XIV LEGISLATURA
RELAZIONE - N. 2750 - 456-A
Onorevoli Colleghi! - L'articolo 79 della Costituzione,
nel testo vigente, dispone che l'amnistia e l'indulto siano
concessi con legge ed esige che quest'ultima sia deliberata da
ciascuna Camera con la maggioranza dei due terzi dei
rispettivi componenti, in ogni suo articolo e nella votazione
finale.
La proposta di legge di revisione costituzionale che si
sottopone all'esame dell'Assemblea è volta a modificare il
primo comma di tale articolo, richiedendo che le leggi in
questione siano approvate a maggioranza assoluta dei
componenti di ciascuna Camera nella votazione finale ed
escludendo la previsione di una maggioranza qualificata per
l'approvazione di ciascun articolo.
La modifica proposta lascia intatta la formulazione
attuale del secondo e del terzo comma dell'articolo 79, ai
sensi dei quali il termine per l'applicazione dell'amnistia o
dell'indulto sono stabiliti dalla legge che li concede, la
quale non può, in ogni caso, disporne l'applicazione ai reati
commessi dopo la presentazione del relativo disegno di legge.
Essa non modifica né la nozione giuridica, né la funzione dei
due istituti, incidendo unicamente sul quorum
deliberativo della legge.
Com'è noto, l'attuale formulazione dell'articolo 79 della
Costituzione risulta dalla sostituzione dell'articolo
originario operata dalla legge costituzionale 6 marzo 1992, n.
1. Il testo dell'articolo approvato dal Costituente e in
vigore fino al 21 marzo 1992 era il seguente: "L'amnistia e
l'indulto sono concessi dal Presidente della Repubblica su
legge di delegazione delle Camere. Non possono applicarsi ai
reati commessi successivamente alla proposta di
delegazione".
La modifica introdotta - oltre a sopprimere la peculiare
figura della legge di delegazione al Capo dello Stato, con ciò
restituendo al Parlamento, anche sul piano formale, la piena
titolarità (corrispondente alla piena responsabilità politica)
della decisione al riguardo - introduceva per l'adozione delle
relative deliberazioni legislative una maggioranza qualificata
talmente elevata da non trovare pieno riscontro neppure nella
norma che disciplina il procedimento di revisione
costituzionale. L'articolo 138, infatti, esige la maggioranza
qualificata dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera al
solo fine di escludere l'eventualità del ricorso a
referendum sulle leggi costituzionali, per la cui
approvazione richiede altrimenti la maggioranza assoluta dei
componenti nella seconda votazione finale; e nessun
particolare quorum prevede per l'approvazione dei
singoli articoli.
L'articolo 79 della Costituzione nei lavori dell'Assemblea
costituente
L'amnistia e l'indulto sono, com'è noto, entrambi
provvedimenti di clemenza di carattere generale, volti a
sospendere l'efficacia della legge penale rispetto ad alcune
ipotesi di reato: l'amnistia, peraltro, elimina
l'antigiuridicità del fatto commesso precludendo l'esercizio
dell'azione penale nei confronti dell'autore, mentre l'indulto
- non facendo venir meno la qualificazione giuridico-penale
del fatto come reato - è volto a condonare, in tutto o in
parte, o a commutare la pena applicata.
La prima questione che l'Assemblea costituente dovette
affrontare nell'esaminare il tema dell'amnistia e dell'indulto
(nell'ambito dei lavori della seconda Sottocommissione e
quindi in seno alla Commissione per la Costituzione), fu
quella dell'introduzione, o meno, di tali istituti nella Carta
costituzionale. Sebbene il relatore, on. Giovanni Leone, si
dichiarasse nettamente contrario a tale previsione, prevalse
l'opinione opposta sostenuta, tra gli altri, dall'on.
Togliatti, il quale sostenne che l'amnistia non è attributo
della regalità (come aveva affermato l'on. Leone, aggiungendo
che per questo motivo non poteva essere trasferito alla
Repubblica) ma della sovranità: togliere alla Repubblica in
quel momento tale attributo sarebbe stato politicamente un
errore, poiché una parte considerevole del popolo avrebbe
pensato che la Repubblica valesse meno della monarchia.
Nel progetto iniziale la concessione dell'amnistia e
dell'indulto fu dunque inserita tra le attribuzioni
dell'Assemblea nazionale, organo successivamente non più
previsto dal testo costituzionale e corrispondente nella
sostanza all'attuale Parlamento in seduta comune.
