XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 3136
Onorevoli Colleghi! - Da alcuni anni il Ministero per i
beni e le attività culturali è stato impegnato in una vasta
operazione di rilancio della propria immagine: un esempio di
tale orientamento è costituito dall'attuazione di aperture
straordinarie di musei, monumenti e gallerie d'arte, anche
avvalendosi della collaborazione di ditte private.
Particolarmente rilevante, per impegno nella tutela di una
sterminata massa di materiale artistico, che è autentica
gloria italiana e fa ormai parte del patrimonio civile
dell'umanità, è risultata l'attività del predetto Ministero
nella capitale.
Tuttavia, da un lato s'è voluto concretare una strategia
per incrementare la "visibilità" del Ministero per i beni e le
attività culturali annettendo due nuovi musei d'importanza
storico-artistica mondiale (il Museo nazionale di Castel
Sant'Angelo ed il complesso museale del "Vittoriano") nonché
attuando il progetto sulle aperture straordinarie delle
Gallerie "Borghese" e "Barberini" (dipendenti, come i due
"nuovi acquisti", dalla soprintendenza per il patrimonio
storico, artistico e demoetnoantropologico di Roma),
dall'altro si registrano serie e pluriennali difficoltà per la
vita quotidiana dei rimanenti quattro musei dipendenti dalla
medesima soprintendenza (Galleria "Spada", Galleria "Corsini",
Museo nazionale di Palazzo Venezia, Museo degli strumenti
musicali). Attualmente questi quattro importanti musei romani
presentano la seguente situazione:
a) la Galleria "Spada" è composta da quattro sale,
tutte aperte al pubblico;
b) la Galleria "Corsini" (prolungamento
cronologico della Galleria "Barberini" per il periodo barocco)
è composta da otto sale, tutte aperte al pubblico;
c) il Museo di Palazzo Venezia dispone di ben
trentadue sale, di cui solo alcune aperte al pubblico (altre
sono adibite a mostre temporanee e non sono effettivamente
comprese nell'ambito museale);
d) il Museo degli strumenti musicali (sito nel
comprensorio di piazza di S. Croce in Gerusalemme) è
attualmente composto da diciotto sale al primo piano di uno
dei due palazzi (ciascuno composto da piano-terra e due
piani), delle quali diciassette aperte al pubblico.
1. Caratteristiche fondamentali del Museo degli strumenti
musicali e sua attuale collocazione ordinamentale.
A) L'attuale ordinamento del Museo degli strumenti
musicali.
Sul Museo degli strumenti musicali e sulle sue esigenze
particolarmente urgenti di tutela s'appunta l'attenzione della
presente proposta di legge, in quanto esso appare uno specchio
fedele di quanto debba essere incrementata la considerazione
ufficiale per un patrimonio civile e culturale, di cui
l'Italia è pure stracolma, per l'augusta nobiltà delle
testimonianze storico-artistiche: la musica. Nella patria di
Giovanni Pierluigi da Palestrina, Antonio Vivaldi e Giuseppe
Verdi nonché di una plètora d'altri grandi compositori
sembrerebbe a prima vista non affiorare quasi la
consapevolezza del valore di questa disciplina del pensiero:
prova ne sia - ad onta d'un forte recupero d'interesse per la
musica, che la comunità nazionale sta ricominciando a saper
esprimere - il fatto che il nuovo testo unico sui beni
culturali, varato nel 1999 (decreto legislativo 29 ottobre
1999, n. 490, adottato a norma dell'articolo 1 della legge 8
ottobre 1997, n. 352), non fa riferimento alcuno ai beni
musicali, che perciò non sono riconosciuti tra gli oggetti di
tutela da parte dello Stato.
Anche il Museo degli strumenti musicali (deputato
primariamente a conservare e tutelare i mezzi che esprimono il
suono e, quindi, il pensiero musicale) risente di questa
empasse: ancor oggi non sembrerebbe sufficientemente
avvertita la necessità di prendere in considerazione puntuale
i problemi conservativi della collezione presente nel Museo
"nazionale" degli strumenti musicali. L'argomento è -
d'altronde - di portata universale per i nostri valori civili
e culturali.
B) Origine e scopi del Museo.
La valenza più significativa di questo museo è legata alla
variegata tipologia degli strumenti musicali presenti, alla
loro artigianalità, alla loro storia tecnica e musicale,
all'invenzione e all'inventiva di tanti costruttori ed
artigiani che hanno contribuito alla storia della musica nel
mondo intero.
Tuttora il predetto Museo "nazionale" degli strumenti
musicali, che custodisce attualmente una raccolta formata da
circa 2.500 preziosi pezzi (collezione originata dal tenore
Evan Gorga, 1865-1957, e successivamente ingrandita), manca di
effettivo riconoscimento giuridico-formale. Peraltro, con
decreto del 9 luglio 1929 la raccolta fu sottoposta a vincolo
storico, artistico, etnografico ed archeologico; tale museo
finalmente nel 1964 sorse grazie all'azione tenace ed
appassionata della dottoressa Luisa Cervelli (fondatrice -
1964 - e primo direttore, la quale ottenne per gli strumenti
musicali una sede appropriata in Roma, nei pressi della
basilica di S. Croce in Gerusalemme) e continua grazie alla
paziente attività del dottor Antonio Latanza (attuale
direttore del medesimo museo). In atto, questa raccolta
museale è gestita dalla soprintendenza per il patrimonio
storico, artistico e demoetnoantropologico di Roma,
nell'ambito del Ministero per i beni e le attività
culturali.
Tale museo è istituzionalmente deputato ad un'attività
conservativa e divulgativa, che per importanza culturale non
ha uguale nel mondo. Tra i "pezzi" presenti nel Museo:
strumenti musicali d'archeologia greco-romana e medioevale,
organi di gran pregio, clavicembali storici, il primo (o
secondo) pianoforte che sia stato costruito - da Bartolomeo
Cristofori - espressioni storiche d'altissima liuteria,
un'arpa il cui disegno è attribuito a Gian Lorenzo Bernini
("arpa Barberini"), una collezione pressoché integrale di
memorie relative a Giovanni Sgambati, strumenti di tradizione
popolare, esotici od inusuali, eccetera.
