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Seduta del 21/9/2005


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Comunicazioni del presidente sulla missione svolta in Islanda.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sullo spazio Schengen nella nuova costruzione europea, le comunicazioni del presidente sulla missione svolta in Islanda.
Avverto che la relazione che mi accingo ad illustrare sarà allegata al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
Una delegazione del Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione, da me personalmente guidata, e composta dagli onorevoli Ciro Alfano e Pietro Tidei e dal senatore Tino Bedin, si è recata in Islanda dal 13 al 16 settembre scorso. Interlocutori principali della delegazione sono stati, al Ministero degli esteri, l'ambasciatore Sigridur A. Snaevarr; al Ministero della giustizia, il direttore responsabile per gli affari Schengen nonché il presidente e alcuni componenti del comitato esteri del Parlamento islandese.
Sono stati inoltre svolti alcuni incontri con il capo della polizia di Stato e con il prefetto, direttore dell'aeroporto internazionale di Keflavik, uno degli aeroporti di Reykjavik. Particolarmente interessanti sono state le visite svolte dalla delegazione all'aeroporto, al centro SIRENE, nonché alla centrale di comunicazioni nazionale a Reykjavik.
Scopo della missione è stato quello di approfondire il particolare status di un paese - l'Islanda - che partecipa dal 25 marzo 2001 alla cooperazione Schengen in qualità di paese associato, a seguito della sua adesione all'Accordo di Schengen ed alle relative convenzioni, avvenuta il 18 maggio 1999.
L'ingresso dell'Islanda - paese al di fuori dell'Unione Europea - nella cooperazione Schengen è dovuto all'esigenza fortemente sentita da parte islandese di preservare nella sostanza l'Unione nordica dei passaporti - accordo sulla libera circolazione delle persone, firmato nel 1957 tra i cinque paesi nordici - anche dopo che Danimarca, Svezia e Finlandia - i tre paesi nordici membri dell'UE - fossero entrati nell'area Schengen.
Le limitate dimensioni del paese ed il ridotto numero delle sue rappresentanze diplomatiche e consolari nel mondo - circa una ventina - comportano che un buon numero di visti per l'Islanda siano in effetti rilasciati da rappresentanze di altri paesi Schengen - principalmente da Danimarca e Norvegia - in virtù dei legami storici con questi paesi. L'Islanda è comunque responsabile del rilascio di tali visti anche se non li ha direttamente concessi.