Il dibattito procedurale svoltosi, nella seduta del 20
dicembre 1946, presso la seconda Sottocommissione, costituì
anche l'occasione per discutere sulla natura politica, e non
giudiziaria, di tali provvedimenti. Alcuni membri, tra i quali
l'on. Bozzi, ritenevano trattarsi di materia da affidare alla
seconda Sezione della Sottocommissione, che esaminava il
potere giudiziario. L'on. Tosato, contrario a questa tesi,
affermò che "la concessione dell'amnistia, della grazia e
dell'indulto è sempre espressione di un potere politico
superiore a tutti gli altri poteri, sia quello esecutivo, sia
quello legislativo, sia quello giudiziario".
In Assemblea, al centro del dibattito non fu più
l'opportunità di prevedere o meno in Costituzione l'amnistia e
l'indulto. Lo stesso on. Leone fu anzi presentatore, con
altri, dell'emendamento che condusse alla formulazione
dell'articolo 79 da ultimo recepita nella Carta
costituzionale.
La discussione si incentrò invece sulla forma
dell'approvazione dell'atto di concessione. Quattro furono le
soluzioni proposte: deliberazione dell'Assemblea nazionale
(testo della Commissione); legge costituzionale (emendamento
dell'on. Codacci Pisanelli); legge ordinaria (on. Buffoni);
decreto legislativo (on. Leone ed altri, tra i quali gli
onorevoili Mortati, Moro e Bettiol).
L'esigenza della legge costituzionale, nelle intenzioni
del presentatore dell'emendamento, mirava ad impedire gli
abusi che in passato avevano caratterizzato questi istituti e
a limitarne il numero; la legge, approvata dalle due Camere,
poteva permettere una formulazione tecnica migliore di quella
possibile in un'assemblea troppo vasta come quella che (nel
progetto originario) riuniva Camera e Senato; la Commissione
insisteva sulla approvazione da parte dell'Assemblea nazionale
per dare maggiore solennità ad un provvedimento di carattere
eccezionale ed anche per evitare un cattivo uso da parte del
Governo.
La formula della delegazione, proposta soprattutto in
ragione della maggiore rapidità di adozione e per evitare le
snervanti attese conseguenti all'annunzio di una amnistia, fu
quella che prevalse; e un emendamento a firma Bettiol - inteso
a riconoscere un particolare risalto alla figura del Capo
dello Stato in ordine alla concessione del beneficio - diede
all'istituto la sua forma finale, che ne faceva un atto del
Presidente della Repubblica, adottato su legge di delegazione
delle Camere.
La revisione dell'articolo 79 della Costituzione
intervenuta nel 1992
In tale formulazione, l'articolo 79 della Costituzione è
rimasto in vigore per quarantaquattro anni, nel corso dei
quali sono state approvate venti leggi recanti concessione di
amnistia o di indulto: l'ultima nel dicembre 1991, poco prima
dell'entrata in vigore della legge costituzionale 6 marzo
1992, n. 1, che ha prodotto l'attuale testo dell'articolo 79
della Costituzione e dopo la quale - dato significativo -
nessuna nuova legge di amnistia o di indulto è stata
approvata.
Il nuovo testo entrato a far parte della Costituzione trae
origine da uno dei progetti di legge in discussione: il
disegno di legge governativo A.C. 4317, presentato dal
Presidente del Consiglio, on. Andreotti, e dal ministro di
grazia e giustizia, prof. Vassalli. La relazione illustrativa
del disegno di legge, motivando l'esigenza della modifica
costituzionale, affermava la necessità di ridurre l'uso
frequente dei provvedimenti di amnistia e di indulto,
ponendola in relazione con la recente entrata in vigore del
nuovo codice di procedura penale: la funzione deflattiva
assegnata in esso ai riti differenziati sarebbe stata infatti
vanificata dal ricorso non sporadico (che di fatto si era
verificato nella prassi) allo strumento di clemenza, "giacché
è ragionevole prevedere che, difficilmente, in presenza di
tali aspettative <cioè di provvedimenti di amnistia o indulto>
l'imputato preferirà scegliere la strada del processo rapido,
con conseguente esecuzione della pena, rispetto all'attesa di
una futura, ma non lontana, estinzione del reato a seguito di
amnistia, ovvero di una (anche parziale) estinzione della pena
a seguito di indulto".
