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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla gestione delle forme obbligatorie di previdenza e di assistenza sociale da parte degli enti preposti e sulle prospettive di riforma nazionale e comunitaria della disciplina relativa, l'audizione del presidente dell'INPDAI, ingegnere Maurizio Bufalini.
MAURIZIO BUFALINI, Presidente dell'INPDAI. Ringrazio il presidente Amoruso ed i membri della Commissione per avermi invitato a questa audizione, che fa seguito a quella che ebbi in questa stessa aula il 4 luglio ultimo scorso. Naturalmente io non potrò dare nessun giudizio politico di merito sulla scelta fatta dal Governo di far confluire l'INPDAI nell'INPS, scelta che, devo ricordarlo, è anche il frutto di un comune avviso delle parti interessate (Confindustria, Confapi e Federmanager, che è l'organismo più rappresentativo dei dirigenti industriali), le quali hanno previsto anche loro come soluzione al problema della nostra previdenza di categoria quella della confluenza dell'INPDAI nell'INPS.
precedente audizione - interpretativa del concetto di industria. Va anche detto - e lo farò dopo in maniera più esplicita - che i dirigenti oggi passano dal settore industriale a quelli ausiliari e al settore terziario con continuità di movimentazione. Si verifica altresì spesso che essi passino da un inquadramento dirigenziale a quello in qualifiche inferiori (quadro in alcuni casi) o che operino nel settore del lavoro autonomo. Pertanto mantenere in esistenza un ente previdenziale che contempla una sola categoria di dirigenti in un quadro di armonizzazione di contributi e prestazioni diventa veramente difficile da giustificare.
ci sono piccolissime differenze nelle fasce ma sono veramente trascurabili e, come vedremo, la loro eliminazione non comporterà sostanziale riduzione delle prestazioni.
contributo di solidarietà, che noi paghiamo all'INPS dal 1986, fino al 2001 (non consideriamo il 2002) ha comportato 819 miliardi soltanto di capitale e 602 miliardi per interessi, per un totale di circa millecinquecento miliardi.
hanno siglato già due accordi creando sia Previndai, fondo di previdenza per i dirigenti le cui aziende sono scritte a Confindustria, sia il Previndapi, fondo di previdenza complementare per i dirigenti le cui aziende sono iscritte alla Confapi): credo, pertanto, non si giustifichi più l'esistenza di un ente dedicato alla sola previdenza di base dei dirigenti industriali.
PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi per eventuali domande o richieste di chiarimento.
ANTONIO PIZZINATO. Esaminando le documentazioni allegate al resoconto stenografico della scorsa audizione, vi ho rinvenuto risposta ad una domanda che io avevo formulato in quella sede. Dall'analisi dei soli anni 1997-2001 si ottengono rilevanti dati di riferimento: credo che per nessun istituto previdenziale del nostro paese si possa parlare di cifre di tali entità. I pensionati di anzianità, molti dei quali esercitano altre attività, sono 18.054, quelli di vecchiaia 2.088. Questi due numeri si commentano da soli. Ricordiamo, come sottolineava il presidente dell'INPDAI, che prima della armonizzazione normativa, vi erano altre regole. Chiedo, dunque: è possibile ottenere un calcolo esatto, rispettivamente, dei pensionati di anzianità e di quelli di vecchiaia sul totale dei pensionati attuali?
coloro che beneficiano dei trattamenti previdenziali tra i più alti del paese. Quindi, pongo sul tavolo tale esigenza: chiedo formalmente che la nostra Commissione si riunisca per esaminare questi aspetti, ed esprimere parere alle Commissioni bilancio prima che il disegno di legge finanziaria sia esaminato dall'Assemblea.
LINO DUILIO. Interverrò brevemente, anche perché ci siamo già soffermati sulla situazione dell'ente non molto tempo fa. Peraltro, le considerazioni svolte in quella sede hanno trovato un'eco puntuale, per certi versi drammatica (concedetemi il termine, che comunque relativizzerò immediatamente) nella decisione assunta in finanziaria, di chiudere l'istituto.
vostro ente verrebbero utilizzati - se non ho inteso male - nel più vasto patrimonio immobiliare dell'INPS, che peraltro è anch'esso oggetto di alienazione. Desidererei allora conoscere i dettagli di tale intesa. Non vorrei, infatti, che per tali persone si prevedesse una collocazione assistenziale, ponendoli a carico di un grande ente pubblico che li paga, in definitiva della pubblica amministrazione, senza prevederne una precisa utilizzazione, fin quando non avranno maturato il loro diritto alla pensione: gradirei sapere, in proposito, se l'INPS ha manifestato il bisogno di dotarsi di questi portieri.
TIZIANO TREU. Faccio soltanto un'osservazione: il commento a tale contesto è molto triste; infatti, la questione del pluralismo delle prestazioni a carico di terzi, ovvero dei profitti privati e delle perdite pubbliche, è molto comune nella storia del nostro paese.