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Le amministrazioni islandesi che coordinano i vari aspetti della partecipazione alla cooperazione Schengen sono il Ministero degli affari Esteri, il Ministero della giustizia e la Polizia nazionale.
L'Islanda è anche membro della neoistituita Agenzia europea delle frontiere, con diritto di voto, seppure limitato a causa della non partecipazione del paese all'Unione Europea.
La particolare situazione geografica dell'Islanda fa anche sì che, di fatto, il paese abbia un solo posto di frontiera verso i paesi extra-Schengen, cioè l'aeroporto internazionale di Keflavìk.
Lo scalo aeroportuale islandese, collocato nel perimetro di una importante base aerea degli Stati Uniti, rappresenta un importante «ponte» nei collegamenti tra i paesi del Nord Europa e l'America, grazie anche alla politica commerciale seguita ormai da molti anni dalla compagnia di bandiera islandese Icelandair, che effettua, in regime di monopolio, collegamenti, con scalo a Keflavìk, dall'Europa agli Stati Uniti e viceversa a tariffe competitive. Peraltro il dato numerico che si riscontra in Islanda, relativo al movimento aereo giornaliero da e per gli Stati Uniti, è più rilevante che in tutti gli altri Stati nordici.
Per questo motivo l'aeroporto di Keflavik è luogo ideale per la sperimentazione di avanzate misure di sicurezza e di identificazione attraverso i dati biometrici.
Abbiamo potuto, inoltre, verificare, nel corso della visita all'aeroporto, come l'attribuzione ad un solo referente, unico responsabile dell'aeroporto (un prefetto, dipendente, peraltro, sia dal Ministero della giustizia che dal Ministero degli esteri), che svolge funzioni di direttore della polizia, della dogana e della sicurezza, contribuisca ad una maggiore chiarezza e semplificazione nell'applicazione delle procedure di controllo da adottare, per garantire la sicurezza dello scalo attraverso la sorveglianza degli accessi da cui transitano i passeggeri, utilizzando a tal fine sistemi ad alta tecnologia.
Peraltro, l'applicazione rigida dei sistemi di controllo nonché il costante monitoraggio dei passeggeri in arrivo e in partenza, assicurato dalla comunicazione inviata all'aeroporto delle liste passeggeri e degli equipaggi di ogni aereo, ventiquattro ore prima dell'arrivo o della partenza, hanno dimostrato di riuscire a garantire la sicurezza dei controlli, costituendo al tempo stesso un deterrente per l'immigrazione clandestina. Analoghe misure di sicurezza vengono applicate nei porti - i più importanti su ventisei esistenti sono due - per gli arrivi e le partenze delle navi provenienti principalmente dalla Danimarca.
Per i rari casi di immigrati entrati irregolarmente esiste nel paese una struttura che, al pari di un nostro centro di permanenza temporanea, si occupa di ospitarli fino al loro rimpatrio. Peraltro, in Islanda si riscontra una buona integrazione dell'immigrazione regolare presente sul territorio.
Dai colloqui avuti con i responsabili della polizia di Stato è emerso come esista in Islanda il rischio che elementi della criminalità organizzata possano cercare di entrare nel paese. Per contrastare tale rischio assume importanza l'utilizzo delle informazioni provenienti dal Sistema SIS e SIRENE, la cooperazione con Europol e la partecipazione ad Interpol, nonché la stretta cooperazione esistente con le forze di polizia dei paesi nordici.
La visita del nostro Comitato si è collocata a ridosso della data fissata - 11 ottobre 2005 - per la visita in Islanda della Commissione permanente Schengen, che ha il compito di vigilare sulla corretta applicazione dell'acquis di Schengen nei paesi che già applicano la Convenzione, al fine di verificarne il buon funzionamento, individuando gli eventuali problemi e proponendo soluzioni.
Tali visite di valutazione accertano, tra l'altro, che il SIS sia correttamente applicato e che i controlli alle frontiere esterne - nei porti e negli aeroporti - soddisfino le condizioni stabilite.
Nel corso della visita al ministero della giustizia, il responsabile degli affari Schengen ci ha informato di aver predisposto per tale visita una relazione riservata riguardante l'applicazione nel paese dell'accordo


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di Schengen, con particolare riguardo alle modalità della sua partecipazione, alla cooperazione con alcuni paesi dell'Unione europea e allo sviluppo della qualità dei controlli alle frontiere esterne. Dal colloquio avuto, è emerso come la politica islandese sia improntata ad una massima collaborazione con l'Unione europea nel settore della sicurezza.
Do la parola ai colleghi che desiderano intervenire, in particolar modo a coloro che hanno partecipato alla missione per dar loro l'opportunità di apportare ulteriori spunti di riflessione.

TINO BEDIN. Ringraziando anzitutto il presidente per la sintesi, molto efficace, del lavoro svolto in Islanda, vorrei aggiungere alcune osservazioni.
Questa missione si è dimostrata molto utile in quanto abbiamo verificato, nell'ambito dell'area Schengen, l'esistenza non solo di un «piano terra», ma anche di un «piano più alto», con un grande terrazzo sul quale atterrano centinaia di migliaia di aerei e transitano altrettante persone.

PRESIDENTE. Senatore Bedin, la interrompo solo per chiarire ai colleghi presenti la metafora, da me utilizzata nel corso di una riunione del Comitato, quando paragonai l'area Schengen ad un grande condominio nel quale non è detto che chi si trovi al pianterreno sia l'unico a dover controllare il viavai di coloro che si recano nei piani più alti. Il nostro paese, che si trova alla base del «condominio» Europa, non è infatti il solo a doversi occupare di immigrazione clandestina.