C) L'organologia.
Il Museo si occupa dunque essenzialmente
d'"organologia", termine che si riferisce a tutti gli
strumenti musicali (non già soltanto agli organi); sarebbe
inopportuno e fuorviante usare la locuzione "beni musicali",
poiché a questa definizione afferiscono anche i beni cartacei
conservati nelle biblioteche e negli archivi. Tale disciplina
è coltivata dagli organologi, ossia dagli esperti su tutti gli
strumenti musicali relativamente alla loro tecnica e
storia.
L'organologia risulta sottordinata in Italia,
contrariamente a quanto si va determinando in altri Paesi
dell'Unione europea. Lo Stato italiano, infatti, non riconosce
espressamente la figura dell'organologo; né le università, né
i conservatori di musica si occupano di questa materia: i
primi preparano i musicologi (esperti di storia della musica),
i secondi preparano gli strumentisti (che sanno suonare i
diversi strumenti). La specificità dell'oggetto di tutela
impedirebbe, a rigor di logica, che la guida del Museo possa
essere affidata - come oggi avviene - a quelle figure
professionali oggi ufficialmente riconosciute dal Ministero
per i beni e le attività culturali: improprio risulterebbe in
tal senso un archeologo come uno storico dell'arte, un
architetto come un bibliotecario, eccetera.
2. I principali problemi del Museo.
A) Un museo giuridicamente non riconosciuto, eppure
esistente da trentotto anni!
Si ritiene fondatamente che l'unità museale in questione
potrebbe in breve tempo aprire al pubblico il secondo piano,
composto da altre diciotto sale già ricolme di strumenti (non
esibiti al pubblico e numericamente superiori a quelli
attualmente esibiti), mentre un altro gruppo di strumenti
potrebbe venire adeguatamente sistemato approntando la
palazzina contigua (di dimensioni praticamente identiche), già
ora occupata dalla "camera termobarica" per la disinfestazione
periodica degli strumenti medesimi (nonché di carte e stoffe)
da insetti xilofagi e muffe (disinfestazione che andrebbe
effettuata almeno una volta ogni due anni). Un'articolazione
più idonea dell'esposizione degli strumenti musicali
contribuirebbe certamente ad incrementare l'interesse del
pubblico - ed anche delle strutture amministrative centrali -
per il valore scientifico-culturale di questo museo, unico al
mondo nel suo genere e depositario di specifiche esigenze di
conservazione e tutela.
Inoltre, il predetto Museo "nazionale" degli strumenti
musicali manca tuttora di effettivo riconoscimento
giuridico-formale. Peraltro, continua ad operare grazie ad una
paziente attività, sia pur irta di difficoltà ed ostacoli
essenzialmente di natura burocratica. Perfino la
disinfestazione periodica degli strumenti da tarli e muffe è
inspiegabilmente bloccata da sei anni, malgrado le reiterate e
continue sollecitazioni della direzione museale: il costo
dell'operatività nonché del gas occorrente (azoto, secondo
l'attuale normativa) ammonta a somme irrisorie; tuttavia non
si riesce ad ottenere alcun permesso né per acquistare il gas,
né per impiegare la manodopera specializzata.
B) Un'operatività strangolata.
Il Museo - nonostante la sua unicità
scientifico-culturale, riconosciuta anche ai massimi livelli
internazionali del settore - di fatto non è operativo secondo
la sua vera potenzialità, date una perdurante mancanza
d'assegnazione di fondi, originata da varie contingenze (come
ricorrentemente posto in luce fin dall'anno 1974 e, abbastanza
recentemente, fra l'altro, dalla trasmissione televisiva
"Superquark" di Piero Angela - RAIUNO, 22 agosto 2000), e
l'assenza forzata - malgrado ripetute sollecitazioni, interne
ed esterne - di ogni iniziativa pubblicitaria a favore del
Museo medesimo: ciò, fra l'altro, deve assolutamente essere
evitato per il futuro, affinché non si determini fondatamente
l'immagine internazionale di un'Italia che non apparirebbe in
grado di tutelare effettivamente i propri beni culturali (al
di là della pubblicità che si faccia a favore di questa o
quell'iniziativa). In particolare:
a) la struttura rischia di esser chiusa al
pubblico, con l'assunto di un'asserita scarsa affluenza
(smentita dalla realtà dei fatti, soprattutto nel periodo più
recente);
b) la palazzina ove esso ha sede e quella contigua
(da restaurare, e finora mai affidata al Museo stesso)
risulterebbero oggetto di lotte "fratricide" tra
soprintendenti del Dicastero per la conquista esclusiva di
esse. In specie, la palazzina ove la struttura museale ha sede
(ex caserma "Samoggia") e quella contigua (ex-caserma
"Capocci", prescindendo dall'ex caserma ormai demolita: il
tutto faceva originariamente parte del complesso
architettonico d'uso militare "Principe di Piemonte"),
contrariamente al progetto generale di restauro della
palazzina "Capocci" (non ancora - si ripete - assegnata
all'attuale museo) elaborato dalla soprintendenza per i beni
ambientali ed architettonici di Roma fin dal 1988 ed approvato
dal comitato di settore (24-25 luglio 1990), sono oggetto di
rinnovato interesse per la collocazione di raccolte
archeologiche da parte di una struttura territoriale facente
anch'essa capo al Ministero per i beni e le attività
culturali, dopo un precedente tentativo - fallito nel 1993
anche per il concomitante avvicendarsi di un'interrogazione
parlamentare dell'onorevole Gianfranco Fini (n. 4-20655 del 6
dicembre 1993) e di una denunzia della Procura della Corte dei
conti per il Lazio (20 aprile 1994) - posto in essere
dall'Ufficio centrale per i beni archivistici del Ministero, e
dopo che era stata addirittura formulata l'ipotesi di una
demolizione d'entrambe le palazzine per il reperimento di
scarse rovine della "spina" del Circo Variano sotto il centro
della palazzina "Capocci". E' peraltro da tener presente che
già l'8 settembre 1975 (con nota n. 4931, div. VI) l'allora
Direzione generale delle antichità e belle arti del neonato