PRESIDENTE. Nel corso dell'audizione sono emerse delle valutazioni che in sostanza rafforzano la serietà della problematica evidenziata in questi giorni. Dovremo poi valutare anche la proposta del senatore Pizzinato relativa alle indicazioni che la nostra Commissione può dare alle altre in sede di esame della legge finanziaria. Non so se si tratti di una iniziativa realizzabile e se essa rientri nelle nostre competenze. Certamente possiamo fare una valutazione relativa all'INPDAI, in questo caso, e trasmettere gli atti alle Presidenze di Camera e Senato, perché prendano atto delle nostre valutazioni ed elementi. Questo potremmo farlo entro la fine di novembre, secondo quello che era il nostro accordo, in modo tale da rendere disponibile il documento prima del completamento dell'esame della legge finanziaria.
che con il patrimonio immobiliare si è in grado di coprire non più di due annualità del disavanzo dell'ente e che, in ogni caso, il disavanzo verificatosi è stato contenuto grazie alla dismissione di una parte del patrimonio ricchissimo di cui l'INPDAI disponeva. Ciò costituisce un ulteriore motivo di preoccupazione connesso al problema della gestione di quei fondi speciali che determinano per l'INPS non solo una situazione di deficit pauroso e preoccupante, ma anche un atteggiarsi complessivo del sistema come scarsamente rispettoso dei pensionati, perché non possono esservi in un unico organismo trattamenti così differenziati e disomogenei.
soggetti. In ogni caso, ritengo che già disponiamo di un quadro chiaro di quanto sta avvenendo.
MAURIZIO BUFALINI, Presidente dell'INPDAI. Rispondo prima in merito alla questione dei portieri. Se non ricordo male, per le vendite effettuate abbiamo 65 portieri già in esubero. La legge, e voi lo sapete bene, impone che i portieri degli stabili, anche dismessi, degli enti previdenziali restino a carico degli enti medesimi. Questo è l'elemento di forza di cui dispongono le organizzazioni sindacali dei portieri. Io ho fatto riferimento alla convenzione fatta dalle associazioni sindacali dei portieri con l'INPS, ente che ha 33 mila dipendenti e un numero di sedi molto elevato in Italia e perciò in grado di riutilizzare i propri esuberi, anche dopo corsi di formazione, al proprio interno. In quali ambiti li utilizzerà? A livello di commessi o demandando loro funzioni attualmente svolte all'esterno (servizi di manovalanza, facchinaggio, eccetera). Noi ovviamente non abbiamo potuto concludere questo tipo di accordo e perciò ci siamo mossi in direzione della mobilità interente e della mobilità verso i comuni o le regioni. Ad esempio, eravamo quasi pervenuti ad un accordo con il comune di Roma, che presentava delle carenze di personale nell'ambito dei ruoli dei giardinieri, dei custodi e dei bidelli delle scuole. In tale contesto il comune avrebbe potuto esaminare anche l'eventuale utilizzazione dei nostri portieri in esubero.
media si aggirava intorno ai 70 milioni di lire e gli incrementi sono stati penalizzati dalla perequazione automatica, realizzata per fasce, per cui le nostre pensioni hanno perduto, ogni anno, potere di acquisto. I nostri pensionati anziani beneficiano di un trattamento paragonabile a quello dell'INPS, malgrado abbiano svolto una attività onerosa e di grande responsabilità, percependo l'equivalente di 3 milioni e mezzo di lire al mese. Queste sono le condizioni che riguardano molti dei nostri pensionati, penalizzati dal calcolo della pensione (ma anche prima non c'erano differenze sostanziali), dalla perequazione automatica e dal fisco, che incide sempre a scaglioni. Perciò, dobbiamo sfatare questa leggenda.
TIZIANO TREU. Fu richiesto di tornare al regime pubblico!
MAURIZIO BUFALINI, Presidente dell'INPDAI. Lo so, fu richiesto di tornare al pubblico perché c'era il problema di costituire una riserva di cinque anni. Come potevamo farlo visto che non siamo in grado di tenere neanche due anni di riserva? Non c'è stata alcuna miopia da parte della categoria: fin dove ha potuto, ha contribuito.
PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Bufalini per il suo sentito ma, ritengo, dovuto intervento con il quale ha fornito, in maniera chiara, risposte ad alcuni interrogativi emersi durante il dibattito. Anche in funzione di quanto è stato affermato, e dell'obiettivo che ci siamo posti, spetterà a noi trarne considerazioni, in modo da offrire al Parlamento oggettivi elementi nel momento in cui il processo di trasferimento dell'INPDAI all'INPS sarà in atto e ci dovrà essere una valutazione attenta, in difesa dei diritti dei lavoratori ma anche dell'interesse pubblico, che sta a cuore a tutti noi.
ANTONIO PIZZINATO. Signor presidente, dal momento che oggi, per i deputati,
scade il termine per la presentazione di emendamenti al disegno di legge finanziaria, e poiché al sottoscritto è risultato che i colleghi deputati e senatori delle Commissioni bilancio, nel momento in cui illustravo i dati riguardanti i fondi speciali, cadevano dalle nuvole, riformulo l'esigenza urgentissima che, entro la settimana, trasmettiamo all'onorevole Giorgetti, presidente della Commissione bilancio della Camera dei deputati, al presidente della omologa Commissione del Senato della Repubblica, oltreché ai Presidenti di Camera e Senato, i dati relativi. Lo sto chiedendo al presidente; per quanto mi riguarda l'ho già fatto, ho già preso i resoconti. Rappresento quindi l'opportunità che la Commissione decida in tal senso.
