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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla valenza, gestione e dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici e privati, l'audizione del presidente, ingegner Marco Staderini, e del direttore generale, dottor Luigi Marchione, dell'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica (INPDAP).
Come ricorderete, nelle sedute di mercoledì 2 febbraio e di mercoledì 16 febbraio ha avuto luogo l'audizione del professor Gualtiero Tamburini, presidente dell'Associazione dell'industria immobiliare (Assoimmobiliare), accompagnato dall'avvocato Delli Santi, sul problema degli immobili in generale e della gestione immobiliare dell'INPDAP in particolare. Per garantire il massimo della trasparenza ed acquisire tutte le informazioni necessarie a valutare la vicenda in corso, abbiamo pertanto ritenuto opportuno ascoltare anche il presidente e il direttore generale di questo istituto.
Avverto, infine, che il presidente Staderini ha depositato presso gli uffici di questa Commissione una documentazione della quale dispongo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna.
Do quindi la parola al presidente dell'INPDAP per il suo intervento.
MARCO STADERINI, Presidente dell'INPDAP. Signor presidente, ringrazio la Commissione di questo invito che ci consente di illustrare la nostra posizione. Come il presidente ha anticipato, abbiamo predisposto una relazione - piuttosto esaustiva, ancorché sintetica - sui problemi riscontrati in riferimento alla gestione del patrimonio immobiliare fino al 2002 e alla convenzione 2002-2004, di cui si è discusso con Assoimmobiliare nel corso della relativa audizione.
La prima parte del documento consiste nella ricognizione delle disposizioni legislative che hanno condotto alla scelta di affidare ad un soggetto esterno la gestione del patrimonio immobiliare, e nell'illustrazione delle criticità evidenziate rispetto alla convenzione 1996-2002 (più esattamente, la convenzione stipulata dall'istituto nel 1996 e prorogata a più riprese fino al 2002). Di tali aspetti avevamo già parlato nell'aprile dello scorso anno, rappresentando alla Commissione l'intento dell'istituto di non prorogare ulteriormente questo tipo di contratti a fronte delle gravi carenze riscontrate e ora sinteticamente
riportate nella nostra relazione.
Non mi soffermo sui risultati della gestione precedente all'ultima convenzione; ho soltanto il dovere di rappresentarvi che nelle giornate scorse (venerdì, lunedì e ieri) la Guardia di finanza ha effettuato perquisizioni domiciliari negli uffici; tali perquisizioni hanno interessato anche alcuni importanti funzionari dell'istituto e tutte le società di gestione. Nei decreti di perquisizione è configurata infatti una truffa ai danni dell'INPDAP per la continua alterazione dei dati contabili ed economici rappresentati all'istituto fino all'aprile 2002, con importi rendicontati di gran lunga inferiori al saldo in realtà spettante all'istituto stesso.
Come sapete, la convenzione prevedeva che la gestione contabile fosse affidata alla società di gestione, responsabile della documentazione delle entrate (riscossione affitti) e delle uscite (spese di manutenzione ordinaria e straordinaria e per i propri servizi) e tenuta a rendicontare il saldo all'istituto. Sembra però che il saldo rendicontato fosse molto inferiore a quello effettivamente nella disponibilità dei conti. Ciò che è più grave è che il saldo diverso e di gran lunga inferiore a quello risultante dalla documentazione bancaria non consegnata all'istituto e analizzata invece dalla procura della Repubblica, è stato rappresentato da tutte le società di gestione e per tutti gli anni di riferimento.
Questo è il problema che ci siamo trovati ad affrontare quando - in regime commissariale - abbiamo riscontrato tutta una serie di disfunzioni riguardanti l'attività di gestione. Abbiamo affrontato il problema non interrompendo il contratto ma semplicemente formalizzando alla chiusura della gestione, senza rinnovarlo, un accordo che prevedesse la restituzione dei dati e della documentazione nonché la riappropriazione in capo all'istituto della gestione diretta del patrimonio immobiliare. Questo accordo è stato siglato con le diverse società nel periodo da febbraio a maggio. L'accordo con l'ultima società - la Romeo - sottoscritto in maggio prevedeva che il patrimonio ritornasse nella disponibilità fisica dell'istituto a partire dal 31 maggio, che per il periodo giugno-luglio la manutenzione fosse già affidata all'istituto, e la gestione, sia dei rapporti con gli inquilini, sia degli archivi cartacei, rimanesse a carico delle società a titolo gratuito e non oneroso per l'istituto, in modo da consentire un più semplice subentro amministrativo da parte dell'istituto stesso. Entro il periodo, avrebbero dovuto essere consegnati definitivamente sia la banca dati sia la documentazione sui flussi finanziari. Il 31 luglio avrebbe dovuto essere sottoscritto un verbale di chiusura del rapporto, nel quale l'istituto avrebbe dovuto rappresentare le criticità emerse e i gestori, in quella sede, avrebbero dovuto presentare le controdeduzioni.
In realtà, il passaggio delle consegne è avvenuto con maggiore lentezza rispetto ai tempi previsti, tanto che, alla fine di luglio, l'istituto è stato costretto ad effettuare una contestazione incompleta e non esaustiva e non è stato possibile nemmeno definire una corretta quantificazione. È stata effettuata una prima elencazione delle criticità emerse nella rendicontazione in relazione alla quale le società si sono riservate di formulare controdeduzioni, nei mesi successivi.
Quanto alle risposte dell'istituto alle principali affermazioni rese dall'Assoimmobiliare, innanzitutto vorrei rappresentare la situazione attuale, per riservare i commenti in sede di conclusioni.