Ministero per i beni culturali ed ambientali aveva
ufficialmente disposto l'assegnazione dell'intera palazzina
"Capocci" alla Soprintendenza alle gallerie di Roma I (secondo
la nomenclatura del tempo), con il vincolo di destinarla al
nuovo Museo degli strumenti musicali;
c) frattanto, oltre 1.500 strumenti musicali
presenti rimangono ammassati e stipati in attesa di una
destinazione incerta. La pluriennale immobilità di questa
situazione, originata dalla contrapposizione tra istanze ed
interessi divergenti, concreterebbe un danno allo Stato per
uno spazio di circa tremila metri quadrati non utilizzato e
per il possibile degrado dei reperti musicali (già
stigmatizzato dalla Corte dei conti con nota n. 371651 del 20
aprile 1994). In nome dei superiori interessi della
collettività si deve porre fine a tale conflittualità, pur
comprendendo i punti di vista degli organi e degli uffici
rispettivamente coinvolti nella vicenda;
d) sta peraltro cominciando a concretarsi la
tentazione di considerare quel Museo come spazio polivalente
per iniziative eterogenee o - peggio - come una sorta di
magazzino per opere d'arte spesso uniche al mondo, da esporre
in mostre esterne (in Italia ed all'estero) senza andare
troppo per il sottile sui complessi problemi conservativi di
esse (esempi tipici: le difficoltà per il trasporto a
Washington e la tutela conservativa in loco del
"pianoforte Cristofori" nell'anno giubilare 2000; l'opinabile
mostra, contemporaneamente realizzata nel febbraio-marzo del
medesimo anno su Eduardo De Filippo nei locali del Museo, per
una pretesa "ideologica" dell'allora Ministro per i beni e le
attività culturali ed il concorso del soprintendente
competente per materia e territorio);
e) la vita del Museo non può prescindere da un uso
effettivo della "camera termobarica" (presente nella palazzina
attigua come detto prima) per disinfestare ogni due anni gli
strumenti musicali tramite azoto (disinfestazione non avvenuta
tuttavia da circa sei anni a causa della mancata
predisposizione materiale - da parte delle competenti
strutture ministeriali, pure sollecitate più e più volte e
reiteratamente - del gas medesimo e dell'idoneo personale
tecnico per il funzionamento dell'impianto già adeguato alle
vigenti norme di sicurezza) operazione rispondente non solo a
conclamate esigenze scientifiche ma riflettentisi anche
positivamente sull'igiene e sulla sicurezza del lavoro;
f) solamente un terzo degli strumenti (940) è
esposto, mentre per gli altri 1.500 non esiste alcuna
possibilità d'esposizione in forza della richiamata mancanza
di fondi (anche il personale di custodia risulta
insufficiente);
g) le vetrine del Museo presentano rischi di
crolli, con possibili conseguenze negative per visitatori,
personale di custodia e strumenti;
h) insufficienti, inadatti ed antiquati
(cemeteriali, si potrebbe dire) risultano l'allestimento e
l'illuminazione delle sale;
i) da circa sette anni nessun restauro agli
strumenti musicali ed alle strutture edilizie viene
finanziato;
l) la mancata climatizzazione degli ambienti
museali (siti, come detto, al primo piano dell'attuale
stabile) ha provocato numerosi danni, tutti documentati e
denunziati dalla direzione del Museo, i quali si concretano in
veri e propri danni erariali (d'altro canto, senza impianto di
climatizzazione il secondo piano non sarebbe neppure apribile
al pubblico, per l'eccessivo calore che vi si sviluppa durante
i mesi estivi);
m) manca un qualsiasi spazio per laboratori di
restauro degli strumenti musicali;
n) nessuna proposta, formulata dalla direzione
museale per l'acquisto d'importanti strumenti musicali
storici, risulta accettata negli ultimi sei anni dai
competenti uffici ministeriali (bisognerebbe stabilire, fra
l'altro, se tali richieste abbiano effettivamente compiuto il
loro iter gerarchico all'interno delle strutture
ministeriali attualmente competenti in materia), ed anche le
donazioni giacciono di fatto nel limbo delle risposte mancate
(evidentemente, la mancanza effettuale di spazi espositivi
potrebbe aver indotto alla tentazione di considerarla come
alibi per non incamerare tali beni e contemporaneamente per
"affossare" quella struttura museale);
o) per ragioni difficilmente identificabili non
risulta autorizzata nessuna delle tante mostre proposte
dall'attuale direttore del Museo, inerenti alla materia
organologica (da alcuni anni non sono stati assegnati neppure
fondi per l'attività didattica), mentre gli uffici del Museo
non risultano posti in grado di procedere ad alcun
aggiornamento e neppure alla redazione nonché alla stampa di
disegni tecnici dei principali strumenti musicali (ciò
consentirebbe agli studiosi di conoscere la struttura
costruttiva degli strumenti stessi, evitando così pericolosi
smontaggi conoscitivi; si fornirebbe in questo modo un
doveroso servizio pubblico, alla stregua di quanto accade nei
più importanti musei stranieri consimili).
3. Proposte operative.
A) Sistemazione logistica ed interventi urgenti sul
materiale museale.
Innanzitutto appare quantomai opportuno garantire
sufficiente spazio espositivo agli strumenti musicali
attualmente non esposti al pubblico, allo scopo precipuo di
non compromettere per il futuro la loro già precaria
conservazione. Pertanto si ritiene particolarmente idonea a
tale scopo l'acquisizione della palazzina "Capocci", per
l'agibilità della quale occorrerebbero i seguenti interventi
di prima necessità:
restauro edilizio, ristrutturazione e adeguamento
museologico aggiornato di entrambi gli stabili (palazzina
"Samoggia", attualmente occupata, e palazzina "Capocci") alla
vigente normativa in materia di sicurezza;
climatizzazione degli ambienti espositivi esistenti e di
quelli futuri;
restauro filologicamente corretto degli strumenti
musicali danneggiati o comunque da rendere esponibili (circa
1.500).
