà fatto pervenire ai senatori quanto prima).
Ringrazio ancora il ministro per la sua presenza e lo invito ad esporre la sua relazione.
Spesso si presta attenzione a quanto accade in televisione (le stesse vicende recenti riguardanti televendite e pubblicità ingannevole possono, in qualche misura, coinvolgere anche minori), ma più spesso, per quanto riguarda gli altri mezzi di comunicazione o di informazione (penso, per esempio, ai giornali che pubblicizzano alcuni servizi o agli stessi servizi telefonici), essi vengono sottovalutati.
Questa audizione si incentra principalmente sui temi riguardanti le trasmissioni televisive che, riteniamo, rappresentano una questione prioritaria ed urgente, da tempo discussa. In tal senso, il testo presentato rappresenta al contempo un'analisi ed una sintesi di quanto fatto finora.
Da una ricerca effettuata da Telefono azzurro e da Eurispes è risultato che i programmi più visti dai bambini delle elementari sono i cartoni animati (per l'82,2 per cento), mentre i ragazzi delle medie sembrano orientarsi più verso film e telefilm. Per quanto riguarda la frequenza, il 40 per cento degli intervistati guarda la TV tutti i giorni, mentre il 33 per cento lo fa più volte a settimana.
Un'ulteriore indagine del dipartimento di scienze dell'educazione dell'Università di Bologna, condotta su 120 bambini di età compresa tra i nove e i dieci anni, ha fatto emergere che i minori giudicano i programmi TV dandone una valutazione non negativa, ma segnalando che i telegiornali sono noiosi, la violenza ed il sesso mettono paura e procurano incubi, le liti in diretta infastidiscono (aggiungo, non solo i minori!). La preferenza va quindi ai programmi dal linguaggio semplice che parlano di natura ed animali.
È interessante notare che alle 20,30 - questo è un problema che dobbiamo valutare con attenzione -, i minori davanti alla televisione sarebbero tre milioni (il che deve indurci a capire che non c'è un problema solo di fasce protette, ma anche di programmazione complessiva) contro il mezzo milione del pomeriggio: quindi, c'è una maggiore presenza di minori davanti al video nella fascia serale che non negli orari presumibilmente più adatti alla loro visione.
Inoltre, 1.258.000 minori guardano la TV, sempre da soli, addirittura nella fascia oraria compresa fra le 22,30 e le 7 del mattino ma spero, francamente, che un
La legge vieta la trasmissione di determinate categorie di programmi in alcune fasce orarie: si tratta delle fasce comprese tra le ore 7 e le ore 22,30 per i film cinematografici vietati ai minori di anni quattordici (salto le citazioni degli articoli di legge che potete trovare all'interno del testo scritto) e tra le ore 7 e le ore 23 per le trasmissioni televisive di opere a soggetto ed i film contenenti immagini di sesso, violenza o tali da poter incidere negativamente sulla sensibilità dei minori. Alle fasce protette si aggiungono norme che impongono il divieto assoluto di trasmissione di film cinematografici vietati ai minori di anni diciotto, di programmi dal contenuto osceno o che, più in generale, possano nuocere allo sviluppo psichico o morale dei minori in quanto contenenti scene di violenza gratuita o pornografiche, ovvero scene rientranti nelle fattispecie previste dagli articoli 14 e 15 della legge n. 47 del 1948.
È intervenuta un'importante sentenza della Corte di cassazione, nel marzo 2000, che ai fini della determinazione della nozione di osceno - variabile in relazione alla sensibilità del tempo - mostra la tendenza ad acquisire, quali parametri per la valutazione del concetto del pudore, il modificarsi dei costumi sul territorio nazionale, le mode e i mass media (televisioni, giornali e cinema) quali «specchio del comune sentire». I mass media sono assunti come parametri di valutazione e, quindi, una grande attenzione deve essere dedicata all'attuale mutamento del costume proposto dal mezzo radiotelevisivo, soprattutto in relazione ai contenuti potenzialmente nocivi allo sviluppo psichico e morale dei minori. In sostanza, la Corte di cassazione considera la televisione e gli altri media come un indice per valutare che cosa debba essere o meno considerato osceno. Pertanto, il mezzo finisce per condizionare la valutazione e fa giurisprudenza, in qualche modo; ciò dimostra che l'attenzione al contenuto deve essere rilevante perché, di fatto, fotografa nel tempo il concetto di oscenità che, ovviamente, muta.
Relativamente alla tematica dei codici di autoregolamentazione (che sono onerosi), bisogna evidenziare che quelli prodotti in Italia risultano meritevoli nelle intenzioni, ma deludenti sul piano dell'efficacia. Il rispetto e l'applicazione di ciascun codice sono attualmente affidati ad un apposito comitato di controllo che può sia svolgere proprie azioni di indagine, sia intervenire su segnalazioni che provengano da associazioni o da cittadini. In caso di violazioni non esistono sanzioni amministrative ma è prevista l'emissione, da parte del comitato, di una motivata e pubblica risoluzione nei confronti dell'azienda inadempiente, che si impegna a comunicarla ai suoi utenti in spazi televisivi di alto ascolto e prima delle 22,30. C'è da sottolineare, quindi, l'esigenza sia di unificare tali codici e di garantire il loro accoglimento da parte di tutti gli operatori del settore, evitandone la frammentazione, sia di prevedere un raccordo istituzionale tra gli organismi interni preposti alla vigilanza sui codici di autoregolamentazione. Inoltre, si deve aggiungere che l'articolo 1, comma 6, lettera b), numero 13, della legge n. 249 del 1997, istitutiva dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, individua in essa l'organo deputato a provvedere al monitoraggio delle trasmissioni televisive, nell'ambito del quale è stata individuata anche l'area tematica «garanzie dell'utenza». C'è una particolare attenzione ai minori, quindi, anche nell'ambito delle attività svolte da tale Autorità.
Al fine di un preciso inquadramento della materia, abbiamo effettuato una disamina delle varie norme che tutelano i minori dalle trasmissioni televisive inidonee.
Esistono norme comunitarie, tra cui la direttiva del Consiglio CEE del 3 ottobre 1989, modificata dalla successiva direttiva
Inoltre, scendendo dal livello europeo a quello nazionale, vi è la Carta di Treviso firmata nel 1990 e modificata nel 1997, un documento che impegna i giornalisti italiani ad alcuni comportamenti corretti nei confronti dei bambini e dei minori in genere. La Carta nacque da un'iniziativa della Federazione della stampa, dell'Ordine dei giornalisti e di Telefono azzurro. Questo documento, che possiamo considerare storico, prevede una particolare salvaguardia nei confronti del bambino coinvolto in fatti di cronaca per evitare di influenzare negativamente la sua crescita: esso presenta, perciò, aspetti particolari riguardanti la tutela della privacy.
Ricordo, altresì, che la legge istitutiva dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni richiama l'applicazione delle sanzioni previste dalla legge n. 223 del 1990 (la cosiddetta legge Mammì) che rimane in vigore per questa parte. Infatti, l'articolo 31 di detta legge prevede sanzioni amministrative e pecuniarie - da 10 a 100 milioni di lire - e, nei casi più gravi, la sospensione dell'efficacia della concessione o dell'autorizzazione, da uno a dieci giorni, per l'inosservanza dei divieti stabiliti, per quanto riguarda la tutela dei minori, dall'articolo 15, commi da 10 a 13, della stessa legge. È una formula che ricalca quella adottata dalla Convenzione europea sulla televisione transfrontaliera, poiché è vietata la trasmissione di programmi che possano nuocere allo sviluppo psichico e morale dei minori, che contengano scene di violenza gratuita o pornografiche, che inducano ad atteggiamenti di intolleranza basati su differenze di razza, sesso, religione o nazionalità. Insomma, la legislazione italiana ha recepito orientamenti espressi nelle sedi comunitaria e delle Nazioni Unite. Inoltre, in tale legge sono stabiliti divieti riguardo alla trasmissione di film: ne è previsto uno di carattere assoluto per quelli che siano stati vietati ai minori di anni diciotto. In questi casi si applica una sanzione simile a quella che, per i cinema, corrisponde alla «chiusura del locale», cioè la disattivazione dell'impianto. Ci si richiama, insomma, a norme previste per altri tipi di spettacolo: per quanto riguarda la televisione non c'è un locale da chiudere ma c'è la possibilità della disattivazione dell'impianto, che produce i medesimi effetti. Per quanto riguarda i film vietati ai minori di anni quattordici, non possono essere trasmessi, né integralmente né parzialmente, prima delle 22 e dopo le 7.