Tra i motivi principali della insoddisfazione dell'INPDAP riguardo al rapporto con le società di gestione, innanzitutto rileva il problema della banca dati. Si tratta di uno strumento per la gestione che tali società avrebbero dovuto mettere a disposizione dell'istituto mese per mese, durante il periodo della convenzione. Questo non è stato possibile perché - si è sostenuto - i sistemi di comunicazione delle società di gestione e dell'istituto non dialogavano correttamente a causa della incapacità, da parte dell'INPDAP, di leggere la banca dati e, quindi, i continui ricicli della fornitura magnetica dei dati non potevano essere letti dall'istituto. Di fatto, questa banca dati non è mai stata
disponibile. Alla chiusura dei rapporti con le società di gestione ho voluto coinvolgere un soggetto terzo, cioè l'Agenzia delle entrate e, per essa, lo strumento informatico della Sogei, per poter riacquisire la banca dati, ritenendo che, se l'INPDAP non è in grado di leggere una banca dati, sicuramente lo sarà l'Agenzia delle entrate, tramite la Sogei, ove tale banca dati sia in ordine. La realtà emersa è che sono stati necessari sette mesi di tempo, dalla fine del rapporto, soltanto per rendere leggibile questa banca dati e nulla è stato ancora effettuato per quanto riguarda i contenuti. Abbiamo ricevuto il benestare dell'Agenzia delle entrate il 15 febbraio scorso riguardo a 5 lotti e, per gli altri 5, si rilevano ancora continui errori da parte delle società di gestione. Dinanzi alla affermazione dell'Assoimmobiliare, secondo cui l'istituto non è stato in grado di controllare per sua incapacità, è evidente, dunque, che, se ci saranno passaggi successivi in sede giudiziale, potrà essere agevolmente dimostrato il contrario e, cioè, che nonostante il supporto tecnico di un organismo terzo, quale l'Agenzia delle entrate, che si è avvalsa dello strumento informatico della Sogei, dopo sette mesi ancora, di fatto, non si è riusciti ad ottenere le informazioni relative al patrimonio immobiliare da parte delle società di gestione.
Un altro profilo attiene ai flussi finanziari. A questo proposito, la situazione è particolarmente grave perché le società di gestione avrebbero dovuto gestire il flusso finanziario utilizzando un solo conto corrente. È evidente la logica che spingeva in questa direzione: il conto corrente avrebbe dovuto essere documentato e rendicontato attraverso la consegna degli estratti conto bancari, al fine di consentire all'istituto di svolgere tutti i controlli necessari sul maneggio di denaro pubblico. La realtà era diversa. L'istituto più volte ha chiesto alle società di gestione, negli ultimi mesi, di essere messo a conoscenza anche degli altri conti che si sapeva essere stati aperti per la gestione dei flussi finanziari. Di questi altri conti le società di gestione hanno sempre negato l'esistenza e non hanno mai fornito documentazione. Tale aspetto è stato evidenziato negli accordi di fine periodo e abbiamo chiesto alle società di gestione un prospetto di raccordo che, finalmente, consentisse di capire come sia avvenuta la gestione di incassi e uscite utilizzando più conti correnti in luogo dell'unico conto contrattualmente previsto. Questi prospetti di raccordo, sui quali ci sono errori che l'INPDAP sta controllando in sede tecnica, sono stati forniti il 21 dicembre 2004 per quattro lotti, il 21 gennaio 2005 per un lotto, il 7 febbraio 2005 per altri due lotti e, tuttora, una società ancora non ha consegnato la documentazione relativa al lotto 2. La Romeo, invece, non ha consegnato alcunché, avendo deciso di avviare subito un contenzioso giudiziario, incardinando quattro giudizi civili nei quali l'istituto si è costituito svolgendo una serie di domande riconvenzionali corredate da puntuale documentazione. Questo iter, quindi, ormai è affidato alla giustizia ordinaria mentre con gli altri soggetti si sta proseguendo attraverso una analisi congiunta dei prospettati inadempimenti contrattuali. Tuttavia, dalle date che ho richiamato è evidente che ancora non abbiamo avuto la possibilità di effettuare i necessari controlli.
Gli ulteriori adempimenti gestionali riguardano la manutenzione del patrimonio, sulla quale sono emerse incongruenze, segnalate dai vari compartimenti nella relazione di luglio. Le società di gestione hanno preparato le loro controdeduzioni, che da poco tempo si stanno valutando in sede tecnica. Dai riscontri emergeranno le eventuali responsabilità per alcune inadempienze. Bisogna evidenziare che il comportamento è stato abbastanza omogeneo e ha riguardato quasi tutti i lotti.
Un'altra questione particolare sollevata dall'Assoimmobiliare - riguardo alla quale la risposta dell'istituto è contenuta nella relazione che abbiamo consegnato a questa Commissione - è relativa al censimento, più volte considerato, con grande enfasi, come una delle cause che hanno condotto ad una serie di disservizi. In realtà, già nelle premesse del contratto si dava atto di una situazione che si stava
modificando perché il contratto era stato stipulato nei mesi in cui il Governo stava elaborando il processo di totale dismissione del patrimonio immobiliare della SCIP 2. L'affidamento del censimento era previsto come eventuale, tant'è vero che il compenso era stato definito a parte. La eventualità di un piano di dismissione completo ha determinato la impossibilità di procedere al censimento di un patrimonio che, nell'arco di pochi mesi, sarebbe stato completamente alienato. Sicuramente, la mancata effettuazione di questa attività non ha alterato l'economia dell'operazione né il significato di quello che si stava facendo. Bisogna tenere conto anche del fatto che le società di gestione, praticamente tutte, sono subentrate a se stesse. Tranne qualche lieve cambiamento, nella maggior parte dei casi si sono trovate a gestire un patrimonio immobiliare che loro stesse avevano gestito nei 6 anni precedenti. Quindi, la fase di censimento ha una valenza sicuramente marginale, che al limite può riguardare i rapporti tra le società. Nel 1996-2002 le società di gestione avevano amministrato questo stesso patrimonio e poi nel 2002 si è detto che senza il censimento non si poteva andare avanti.
PRESIDENTE. Per quanto riguarda l'attività di censimento dei dati e dell'utenza, il contratto prevedeva che dovesse essere svolta dall'ente o dalle società? Le società dicono che doveva farlo l'ente.
MARCO STADERINI, Presidente dell'INPDAP. No, l'istituto doveva affidare alle società l'attività di censimento a titolo oneroso; non avendolo fatto, si dice che non si conosceva nemmeno il patrimonio che si stava governando.
PRESIDENTE. Invece, è stato sostenuto che l'istituto doveva provvedere al censimento.
MARCO STADERINI, Presidente dell'INPDAP. No, l'eventuale censimento era affidato alle società ed era previsto un compenso per questo tipo di attività ma, senza l'autorizzazione dell'istituto, non si poteva fare.
L'altro punto riguarda i rinnovi contrattuali e il recupero delle morosità. Dalla documentazione che l'istituto ha avuto, emerge con chiarezza che negli anni passati questa attività non era stata proprio svolta e che è stata avviata solo negli ultimi mesi, quando era chiaro che l'istituto voleva riprendere in mano la gestione del patrimonio. Tutto ciò emerge chiaramente con diversità di comportamenti tra una società e l'altra, e per ciascuna viene rappresentata la propria situazione.