PRESIDENTE. Le rispondo immediatamente, senatore Pizzinato. Noi possiamo comunicare, individualmente, tutto ciò che riteniamo giusto sia ai presidenti delle Commissioni sia a tutti i nostri colleghi delle Commissioni bilancio della Camera e del Senato. Come Commissione non abbiamo la possibilità di effettuare interventi anche di carattere emendativo nell'ambito della discussione del disegno di legge finanziaria. Tra l'altro, oggi è giovedì e sappiamo che i lavori delle Commissioni si interrompono, per riprendere la prossima settimana. Quindi, non saremmo neanche in tempo.
Ringrazio i presenti per il loro intervento e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 9,45.
Questa audizione attinge le proprie motivazioni essenzialmente dalle condizioni dell'ente che tutti quanti conosciamo e, in particolare, dalla proposta, emersa nell'ambito del disegno di legge finanziaria, di incorporare l'ente stesso nell'INPS. È chiaro che a seguito di ciò abbiamo ritenuto doveroso ascoltare il presidente per conoscere la situazione. Involontariamente ci troviamo anche a cavallo di una grossa polemica, che proprio oggi è esplosa sui giornali, a seguito delle dichiarazioni di un rappresentante di una associazione di categoria, il quale ha posto tutta una serie di problematiche susseguenti alla prevista incorporazione dell'INPDAI da parte dell'INPS, le quali potrebbero portare addirittura ad una destabilizzazione dei due istituti. È chiaro a questo punto che il chiarimento che noi oggi chiediamo all'INPDAI può certamente servire a fornire chiarezza all'operazione di cui trattasi.
Invito perciò il presidente Bufalini ad esporre la sua relazione.
Ravviso l'opportunità di rammentare alcuni dati statistici, che ho già fornito nella audizione del 4 luglio 2002, allo scopo di fornire elementi indicativi della situazione dell'ente. L'INPDAI è dal 1994 in disavanzo economico. Tale disavanzo deriva dal fatto che la consistenza dei propri contribuenti attivi è rimasta sostanzialmente invariata, se non in diminuzione, mentre nello stesso periodo si è fortemente incrementata la consistenza dei propri pensionati. Questo è un fenomeno legato al settore industriale. Purtroppo l'INPDAI rappresenta oggi solo la categoria dei dirigenti del settore industriale specificatamente inteso. Vi è anche una restrizione - e l'ho già detto nella mia
Al disavanzo economico fino ad oggi si è sempre fatto fronte con i mezzi propri dell'ente. Il disavanzo nel 2001, secondo l'ultimo bilancio consuntivo approvato dal consiglio di amministrazione, è stato di 1467 miliardi di vecchie lire; nel 2002 dovrebbe aggirarsi intorno a duemila miliardi di lire, cioè mille milioni di euro. Nel 2002 abbiamo fatto fronte al disavanzo utilizzando - ed è la prima volta - i proventi della dismissione del patrimonio immobiliare.
Tale disavanzo economico è conseguenza del disavanzo previdenziale che è dello stesso ordine di grandezza (leggermente superiore per la presenza ancora di una certa redditività del patrimonio mobiliare e immobiliare): 1294 miliardi di lire. Ciò significa che questo disavanzo rappresenta il 23 per cento delle entrate previdenziali. Ciò che a noi manca è nell'ordine di tale percentuale, con tendenza a portarsi attualmente verso il 25 per cento. Quindi manca un quarto delle entrate previdenziali. Nel 2002 questo disavanzo dovrebbe essere ancora maggiore, cioè intorno a duemila miliardi di lire, cioè dello stessa grandezza del disavanzo economico.
A fronte di tale disavanzo, il patrimonio netto di cui dispone ancora l'INPDAI, in relazione al suo patrimonio immobiliare, è di circa 6500 miliardi di lire. Con tale patrimonio è in grado di far fronte alle proprie esigenze finanziarie per almeno altri due anni (2003 e 2004). Il rapporto fra contribuenti attivi versanti e pensioni (non parlo di pensionati, perché abbiamo pensioni di reversibilità, di anzianità, che costituiscono la maggioranza, pensioni di vecchiaia ed altre) era nel 2001 di 0,94 ed oggi diventa di 0,92.
Voglio fornire degli altri numeri per maggiore chiarezza. L'incremento delle pensioni negli ultimi cinque anni è stato di 19210 unità, a fronte di 21 mila domande. Quindi noi abbiamo liquidato il 91 per cento delle domande in questi cinque anni. Questo ha fatto sì che i pensionati siano passati da 68 mila - a fine 1996 - agli 87 mila della fine del 2001, fino ad arrivare agli oltre 90 mila di oggi (90160, a ieri). I contribuenti attivi nel periodo 1997-2001 sono passati da 81098 a 81958, cioè c'è stata una stasi. Malgrado ci siano state 35 mila nuove nomine nel settore, sono fuoriusciti contribuenti attivi e, in numero di 453, anche i contribuenti volontari. Il totale dei fuorisciti è di 34772, di cui solo 20 mila sono stati collocati in pensione. Gli altri dove sono andati? Sono passati a qualifiche diverse da quella di dirigente, ad esempio a quella di impiegato, sono divenuti lavoratori autonomi o, infine, sono già iscritti nell'INPS. Questo passaggio da un ente ad un altro comporta trasferimenti delle posizioni e così via. Questa è la situazione.