Tra gli altri atti desidero richiamare la Convenzione sui diritti del fanciullo delle Nazioni Unite, firmata a New York il 20 novembre 1989 e resa esecutiva nel maggio 1991. All'articolo 17, la Convenzione stabilisce che «gli Stati parte riconoscono l'importanza della funzione esercitata dai mass media e vigilano affinché il fanciullo possa accedere ad una informazione ed a materiali provenienti da fonti nazionali ed internazionali varie, soprattutto se finalizzati a promuovere il suo benessere sociale, spirituale e morale nonché la sua salute fisica e mentale». Gli Stati, inoltre, sono impegnati a favorire l'elaborazione di princìpi direttivi appropriati destinati a proteggere il fanciullo dalle informazioni e dai materiali che nuocciono al suo benessere, in considerazione delle disposizioni di altri articoli di questa Convenzione.
Vi è, poi, una Convenzione europea sulla televisione transfrontaliera, firmata a Strasburgo nel maggio 1989 e ratificata con la legge n. 327 dell'ottobre 1991, che non soltanto prevede che i programmi, sia dal punto di vista del contenuto sia della presentazione, debbano rispettare la dignità della persona umana ed i diritti fondamentali dell'uomo ma stabilisce che essi non debbano essere contrari alla decenza e tantomeno contenere pornografia, mettere in risalto la violenza oppure essere suscettibili di incitare all'odio razzista. Inoltre, per quanto riguarda i minori, si afferma che «gli elementi dei servizi di programmi che sono suscettibili di pregiudicare lo sviluppo fisico, psichico e morale dei fanciulli o degli adolescenti non devono essere trasmessi quando questi ultimi sono suscettibili di guardarli dato l'orario di trasmissione e di ricezione». Come
Si occupa dei minori e della pubblicità anche il decreto ministeriale del 1991, n. 425, introducendo un divieto generale di ogni forma di pubblicità che possa creare un pregiudizio morale o fisico ai minorenni.
Inoltre, l'articolo 6 del decreto legislativo n. 74 del 1992 vieta la pubblicità ingannevole e, per quanto riguarda i minori, pone ulteriori norme a tutela della loro sicurezza, al fine di combattere l'abuso della naturale credulità di questi soggetti che sono, per così dire, più indifesi dinanzi alla pubblicità. Tutti riscontriamo, nell'esperienza familiare, come i bambini siano attenti ai messaggi pubblicitari che, quindi, devono essere più cauti.
L'articolo 3 della legge 30 aprile 1998, n. 122, stabilisce che i programmi per bambini di durata inferiore ai trenta minuti non possano essere interrotti dalla pubblicità o dalla televendita.
Vi è poi il Codice di autodisciplina pubblicitaria che, oltre a stabilire specifiche norme per la pubblicità dei giocattoli e giochi per bambini, all'articolo 11 impegna le parti contraenti a porre una cura particolare nei messaggi che si rivolgono ai bambini e agli adolescenti o che possono essere da loro ricevuti, che non devono contenere nulla che possa causare loro un danno psichico o morale o fisico. Anche nel campo dell'autodisciplina pubblicitaria, quindi, c'è un richiamo teorico ampiamente condivisibile.
La Carta dei doveri del giornalista del 1993 contiene un apposito paragrafo dedicato ai minori e ai soggetti deboli, che prevede ulteriori e più forti garanzie in materia di privacy, che si aggiungono a quelle già riservate alla generalità dei cittadini.
Molto importante è l'articolo 3 del decreto legge 29 marzo 1995, n. 97, convertito in legge nello stesso anno (legge n. 203 del 1995), che prevede, presso il Ministero dei beni e delle attività culturali, l'istituzione di commissioni di revisione con il compito di rilasciare il nullaosta per la trasmissione televisiva di opere a soggetto e film prodotti per la televisione. Tali organismi non si sono mai insediati a causa della mancata emanazione del regolamento di attuazione previsto dal comma 6 dello stesso articolo di legge. Tra le iniziative che abbiamo proposto rientra proprio quella di precisare le competenze del Ministero dei beni e delle attività culturali; tuttavia, vi segnalo questa circostanza perché l'attuazione di tale norma ha attinenza con le attività che sono al centro della vostra azione.
Ricordo, altresì, la Carta dei doveri e degli obblighi degli operatori del servizio pubblico radiotelevisivo, che è una raccolta di indirizzi e direttive di diversa provenienza e che si richiama alla Carta di Treviso e al Codice di autoregolamentazione. Questo documento impegna il servizio pubblico a non trasmettere spot pubblicitari che utilizzino i bambini in modi che contrastino con le indicazioni della Carta di Treviso. È anche precisato che la partecipazione di adolescenti alle trasmissioni della RAI - c'è un particolare dovere, non esclusivo ma importante, a carico del servizio pubblico - deve sempre avvenire con il rispetto della loro persona, senza strumentalizzarne l'età e i corpi e senza rivolgere loro domande allusive alla loro intimità.
Vi è poi il codice di autoregolamentazione stipulato tra alcune delle principali associazioni delle emittenti e degli utenti, il quale prevede che i programmi dedicati ai minori, in qualsiasi orario trasmessi, debbano essere ispirati a valori positivi, umani e civili e al rispetto della dignità umana. Il controllo sull'applicazione di tale codice è demandato ad un organismo paritetico, il comitato TV e minori.
Vi è anche il codice di autoregolamentazione TV e minori del 1997 che raccoglie i principi, già citati, enunciati nella Convenzione ONU sull'infanzia del 1989 (recepita in Italia nel 1991) e che propone ulteriori garanzie sulla privacy, riconoscendo il minore quale soggetto di diritti che deve essere tutelato, quindi, da trasmissioni
Per quanto riguarda i programmi trasmessi, viene individuata come «la televisione per tutti», ancora una volta, quella che va dalle 7 alle 22, per cui le aziende si impegnano a far sì che, nei programmi di informazione, si eviti la trasmissione di immagini gratuite di violenza o di sesso. Con particolare riferimento ai programmi di informazione in diretta, le aziende si impegnano ad attivare corsi per sensibilizzare giornalisti e tecnici dell'informazione televisiva alla problematica televisione e minori. Per quanto riguarda, invece, film, fiction e spettacoli vari, le aziende si daranno strumenti di valutazione circa la loro ammissibilità in televisione, sempre a tutela del benessere fisico e psichico dei minorenni, attraverso un comitato interno di autocontrollo.
Per quanto riguarda le trasmissioni di intrattenimento, le aziende si impegnano a inserire nei propri palinsesti una fascia protetta di programmazione fra le 16 e le 19, idonea ai bambini, sia con trasmissioni a loro dedicate, sia con un controllo particolare anche su i promo trailer e sulla pubblicità per verificare questa particolare fascia, anche se le statistiche riportano che i minori, caso mai, si trovano davanti alla televisione anche più tardi. Questo però è un problema che rende ancora più complessa la materia: una volta, infatti, la «televisione dei ragazzi» era in una determinata fascia. L'applicazione di questo ennesimo codice è affidata ad un comitato di controllo che, oltre a svolgere proprie indagini, può raccogliere eventuali segnalazioni.