B) Nuova ed auspicabile collocazione ordinamentale del
Museo: una posizione di autonomia.
Il Museo ha una decisa particolarità che lo rende diverso
da tutti gli altri: esso, raccogliendo oggetti d'ogni epoca e
provenienti da tutto il mondo, non ha una sua precisa
collocazione territoriale; soltanto per caso si trova a Roma
e, sempre per caso, dipende dalla citata soprintendenza. La
raccolta investe, in realtà, più settori d'intervento: quello
di natura archeologica (strumenti greci, etruschi, romani),
quello delle tradizioni popolari (con riferimento alla parte
della collezione ad esso pertinente), quello orientalistico
(alcune centinaia di pezzi), quello medioevale, quello
rinascimentale-barocco, quello sette-otto-novecentesco e
contemporaneo (compresa la piccola sezione futurista) e quello
degli strumenti meccanici; nel merito dell'attività museale la
relazione meno intensa risulta paradossalmente quella attuale,
riguardante i beni artistici e storici (considerando, inoltre,
che per sua natura l'attività del Museo non potrebbe essere
confinata nel ristretto ambito territoriale di Roma, ma
dovrebbe finalmente estendersi almeno all'intero territorio
nazionale).
Si ritiene comunque opportuno l'inquadramento della
predetta raccolta strumentale in seno al Ministero per i beni
e le attività culturali; ma la vita del Museo è oggi del tutto
umiliata, priva com'è di fondi e di dignità. Appare pertanto
auspicabile ed ormai urgente un mutamento normativo che
trasformi la raccolta in un vero "Museo nazionale degli
strumenti musicali", inteso (articolo 1 della proposta di
legge) come "istituto centrale" dotato di "autonomia
gestionale" e pertanto svincolato dall'attuale collocazione
ordinamentale, alla stregua d'altri istituti centrali sotto
l'egida del medesimo Ministero (Istituto centrale per il
catalogo e la documentazione, Istituto centrale per il
catalogo unico delle biblioteche italiane e per le
informazioni bibliografiche, Istituto centrale per la
patologia del libro, Istituto centrale per il restauro, in
Roma).
Una prova della necessità d'autonomia (normativamente e
contabilmente definita in termini generali dall'articolo 2) si
può riscontrare nel fatto che, malgrado le continue pressioni
esercitate nel tempo dalla direzione del Museo, il susseguirsi
di ben tre soprintendenti non ha apportato nessun contributo
positivo ad un qualsiasi sviluppo del Museo (basti considerare
le risibili somme, assegnategli negli ultimi anni). Il
persistere di una qualsiasi dipendenza di questo Museo da una
qualsivoglia soprintendenza lo costringerebbe inevitabilmente
a subire l'incancrenirsi dell'abbandono e del disinteresse in
cui esso già si trova; la strada dell'autonomia appare dunque
l'unica percorribile.
La trasformazione dell'attuale Museo in istituto centrale
autonomo soddisferebbe l'esigenza, vivamente sentita dal
nostro Paese, di promuovere la salvaguardia, lo studio, la
catalogazione, la raccolta, il restauro e l'esposizione di
beni tutelati dall'articolo 2 del citato testo unico di cui al
decreto legislativo n. 490 del 1999: strumenti musicali e
materiale attinente agli strumenti musicali, aventi interesse
artistico, storico, documentario ed archeologico.
In tutto il mondo il dilatarsi degli interessi nel campo
della musica, con particolare riferimento agli strumenti
musicali antichi, ha fatto emergere come elemento essenziale
di ricerca l'indagine sulla loro problematica storica. Ne è
conseguito il sorgere ed il costituirsi - all'estero - di
centri altamente specializzati, con il compito di promuovere
lo studio, la salvaguardia, la raccolta, il restauro e
l'esposizione degli strumenti musicali: esempi noti sono, tra
i musei più importanti del mondo, le raccolte di Norimberga
(Germanisches Nationalmuseum), di Berlino
(Staatlische Institut f)r Musikforschung Preussischer
Kulturbesitz), di Monaco di Baviera (Deutsche
Museum), di Lipsia (Karl-Marx-Universitat), di
Eisenach (Bach-Haus), di Halle (Handel-Haus),
quelle di Londra (Victoria and Albert Museum), di
Bruxelles (Museo del conservatorio), di Parigi
(idem), di New York (Metropolitan Museum), di
Washington (Smithsonian Institution), di San Pietroburgo
(Istituto per la musica, il cinema ed il teatro), di Praga
(National Museum), di Budapest (idem), di
Copenhagen, di Stoccolma ed altri. In Italia, al contrario,
non esiste ancora un istituto dotato d'autonomia consimile:
come già detto, l'attuale Museo non può occuparsi di questi
beni su tutto il territorio nazionale; anzi, non è ancora
costituito giuridicamente come Museo, e tale è soltanto di
fatto.
La questione dell'autonomia del Museo s'è posta anche
all'attenzione del Parlamento: prova ne sia la proposta di
legge n. 7017 presentata il 24 maggio 2000 (e, purtroppo, mai
discussa) nella trascorsa legislatura alla Camera dei deputati
dagli onorevoli Aloi e Malgieri (di "Alleanza nazionale"),
oltre alla citata interrogazione presentata dall'onorevole
Fini nel 1993 e ad altri documenti parlamentari (ad esempio:
le interrogazioni parlamentari numeri 3-05133 e 4-29266,
entrambe presentate dall'onorevole Aloi rispettivamente il 16
febbraio ed il 30 marzo 2000, l'una sulla denegata
considerazione istituzionale per il Museo, l'altra sui citati
rischi corsi dall'importantissimo e fragilissimo
pianoforte-prototipo settecentesco di Bartolomeo Cristofori in
occasione del suo trasferimento temporaneo a Washington - per
una mostra al Museo "Smithsonian"- deciso al vertice
ministeriale e concretatosi proprio nell'anno del
Giubileo).