Nel quadro dell'analisi della confluenza dell'INPDAI nell'INPS, abbiamo redatto un bilancio tecnico attuariale delle previsioni per un decennio che abbiamo consegnato al Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Tali previsioni, evidentemente, non sono positive perché se rimaniamo soltanto nel settore industriale è chiaro che non potremo avere una crescita di dirigenti, mentre continuerebbero ad aumentare i pensionati. Le previsioni, tuttavia, devono essere effettuate con criterio perché nel caso della confluenza le cose stanno diversamente. I contributi previdenziali della dirigenza, come sapete, sono stati uniformati e portati al 32,7 per cento, poi al 33 per cento, soltanto a partire dal 1999. Invece, la parte relativa all'armonizzazione delle prestazioni è ormai sostanzialmente completata, salvo un ultimo elemento:
Un fattore piuttosto oneroso, che provoca difficoltà quando si effettuano trasferimenti, è il tetto contributivo, pari all'equivalente di 277 milioni di lire. Questo tetto contributivo, pensionistico e prestazionale riguarda tra il 10 e il 13 per cento dei nostri dirigenti. La sua eliminazione comporta, è chiaro, miglioramenti della situazione contributiva. Questo è un elemento di cui tenere conto.
Un'altra importante considerazione è che di tutto ciò che i dirigenti pagano come contributi previdenziali e assistenziali c'è una quota, pari al 4,39 per cento (il CUAF, la mobilità e così via), destinata all'INPS e non all'INPDAI anche se, di fatto, relativamente a questa quota i dirigenti non beneficiano di prestazioni.
Il terzo problema, come ho già ricordato, è dato dalla concezione del dirigente iscrivibile all'INPDAI essenzialmente come di un dirigente del settore industriale. Pensate che, nell'articolo 49 della legge, non c'è alcun riferimento alla telematica e all'informatica. Perciò, da un po' di anni a questa parte, sta accadendo che quando le imprese industriali concentrano la loro attività sul core business, cioè sull'industria, e mettono in outsourcing le attività secondarie - vedi la logistica o l'informatica - a noi rimangono in carico i pensionati del settore mentre i nuovi dirigenti sono iscritti all'INPS. Questo è un altro fenomeno di riduzione dei contributi, mantenendo le pensioni. In un sistema a ripartizione di tipo retributivo è certamente pericoloso. Mentre per un sistema a ripartizione di tipo retributivo esiste questa piccola differenza sulle fasce, veramente trascurabile, oltre al tetto contributivo rispetto all'INPS, il sistema a ripartizione di tipo contributivo, cioè l'ultimo, è assolutamente identico per noi e per l'assicurazione generale, anche se fino ad oggi c'è stato non più di un centinaio di casi di persone che hanno beneficiato di questo sistema, tenuto conto della circostanza che chi diviene dirigente ha una storia precedente, ha superato i famosi 15 anni e, quindi, si trova in condizione di utilizzare il sistema di tipo retributivo.
Abbiamo compiuto questa analisi della confluenza. Vi lascerò copia del bilancio tecnico che abbiamo redatto con la collaborazione del professor Coppini - che credo sia la maggiore autorità nel campo attuariale - da cui sono emersi alcuni elementi fondamentali. Il nostro calcolo riguarda i prossimi dieci anni, giungendo fino al 2013. Consideriamo l'ipotesi base, cioè senza tenere in conto l'eliminazione del tetto che, sicuramente, avverrà in caso di confluenza. Devo ricordare che noi l'avevamo chiesta già tre anni fa, perché avrebbe comportato un beneficio economico all'ente, anche se con un aggravio sia per le imprese industriali sia per la dirigenza, dato che c'è una quota di due terzi pagata dalle prime e di un terzo pagata dai dirigenti. Se eliminiamo il massimale e se armonizziamo queste prestazioni, cioè quella piccolissima differenza esistente tra le fasce, al momento in cui avverrà la confluenza dell'INPDAI nell'INPS è chiaro che i contributi relativi agli oneri impropri (CUAF, eccetera), quel 4,39 per cento, andranno a finire nella gestione della previdenza dei dirigenti. Se effettuiamo queste tre operazioni, tenuto conto anche del nostro patrimonio attuale, lo sbilancio per il decennio si aggira intorno all'equivalente di 3 mila miliardi di lire e, se consideriamo il valore attuale di questi saldi, calcolati in senso attuariale, è di circa 2 mila 700 miliardi di lire.
Consentitemi una osservazione. Queste cifre andrebbero comunque a carico dello Stato, perché anche l'INPDAI fa parte del bilancio complessivo della previdenza pubblica, tanto che noi possiamo ottenere dalla tesoreria centrale anticipi per rispondere alle nostre esigenze istituzionali. Questi valori sono sicuramente inferiori a quelli che nel passato, e sino ad oggi, l'INPDAI ha versato all'assicurazione generale. Il prestito forzoso del 1991 e del 1993 ci ha portato minori interessi per l'equivalente di circa 183 miliardi di lire, a beneficio dello Stato, della collettività. Il
Altro elemento da considerare è la gestione assistenziale del patrimonio immobiliare. Disponiamo di un patrimonio immobiliare, iscritto a bilancio per 8 mila miliardi, con 25 mila inquilini ai quali l'ente ha dovuto - ripeto, ha dovuto - applicare condizioni di favore, condizioni più basse di quelle stabilite negli accordi tra i sindacati e le associazioni degli inquilini. Questo è avvenuto per l'INPDAI, come per altri enti, ma noi avevamo un patrimonio immobiliare pari alla metà di quello dell'INPDAP e che nulla ha a che vedere con il patrimonio INPS, che è minimo rispetto al patrimonio INPDAI. Ancora oggi, con la vendita cosiddetta agevolata agli inquilini, siamo costretti a realizzare una minusvalenza molto forte, perché dobbiamo praticare il 30 per cento di sconto sulle abitazioni occupate, oltre ad un 10 o 15 per cento quando si vende in blocco. Inoltre, dobbiamo versare la differenza per i mutui agevolati a beneficio di coloro che si trovano in condizioni disagiate. Sono tutte attività assistenziali svolte dall'ente che, a mio avviso, sono di entità ben maggiore di quei 3 mila miliardi che ci mancherebbero nei prossimi anni.