L'articolo 1, comma 26, del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 545, convertito dalla legge n. 650 del 1996, stabilisce un fermo divieto di propagandare servizi audiotex (che sono, in pratica, quelli ai quali si accede con i numeri 166 e 144) in programmi televisi, pubblicazioni periodiche ed ogni altro tipo di comunicazione espressamente dedicata ai minori, e credo che questo ci riporti alle vostre giuste sollecitazioni. Per quanto concerne questo aspetto, inoltre, la legge istitutiva dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni attribuisce alla commissione per i servizi e i prodotti il compito di verificare «il rispetto nel settore radiotelevisivo delle norme in materia di tutela dei minori anche tenendo conto dei codici di autoregolamentazione relativi al rapporto tra televisione e minori e degli indirizzi della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi». Credo che allora non esistesse ancora la Commissione parlamentare per l'infanzia, e quindi la sua funzione potrà essere inserita nelle future normative: pur non essendo di nostra stretta competenza, nei fatti ce ne facciamo carico, anche se le leggi le farà il Parlamento.
Il consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti, infine, ha adottato il codice di deontologia sulla privacy che, come previsto dalla legge n. 675 del 1996, è stato approvato anche dal garante per la tutela dei dati personali. L'articolo 7 di tale codice si occupa ancora della tutela del minore e, come riportato nella relazione che ho consegnato alla Commissione, impegna ad una ulteriore tutela del diritto dei minori alla riservatezza e alla privacy.
Per quanto riguarda provvedimenti più recenti, l'articolo 51 della legge comunitaria 2001, già approvata dal Parlamento, che recepisce le direttive 89/552/CEE e 97/36/CE, prevede una serie di disposizioni per la tutela dei minori dalle trasmissioni televisive inidonee. Viene attribuito, in pratica, all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il potere di comminare la sanzione della sospensione delle trasmissioni qualora le emittenti violino il divieto di trasmettere programmi che possano nuocere gravemente allo sviluppo fisico, mentale o morale dei minorenni, in particolare quelli che contengano scene pornografiche o di violenza gratuita, a meno che la scelta dell'ora di trasmissione o qualsiasi altro accorgimento tecnico escludano che i minorenni, che si trovano nell'area di diffusione, assistano normalmente a tali programmi. In altri termini, tali direttive europee dispongono, sostanzialmente, che occorre comunque una segnalazione (quale un simbolo o una forma di avvertimento) da parte dell'emittente, e ciò è stato recepito nella legge comunitaria 2001.
L'articolo 52 della stessa legge comunitaria stabilisce che la televendita non possa arrecare pregiudizio morale o fisico ai minorenni, né tanto meno esortare i minorenni a stipulare contratti di compravendita o di locazione di prodotti e di servizi. È stato introdotto, inoltre, l'espresso divieto di sollecitare i minori all'acquisto di un prodotto sfruttando la loro inesperienza e credulità o la fiducia che essi ripongono nei genitori o negli insegnanti, nonché il divieto di mostrare, senza motivo, minorenni in situazioni di pericolo. Infatti la pubblicità, anche con una determinata figura, come ad esempio il maestro o il genitore, può indurre il bambino ad identificarvi le sue esperienze di vita, creando così in lui una fiducia più fondata rispetto a quella virtuale dell'immagine.
Quanto esposto aiuta ad inquadrare normativamente un fenomeno che può essere considerato assai rilevante. Basti pensare che sono ben 87 i canali dedicati ai bambini creati in tutto il mondo, dei quali 50 solo negli ultimi tre anni: si tratta, quindi, anche di un fenomeno di crescita della televisione dedicata ai minori. In realtà, secondo molti studi - che condividiamo, anche per esperienza quotidiana - il bambino è molto meno inerme e passivo di come ce lo immaginiamo: anzi, spesso si avvicina ai programmi televisivi per imparare qualcosa del mondo adulto, per spiare il mondo. Parallelamente, la sua competenza tecnologica lo rende spesso indipendente e autonomo, anche nell'utilizzare il DVD ed altre apparecchiature, con un impatto talvolta sorprendente, di cui sono testimone diretto.
Detto ciò, bisogna anche dire che la teoria del bambino competente è stata troppo spesso utilizzata come alibi deresponsabilizzante per emittenti e produttori e, in questo senso, quindi, va considerata con molta cautela. Al contrario, gli effetti della televisione sono forti e dimostrati: in particolare, per quanto riguarda la rappresentazione televisiva della violenza, è abbondantemente verificata la sua azione nel creare assuefazione e abitudine alla violenza, paura e diffidenza generalizzate, percezione distorta degli effetti, giustificazione e desiderio di imitazione della violenza in presenza di fattori predisponenti di tipo individuale (caratteristiche della personalità) e sociali (contesti familiari o scolastici). Inoltre, è bene precisarlo, a questo tipo di conclusioni sono giunte centinaia di ricerche realizzate da autori diversi, di paesi diversi, facenti riferimento a metodologie diverse.
Ma non ci sono solo gli effetti della violenza. L'induzione ossessiva al consumo, la trasmissione di stereotipi sessuali e sociali, l'imposizione di una concezione della vita fatta di un superficiale edonismo, l'induzione di rapporti con l'altro falsati o competitivi sono le principali conseguenze negative di un consumo eccessivo dei media. Anzi, oggi i ricercatori di più ampie vedute tendono a sottolineare soprattutto la negatività di questo tipo di influenze, ben più nocive, perché più subdole e trasversali. Sono tanti i potenziali e troppo spesso reali effetti negativi dei media che si finisce col trascurare o emarginare
È fatale, tra l'altro, che i minori siano attratti soprattutto dalla televisione come e più degli adulti, non fosse altro che per la loro naturale tendenza ad assorbire informazioni e modelli di riferimento. È da più di un decennio, quindi, che si cerca di disciplinare (con risultati purtroppo non ottimali) il rapporto tra media e minori, anche al fine di orientare positivamente i media, in primis la televisione, a svolgere una funzione costruttiva nella formazione del minore. Il problema della tutela dei minori dalle trasmissioni televisive inidonee deve comunque essere affrontato in un'ottica di potenziamento degli strumenti già esistenti e di introduzione di nuovi meccanismi di protezione.
Per quanto riguarda il primo punto, è indubbia la necessità di un maggiore controllo sul rispetto dei codici di autoregolamentazione, citati a più riprese, la cui concreta attuazione è sostanzialmente rimessa alla buona volontà dei firmatari. Anche le norme di legge che riguardano il settore non sembrano risultare idonee e sufficienti. Occorre anche aggiungere che alcune di queste norme non sono mai state attuate, come quelle, già citate in precedenza, che prevedono l'istituzione delle commissioni di revisione con il compito di rilasciare il nullaosta per la trasmissione televisiva di opere a soggetto e film prodotti per la televisione. A tale riguardo, va sottolineato come il Ministero delle comunicazioni abbia già provveduto a contattare il Ministero dei beni e le attività culturali, segnalando la necessità di adottare il regolamento per la costituzione delle predette commissioni, di competenza di tale ministero.
Va precisato come la vigilanza sulla programmazione televisiva spetti soprattutto all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Il Ministero delle comunicazioni, però, può svolgere un utile ruolo di impulso e segnalazione, oltre a quello precipuo di regolamentazione: obiettivi e doveri ai quali il ministero non si sottrae.
Tra le iniziative che sono attualmente allo studio del Ministero delle comunicazioni va segnalata la proposta di introdurre, direttamente negli atti di concessione delle frequenze per l'esercizio radiotelevisivo, obblighi inerenti al rispetto delle normative pubbliche o convenzionali sulla tutela dei minori. Il mancato rispetto delle stesse potrebbe essere sanzionato con provvedimenti che vadano ad incidere temporaneamente o permanentemente sulla concessione stessa, ovviamente in maniera graduale e proporzionata all'entità della violazione; quindi, si deve trattare di un meccanismo sanzionatorio severo senza però giungere ad atteggiamenti che potrebbero sconfinare nella censura, come potrebbe essere ad esempio l'oscuramento immediato di un'emittente televisiva come conseguenza di una semplice violazione delle normative.