TINO BEDIN. La ringrazio, signor presidente. Il movimento aereo da tale paese ha particolari legami con gli Stati Uniti - il cui sistema di ingresso è abbastanza permeabile - ed è stato molto importante aver verificato l'efficacia dei controlli di identificazione.
Dalla missione compiuta, è inoltre emersa la necessità che le procedure, all'interno dell'area Schengen, siano omogenee, in particolare per quanto attiene all'identificazione dei passeggeri, sia nei voli interni all'Unione sia in quelli esterni (ritengo che questa sia una delle indicazioni che il Comitato potrà fornire al termine dell'indagine conoscitiva), e alla protezione dei dati.
Come ha ricordato il presidente, in Islanda, grazie all'esistenza di un unico scalo aeroportuale e alla politica seguita dalla compagnia di bandiera che effettua collegamenti da e per gli Stati uniti in regime di monopolio, la comunicazione delle liste passeggeri di ogni aereo, alcune ore prima dell'arrivo o della partenza, ha dimostrato di garantire la sicurezza dei controlli. Tale sistema andrebbe senza dubbio adottato in modo da garantire un trattamento uniforme nei confronti dei cittadini.
Vorrei accennare anche ai limiti della sola adesione da parte di quel paese allo spazio Schengen che ritengo siano emersi nell'ambito della prospettiva, quella della nuova costruzione europea, dell'indagine conoscitiva in corso: non vi è una stretta integrazione con Europol ed inoltre, con riferimento alla protezione dei dati, non ci sono elementi comuni in relazione allo spazio di libertà, giustizia e sicurezza. Quindi, pur considerando certamente interessante l'opportunità offerta all'Islanda di far parte dello spazio Schengen in seguito alla sua adesione all'Unione nordica dei passaporti, sarebbe opportuno che l'adesione attenesse anche allo spazio di sicurezza, libertà e giustizia.

PRESIDENTE. Senatore Bedin, quando pensa a questo modello, si riferisce specificamente all'Islanda o anche all'ipotesi della Svizzera?

TINO BEDIN. Penso anche alla Svizzera e a tutti quei paesi che potrebbero usufruire di questa esperienza. Credo che i paesi che aderiscono a Schengen debbano stringere con l'Unione europea rapporti anche nell'ambito del settore sicurezza, libertà e giustizia.
Per quanto riguarda il futuro immediato di un possibile allargamento dell'esperienza Schengen, ritengo che si


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debba far tesoro a livello europeo dell'esperienza islandese ed in generale dei paesi nordici. Credo che potrebbe costituire una «falla» associare paesi al di fuori dell'Unione europea al trattato di Schengen e che paesi di nuova immissione, come la Bulgaria e la Romania, dovrebbero dapprima sperimentare al loro interno tutte le procedure volte a garantire la libertà di circolazione delle persone, magari per qualche anno per poi entrare nello spazio Schengen. Questo discorso vale ancora di più per i paesi dell'area mediterranea, di cui fa parte l'Italia che ha certamente interesse a che le frontiere siano spostate da Roma a qualche aeroporto nel sud del Mediterraneo. La promozione, nell'ambito della Assemblea parlamentare euro-mediterranea, di collaborazioni in materia di passaporti potrebbe favorire tale sperimentazione ed il successivo ingresso nello spazio Schengen, così importante dal punto di vista economico e turistico.