Desidero ricordare un ultimo problema. Il dirigente non nasce tale. Vi è un periodo di tempo in cui è all'INPS, per poi passare, come dirigente, all'INPDAI. I suoi contributi devono essere trasferiti dal primo al secondo e in questo trasferimento l'INPS è in forte ritardo. Ad oggi, dobbiamo ancora avere, in termini di denaro (qualcosa abbiamo accertato contabilmente in questi ultimi due anni), l'equivalente di circa mille miliardi di lire. Cioè, se l'INPS dovesse fare immediatamente i conti sulle domande di trasferimento che ha già ricevuto, dovrebbe versare nelle nostre casse circa mille miliardi. Di questi, una quota è stata portata in bilancio in termini di capitale, d'accordo con l'INPS. Perciò, c'è anche quest'altro elemento.
Quindi, non credo che la confluenza dell'INPDAI nell'INPS porterà ulteriori peggioramenti della situazione. Certamente - mi permetto di affermare - non provocherà nemmeno miglioramenti dal punto di vista gestionale, perché in tutti questi anni quello che l'amministrazione, direzione generale e consiglio, hanno potuto fare è stato ridurre e mantenere la gestione nei limiti dell'efficienza e dell'economia. Questo si riscontra con un solo dato: eravamo circa 550 unità, oggi siamo 390 persone.
Un altro grave problema, che ho più volte sottolineato, è quello dei nostri 365 portieri che, a mano a mano che abbiamo venduto gli immobili, abbiamo cercato di utilizzare all'interno, ma ciò non è stato possibile attuare completamente, tanto è vero che stavamo per concludere accordi con il comune di Roma e con altri enti per cercare di trovare una mobilità inter-ente per questi dipendenti. La confluenza nell'INPS dovrebbe risolvere il problema, perché quest'ultimo ha concluso un accordo con i portieri e li utilizzerà all'interno delle sue strutture. Certamente questo ente ha un numero di sedi molto elevato ed ha la possibilità di utilizzarli. Inoltre, conta 33 mila dipendenti e non 390, come l'INPDAI.
Questo è il quadro generale. Mi addolora molto - per l'affezione che mi lega ad un ente il quale, credo, al di là di tutto, abbia operato nel migliore dei modi -, la sparizione di un istituto previdenziale di questo tipo, sorto nel 1953 come ente pubblico ma ancor prima come privato. Tuttavia, una situazione in cui tale soggetto debba svolgere soltanto funzioni gestionali della previdenza di base, ormai completamente armonizzata, non credo abbia più giustificazione di essere.
Il quadro che oggi abbiamo dinanzi mostra un fenomeno di pluralismo previdenziale, in seno al quale si sta anche dando maggior forza alla gestione della previdenza complementare (a tal proposito Federmanager, Confindustria, Confapi,
Potrebbe semmai ammettersi una visione diversa: un ente in cui confluisca tutta la dirigenza, qualora si volesse mantenere, per la previdenza di base, una differenziazione tra i vari lavoratori, dipendenti e autonomi.
Inoltre, quali erano i criteri di liquidazione delle pensioni precedenti l'armonizzazione? Infine, problema dei problemi, vi è la questione della confluenza dell'INPDAI nell'INPS, ai sensi di quanto disposto dal disegno di legge finanziaria attualmente all'esame della Commissione bilancio della Camera dei deputati.
In questo quadro, e sarei grato se ci venisse fornito l'atto comune di riferimento per poterlo esaminare, a carico di chi graverebbe la differenza, il deficit? Io contrattai con il Governo in carica alla fine degli anni ottanta, inizio dei novanta, il trasferimento all'INPS del fondo bancario. In quel caso, lo sottolineo, del deficit si fecero carico le banche.
Non mi pare concepibile che chi percepisca delle pensioni da fame, i lavoratori di un'impresa di pulizia, il manovale di azienda, dopo aver versato tutti i contributi, e una volta che il calcolo della sua pensione sia stato determinato secondo certi criteri, in seguito all'assorbimento dell'INPDAI nell'INPS - disposto dal testo del disegno di legge finanziaria -, debba contribuire al riequilibrio del sistema, paradossalmente venendo in soccorso di chi ha le pensioni più alte.
Che un fondo dei soli dirigenti industriali non avesse prospettiva, il sottoscritto lo disse molti anni fa. I dirigenti INPDAI invece lo difesero. Benissimo: oggi bisogna porsi il problema di chi si fa carico non del futuro, ma di quanto accumulato nel passato. Devo credere se ne debbano far carico milioni di pensionati, percettori di pensioni sotto il milione di vecchie dire, e non chi ha di più?