Il Ministero delle comunicazioni è intenzionato ad affidare alla commissione
La nostra intenzione, pertanto, è quella di predisporre un codice unico di autoregolamentazione, successivamente avviare l'iter legislativo di un provvedimento che richiami il codice suddetto e preveda sanzioni incidenti sulla concessione delle frequenze per l'esercizio radiotelevisivo.
Quella che ho tracciato nel mio intervento odierno rappresenta, per quanto concerne questa materia, una sorta di sintesi sia della situazione attualmente esistente sia delle nostre intenzioni future. Fin da ora mi dichiaro disponibile per un eventuale seguito dell'audizione e pronto a recepire eventuali suggerimenti ed osservazioni.
Prima di concludere il mio intervento mi preme segnalare che a seguito della delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (n. 2/02/CIR del 19 febbraio 2002) è stato assegnato al Ministero delle comunicazioni - è una notizia di oggi - il numero telefonico di emergenza 114, con il quale bambini ed adolescenti, vittime di maltrattamenti o in condizioni di grave difficoltà, potranno accedere gratuitamente ad un servizio di emergenza; quindi, si tratta non di un numero tramite il quale segnalare la violenza riscontrabile in alcune trasmissioni televisive (se qualcuno vorrà potrà utilizzarlo anche per questo fine), ma di un numero telefonico istituito a tutela del minore. Tale servizio sarà gestito da un operatore individuato in tempi rapidissimi dal Ministero delle comunicazioni, in base ad una oculata valutazione dei requisiti richiesti dalle normative comunitarie (si tratta pur sempre di un servizio che riveste rilevanza pubblica, che non può essere assegnato ad una struttura burocratica non motivata), tra i quali: esperienza, copertura sull'intero arco delle 24 ore e utilizzo di personale di elevata competenza e specializzazione. Ci rivolgeremo, quindi, a tutte quelle associazioni operanti nel campo del volontariato, laico e cattolico, dotate dei requisiti previsti, alcune delle quali, come ad esempio Telefono Azzurro, hanno già mostrato una certa attenzione al riguardo.
Si tratta di un'iniziativa importante, come d'altronde si evince dai numeri telefonici di emergenza attualmente in vigore in Italia: il numero 112 - pronto intervento - assegnato al Ministero della difesa; il numero 113 - soccorso pubblico di emergenza - assegnato al Ministero dell'interno; il numero 115 - Vigili del fuoco - assegnato al Ministero dell'interno; il numero 118 - emergenza sanitaria - assegnato al Ministero della salute. Ringrazio, pertanto, tutti i componenti dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni per la sensibilità mostrata con questa iniziativa (da noi sollecitata) che, da un lato dà rilievo al tema della tutela dei minori, e dall'altro testimonia dell'importanza che le istituzioni prestano nei confronti dei minori; mi auguro che il servizio del 114 possa fornire una vera e propria assistenza reale.
Da questo quadro, quindi, emergono alcune considerazioni rilevanti di fondo. Innanzitutto, la tutela dei minori non può essere affidata solo agli operatori dei media,
La tutela dei minori si esprime in molte forme, ma deve essere sempre retta dal concetto fondamentale che essa è pure assistenza al loro sviluppo come persone, anche nel bisogno fondamentale di avere una corretta interazione con il mondo circostante e, in particolare, con quelle componenti che, come i media, di fatto hanno un ruolo determinante nella formazione dei minori (piaccia o meno!).
Un'ulteriore considerazione va perlomeno accennata: la costruzione di un valido rapporto tra media e minori non può essere intesa solo in modo difensivistico, cioè ponendo limiti più o meno drastici ai contenuti dell'informazione e dello spettacolo (in pratica, solo una cultura di divieti).
Insomma, il problema non può essere affrontato come se si trattasse di eliminare dal campo percettivo dei minori le problematiche più dolorose della società, che esistono e rispetto alle quali il minore va preparato certamente non esponendolo indiscriminatamente, ma altrettanto certamente non rimuovendo ipocritamente la sua conoscenza e la capacità di farvi fronte con spirito critico. (anche in tutte le favole c'è sempre un cattivo che insegna quali siano i pericoli nella vita!).
Saranno quindi da evitare soluzioni regolatrici che finiscano per assomigliare alla censura e alla rimozione totale della complessità dei problemi della società e della vita.
Nella tutela dei minori, comunque, il compito dello Stato (ma anche di tutte le istituzioni pubbliche) è, e continuerà ad essere, solo complementare e non certamente sostitutivo di quello della famiglia, che è da considerare la principale cellula educativa della società moderna.
Occorre, quindi, che la famiglia sia la principale protagonista dell'attività di tutela dei minori dalla presenza spesso invasiva dei media, aiutata in ciò anche da un maggiore ruolo di stimolo culturale della scuola, che deve fornire ai giovani gli strumenti di conoscenza indispensabili per avere un rapporto con i media critico e non di passiva soggezione.
Di fronte ad una famiglia che «parcheggi» i bambini per ore e ore, di giorno e di notte davanti alla televisione, senza intrattenere alcun rapporto umano, nessuno Stato, nessuna regione, nessuna Commissione parlamentare potrà riuscire a sostituirsi o a surrogare tali mancanze.
Le istituzioni hanno dei doveri. Nel corso dell'analisi del testo presentato, abbiamo ripercorso alcune tappe, sono state indicate alcune azioni concrete, non messianiche.
Si tratta certamente di un tema delicato, ma che intendo affrontare senza alcun condizionamento, sperando di incontrare favore e collaborazione anche all'interno del servizio pubblico.
Nel corso dell'incontro tenutosi ieri con la nuova direzione generale della RAI, ho rilevato che, sul tema dei minori, il servizio pubblico in particolare può svolgere un'azione di traino: esso infatti, in quanto servizio pubblico, finanziato dai cittadini, possiede le maggiori capacità di svolgere un'azione virtuosa su tutto il sistema, ispirandone e trainandone i comportamenti.
In altri termini, se qualcuno compie il primo passo, in maniera decisa e snella, gli altri non potranno rimanere inerti, anche in virtù degli effetti di carattere morale che ne nascerebbero e che verrebbero recepiti da parte della pubblica opinione.
Ricordo (ma ne parleremo anche nel corso del prossimo ufficio di presidenza)
In altri termini, si deve riconoscere che, per favorire una capacità critica di sviluppo da parte dei nostri ragazzi, questa deve essere stimolata anche attraverso programmi che abbiano una valenza culturale, che tuttavia non devono essere inseriti in una programmazione di tarda serata, quando i ragazzi sono poi impossibilitati a seguirli.
Do ora la parola ai colleghi per eventuali domande o chiarimenti.
Naturalmente, mi auguro che, anche in virtù della sua appartenenza ad un'autorevole schieramento politico all'interno della maggioranza, lei possa mantenere sempre e comunque il sostegno e la forza necessarie per affrontare alcune spinose questioni che passo ad elencarle.
Innanzitutto, per quanto riguarda le interruzioni pubblicitarie durante la programmazione per i bambini, esse sono già state oggetto, nel corso della precedente legislatura, di una furiosa battaglia tra alcuni elementi della vostra attuale maggioranza e quella di allora. Ricordo infatti che rifiutavate anche solo di sfiorare quest'argomento, assumendo, anche a fronte di una direttiva europea al riguardo (da lei, peraltro, ricordata), che ciò fosse del tutto antieconomico e non sopportabile per molti programmi che, in tal caso, non avrebbero ricevuto il sostegno necessario per potere poi essere prodotti e trasmessi.
La seconda questione riguarda l'autoregolamentazione. Già nel corso della precedente legislatura, si parlava (ricordo di avere io stessa presentato una proposta di legge in tal senso, ed apprezzo quindi molto il fatto che l'abbia ora, per suo conto, individuata quale forma di una possibile soluzione del problema), di assumere il codice di autoregolamentazione del 1997 (proposta avanzata dalla commissione Tonucci al tempo del Presidente Prodi e che ha costituito forse l'esempio più completo tra i tentativi fatti, recependo gran parte della normativa europea e via dicendo), quale testo di una normativa da approvare, che avrebbe impedito a chiunque di addurre in seguito scuse su eventuali lesioni della libertà, proprio perché tutti quanti l'avevano firmato! L'idea sarebbe quindi stata quella di proporlo proprio come testo di una normativa da approvare, evitando, quindi, un semplice, mero richiamo.