Il nuovo istituto autonomo dovrebbe assurgere a centro
promozionale di ricerca sugli strumenti musicali antichi,
svolgendo quei compiti di studio e di coordinamento di tutte
le iniziative sulla salvaguardia, la catalogazione, la
raccolta ed il restauro degli strumenti musicali.
C) Premessa metodologico-concettuale per il rilancio
operativo del Museo.
Oggi il Ministero per i beni e le attività culturali può
finalmente offrire risposte concrete a tali istanze. Che cosa
fare, allora?
Per operare (nella musica e, particolarmente, nella
conservazione degli strumenti musicali) validamente e con
attendibilità artistico-scientifica, a nostro modesto avviso è
necessario conoscere bene i modelli di riferimento. Tra quelli
storicamente determinatisi nella vita del Ministero per i beni
e le attività culturali (già Ministero per i beni culturali ed
ambientali), certamente inattendibili e sostanzialmente
fallimentari si sono rivelati quei "modelli strategici" che, a
fronte d'una spettacolarizzazione accentuatamente
propagandistica del fenomeno della tutela e conservazione dei
beni culturali nonché di talune scoperte scientifiche avutesi
nel settore - spettacolarizzazione evidentemente mutuata, in
trascrizione goffa, dal "modello Carrà-Baudo-Celentano" pure
funzionale in altre situazioni - hanno lasciato in grande
maggioranza insoluti e semmai in peggioramento i problemi
concretamente posti dalla quotidiana conservazione delle opere
d'arte nel loro complesso (anche musicali), specialmente
quando il restauro o la conservazione non riscontravano
un'attenzione immediata dagli organi decisori (in particolare
allorché queste attività non fossero commissionate alla tale
ovvero alla talaltra società cooperativa d'un determinato
colore ideologico, notoriamente assenti nel settore degli
strumenti musicali). Per tutelare efficacemente i beni
culturali, i modelli debbono essere altri: per chi si occupa
di musica e particolarmente d'organologia (la scienza
riguardante la tutela di tutti gli strumenti musicali),
modelli di riferimento dovrebbero essere Palestrina,
Monteverdi, Vivaldi, Bach, Mozart, Beethoven, Verdi, Wagner,
Mussorgskij, Brahms, Chopin, Franck, Liszt, Puccini, Sgambati,
Busoni e quanti altri eminenti musicisti la storia faccia
passare in rassegna, ove si ponga mente alla complessa vicenda
del pensiero umano espresso in musica, nonché i costruttori
che hanno collaborato con quei musicisti per inventare o
migliorare strumenti destinati ad esprimere tale pensiero.
Soltanto riferendosi direttamente all'obiettiva validità
scientifico-culturale di tali modelli, e non agli esempi
offerti talvolta discutibilmente dai demiurghi della
comunicazione di pensiero altrui, potrà venir messa a fuoco la
volontà d'occuparsi di questo patrimonio culturale nonché di
finanziarne adeguatamente il recupero e la riconquista
effettiva da parte della collettività; solamente sulla base di
questi modelli diretti potranno effettuarsi interventi mirati,
che risultino scientificamente e culturalmente attendibili.
D) Un Museo per il futuro.
In Italia l'organologia è coltivata solo settorialmente,
per fini non sempre esclusivamente scientifici e spesso
tesaurizzando gelosamente (specialmente tra i liutai) quelle
informazioni scientifiche, il cui scambio è invece fonte di
vero e lungimirante progresso nonché fonte d'accrescimento per
una ricchezza complessiva di natura scientifica ed anche
economica.
Un'attività scientifica e divulgativa "a tutto campo",
promossa dal Museo, potrebbe richiamare adepti, intenditori,
amatori dall'Italia e dall'estero. Assai importante sarebbe,
inoltre, suscitare in tal senso aiuti concreti (non soltanto
economici) dall'Unione europea.
E) Un'occasione per costituire nuovi posti di
lavoro.
Il Museo può diventare una grande ed importante sede per
la formazione (compresa la ricerca sperimentale) ed il lavoro.
Storicamente, a fianco di una giusta valorizzazione del
melodramma (determinatasi in Italia con eccezionale qualità
artistica soprattutto nell'Ottocento e nella prima metà del
secolo successivo, per l'eccellenza innanzitutto dei
compositori e quindi degli interpreti vocali-strumentali) ed
in parte del grande repertorio sinfonico, non risultò
sufficientemente incoraggiata la musica da camera italiana
(che pure ebbe importanza presso quasi tutti i migliori
compositori otto-novecenteschi); ciò conseguentemente pose un
involontario freno al complessivo fenomeno della ricerca
artistica e d'alto artigianato su molti strumenti in uso nel
repertorio cameristico.
In controtendenza si propone qui di rivitalizzare la
ricerca storico-pratica nel settore, ricorrendo alle migliori
risorse intellettuali italiane e non. Specifici "quadri"
professionali - in senso lato - dovrebbero essere costituiti e
valorizzati, inserendoli nella vita musicale e
giuridico-amministrativa del Paese. La sensibilità, che il
nuovo Governo dimostra nei confronti di una cultura più
autentica, può ottenere sbocco naturale anche con riferimento
alle ipotesi che seguono.
F) Il restauro degli strumenti antichi. Finalità
artistiche d'attualità.
Secondo le più recenti tendenze nei restauri, gli
strumenti andrebbero possibilmente conservati come sono: ciò
per non compromettere i dati storici a noi pervenuti. Questa
tendenza si scontra con quella (storicamente precedente) che
mirava a far comunque produrre allo strumento un suono il
quale però non avrebbe corrisposto timbricamente a quello
originale, in forza dell'invecchiamento fisiologico del
materiale costruttivo (specialmente legno).