Abbiamo discusso altre volte in questa sede dell'onere, il 30 per cento del deficit (ci fornivano questo dato il presidente del CIV e il presidente del consiglio di amministrazione dell'INPS), dato dai fondi speciali. Se aggiungiamo le implicazioni derivanti dalla situazione in atto, raggiungeremo il 50 per cento, onorevole presidente: non possiamo, allora, attendere che l'esame del disegno di legge finanziaria si compia senza pronunciarci su questo elemento, considerato che, rispondendo al sottoscritto, i segretari generali di CGIL, CISL e UIL, nel corso dell'audizione tenutasi presso la Camera dei deputati, nell'esame a Commissioni bilancio riunite di Camera e Senato del disegno di legge finanziaria suddetto, hanno ritenuto necessario procedere ad un'armonizzazione, ma il modo corretto di procedere - si è detto - sarebbe quello di garantire un meccanismo analogo a quello adottato quando il fondo bancario è confluito nell'INPS. I cittadini italiani, lo ripeto, non possono e non devono farsi carico di
In secondo luogo, domando al presidente dell'INPDAI, ringraziandolo per i dati fornitici, se non ritenga di formulare delle proposte in merito: convengo che l'INPDAI debba confluire in INPS, ma cosa accadrà non solo per il futuro, ma anche per il passato?
Bisogna decidere chi se ne dovrà far carico anche se comprendo che le aziende si vogliano liberare da una dipendenza diretta dei dirigenti, pensando che sia la collettività a venir gravata del resto. Ciò che ha fatto il sistema bancario credo debba fare anche il sistema industriale.
I dati in nostro possesso del resto, richiamati in sede di commento ufficiale al disegno di legge finanziaria presentato al Parlamento (nel quale, all'articolo 26, si prevede la «fagocitazione» dell'INPDAI da parte dell'INPS), sono abbastanza chiari: 855 milioni di euro di disavanzo solo per il 2002, 1.233 milioni di euro di disavanzo per il 2003.
Se mi è permesso ricordare l'affermazione resa nella precedente audizione - arrivando solo in parte a conclusioni diverse rispetto a quelle del senatore Pizzinato -, aggiungo adesso, signor presidente, che il caso dell'INPDAI è un esempio emblematico di un tipo di logica che andrebbe rivisitata anche in sede di cultura industriale.
Il vostro, infatti, è un esempio eclatante e plastico del bisogno di quella solidarietà intercategoriale che andrebbe messa nel conto da parte della platea dei beneficiari delle prestazioni previdenziali: lo prova proprio la vostra esperienza, per le considerazioni fatte dal senatore Pizzinato e, più concretamente, per la stessa tenuta del fondo che sarà creato nell'INPS, quanto meno per la parte di coloro che continueranno a fruire di alcune prestazioni sulla base del principio del pro rata, che sarà applicato per un certo periodo di tempo alla gestione di una parte degli iscritti al fondo stesso.
Tale situazione, di fondi che risultano in disequilibrio all'interno dell'INPS, non riguarda soltanto i nuovi arrivati dell'INPDAI, bensì anche altre realtà (come quella della Banca d'Italia, dei piloti e di altre categorie), che hanno fondi strutturalmente deficitari e contemporaneamente godono di prestazioni privilegiate. Esse vedono coinvolte figure professionali, anche non dipendenti, che hanno vissuto e vivono della solidarietà del grande e generoso popolo dei lavoratori che versano i contributi all'INPS, finanziando dunque la stessa gestione dei fondi strutturalmente deficitari i quali, nonostante le variazioni introdotte negli ultimi anni, continuano a godere di prestazioni eccessivamente privilegiate.
Spero che in prospettiva questa situazione finisca, e che si trovi maggiore corrispondenza tra le prestazioni di cui si beneficia e gli oneri sopportati, il che vale evidentemente anche per i dirigenti industriali. L'esistenza eventuale di una pluralità di prestazioni è giusto che ognuno se la paghi: dovranno esistere dei trattamenti di base e, poi, ulteriori prestazioni integrative e complementari, che ciascuno si dovrà finanziare per proprio conto (il che dovrà riguardare anche la realtà dei dirigenti industriali che volessero goderne).
Vengo adesso ad una questione più circoscritta, per la quale già in Commissione lavoro ho interrogato il Governo, senza avere però una precisa risposta: mi riferisco al futuro dei portieri dell'INPDAI. Le ripongo la stessa domanda in quanto lei ha sostenuto l'esistenza o l'ipotesi di una convenzione, per cui i portieri del
Nel caso della previdenza, tale situazione è stata al centro delle fatiche maggiori del nostro gracile riformismo: infatti è stato più difficile affrontare il problema delle armonizzazioni dei trattamenti privilegiati che fare la riforma delle pensioni; tant'è che ho fatto più fatica nel 1997 che nel 1995.
Devo dire, perché ne siamo testimoni, che il caso INPDAI, purtroppo, è uno tra i più emblematici in senso negativo; infatti, non dimentico che vi fu una lunga serie di rivendicazioni ed aspirazioni alla completa libertà di azione e privatizzazione, che poi fu bruscamente interrotta, in quanto si notava che si stava andando, già sei o sette anni fa, verso una gravissima situazione di sofferenza.
Si tratta di un caso emblematico; mi dispiace che tra i peggiori esempi di tale pluralismo vizioso ci siano proprio le categorie privilegiate; è vero, infatti, che ci sono casi come gli agricoli, ma costituiscono un fatto storico, che, comunque, va sanato e che ha ben altro significato rispetto alla situazione che stiamo esaminando, che invece, concernendo i settori dirigenziali, dimostra una ben scarsa cultura dell'impresa ed anche, se vogliamo, dell'etica pubblica. Mi dispiace, ma tali cose vanno dette, affinché non siano dimenticate troppo facilmente.