Nel punto 12 del nostro documento si rappresentano le considerazioni sulle principali affermazioni dell'Assoimmobiliare. Intanto l'istituto sta collaborando con le società di gestione per completare le verifiche dei flussi finanziari e delle banche dati; quindi, non ha attivato alcun giudizio nei confronti dei gestori - sta solo rispondendo a chi, come la Romeo, fa il primo passo -, non ha escusso le garanzie e non ha toccato le fideiussioni, ma sta procedendo secondo quanto previsto dal contratto. Di conseguenza, non c'è una situazione di stallo ma un forte ritardo negli adempimenti, che non è dovuto all'istituto. Infatti, nel documento abbiamo evidenziato i tre punti ed abbiamo riportato i passaggi della relazione del professor Tamburini, che contesta all'istituto di non aver svolto i controlli in tempo, dicendo che la reportistica era stata molto precisa e mai controllata, che l'istituto non è stato capace di monitorare e via dicendo.
È sufficiente ricordare che dopo sette mesi finalmente la banca dati è leggibile - lo dice un organismo terzo come l'Agenzia delle entrate - e non abbiamo ancora la completa visibilità dei flussi finanziari: quindi, non si tratta di mancanza di controlli ma di assenza di documentazione che doveva essere fornita secondo quanto previsto dal contratto.
Le altre contestazioni dell'Assoimmobiliare riguardano oltre al contenzioso con richieste enormi di danni, la decisione «improvvida» del ritorno alla gestione
diretta e la cessazione indiscriminata del rapporto. Tutto ciò non è vero, perché non abbiamo rinnovato il contratto alla scadenza per tutta una serie di ragioni che sono rappresentate nel documento allegato, che riguardano i giudizi penali e civili che sono attivi, le disfunzioni evidenti e l'impossibilità per l'istituto di mantenere questo rapporto, che vale il 30 per cento delle entrate, a fronte della necessità dell'istituto di retrocedere alla SCIP l'85 per cento degli affitti bollettati (quindi, non esiste più neanche l'equilibrio economico per poter affidare all'esterno). È evidente che, non potendo ancora controllare i flussi finanziari, l'istituto non può liberare né fideiussioni né fondi di garanzia.
L'ultimo punto riguarda la contestazione della capacità dell'istituto di gestire direttamente per pochi mesi il patrimonio, dicendo che non ha più la capacità organizzativa e che è incapace di monitorare. In realtà, da giugno i risultati sono positivi, quando si è avviata la gestione diretta in collaborazione con l'Agenzia delle entrate, che provvede alla bollettazione e alla riscossione dei canoni di affitto tramite il modello F24, e con il contributo di geometri indicati dall'ordine nazionale, che svolgono la funzione di veri e propri amministratori di condominio e che hanno migliorato i rapporti con gli inquilini. Per quello che riguarda la manutenzione ordinaria degli immobili c'è un rapporto più diretto ed operativo e, quindi, più chiaro e trasparente. Infine, la manutenzione straordinaria del patrimonio - che è in fase di alienazione e, quindi, va visto anche in quest'ottica - è affidata a gare ad evidenza pubblica a livello compartimentale.
I risultati sono positivi nei rapporti con gli inquilini e molto positivi sotto l'aspetto economico: tutto ciò verrà evidenziato nel bilancio di chiusura annuale dei prossimi giorni.
PRESIDENTE. Vorrei formulare alcune brevi osservazioni. Nella passata audizione è scaturito che molte delle problematiche evidenziate sia dall'Assoimmobiliare sia dall'INPDAP derivavano, a detta loro, essenzialmente dal tipo di contratto, che era estremamente farraginoso e che, in ogni caso, non era stato neanche adeguato al sopraggiungere della SCIP, cioè della cartolarizzazione, per cui, in sostanza, conteneva una serie di problematiche che si sono create nel momento in cui è iniziata la dismissione dello stesso patrimonio immobiliare. Per l'Assoimmobiliare esisteva altresì un problema collegato al data room e pare che l'ente non abbia fornito tutto ciò in modo tale da mettere gli stessi nelle condizioni di poter gestire in maniera concreta. Infatti, sembra che non si abbia neanche una cognizione precisa del patrimonio immobiliare, del tipo di contratti in essere, delle locazioni, della determinazione dei fitti e via dicendo.
ANTONINO LO PRESTI. Come gestivano? Mandavano gli sgherri a riscuotere i canoni? Non l'ho capito.
PRESIDENTE. Inoltre, sussisteva il problema della mancanza di collaborazione della struttura con le società di gestione o, addirittura, un voler quasi non collaborare, in modo tale da creare le condizioni per un eventuale ritardo, oltre alle osservazioni relative alle morosità, al censimento e ai rinnovi contrattuali (per esempio, loro sostengono che anche l'attività di rinnovo dei contratti è stata notevolmente compromessa dal ritardo con cui l'ente ha consegnato la banca dati e, quindi, secondo loro, non ha svolto, come per le morosità, l'attività di censimento). Per quanto riguarda le manutenzioni, sostengono che i riscontri che si stanno facendo danno ragione ai gestori perché gli interventi erano stati eseguiti. Inoltre, sussisteva il problema del minimo garantito e affermano che, in funzione degli accordi previsti dal contratto, l'unica obbligazione dei gestori era quella di assicurare un ricavo minimo garantito e che nel contratto non solo hanno adempiuto a questo impegno ma hanno addirittura superato ampiamente i livelli minimi garantiti previsti.
Do ora la parola ai colleghi che intendano porre domande o formulare richieste di chiarimento.
ANTONIO PIZZINATO. La prima osservazione che ritengo di dover svolgere riguarda la mancanza di dati precisi sul patrimonio dell'ente. Nel momento in cui avviene la costituzione dell'INPDAP, i vari enti dispongono con precisione di tutti i dati relativi al proprio patrimonio e alla correlata gestione. Come è allora possibile sostenere che non vi sia documentazione riguardo all'INPDAP? Al momento della fusione gli enti non sono certamente scomparsi, sono semplicemente confluiti tutti nell'istituto.