Qual è dunque la finalità d'un museo come questo?
Essenzialmente quella d'esibire al pubblico, a titolo di
documento, strumenti provvisti d'una stratificazione storica:
l'unico intervento doveroso è utilizzare lo strumento
originale quale prototipo per studiarlo adeguatamente e trarne
copie perfettamente funzionanti nonché filologicamente
attendibili, in vista della migliore utilizzazione
artistico-musicale. In tale settore la ricerca scientifica
dovrà rendere giustizia per restauri talvolta incauti
(specialmente su organi rinascimentali e barocchi), realizzati
decenni addietro sul territorio italiano. Occorrerebbe inoltre
"isolare" gli strumenti storicamente più importanti del Museo
allo scopo d'effettuare una campagna radiografica e
fotogrammetrica (come nel resto del mondo), utile a preparare
disegni tecnici aventi per finalità quella scientifica, che si
converta anche in una congrua e finora inesplorata fonte
economica per l'Erario. Potrebbe inoltre prevedersi
opportunamente la registrazione fonografica
(compact-disc) degli strumenti originali funzionanti:
ciò - sulla falsariga di quanto già avviene all'estero -
potrebbe costituire un veicolo di divulgazione universale
dell'attività del Museo ed anche un'ulteriore fonte di reddito
per lo Stato italiano.
G) Il progetto "Musica tra passato e futuro" per la
conservazione e la valorizzazione degli strumenti musicali
nonché delle tradizioni storico-musicali ad essi legate.
Per la conservazione e la valorizzazione degli strumenti
musicali nonché delle tradizioni storico-musicali ad essi
legate, oltreché ai fini della tutela specifica di beni
artistici e storici definiti "organologici", si ritiene
possibile avviare nell'ambito del rinnovato Museo un progetto
definibile "Musica tra passato e futuro". Negli spazi all'uopo
individuati (si veda oltre) appare possibile attuare:
manifestazioni di musica colta;
manifestazioni di musica popolare, con particolare
riguardo a cicli dedicati a strumenti musicali insoliti o
rari;
concerti domenicali tenuti da bande;
mostre dedicate alla musica colta e popolare;
organizzazione di manifestazioni artistiche dal
preminente interesse musicale.
Per favorire le attività divulgative di quest'iniziativa,
con normazione delegata possono essere stabilite le modalità
fondamentali per il riadattamento architettonico, conforme
alla vigente normativa, delle seguenti porzioni territoriali
esistenti all'interno della sede in cui è attualmente
sistemata la raccolta da tutelare a cura del Museo:
un auditorium per 100 posti a sedere
(esistente);
un auditorium per 300 posti a sedere (in spazi
suscettibili di riadattamento architettonico);
un auditorium all'aperto per almeno 2.000 posti a
sedere, sull'area compresa tra le palazzine "Capocci" e
"Samoggia" (nel rispetto della situazione ambientale, e con
l'inserimento di sole strutture mobili che non insistano
stabilmente sull'area medesima né la danneggino in alcun
modo);
una biblioteca specializzata ed annessa al Museo (in
locali esistenti, e finalmente in corso almeno di prima
sistemazione);
sale per convegni e corsi (in spazi suscettibili di
riadattamento architettonico);
servizi complementari (in locali esistenti e
suscettibili di riadattamento architettonico).
Le predette strutture, anche con l'intervento di enti
pubblici o privati ed istituti economico-finanziari,
dovrebbero ospitare spettacoli di livello nazionale ed
internazionale inerenti all'oggetto della tutela operata dal
Museo. Le predette strutture potrebbero altresì essere
utilizzate da enti autonomi lirico-sinfonici italiani, europei
ed extraeuropei per iniziative di speciale livello artistico,
secondo i criteri generali stabiliti con provvedimento
normativo delegato nonché nel rispetto dei più avanzati
livelli di sicurezza interna ed esterna.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sentite
le autorità comunali, provinciali e regionali territorialmente
e funzionalmente competenti, dovrebbe stabilire con proprio
decreto (da emanare di concerto con il Ministro per i beni e
le attività culturali) entro un termine ragionevolmente breve
- quattro mesi dopo il termine iniziale per la
concretizzazione giuridica del presente progetto - le modalità
cui sarebbe necessario attenersi per i provvedimenti destinati
a favorire l'accesso al Museo ed alle predette strutture.
Quest'iniziativa potrebbe aver luogo dov'è ora la sede
dell'attuale Museo: in Roma, all'interno del comprensorio
avente ingresso nella piazza S. Croce in Gerusalemme,
prestigioso luogo anche all'aperto dove potrebbe essere
allestita - nel rispetto assoluto dell'ambiente archeologico
esistente - una platea per svariati eventi musicali. Dunque
gli spazi necessari esistono già (3.000 metri quadrati
coperti, attualmente disponibili; altrettanti potrebbero
essere disponibili in breve tempo, coperti anch'essi, senza
contare il predetto spazio aperto).
La nuova struttura potrebbe anche ospitare - fra l'altro -
attività divulgativa e convegnistica di livello nazionale ed
internazionale in materia musicale, attività che da un lato
contribuisca al progresso scientifico nello studio di tale
disciplina, dall'altro riavvicini la gente ad una vera cultura
musicale che, pure storicamente fondata su nobilissime
tradizioni anche e cospicuamente italiane, appare oggi
difficilmente identificabile e addirittura, spesso, non
riconosciuta come proprio patrimonio individuale, e pertanto a
rischio di perdita.
H) Attività di informazione e formazione
tecnico-scientifico-culturale.
Le attività d'informazione e formazione
tecnico-scientifico-culturale dovrebbero avere un ruolo di
speciale importanza nel rilancio del Museo.
La struttura museale dovrebbe organizzare nella propria
sede corsi annuali d'organologia dedicati alla conoscenza
storico-tecnica di tutti gli strumenti musicali, con
particolare riguardo alle attività di restauro. Tali corsi
dovrebbero esser tenuti da docenti organologi e musicologi di
chiara fama italiani, europei ed extraeuropei. La loro sede
potrebbe essere individuata nel piano superiore della
palazzina attualmente occupata dal complesso museale.