Anche in quest'ipotesi, tuttavia, dobbiamo sfatare alcune illusioni. Nel corso dei numerosi convegni svoltisi sul tema della TV e dei minori, gli stessi firmatari del codice ci raccontavano che una cosa era la firma ufficiale di tale codice nell'ambito di una sede prestigiosa quale la Presidenza del Consiglio (ricordo che proprio lì era insediata la commissione Tonucci), altra cosa era farlo poi rispettare dai rispettivi «padroni», fossero essi stati le televisioni pubbliche o private, in quanto vi era il problema dei «magazzini». In altri termini, l'acquisizione dei programmi, come lei saprà, ha sempre una portata annuale, rispecchiando forti capitali, per cui la questione «magazzini» fa
In terzo luogo, trovo giustissimo (e meno male che lei intende farlo) mettere in piedi le commissioni di revisione (sono rimaste ferme, e questa è stata una colpa) per i programmi, i film e per la TV, ma intendo richiamare la sua attenzione anche su un altro aspetto: quello delle commissioni di censura per i film. In televisione, infatti, vengono trasmessi non soltanto i film per la TV ma, soprattutto, quelli che, una volta usciti nelle sale, arrivano poi in televisione e rispetto ai quali, nelle commissioni di censura, sono poco presenti proprio i rappresentanti delle famiglie e dei minori. In queste commissioni, dove sono invece ben presenti produttori, distributori e chiunque altro abbia interessi economici al riguardo, si tende a non valutare la pericolosità sociale o la lesione di eventuali diritti dei minori, cercando di restringere al minimo il divieto dei 14 anni (qualche volta questo viene elevato a 16 o 18 anni, ma raramente o mai coinvolge la fascia di età al di sotto), proprio al fine di non precludersi l'accesso al mercato delle televisioni, luogo dove poi, in realtà, si realizza il vero guadagno per i produttori che vendono i film.
Quindi, anche in questo caso, si tratta di far recuperare un valore sociale forte a queste commissioni di censura. Tra l'altro, hanno un pessimo nome: io sono contraria ad ogni tipo di censura, però sono a favore della tutela dei minori. Bisogna coordinare e bilanciare il diritto di espressione con quello della tutela dei più deboli e dei bambini.
Sono perfettamente d'accordo sulla sanzione consistente nella perdita delle concessioni. Vorrei ricordare che, in questo ambito, qualcosa è stato realizzato: lei mi insegna, signor ministro, che nell'ultimo contratto di servizio con la RAI sono stati inseriti alcuni obblighi per una maggior tutela dei minori. Bisognerebbe trovare il sistema, magari con una legge che lo recepisca, affinché il codice sia effettivamente rispettato sia dall'operatore radiotelevisivo pubblico sia da quello privato.
Sono anch'io d'accordo sulla considerazione che la tutela dei minori si attua non soltanto in modo negativo e proibitivo, attraverso limitazioni e censure, ma promuovendo nei minori, nei ragazzi, quei buoni sentimenti (si sarebbe detto una volta), quei valori civili (espressione che preferisco) che sono il tessuto di ogni società democratica, specialmente di una società così avanzata come la nostra. Tali valori devono essere promossi senza avere paura di affrontarli in quanto tali: quindi, non più soltanto programmi melensi ma anche trasmissioni che, oltre a divertire, promuovano valori civili; questo è possibile anche attraverso programmi divertenti o cartoni animati che abbiano un contenuto tale da utilizzare l'aspetto positivo dei media per i nostri giovani.
Ho sottoscritto l'iniziativa relativa ai servizi telefonici accessibili con i prefissi 166 e 144, tuttavia ritengo che programmi idioti e melensi come quelli nei quali sono mostrati sederi scoperti - che magari piaceranno agli uomini ma non altrettanto ai ragazzini - o nei quali compaiono alcuni giovani, con un finto fidanzato e un provocatore - come quello trasmesso da Raidue e condotto da Alda D'Eusanio - siano estremamente diseducativi perché banalizzano i rapporti interpersonali e le relazioni affettive. A casa mia, questi programmi sono seguiti dalla mia cameriera e ogni volta che, passando, mi capita di soffermarmici un momento, mi arrabbio. Nel pomeriggio, i ragazzini seguono la TV dei ragazzi ma anche altri programmi; quindi, questa banalizzazione totale e assoluta dei valori principali della vita mi dà fastidio. Certamente, di qui ad una televisione etica che possa corrispondere soltanto ad un indirizzo religioso c'è in mezzo il mare; ma la banalizzazione e la diseducatività di questi programmi pesano sui minori, a mio avviso, molto più di certi programmi violenti, che la professoressa Marina D'Amato asserisce non essere pericolosi. I bambini sono portati naturalmente a pronunciare frasi come «ti ammazzo»
La prima annotazione riguarda l'istituzione del numero telefonico 114. In quanto giovane deputato sento di dovermi complimentare con lei pubblicamente perché è finalmente possibile disporre di un recapito telefonico sul quale far convergere una serie di segnalazioni. Lo affermo, in particolare, nella mia qualità di avvocato penalista poiché spesso ho avuto a che fare con giudici e presidenti di tribunali dei minori - tra cui, nella città di Lecce che io rappresento, il presidente del tribunale dei minori Verardo - che hanno auspicato una forte compartecipazione del Governo al ruolo della famiglia e della scuola. In questo senso, ben venga il 114 che, come lei ha ricordato, è già stato deliberato e sarà attivato in pochissimo tempo. Anche l'Autorità per le comunicazioni ha fatto la sua parte.
Non so se lei sia al corrente della circostanza che il sottoscritto, insieme ai colleghi Alessio Butti, Daniele Franz, Alessandra Mussolini e, credo, anche la presidente Burani Procaccini, ha provveduto a chiedere la sospensione di alcune pubblicità concernenti i bambini da zero a sei anni che non hanno alcuna attinenza con l'infanzia e l'adolescenza ma riguardano prodotti terzi, per così dire, cioè rifiuti, gas e metanizzazione, tanto più che si parla spesso di pedofilia (se ne è parlato anche a Yokohama, dal 17 al 21 dicembre, quando eravamo impegnati nell'approvazione della legge finanziaria).
È necessario, altresì, coadiuvare tutte le emittenti televisive private e soprattutto di Stato nello sforzo, da lei più volte auspicato, di migliorare il prodotto per ciò che riguarda le trasmissioni per i ragazzi, in termini non solo qualitativi ma anche quantitativi, come percentuale, visto che altri paesi europei dispongono di uno standard superiore.
Ho avuto modo di conoscere il direttore di Raisat e Raisat fiction, Noferi, persona davvero perbene, in un mondo spesso controverso, come è stato quello della RAI fino a qualche giorno fa (Commenti). A prescindere dell'ironia, desidero ricordarle che i fondi destinati a Raisat e Raisat ragazzi sono residuali e davvero scarsissimi. Le chiedo, perciò, di prendere cognizione del bellissimo progetto di Noferi: non una TV minore ma una TV per i minori. Si tratta di un progetto che mi ha appassionato e tuttora mi appassiona.
La ringrazio, signor ministro, per quanto ha affermato e per quanto si è impegnato a realizzare.
Allora, da questo punto di vista non dobbiamo porre solo dei divieti. Visto che poc'anzi si faceva riferimento alle favole, vorrei portare l'esempio di cappuccetto rosso. Infatti, non dovremmo vietare a cappuccetto rosso di attraversare bosco, ma far sì che identifichi il lupo, vale a dire che dovremmo permettere al bambino di identificare i pericoli che può incontrare. La società, prima o poi, ci condurrà ad una serie di condizioni in cui non sarà più possibile perseverare una situazione di turris eburnea, cioè di chiusura, ma occorrerà soprattutto far fare al soggetto esperienze capaci di farlo crescere.