In secondo luogo, il presidente Staderini sottolineava che, sulla base delle verifiche svolte e dei controlli effettuati dalla Guardia di finanza, vi sarebbe stata un'alterazione delle entrate, con responsabilità di personale dipendente dall'INPDAP. Come è possibile non aver potuto tempestivamente cogliere quanto stava avvenendo?
EMERENZIO BARBIERI. Signor presidente, alle appropriate domande poste dal collega Pizzinato vorrei aggiungere due osservazioni. Indubbiamente, è un fatto positivo che queste vicende finiscano tutte in sede giudiziaria, per tentare di acclarare quale sia la verità. Dico questo perché, avendo ascoltato il presidente Staderini questa mattina ed il presidente Tamburini nel corso della precedente audizione, sarei naturalmente portato a pensare che uno dei due abbia mentito (conoscendo bene il presidente dell'INPDAP dovrei ritenere sia stato l'altro a farlo): chi di noi, membri della Commissione, ha presenziato all'audizione del presidente dell'Assoimmobiliare e a questa del presidente Staderini deve concludere che l'uno o l'altro abbiano mentito sapendo di farlo, non v'è dubbio. Infatti, quelle dichiarazioni sono talmente in contrasto fra loro, che non è neppure ipotizzabile vi sia una metà di verità nelle due versioni contemporaneamente. Una delle due è certamente falsa. Non mi è dato sapere cosa acclareranno i giudici; ad ogni modo, la convinzione secondo cui l'Italia sia il paese con la più elevata percentuale di avvocati per numero di abitanti tra i 25 membri dell'Unione europea è confermata e avvalorata dal fatto che non si riesce più, neppure tra istituti di carattere pubblico, come l'INPDAP e le società, a trovare pacificamente un modus vivendi. Non so se la magistratura sia riuscita a stabilire le responsabilità; certamente si percorreranno i diversi gradi di giudizio e si arriverà ad una sorta di verità.
Vorrei aggiungere un'altra considerazione. Non ho capito, presidente Staderini, per quale motivo l'istituto «anche per poter addurre prove inconfutabili nelle sedi giudiziarie, eventualmente interessate» (come è scritto nel documento da lei consegnatoci, dal quale suggerirei di eliminare l'avverbio «eventualmente», in ragione del fatto che le sedi giudiziarie sono interessate comunque) decide di affidare l'incarico di riacquisire la banca dati ad un organismo terzo di totale affidabilità, cioè all'Agenzia delle entrate. Ho bisogno di comprendere meglio questo punto, perché esso sembrerebbe suffragare la tesi avanzata dal dottor Tamburini per cui l'istituto non sarebbe in grado di svolgere certe attività, dovendo perciò ricorrere all'Agenzia delle entrate.
Da ultimo, se in sei anni - dal 1996 al 2002 - i fatti si sono svolti in un certo modo, come è stato ricordato, forse è perché l'istituto ha registrato al suo interno alcune carenze (non uso il termine «complicità»): alla luce di ciò, data la natura pubblica dell'INPDAP, mi spaventa il fatto che non si sia riusciti ad attivare una catena di controllo. Ricordo che quando furono incarcerati alcuni dirigenti dell'INAIL - credo che accadde il mattino successivo al giorno in cui fu tenuta presso questa Commissione l'audizione sull'istituto - noi ci ponemmo il problema, poi reso pubblico, della presenza di forti complicità interne. Se quanto il presidente ha dichiarato e documentato stamattina cor
risponde al vero, allora deve essersi riscontrata una grave carenza sul piano del controllo interno.
Alla luce di queste considerazioni, e rispetto a quanto è stato dichiarato dal professor Tamburini, avrà senso per l'INPDAP andare fino in fondo alla vicenda solo a condizione che l'INPDAP stesso svolga verifiche anche al suo interno, per sapere perché i meccanismi di controllo di cui dispone non hanno funzionato e - in caso affermativo - quali provvedimenti siano stati adottati nei confronti di chi si è reso responsabile di mancata sorveglianza.
ANTONINO LO PRESTI. Signor presidente, non rivolgerò ai nostri ospiti alcuna domanda, perché non ritengo che i miei quesiti siano compatibili con i poteri di questa Commissione. Mi limiterò a svolgere una considerazione assolutamente spontanea. Alla nostra Commissione non interessa tanto conoscere i profili penali che possano riguardare l'operato dei soggetti gestori, non avendo noi alcun potere di intervento in proposito: su questo, evidentemente, sarà la magistratura ad indagare. Tuttavia, ritengo che il Parlamento debba comunque prendere atto di questa situazione, agendo di conseguenza; reputo infatti doveroso ipotizzare l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta che agisca con i poteri previsti dai nostri regolamenti e dalle leggi vigenti per indagare a fondo, soprattutto riguardo ad aspetti che interessano la gestione del patrimonio dell'istituto, dalla parte dell'istituto medesimo. Se il Parlamento vorrà svolgere un lavoro dovizioso, puntuale, capace - come osservava giustamente il collega Barbieri - di accertare la verità, credo sia assolutamente necessario percorrere questa strada. Personalmente, nutro le stesse perplessità del collega e credo che altrettanto facciano gli altri membri di questa Commissione.
Poco fa ho fatto una battuta. Nel momento in cui le società di gestione sostengono di non essere state messe in grado di poter gestire - secondo i normali criteri - questo grande patrimonio, non conoscendo neppure il contenuto della maggior parte dei contratti, allora quella mia battuta sugli sgherri non sembra assolutamente campata in aria. Come potevano gestire il patrimonio? Sono tutti dati assolutamente discutibili (e non voglio utilizzare altri termini). Credo che la nostra Commissione, al di là di una conversazione gradevole, cordiale e parzialmente esaustiva, non possa spingersi oltre. Per accertare come stanno esattamente le cose è necessario un organo che agisca con i poteri della Commissione d'inchiesta.
TIZIANO TREU. Anch'io credo che le questioni che stiamo considerando siano di portata molto rilevante. Stiamo parlando di otto anni di gestione del più grande patrimonio immobiliare pubblico italiano e, forse, europeo. Già questa circostanza richiede una adeguata considerazione. Probabilmente, come è stato appena affermato, in questa sede possiamo soltanto evidenziare le criticità, stimolare e delineare il quadro dei problemi; certamente non siamo attrezzati e, forse, neppure competenti, ma possiamo segnalare una grave preoccupazione. È chiaro che non possiamo accertare chi affermi il falso, poiché questa Commissione non è un tribunale. Del resto, noto che in questa documentazione sono fornite alcune informazioni ma non si risponde ad alcune questioni fondamentali che sono state sollevate. Naturalmente, non giudico su chi abbia ragione e chi abbia torto ma ci sono questioni, di cui ne segnalo soltanto alcune, di grande rilevanza dal punto di vista economico.