Il caso delle pensioni di anzianità è un altro esempio: anche ora, (si veda ad esempio il caso FIAT) permane l'idea che si possano mandare in pensione giovani a carico della finanza pubblica e privata; e ciò appare tanto peggiore quanto più investe persone altamente qualificate, che devono essere valorizzate, invece che portate, semplicemente, a carico dello Stato, salvo lavorare in altro modo.
La questione del tetto contributivo è assai importante e delicata; se decidiamo di percorrere tale via, diventa necessario rivedere la tendenza alla riduzione dei costi indiretti sul lavoro, e quindi dei contributi: migliorerà marginalmente la situazione di cui ci stiamo occupando, ma ci troveremo nella condizione opposta per quanto riguarda l'aumento del costo del lavoro. Quando si compiono tali operazioni è bene guardare alla situazione generale.
Per quanto riguarda in particolare l'INPDAI, si è parlato di trasferimento improprio. A carico di chi? Si tratta certamente di uno dei problemi importanti da valutare. Il presidente Bufalini ha detto
Vorrei altresì sottolineare che quello in atto è purtroppo un processo più generale, che potrebbe riguardare non solo l'INPDAI ma anche altri enti. Io ho sostenuto - in occasione anche di altre audizioni (ad esempio, quelle dell'IPSEMA e dell'IPOST) - la validità di una gestione autonoma degli enti relativi a settori specifici e particolari. Però questa deve essere non solo rispettata ma anche rispettosa del sistema generale. Non è che possiamo dire, usando uno slogan, che «piccolo è bello» solo quando va bene, mentre quando va male c'è «mamma INPS» che copre tutti i problemi! Questo sistema non può certamente funzionare. Esso ha portato a quei disastri che oggi ci troviamo ad affrontare a tutti livelli. Il senatore Treu parlava giustamente di profitti privati e perdite pubbliche. È questo il sistema che ha portato oggi il problema FIAT ad esplodere, perché anche in quel caso è stata purtroppo seguita per tanti anni lo stesso tipo di politica.
Il presidente Bufalini ha peraltro evidenziato anche un altro problema. Il disavanzo economico dell'INPDAI, sempre in crescita dal 1994, è dovuto ad una condizione stabile dei contribuenti attivi, a fronte di un incremento della platea relativa ai pensionamenti. Perché accade questo? Non tanto perché ci sia oggi una diminuzione dei dirigenti industriali, anche se è pur vero che questo costituisce un problema che abbiamo verificato esiste anche per altri enti. Ricordo in proposito che per l'IPSEMA si è detto di non mantenere quell'istituto concentrato solo nel settore della pesca ma di trasferire ad esso anche la competenza di tutto il settore dei trasporti, in vista di un possibile recupero e crescita dell'istituto stesso. Come stavo dicendo, non è che i dirigenti siano diminuiti, ma si è determinata una diversa utilizzazione della dirigenza da parte del sistema industriale. Si è parlato innanzitutto del passaggio ad altri settori, con conseguente iscrizione ad altri comparti già dell'INPS, e addirittura di una dequotazione delle funzioni da dirigenti a quadri, con relativo passaggio all'INPS. Tuttavia, quel che è ancora peggio - lo sappiamo tutti - è che ormai rientra nell'uso comune licenziare o pensionare i dirigenti - anche attraverso forme di esodo agevolate che permettono di andare in pensione in età ancora giovane (questo rientra nel problema dell'entità delle pensioni di anzianità, di cui abbiamo parlato) - per poi riutilizzare immediatamente le stesse persone come collaboratori coordinati e continuativi, facendoli così confluire in quel famoso fondo dell'INPS, in cui i versamenti fatti non saranno in grado di garantire nessun tipo di pensione, con i conseguenti problemi di cui più volte abbiamo discusso.
Questa è una politica sempre più frequente: molti dirigenti vengano mandati in pensione e poi riutilizzati come «co.co.co.» da parte delle stesse realtà industriali di precedente impiego. Su tutto ciò dobbiamo riflettere per capire come intervenire seriamente per arginare un fenomeno che investirà tutti i settori ove operano professionalità di alta qualificazione, che possono indubbiamente essere poi utilizzate in maniera diversa. Resta da capire altresì come quelle anomalie (oggettivamente presenti nell'INPDAI e di cui si legge oggi sui giornali) tipiche di un meccanismo previdenziale protetto possano venire mantenute e garantite nel momento in cui ci sia un passaggio all'INPS.
Penso infine che tutta questa serie di problematiche possa riguardare anche altri
Do la parola al presidente Bufalini.