Sotto questo aspetto, rientra sicuramente l'educazione ai linguaggi multimediali come un uso consapevole della televisione, come la Commissione aveva già affermato in una precedente risoluzione. In tal caso, entrano certamente in gioco responsabilità di tipo familiare, perché non vogliamo che il minore diventi un bambino quasi «tecnologicizzato», per il quale la televisione diventi una sorta di baby sitter, perché in tal caso si lascia il minore da solo di fronte alle varie situazioni: occorre tener presente, infatti, che il bambino ha bisogno non solo della televisione, ma anche di giocare, cioè ha anche la necessità di avere modalità di rapporti relazionali «fisici» (in cui vi siano anche la carezza o la «scoppola»), perché è una forma educativa estremamente importante.
Rispetto alla situazione attuale, allora, cosa possiamo fare? Ritengo che la prima, importante condizione sia mettere l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in grado di comminare sanzioni, da infliggere con gradualità, in funzione della gravità dell'infrazione, al fine di far inserire i codici di autoregolamentazione proprio nelle concessioni televisive. L'altra soluzione che intendo segnalare riguarda la classificazione dei programmi televisivi, come avviene in Francia (dove la Commissione è stata in viaggio), anche tramite segnalazioni, come ad esempio i «bollini», affinché tali programmi possano essere visti dai minori con una sufficiente garanzia.
Un altro aspetto importante che vorrei evidenziare, anche se le statistiche riportano che i bambini vedono la televisione nelle fasce protette, è che non vi siano solamente programmi di violenza o che propongono modelli sessuali o schemi di vita stereotipati, ma che vengano proposti anche valori positivi. Da questo punto di vista, infatti, ritengo importante ribadire che la vita non è solamente edonismo, in cui è tutto facile e si possono vincere - magari con un quiz - milioni e miliardi (quando, in realtà, esistono persone che vivono un'intera esistenza senza poter acquisire somme di tale entità), ma che occorre dare anche altri valori, non superficiali.
Un ulteriore aspetto su cui intendo soffermarmi è il concetto di pubblicità: infatti, il bambino nella pubblicità non è solo soggetto, ma spesso anche oggetto, ed in questo modo il rispetto della Carta di Treviso e di altri strumenti per la tutela del minore diventa estremamente difficile, soprattutto nelle presentazioni dei giocattoli. Al riguardo, ricordo che in Svezia è stata avanzata una proposta - ignoro se sia stata approvata -, che prevedeva il divieto della pubblicità durante i programmi riservati ai bambini.
L'ultimo aspetto che, al di là di tutto, ritengo importante è il miglioramento qualitativo dell'offerta televisiva. A mio avviso, infatti, l'Italia non può essere colonizzata da programmi importati dal Giappone o
Un altro punto fondamentale, a mio avviso, è costituito dal rifiuto della censura. Su tale aspetto, infatti, dobbiamo essere abbastanza determinati perché se è giusto salvaguardare il minore, non è tuttavia possibile accogliere un'ideologia completamente censoria poiché, a mio avviso, si finirebbe per bloccare, con grande nocumento, la libertà di espressione, la libertà di informazione ed anche la libertà artistica.
Vorrei ricordare, inoltre, come abbiamo ribadito più volte in questa Commissione, anche il rifiuto della televisione con funzione di baby sitter: infatti, un bambino può vedere quasi tutto se accanto c'è la mediazione di un genitore, di un fratello o anche della scuola, che potrebbe insegnare a vedere gli spettacoli televisivi. Condivido, quindi, l'indicazione all'alfabetizzazione operata nel 1997, come abbiamo ribadito più volte in questa sede, perché si tratta di un'autodifesa per il minore: quando il bambino, infatti, impara a destrutturare un linguaggio ed a comprendere, attraverso il montaggio, a non avere paura se vi è una scena violenta, si danno al minore strumenti di autodifesa di fronte ad un prodotto televisivo, senza doverlo solamente subire.
Credo che l'aspetto importante del problema non sia costituito solamente dalla quantità di immagini violente o sessuali trasmesse; in altri termini, riprendendo e banalizzando quanto detto precedentemente dalla collega Mazzuca, ciò che ci scandalizza è non tanto la visione dei seni nudi e di sederi, che non trovo di buon gusto, anche se non è questo ciò che fa male -, quanto la morbosità, il linguaggio che si adopera e la suggestività del racconto. Per un bambino, infatti, vedere i telegiornali di questi giorni sulla vicenda di Cogne è molto più negativo di quanto possano esserlo scene un po' «osé», perché suggeriscono contenuti molto pericolosi a livello di fantasia. Credo che la ricerca del mostro da sbattere in prima pagina, unita agli elementi del «giallo», sia molto negativa perché si tratta di un'informazione non solo parziale e suggestiva, ma anche fornita da media cui consegniamo, impropriamente, l'idea dell'imparzialità. Infatti, nel caso di una fiction, si sa bene che si tratta di un lavoro di fantasia; ma quando le persone affermano che una notizia è stata riportata dalla televisione o si trova su Internet, questa acquista immediatamente autorevolezza, anche se non è vera.
Ritengo, quindi, che la scuola debba fornire questi strumenti ai bambini piccoli per far loro comprendere che Internet, la televisione ed i media sono solo dei mezzi, che contengono messaggi cui non bisogna adattarsi solamente perché provengono da quelle fonti. Pertanto, vorrei sottolineare il grande ruolo della scuola e la grande funzione di alfabetizzazione che la televisione deve svolgere su se stessa.
Per quanto concerne il bambino quale soggetto della pubblicità, sono pienamente d'accordo con quanto affermato precedentemente dai colleghi: infatti, per i bambini si tratta di un incentivo non solo al consumo, ma all'identificazione, con la conseguente frustrazione qualora non si abbiano le cose proposte da quel modello. Allora, ferma restando la libertà di ciascuno, questo è un problema che anche il legislatore si deve porre. Infine, condivido quanto riportato nella relazione del ministro quando si afferma che non vi sono solamente gli effetti della violenza, ma anche l'induzione ossessiva al consumo, la trasmissione di stereotipi sessuali e l'induzione
La relazione è stata efficace perché da essa si evince la situazione attuale, non drammatizzandola ma riconoscendo i passi avanti fin qui effettuati, e la necessità di agire sia sul piano legislativo sia al fine di rendere più cogenti ed efficaci gli strumenti a disposizione. Questo costituisce, a mio avviso, il modo migliore per affrontare la situazione; pertanto, se si continuerà in questa direzione noi saremo senz'altro disponibili al dialogo.
Signor ministro, lei ha citato nella sua relazione lo stato attuale delle indagini (Eurispes e altri istituti specializzati), alcune delle quali erano già di nostra conoscenza; da questo punto di vista, a mio parere, è bene essere vigili continuando a monitorare la situazione, anche perché i modelli e le modalità di vita all'interno delle famiglie sono profondamente cambiati: ormai parliamo non più di famiglia ma di famiglie. Il bambino stesso è profondamente cambiato; ci siamo illusi - come bene ha detto il signor ministro - che fosse un bambino competente, ma così non può essere in quanto è competente a seconda delle fasi evolutive della sua crescita. Sappiamo anche che, a qualsiasi età, il bambino è una sorta di grande carta assorbente, in particolar modo rispetto ai mass media. Io non ho alcuna intenzione di demonizzare la televisione, anche perché riconosco che la stessa riveste un importante ruolo educativo nella società: pensiamo ad esempio a quanto importante è stata la televisione al fine di favorire l'estensione della lingua italiana a tutto il territorio nazionale.