Sullo sfondo dell'intera attività destinata a ruotare
attorno al Museo, appare in forte evidenza la necessità di
organizzare corsi professionali destinati alla conoscenza
degli strumenti musicali, al loro restauro ed all'esecuzione
di copie. Tutti questi argomenti esulano completamente da
qualsiasi progetto sia delle università che dei conservatori
italiani.
Il Museo dovrebbe promuovere ogni attività scientifica ed
operativa di tutela sugli strumenti musicali storici presenti
nel territorio italiano; dovrebbe costituire un archivio
centrale degli strumenti musicali storici (specialmente
italiani), in modo che gli interventi sul patrimonio
organologico siano coordinati con le ricerche organologiche e
musicologiche avviate nell'ambito universitario
internazionale. A questi fini, con specifici decreti e nel
rispetto delle competenze di cui alla legge 17 dicembre 1962,
n. 1863 e al decreto del Presidente della Repubblica 30
settembre 1963, n. 1409, il Museo dovrebbe acquisire per conto
dello Stato italiano strumenti musicali, che si rivelino
suscettibili di tutela specifica per il loro notevole
interesse storico, anche da depositi già acquisiti o da
archivi privati già complessivamente tutelati. Tali strumenti
dovrebbero esser collocati nel Museo; qualora non fosse
possibile o non si rendesse opportuna l'acquisizione, al Museo
dovrebbe venir concessa la possibilità d'effettuare
collegamenti pariordinati con altri musei e raccolte (pubblici
o privati) per esclusivi fini di tutela storico-musicale e
nella salvaguardia delle rispettive competenze gestionali.
Tutto ciò potrà rivelarsi utile, oltreché per la miglior
tutela degli strumenti "musealizzati" (con riferimento anche
all'identificazione dei rispettivi metodi e tecniche di
costruzione), anche e soprattutto per impedire il furto o la
sottrazione nonché l'eventuale esportazione illegale ed il
traffico illecito di strumenti musicali di grande valore
storico-artistico ed economico, soprattutto se non
appartenenti al Museo.
I) Una speciale formazione per il restauro e la
conservazione di organi storici.
In relazione ad esigenze di particolare ed urgente
rilevanza storico-musicale e per ulteriore incentivo ad una
qualificata occupazione lavorativa specialmente giovanile,
nella sede del Museo (od in un altro idoneo locale in Roma,
funzionalmente dipendente dal Museo stesso) dovrebbe essere
istituito (con normazione derivata, e sotto l'alta
sorveglianza del Ministero per i beni e le attività culturali)
un corso biennale di "restauratore organario" per il restauro
d'organi storici, finanziato nell'ambito del bilancio dello
Stato nonché attraverso eventuali fondi dell'Unione europea.
Tale corso, che non dovrebbe occuparsi d'attività lucrative
inerenti la costruzione di organi nuovi, per l'attività
didattica s'avvarrebbe d'esperti di chiara fama italiani,
europei od extraeuropei, in modo che gli interventi sul
patrimonio organario siano coordinati con le ricerche
organologiche e musicologiche avviate nell'ambito
universitario internazionale. Al termine del corso sarebbe
rilasciato un attestato di frequenza.
Il Museo dovrebbe inoltre promuovere ogni attività
scientifica ed operativa di tutela sugli oltre ventimila (!)
organi storici presenti nel territorio italiano (e
parzialmente schedati dalle singole soprintendenze
ministeriali competenti per territorio); dovrebbe costituire
un settore d'archivio, riguardante tutte le informazioni sugli
organi e sugli organari, quale settore specializzato
dell'archivio centrale di cui s'è detto. Il Museo
promuoverebbe inoltre un censimento ufficiale degli organi
italiani, insieme ad un albo dei costruttori storici italiani
d'organi; i dati risultanti da tale censimento potrebbero
esser collocati su rete elettronica, per la loro più idonea e
tempestiva divulgazione universale. Il Ministero per i beni e
le attività culturali, previa segnalazione e documentata
attività istruttoria da parte del Museo, promuoverebbe
iniziative per la tutela d'importanti organi storici da parte
dell'UNESCO, quale patrimonio dell'umanità.
E' da notare che - a prescindere dai costruttori - sono
proprio gli organisti a conoscere meglio le risorse tecniche
ed espressive degli organi. Curiosamente, questa regola spesso
non vale per musicisti d'altre discipline strumentali.
L) Un archivio italiano per il pianoforte.
Un'iniziativa di tutela e conservazione analoga a quella
precedente potrebbe riguardare il pianoforte. L'Italia è la
nazione che vide nascere il pianoforte (Bartolomeo Cristofori,
sullo scorcio finale del secolo XVII): la nascita dello
strumento è stata recentemente celebrata in tutto il mondo,
eccetto che in Italia (s'è preferito trasferire rischiosamente
il "pianoforte Cristofori" all'estero e sostituire le
celebrazioni dell'inventore con l'ennesima manifestazione per
Eduardo de Filippo...!).
Si ritiene importante costituire un albo dei costruttori
italiani del pianoforte dalle origini ai giorni nostri: uno
strumento che nel nostro Paese si tipicizza a seconda delle
regioni in cui è costruito. Per le modalità attuative ci si
potrebbe rifare sostanzialmente (con adattamenti) a quanto
proposto nella presente relazione in ordine alla tutela degli
organi storici italiani.
M) Archivi italiani per la liuteria e gli strumenti a
fiato.