Innanzitutto, c'è il problema del censimento. È noto che non si può effettuare alcuna operazione seria di gestione se non se ne conosce l'oggetto. Stiamo parlando non degli ultimi venti giorni della convenzione, ma di un periodo di otto anni. Certamente il presidente Staderini non ha vissuto l'intera vicenda, ma la questione deve essere considerata nell'intero periodo, riguardo al quale si rilevano affermazioni completamente diverse. Al di là del fatto che il contratto è stato redatto male
- lo abbiamo analizzato, per quanto di nostra competenza - si afferma che il censimento non è stato effettuato perché da parte delle società non sono stati forniti i dati elementari per procedere, cioè una base dati. Dall'altra parte, lo si nega genericamente ma non trovo una controdeduzione. Questa è quasi una questione pregiudiziale. Com'è possibile che si affermi che per otto anni non c'è stato il fondamentale presupposto per un'opera di gestione economica? Non c'è una risposta. Non voglio affermare che abbia ragione la controparte ma i dati ci sono, sicuramente. Se l'ipotesi della mancanza di presupposti non fosse fondata, saremmo di fronte ad una situazione di grave responsabilità da parte dell'ente. Allora, come si affermava, che cosa si è fatto in questi otto anni per riparare?
Un'altra questione riguarda gli interventi di manutenzione, di vario genere. Anche in questo caso, vi è la stessa contrapposizione: non sono stati effettuati o lo sono stati ma in modo inadeguato. Si svolgeva da parte dell'ente la necessaria attività per rendere possibili tutte le autorizzazioni che sono previste nel contratto? Anche in questo caso, siamo nel buio più totale. Evidentemente, questa è un'altra macro questione essenziale per decidere se la gestione fosse o meno efficiente.
Inoltre, una questione conseguente è quella della riscossione delle morosità. È evidente che, se quanto ho precedentemente menzionato ha funzionato male, anche l'attività di riscossione e recupero delle morosità era più difficile. Tali questioni, al di là dell'interpretazione del contratto, sono avvalorabili attraverso i dati. Si afferma che solo negli ultimi mesi le società hanno avviato attività di recupero: sono elementi che possono essere verificati.
Infine, un tema più generale, che è gia stato ricordato. Dopo una situazione di criticità o, comunque, di contrasto così radicale e di fondo, durato per molti anni, con tali difficoltà adesso si ritorna alla gestione diretta. Ovviamente, mi permetto di dubitare, come affermano gli inglesi, e, comunque, dovrebbe essere giustificata più approfonditamente, con motivi più convincenti o più distesi di quelli che possiamo cogliere da questa relazione. Bisogna comprendere quali siano i motivi, qual è l'attrezzatura, per quale motivo è stata incaricata l'Agenzia delle entrate. Dal maggio 2004 sono stati realizzati forti risparmi. Si dovrebbe essere soddisfatti ma la questione andrebbe chiarita meglio. Il dubbio è di fondo e non riguarda soltanto le vicende che vediamo, perché la gestione diretta di patrimoni immobiliari di questo genere credo non esista sulla faccia della terra e costituirebbe una lodevole eccezione.
In conclusione, restiamo in attesa di ulteriori argomentazioni, per quanto possibile, in questa sede ma, probabilmente, bisognerà individuare una sede più adatta.
PRESIDENTE. Ringrazio gli intervenuti e invito il presidente Staderini ad una replica.
MARCO STADERINI, Presidente dell'INPDAP. Rispondo, innanzitutto, al presidente Amoruso, il quale faceva riferimento ad un tipo di contratto farraginoso, che non prevedeva SCIP e così via. Il contratto di cui parliamo è stato elaborato nel 2002, sulle ceneri di un rapporto che non si era svolto positivamente nei precedenti 6 anni. Quindi, è stato predisposto con il supporto di società importanti - credo che l'advisor scelto in esito a gara comunitaria fosse la società Deloitte - e gli indirizzi sono stati formulati dall'osservatorio del patrimonio immobiliare di cui era presidente Tamburini. Quindi, la tipologia contrattuale fu predisposta dalla Deloitte in base agli indirizzi dell'osservatorio immobiliare. Tutto era incardinato su di un sistema informativo che funzionava nei due sensi: le società di gestione e l'INPDAP avrebbero realizzato un sistema informativo che sarebbe stato alla base della gestione contrattuale. Se il sistema informativo non avesse funzionato, il contratto sarebbe diventato farraginoso, non a caso.
Il sistema non ha funzionato ma non per incapacità dell'ente. Questo è dimostrato dalla difficoltà di avere, dopo sette mesi, un supporto informatico leggibile.
Una osservazione formulata dall'onorevole Barbieri riguarda la scelta dell'Agenzia delle entrate. Tale scelta è stata effettuata per togliere alla radice il dubbio che ci fosse una responsabilità da parte dell'istituto. Il tema è semplice: se io fornisco un dischetto del mio elaborato e un altro computer non lo legge, si tratta di un dischetto illeggibile o della incapacità di inserirlo bene e di leggerlo bene? La società di gestione ha sempre detto di aver fatto il suo lavoro in modo perfetto e preciso, mentre noi eravamo incapaci di leggerlo. Allora, abbiamo deciso di farlo leggere ad un altro soggetto e si è scelta l'Agenzia delle entrate perché gestisce il maggior sistema informativo d'Europa, che interfaccia a tutti i livelli le pubbliche amministrazioni locali, gli imprenditori e tutte le varie tipologie. Quindi, è in grado di leggere la banca dati, se è corretta, fornita dalle società di gestione: dopo 7 mesi questo non è ancora accaduto.
PRESIDENTE. Quindi, i dati sono stati forniti in maniera tale che non possano essere letti? È difficile comprendere come un sistema non sia leggibile, perché può essere rimandato indietro per averne uno di tipo cartaceo.
MARCO STADERINI, Presidente dell'INPDAP. Un patrimonio di queste dimensioni non può essere gestito su base cartacea, ma è necessario un supporto informatico.
PRESIDENTE. Allora, ci si deve fornire di uno strumento che possa leggere tutto ciò.