Tuttavia, siamo ormai giunti al limite; cioè, siamo arrivati al punto in cui il mezzo televisivo corre il grandissimo rischio di appiattirsi, di omologarsi a quelli che sono i bisogni peggiori della nostra società; di rispecchiare, in particolare, i bisogni di cretinità di pochi italiani e, qualche volta, anche altri bisogni che è meglio non citare. Io sono però convinta, e credo anche il signor ministro, che non sia sufficiente una cultura di divieti a rendere possibile la convivenza tra missione educativa della televisione e obiettivi di carattere prettamente commerciale, ma occorra, assieme ad essa, una cultura della qualità la quale non solo deve essere perseguita nei programmi per i bambini ma deve riguardare tutta la produzione televisiva. È importante anche che i genitori vedano la televisione accanto ai bambini; tuttavia, ciò è poco praticato, anche nelle migliori famiglie. D'altronde, sappiamo
Un altro aspetto su cui intendo soffermarmi riguarda le proposte formulate dal signor ministro nel corso del suo intervento, sulle quali concordo, anche se ad alcune condizioni. Sicuramente ritengo opportuna una legge che superi la disorganicità del quadro normativo, ma la condizione affinché si ottenga una proficua collaborazione, tra maggioranza ed opposizione, è che tale norma non sia una legge delega.
Un ulteriore aspetto, trattato dal signor ministro nel corso del suo intervento, che trovo condivisibile, è quello di introdurre, direttamente negli atti di concessione delle frequenze per l'esercizio radiotelevisivo, obblighi inerenti al rispetto delle normative sulla tutela dei minori; ciò lo ritengo estremamente importante e mi auguro che dia qualche risultato. In tal senso invito il signor ministro a monitorare il recente contratto di servizio stipulato con la RAI.
Mi è stato segnalato che recentemente sono stati ridotti i tempi di trasmissione di alcuni programmi televisivi per bambini come ad esempio la Melevisione; è una cosa spiacevole, e mi auguro che chi di dovere provveda prontamente.
Credo sia la strada da percorrere. Particolare attenzione dovrà essere prestata al tema dei bambini e della pubblicità (il bambino come soggetto ed oggetto di immagini pubblicitarie), un tema, quest'ultimo, particolarmente delicato perché confligge con uno degli obiettivi stessi delle televisioni: quello di cercare i mezzi per la propria esistenza e sussistenza.
I lavori del comitato, seguiti abbastanza da vicino anche dal sottosegretario Vita, sono stati poi in qualche modo recepiti in un articolo del contratto di servizio con la RAI. Sono stati recepiti come principi, ma non so dire quanto poi, in realtà, siano stati attuati nella pratica. Comunque, è già importante che ci sia stata, da parte del Governo e della RAI, un'attenzione per il lavoro svolto da questa Commissione, la quale - non credo che sia il caso di ricordarlo - lavora solo ed esclusivamente in funzione del benessere dei minori ed in
Da sempre penso- mi rendo conto che forse non è giusto dirlo al ministro delle comunicazioni - che meno un bambino guardi la televisione, meglio stia. C'è tutta la vita per vedere la TV, non c'è tutta la vita per giocare, arrampicarsi, salire sugli alberi e via dicendo.
In realtà, quindi (non posso certo chiederlo al ministro delle comunicazioni, ma al Governo nella sua collegialità certamente sì), ritengo che gli investimenti maggiori andrebbero effettuati per aiutare i bambini a vivere la loro età, proprio in quanto bambini, creando a tal fine città adatte per essi, con spazi, percorsi e luoghi dove i bambini possano sentirsi tali.
L'altro aspetto su cui ritengo si debba insistere consiste nel fornire sostegno ai genitori e alle famiglie affinché diventino propositivi rispetto ai loro figli, offrendo ad essi momenti di svago diversi dalla televisione. Per questo sarebbe importante incentivare molto di più il ritorno ai canti di ninne nanne, al racconto di favole, piuttosto che tentare, attraverso simboli e simboletti, di segnalare o scegliere le trasmissioni che noi riteniamo più o meno adatte (queste ultime, peraltro, ritengo che siano veramente molto poche!).
Tuttavia, non può essere lo Stato a compiere le scelte per i cittadini adulti. La nostra parte consiste dunque nel mettere culturalmente le persone nelle condizioni di compiere le loro scelte, senza poi trasformarci in censori. Non dovremmo cioè operare censure di alcun tipo, tanto più queste risultano poi teoriche e assai poco seguite.
Ancora nella precedente legislatura, a proposito delle fasce orarie e del rispetto di queste, ricordo di essermi sentita molto perplessa. Penso infatti che debbano essere le famiglie e non uno Stato etico a fungere da filtro, decidendo in quali ore certi programmi siano più o meno adatti.
Riprendendo il discorso prima svolto a proposito del telegiornale, è vero che in questi giorni sono state date notizie e particolari raccapriccianti in merito al delitto di Cogne. Penso sia importante che i bambini non guardino il telegiornale. È giusto dare informazioni agli adulti (ne abbiamo già così poche!), ma dovremmo evitare che raggiungano i minori. Per questo ritengo che le fasce deboli di età debbano essere rispettate, soprattutto mediante l'imposizione di sanzioni a carico di chi non rispetta le regole.
La settimana scorsa, impossibilitata per motivi medici a leggere, non ho fatto altro che guardare la televisione per tutta la settimana ed ho assistito ad uno spettacolo di Pamela Prati, la quale è rimasta nuda integrale in un orario di prima serata (erano forse le otto o le nove di sera). Non sono una benpensante, ma sono rimasta scandalizzata, soprattutto pensando al fatto che il nostro Presidente del Consiglio aveva recentemente affermato di aver provato un senso di difficoltà nel mostrare ai suoi figli le prostitute in tanga per le strade: così, ce le ha invece mostrate nella sua televisione, in tanga o senza!
In altri termini, se decidiamo che alcune cose non vadano mostrate o viste, allora le televisioni che contravvengono a quest'obbligo devono subire delle sanzioni, che devono andare dai messaggi scritti di scuse, all'oscuramento, alla previsione, come da tempo si dice, di un vero codice di autoregolamentazione, che tuttavia, finora, abbiamo visto non funzionare e non essere rispettato in tutti i campi. Per esempio, per quanto riguarda il codice di autoregolamentazione sui sostituti del latte materno (decreto n. 500 del 1994), dal 1994 tutte le case produttrici di latte artificiale, dopo aver firmato il protocollo di autoregolamentazione, hanno continuano tranquillamente a fare le loro pubblicità illecite e quant'altro.
Per questo, ritengo che il codice di autoregolamentazione da solo non serva (abbiamo la prova che non viene rispettato). Si deve invece stabilire che, nel caso di televisioni che contravvengono a quanto previsto, non vengano rinnovati i contratti, concesse le frequenze o vengano oscurate per determinati periodi.
Nel corso della precedente legislatura, in Francia, abbiamo avuto modo di osservare una soluzione interessante (certamente
Alcuni studenti di scienze politiche svolgevano addirittura la loro tesi su questo argomento, offrendo quindi anche la loro disponibilità per lavorare. Questo esempio serve a dimostrare che la soluzione da intraprendere non deve necessariamente coinvolgere grandi apparati. Quella francese può essere una soluzione da seguire. Non possiamo comunque pensare di creare regole che, con molta probabilità, non verranno rispettate e, in quest'ultimo caso, non essendo neppure in grado di sanzionare tali mancanze.
L'anno scorso, durante un convegno tenutosi in Svezia, abbiamo rilevato che in quel paese si è vietata la pubblicità all'interno dei programmi dei bambini, partendo dal presupposto che questi ultimi sono fragili e non in grado di distinguere tra pubblicità (e quindi consumismo indotto) ed altro.
Sappiamo (è vero soprattutto per le TV commerciali, ma anche per la RAI) che per aggirare il divieto di fare spot pubblicitari all'interno di spazi che durino meno di un quarto d'ora, vengono creati appositi contenitori, come appunto la Melevisione, come Bim Bum Bam, all'interno dei quali possono inserirsi gli spot pubblicitari. Per questo, ritengo che da parte del ministero, il quale è senz'altro in grado di capire quali siano i trucchi per aggirare la legge, debba esserci una presa di posizione molto ferma e severa.