Altre iniziative di tutela e conservazione (criteri
fondamentali d'intervento: conoscenza storica e restauro; in
particolare, per evitare rischi ai beni, il restauro deve
essere affidato a personale specializzato che non sempre è
reperibile in Italia), nonché la redazione e la divulgazione
telematica (si veda quanto detto a proposito degli organi) dei
rispettivi albi di costruttori storici italiani, dovrebbero
riguardare:
la liuteria. Si tratta anche in questo caso di un
settore conosciuto - oltre che dai costruttori e dai
commercianti - nell'ambito ristretto dei musicisti che si
dedicano ai rispettivi strumenti. Il settore è stato dominato
per oltre un secolo (tra l'ottocento ed il novecento) da
commercianti ed esperti anglo-francesi, pur essendo l'Italia
la terra d'elezione per questi strumenti (per violini, viole,
violoncelli e contrabbassi basti pensare ai costruttori Amati,
Guarnieri e soprattutto Stradivari grandissima tradizione
anche per liuti, chitarre, mandolini, eccetera);
gli strumenti a fiato (legni e simili, ottoni a timbro
chiaro ed a timbro scuro).
Basti dire che la "collezione Gorga" del Museo è la più
vasta al mondo tra quelle pubbliche, anche per i "fiati"; ma
la maggior parte di questa (strumenti a fiato ottocenteschi)
non è esposta.
4. Conclusioni.
A) Il personale del Museo e la congruità della sua
riorganizzazione strutturale.
Le professionalità per lavorare a buon titolo nel Museo
esisterebbero, ma non risultano adeguatamente operative per
fattori vari ed eterogenei, evidenti anche attraverso gli
irrisori investimenti nell'istruzione e nella ricerca
scientifica registrati fino a tempi recenti in forza d'un
andazzo politico ben noto e storicamente consolidato nonché
responsabile primario d'ignoranza, incuria, superficialità e
miopia culturale: le medesime malattie che rischiano di
condannare l'Italia ad un prossimo suicidio
scientifico-culturale, se non si porrà rimedio urgente a quei
fattori di dissesto e disgregazione culturale. Questa
situazione induce le persone coscienziose ad operare "senza
rete" nella quotidiana attività lavorativa: nello Stato
italiano il lavoro reso nell'esclusivo interesse di una
collettività, la quale reclama interventi culturali nel segno
della riscoperta delle proprie radici nonché di un'identità
vera e non convenzionale, dovrà essere finalmente garantito
nella sua riuscita.
Finalmente vari segnali di rinnovato interesse per il
problema sembrano favorire un serio rilancio dell'attività
musicale, nel segno d'un recupero d'interesse per la storia
della musica quale profonda espressione culturale. I progetti
da realizzare risponderanno certamente alle vere richieste di
una società sempre più consapevole dei propri valori
culturali, secondo efficienza nonché efficacia, tempestività,
economicità, trasparenza ed imparzialità dell'azione
amministrativa; il rispetto di questi princìpi impedirà che il
rilancio del Museo diventi un pretesto per ipotetici appalti
faraonici ed incongruenti, i quali non sarebbero legittimati
dalla collettività e si tradurrebbero per l'Erario in costi
ingiustificabili se non con forzature. L'attuale Governo già
fornisce invece segnali sicuri di sensibilità e determinazione
in favore di un crescente fermento culturale: ciò connoterà
l'azione politica della maggioranza con il far veramente
propria la causa della cultura musicale in Italia, e, quindi,
il provvedere anche a favore del Museo degli strumenti
musicali.
B) Copertura finanziaria del presente progetto.
L'onere derivante dalla proposta di legge può essere oggi
valutato in complessivi 15 milioni di euro, riguardanti
innanzitutto un adeguamento essenzialmente
strutturale-architettonico degli edifici monumentali. Si
tratta di lavori che dovrebbero essere affidati innanzitutto
alla soprintendenza competente per territorio, che opererà di
concerto con il Museo per gli aspetti artistico-tecnici dei
beni da tutelare: circa 12 milioni di euro per il restauro
propriamente detto, la ristrutturazione e l'adeguamento delle
due palazzine alla vigente normativa, la climatizzazione nelle
sale espositive. A tale importo di 12 milioni di euro
sarebbero aggiunti i fondi (circa 3 milioni di euro) che
occorrerebbero per i restauri più urgenti degli strumenti
musicali; la gestione di questi ultimi fondi continuerebbe a
far capo alla soprintendenza di Roma.
C) Osservazioni finali.
Si ritiene, quindi, che la sottolineata esigenza di
promuovere la predetta struttura museale e d'incrementarne le
potenzialità sia in linea con una seria e concreta politica di
rilancio complessivo delle attività per la tutela dei beni
culturali. Risulta infatti urgente progettare nonché -
soprattutto - concretare iniziative per la tutela dei musei
statali di Roma (che sono vero patrimonio di tutto il mondo
civile) e particolarmente per il Museo degli strumenti
musicali, in ordine al quale le inadempienze costituirebbero
per il futuro un danno irreparabile nei confronti della
cultura musicale e dell'immagine dell'Italia. La cura e la
dedizione personale, spesso animate da autentico spirito
pioneristico, non bastano più a completare e gestire una
realtà storico-artistica ed organizzativa tanto complessa,
come quella descritta; occorre perciò anche un intervento
pubblico ben mirato, che finalmente affianchi quanti così
lodevolmente hanno profuso impegno, tempo ed energia per
mantenere vivo l'oggetto di una passione durata tutta una vita
ed avente riscontro obiettivo nei valori culturali di una
Nazione e dell'umanità tutta.
L'obiettività e l'urgenza delle circostanze impongono una
tutela specifica del Museo nazionale degli strumenti musicali,
per motivi di sostanziale rispetto delle plurimillenarie ed
elevatissime tradizioni musicali italiane (da riscoprire e
valorizzare, prima che altri se ne approprino), nonché per una
ricerca storica che in materia nuovamente orienti in modo
saggio la popolazione italiana al bello e faccia lievitare
sani fermenti culturali (esistenti e vitali, ma troppo spesso
obliterati od almeno sottovalutati) verso il nuovo con criteri
di seria e ponderata validità artistica. Per tali motivi si
confida, dunque, nell'approvazione della presente proposta di
legge da parte del Parlamento sovrano.