MARCO STADERINI, Presidente dell'INPDAP. È una dimostrazione plateale, per cui l'Agenzia delle entrate mi ha documentato lo stato della situazione; poi, ben venga l'avvio di una qualsiasi Commissione su tali aspetti, ma questo rimane uno degli elementi importanti.
ANTONIO PIZZINATO. L'Agenzia delle entrate dice che quanto fornito è illeggibile.
MARCO STADERINI, Presidente dell'INPDAP. È illeggibile e non corretto, con situazioni di questo genere: in un campo numerico ci sono dati alfabetici, dove era prevista una data c'è un importo e via dicendo (quando si dice illeggibile non vuol dire che non si riesca a leggere).
EMERENZIO BARBIERI. Prima del 1996 questi dati erano chiari o anche prima di tale data non lo erano? Esisterà pure una data in cui i dati sono chiari ed incontrovertibili, altrimenti questa diventa la storia della tela di Penelope.
MARCO STADERINI, Presidente dell'INPDAP. Risponderò alla domanda. Quindi, il supporto informatico ha dei problemi di rapporti, di colloquio tra l'istituto e le società di gestione.
Sul censimento il senatore Pizzinato chiede se sia possibile che prima i vari istituti che hanno contribuito alla nascita dell'INPDAP avessero un patrimonio e che poi non se ne sia saputo più nulla. Il problema è che dal 1996 l'istituto INPDAP ha affidato la gestione di questa banca dati alle società di gestione esterne, prima con un contratto 1996-2002 e, poi, con il nuovo contratto 2002-2004 di cui stiamo discutendo. L'attività di censimento si inserisce alla fine del primo contratto come previsione possibile nel secondo contratto. Quindi, nel contratto 2002-2004 è scritto che l'istituto può affidare alle società di gestione una fase di censimento e ricostruire una situazione corretta perché la banca dati fornita può non essere corretta: tutto ciò a titolo oneroso ed è un'eventualità.
È scritto in tutte le premesse - nel documento è esplicitato con due pagine di argomentazioni tecniche e con i riferimenti normativi - che in relazione alla programmata dismissione dell'intero patrimonio questo tipo di attività ultronea rispetto alla normale attività prevista nel contratto non è stata affidata dall'istituto.
A mio avviso, questa è un'importante difesa di carattere formale da far valere nel tribunale o in sede giudiziaria, perché è evidente che, se una società qualsiasi subentra a se stessa nella gestione del patrimonio che ha amministrato per sei anni, poi non si può dire che non si sa nemmeno di che cosa si stia parlando, tant'è che le bollette venivano inviate regolarmente. Quindi, il contenuto è di carattere formale ma, siccome era eventuale, legato all'attivazione della SCIP e sussistevano tutte le premesse e i riferimenti normativi, l'istituto è tranquillo, sotto l'aspetto della difesa dei diritti, che questo non sia un elemento decisivo. Il presidente parlava della mancata collaborazione ma, di fronte ad una situazione in cui l'istituto chiede di avere conoscenza dei flussi finanziari per poter fare i controlli e questi non vengono forniti, è evidente a chi è imputabile tale mancata collaborazione. Il minimo garantito - che è «un'asticella» e, quindi, tutto dipende dalla sua altezza - è stato superato nella realtà numerica ma non nel numero che viene affermato: tuttavia, è il valore dell'asticella e, mettendola più bassa o più alta, avremo dei risultati da questo punto di vista.
Sull'alterazione delle entrate il senatore Pizzinato chiedeva perché non si siano svolti dei controlli. Ovviamente, ho dato notizia di un decreto di perquisizione dei locali - che è stato comunicato all'istituto e che da parte della magistratura parla di questi temi - su cui non abbiamo informazioni e, quindi, non so dirle né l'entità né che cosa sia successo. Tuttavia, se i dati delle entrate venivano alterati con dolo, avvalendosi anche di situazioni interne, si tratterebbe di un fatto di natura penale, su cui aspettiamo con ansia e con preoccupazione i risultati delle indagini in corso. Vi sono avvisi di garanzia e, quindi, speriamo che non ci siano responsabilità a carico di nessuno, ma ciò è un dato possibile. Cosa si fa perché vengano controllati? Noi abbiamo avviato un'importante attività di controllo sui flussi finanziari e stiamo cercando di monitorare la situazione, ma senza informazioni diventa difficile attuare più di questo. Se le società di gestione hanno adottato più conti correnti non rendicontati, non comunicati e non noti all'istituto, è possibile che qualcosa sia uscito dai «rivoli» normali. Avendo chiamato a raccolta tutti i dati, incrociandoli e controllandoli, noi siamo nelle condizioni di poter giudicare sulla correttezza dell'operato delle società di gestione con riferimento al maneggio di denaro pubblico.
Il senatore Treu parla del contratto scritto male, ma ho ricordato la natura del contratto. Per quanto riguarda il censimento, il senatore chiede come sia stato possibile che dopo otto anni non si conosca il patrimonio e che noi non abbiamo fornito gli elementi di risposta. Ricordo che il censimento non riguarda i primi sei anni di attività della concessione delle convenzioni, quindi fino al 1996-2002 le società di gestione allora interessate avevano avuto le informazioni - come dice il senatore Pizzinato, dalla nascita degli istituti -, hanno trattato le banche dati e le hanno portate nel 2002 nello stato in cui erano. Dal 2002, diveniva operativo il contratto di cui stiamo parlando. Quanto al censimento, fu giudicato dall'istituto non necessario per tutte le ragioni già esposte più volte, le quali sostanzialmente si richiamano al piano di dismissione del patrimonio SCIP 2.
ANTONIO PIZZINATO. Nel momento in cui l'INPDAP è divenuto titolare di tutto il patrimonio, gli enti costituenti - che disponevano di propria documentazione -, avranno fornito informazioni all'istituto: possibile che l'INPDAP non abbia elaborato, su quelle basi, un dato generale?
MARCO STADERINI, Presidente dell'INPDAP. Sì, con il sistema informativo PIM.
ANTONIO PIZZINATO. Quindi, dovrebbe disporre delle necessarie informazioni...!
MARCO STADERINI, Presidente dell'INPDAP. Senatore, forse non riesco a spiegarmi. I dati forniti dagli enti sono stati tutti raccolti ed assemblati, dando luogo alla prima banca dati. Quel prodotto è stato poi affidato nel 1996 alle società di gestione. Decorsi otto anni, abbiamo però chiesto a quelle società di restituircelo.