Quanto detto riguarda il tema dei bambini impiegati nella pubblicità quali veicoli pubblicitari, così come pure quelli usati in varie trasmissioni alla stregua di scimmiette, facendoli cantare, ballare e via dicendo o quelli utilizzati come attori in fiction che, per gli argomenti e le situazioni trattate, non sono senz'altro adatte ai modi di vita di un bambino.
Se quindi riconosco da un lato la necessità da parte di alcune trasmissioni di ospitare bambini quali protagonisti di ruoli che solo potrebbe interpretare, dall'altro, poiché si tratta in ultima analisi di casi di lavoro minorile, non credo che possano essere i genitori (i quali ricevono il guadagno per il lavoro svolto da quegli stessi bambini) a dover dare l'assenso finale, ma si debba ricorrere alla figura del tutore dell'infanzia (uno dei pallini della mia vita!).
Nel caso specifico di cui si discute, si tratterebbe di una figura importante, perché non possiamo lasciare ai genitori, i quali trarrebbero guadagno dal lavoro dei loro stessi figli, la decisione in merito all'accettabilità o meno del lavoro da svolgere che - lo ripeto - è pur sempre un lavoro minorile, anche se certamente diverso da quello, per esempio, svolto in miniera!
In altri termini, la decisione per cui il lavoro sia giudicato accettabile, permettendo al bambino di vivere la sua vita e di crescere secondo i suoi propri, oppure sia da considerarsi sfruttamento, deve restare al di fuori della sfera dei genitori.
Credo che da questo punto di vista ci dovrebbe essere una figura di garanzia esterna che decida, di volta in volta, se un bambino possa essere impiegato come attore o come scimmietta (mi scuso con i bambini).
Non nascondo che molti di questi interrogativi me li sono posti più in veste di padre che nella mia qualità di legislatore - come parlamentare - o di ministro, perché è l'esperienza reale che ci induce a valutare diversamente la visione di un telegiornale o di una immagine ordinaria che, pure, non potrebbe essere censurata ma che sul minore ha un notevole impatto e presuppone spiegazioni e informazioni; perciò è necessaria cautela. Penso che sia molto importante non limitarsi alla cultura dei divieti e dei limiti ma valutare anche l'aspetto positivo. Resto convinto che la famiglia può fare molto. La televisione del futuro, e già quella attuale, satellitare, terrestre e digitale, offrirà una molteplicità di canali: perciò, il palinsesto lo crea anche la famiglia, scegliendo documentari, ad esempio, o utilizzando videocassette. Tutto questo vale ove si ritenga di utilizzare la televisione; ma è possibile anche evitarla.
Nella mia qualità di ministro delle comunicazioni mi occupo, oggi, di questo aspetto. Certamente, se si sceglie di prescindere dal mezzo televisivo, non c'è più il problema; tuttavia, le statistiche mostrano una utilizzazione quantitativamente rilevante e, probabilmente, eccessiva di questo mezzo e noi ci poniamo l'interrogativo di quali regole imporgli. Del resto, ci sono anche molti aspetti positivi, ad esempio dal punto di vista della produzione. Si è fatto anche riferimento al cartone animato, che può essere educativo in relazione all'apprendimento delle lingue straniere. Insomma, ci sono molti modi di utilizzare i mezzi di comunicazione televisivi e tutto quanto ad essi collegato, dalle videocassette ai DVD, alla multimedialità, fino ad Internet di cui, pure, si parla male ma che consente orizzonti informativi e conoscitivi di cui noi, nella nostra infanzia, non disponevamo. Come per tutti i mezzi di comunicazione ci sono le potenzialità e gli aspetti negativi. Anche le automobili sono fonte di comodità ma anche di pericolo.
Non ho particolari considerazioni da aggiungere, avendo già fornito numerosi elementi. Mi auguro che si possa procedere ad un lavoro produttivo. Non intendo chiedere deleghe. Io immagino una legge snella, composta di pochi articoli, che, stabiliti alcuni principi fondamentali, rinvii ad un codice da approvare entro tre mesi e che potrebbe essere la fotocopia di uno dei migliori tra quelli precedentemente approvati, salvo qualche ritocco, essendo trascorsi alcuni anni. Noi ci impegniamo affinché tale codice sia approvato, comunque, entro tre mesi, dalla commissione per l'assetto radiotelevisivo, organo di consulenza istituzionale del Ministero delle comunicazioni, dove tutti sono rappresentati. Si potrà vedere, poi, se una eventuale legge per l'inserimento delle concessioni recepirà quello che, in qualche modo, è un atto accettato dalle parti. Una forma di eccessivo dirigismo nel sistema comunicativo è questione quanto mai delicata. Il tema è complesso, ci sono diritti costituzionali che, tutti, devono essere valutati: il diritto all'informazione, il diritto di scelta, il diritto di libertà in senso lato ma anche la tutela dei minori. Certamente, ripeto, per chi non segue la televisione il problema non sussiste ma i dati sembrano dimostrare che la platea è vasta.
Devono essere valutati anche gli aspetti relativi alla pubblicità, che sono stati richiamati e che, ovviamente, devono essere regolamentati tenendo conto che gli investimenti sono diminuiti. Considerando che per le televisioni costituiscono un mezzo di sostentamento, è necessario anche in questo caso porre regole più severe o applicare quelle esistenti, con un approccio realistico, senza allarmare e senza minimizzare.
È necessario richiamare tutti ad un senso critico, senza abbandonare i minori davanti alla televisione o a Internet: questo è il problema principale. Il servizio pubblico, in particolare, e tutti, in generale, mi sembrano sensibili, anche sotto l'aspetto
Da questo punto di vista, dobbiamo cercare di incoraggiare una maggiore produzione nazionale. Nelle leggi italiane sono previste riserve per la produzione di fiction cinematografiche europee; la stessa RAI deve destinare a questo scopo il 20 per cento dei proventi del canone. Si potrebbe immaginare di indirizzare risorse anche verso la produzione di cartoni europei (non dico italiani, perché la visione potrebbe apparire un po' autarchica). Insomma, cartoni animati più belli: quelli più brutti sono tali perché costano poco. Come sempre, c'è una ragione: le cose belle costano, perché richiedono più capacità professionali e più applicazione. Si è creato uno standard a basso costo che ha più mercato. La qualità, anche dei contenuti, richiede un prezzo. Si tratta di un problema difficile da definire con una legge: dobbiamo incentivare la creatività e la fantasia anche attraverso le leggi e gli stanziamenti di cui il servizio pubblico dispone, grazie al canone, che dovranno essere destinati non soltanto alla fiction e ai film per la TV ma anche ai programmi indirizzati ai minori. Peraltro, non disponendo l'Italia di materie prime o di altre vocazioni, potrebbe essere, in questo campo, paese di esportazione e non di importazione. È un problema, per così dire, di creatività complessiva del sistema culturale che le leggi possono favorire, ma non c'è un comma che si possa approvare che, poi, determini una esplosione di creatività a bassi costi e di qualità. Se emergesse, noi plaudiremmo.
Mi auguro che la collaborazione prosegua intensamente e che questa iniziativa del numero telefonico 114 possa essere un segnale. Ho notato qualche osservazione critica, nei giorni scorsi, che rispetto: noi non vogliamo togliere il lavoro a nessuno; ci sono il 112, il 113, la polizia e i carabinieri. Si tratterà di un punto di ascolto. Noi ci auguriamo che le varie associazioni che saranno chiamate a collaborare mostrino uno spirito di volontariato. Il numero sarà gratuito, per chi chiama; i costi saranno a carico del servizio telefonico e speriamo che chi opera nel volontariato, senza discriminazioni, collabori con questo spirito. La sussidiarietà nell'intervento e nell'azione può essere garantita a livello professionale ma senza intenti speculativi: ove vi fossero sarebbero da noi prontamente denunciati.
Ringrazio il signor ministro per il suo intervento e mi auguro di poter contare sulla sua presenza anche in altre occasioni, per l'esame di ulteriori temi che costituiranno un'occasione di crescita degli interessi che questa Commissione vuole esplicitare all'esterno, attraverso la propria azione.
Dichiaro conclusa l'audizione.