Passo ora alla questione delle pensioni di vecchiaia e delle pensioni di anzianità. In base agli ultimi dati effettivi, aggiornati alla fine del 2001, eroghiamo pensioni, in totale, a 62 mila uomini e a 1800 donne - non mi riferisco alle pensioni di invalidità e superstiti, delle quali ne abbiamo pochissime, circa 2800 - e tra queste le pensioni di anzianità sono erogate a 22 mila uomini e a 557 donne. In totale, cioè, le pensioni di anzianità sono circa 23 mila su 63 mila. Questa è la consistenza, ad oggi. Perché ci sono state tante pensioni di anzianità? Come ha ricordato il presidente, ciò deriva dalla situazione generale dell'occupazione e dell'industria in particolare. Nel 1966 il rapporto era di due occupati nell'industria per ogni occupato nel commercio. Attualmente, il rapporto è di un occupato nell'industria ogni due nel commercio ma la forza lavoro, nell'industria, non è aumentata negli ultimi anni. Si pensi alla ristrutturazione del mondo delle partecipazioni statali o della FIAT. Ricevo continuamente telefonate da dirigenti FIAT collocati in pensione di anzianità: non appena il dirigente è nelle condizioni di lasciare l'impresa, è immediatamente collocato in pensione, senza la sua volontà. Questo fenomeno si è verificato in modo generalizzato. I dirigenti non beneficiano di altri ammortizzatori sociali: l'unica forma di ammortizzatore sociale è stata la pensione di anzianità. Questo è accaduto, non per colpa loro, della categoria, ma del sistema industriale, che ha utilizzato le leggi esistenti. Questa circostanza ha portato come conseguenza: nonostante i 35 mila nuovi ingressi, tutti ai livelli più bassi, sono usciti circa 34 mila dirigenti, che avevano le retribuzioni più alte.
Desidero ora sfatare una leggenda: non è vero che gli assicurati INPDAI beneficino di pensioni alte. Non è vero perché, rispetto all'ultima retribuzione, il tasso di sostituzione è del 49 per cento, per la pensione di vecchiaia, e del 45 per cento, per la pensione di anzianità. Senza considerare che, per la pensione di invalidità, questo tasso è del 36 per cento e, per quella dei superstiti, del 31 per cento. Quindi, i nostri assicurati beneficiano del più basso tasso di sostituzione non solo d'Italia ma anche d'Europa, dove è di circa del 56 per cento. Cio è dovuto al modo in cui è concepita la «scaletta». Se portiamo via il massimale, ha un vantaggio l'Ente, non i pensionati, perché il rendimento dell'ultima parte è bassissimo, meno del 40 per cento, contro l'80 per cento che c'è nella prima fascia. Ero un dipendente del settore telefonico e, dieci anni fa, potevo andare in pensione con il 90 per cento dell'ultima retribuzione. Questo non si è mai verificato nell'INPDAI, dove le pensioni sono bassissime. Nel 1999, la pensione
Passando al problema del carico sulla collettività, vi ho già illustrato i numeri: 3 mila miliardi in 13 anni. Questo è l'onere sulla collettività. Tuttavia, è una somma di molto inferiore a quanto, attraverso i contributi, l'INPDAI ha versato allo Stato. Infatti, come contributo di solidarietà, tra interessi e capitale, ha versato 1500 miliardi; ha perduto interessi per il prestito forzoso per 180 miliardi; inoltre, il patrimonio immobiliare, che era di 8000 miliardi, non ha reso nulla perché il 50 per cento delle nostre abitazioni dovevano essere assegnate agli sfrattati a condizioni molto più agevolate. Abbiamo cercato di divenire privati, perché così avremmo utilizzato il patrimonio immobiliare in maniera molto diversa. Tuttavia, non è stato possibile; fummo accusati di non applicare la cosiddetta «circolare Cristofori».
Adesso, potremmo anche non confluire nell'INPS, perché la legge ci consente di ottenere anticipazioni da parte dello Stato. Tuttavia, noi rinunciamo a farlo perché credo che, in un quadro di perfetta armonizzazione, in cui non si può più versare il contributo di solidarietà, che prima abbiamo versato e continuiamo a versare malgrado siamo in deficit, non si possa più giustificare un ente che tratti la previdenza di base per una sola categoria in riduzione di consistenza.
La più grande industria italiana, appena può, licenzia i suoi dirigenti e non abbiamo altre grandi industrie. I grandi sistemi di informatica e telecomunicazioni sono fuori dall'INPDAI, mentre rimangono a carico di questo ente i pensionati. Inoltre, se si osservano le condizioni del «fondo per i lavoratori dipendenti» dell'INPS, si rileva una situazione molto peggiore della nostra, con duecentomila miliardi di deficit patrimoniale. Noi non abbiamo avuto un soldo. Potremmo continuare due anni ancora da soli, e potremmo forse andare ancora avanti se ne avessimo il coraggio perché, quando arriveremo al sistema a ripartizione di tipo contributivo, molti di questi problemi non ci saranno più. Avremmo anche potuto anticipare questo sistema, introdurre una penalizzazione nelle pensioni di anzianità oppure un incentivo più alto. In regime di armonizzazione, non ci è stato consentito. Abbiamo subito tutti i difetti senza beneficiare di alcun vantaggio.
Possiamo fare una cosa semplicissima. A parte i resoconti delle audizioni in cui questi problemi sono stati evidenziati e chiariti in maniera attenta, ad esempio quella dell'INPS e tutte le altre collegate, che possono essere inviati, anche subito, ai Presidenti di Camera e Senato, pregandoli di trasmetterli, a loro volta, ai presidenti di Commissione, riterrei opportuno sottoporre all'attenzione dei medesimi Presidenti i rilievi riscontrati dalla Commissione nel corso delle audizioni.
Propongo, quindi, di informare il Presidente della Camera e il Presidente del Senato sulle problematiche emerse nel corso di tali audizioni concernenti i fondi speciali anche in relazione al tema specifico della confluenza dell'INPDAI nell'INPS, rimettendo ad essi le eventuali decisioni in merito.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).