ANTONIO PIZZINATO. Ma nel momento in cui si è verificato il passaggio di gestione, quel prodotto era affidabile?
MARCO STADERINI, Presidente dell'INPDAP. Sì. Per noi e per loro, che l'hanno ritenuto tale per sei anni. Dopo quel periodo di gestione, però, le cose sembrano essere cambiate.
ANTONIO PIZZINATO. In ogni caso, il fatto che gli enti siano stati unificati non dovrebbe costituire un ostacolo.
MARCO STADERINI, Presidente dell'INPDAP. Del censimento vi parlerà in ogni caso il direttore generale. Vorrei soltanto rispondere al senatore Treu riguardo ai lavori di manutenzione.
Le autorizzazioni riguardano manutenzioni straordinarie, mentre gli interventi ordinari sono affidati alle società che ne sono responsabili. Le mancate autorizzazioni sui lavori straordinari vanno valutate caso per caso: in alcuni, le richieste erano del tutto prive di fondamento e pertanto i compartimenti non hanno autorizzato certe opere (ora in ragione della mancata urgenza e della indifferibilità dei lavori, ora a causa della prossima dismissione, tenendosi conto del valore dell'immobile); in ogni caso, le motivazioni sono state tutte documentate. Non accade, cioè, che l'istituto non autorizzi opere di manutenzione straordinaria ad libitum, o per qualche motivo privo di fondamento. Alla base delle decisioni assunte stanno infatti valutazioni di natura tecnica. Si nasconde dietro un dito chi accusa l'istituto di non avere autorizzato opere di manutenzione straordinaria. In ogni caso, noi stiamo parlando - voglio ricordarlo ancora - di lavori fatti in regime di manutenzione ordinaria, di interventi che dovevano essere effettuati realmente e su cui attualmente stiamo svolgendo verifiche, di lavori svolti ripetutamente per lo stesso tipo di intervento e non giustificabili. Sono questi i controlli svolti dall'istituto. Per ogni caso, sono state puntualmente evidenziate le società di gestione. Si tratta di interventi diversi da un lotto all'altro; riguardano situazioni particolari, su cui stiamo valutando anche risposte e controdeduzioni. Non è detto, infatti, che tutto ciò che ha individuato l'istituto sia corretto, è possibile che alcune motivazioni addotte dalla controparte giustifichino effettivamente interventi reiterati di manutenzione ordinaria. In tal caso, ne prenderemo atto. Del resto, non è questo il problema più grave. Piuttosto, mi fa onestamente impressione il fatto di non riuscire ancora a disporre di una chiave di lettura dei flussi finanziari: questo è un problema obiettivamente molto serio che - messo in relazione con quanto dice l'avviso di garanzia sul primo contratto - francamente desta in me notevole preoccupazione.
Il senatore Treu esprime inoltre dubbi sulla capacità dell'istituto di gestire il suo patrimonio. In risposta, devo però confermare che l'istituto è soddisfatto di quanto sta facendo e delle scelte assunte. La gestione diretta interessa un patrimonio la cui consistenza si è ridotta (più che dimezzata) rispetto a quella originaria, e nell'arco dei prossimi mesi sarà completamente alienato. Il processo di dismissione si è rimesso in moto con un ritmo diverso, in relazione a nuove disposizioni normative che hanno riconosciuto, tra l'altro, anche uno sconto per chi ha presentato regolare domanda prima del 2001. Ritengo che nella prima metà del prossimo anno il patrimonio sarà completamente dismesso. Stiamo dunque parlando di un patrimonio in progressiva riduzione, non più consistente come in passato, e che permarrà ancora in capo all'istituto per un periodo di tempo limitato.
Quanto alla scelta dell'Agenzia delle entrate, questa assolve alla «bollettazione» per gli enti pubblici e locali. Peraltro, con il sistema informatico sotteso alla gestione del modello F 24, la gestione del dato per ogni singolo inquilino è divenuta molto agevole. È stato semplice adottare un simile sistema - evidentemente collaudato per altre realtà - anche per questo tipo di iniziativa, con il risultato di alleggerire gran parte del lavoro amministrativo, a fronte di risultati tranquillizzanti. La gestione del modello F 24 appare infatti estremamente semplice per l'inquilino, il quale può indifferentemente effettuare pagamenti presso gli sportelli bancari e postali. Inoltre, la gestione da parte del Ministero dell'economia e delle finanze di questo supporto è tale da poterlo rendicontare con tempestività all'istituto, dando conoscenza del dato nominativo legato al singolo pagamento.
Quanto alla gestione dei lavori di manutenzione ordinaria, avere individuato con rapporto contrattuale e definito, insieme con l'ordine nazionale dei geometri, quei professionisti che hanno esperienza di gestione condominiale, ha semplificato la questione, atteso che per gli interventi manutentivi ordinari, peraltro a carico del singolo inquilino, è prevista una rendicontazione specifica, come accade ad un vero e proprio condominio. In proposito, ho avuto riscontri positivi negli incontri con i sindacati degli inquilini, che - originariamente tempestosi - si sono fatti progressivamente più sereni, a dimostrazione della funzionalità di questo tipo di servizio.
In merito ai lavori di carattere straordinario, questi vengono gestiti con gare pubbliche a livello locale, in modo da garantire evidenza e trasparenza. Sono consapevole della difficoltà e dei rischi che una gestione diretta può comportare, però i risultati dei primi mesi sembrano favorevoli. Il momento iniziale rimane quello peggiore, ma il miglioramento è progressivo. È stato possibile conseguire questo risultato in ragione sia della riduzione del patrimonio sia dei tempi ragionevoli a nostra disposizione. In tal senso, si è trattato di uno sforzo né invasivo né invadente per l'istituto.
Cedo ora la parola al direttore generale per quanto riguarda più specificamente l'organizzazione e le operazioni di censimento.
LUIGI MARCHIONE, Direttore generale dell'INPDAP. Come è stato correttamente osservato, due sono gli aspetti maggiormente rilevanti. Il primo è quello degli adempimenti contrattuali. Al riguardo, sottolineo che con il consenso di tutte le società, tranne una, stiamo cercando di valutare tutta l'attività di gestione da esse svolta in questi anni. Il secondo aspetto rilevante è quello dell'organizzazione del controllo, da parte dell'istituto, sul comportamento delle società di gestione.