PIETRO TIDEI. Non ho ascoltato la relazione del presidente e quindi su di essa non posso pronunciarmi. Sicuramente condivido molte delle osservazioni fatte dal senatore Bedin, che ritengo pertinenti. Vorrei fare una sola considerazione: questa missione è stata proficua perché ci siamo resi conto che l'Islanda può in effetti rappresentare una porta tra l'Europa e gli Stati Uniti, nonostante la sua lontananza geografica.
Mi pare di capire che il sistema Schengen e le misure di sicurezza adottate da quel paese, più che soddisfare un'esigenza obiettiva di sicurezza interna, visto che tutto sommato l'accesso è abbastanza facile e non eccessivamente controllato - anche perché si fidano molto del controllo effettuato da altri paesi - rispondano in realtà soprattutto ad esigenze esterne di sicurezza, imposte in qualche misura da altri Stati. La presenza degli Stati Uniti è anche fisica - esiste una base militare all'interno dell'aeroporto - e quindi per i momenti di emergenza la disponibilità delle forze americane è totale.
È quindi evidente che gli Stati Uniti, dopo gli attentati dell'11 settembre del 2001, ritenendo che l'Islanda potesse essere una sorta di porta di accesso, giustamente hanno preteso, anche garantendo risorse umane e finanziarie, un maggior controllo, onde evitare che si apra un varco attraverso quel paese. Per il resto mi pare di capire che si tratta di un sistema che comunque funziona.
Una notazione a margine è questa: mentre l'Islanda ha avuto interesse ad aderire al sistema di Schengen, essa non sembra di fatto interessata ad entrare nell'Unione europea. È in parte vero che la libera circolazione delle persone è un qualcosa di più rispetto al contenuto di Schengen; tuttavia si tratta di due aspetti quasi imprescindibili, la libera circolazione delle persone non è avulsa dal problema relativo alla sicurezza e al controllo.
Quel paese non sembra particolarmente interessato ad entrare nell'Unione europea. I cittadini islandesi sono pochi ma in realtà viaggiano moltissimo, con una media di tre viaggi all'anno per persona. Molto probabilmente l'Islanda ha deciso di aderire a Schengen - non cogliendone lo spirito - per evitare la fila da parte dei propri cittadini al controllo dei passaporti e anche per non farli sentire diversi dagli altri cittadini europei.
Credo che forse potremmo presentare una nota al nostro ministro degli esteri, affinché si attivi per spingere verso una più incisiva integrazione europea un paese che finora non ha ben colto gli aspetti positivi legati a tale integrazione. Probabilmente ciò è dovuto al fatto che ci sono ulteriori interessi, legati nel caso islandese soprattutto al settore della pesca. È evidente che, entrando in Europa, l'Islanda subirebbe i condizionamenti legati alla disciplina comunitaria vigente e quindi probabilmente l'ingresso nell'Unione europea viene considerato sotto il profilo del depauperamento dell'attività interna legata a quel settore.
Per il resto, non abbiamo avuto modo di verificare meglio il sistema di funzionamento nei porti. Pur essendo vero che


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non arrivano molti traghetti di passeggeri, c'è comunque un grosso movimento di merci. Sappiamo inoltre che, oltre alla lista dei passeggeri, che dovrebbe essere accompagnata dall'esibizione di un documento di identità, come giustamente rilevato dal presidente, per quel che riguarda i porti non sembra esserci un grandissimo controllo, anche se - ripeto - non abbiamo avuto modo di appurare questo aspetto in maniera diretta; questo mi sembra comunque un problema in parte sottovalutato.
In ogni caso questa esperienza di viaggio è stata molto interessante.

PRESIDENTE. Do il benvenuto al senatore Furio Gubetti, che sostituisce il senatore Giampaolo Bettamio, entrato a far parte del Governo.