La relazione del disegno di legge richiamava inoltre la
sentenza della Corte costituzionale n. 175 del 1971, in cui la
Corte, pur affermando la propria incompetenza a sindacare
l'ampiezza dell'uso fatto dal Parlamento della sua
discrezionalità in materia, riteneva che apparisse degno di
attenta considerazione il rilievo (sollevato dai ricorrenti)
sulla "necessità di interpretare l'articolo 79 Cost. in modo
da armonizzarne l'applicazione con il rispetto del supremo
principio di eguaglianza: il che si otterrebbe quando
all'amnistia si faccia luogo solo in confronto a reati
commessi in situazioni eccezionali e limitate nel tempo".
Il dichiarato scopo di limitare il ricorso agli strumenti
di clemenza connotava anche le altre proposte di legge
costituzionale presentate sulla materia, le quali, peraltro,
non intervenivano unicamente sul meccanismo di adozione dei
provvedimenti di amnistia e indulto, ma erano rivolte o a
cancellare definitivamente l'istituto dell'amnistia,
attraverso l'abrogazione dell'articolo 79 della Costituzione
(A.C. 3937, on. Biondi), o a consentirne l'applicazione solo
in casi straordinari di necessità (A.C. 4292, on. Finocchiaro
Fidelbo ed altri; A.S. 1846, sen. Casoli ed altri; A.S. 1883,
sen. Onorato ed altri), circoscrivendone altresì
l'applicabilità ai soli reati commessi nell'anno antecedente
la proposta di delegazione (A.C. 4292) ovvero imponendo per
l'approvazione della relativa legge la maggioranza assoluta
dei componenti di ciascuna Camera (A.C. 4292; A.S. 1883).
L'iter delle proposte iniziò alla Camera; già
durante l'esame in Commissione il relatore on. Galloni osservò
che il quorum dei due terzi dei componenti di ciascuna
Camera per l'approvazione delle leggi di amnistia e indulto,
previsto dal testo governativo, appariva troppo elevato
(superiore anche a quello richiesto per l'elezione del
Presidente della Repubblica dopo il terzo scrutinio) e tale da
comportare il rischio di rendere nella pratica quasi
impossibile il ricorso all'istituto; propose pertanto di
abbassare il quorum ai due terzi dei votanti,
prevedendone il ricorso anche per l'approvazione dei singoli
articoli e non soltanto per la votazione finale della
legge.
Si scelse tuttavia di tener fermo il quorum
particolarmente elevato dei due terzi dei componenti,
estendendolo al voto sui singoli articoli. Non si accolse
invece l'ipotesi avanzata dalle altre proposte di legge, che
limitavano la concessione dell'amnistia ai casi di
straordinaria necessità, in considerazione dei gravi
inconvenienti che si sarebbero potuti verificare qualora una
legge di amnistia o indulto fosse stata dichiarata illegittima
a distanza di tempo per carenza dei presupposti di
necessità.
Quanto alla questione del ristretto limite temporale per
l'applicazione dell'amnistia, previsto dalla proposta di legge
A.C. 4292, la soluzione raggiunta fu quella di rinviare alla
legge la fissazione di tale termine; soluzione che il Senato
riformulò in termini più univoci, lasciandone immutata la
sostanza.
Il testo approvato dalla Camera e modificato dal Senato fu
nuovamente approvato dalla Camera in prima deliberazione,
senza subire ulteriori modifiche nel successivo corso
dell'iter.
La modifica costituzionale fu approvata in seconda
deliberazione da ciascuna delle Camere a maggioranza assoluta
dei propri componenti, con un assenso quasi unanime (vanno
tuttavia ricordati alcuni interventi, come quelli dei senatori
Onorato e Strik Lievers, critici nei confronti
dell'elevatissimo quorum introdotto); né fu presentata
richiesta di referendum ai sensi del secondo comma
dell'articolo 138 della Costituzione.
I lavori della Commissione parlamentare per le riforme
costituzionali in materia di amnistia e indulto
La materia venne nuovamente affrontata pochi anni dopo,
nel corso della XIII legislatura, da parte della Commissione
parlamentare per le riforme costituzionali, istituita dalla
legge costituzionale 24 gennaio 1997, n. 1.