Vorrei fornire alcuni elementi di conoscenza muovendo dalla domanda iniziale, cioè che cosa sia stato consegnato a queste società. Desidero ricordare che le Casse amministrate dagli istituti di previdenza, da sole, vantavano più dei due terzi del patrimonio immobiliare dell'istituto. Gli istituti di previdenza disponevano di uno strumento informatico, denominato PIM (che, poi, è stato adottato anche da altri), piuttosto completo in relazione ai dati che, al tempo, erano necessari; tuttavia, non essendo stato effettuato neppure l'aggiornamento dell'equo canone, mancavano alcuni elementi importanti che riguardavano la composizione di ciascuno stabile e la titolarità dei contratti degli inquilini. A questi istituti di previdenza poi si sono aggiunti l'ENPAS e l'INADEL, entrambi privi di vocazione patrimoniale. In appena tre o quattro anni, il patrimonio immobiliare di questi ultimi si è trasformato, passando da meno di 100 unità a circa 12.500, per quanto riguarda l'INADEL, e ad un numero appena inferiore, per quanto riguarda l'ENPAS. Quindi, la gestione è stata trasferita ad un istituto che era totalmente impreparato per questo compito e che si è unito ad altri istituti, cioè le Casse, che, invece, in tal senso erano preparate. Però, c'era un
problema: la gestione era effettuata, per questi istituti di previdenza, dalle direzioni provinciali del tesoro. In altri termini, la vera gestione di questo patrimonio immobiliare, il più cospicuo, era affidata alle direzioni provinciali del tesoro. Al momento della fusione, tutto è stato affidato all'INPDAP e le gestioni sono state sottratte alle direzioni provinciali del tesoro. Da ciò è derivato un gravissimo problema per l'Istituto e non a caso, nel 1994, dal Ministero del lavoro fu emanata la norma che prevedeva l'affidamento della gestione a società esterne, proprio perché l'istituto era totalmente incapace di gestire il patrimonio immobiliare, non avendo alcuna risorsa per farlo. Vorrei evidenziare questa riflessione relativa al momento della nascita perché, probabilmente, risponde ai due interrogativi sui contratti e sull'organizzazione.
Quanto al problema del PIM e del censimento, sembra quasi che noi non fossimo a conoscenza di quali fossero le unità immobiliari di nostra proprietà. Non è così: il censimento era destinato ad affinare e completare i dati in nostro possesso. Nei primi sei anni, l'istituto ha consegnato - con il PIM, nel quale erano confluite tutte le unità immobiliari degli altri due enti - una banca dati alle società di gestione le quali, evidentemente, in base al contratto avevano il dovere di effettuare la gestione nei limiti che sono stati dati loro, cioè limiti di conoscenza degli stabili, di conoscenza delle unità immobiliari e anche di conoscenza dei titolari dei contratti. Dopo sei anni di gestione da parte di tali società, è emerso un serio problema poiché bisognava completare interamente il censimento, in quanto le tabelle millesimali non erano perfette e, nel frattempo, i titolari dei contratti si erano modificati, ad alcuni di essi essendone succeduti altri, anche abusivamente. Una serie di avvenimenti, cioè, si era verificata nel corso del tempo e qualcuno aveva il dovere di aggiornare quella banca dati. Questi aggiornamenti non sono mai stati leggibili da parte dell'istituto (il presidente Staderini ha spiegato molto opportunamente che cosa si intenda per leggibili).
Attualmente, si svolgono continue riunioni con i responsabili delle società di gestione che hanno espresso il loro consenso. Del resto, è anche nei loro interessi definire compiutamente la questione, anche per i riflessi penali che stanno emergendo nuovamente e per le fideiussioni che esse hanno rinnovato. Diversamente da quanto è stato affermato, infatti, non sono state costrette al rinnovo delle fideiussioni, ma hanno convenuto che ancora non è stata raggiunta una corretta individuazione delle responsabilità reciproche. L'istituto non nasconde di avere alcune responsabilità; tuttavia, come ricordavo nella riflessione iniziale, disponeva di un patrimonio pur non avendo alcuna risorsa per gestirlo. Ricordo che il presidente dell'epoca ha cercato di ottenere risorse che, tuttavia, gli sono state costantemente negate. Infatti, in base alla normativa vigente in quel periodo, era impossibile ottenerle, se non attraverso la mobilità, ma i dipendenti provenienti dal pubblico impiego non erano professionalmente preparati per affrontare quel tipo di problemi.
Con il mio intervento ho voluto fornire la conoscenza di queste vicende iniziali, la cui importanza, a volte, è sottostimata. Probabilmente, le circostanze di cui ho fatto menzione hanno accelerato - mi riferisco al 1994 - il trasferimento della gestione alle società, per la totale incapacità da parte della amministrazione pubblica - nella specie, l'INPDAP - di gestire autonomamente. Come ho ricordato, infatti, in passato la gestione era affidata ad altri, cioè alle direzioni provinciali del tesoro, nelle singole province del nostro paese.
PRESIDENTE. Ai fini di una maggiore completezza, vorrei chiedere al direttore generale, dottor Marchione, alcuni chiarimenti per quanto riguarda l'aspetto della collaborazione, in quanto le società di
gestione hanno sostenuto di non averla ottenuta, da parte della dirigenza dell'istituto.
LUIGI MARCHIONE, Direttore generale dell'INPDAP. Considero il problema della collaborazione esclusivamente in relazione a quello della manutenzione straordinaria. Quando tali società chiedevano di poter effettuare alcuni interventi di manutenzione straordinaria, l'istituto avrebbe dovuto autorizzarli per tempo. Determinati interventi non sono stati autorizzati o sono stati effettuati senza autorizzazione. Certamente, la mancanza di manutenzione straordinaria può aver apportato un degrado al patrimonio immobiliare, come stiamo cercando di valutare attualmente. Le società avevano una gestione completa: dovevano fare tutto, tranne la manutenzione straordinaria. Non vedo in quali altri termini si ponga il problema della collaborazione.
PRESIDENTE. Ritengo che le risposte e le delucidazioni fornite quest'oggi siano utili a tutti i componenti di questa Commissione per poter chiarire le problematiche emerse anche nel corso delle precedenti audizioni.
Ringrazio il presidente dell'INPDAP, ingegner Staderini, e il direttore generale, dottor Marchione, per la loro disponibilità.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 10.
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