FURIO GUBETTI. Ringrazio il presidente per il suo saluto di benvenuto.
Entrando nella discussione, per quanto mi è possibile conoscendo soltanto in parte il problema, sono assolutamente concorde con quanto osservato dal collega Tidei. L'Islanda non ha alcun interesse ad entrare nella Comunità europea, ma direi che questo tema non è nuovo per noi e non è limitato all'Islanda. L'estate scorsa sono stato in missione in Norvegia e in Svezia: la Norvegia non ha nessun interesse ad entrare nell'Unione europea, nonostante ci siano state recentemente nuove elezioni con un nuova maggioranza di Governo.
Quindi, intenderei la proposta del senatore Bedin come un invito da rivolgere a questi paesi, affinché entrino nell'area europea di libertà, giustizia e sicurezza. Tale invito in quanto tale è condivisibile, ma certo non può essere inteso come condizione imperativa, di fronte alla quale ci sarebbe quasi sicuramente un rifiuto. Dobbiamo essere realisti: sicuramente paesi come l'Islanda, la Norvegia e la Svizzera non hanno alcuna intenzione né attuale né futura di entrare a far parte dell'Unione europea.

PRESIDENTE. La ringrazio, senatore. Non perché siamo entrambi di Forza Italia, ma condivido pienamente le sue osservazioni. Se vogliamo rivolgere a questi paesi un invito possiamo farlo, ma ovviamente i singoli paesi restano liberi di aderire o meno all'Unione europea, scelta che attiene a questioni di natura politica molto più profonde.
Ho colto un aspetto positivo nelle osservazioni fatte dal senatore Bedin e dal collega Tidei. La lista preventiva dei passeggeri di voli aerei, che esiste in Islanda - lista che viene cancellata dopo poche ore ma che comunque rende possibile dei controlli anticipati - non servirebbe a nulla qualora non ci fosse un contestuale controllo sull'identità delle persone attraverso un documento di riconoscimento.
Proprio per questo motivo, ritengo che la comunicazione della lista dei passeggeri possa rappresentare un'efficace misura di sicurezza, purché si aggiunga ad essa un ulteriore controllo, quello dell'identità, che venga eseguito a campione, in modo da lasciare ampia discrezionalità ai paesi che hanno aderito all'accordo di Schengen, liberi essendo di renderlo più o meno stringente. Nel nostro paese tutti i passeggeri, al momento dell'imbarco nei voli nazionali, esibiscono un documento e non vi è quindi ragione per cui ciò non possa avvenire se si viaggia da Reykjavik a Parigi, da Parigi a Milano e così via. Proporrei, a tale proposito, di rappresentare questa esigenza al ministro degli affari esteri, in modo che egli chieda al nostro rappresentante presso l'Unione europea una valutazione su tale questione e, in particolare, sull'opportunità di prevedere l'obbligatorietà delle liste dei passeggeri e, a campione, a discrezione del singolo paese, il controllo dell'identità.

TINO BEDIN. Credo che questo sia uno dei risultati raggiungibili, anche se nutro qualche perplessità sul controllo a campione per l'esigenza di dare certezza ai cittadini. All'aeroporto di Reykjavik, come me, tanti altri cittadini, non islandesi, avevano in mano il passaporto e il boarding pass, proprio perché così si usa fare nei loro paesi. Per estendere tale abitudine, probabilmente, potrebbe bastare un


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invito all'adozione di questa procedura da parte delle singole compagnie aeree.
In relazione al tema attinente più specificatamente all'Unione europea, avendo riscontrato che la polizia islandese è associata ad Europol, ritengo si debba prevedere che alcuni paesi possano aderire non certamente allo spazio economico, che non interessa paesi come l'Islanda o la Svizzera, ma a quello giuridico.

PRESIDENTE. È certamente possibile prevedere l'obbligo di esibire un documento nel caso di voli aerei, ma per i trasporti marittimi (al porto di Civitavecchia, ad esempio, ogni anno transitano circa un milione di persone) può risultare più efficace l'idea del controllo a campione che lascia ampia discrezionalità ed elasticità alla singola autorità nazionale.
Credo che sul tema sia necessario conoscere la posizione assunta dall'Autorità garante per la protezione dei dati personali, che il Comitato intende audire la prossima settimana, in modo da verificare la fattibilità della procedura a livello nazionale e poter poi formulare proposte e suggerimenti in merito.
Prendo atto delle osservazioni formulate dai colleghi e ringrazio tutti gli intervenuti.

La seduta termina alle 9,40.

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