Il tema delle modalità di concessione dell'amnistia e
dell'indulto fu inizialmente esaminato nell'ambito dei lavori
del Comitato su Parlamento e fonti normative costituito in
seno alla Commissione. L'articolato presentato il 29 maggio
1997 alla Commissione plenaria dalla sen. Dentamaro, relatrice
per il Comitato, e adottato come testo base nella seduta del 4
giugno, stabiliva che le leggi di amnistia e di indulto
dovessero essere approvate con legge "bicamerale" (articolo
68, secondo comma, lett. h)) deliberata a maggioranza
dei due terzi di ciascuna Camera (articolo 81). Veniva dunque
meno l'esigenza di una maggioranza qualificata per
l'approvazione di ogni articolo; nulla mutava con riguardo
alla votazione finale.
Nella seduta del 24 giugno furono tuttavia discussi ed
approvati due identici emendamenti (Mussi II.28.1 e Boato
II.28.4) volti a ridurre il quorum necessario per
approvare le leggi di amnistia o indulto, dai due terzi alla
maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera.
Nel corso del dibattito, a sostegno dell'approvazione
degli emendamenti si ricordò tra l'altro (on. Boato) che la
modifica costituzionale da cui era scaturita l'attuale
formulazione dell'articolo 79 ebbe luogo in un clima politico
"emergenziale di allarme" che portò alla "blindatura" delle
leggi di amnistia e indulto, e si rilevò che in base alla
nuova formulazione proposta le leggi in questione sarebbero
state approvate con una votazione comunque qualificata (la
maggioranza assoluta dei componenti), ma non tale da rendere
sostanzialmente impossibile il ricorso ai provvedimenti
previsti dall'articolo.
Posti in votazione, i due emendamenti furono approvati e
il testo così riformulato costituì il primo comma del nuovo
articolo 110 della Costituzione secondo il progetto di legge
costituzionale approvato dalla Commissione il successivo 30
giugno (A.C. 3931 e A.S. 2583).
Nella seduta del 30 settembre 1997, a seguito della
presentazione degli emendamenti al testo approvato dalla
Commissione, si riaprì il dibattito sull'opportunità di un
abbassamento del quorum necessario per la concessione
dell'amnistia o dell'indulto. Alle obiezioni di chi (on.
Fontan; sen. Gasperini) criticava la scelta di affidare ad una
semplice "maggioranza parlamentare sia di destra, sia di
sinistra" la decisione su questioni di particolare delicatezza
come quelle in oggetto, che investono il problema della
certezza del diritto penale e dell'esecutività della pena, si
rispose (on. Boato) osservando che la maggioranza assoluta dei
componenti di ciascuna Camera è qualcosa di più ampio rispetto
alla maggioranza politico-governativa (che si concreta nella
maggioranza dei votanti al momento della fiducia) e ribadendo
che la previsione di un quorum così alto come quello dei
due terzi ha l'effetto di vanificare nella sostanza la norma
costituzionale. Si sostenne inoltre (sen. Elia) che "uno degli
effetti perversi introdotti da questa normativa è la ricerca
spasmodica degli stessi effetti dell'amnistia attraverso
l'abrogazione o la modificazione di norme sulle fattispecie
penali".
Posto in votazione, l'articolo 110 fu approvato nella
versione originaria proposta dalla Commissione e divenne poi,
a seguito di coordinamento finale, l'articolo 101 del testo
approvato dalla Commissione il 4 novembre 1997 (A.C. 3931-A e
A.S. 2583-A).
La proposta di legge costituzionale che si illustra con
questa relazione (ringraziando il Servizio Studi della Camera
per la preziosa collaborazione tecnico-giuridica, ferma
restando l'esclusiva responsabilità politica del relatore)
ripropone il disposto del primo comma di quell'articolo 101.
Le ragioni che condussero all'adozione di quel testo da parte
della Commissione bicamerale mantengono a tutt'oggi intatta la
loro validità. Si confida pertanto che, pur in un clima
politico assai diverso, si possa raggiungere sulla proposta in
esame, la cui finalità è quella di introdurre un elemento di
equilibrio nel sistema, la più ampia convergenza da parte dei
deputati e dei gruppi, di maggioranza e di opposizione.
Il sereno e approfondito dibattito svoltosi presso la
Commissione Affari costituzionali in sede referente autorizza
a confidare in tale esito.
Marco BOATO, relatore.